C14 journal 08

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JOURNAL N8

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POETRY MEETS SCIENCE

A NEWSPAPER ABOUT OUR WORK ON DESIGN_ARCHITECTURE_EXHIBITION_LIGHT_RETAIL_STORIES_LIFE_ATTITUDE_STUFF_SUGGESTIONS

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H O M E W W W.G RU PPOC14.COM VIA MORIMONDO 26 20143 MIL ANO T +39 02 4 8 958 49 4 F +39 02 8 9 078 553

C L I E N T S L O V E U S ACCADEMIA DEL PROFUMO AEM - MILANO AMDL APRILIA ASTI SPUMANTE BALLANTYNE CASHMERE BANCA SELLA BARABAS B E AU T E PR E S T I G E I N T E R N AT I O N A L B E N E L L I - B E R E T TA BRUNI GLASS CANALI C APGEMINI ER NST-YOU NG C AT E R P I L L A R CAUDALIE CIELO VENEZIA CITROEN COIMA COMUNE DI MILANO CO M U N I TÀ EU RO PE A CO N SO R ZI O VA LT EL L I N A COREPLA DELOITTE DEUTSCHE BANK DPR DUPONT ENEL ENIT EXYTUS FEDERMOBILI FERRERO FINANZA E FUTURO FRAU FRESCOBALDI G A Z ZE T TA D E L LO S P O RT GENERALI PROPERTIES GEOSPIRIT GILERA GRUPPO OBI GQ-CONDÈ NAST GUZZI HAIER HINES H3G-(TRE) HOTEL CHIAR AVALLE HOTELPLAN I L LY I N A A SS I TA L I A INDA INFOSTRADA-IOL INTEL I TAC A IT’S COOL IULM JEAN PAUL GAUTIER JOB PILOT KITON KODAK LANCASTER LEGA CALCIO LEVI’S LG ELECTRONICS LOGAN

W E L O V E

C L I E N T S

MALIPARMI ALEXANDER BELLMAN MARNI MARTINI 6 M AT T E O N O B I L I MINISTERO DEI TRASPORTI ALESSANDRA LEMARANGI MONDADORI FLORIANA CESCON MOTOROLA M AT T I A O D DO N E MSC ELISA ARINI MT LIGHTS F E D E R I CO M O N TAG N A NESTLÈ OSC A R V I TA L E NIELSEN GIULIA CELSI NIKON CHIARA CORSINI NOKIA MARINA APROVITOLA O M - F I AT ROSSANA MARCIANÒ ORLANDINOTTI ALESSANDRA SASSONE PARTESA R I TA N I G RO PEUTEREY SIMONE RUSSO PHARD PIAGGIO PIRELLI PISA OROLOGERIA PLANTRONICS P L AY T E A M POLIEDRO P O M E L L ATO POSTCARD PUBLICONTROL R A D I O E V I D E O I TA L I A S M I RAGNO REGIONE LOMBARDIA REPI SAFILO SAMSONITE SAMSUNG SARA ASSICURAZIONI SARAS PETROLI SHELL SIEMENS SKY TV S TA LTO P S ST MICROELECTRONICS SVAROVSKI S WATC H G RO U P SWISS & GLOBAL TELECOM TESTORI TIMBERLAND TISCALI TOD’S TOSHIBA TRENORD TRUNK&CO UNESCO UNICREDIT UNILEVER UVET AMERICAN EXPRESS VAC H E RO N CO N S TA N T I N VA LT U R V E L A SCO V I TA L I VIRGILIO VIRGIN VODAFONE WHIRPOOL ZAF ZHEJIANG FOR D HOME FURNITURE


DI ALEXANDER BELLMAN

In generale e senza generalizzare si può affermare che, alla categoria (talvolta) professionale di architetti/designer di cui faccio parte, gli origami piacciono. Tanto, tanto e tanto. Dirò di più: nell’improbabile caso in cui alcuni di noi - sicuramente deviati - non amassero poi così incondizionatamente quei fogliettini di carta ripiegata a unicorno o a farfallina e, anzi, preferissero usare quel simpatico pacchetto di Muji contenente quadratini di cellulosa colorata e istruzioni incomprensibili per scopi più igienici, ebbene, costoro non avrebbero mai, e dico mai, il coraggio di affermarlo in pubblico. Pur non essendo quindi un amante della materia, insieme ai miei adoratissimi collaboratori ho ritenuto interessante proporvi, come argomento centrale della rivista, un articolo che affrontasse il tema origami secondo una logica orientata all’analisi di alcuni aspetti matematici, visto che il contenuto poetico e melanconico di una piccola gru di carta non sfugge oramai a nessuno. Ah, dimenticavo… il filo conduttore, a questo giro, è per l’appunto una miscela densa e multidisciplinare di poesia, arte e matematica e, a tale proposito, vale proprio la pena di sfogliare - se non addirittura di leggere - il pezzo dedicato alla mostra/installazione di Paolo Bottarelli The Illusion of the Second Sun, che ho avuto il piacere di curare. Enjoy,

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POESIA Origami, o dell’arte di piegare e dare forma


In fase di meta-progetto in C14 si lavora tantissimo con modellini di tutti i tipi, e quelli in carta sono fra le risorse che amo di più: in pochi secondi si passa dalle 2 alle 3 dimensioni, con una immediatezza e una pulizia geometrica fantastiche. Le linee diventano pieghe, si alzano i muri, si inseriscono bastoncini di legno a sostegno, si prende del cartoncino nero, si fanno dei piccoli tagli, si dà vita a un’idea in piena libertà di mezzi e di forma. Ma la nobile arte dell’origami non è certo questa. Essa possiede regole precise come quelle di uno sport competitivo: per esempio, non si possono utilizzare materiali diversi dalla sola carta, il foglio deve avere sempre la stessa proporzione rigorosamente quadrata, guai a praticare tagli (in questo caso si chiama kirigami) o a inserire piccoli pezzi a incastro in aggiunta. Insomma l’origami - giapponese, non cinese - ha la sua integrità in quanto origami.

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Ora che mi sono divertito a sdrammatizzare, analizziamo cos’è un origami dal punto di vista occidentale: a cosa serve, qual è la sua funzione? In che cosa un origami a forma di tulipano differisce da un “banale” fiore di carta? Gli aspetti più interessanti a mio parere risiedono proprio nelle regole della piegatura della carta, nei principi ferrei che determinano la straordinaria integrità strutturale e, come direbbe il giovane filosofo contemporaneo Pablito Minisci, in una specie di “archetipa purezza vettoriale” dell’origami tradizionale. La prima considerazione da fare è che, se si pensa a come funzionano i software di grafica 3D e si ha un minimo di pratica a riguardo, lo stretto legame tra la costruzione di un origami e la modellazione virtuale risulta decisamente evidente: in qualsiasi software 3D formule matematiche e principi geometrici più o meno complessi definiscono volumi che necessariamente devono essere rappresentati visibilmente attraverso superfici renderizzabili, in genere definite “mesh” (figura 1). In pratica il “volume teorico” viene ricoperto da una “superficie pratica” di poligoni senza spessore e in continuità di vertici e lati, più o meno densi a seconda delle scelte rappresentative, esattamente come se fossero avvolte da un unico foglio di carta piegato (figura 2). I principi che definiscono questi fogli di

LO STRETTO LEGAME TRA LA COSTRUZIONE DI UN ORIGAMI E LA MODELLAZIONE VIRTUALE RISULTA DECISAMENTE EVIDENTE

Yokohama International Cruise Terminal Foreign Office Architects

Studio volumetrico attraverso l’origami Catiniata


FIG.1 Rappresentazione grafica 3D dell’origami di una gru, renderizzazione in wireframe delle mesh.

