‘A Muntagna
The Alpinist
Courmayeur
Sull’Etna Hervé Barmasse e Klaus ci parlano del progetto WeClub: un tour italiano per divulgare la bellezza delle nostre montagne.
Il docufilm sulla vita e morte dell’alpinista Marc-André Leclerc, che ha ridefinito i confini di ciò che può essere considerato possibile.
Turismo lento e itinerari per tutte le esigenze. La balconata del Bianco: ideale per gli amanti di
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una montagna meno mondana e più esplorativa.
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PESO 285
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EDITO TEXT DAVIDE FIORASO
Tra gli interrogativi che da sempre tormentano l’uomo primeggia il quesito sul funzionamento della mente umana. L’unica certezza della modernità sembrava essere che, nel tempo, l’intelletto non potesse che evolvere incontrastato. Tuttavia, l’ottimismo diffuso a partire dalla seconda metà del ‘900 oggi sembra essere ingiustificato. Studi condotti a partire dai primi duemila, infatti, dimostrerebbero come il nostro potenziale stia subendo un’inversione di tendenza. Mentre la crescita delle capacità di calcolo dei computer aumenta in maniera esponenziale, l’intelligenza umana sembra essere in declino, messa in discussione dall’evoluzione delle intelligenze artificiali, dall’onnipresenza della tecnologia e dall’influenza che essa esercita nei confronti degli individui cresciuti nell’era digitale. La dipendenza passiva da dispositivi, programmi e servizi che permettono di risolvere qualsiasi problema decisionale o mnemonico in poche frazioni di secondo si scontra sia con lo sviluppo dell’intelligenza
PHOTO ANNE WANGLER
razionale che con quella emozionale. Viviamo sotto una pioggia informatica di notifiche, messaggi, immagini, informazioni e suoni che tende a innescare sensazioni di stress, portando ad un generale impoverimento delle capacità di giudizio e decisione. L’incapacità di poter rallentare questo ritmo frenetico e di ragionare lentamente sulla natura dei problemi che affrontiamo porta a un’assenza di sollecitazioni cerebrali, fondamentali per il nostro sviluppo cognitivo. A conferma dell’elevato grado di elasticità del cervello umano, un celebre studio dell’University College of London rivela che nei tassisti londinesi privi di dispositivi GPS, l’ippocampo è maggiormente sviluppato rispetto alla media. Quest’area di corteccia cerebrale è la principale responsabile nella gestione della memoria e dell’apprendimento. Insomma, ogni qualvolta decidiamo di delegare un compito a una delle svariate appendici informatiche che dominano la nostra vita, stiamo rinunciando a uno stimolo attivo
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nelle aree della memoria, del controllo emozionale e dell’elaborazione del pensiero astratto. Pensateci quando, anche solo per pigrizia, aprite Google Maps o Waze per raggiungere una destinazione. Se è vero che la tecnologia rappresenta una risorsa fondamentale per lo sviluppo della società e la diffusione universale di benessere, è altrettanto cruciale una visione critica e attiva nei confronti degli effetti che genera. Attraverso l’abuso di sussidi tecnologici stiamo accettando una riduzione della nostra potenza di pensiero. L’intelletto umano sembra sempre più proiettato verso un unico fine: lo studio e la progettazione di versioni autonome di sé stesso e questo, più che esaltarci, dovrebbe quantomeno farci riflettere. All’interno di questo dedalo l’unico vincitore è la tecnologia, a scapito di una sempre maggiore atrofia intellettuale dovuta all’eliminazione della fatica di pensiero. Insomma, mentre l’intelligenza artificiale prospera, noi diventiamo ogni giorno più scemi.
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THE CREW PHOTO ANNE WANGLER
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COVER Tudor Klaus Laurini & Hervè Barmasse - Etna Italy - Photo Chiara Guglielmina
ART DIRECTION George Boutall | Evergreen Design House Niccolò Galeotti, Francesca Pagliaro
PRINT L'artistica Savigliano, Savigliano - Cuneo - Italy, lartisavi.it
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The Pill rivista bimestrale registrata al tribunale di Milano il 29/02/2016 al numero 73 4
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Quarta Parete
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trentofestival.it
Dal 29 Aprile all’ 8 Maggio 2022 alla 70° edizione del Trento Film Festival debutta il nuovo progetto “Quarta Parete”. Uno spazio dedicato ai content creator e aperto alle opere prodotte per i canali YouTube. La collaborazione tra Hervé e Tudor, e la lungimiranza del TFF, è stata capace di portare una svolta nella cinematografia di montagna, dando valore alla narrazione contemporanea evidenziandone le potenzialità e permettendo un serio ragionamento sul futuro di questa dimensione. Da non perdere assolutamente!
RAB E LOWE ALPINE ESTENDONO L A PA R T N E R S H I P C O N O U T WA R D B O U N D Equip, società che gestisce i marchi Rab e Lowe Alpine, ha riconfermato la partnership con The Outward Bound Trust. L’obiettivo? Stimolare i giovani a vivere il mondo outdoor, tramite esperienze coinvolgenti che educhino su come agire in maniera responsabile e sostenibile. Rab e Lowe Alpine si sono già messi all’opera, fornendo supporto alla David Nieper Academy di Alfreton, nel Derbyshire. L’iniziativa coinvolge anche i propri dipendenti, che hanno la possibilità di diventare Outward Bound Employee Ambassadors.
A L P S – T O G O ?! - I L D O C U M E N TA R I O F I R M AT O O R T OVOX Selvagge, incontaminate, solenni. Ma purtroppo solo nell’immaginario collettivo. Quello che vediamo oggi è il risultato di interventi avvenuti nel corso dei secoli. Eppure percepiamo le Alpi come un mondo parallelo e incontaminato. Nel nuovo documentario firmato da Ortovox quattro protagonisti sollevano problematiche e domande: se sempre più persone vogliono trarne beneficio, a quanto deve rinunciare ciascuno di noi per proteggere le Alpi e tutelare questo spazio vitale?
IN ARRIVO L A DECIMA E DIZION E D E L M O U N TA I N R U N N I N G C U P D I L A S P O R T I VA Nell’edizione 2021 del Mountain Running Cup hanno partecipato 2000 runner con oltre 50 finisher. La Sportiva rilancia l’evento per la decima edizione, con l’obiettivo di proporre percorsi diversi ed esplorare nuove zone. Tra le novità, è stata aggiunta una tappa in formula only up: la Aosta - Becca di Nona, prevista per il 17 luglio. Le altre tappe sono fissate tra l’8 maggio e l’11 settembre, con un aumento progressivo di quota per riuscire a far vivere al meglio l’emozione dello skyrunning.
S A U C O N Y PA R T N E R T E C N I C O DE LL A 10 0 KM DE L CON E RO Il 19 febbraio 2022 si è tenuta la prima edizione della 100km del Conero - Memorial Mimmo Strazzullo a Porto Recanati. Il circuito cittadino, pianeggiante e omologato con classificazione bronze, ha ospitato sia la 100 km qualificante per i Mondiali in Germania sia una 50km, una 30km e una maxi-staffetta 10x10km. Saucony è sempre stato sostenitore delle competizioni su lunga distanza e ha deciso così di supportare l’evento attraverso distribuzione di pettorine, abbigliamento e accessori.
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DY N A F I T D I N U O V O S P O N S O R D I S K I A L P 3 P R E S O L A N A Domenica 6 marzo 2022 si è svolta la SkiAlp3 Presolana a Clusone, tappa di Coppa Italia ed edizione valida come prova unica dei Campionati Italiani Assoluti di sci alpinismo. Dynafit supporta l’evento da diversi anni, condividendone lo spirito, la passione per la montagna e per lo sci alpinismo. Inoltre, sabato 5 marzo, Dynafit ha organizzato il Snow Leopard Day, sempre legato allo sci alpinismo, con l’obbiettivo di supportare la tutela dei leopardi delle nevi minacciati dall’estinzione.
N A S C E L A “ S C U O L A D I V I TA A L P I N A ” D I S A L E W A Dalla primavera 2022, Salewa aprirà l’Alpine Campus: una scuola di montagna pronta ad accogliere i neofiti dell’outdoor. Con un panorama sempre più vasto di sport alpini, Salewa vuole porsi come guida per far conoscere la montagna come sport, ambiente culturale e habitat naturale nella cornice dell’Alto Adige. I contenuti del Campus hanno l’ambizione di ispirare un nuovo approccio, imparando a valutare al meglio la montagna e le circostanze che possono presentare in ambito alpino.
