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IL TESORO RITROVATO
UNA DELLE SALE DI PALAZZO DEGLI ALBERTI RISERVATA ALLA GALLERIA. IN MOSTRA UN NUCLEO DI CIRCA 90 OPERE
LA RIAPERTURA DELLA GALLERIA DEGLI ALBERTI E I SUOI CAPOLAVORI
DI FRANCESCA LOMBARDI FOTO ANTONIO QUATTRONE
UN RITMATO CRESCENDO DI CAPOLAVORI CHE APPARTENGONO ALLA STORIA DELLA CITTÀ
DALL’ALTO IN SENSO ORARIO: CARAVAGGIO, LORENZO BARTOLIN, GIOVANNI BELLINI, PUCCIO DI SIMONE, LORENZO BARTOLINI
I LAVORI DI RISTRUTTURAZIONE DELLA GALLERIA SONO TERMINATI DOPO CIRCA TRE ANNI
Ci sono Filippo Lippi, Santi di Tito, Bronzino, Michelangelo Merisi, Giovanni Bellini, Lorenzo Bartolini… in un ritmato crescendo le sale di Palazzo Alberti, appena restaurate, offrono alla città capolavori che appartengono alla sua storia ma che per molti anni sono stati sottratti al suo sguardo. Un progetto fortemente voluto da Banca Intesa, nato dal dialogo con Banca Popolare di Vicenza - che sta attraversando un momento controverso della sua storia -, grazie all’impegno del Comune di Prato, della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Firenze e per le Province di Pistoia e Prato e all’impulso fondamentale degli Amici dei Musei. La Galleria prende il nome dal palazzo gentilizio che la ospita, l’antico Casone degli Alberti che, risalente al XIII secolo, dal 1870 è stato sede della Cassa di Risparmio e Depositi di Prato, fondata nel 1830 e diventata presto figura di riferimento della vita sociale e culturale della città. Oggi è la sede della filiale di Intesa Sanpaolo e della nuova Galleria d’arte dedicata alle opere conservate nell’edificio. Il palazzo mantiene la fisionomia tardo-quattrocentesca e conserva i segni degli interventi di ammodernamento si sono avvicendati nei secoli successivi. Particolarmente leggibile quello degli anni Trenta che coincise con la nascita della collezio-
IL PERCORSO ne artistica della banca. Nel 1984 - a seguito di SFRUTTA LA MAGGIOR acquisizioni di dipinti di straordinario valore con opere di Caravaggio, Gio-
AMPIEZZA vanni Bellini e Filippo Lippi - all’interno di Palazzo E FUNZIONALITÀ Alberti, al piano nobile, venne aperta al pubblico
DEGLI SPAZI un’area museale, poi ristrutturata nel 2005. Il percorso appena inaugurato sfrutta la maggior ampiezza degli spazi e un allestimento più funzionale, che permette un aumento del numero delle opere in mostra. L’ordine scelto è scelto è cronologico: due tabernacoli affrescati di inizio Quattrocento aprono l’esposizione, sottolineando il rapporto della città con i suoi santi
LA GALLERIA PRENDE IL NOME DAL PALAZZO CHE LA OSPITA, L’ANTICO CASONE DEGLI ALBERTI RISALENTE AL XIII SECOLO
protettori, per poi passare all’opera di Filippo Lippi che incarna il culmine artistico di una produzione pittorica legata al territorio. Si prosegue, focalizzandosi su specifiche manifestazioni artistiche: dal capolavoro di Giovanni Bellini alla tradizione pittorica cinquecentesca, dall’età della Controrifoma a Caravaggio, dalla devozione pratese della Cintola alla rutilante pittura seicentesca e settecentesca. E ancora l’Ottocento dei pratesi Catani, Chiti e Lorenzo Bartolini, seguiti da accenni novecenteschi di schietta toscanità. Centrale come abbiamo detto la figura di Lippi: “In Prato ancora vicino a Fiorenza dove aveva alcuni parenti, in compagnia di fra’ Diamante del Carmine, stato suo compagno e novizio insieme, dimorò molti mesi lavorando per tutta la terra assai cose”: così Vasari ricorda il lungo soggiorno pratese di Filippo Lippi, rinomato artista rinascimentale impegnato dal 1452 al 1466 nella realizzazione del ciclo affrescato con le Storie di Santo Stefano e san Giovanni Battista nella cappella maggiore dell’attuale Duomo della città. In questo periodo, noto anche per la storia d’amore del pittore con Lucrezia Buti monaca nel convento agostiniano di Santa Margherita, egli realizzò molti dipinti. Alle origini di questa produzione artistica e dell’intero alto linguaggio stilistico del Lippi troviamo la piccola tavola esposta in Galleria: a dispetto delle proporzioni, la monumentalità dell’assorta Madonna denuncia la lezione di Masaccio, così come la robusta figura del piccolo Gesù, la cui gestualità vigorosa ed affettiva ricorda gli esiti di Donatello, mentre l’inquadratura architettonica evoca la spazialità brunelleschiana. E ancora il colore, i moti dell’anima, il morbido disporsi delle pieghe… qui tutto parla della cultura figurativa del Rinascimento fiorentino. Non meno emozionanti il capolavoro di Giovanni Bellini, Cristo Crocifisso in un cimitero ebraico databile intorno 1480 - 1485, in sintonia con la tavola di San Francesco della Frick Collection di New York; e L’ Incoronazione di spine di Caravaggio:portata all’attenzione di pubblico e critica dal celebre critico Roberto Longhi come copia antica da una composizione di Caravaggio, dopo il restauro del 1974 fu ricondotta alla diretta mano del grande pittore, come la campagna diagnostica condotta nel 2001 dall’Opificio delle Pietre Dure ha ulteriormente confermato.Non ultimo Lorenzo Bartolini, scultore di origine pratese e figura centrale nel panorama della scultura ottocentesca, presente in Galleria con una rilevante raccolta che completa quella di Palazzo Pretorio.