FIG.2 Rappresentazione grafica 3D dell’origami di una gru, renderizzazione realistica delle superfici.

progetto di scala per interni, renderizzazione in wireframe delle mesh - C14

progetto di scala per interni, renderizzazione realistica delle superfici - C14 7


THE HA THEOR

carta virtuale sono quelli della tassellatura: a tale proposito vi invito a leggere Robert Lang (ad esempio “Mathematics in origami”) o ad osservare alcuni lavori di Alex Bateman. Prendendo inoltre in esame, anche solo a livello superficiale, i teoremi che stanno alla base della teoria degli origami e che sono in stretta correlazione con i processi di

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generazione delle superfici di mesh virtuali, salta subito all’occhio una straordinaria e inaspettata potenza di calcolo. Gli assiomi di HuzitaHatori (che, vi giuro, non è il condottiero giapponese Hattori Hanzo) permettono di risolvere alcune equazioni di quarto grado o classici problemi come il raddoppiamento del cubo o la trisezione di un angolo

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generico, altrimenti impossibili con squadra e compasso. Il teorema di Haga (che vi giuro non è il campione del mondo di Superbike), la

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cui “semplicemente magnifica” formula citiamo anche in copertina, e quello di Kawasaki (che vi giuro non è… vabbè, l’avete capito) fanno parte di un sistema che ha ben definito postulati e assiomi coerenti senza che nessuno di noi se ne sia mai accorto veramente. Solo per fare un esempio, alcuni metodi di piegatura della carta sono stati usati per

ori = piegare

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kami = carta

studi e sperimentazioni di piegature

AGA REM studi e sperimentazioni di piegature

creare array di pannelli solari per i satelliti, e noi di C14, nel nostro piccolo, utilizziamo processi simili per simulare il comportamento di fogli di metallo o di altri materiali rigidi alla ricerca di spigoli netti che definiscano forme complesse e superficialmente continue. Si potrebbe andare avanti a lungo, visto che esistono veramente molte applicazioni contemporanee e in fase di studio: famiglie intere e numerose di origami tecnici, dinamici e aerodinamici, modulari, che comunque mantengono il fascino indiscusso dell’origami tradizionale. Quello che, attraverso piani e linee, parla della natura e dei suoi protagonisti reali e immaginari riportandomi sempre, personalmente, al sogno di Dekker in Blade Runner.

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SEMPLICEMENTE

OMPLESSO

Maggio 2015, Forte Village, Cagliari.

L’ultima edizione della manifestazione Linkontro voluta da Nielsen è stata dedicata all’energia, sia a quella fisica necessaria alle imprese per produrre sia, anche, a quella emotiva che serve per approfittare al meglio della (debole) ripresa economica: nuove strategie, più risorse al marketing, maggiori impulsi alla comunicazione. Noi di C14 siamo stati chiamati per curare una mostra alla Galleria Eccellenza, celebre spazio in cui gli sponsor di Linkontro possono presentare al pubblico, attraverso media unconventional, il proprio percorso di innovazione.


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UN LINGUAGGIO STUDIATO AD HOC, CAPACE DI EMOZIONARE MA, ANCHE, DI RISPETTARE LE ESIGENZE DI MARKETING Protagonisti dell’esposizione sono le marche e le insegne delle aziende che hanno aderito al progetto. L’idea è utilizzare come supporto su cui esse prendono vita le pareti stesse della sala, rese completamente neutre e dipinte a gesso. Il risultato? Davanti agli occhi dello spettatore si aprono suggestive lanterne magiche, finestre immaginarie su un universo di ombre cinesi evocate da non si sa quale genio, che si muovono danzando sui muri, raccontando grandi storie di

imprenditoria

contemporanea.

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video

d’ombra, della durata di circa un minuto e mezzo ciascuno, mostrano il mondo del marchio con un linguaggio studiato ad hoc, capace di emozionare ma, anche, di rispettare le esigenze del marketing e di offrire un risultato altamente memorabile.

Proiezioni video di luci e d’ombra e prodotti in esposizione su supporto in plexi trasparente, Galleria Eccellenza, Forte Village 2015


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esempio di story board animato


Questo numero della rivista, dedicato alla relazione poesia/matematica, ci è sembrato il più adatto per citare questo recente lavoro: nonostante le differenze fra i singoli video, il sistema di rappresentazione utilizzato unisce la capacità tecnica con un’immagine di grande semplicità, quasi si trattasse di un gioco da bambini. Le ombre cinesi sono, del resto, una forma d’arte di antichissima tradizione che, come l’origami in Giappone, è stata tramandata nei secoli per la suggestiva poesia che è capace di evocare. I prodotti in esposizione, posizionati ciascuno di fianco al proprio video su un supporto in plexi trasparente, sono i veri protagonisti del progetto: uniche macchie di colore in un ambiente in bianco e nero, riportano l’attenzione del pubblico alla forza del marchio, regalandogli uno straordinario impatto e un’assoluta immediatezza di ricordo. L’esposizione curata da Gruppo C14 ha raccolto lusinghieri consensi: ci piace ricordare che Vittorio Sgarbi, ospite al Forte Village per un incontro sulla mostra di capolavori italiani da lui realizzata a Expo2015, si è voluto complimentare pubblicamente con noi per il grande gusto e l’indubbio talento dimostrato in quest’occasione. C A M I L L A G UA I TA

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MUS1C CR1ST “MATEMATICA DELLA POESIA” L’installazione BruniGlass, presentata ad aprile 2015 ed esposta presso il grattacielo Unicredit, è un omaggio all’azienda milanese che, da più di 40 anni, è leader nella progettazione di contenitori in vetro di alta gamma, grazie alla ricerca costante condotta sia sui materiali, sia sul design. Il progetto nasce dal desiderio di sottolineare come l’artigianato, e in particolare la vetreria, nella sua declinazione più alta si colleghi all’arte. Sino dai tardi anni Novanta, infatti, l’azienda si specializza nella progettazione di nuovi contenitori, concentrandosi sul disegno come espressione delle esigenze di uno specifico cliente: una bottiglia tailor-made, dunque, ideata e realizzata per incontrare richieste particolari e le necessità più diverse.


CA D1 TALL0 17


COME NELLA DINAMICA DI UN ORGANO IL BILANCIAMENTO DELLA PRESSIONE DELL’ARIA INTERVIENE SULLE SINGOLE CANNE GENERANDO UNA MELODIA

accensione led a pressione

tubo plexiglass

tubo cavo in acciaio

piastra in acciaio acciaio lucido


BruniGlass – nome dell’azienda dal 2009, che sostituisce il precedente Vetrerie Bruni con cui era conosciuta sino dalla fondazione, nel 1974 - merita un omaggio che sottolinei il talento dei maestri vetrai attraverso la musica: poiché il vetraio non dà vita alla materia, ma crea uno strumento che questa vita esprime, non la scultura ma la liuteria è la tecnica più affine alla cristalleria. Quale soluzione migliore, allora, che realizzare un organo capace di far suonare il vetro? “E se l’organo di Zara, in Croazia, fa suonare il mare, io ho voluto creare un’installazione che facesse suonare le bottiglie di BruniGlass. In maniera sempre diversa a seconda della mano che decide di sfiorarle” (cit. Alexander Bellman). I materiali utilizzati sono, in sé, un’ode al lavoro delle vetrerie: vetro e plexiglas, cui si uniscono gli ottoni che ricordano, anche, gli strumenti musicali. C’è un calcolo dietro a ogni suono emesso, c’è un disegno: ma il risultato è una melodia. Matematica della poesia, o poesia della matematica. Di certo, il lavoro artigianale – basato sulla tecnica – diventa arte quando è eseguito da una mano esperta, da un talento paziente che ha scelto la strada del perfezionamento metodico delle procedure per esprimere sé stesso. Un movimento fluido, naturale, dato da un sistema di vasi comunicanti, restituisce l’idea che contenitore e contenuto devono vivere in simbiosi tra loro: il design non schiaccia il prodotto, ma ne esalta l’identità. Perfettamente equilibrato – come, appunto, nella dinamica di un organo – il bilanciamento della pressione dell’aria interviene sulle singole canne generando una melodia. Il vetro in sé è una nota che, però, si fa partitura se la mano che lo lavora lo pone nel giusto risalto. C A M I L L A G UA I TA