L A “ S A F E D O M E ” I T I N E R A N T E D I F E R R I N O I N N E PA L Nell’autunno 2021 Ferrino si è unita all’associazione Cuore Attivo Monterosa in una spedizione in Nepal per garantire cure mediche nei villaggi più remoti. Attraverso le tende Ferrino, i volontari hanno potuto costruire un centro medico itinerante riuscendo a visitare un totale di 584 persone in 5 villaggi. Il team è stato supportato in loco da Sunita Gurun, responsabile dell’organizzazione no-profit Himalaya Education Centre, che ha gestito la registrazione e traduzione delle necessità dei pazienti.
La partnership tecnica tra CMP e Scoles de Schi & Snowboard Alta Badia è stata riconfermata per tre anni, comprendendo una fornitura completa di abbigliamento per i 250 istruttori di sci e snowboard della scuola. Lo stile è stato rivoluzionato rispetto agli anni passati ma ha mantenuto come protagonista il colore identitario delle scuole. Tra le features dei capi, spiccano le maniche e i fianchi in Arctic Fleece, il tessuto all-way stretch Toray e le imbottiture PrimaLoft Silver Insulation.
S C A R PA S U P P O R TA L A S K I M O U N TA I N E E R I N G F E D E R AT I O N In vista dell’introduzione dello scialpinismo come disciplina olimpica durante i Giochi Invernali di Cortina 2026, SCARPA ha deciso di supportare l’International Ski Mountaineering Federation. L'accordo prevede una sponsorship fino al termine della stagione di Coppa del Mondo, compresi i Campionati Europei sulle montagne dei Pirenei in Spagna. Gli Europei inoltre sono stati un’ottima occasione per vedere all’opera il Team di SCARPA e la qualità dei prodotti del brand.
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BUFF® is a registered trademark property of Original Buff, S.A. (Spain)
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Creato 30 anni fa, l’Original Ecostretch è l’unico originale. Morbido, elastico e protettivo può essere indossato in 12 modi diversi. Ora, è realizzato al 95% con tessuto ottenuto dal riciclo della plastica, sempre più leggero, confortevole e versatile per ogni tua avventura. B U F F. C O M
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NS40 è la prima giacca da viaggio 4 in 1 realizzata con la più recente tecnologia al grafene e l'innovativo isolamento in termofibra. Un capo reversibile in 2 pezzi per affrontare qualsiasi clima: la protezione di un impermeabile, le prestazioni di una giacca a vento, il calore di un gilet e l’aspetto di un capo per tutti i giorni.
La giovane startup francese, nata ad Annecy nel 2018, presenta il suo primo, rivoluzionario, zaino tecnico da alpinismo. Ultra 35 ha una struttura impermeabile in Dyneema a base biologica altamente resistente. Studiato per trasportare solamente l'essenziale, ha un peso variabile da 490 a 840g in base agli accessori modulari.
ISPO Award 2022 per l’innovativo rampone pensato per lo scialpinismo e l'alpinismo classico. Puntale in acciaio al cromo, sezione centrale e posteriore in alluminio per un ottimo equilibrio tra prestazioni e peso. Il sistema di collegamento con cinturino flessibile riduce al minimo l'ingombro offrendo comfort e precisione.
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Il calore e la comprimibilità della giacca Micro Puff in una coperta queen size certificata Fair Trade. Isolamento sintetico PlumaFill e tessuto esterno in nylon Pertex Quantum resistente all'acqua, antivento e trattato con una finitura DWR (idrorepellente a lunga durata). Include la sacca per un comodo trasporto.
Costruito per le avventure, Pelican G5 è un comodo wallet dotato di guscio in alluminio aeronautico RFID blocking e perni in acciaio inox. Indeformabile e impermeabile, può resistere in immersione fino a 1 m per 30 minuti. Al suo interno un cinturino in elastomero e organizer in rete per tenere al sicuro chiavi, carte e contanti.
L’ultima release di Mizuno è una sneaker ispirata al mondo outdoor, infatti reinterpreta il modello da trail ma con un occhio più attento allo stile, rimanendo elegante e sofisticata. La Wave Mujin TL presenta diversi dettagli tecnici, come il tessuto in ripstop e la suola tecnica sviluppata in collaborazione con Michelin.
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Un accessorio pensato per trasportare tutto ciò di cui hai bisogno, senza interferire con la pura esperienza della tua avventura. Ampi cinturini sui fianchi per stabilità e supporto alla parte bassa della schiena. Struttura a forma di cubo da 2,8l di capienza con guscio in tela cerata 600D. La tasca interna si adatta al Triage Kit.
AM-V2 di Adventure Mate è un multitool 5 in 1 che include: ascia in acciaio ad alto tenore di carbonio, sega con lama kerfed da 16cm, nuova pala con maggiore rigidità strutturale, martello waffle-head, gancio ottimizzato per sollevare manici, estrarre picchetti della tenda o semplicemente aprire una bottiglia di birra.
Insignito dell’ISPO Gold Award, il nuovo scarpone Salewa è interamente ramponabile e in grado di sostenere escursioni su terreni misti e su ghiaccio. Tra le caratteristiche, troviamo l’esoscheletro in fibra di carbonio con inserti in Kevlar e la suola Vibram realizzata con tecnologia Litebase che assicura resistenza e trazione.
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Grande nelle caratteristiche, piccolo nelle dimensioni. Zeppelin Aero 10’ è la versione monoposto dell’originale kayak da 12′6″. Costruzione Inflatable Aero Technology per massima rigidità e prestazioni, scafo autodrenante, cinghie elastiche regolabili, base magnetica Magnepod, paddle seat e pinna centrale da 6 pollici.
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Nel 2021 Sacai ha saputo dominare il fashion system interpretando a modo suo il format delle collaborazioni. Anche nelle collezioni SS22 Chitose Abe ha voluto proseguire la ricerca di dialoghi tra realtà complementari. Come questa con Acronym, marchio con sede a Monaco che ha fatto dell’innovazione tecnica la sua firma.
Un kit di sopravvivenza che attinge agli anni di esperienza di Pathfinder Survival nel perfezionare prodotti di altissima qualità per situazioni di emergenza. Selezionati da Dave Canterbury (istruttore, guida e autore di best seller con oltre 25 anni di esperienza nel bushcrafting) e racchiusi all'interno del Crossbox di Decked.
Eredità indiscutibili. Stili che non possono essere ignorati. Due brand iconici per una collezione che celebra una rinnovata dedizione all'artigianato. La Union Chore, versione moderna della classica camicia da lavoro, combina un custom plaid realizzato esclusivamente per questa collaborazione con tasche oversize in denim.
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Il know how e le qualità Salomon con l'estetica e la funzionalità Carhartt per una scarpa che offre comfort e protezione dalle intemperie. Il gioco tonale, combinato con la discrezionalità del logo, permettono di concentrarsi sulla silhouette tecnica. I plantari stampati sfoggiano una rielaborazione del tradizionale motivo camouflage.
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Confiture Parisienne, marchio fondato nel 2015 per far rivivere la tradizione parigina, celebra il mondo della scuola in questa collaborazione con Opinel. Un box set dedicato ai più piccoli con enigmi illustrati della famosa Maison Images d’Epinal e un coltello N°07 a punta tonda per spalmare la confettura biologica.
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Bodega si unisce ancora una volta ad Helinox per debuttare con la prima capsule 2022. Lo store di Boston ha cercato di enfatizzare l'idea che siamo un prodotto del nostro ambiente, mostrando un originale motivo che richiama i colori autunnali del New England, ma anche dettagli urbani come vetro, cemento e recinzioni.
GOLD RUSH
La prima collaborazione esclusiva tra il leggendario brand di Portland e l’iconico store fondato da Forch e Greiner. Questa versione del modello Vertigo 917 si ispira agli uomini di frontiera che si stabilirono a San Francisco nel periodo della corsa all’oro. Tomaia in pelle pieno fiore ed esclusiva suola Vibram XS Trek.
Il profondo legame tra Brian Donnelly ed il mondo della moda è noto a tutti e fonda le radici nei primi anni ’90. La nuova collezione con TNF è il perfetto punto di incontro con l’irriverenza artistica di Kaws, rappresentata da pattern astratti e colori accesi che giocano con i concetti di percezione e visibilità.
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Il leggendario luggage brand giapponese e l'iconica label britannica riaffermano il loro lungo sodalizio con una nuova collezione di borse e accessori in cui si uniscono l'inconfondibile twill di nylon Porter con il colore e le righe di Paul Smith. Messenger è una borsa a tracolla con ampio scomparto principale e tasche frontali.
Ortovox e Arc'teryx hanno unito le forze per sviluppare un nuovo sistema airbag innovativo, leggero e sicuro. Una straordinaria alleanza che ha portato alla tecnologia LiTRIC, composta da due supercondensatori ed una batteria agli ioni di litio in grado di mantenere 60 ore di carica per almeno 2 rilasci.
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A S I C S P R E M I ATA P E R I L C O I N V O LG I M E N T O S U L C A M B I A M E N TO C L I M AT I C O Asics è stata selezionata da CDP tra i leader mondiali che hanno coinvolto la propria supply chain sul tema del cambiamento climatico, ottenendo, per il terzo anno di fila, il premio Supplier Engagement Leaderboard. Asics è stata premiata per le attività e le strategie rivolte alla riduzione delle emissioni e alla gestione dei rischi climatici sulla propria filiera. CDP ha valutato più di 6200 aziende conferendo un punteggio basato su governance, obiettivi, emissioni. Asics è stata anche recentemente inclusa nel Sustainability Yearbook 2022 pubblicato da S&P Global.
B L U E S I G N D I V U LG A I DAT I D I I M PAT TO A M B I E N TA L E 2 0 1 0 - 2 0 2 0 La scadenza per raggiungere la carbon neutrality e soddisfare gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite si avvicina rapidamente. L'analisi recentemente completata da bluesign nel periodo 2010-2020 dimostra che questo sistema sta accelerando sensibilmente i progressi verso un'industria della moda più sostenibile, ottenendo significative riduzioni dell'impatto collettivo in 5 aree chiave: consumo di acqua, consumo di energia, consumo di prodotti chimici, emissioni di CO2 e aumento dell'utilizzo di sostanze chimiche “bluesign approved”.
N E W E A R T H S P I R I T: LA LINEA SOSTENIBILE DI TERNUA In occasione della prossima collezione AW 22/23, Ternua cambia il nome della linea Spirit Outdoor in New Earth Spirit. Ispirata alla storia del brand spagnolo e al suo doppio legame con il mare e la montagna, prevede abiti per l’uso quotidiano realizzati con tessuti eco friendly, molti dei quali provenienti da progetti già avviati come Redcycle (riciclaggio delle reti da pesca), Seacycle (reimpiego della plastica marina), Colorcycle (composto da rifiuti agricoli non commestibili) e Laxta Artile (riutilizzo della lana originaria dei Paesi Baschi). 20
O R T H O L I T E P R E S E N TA C I R Q L , LA SOLUZIONE IN SCHIUMA PER INTERSUOLA OrthoLite, da 25 anni leader nel settore, ha svelato Cirql, una soluzione unica per ottenere una vera circolarità nel settore calzaturiero. Realizzata con piante provenienti da fonti responsabili, si tratta della prima schiuma al mondo priva di EVA, sostanze chimiche permanenti o microplastiche persistenti. Biodegradabile e compostabile industrialmente, può essere depolimerizzata e riciclata per il riutilizzo. L'innovativo processo brevettato garantisce una sostenibilità senza pari in un'intersuola che offre i più alti standard di prestazioni.
I LEADER DEL SETTORE CONTRO L O S P O S TA M E N T O D I O U T D O O R R E TA I L E R The Conservation Alliance, insieme a 24 aziende del settore (tra cui Patagonia, The North Face, Scarpa, Smartwool, La Sportiva, Icebreaker e Arc'teryx) stanno esortando Emerald Expositions a evitare il trasferimento di Outdoor Retailer a Salt Lake City, nello Utah, affermando che non sosterranno né parteciperanno ad un evento fieristico in uno stato i cui funzionari continuano a perpetrare attacchi contro monumenti nazionali, terreni pubblici e leggi progettate per proteggerli. I leader del settore stanno esprimendo così il loro sostegno alla Bears Ears Inter-Tribal Coalition.
T R E N T ’A N N I D I I M P E G N O SOSTENIBILE PER BUFF Buff spegne trenta candeline insieme agli appassionati del mondo outdoor che lo hanno accompagnato in tutto il suo percorso. Per festeggiare, il brand rinnova il suo impegno nella sostenibilità ambientale attraverso la collezione SS22 ispirata all’incontro tra natura e tecnologia, realizzata in gran parte con poliestere riciclato. Inoltre, Buff sta portando avanti il progetto “Do More Now”, suddiviso in tre macrotemi: Act More - Produzione responsabile, Protect More - Impatto sostenibile e Care More - Agire sul sociale.
BOLLÉ VINCE IL PREMIO P E R I L C A S C O P I Ù E C O F R I E N D LY La nuova categoria Eco Award della fiera invernale “Slide & OTS Winter UK” del 2022 vede come protagonista Bollé con il suo Eco Atmos, che verrà rilasciato nella prossima stagione invernale. “Più cresciamo, più diventa chiaro che il futuro dell’innovazione dovrà essere legato alla sostenibilità e al nostro impatto etico come marchio.” spiega Louis Cisti, vice-presidente globale del marketing del brand. “La nostra industria smetterà di essere parte del problema e diventerà parte della soluzione per il pianeta e la società."
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THE PILL PRODUCTS BY LUDOVICA SACCO
Collezione Lavaredo in canapa tessile by Salewa La collezione è progettata per i climber che amano arrampicare sia in palestra sia in ambiente.
Con l’arrivo della primavera, torna per molti la voglia di andare ad arrampicare dopo un inverno su neve e ghiaccio. Anche Salewa si è preparata per l’arrivo della nuova stagione del climbing, presentando la nuova collezione Lavaredo in canapa tessile. Lavaredo non è la prima linea che utilizza questo materiale: proprio un anno fa, infatti, Salewa ha presentato la sua prima collezione per il climbing tecnico con la tecnologia Alpine Hemp in canapa tessile. Questa soluzione tecnologica è frutto del lungo lavoro del team di innovazione e sviluppo Salewa che si è posto come obiettivo quello di realizzare tessuti utilizzando la canapa tessile, una fibra la cui coltivazione ha un impatto ambientale ridotto rispetto sia ai materiali sintetici sia al cotone. Oltre all’impatto positivo sulla sostenibilità della produzione, le proprietà naturali della canapa tessile hanno potenzialità molto interessanti per l’abbigliamento tecnico: le sue fibre regolano temperatura e umidità, sono traspiranti, prevengono la formazione di cattivi odori e riescono ad asciugarsi molto velocemente. Inoltre, la canapa tessile è altamente resistente all’usura, garantendo al tessuto realizzato con questa fibra un ciclo di vita lungo e performance durature. Tra nuovi modelli e colorazioni, Lavaredo presenta un’importante novità: l’intera collezione si fregia dell’icona Salewa Committed, un’etichetta ideata
allo scopo di segnalare i prodotti che assicurano prestazioni tecniche durevoli e che sono realizzati secondo una produzione sostenibile. Una particolare attenzione viene posta anche al tema della responsabilità sociale: Salewa Committed assicura infatti che le condizioni di lavoro e di salario siano adeguate per chiunque sia coinvolto nella parte di produzione e distribuzione dei prodotti. La nuova collezione per il climbing di Salewa comprende un outfit completo per uomo e per donna, offrendo tutto
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l’abbigliamento tecnico necessario per arrampicare dalla palestra in città fino alle vie multipitch. Midlayer, t-shirt, pantaloni e shorts sono caratterizzati da cuciture elasticizzate e inserti in Durastretch, e tessuti con una composizione principalmente in canapa tessile e cotone, con una aggiunta di poliestere per un massimo del 22%. Con questa collezione Salewa non solo ha sviluppato prodotti realizzati con attenzione alla salvaguardia dell’ambiente, ma anche alle condizioni di lavoro e salariali di tutte le persone coinvolte nella catena produttiva e di distribuzione.