Ph. Daniele Fragale 19


OLAFUR ELIASSON

Dietro la tenda il buio. Vorticosi getti d’acqua illuminati da luci stroboscopiche complicano la mia percezione dell’intorno. Una nuova dimensione prende corpo nelle istantanee che lo strobo scatta e fissa nella mia mente, registrando un disorientante quanto inaspettato frame rate. Il ricordo del mio primo incontro con Olafur Eliasson alle Corderie dell’ Arsenale e’ una pioggia di luce cristallizzata in gocce d’acqua. Specchi, pannelli riflettenti, eliche e rilevatori di movimento sono solo alcuni degli strumenti che Eliasson mette a disposizione della propria arte per renderci partecipi delle sue caleidoscopiche distorsioni della realta’, dei suoi onirici giochi di luce e delle sue sorprendenti illusioni ottiche. A Vienna presso il Palazzo d’Inverno si è appena conclusa “Baroque Baroque”, l’ultima personale dell’artista, che (come sempre) ha offerto un’esperienza sensoriale emozionante. Le secentesche stanze sono state oggetto di “trasformazioni” site specific, visionarie ambientazioni in luci monofrequenza ed iridescenti piani di luce sospesi a mezz’aria che rievocano newtoniani esperimenti di luce. Le sue opere riproducono affascinanti paesaggi artificiali, tutt’altro che autoreferenziali, in cui la realta’ che ci circonda non avrebbe ragione d’esistere se non grazie alla nostra osservazione. M A R I N A A P ROV I TO L A


CALEIDOSCOPICHE DISTORSIONI DELLA REALTA’, ONIRICI GIOCHI DI LUCE E SORPRENDENTI ILLUSIONI OTTICHE

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ILLUSIONI ILLUSIONI SULLA LUCE SULLA LUCE E IL BUIO E IL BUIO CO N V E R S A ZI O N I TR A PAO LO BOT TARE LLI E ALE X AND E R BE LLMAN CO N RO S S E L L A FA R I N OT TI


Black silicon, semiconduttore capace di assorbire il 99,7% della luce visibile e della banda infrarossa, installazione allo Spazio Anni Luce 2015. 23


È difficile affrontare il futuro se non abbiamo le idee chiare sul passato. In questo numero di C14 Journal facciamo un passo indietro, a un evento realizzato pochi mesi fa, lo scorso novembre, nel quale arte e architettura hanno dialogato tra loro attraverso rimandi filosofici e scientifici, esplorando la dicotomia buio/luce. L’UNESCO ha scelto il 2015 come International Year of Light e a Milano, in relazione a questa tematica, è stato presentato il progetto dell’artista Paolo Bottarelli con la curatela di Alexander Bellman presso lo spazio Anni Luce. Un’esposizione raffinata della durata di due notti e un giorno, capace di evocare in un breve lasso di tempo quello che la scienza ha scoperto in millenni. Il binomio arte/scienza è un filo che l’artista italiano, che vive e lavora a Berlino, sta svolgendo da anni: per “The illusion of the Second Sun” Bottarelli ha cercato il dialogo con il Max Planck Institute e la School of Mind and Brain di Berlino, sviluppando le sue opere attraverso un linguaggio multidisciplinare, indispensabile per comprendere il mondo che ci circonda. Le sue fonti d’ispirazione richiamano alcuni grandi pensatori del secolo passato, appartenenti ad ambiti e tradizioni totalmente diversi tra loro: dalla fenomenologia di Husserl ai teoremi godeliani, dai paradossi della logica modale alla fisica portata alle sue estreme conseguenze. La collaborazione con Alexander Bellman, che ha invitato l’artista a Milano, permette di analizzare altri elementi importanti: il ruolo dell’architettura, del design e della luce come elemento non solo estetico, ma necessario.


Black silicon, semiconduttore capace di assorbire il 99,7% della luce visibile e della banda infrarossa, installazione allo Spazio Anni Luce 2015. 25


AB

R.F. Alexander, anni fa ho scoperto il tuo lavoro in un ambito artistico importante: stavi lavorando all’allestimento e alla curatela di una mostra al Palazzo Reale di Milano. Un luogo storico dove hai interagito con un artista contemporaneo, Velasco Vitali, con un occhio ancora più contemporaneo legato al tuo background di designer e architetto. E oggi parliamo di un altro evento, molto diverso per forma e significato, ma sempre legato all’arte. Come è avvenuto questo legame tra le diverse discipline?

A.B. Nella “forma originale” dell’ispirazione arte e architettura sono da sempre legate, ovviamente discipline con vincoli di “funzione” diversi e obiettivi a volte non sempre compatibili. Il risultato diventa interessante quando la contaminazione delle conoscenze è parte integrante del processo di progetto. Quando succede mi diverto moltissimo, sia con Velasco sia con Paolo. Il reagente più importante perché si metta in moto una chimica di questo tipo è la capacità di condividere da subito un sufficiente quantitativo di “astrazione”.

R.F. E come è nata l’idea di invitare Paolo Bottarelli in questa avventura di Illusion of the Second sun?

pb

A.B. Proprio per quello che dicevo prima, perché ho capito da subito che esisteva la possibilità di fare insieme delle cose straordinarie. Io e Paolo condividiamo un approccio multidisciplinare e visionario nel senso più puro del termine, una volontà di ricerca che trova il suo significato nella ricerca stessa.

R.F. Paolo, la prima volta che ci siamo sentiti – io a Milano, tu a Berlino – mi domandavo se avrei parlato con lo scienziato oppure con l’artista. Attraverso il tuo lavoro, il tuo studio, le tue letture e la frequentazione di amici matematici/ scienziati/filosofi, come è nato l’interesse per due ambiti apparentemente distanti come quello dell’arte e della scienza? P.B. Alcune vette del pensiero hanno trovato la massima espressione e compimento con affermazioni come “l’essenza del tempo è la trasformazione”, o “il tempo esiste in modo che le cose non accadano tutte nello stesso istante”. Penso bastino questi due esempi per definire che il processo è più importante dell’opera. E l’opera, quando consumata dallo sguardo – necessario e indiscreto - viene nuovamente riedificata, aspettando un altro osservatore che la renda immortale, anche se solo per pochi istanti.

R.F. Il mio primo impatto con il tuo lavoro è stato attraverso la mostra The Illusion of the Second Sun a Milano. Come è nato questo progetto? E come è avvenuta la relazione con un curatore, Alexander Bellman, che ha radici in un altro ambito, quello dell’architettura e della luce?

P.B. Alexander è un esperto architetto. E, come ogni architetto, deve far i conti con una struttura esistente che ha un vuoto e un pieno. Negli interstizi di queste due tipologie soggiacciono il buio e la luce che creano volumi, rompono barriere visive e amalgamano visioni tra l’occhio e il paesaggio, sia esso chiuso o aperto, concavo o convesso, visibile o di cemento. Mi è bastata questa idea: una caverna platonica dove tutto ritorna a se stesso, e dove la conoscenza si disvela, a piccoli tratti, in finestre di fronte alla notte buia, pronte ad aprirsi al primo orizzonte conoscitivo e luminescente, presentato all’osservatore attraverso opere che parlassero gradualmente. Come il sole fa ogni giorno.


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R.F. Paolo parla di “caverna platonica” come spunto per sviluppare questa mostra in rapporto tra luce e buio. Alexander, qual è invece la tua idea di partenza? A.B. Un’idea nata direttamente dalle radici matematiche e al tempo stesso poetiche delle opere di Paolo. Abbiamo costruito dei prototipi di micro illuminatori a Led precisissimi, super tecnici. Ho fatto in modo che la materia in un certo senso vibrasse, che ogni differenza di profondità, di superficie e di colore fosse evidente per contrasti ed equilibri. La

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luce è magicamente inclusa nell’opera stessa, parte integrante di un racconto della memoria che l’osservatore vive come un’esperienza sensoriale.