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Lazy Ghost Lazy Ghost calling to you Come out to play, the future lies with you Now you can be sure love is the cure What we’re searching for is to have A jolly good time
È il testo di una canzone di Robbie Williams. Quasi, perché in realtà si cantava di “Lazy Days”: giorni pigri, messi in musica nel 2004, non a marzo 2020. Ed è al tempo del primo lockdown, in quei Lazy Days, quando la vita a cui eravamo abituati aveva assunto la consistenza di un fantasma, che ai ragazzi di Lazy Ghost è nata l’idea di ripensare il modo di asciugare le mani degli arrampicatori. Insomma, mentre mezza Italia si era messa a impastare il pane, da Lazy Ghost si sono messi a impastare magnesio. Perché? Il motivo era bello ed evidente, sotto il naso di tutti. Cerchiamo di capire, erano giorni passati in casa e la magnesite in polvere usata per le sessioni di trave la si ritrovava il giorno dopo sui libri, sulla tastiera e sulla tavola. L’impalpabile polvere partiva dal sacchetto, transitava sulle dita, sostava sui listelli della trave e di notte… Beh, di notte escono i fantasmi! Quando gli atleti dormivano, la polverina rimasta in sospensione finiva il suo volo atterrando sugli oggetti della casa. La mattina seguente, seduti davanti alla tazza del caffè si era almeno sempre in tre: i ragazzi di Lazy Ghost, solitari e socialmente distanziati, il caffè per colazione e la magnesite del giorno prima come zucchero a velo che non ha fatto canestro nella tazza. Usare liquid chalk nemmeno a parlarne. Qualcosa, qualche resina, probabilmente colofonia, andava a turare ogni porosità del loro strumento di allenamento con il risultato di vetrificarlo. Certo, l’appiglio unto e levigato è più allenante, ci si allena per tenere le prese e non certo per essere trattenuti
dalle prese, ma a tutto c’è un limite. Serviva una soluzione liquida, che rimanesse pigramente sulle mani e che scomparisse dopo l’uso senza lasciare residui. Utopia? Probabilmente sì! E allora via! Ricetta semplice e pura. Il nome poi, era lì da sempre: Lazy, perché doveva avere una certa indolenza ad abbandonare le mani e Ghost, perché doveva “fare la sua parte” ma sparire alla vista. Questa ricetta semplice nata in un tempo buio colmo di fantasmi, era ottima anche con tempo soleggiato in boschi ricchi di blocchi. Totalmente prodotta in laboratori che si alimentano di energie rinnovabili. Alcool e magnesio, nient’altro. Asciuga subito e sanifica le mani, purissima. Essendo priva di residui, diventa anche più facile da eliminare. Certo, dovrebbe essere cura del climber togliere tickmark e linee tracciate sulla roccia, così come spazzolare gli appigli per togliere gli eccessi di magnesio che livellano le rugosità della roccia. Però c’è Lazy, pigra sulle mani ma che sloggia senza residui dagli appigli appena viene cacciata dallo spazzolino o dalla pioggia provvidenziale caduta a sanare le tracce non
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cancellate del climber distratto o poco sensibile. Magnesio puro e alcool: semplice, no? Difficile semmai è trovare la qualità di questi singoli elementi, difficile anche trovare la giusta miscela che funziona senza dover attingere a resine e prodotti aggiuntivi che ambiscono alla soluzione universale. Invece, occorre rassegnarsi alla realtà, ogni mano assorbe in modo diverso la magnesite e se la novità deve essere tale, non deve nascondere questa dura verità. Lazy Ghost nasce così, è la ricerca di una risposta a queste particolarità. Per il momento il team di lavoro è partito dalle basi, dalla polvere finissima alla sostanza liquida semplicissima. Del resto, la magnesite che prima si soffiava via dalle mani, in un gesto che era diventato moda, oggi più che mai è diventata la preziosa alleata di atleti che spaziano dal ciclismo su pista al workout in palestra, dalla ginnastica artistica ai lanciatori dell’atletica, passando per i tennisti. Non è più solo il climber che chiede aderenza, per tanti versi è la natura che ci chiede di essere più aderenti all’idea di uno sport più sostenibile. Less is more.
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Dolomite, qualità e prestazione per chi ama il design italiano L’azienda continua a migliorare i suoi prodotti rendendoli sempre più performanti, mantenendo il proprio stile inconfondibilmente italiano. Chi conosce Dolomite sa bene la cura che mette nel progettare i suoi prodotti, al punto da farsi riconoscere a colpo d’occhio. Come sempre è chiarissima l’ispirazione alle maestose Dolomiti e in generale al concetto di “Bellezza Italiana” che risiede nella nostra terra e cultura. Oltre all’estrema cura a livello iconico ed estetico, troviamo uno sviluppo notevole a livello di performance dato da oltre un secolo di produzione, test e spedizioni (vi ricordiamo che la prima spedizione italiana sul K2 avvenuta nel 1954 era equipaggiata proprio dalle calzature Dolomite). Tra i tantissimi articoli di qualità del brand, vi parliamo di due in particolare dedicati alle trekker: le scarpe Croda Nera e la giacca Expedition Hybrid Hood.
Croda Nera La calzatura multifunzionale per eccellenza, è super versatile e si adatta facilmente alle esigenze di chi cerca un trekking leggero e veloce. Il design è minimale, richiama lo stile classico dello scarpone da trekking ma rivisto in una chiave più moderna. Lo stile non perde l’inconfondibile tocco Dolomite, ben riconoscibile dal pattern
sui lati che richiama i picchi dolomitici. Inoltre, la struttura è studiata per ridurre il volume, aumentando così la leggerezza e aiutando precisione e stabilità nella rullata. Croda Nera in versione high presenta una membrana in Gore-Tex impermeabile e traspirante, che la rende una scarpa preparata ad ogni evenienza climatica. La versione low, invece, non ha la membrana in Gore-Tex ma risulta ancora più leggera. La calzatura è progettata per rimanere stabile su terreni misti e accidentati, poiché utilizza una suola realizzata con mescola Vibram che garantisce un’altissima aderenza e trazione, questa, in combinazione con l’intersuola a doppia densità, assicura alta ammortizzazione e supporto. La Croda Nera si può chiamare quindi una calzatura all rounder, ideale per chi ama vivere il trekking in leggerezza e dinamicità, mantenendo un occhio attento allo stile e al comfort.
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Expedition Hybrid Hood Jacket La giacca che racconta perfettamente il progetto “Re-Source by Dolomite”. Avviato dall’azienda con l’obiettivo di sviluppare e promuovere la sua responsabilità sociale, attraverso iniziative che toccano tre punti chiave: persone, prodotti e pianeta. Ad esempio, per l’abbigliamento Re-Source by Dolomite SS22 i capi sono realizzati con un minimo di 50% di materiali riciclati oppure con il 100% di materiali rinnovabili certificati, inoltre, vengono utilizzati solo trattamenti DWR senza PFC. Nel caso della Expedition Hybrid Hood Jacket, sia il tessuto principale che l’imbottitura sono realizzati con materiale riciclato, che donano al modello morbidezza, elasticità e leggerezza. Il design elegante e la struttura performante la rendono facilmente adattabile in ogni contesto e condizione climatica.
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Dachstein Inspired by the Mountains. Engineered for Adventure.
Il confine tra calzature outdoor tecnicamente funzionali e sneakers per il tempo libero si sta assottigliando sempre più. Lo sa bene Dachstein, un brand che dal 1925 combina la tradizione artigianale austriaca con idee moderne e innovative, dove performance e lifestyle si fondono in un unico approccio. Con radici nel cuore delle Alpi, ed un background negli sport di montagna, Dachstein è evoluta ritagliandosi uno spazio ben definito nel mercato delle calzature, caratterizzato da un livello di design fuori dal comune. Importanti fasi di sviluppo imprenditoriale e tappe salienti nel processo di rinnovazione hanno plasmato gli ultimi 95 anni di storia. Ma la vera svolta arriva nel 2013, quando nasce Dachstein Outdoor & Lifestyle GmbH. Il marchio diventa una società indipendente e rimane una holding di maggioranza della società fondata dal Dr. Erhard F. Grossnigg. Grazie ad un team completamente nuovo si fa largo una strategia che porta una ventata d’aria fresca nell’immagine e nel prodotto. Ne abbiamo parlato con Christoph Döttelmayer, Head of Design di Dachstein, testimone, in
prima persona, di questo processo di evoluzione guidato dalla progettazione, dall'artigianalità e dalla massima attenzione ai dettagli. E con lui abbiamo introdotto la nuova collezione Cross Trail, grande novità della collezione primavera/estate 2022. Outdoor & Lifestyle. La seconda vita di Dachstein inizia rendendo omaggio al nuovo equilibrio tra questi due mondi. Cosa è successo in quel 2012? Dachstein è stata fondata nel lontano 1925. E da allora sono successe molte cose. Dall'ascesa a leader mondiale negli scarponi da sci, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, alla totale scomparsa dal mercato. Nel 2012 il marchio è stato completamente rifondato, con un team del tutto nuovo. Io sono arrivato qualche mese dopo, quando abbiamo iniziato
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il lavoro di ricerca per poter produrre, anche in Europa, le migliori calzature da trekking. Devi immaginare che qualsiasi fase è stata reimpostata da zero: design, sviluppo, test, produzione, vendita, servizio clienti. Una nuova squadra al lavoro nel quartier generale di Salisburgo, in Austria. Da allora materiali ultramoderni e idee all'avanguardia hanno contribuito a plasmare l'immagine di Dachstein. Il mio background nel mondo del basket (e in molti altri sport) mi permette di approfondire ed esplorare numerosi ambiti del design. Trovare nuovi materiali e nuove tecnologie, da implementare nelle calzature outdoor, è diventata una delle cose più stimolanti che il mercato possa offrire. Ci siamo resi conto come le calzature outdoor possano mostrarsi sia negli
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stili più tecnici, ma anche in quelli lifestyle, dove troviamo gran parte della nostra eredità austriaca e gli utilizzi di materiali pregiati come il Loden o i pellami speciali. Il tutto con un tocco di moderna artigianalità. La prima conferma di questo lavoro arriva con Super Leggera DDS, vincitrice dell'Outdoor Industry Award 2015. Una vera novità mondiale nel segmento degli scarponi da trekking. Le scarpe con lavorazione in knit esistevano già prima, ma solo in altri sport. Noi avevamo innanzitutto bisogno di trovare una miscela perfetta per andare incontro alle esigenze di usura e abrasione che una tale tomaia in maglia avrebbe dovuto sopportare a contatto con gli
elementi. Ciò significava, naturalmente, che fosse anche impermeabile. In quella occasione abbiamo collaborato con l'Università di Scienze Applicate di Niederrhein, in Germania, che ci ha fornito uno sguardo approfondito sulla tecnologia knitted e indicazioni su come realizzare il nostro tessuto per l'outdoor. Inoltre, siccome il prodotto doveva essere fabbricato in Europa, abbiamo coinvolto nel processo di studio il fabbricante ed il fornitore di maglieria. La Super Leggera ha rappresentato una vera novità in questo mercato, a cui tutti hanno rivolto la propria attenzione. La tomaia in morbida maglia ha consentito l'adattamento ad un'ampia varietà di forme del piede, mantenendo doti sorprendenti
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di supporto e protezione. La suola Vibram, progettata esclusivamente per questo modello, ha saputo offrire un comfort straordinario e la migliore presa che si possa immaginare. Ancora oggi penso che sia stato il nostro progetto migliore e mi piace usarla anche dopo tutti questi anni. Conservo gelosamente alcune paia di scarpe nuove di zecca per il futuro. Look insolito, colori e trame originali. Ma prima di tutto funzionalità. Come si coniugano i due aspetti? Sono un grande sostenitore del fatto che la forma segua la funzione, ma anche le emozioni giocano una parte importante. Dopotutto viviamo l’outdoor per sentirlo e viverlo. Le nostre scarpe sono ispirate da questo
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e fatte per l'avventura. Ti permettono di abbracciare pienamente il momento. Nel design devi essere coraggioso, audace, mostrare cosa sai fare e perché sei qui. Nuove tecnologie e nuovi materiali portano look che ci permettono di essere innovativi, pur mantenendo sempre il classico scarpone da trekking nella collezione. Del resto questa è la nostra eredità, dove l’immaginario è sempre rappresentato dal tradizionale stivale in pelle marrone con i lacci rossi.
averla posseduta negli anni '80). Gore-Tex è un marchio decisamente forte in grado di rendere il tuo prodotto ancora migliore. La connessione e il supporto che abbiamo con loro (e da loro) è formidabile. Sai di avere a disposizione la membrana più traspirante e impermeabile sul mercato, e questo ti offre anche nuove possibilità su come progettare, sviluppare e produrre le scarpe. La loro qualità e gli standard sono unici nel nostro settore e penso che tutti ne apprezzino i vantaggi.
Nel 2017 Dachstein ottiene la licenza Gore-Tex. Cosa cambia con questa partnership tecnica? Da quando il nuovo team ha iniziato a lavorare, l’obiettivo è sempre stato quello di riottenere la licenza Gore-Tex (dopo
Un connubio che porterà, poco tempo dopo, a vincere il Red Dot Award con la DS Iceland GTX. Una scarpa che si contraddistingue per il design unico. Iceland è stato un progetto speciale nato con l'idea di
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creare la scarpa outdoor più minimale ma avanzata del nostro segmento. Era appena uscito Gore-Tex Invisible Fit, la costruzione in laminato più sottile e traspirante mai realizzata. Svilupparla su un taglio medio e vincere il Red Dot Award con questo stile unico ha rappresentato un traguardo davvero speciale. Il 2018 segna un’altra tappa fondamentale della storia recente del marchio. Luhta Sportswear Company, uno dei maggiori produttori di abbigliamento sportivo in Scandinavia, acquisisce una partecipazione del 49% in Dachstein, iniziando a sostenerne l'internazionalizzazione e la crescita come partner strategico. A distanza di un anno, il gruppo finlandese rileverà il 100% di Dachstein, mantenendo a Sali-
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sburgo il design dei prodotti, il marketing e le vendite. Ma il 2018 è anche l’anno in cui Dachstein muove i primi passi verso la sostenibilità. Lo fa ancora una volta con un importante riconoscimento come l'ISPO Gold Award per la sua collezione Ocean con Econyl, materiale di nylon rigenerato costituito dalle reti da pesca abbandonate o perse nell'oceano e altri rifiuti di nylon. Da allora, quali sono stati gli ulteriori progressi in termini di sostenibilità dei materiali? Che ruolo gioca oggi questo tema nel design del prodotto? Nel suo piccolo la Super Leggera rappresentava già il nostro primo passo nella direzione della sostenibilità: la tomaia, realizzata appositamente per ogni taglia, riduceva al minimo i materiali in eccesso. Nel
2018, con la collezione Ocean, abbiamo iniziato a scavare più a fondo queste tematiche. Oggi è una cosa che noi designer diamo per scontato. Sia l'industria che il consumatore finale si aspettano che il tuo prodotto sia sostenibile. Non ci sono più scuse. Vedrete grandi progetti nella primavera del 2023. Arriviamo quindi in tempi recentissimi. Versatilità e funzionalità sono le parole chiave di un prodotto che abbiamo particolarmente apprezzato la scorsa primavera. Parliamo di SF-21 GTX. La SF-21 GTX è la scarpa da avvicinamento multi talent che segue Super Ferrata, nostra best seller per anni. Ha un sistema di allacciatura ispirato all'arrampicata, tomaia interamente in pelle combinata con
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un'ottimo accostamento intersuola/ suola per il miglior comfort e trazione. Un modello che ha molto potenziale in svariati utilizzi, da indossare come trainer quotidiano fino all'alpinismo leggero. Stiamo ampliando questa collezione con un taglio medio in uscita questa primavera, nuovi fantastici colori in autunno e alcuni prodotti più sorprendenti il prossimo anno. Tanto per darvi uno spoiler. Ed ora le grandi novità della stagione SS2022. A partire dalla nuova linea Cross Trail. La collezione Cross Trail, che inizierà dal modello X-Trail 01, sarà il nostro approccio al mondo veloce degli sport outdoor. Per noi Cross Trail chiude il divario tra trail running ed escursionismo.
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È per il fitness e la resistenza, ma al centro c'è l'avventura stessa. Poiché la vita diventa sempre più veloce e frenetica, spesso dimentichiamo la parte essenziale, ed X-Trail 01 è progettata esattamente per tali avventure: speed hiking, fast packing e oltre. Un prodotto straordinario. Tutto inizia dalla forma più naturale possibile: avampiede abbastanza largo, per dare libertà alle dita dei piedi e un differenziale di 5mm dal tallone alla punta. L'intersuola è realizzata in EVA leggera con un'altezza dello stack di 25mm nel tallone (20mm nell'avampiede) per il comfort sulle lunghe distanze. Per quanto riguarda la base, troviamo una suola in gomma a copertura totale con alette da 4mm.