R.F. Paolo, mi hai raccontato di paradossi matematici, di teoria dei frattali, delle potenzialità della luce e della materia tra l’osservatore e l’osservato, dei processi conoscitivi tra arte e scienza nella lettura e nella rielaborazione di quello che alcuni tra i giganti del XX secolo hanno condiviso, Picasso, Rothko, dell’infinito potenziale di Malevich… Come sei riuscito a mettere in relazione questi due mondi, arte e scienza, e ad accostarli all’interno del tuo lavoro, che include installazioni sonore, sculture, dipinti, fotografie, frammenti d’immagini in dialogo tra loro? P.B. Non ho messo in relazione nulla che non ci sia già. E la prospettiva cambia sempre, come ci insegna Picasso. La complessità sta nel trovare un equilibrio tra le infinite osservazioni dello spettatore e le possibili letture che l’opera ha in sé. C’è un postulato estremo nella fisica quantistica: nell’atto di osservare la realtà la si influenza. Come può l’arte apportare un contributo e una ricchezza evocativa a questo postulato totalmente artistico, ma che deriva dal mondo microscopico? Chi osserva l’opera ha la stessa, se non maggiore, importanza di ciò che sta osservando. Senza l’osservatore quell’opera non esisterebbe, sarebbe completamente inutile. La meta-opera, che è poi il focus del mio processo, è in-potenza infinita solo nel momento in cui viene trasmessa come “informazione dell’informazione” da persona a persona. Quindi, nel suo processo fenomenologico, deve mantenere i piedi ben saldi per terra, ma, nello stesso istante, modificarsi adattandosi a

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quanti più osservatori sono in grado di leggerla. Faccio quello che posso. R.F. Il lavoro di curatore, soprattutto con un artista dalle radici così complesse, è quello di saper mediare e spiegare l’opera al fruitore che, secondo Paolo, ha un ruolo ancora più importante dell’opera stessa. Alexander, come hai affrontato questa sfida?

A.B. Non essendo un curatore artistico tradizionale, quello che mi interessava veramente era creare un luogo che non avesse una scala dimensionale percepibile e che la luce conducesse l’informazione in modo discreto e al tempo stesso continuo. Insomma, una sequenza di onde e di dati che si imprimessero nella memoria dell’osservatore a diverse profondità, dalla superficie al nucleo, creando delle reazioni imprevedibili e non statistiche. Se la meccanica quantistica spiega effettivamente i fenomeni nel molto piccolo, ho provato a immaginare un’installazione in cui si mettessero in discussione le leggi dello spazio e si potesse astrarre, dedicandosi solamente alla percezione in quanto generatrice essa stessa dell’informazione.

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“LA LUCE È MAGICAMENTE INCLUSA NELL’OPER A STESSA , PARTE INTEGR ANTE DI UN R ACCONTO DELLA MEMORIA CHE L’OSSERVATORE VIVE COME UN’ESPERIENZA SENSORIALE.”

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Salto di qualità Tops International Arena

La Tops International Arena a Valkenswaard, in Olanda, più che da uno strutturato business plan nasce dal sogno visionario di un campione. Jan Tops, medaglia d’oro di salto a ostacoli alle Olimpiadi del 1992 e ora fra i migliori preparatori di cavalli al mondo, coltivava da tempo l’idea di uno spazio multifunzionale, dedicato allo sport - certo - ma aperto al pubblico come luogo di intrattenimento, di divertimento, di cultura, arte e buona cucina. Un’arena dove, quindi, i giorni di competizione sportiva potessero essere trascorsi all’insegna dell’hospitality di più alto livello. Gruppo C14 è stato chiamato, a gennaio 2015, per l’arredamento degli interni: abbiamo subito inteso come il progetto dovesse inserire un’idea concettuale - basata su un’eleganza estrema ma non esibita - in una rigida griglia funzionale.


horse chandelier

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Spider Building ingresso principale, primo piano

Wine cellar

Il guscio architettonico della struttura è stato concepito per accogliere un gran numero di ospiti e per offrire loro, oltre a una visibilità perfetta dei campi da ogni punto dell’area, anche un comfort straordinario. Ovviamente, quindi, il lavoro di progettazione doveva tenere conto di entrambe le esigenze. Il primo edificio, lo Spider Building, comprende gli uffici operativi e, al primo piano, la passerella in legno che conduce all’area riservata all’accoglienza degli spettatori vip: l’approccio alla struttura rivela già i caratteri fondamentali dell’intervento attraverso l’uso delle ampie vetrate, delle fibre naturali, dei toni caldi del marrone. Per l’edificio Royal, destinato alla permanenza degli ospiti, il nocciolo fondamentale di interesse era costituito dalla qualità dei materiali e dall’atmosfera complessiva dell’ambiente: ogni dettaglio è stato studiato per comunicare il concept, così da permettere allo spettatore di concentrarsi sullo spettacolo sportivo (indiscusso polo di attrazione intorno cui tutta l’arena ruota) in un ambiente pensato per essere veramente al suo servizio. La nostra sfida è stata quella di immaginare, in tempi assai ristretti, una soluzione cozy, accogliente e calda che avesse anche una sua marcata impronta

Vip building Royal Lounge

originale: “L’ispirazione è un’idea, non un oggetto né nient’altro:


horse chandelier - 3d model

UNA PIASTRA SUPERIORE IN ACCIAIO NICHELATO SPECCHIANTE CON CIRCA 150 FRAME, PICCOLE LANTERNE CHE VANNO A COMPORRE L’IMMAGINE

horse chandelier - sketches

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è una morbida idea di stile”, spiega Alexander Bellman. Per evitare, però, che questo stile scivolasse troppo nel classico, tutti gli elementi sono stati disegnati singolarmente con un loro carattere distintivo: ad esempio, i banchi bar circolari nell’edificio Royal presentano ogni dettaglio rifinito in legno a doppia curvatura. Il progetto di illuminazione, che ha riguardato tutti gli interni e gli esterni a eccezione, ovviamente, delle aree tecniche del campo, culmina nello Spider Building ove trova posto un lampadario disegnato ad hoc il cui spunto nasce dalla stilizzazione di un cavallo in salto, che si ispira al logo di Jan Tops. Lo straordinario oggetto si compone di una piastra superiore in acciaio nichelato specchiante con circa 150 frame, piccole lanterne che vanno a comporre l’immagine: un unico proiettore con effetto dinamic white dà movimento alla scultura attraverso un passaggio da luce calda a luce fredda che avviene in maniera tanto lenta da essere quasi impercettibile. Il cavallo di Jan Tops, così originale e sorprendente, può essere inteso, davvero, come simbolo di un progetto difficile, ricco di fascino e destinato a sicuro successo.

M AT T E O N O B I L I

horse chandelier


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GRUPPO C14 DESIGN INDEX ARCHICHEF 6 APRILE 2016 ONE OFF 12-17 APRILE 2016 ONE-OFF: PEZZI UNICI IN MOSTRA SUL TERRAZZO DI h+ Una

mostra

per

raccontare

il

made

in

Italy

contemporaneo fatto su misura: la terrazza di h+, nel cuore di Brera, ha ospitato - dal 12 al 17 aprile - designers e produttori indipendenti che hanno presentato alcuni pezzi artigianali di design. Per l’occasione, C14 ha ideato l’illuminazione generale degli ambienti, arricchendola con proiezioni speciali: attraverso una serie di gobos, maschere in vetro montate su proiettori su cui sono stampate le immagini di alcune lampade disegnate dallo studio, è stato possibile realizzare spettacolari giochi

Sopra: Tralcio di Luce design C14 / Sotto: proiezione dello Zoe chandelier design C14 / A destra: 3 Balls Chandelier design C14

di luci e ombre studiati appositamente per l’evento. In onore al tema della serata, C14 ha inoltre partecipato all’esposizione con due pezzi illuminanti di grande impatto, 3balls e Tralcio di luce.


un

C14 SI OFFRE IN PASTO AI MILANESI

La ricetta di Hannibal

Alexander e Floriana chef per una sera

INGREDIENTI: CONTROFILETTO DI CERVO, FARINA GIALLA, CIPOLLE ROSSE, MIRTILLI, LIME, CORIANDOLO, PEPERONCINO VERDE, CUMINO, UN BICCHIERE DI TEQUILA, LARDO, SALE QB, SALE NERO QB, OLIO EVO, BRANDY, TOPINAMBUR, ACCIUGHE

Noi di C14 abbiamo avuto l’onore di essere scelti, insieme ad altri 4 celebri studi di architettura milanesi, per partecipare ad ARCHICHEF NIGHT, una manifestazione che ha visto coinvolte, negli anni, le più importanti personalità del campo. La serata, organizzata da TOWANT, si è svolta il 6 aprile presso il Replay TheStage in Piazza Gae Aulenti. Alexander Bellman e Floriana Cescon hanno ideato, realizzato e servito agli ospiti presenti Hannibal, un secondo piatto a base di filetto di cervo: l’animale è da sempre il simbolo dello studio, che ritrova in esso i suoi valori di libertà, purezza e

24 ore prima: Marinare la carne di cervo rigorosamente almeno 24 ore prima in una miscela di 120 ml di succo di lime con 120 ml di olio evo, mezza tazza di coriandolo tritato, un peperoncino verde macinato, un cucchiaio di cumino macinato e un bicchierino di tequila. Poi: Lardellare e parare il cervo e procedere alla cottura al forno (il tempo di cottura e la temperatura dipendono dal forno). Preparare la polenta tenendola piuttosto dura quindi ritirarla in un contenitore dalla forma rettangolare e farla raffreddare. Tagliarla infine in dadi con lato di 3 cm. Sminuzzare la cipolla rossa grossolanamente e rosolare sfumando con un goccio di brandy. Pelare e sminuzzare grossolanamente i topinambur, aggiungere le acciughe e cuocere frullando il tutto. Aggiungere i mirtilli e far cuocere il tutto per 10 minuti, quindi frullare per pochi secondi. Tagliare a fette il filetto, grigliare la polenta da tutti i lati e predisporre la salsa di cipolle e mirtilli. Impiattare e guarnire con il topinambur, il controfiletto di cervo, la cipolla rossa e i mirtilli interi e i cubi di polenta.

indipendenza creativa. Il nome della ricetta è un’ironica allusione al fatto che C14, mangiando l’animale, si sta in qualche misura nutrendo di se stesso e, insieme, offrendo al gusto e al giudizio del pubblico. L’ARCHICHEF NIGHT è stata un successo e noi, entusiasti, non vediamo l’ora di replicare! A quando una cena..?

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SAREMO HELMUT NEWTON Venezia, fino al 7 agosto Casa dei Tre Oci www.treoci.org L’esposizione, organizzata nella prestigiosa cornice giudecchina della Casa dei Tre Oci, raccoglie - per volontà della vedova del grande fotografo - le immagini dei primi tre libri di Helmut Newton, gli unici da lui direttamente curati. Le tre antologie - White Women del 1976, Sleepless Nights del 1978 e Big Nudes del 1981 - sono costruite come un percorso che non distingue tra lavori commissionati e libere ispirazioni del Maestro, conducendo lo spettatore in un racconto fatto di rimandi e allusioni, aperto alle più diverse interpretazioni. Newton è il primo a usare il nudo radicale nella fotografia di moda: la sensualità, l’erotismo delle sue immagini rendono il lavoro degli stilisti quasi un pretesto per costruire un’opera d’arte che, se trova nell’abito la sua occasione, pure da esso prescinde assai rapidamente. Noi ci saremo per rendere omaggio a un grande Maestro, ma anche perché… troviamo eccezionale l’aneddoto che ricorda come Newton, davanti a una bella donna, distogliesse lo sguardo affermando, nauseato: “Che ansia, mi fa pensare al lavoro!”.

CHRISTO The floating piers Lago d’ Iseo, 1 8 giugno - 3 luglio www.thefloatingpiers.com Christo torna in Italia, dopo 40 anni dall’ultima installazione, per una passeggiata al lago. Il progetto The floating piers si compone di 2 chilometri di passerella sulla terraferma e di quasi 3 chilometri su pontili galleggianti sull’acqua, di un intenso colore giallo dalia, che attraversano il Lago di Iseo permettendo a 17000 spettatori per volta di godere del meraviglioso paesaggio naturale. L’artista bulgaro, inventore della land-art insieme alla moglie Jeanne-Claude è abituato da sempre a stupire, lavora qui sul concetto di equilibrio e su come questo si modifichi nel passaggio dalla rigidità della terra alla fluidità dell’acqua: “È un progetto intimo, essenziale, tattile, palpabile, per alcuni versi sexy”, spiega l’artista ad Abitare. Noi ci saremo, perché Christo e Jeanne-Claude (scomparsa nel 2009) sono stati grandi protagonisti dell’arte del Novecento e una loro installazione italiana è un appuntamento da non perdere.

CARSTEN HÖLLER Doubt / A cura di Vicente Todolí Milano, 7 aprile – 31 luglio Hangar Bicocca www.hangarbicocca.org Carsten Höller, artista belga contemporaneo fra i più celebri a livello internazionale, inaugura questa primavera la personale Doubt che, a noi di C14, sembra davvero imperdibile. Due percorsi si snodano intrecciandosi: a ciascuno spettatore la scelta su come affrontarli. Qualunque sia la strada scelta, il pubblico si trova alle prese con sensazioni del tutto nuove. Tra esperimenti ottici (Upside-Down Goggles) e tentativi di volare (Two Flying Machines), tra stupefacenti giostre per adulti (Double Carousel), giochi di luce e letti che vagano nello spazio, lo spettatore rimane emozionato e stordito ma, soprattutto, stupito. L’artista lascia la massima libertà al suo pubblico, ma nello stesso tempo lo guida senza incertezze all’unico traguardo che davvero gli interessa: instillare il dubbio, far vacillare certezze, spostare l’asse di osservazione del reale. Noi, ovviamente, ci saremo perché poche cose ci piacciono quanto cambiare punto di vista.

EDWARD HOPPER Bologna, 14 marzo - 24 luglio Palazzo Fava Fondazione Carisbo www.fondazionecarisbo.it Bologna ospita un grande artista, fra i più amati dell’arte americana del Novecento, e noi non possiamo mancare. La mostra su Edward Hopper raccoglie 160 fra le sue opere più celebri: paesaggi e scorci cittadini parigini degli anni ‘50 e ‘60, i capolavori South Carolina Morning (1955), Second Story Sunlight (1960), New York Interior (1921), Le Bistro or The Wine Shop (1909), Summer Interior (1909). L’esigenza di potente realismo, combinata con la malinconia struggente del pittore, restituisce il senso pieno dell’affermazione di Hopper: “Non dipingo quello che vedo, ma quello che provo”. Noi ci saremo perché ci piace lo sguardo quasi psicanalitico dell’artista, il suo modo di guardare il mondo, il suo essere fuori ma, in qualche modo, dentro di noi.


l ’ i nt e r v i s t a A NOI

RISPONDE LA DESIGNER GIULIA CELSI

13 anni cosa voleva fare? Vetrinista o stilista, lo dimostra la mia ossessione per lo shopping È mai andata da uno psicanalista? No ma dovrei Il suo rapporto con droghe, psicofarmaci, alcol? Ottimo Ha il potere assoluto per un giorno, che cosa fa? Niente, che ansia! Cosa la tiene sveglia la notte? Il bassista dei Sex Pistols, il mio gatto Sid Quanto conta il sesso nella vita? Indispensabile Se la sua vita fosse un film chi sarebbe il regista? Marco Ponti, “L’amore è una scureggia nel cuore ”(cit. Santa Maradona) Si reincarna in un uomo, la prima cosa che sperimenta? Centrare la tazza Un bambino le chiede: ”perchè si muore?”. Cosa gli risponde? L’organismo deteriora e muore La sua casa brucia, cosa salva? Il giradischi, ma ora che lo smonto sono morta Il senso più importante? L’olfatto Cosa non indosserebbe mai? Quello che indosso ora fra due anni per indossarlo di nuovo fra dieci Il vero lusso è? Viaggiare Di cosa ha paura? Delle blatte Nel migliore dei mondi possibili dovrebbe essere abolita la parola... Se fosse il migliore nulla dovrebbe essere abolito