La tomaia è realizzata con un mesh a singolo strato per la migliore traspirabilità ed elementi in TPU per garantire protezione dall'abrasione. Il lace lock a doppio strato sull'area mediale e la linguetta a soffietto forniscono una salda chiusura. Il tessuto elasticizzato sul tallone tiene fuori lo sporco e i sassi. Abbiamo dedicato molto tempo allo sviluppo di questo progetto, che nel 2021 ha comportato anche una importante fase di test. Non abbiamo mai realizzato così tanti prototipi con materiali diversi rispetto a questo stile. Per noi è davvero un inizio entusiasmante, in una categoria completamente nuova. Ora stiamo anche lavorando al lancio di SF-21 MC GTX, versione mid cut della nostra scarpa da avvici-
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namento, a cui seguiranno un paio di nuove colorazioni in stile carry-over. Come sempre la nuova collezione è la base di ciò che verrà. E credetemi, sarà eccitante!
È per il fitness e la resistenza, ma al centro c'è l'avventura stessa. Poiché la vita diventa sempre più veloce e frenetica, spesso dimentichiamo la parte essenziale, ed X-Trail 01 è progettata esattamente per tali avventure: speed hiking, fast packing e oltre.
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It may be rough out there Bryce Sieber con Bach alle Isole Faroe
Bryce Sieber è un giovane fotografo che vive nella parte orientale della Svizzera, più precisamente nel Canton San Gallo, poco a sud del Lago di Costanza. “Immagina una cartolina della Svizzera. Sì, è da lì che vengo.” Si è approcciato a questa forma espressiva ad appena 15 anni, poi, nel 2017, la prima mirrorless e l’apertura di un proprio account Instagram incentrato sulla fotografia di viaggio. “Ho avuto la fortuna di crescere in un paese bellissimo, dove le montagne più vicine distano solo pochi minuti, e trascorrere la maggior parte del
tempo libero all'aria aperta. Questo ha giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo della mia passione per la fotografia, la natura e le attività outdoor. Documentare e raccontare i luoghi in cui ho passato l’infanzia è stato un processo spontaneo. Ho iniziato a ritrarre questi paesaggi per mostrare, alle persone che non hanno la possibilità, le bellezze naturali che la Svizzera può offrire. Quel luogo che io chiamo casa. Dopo questi primi anni, devo dire mi sento molto a mio agio nel creare questo genere di contenuti e sfruttare gli elementi che Madre Natura mi offre." “Le montagne sono i soggetti che più mi attraggono. Presumo che derivi dal contesto e dalla necessità di raggiungere questi luoghi. Qui non è solo la destinazione finale a offrirti una ricompensa, ma anche il viaggio stesso che hai dovuto affrontare.” Con il tempo Bryce ha iniziato ad appassionarsi a qualcosa che va oltre il semplice paesaggio, avvicinandosi ad altre forme di fotografia e capendo
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l'importanza di “raccontare una storia”. In questo periodo relativamente breve ha avuto l'opportunità di creare contenuti digitali per numerosi brand tra cui Bach Equipment. Ed è proprio del suo rapporto con questo marchio che vogliamo parlare. Bach produce zaini da oltre 40 anni. Ed il fascino dei loro prodotti resta invariato nel tempo, sinonimo di concetti chiari e semplici, di soluzioni comode e durevoli, sviluppate con estrema attenzione al lato pratico e funzionale. Ogni zaino è un perfetto equilibrio tra comfort, peso e durata. Ciò richiede un'attenta selezione dei materiali ed una chiara visione progettuale e produttiva. La storia di Bach inizia nel lontano 1972, e per risalire alle sue origini bisogna volare a Kilkenny, una delle città più affascinanti della cosiddetta Ireland's Ancient East. La prima produzione di zaini, realizzata con appena 7 dipendenti, prendeva spunto dalla famosa attrezzatura da escursionismo con
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telaio esterno divenuta popolare negli USA. Negli anni ‘80 Bach è stata partecipe del più grande periodo di innovazione mai realizzato nel campo degli zaini. Da quel momento in poi, senza dimenticare le proprie radici, non ha mai smesso di evolvere, grazie anche all’ambizione di una guida elvetica di nome Martin Wiesmann. Oggi i prodotti Bach prendono vita a Zurigo, in cui vengono sviluppati e testati secondo un know how frutto di anni di esperienza sul campo, ma anche di giovanile audacia e costante condivisione di idee. Ma ciò che ci incuriosisce, al di là del legame geografico, è come nasce questa bella relazione tra un heritage brand con decenni di storia alle spalle ed un ambassador della Generazione Z. “Sono entrato in contatto con Bach Equipment nell'estate del 2021, quando mi è stato offerto di scattare per la loro campagna estiva. Ho avuto modo
di testare e utilizzare alcuni dei loro zaini, che sono ben presto entrati a far parte del mio equipaggiamento preferito. Dopo averli usati per tutta l'estate e, fotografati in ogni viaggio ed escursione, lo scorso autunno mi hanno contattato per lavorare al lancio dei nuovi prodotti per la collezione primavera-estate 2022. Ho presentato a Bach due progetti diversi, uno dei quali mirato ad una collaborazione a lungo termine come content creator.” “Il momento in cui mi sento più ispirato è quando il sole sorge o tramonta sulle montagne, sono circondato da brave persone e mi godo ciò che la natura ha da offrire." Nei mesi di novembre e dicembre questa partnership tra Bach e Bryce si è concretizzata in un magnifico viaggio alle Faroe, un arcipelago di 18 isole vulcaniche che emergono al centro dell’Oceano Atlantico settentrionale: così piccole da passare quasi inosservate, eppure custodi di enormi bellezze. Una destinazione incontaminata e
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inesplorata tutta da scoprire, dove la natura domina ogni cosa. Un paradiso in grado di rivelare paesaggi mozzafiato e pittoreschi villaggi di pescatori, dove il ritmo della giornata è scandito dalle lunghe camminate a picco sul mare, dal suono dei venti che sferzano la costa e dal verde intenso dei suoi prati. “Dopo oltre un biennio privo di viaggi, ho voluto approfittare per visitare un luogo a me sconosciuto. Ho prenotato il viaggio alle Isole Faroe appena una settimana prima di partire, informando Bach della mia destinazione. Sono stati in grado di fornirmi alcuni campioni dei nuovi prodotti, da testare e fotografare. Non avrei potuto trovare un posto più adatto che incarnasse lo slogan It May Be Rough Out There.” Sì, perché la filosofia del brand è proprio questa: impegnarsi a fornire attrezzature che resistano alla prova del tempo, anche se continuamente esposte alle condizioni più difficili. Come tutti sanno, il tempo può essere imprevedibile, ma i prodotti Bach
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sono creati appositamente per non deludere il consumatore, indipendentemente da “quanto sia duro là fuori.” “Nei giorni successivi siamo partiti alla scoperta delle diverse realtà, rimanendo sorpresi da un clima piuttosto estremo. Lo zaino ha resistito agli elementi esterni in maniera eccelsa. Ma non solo. Bach mi ha permesso di testare anche la tenda WickiUp e, con grande sorpresa, maltempo e forti venti non sono stati un problema. Ancora oggi, se ci ripenso, sono sbalordito dalla forza della natura che si può sperimentare in questi luoghi. Il tempo cambia in pochi minuti e varia da isola a isola. Da un lato pioveva mentre dall'altro c'era neve e sole. Devo dire che questa attrezzatura è stata la compagna ideale di un viaggio che ricorderò per tutta la vita." Bach è una delle ultime aziende manifatturiere in cui lo spirito dei pionieri dell'outdoor è ancora vivo. Dove ci sono ancora persone che amano quello che fanno e a cui piace stare
all'aperto il più possibile. “Non facciamo pubblicità, difficilmente stampiamo un catalogo, ma facciamo roba buona.” Ed è per questo che l’attuale offerta oggi può contare sul know how di Nigor Tents & Furniture, storico produttore olandese di tende e attrezzatura da campeggio. WickiUp, ad esempio, è la nuova tenda da trekking 4 stagioni, ultraleggera, a palo unico, in grado di offrire molto spazio e un'incredibile stabilità in condizioni meteorologiche avverse. Ideale, per viaggiare in località remote come le Isole Faroe. “La bellezza di queste isole è che puoi raggiungere qualsiasi luogo in appena 2 ore. L'isola di Vágar è una delle destinazioni da non perdere. Offre viste mozzafiato da scogliere alte 300 metri che precipitano direttamente nell'oceano. Bordoy invece è una delle isole più grandi e offre panorami spettacolari su Kunoy e Kalsoy. Consiglio a chiunque decida di visitarle di noleggiare un'auto e perdersi tra le strade
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meno battute. Questa rimane una raccomandazione generale per chiunque viaggi. Non solo si ha la possibilità di trovare perle nascoste, ma anche di incontrare la gente del posto e approfondire la cultura di un luogo. Non esitate a parlare con i locali e chiedere loro consiglio. Che si tratti dell'host del B&B o della cassiera del negozio di alimentari.”
“Le montagne sono i soggetti che più mi attraggono. Presumo che derivi dal contesto e dalla necessità di raggiungere questi luoghi. Qui non è solo la destinazione finale a offrirti una ricompensa, ma anche il viaggio stesso che hai dovuto affrontare.”
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The North Face VECTIV L’energia si trasforma in forza
Abbiamo già visto nella pagine di The Pill la scarpa VECTIV in passato e i runner che hanno avuto il piacere di testarla sicuramente non l’hanno dimenticata. La struttura della suola è così avanzata da aver registrato record su record in soli 12 mesi, come nel caso di Fernanda Maciel e Kaytlyn Gerbin che hanno completato in 13 ore e 15 minuti la traversata di 80km dello Hielo Continental, battendo il record precedente di quasi sette ore. Ma a The North Face questo non bastava e ha continuato a lavorare giorno dopo giorno per migliorare una tecnologia che già faceva il suo lavoro in maniera ottimale. Per chiarire, la tecnologia VECTIV è composta da tre componenti principali: la prima è la piastra VECTIV in fibra di carbonio 3D, elemento essenziale per garantire la massima stabilità, la seconda è l’intersuola rocker VECTIV, responsabile della propulsione, infine la suola antiscivolo Surface CTRL che permette la massima trazione, facendo dimenticare ogni terreno scivoloso o poco stabile. Questa tecnologia viene riproposta in tre modelli principali per il trail running, ognuno progettato per adattarsi in maniera specifica alle richieste ed esigenze degli atleti. Il primo modello è Flight VECTIV e il suo uso ve lo suggerisce il nome: sì, fa veramente volare. La scarpa più reattiva e traspirante, è talmente leggera che in ogni passo non si riesce ad avvertirne il peso. La tomaia a maglie risulta flessibile, mantenendo una buona dose di robustezza. Infine, presenta la caratteristica piastra VECTIV in fibra di carbonio 3D che rende la scarpa stabile, performando al massimo in velocità.
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La seconda proposta è VECTIV Infinite, con la quale finalmente dimentichiamo ogni sassolino fastidioso, ogni percorso impervio, ogni terreno scosceso: la parola d’ordine è protezione, grazie alla tomaia super robusta. Inoltre, questa scarpa riesce a bilanciare perfettamente ammortizzazione e reattività, caratteristiche che la rendono davvero versatile. Anche questo modello vanta la piastra 3D VECTIV che trasforma l’energia di ogni passo in un ritorno di potenza, spingendo l’atleta in avanti molto più facilmente. La collezione viene completata dal nuovo modello VECTIV Enduris II, che si fregia del titolo di “modello VECTIV più ammortizzato”, dato dalla combinazione della già citata piastra 3D VECTIV con l’intersuola rocker, che massimizza l’energia aumentando la spinta. Queste caratteristiche, insieme a rialzi interni e alla robusta suola antiscivolo, rendono la scarpa l’ideale per i percorsi più lunghi e accidentati. Tutti e tre i modelli sono stati naturalmente approvati in laboratorio e cuciti su misura delle esigenze degli atleti trail running di The North Face che li hanno accuratamente testati. La collezione infatti è proposta con un fit specifico per uomo e per donna con l’obiettivo di offrire agli atleti un design personalizzato, garantendo la massima velocità e supporto durante allenamenti e gare.
La struttura della suola è così avanzata da aver registrato record su record in soli 12 mesi, come nel caso di Fernanda Maciel e Kaytlyn Gerbin che hanno completato in 13 ore e 15 minuti la traversata di 80km dello Hielo Continental, battendo il record precedente di quasi sette ore. 40
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The United Mountains of Europe Quattro giovani attiviste che ascoltano le montagne
Una passione comune, la montagna, e il desiderio di raccontare una storia diversa, meno incentrata sull’atleta professionista dedito alla performance, più volta a un movimento portato avanti da tutti, per un’umanità che si allei al pianeta. È così che nell’estate del 2021 nasce il progetto United Mountains of Europe, grazie all’iniziativa di Adele Zaini, Alessia Iotti, Eline Le Menestrel e Sara Segantin, quattro giovani attiviste, preoccupate per il futuro della terra e con la volontà di dimostrare che la montagna può essere vissuta in modo sostenibile. Ma ciò che inizia come un’avventura diventa presto una grande domanda: “E se le montagne avessero dei diritti, questo aiuterebbe a combattere la devastante crisi ambientale?” Decidono allora di fare qualcosa di più, di unire i puntini lungo un viaggio dove dare voce alla montagna, alle persone e alle diverse realtà isolate che la vivono, tutte con una causa comune: preservare le aree che ci fanno sentire pienamente vivi e nel momento, radicati nel territorio e connessi alle persone che ci circondano. Ha inizio il viaggio attraverso le montagne d’Europa, prima con i mezzi pubblici e poi a piedi, tra trekking, scalate, speleologia e ghiacciai, dove le ragazze arrampicano finché viene loro concesso dalla montagna e, nel rispetto della stessa, tornano indietro quando il cielo inizia a incupirsi. Lungo il loro tragitto incontrano le persone che quei luoghi li abitano e ne raccolgono
testimonianze, idee e richieste legate a una montagna che conoscono e vivono ogni giorno. Ma la montagna si sa, porta riflessione, e ritrovandosi lassù, immerse nell’essenza più pura dell’alta quota, si rendono conto di non essere loro le protagoniste del progetto, di non essere loro a dover decidere cosa sia giusto ma che è la montagna a mostrare se stessa e che il loro compito è quello di ascoltare cosa queste cime chiedono e farsene portavoce. Spinte da questo nuovo sentimento decidono di cambiare la meta finale del viaggio, non più i Pirenei, ma un luogo dove la voce delle montagne può avere più peso: Bruxelles. Per arrivarci non più le scoscese strade di montagna, ma le manifestazioni per il clima per la PreCOP di Milano e la COP di Glasgow. È così che l’11 dicembre, in occasione della Giornata Internazionale della Montagna, le giovani attiviste orga-
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nizzano un evento a Bruxelles davanti alla Commissione Europea per riunire i diversi attori della comunità outdoor che hanno incontrato lungo la strada, la società civile e i rappresentanti della politica. Un’occasione per ascoltare la voce delle montagne, dialogare e trovare soluzioni per garantire il rispetto e la tutela di questi luoghi di natura ancora selvaggia. Hanno preso parte all’evento nomi quali Marco Onida, Raul Cazan, Sean Villanueva O’Driscoll e Siebe Vanhee. “L’evento nasce dal grande bisogno di consolidare il network creato dal progetto e portarlo al pubblico in forma fisica. È stato un bellissimo passo, non con migliaia di persone ma con partecipanti veramente coinvolti” dice Giorgia Garancini, quinto elemento del gruppo in questa seconda fase del progetto. Era importante farlo ora, nel 2021, un anno fon-
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damentale per il dibattito sul clima. E allo stesso tempo è stato necessario essere fisicamente presenti, a Bruxelles, in un parco pubblico con un valore storico per l’arrampicata locale e politico in quanto di fronte alla Commissione. Tutto questo per muovere le persone a livello emotivo più che razionale. “Da quando abbiamo scoperto della crisi climatica ad oggi non è cambiato molto. Forse perché ci siamo rivolti alla parte razionale degli esseri umani. Volevamo toccare la parte emotiva condividendo il nostro amore per la montagna, che è la radice più forte di questo progetto.” Come in tutte le migliori giornate si inizia con una colazione tutti insieme e l’introduzione del progetto. Si passa poi ai tavoli di lavoro, creati in modo eterogeneo “mettendo insieme lo scienziato, il politico, lo sportivo e noi come mediatrici.” Momenti di incontro e con-
fronto dove sono stati sviluppati due temi principali: il primo è la necessità di un cambiamento culturale che ridefinisca il rapporto uomo-natura e affianchi i diritti delle montagne a quelli riconosciuti all’uomo. Il secondo sul turismo sostenibile e sull’approcciarsi alla montagna come compagna, non come un’entità passiva su cui consumare frugalmente un’avventura. I partecipanti sono anche stati invitati a scrivere su un cartellone quei diritti che secondo loro le montagne avrebbero chiesto. “Quando si avvicinavano, chiedevo che si montagnizzassero” dice Alessia. “Erano tutti molto ispirati dall’evento e ne sono uscite idee fantastiche.” L’evento si conclude con la marcia delle giovani attiviste fino all’ingresso della Commissione Europea e la consegna simbolica della carta dei diritti delle montagne.