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ENGLISH TEXT Landscape _ In general, and without generalising, we can say that, the (sometimes) professional category of architects/designers to which I belong, likes origami. But I mean they really like it, a lot. And I’ll tell you something else: in the unlikely event that some of us – most likely deviants – do not experience unconditional love for those little pieces of paper folded into the shape of a unicorn or a butterfly and, in fact, prefer to use those cute little packets from Muji containing coloured squares of cellulose, well, they would never, I say never, have the courage to say it in public. So, though I am not a great fan of the subject, along with my beloved co-workers I thought it might be interesting to have origami as the main topic of this issue in the form of an article which explores origami according to logic oriented towards the analysis of certain aspects of mathematics, given that the poetic, melancholy content of a tiny paper crane doesn’t escape anyone. Ah, I nearly forgot… the common thread, this time round, is in fact, a dense, multidisciplinary blend of poetry, art and mathematics, with this in mind, it really is worth flicking through – even actually reading – the article about the exhibition/installation by Paolo Bottarelli - The Illusion of the Second Sun, which I had the great pleasure of curating. Enjoy, Poetry, or about the art of folding and giving shape _ When we are mid-way through a project at C14 we work a lot with all types of models, the paper ones have to be one of the resources I love best: in just a few seconds you go from 2 to 3 dimensions, with fantastic immediacy and geometric purity. Lines become folds, walls come up, wooden sticks are inserted to provide support, black card is introduced, small cuts are made, an idea comes to life, completely free of means and shape. But all this has nothing to do with the noble art of origami. It has very strict rules, like a competitive sport: for example, you cannot use other materials apart from paper, the sheet must always be absolutely square, absolutely no cutting is allowed (in this case it is called kirigami) or inserting extra pieces. In short, the integrity of origami - Japanese, not Chinese – lies in the fact that it is origami. Now I’ve had my fun, let’s take a look at what origami is from a western perspective: what is it for, what is its function? How is an origami tulip different from an “ordinary ” paper flower? I believe the most interesting aspects can be found in the folds of the paper, in the strict rules which determine the extraordinary structural integrity and, as Pablito Minisci, the young contemporary philosopher would say, in the kind of “archetypal vectorial purity” of traditional origami. The first thing to consider is that if we think about how 3D graphic software works and if we have even just a vague idea about it, the close link between the construction of origami and virtual modelling is crystal clear: if you take any 3D software mathematical formulas and geometry principles of varying degrees define volumes which must be visibly represented via surfaces which can be rendered, generally defined as “mesh” (figure 1). Basically, the “theoretical volume” is covered by a “practical surface” of flat shapes, continuous in terms of vertices and sides, with the density varying according to representational decisions, exactly as if they were wrapped in a single sheet of folded paper (figure 2). The principles governing these virtual sheets of paper are tessellations: with this in mind I suggest you read Robert Lang (for example “Mathematics in origami”) or take a look

at work by Alex Bateman. Moreover, if we examine, even only on a superficial level, the theorems underpinning the theory of origami and which are closely correlated to the processes of the generation of virtual mesh surfaces, you immediately notice an extraordinary, unexpected computing power. The axioms by Huzita-Hatori (who, I swear, is not the Japanese warlord Hattori Hanzō) permit the solving of certain fourth degree equations and classic problems such as cube doubling and the trisection of a general angle, tasks which cannot be completed using a set square and compass. Haga’s theorem (who I swear is not the world Superbike champion), whose “simply magnificent” formula is also quoted on the cover. Then, Kawasaki’s (who I swear is not… alright, I think you’ve got it), they all belong to a system which has clearly defined consistent postulates and axioms without anyone ever really realising it. Just to give you an example, certain paper-folding methods have been used to create an array of solar panels for satellites, even here at C14, on a smaller scale, we use similar processes to simulate the behaviour of metal sheets or other rigid material in the pursuit of sharp corners to define complex and superficially continuous shapes. I could go on for hours, given that are so many contemporary applications currently in existence or being developed: entire families and numerous origami techniques, dynamic and aerodynamic, modular, which still retain the undisputed appeal of traditional origami. That appeal, which through planes and lines, refers to nature and its real and imaginary protagonists, and which personally always reminds me of Dekker’s dream in Blade Runner. Simply complex _ May 2015, Forte Village, Cagliari. The latest edition of the Linkontro event commissioned by Nielsen focused on energy, both the physical energy needed by companies for production, as well as the emotional energy required to take full advantage of the (feeble) economic comeback: new strategies, more marketing resources, greater impulses towards communication. Here at C14 we received a request to put on an exhibition at the Galleria Eccellenza, the celebrated exhibition space where Linkontro’s sponsors could present their innovation process to visitors via unconventional media. The exhibition focuses on the brands and signs of the companies involved in the project. The idea was to use the very walls of the exhibition room as a support, they were rendered neutral and whitewashed for the event. And the result? Visitors saw magical lanterns, imaginary windows onto a universe of Chinese shadows, evoked by who knows which genius, unfold before their very eyes and dance on the walls, creating epic stories of contemporary entrepreneurship. The shadow videos, each one lasting around ninety seconds, present the world of the brand by means of a bespoke language, which succeeds in evoking emotion as well as satisfying marketing requirements and offering viewers a highly-memorable experience. This issue, devoted to the relationship between poetry and mathematics, seemed to us to be the most suitable in which to describe this recent project of ours: despite the differences between the single videos, the way they are represented combines technical skill with an extremely straightforward image, it was practically child’s play. Chinese shadow theatre is, after all, a centuries-old tradition, like origami in Japan, and has been passed down from generation to generation thanks to the touching

poetry it manages to evoke. The products on display, each one positioned alongside its own video on a clear plexi-glass support, are the real stars of the shows: the only splashes of colour within an otherwise balck and white environment, thus focusing the visitors’ attention on the power of the brand and creating an extraordinary visual impact and an absolutely immediate memory link. The exhibition, curated by Gruppo C14 received wide acclaim: we are flattered by the fact that Vittorio Sgarbi, a guest at Forte Village for a meeting about the exhibition on Italian masterpieces he created for Expo2015, insisted on publicly complimenting us for the fine taste and indisputable talent we displayed during this event. Crystal music - the mathematics of poetry _ The BruniGlass installation, presented in April 2015 and currently on display at the Unicredit building, is a tribute to the Milan-based company which, for the past 40 years has led the design of contemporary high-end glass containers, thanks to their constant research into materials. The project grew out of the desire to underline how craftsmanship, and particularly glass-making, in its highest from connects directly with art. Since the late Nineties, in fact, the company has specialised in the design of new containers and focused on design as the expression of a client’s specific requirements: a tailor-made bottle, therefore, designed and created to meet wide-ranging demands and specifications. BruniGlass – the company’s name since 2009, replaced the original name it had when it was founded in 1974, Vetrerie Bruni – deserves this tribute which underlines the talent of master glass-makers via the medium of music: inasmuch as a glass-maker does not breathe life into the material, rather he creates a tool which expresses life, sculpture isn’t closer to glass-making, lutherie is. What better solution then, than to create an organ which has the power to make glass produce music? The organ in Zara, Croatia, makes the sea produce music, I wanted to create an installation which made BruniGlass bottles produce music. Always in a different way and based on the hand of the person who decides to play them. The materials used are, in themselves, an ode to the craft of glass-makers: glass and plexiglas, combined with brass which also echoes musical instruments. A calculation lies behind every sound made, there is a plan: but the result is a melody. The mathematics of poetry, or the poetry of mathematics. Of course, craftsmanship – based on technique – becomes art when it is performed by an expert hand, patient talent belonging to a person who has chosen the road of methodical perfection of procedures as a form of self-expression. A fluid, natural movement, arising from a system of connecting vases, restores the idea that container and content should exist harmoniously with each other: the design does not overwhelm the product, rather it enhances its identity. Perfectly balanced – just like the dynamics of an organ, in fact – the balancing of air pressure on the single pipes generates a melody. Glass in itself is a note which, becomes music when the person playing it places it in the right light. WeLike OLAFUR ELIASSON _ Behind the curtain, darkness.Swirling jets of water illuminated by strobe lights complicate my perception of my surroundings. A new dimension takes shape during the flashes of the strobe light and is fixed onto my brain, registering an unexpected and disorienting


frame rate. My memory of the first time I experienced Olafur Eliasson at the Corderie dell’ Arsenale is like a shower of light crystallised in water droplets. Mirrors, reflective panels, propellers and motion sensors are just some of the instruments Eliasson uses in his art to allow the viewer to participate in his kaleidoscopic distortions of reality, his dreamlike light effects and unexpected optical illusions. In Vienna, at the Winter Palace, the “Baroque Baroque” exhibition has just closed, it was the latest one by the artist and promised (as always) viewers a sensorial, thrilling experience. The seventeenth-century rooms became the subject of site specific “transformations”, visionary settings for mono-frequency lights and iridescent expanses of light suspended in mid- air that recall Newtonian light experiments. His works reproduce fascinating artificial landscapes, anything but auto-referential, where our surroundings only exist thanks to our observation of them. Illusions between light and dark. _ Conversation between Paolo Bottarelli, Alexander Bellman and Rossella Farinotti. It is difficult to face the future if we don’t have a clear idea of the past. In this issue of C14 Journal we take a step back, to an event which took place a few months ago, last November, where art and architecture engaged in conversation via philosophical and scientific cross-references, and explored the dichotomy of light and dark. UNESCO has named 2015 as the International Year of Light and in Milan, in relation to this subject, a project by the artist Paolo Bottarelli curated by Alexander Bellman, was presented at Anni Luce. This sophisticated exhibition, which ran for two nights and a day, managed to evoke in a short space of time what science has discovered over the course of thousands of years. The art/ science duo is a subject the Italian artist, who lives and works in Berlin, has been developing for years: for The illusion of the Second Sun Bottarelli established a conversation with the Max Planck Institute and Berlin’s School of Mind and Brain, and developed his works by means of a multidisciplinary language, crucial towards understanding the world surrounding us. His sources of inspiration reference some of the great thinkers from the last century, hailing from a variety of totally different environments and traditions: from Husserl’s phenomenology to Gödel’s theorems, from the paradoxes of modal logic and physics taken to its extreme consequences. The working collaboration with Alexander Bellman, who invited the artist to Milan, allows for the analysis of other important elements: the role of architecture, of design and light as not only aesthetic elements but also necessary ones. R.F. Alexander, I came across your work in an important artistic environment: you were working on the display and curation of an exhibition at Milan’s Palazzo Reale. An historical location where you interacted with the contemporary artist, Velasco Vitali, with an even more contemporary connection to your background as designer and architect. Today, we’re talking about another event, very different in terms of form and meaning, but still related to art. How did this connection between different subjects come about? A.B. Art and architecture have always been connected to the “original form” of inspiration, naturally they are subjects with different “function” restrictions which are not always compatible. The result gets interesting when the cross-fertilisation of knowledge is an integral part of the project process. I really enjoy it when this happens, with

both Velasco and Paolo. The most important reagent which causes a chemical process of this nature is the ability to share the same level of “abstraction” right from the start. R.F. How did you get the idea of inviting Paolo Bottarelli along on the Illusion of the Second Sun adventure? A.B. It’s exactly what I was saying before, because right from the start I realised we could do some extraordinary things together. Paolo and I share the same multi-disciplinary, visionary approach, in the purest sense of the word - the desire to research which finds its very meaning in the research itself. R.F. Paolo, the first time we spoke to each other – me in Milan, you in Berlino – I wondered if I would have spoken to the scientist or the artist. Looking at your work, your studies, your reading and your time spent with mathematician/scientist/ philosopher friends, how did you come to be interested in two apparently remote subjects such as art and science? P.B. Certain thought processes found their maximum expression and completion within statements such as “the essence of time is transformation”, and “time exists so that things don’t all happen at the same time”. I think these two examples are enough to say that the process is more important than the work. And the work, when consumed by the viewer’s gaze, – necessary and indiscreet – is built once more, ready for the next viewer to make it immortal, even if it’s only for a few fleeting moments. R.F. My first experience of your work was The Illusion of the Second Sun exhibition in Milan. How did this project come about? And how did your relation start with the curator, Alexander Bellman, who has roots in another environment altogether, in architecture and lighting? P.B. Alexander is an architect. And like every architect, he has to deal with an existing structure which is both empty and full. Light and dark submit to the cracks between these two typologies to create volume, break down visual barriers and amalgamate visions between the eye and the landscape, be it open or closed, concave or convex, visible or made of cement. This idea was all I needed: a platonic cave where everything goes back to being itself, where knowledge reveals itself, bit by bit, windows in the face of a dark night, ready to open itself up to the first cognitive and luminescent dawn, presented to the viewer via works which speak gradually. Just as the sun does every morning. R.F. Paolo refers to a “platonic cave” as being the starting point from which the exhibition on the relationship between light and dark was developed. Alexander, what was your starting point? A.B. An idea directly stemming from the matematical and poetic roots of Paolo’s work. We built some super-technical prototypes of highprecision LED micro-illuminators. I designed them so that the material vibrated in a certain way, so that every difference in depth, surface and colour was obvious through contrast and balance. Light is magically included in the piece itself, an integral part of a story within the viewer’s memory, a sensorial experience. R.F. Paolo, you talked about mathematical paradoxes, fractal theories, the potential of light and material between the observer and the observed, cognitive processes between art and science within the reading and processing of what twentieth-century heavyweights such as Picasso and Rothko shared, along with Malevich’s infinite potential… How did you manage to relate the two worlds of art and science, and juxtapose them within your work, which includes installations, sound, sculpture, paintings, photography, fragments of images communicating with each other? P.B. I

haven’t formed any relations which weren’t already there. As Picasso taught us, perspective changes all the time. The complexity lies in trying to find a balance between the viewer’s infinite observations and the possible readings within the work itself. There is a postulate extreme within quantum physics: reality is influenced by the act of observation. How can art contribute and add evocative richness to this totally artistic postulate which derives from the microscopic world? The observer of the work is just as important, if not more so, than what is being observed. Without a viewer the piece wouldn’t exist at all, it would be completely useless. The focus of my process, has infinite potential only when it is transmitted as “information about information” from one person to another. Therefore, during the phenomenological process it has to keep its feet firmly on the ground, but at the same time, modify itself to adapt to the number of observers able to read it. I do what I can. R.F. The curator’s job, particularly concerning an artist with such complex roots, is to know how to mediate and explain the works to the viewer who, according to Paolo, has a far more important role than the pieces themselves. Alexander, how did you approach this challenge? A.B. Given that I’m not a traditional curator, what I was really interested in was to create a place without a perceptible sizescale where light conducted information in a discreet yet continuous manner. In short, a sequence of waves and data which penetrated the mind of the observer on different levels, from the surface to the nucleus, thus generating unpredictable, nonstatistical reactions. If quantum mechanics effectively explains phenomena in the minute, I tried to imagine an installation which questioned the laws of space, where one could disengage and devote oneself entirely to perception as the generator of information itself. Upgrading _ Rather than stemming from a structured business plan, the Top Arena International in Valkenswaard, Holland is the result of a visionary dream of a champion. Jan Tops, a gold medallist for the team jumping event at the 1992 Olympic Games and now one of the top horse trainers in the world, had the idea for a multi-functional space devoted to sport – of course – but also open to the general public as a place for entertainment, culture, art and good food. An arena therefore, where sports events could take place within a premium-level hospitality environment. In January, 2015, Gruppo C14 was asked to design the interior: we immediately realised just how the project had to include a conceptual idea – based on extreme but not obvious, elegance – within a strict, functional framework. The architectural shell of the structure was devised to accomodate a large number of visitors and to offer them not only a clear view of the outside sports area from every possible angle, but also extraordinary comfort. Obviously, the design had to take both these aspects into account . The first building, called the Spider Building, consists of office rooms and, on the first floor, a wooden walkway leading to the reception area for VIP spectators: here the structre already reveals its fundamental characteristics via the use of extensive glass windows, natural fibres and warm brown hues.The Royal building is designed for guest accomodation, the high point of iinterest here is the quality of the materials and the overall atmosphere within: each single detail was designed to communicate the concept, in order to allow spectators to concentrate on the sporting events

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ENGLISH TEXT (the undisputed main attraction around which the whole arena revolves) within a space which is meant to serve that very purpose. Our challenge was to imagine a cosy environment, while working to a tight schedule, a welcoming, inviting space which still retained its original personaliity: “Inspiration came from an idea, not an object or anything else. It’s a soft idea of style”, explains Alexander Bellman. However, in order to prevent this style from slipping into something too classic, all the elements were designed individually, each with their own distinctive personality: for instance, the circular bar counters in the Royal building boast a double-curved wood finish. . The lighting design, found in all the interior spaces and outside, except for the sporting areas of course, culminates in the Spider Building which houses a bespoke chandelier inspired by a stylised jumping horse, which in turn, echoes Jan Tops’ logo. This stunning piece is composed of an upper plate made of mirror nickel-plated steel with around 150 frames, tiny lanterns which form the shape of a horse: a single dynamic white projector gives the sculpture movement via the movement of warm and cold light which takes place so slowly as to be virtually imperceptible.Jan Tops’ horse, so wonderfully original and unexpected, really could be viewed as being symbolic of a difficult project, fascinating, appealing and destined to be a roaring success. C14 offers itself up the people of milan _ Alexander and Floriana chefs for the evening We at C14, along with 4 other famous architect’s studios in Milan, had the honour of being chosen to take part in ARCHICHEF NIGHT, an event which over the years has featured the most important figures from the field. The evening, organised by TOWANT, was on 6 April at ReplayTheStage in piazza Gae Aulenti. Alexander Bellman and Floriana Cescon created, prepared and served a dish to the guests present. The name of the dish was Hannibal, a venison fillet recipe: this animal has always been the symbol of our company, we share the qualities of creative freedom, purity and independence. The name of the recipe is a humorous reference to the fact that C14, by eating venison is, to a certain extent, eating itself and at the same time offering itself up to the taste and judgement of the audience. ARCHICHEF NIGHT was a resounding success, we enjoyed it so much we can’t wait to repeat the experience! Roll on the next dinner. The Hannibal recipe / Ingredients: Venison fillets, Maize flour, Red onions, Blueberries , Lime, Coriander, Green chilli pepper, Cumin, A glass of tequila, Lard, Salt to season, Black salt to season, Extra-virgin olive oil Evo, Brandy, Jerusalem artichoke, Anchovies. 24 hours before: Marinate the venison for at least 24 hours in a mixture composed of 120 ml of lime juice, 120 ml of extravirgin olive oil, half a cup of chopped coriander, a ground green chilli pepper, one teaspoon of ground cumin and a glass of tequila. Next: Lard the venison and cook in the oven (cooking time and temperature depend on the type of oven). Prepare the polenta, make sure it’s not too soft then place in a rectangular-shaped container while it cools down. Then cut into 3-centimetre cubes. Roughly chop the red onion and sweat in a frying pan with a slug of brandy. Peel and roughly chop the Jerusalem artichoke, add the anchovies, cook and mix together. Add the blueberries and cook for 10 minutes, then whisk for a few minutes. Slice the meat, grill the polenta on both sides and add the onion and blueberry sauce. Take your plate and

arrange the Jerusalem artichoke, venison fillet, red onion and whole blueberries. One-off: unique pices on display on the h+ terrace _ An exhibition all about contemporary Italian-made bespoke design: between 12 and 17 April the h+ terrace, deep in the heart of Milan’s Brera district, hosted independent designers and producers and some examples of their hand-crafted design pieces. C14 created the general lighting for this event which included special projections: achieved by means of a series of gobos, glass templates featuring images of some lighting designs mounted on projectors, the result was spectacular light and shadow effects, specially designed for the event. In honour of the theme of the evening, C14 also presented two high-impact lighting structures: 3balls and Tralcio di luce. Helmut Newton - Venice, until 7 August - Casa dei Tre Oci - www.treoci.org / The exhibition, organised within the prestigious Casa dei Tre Oci, brings together – according to the wishes of the great photographer’s widow – images from the first three books by Helmut Newton, the only ones directly curated by him. The three anthologies - White Women from 1976, Sleepless Nights from 1978 and Big Nudes from 1981 – have been arranged as a journey which does not make any distinction between commissioned works and the Master’s free inspiration. Thus the viewer is led through a story made up of references and allusions, open to all kinds of interpretation. Newton was the first to use radical nudes in fashion photography: the sensuality, the eroticism of his images almost rendered the work of fashion designers a pretext for creating a work of art which, if it finds its chance within a garment it quickly leaves that aside too. We’ll be there to pay tribute to a grand master, also because we absolutely loved an anecdote in which Newton, when faced with a beautiful woman, looked away in disgust saying: “What a nightmare, she reminds me of work!”. Carsten Höller - Doubt / Curated by Vicente Todolí - Milan, 7 April – 31 July - Hangar Bicocca - www.hangarbicocca.org / Carsten Höller, the internationally-acclaimed contemporary Belgian artist, opens his personal Doubt exhibition this Spring which, we at C14, think is an absolute mustsee. Two separate paths unfold and entwine: it is up to the individual viewer how to deal with them. Whichever path you choose, you’ll find yourself experiencing completely new sensations. Optical experiments (Upside-Down Goggles) and attempts at flying (Two Flying Machines), rides for adults (Double Carousel), light effects and beds floating around space, visitors are thrilled and stupefied, but mainly thrilled. The artists gives complete freedom to the audience, but at the same time he firmly guides them towards the single objective that he really wants: to instil doubt, instil, shake beliefs, shift the viewpoint of reality.Naturally, we’ll be there because there are few things we like more than changing points of view. Christo - The floating piers - Lake Iseo, 18 June - 3 July - www.thefloatingpiers.com / Christo returns to Italy, forty years after the last installation, for a walk along the lakeshore. The floating piers project consists of a 2-kilometre walkway on the shoreline and almost 3 kilometres on floating modular cubes on the waters, the whole structure is covered in an intense dahlia-yellow fabric and crosses Lake Iseo, thus giving 17000 visitors at a time a breathtaking

view of the stunning natural landscape. The Bulgarian artist, inventor of land art together with his late wife Jeanne-Claude, is well-used to surprising people, with this project he explores the concept of balance and how this modifies the shift from rigidity of land to the fluidity of water: “This project is intimate, pared-back, tactile and sexy in some ways”, the artist explained to Abitare magazine. We’ll be there, because Christo and Jeanne-Claude, (who died in 2009), were leading figures within twentieth-century art and one of their installations in Italy is an event that shouldn’t be missed. Edward Hopper - Bologna, 14 March - 24 July Palazzo Fava – Fondazione Carisbo - www. fondazionecarisbo.it / Bologna is showcasing a great artist, one of the most well-loved masters of American twentieth-century art. The exhibition on Edward Hopper brings together 160 of his most famous works: Parisian landscapes and city scenes from the Fifties and Sixties, the masterpieces South Carolina Morning (1955), Second Story Sunlight (1960), New York Interior (1921), Le Bistro or The Wine Shop (1909), and Summer Interior (1909). The need for powerful realism, combined with the painter’s aching melancholy, completely restores the meaning of Hopper’s statement: “I don’t paint what I see, I paint what I feel”. We’ll be there because we like the artist’s almost psychoanalytical view, his way of looking at the world, his otherness, yet in some way, the fact that he is within us. The interview _Giulia Celsi_ “La Chelsea” What did you want to be when you were 13? Windowdresser or fashion designer, as demonstrated by my shopping habit / Have you ever visited a psychanalyst? No, but I ought to / What is your relationship with drugs and alcohol like?Excellent / You have absolute power for one day, what would you do? / Nothing, that freaks me out! / What keeps you awake at night? The bass player from The Sex Pistols, Sid, my cat / How important is sex in your life? Essential / If your life were a film, who would the director be? Marco Ponti, “love is a fart in the heart”(cit. Santa Maradona) / If you were reincarnated as a man, what is the first thing you’d try out? Aiming inside the toilet / A child asks you: ”why do we die?”. What do you say? The body deteriorates and dies / Your house is on fire, what would you save? My record player, but by the time I manage to take it apart I’ll be dead anyway / Which is the most important sense? Smell / What would you never wear? Things that I’m going to wear in 2 years’ time so that I’ll wear them again in 10 years’ time / What is real luxury? Travelling / What are you afraid of? Cockroaches / In the ideal world which word should be abolished... If it were ideal then nothing should be abolished.


cover by C14 C14 Journal Stampato a Milano Maggio 2016 da Faenza Industrie Grafiche

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