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La chiave della popolarità del progetto è stata il suo non definirsi secondo un’area geografica, stato, organizzazione o club alpino. Non contava da dove si arrivasse, ma il perché ci si muovesse. E questo perché era la montagna. “Le montagne hanno insegnato e insegneranno per sempre a tutti coloro che ascoltano che tutto è possibile. E crediamo che ciò sia vero per chiunque agisca nel rispetto dell'ambiente naturale” dice Eline. Il fulcro del progetto è dare una nuova normativa per raggiungere un nuovo rapporto con gli ambienti che ci ospitano. E forse in questo le ragazze sono riuscite ad accendere la giusta scintilla necessaria ad innescare il cambiamento. Non resta che guardare ai loro prossimi passi e renderci tutti e tutte parte di questo movimento per le montagne.
THE PILL BASE CAMP SKI & SNOW TEST BY I L A R I A C H I AVAC C I
The Pill Base Camp, winter edition. Unconventional business camp. 76 brand, 103 negozi, una redazione intera: l’edizione uno del primo evento business to business organizzato dal nostro magazine è stato un successo. Pila, domenica 6 febbraio, ore 6.30. Dal parcheggio allo spiazzo di fronte alla Trattoria dei Maestri è tutto un viavai di persone che trasportano gazebi ripiegati, pancali, tavolini, sacche con le tavole o gli sci, qualcuno li ha impilati tipo pellet per trasportarli più facilmente. La neve a terra è solcata da una sorta di reticolato, un villaggio immaginario che di lì a due ore sarà pieno di attrezzatura e di gente, sarà il primo Base Camp organizzato
da The Pill, che durerà fino al giorno dopo. Quando Denis Piccolo, il direttore, ce ne ha iniziato a parlare, ormai mesi fa, sembrava una cosa titanica e, non di meno, un totale salto nel buio, una scommessa: invitare centinaia di persone all’edizione uno di un evento non ha una risposta scontata. La risposta invece c’è stata eccome ed è stata massiccia per un evento business to business: i brand che hanno portato il loro stand al nostro Base Camp sono stati 76 tra marchi di sci, snowboard, scarponi, attacchi, maschere e occhiali e in generale prodotti legati al mondo degli sport invernali. A far loro da controparte sono intervenuti 230 rappresentanti di 103 negozi sparsi
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sul territorio, dall’Umbria al Trentino, che hanno avuto l’opportunità di testare, concentrata in due giorni e in pochi metri quadrati, l’attrezzatura dei brand più rilevanti del mondo all mountain e freeride per il prossimo inverno, ma anche di conoscerne di nuovi. Accanto ai brand più conosciuti e, passatemi il termine, più mainstream, sono intervenute infatti realtà più di nicchia, alcune quasi tailor made. Il cuore della due giorni, infatti, è stato proprio la discussione sul prodotto, testato dai commercianti e poi approfondito con i rappresentanti dei brand e con noi della redazione, che abbiamo raccolto centinaia di interviste. Per ogni tavola o sci testato si è parlato dei materiali e dei processi produttivi utilizzati: la sostenibilità è un asset sempre più fondamentale per le aziende outdoor e tra quelle intervenute un’alta percentuale ha attrezzato, o sta attrezzando, i propri stabilimenti
THE PILL BASE CAMP SKI & SNOW TEST PHOTOS CAMILLA PIZZINI
per essere carbon neutral e sono stati fatti enormi passi avanti dal punto di vista della sperimentazione sui nuovi materiali, sempre più green, ma altamente performanti. Il know how delle aziende si sta concentrando sulla sostenibilità, ma anche sul rendere l’esperienza dei propri clienti sempre più soddisfacente: sia che si tratti di sci o tavole progettate per essere all mountain, oppure specifiche per l’alpinismo e il freeride, sono molte le innovazioni messe in campo per la stagione 2023. Chicche ingegneristiche messe a servizio degli sport invernali, intuizioni geniali che si tramuteranno in una migliore esperienza di riding, a tutti i livelli e per tutti i tipi di terreno. I molti momenti di confronto che noi come redazione abbiamo avuto, sia con i commercianti che hanno testato i modelli, sia con i rappresentanti dei vari brand, confluiranno infatti in uno dei prodotti di The Pill per noi più importanti, l’Outdoor Guide invernale, più di 400
pagine piene di recensioni di prodotti dal punto di vista tecnico, estetico e di feeling. Per andare a fondo e scoprire quali sono tutte le novità per il 2023 dovrete aspettare il prossimo novembre, ma intanto vi possiamo anticipare che l’edizione che verrà sarà arricchita dal contributo della community che si è radunata a Pila. L’aspetto più importante, e che ha reso noi come organizzatori più felici e orgogliosi, è infatti proprio quello comunitario: il The Pill Base Camp ha costituito un’occasione non solo per i commercianti di testare tanti prodotti diversi, ma anche di poter parlare con i colleghi, della stessa o di altre regioni, di poter discutere con i brand le proprie impressioni a caldo dopo la prova, di confrontarsi con noi su quelli che sono gli aspetti più richiesti dai propri clienti e quindi importanti per noi da segnalare nella Outdoor Guide. Le interviste raccolte sono quasi 400 e
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rappresentano per noi materiale prezioso per la redazione dei nostri testi e per confrontare le nostre sensazioni sui prodotti con quelle dei negozianti e dei brand in modo da dare ai lettori descrizioni che siano più accurate e dettagliate possibile. Uno sforzo collettivo che ha portato, e porterà, nuova linfa al nostro magazine, il cui team si è dato molto in questa due giorni. Chi di voi, brand o negozianti, è intervenuto avrà trovato ad accoglierlo o accoglierla Ludovica e Martina, infaticabili host che hanno gestito la registrazione degli ospiti, la distribuzione degli skipass e della miriade di questioni logistiche che un evento del genere inevitabilmente impone. Accanto al deus ex machina di tutta la due giorni, Denis, avrete probabilmente incrociato Tommaso, che ha gestito con il direttore buona parte delle presenze e della logistica. A scattare le foto che vedete, c’erano Silvia e Camilla e a braccare chiunque per le interviste c’ero io, Ila-
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ria, insieme a Eva e Marta. Un lavoro di team che rappresenta un successo, come edizione zero, come primo banco di prova per capire se e come replicare in futuro un tale dispiego di forze e condivisione. Piacevole intermezzo tra le due giornate di test la serata che abbiamo organizzato al The Place di Aosta, ritrovo della community outdoor locale dove l’amore per la montagna trasuda dalle pareti, gremite di scatti in quota. Qui c’è stata ancora occasione per parlare, confrontarsi sulle esperienze fatte durante il giorno e per andare più a fondo sulle questioni emerse durante
la giornata, ma anche per bere una birra, facciamo anche due o tre, insieme a quella che è una comunità appassionata sia al proprio lavoro, che all’ambiente che la ospita. Il The Place d’altronde è metà locale e metà bike hub, e l’ambiente si presta a massimizzare quello che è il nostro obiettivo: andare a fondo su quello che ci appassiona, ovvero il mondo dell’outdoor. Pila, lunedì 7 febbraio, ore 16.30. Il sole, di una giornata tersa e caldissima, è ormai calato. Con la stanchezza di quasi 48 ore di lavoro fare il percorso inverso che porta al parcheggio, con gazebi, porta tavole, sci impalcati
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e tutto quello che per il camp è stato utile, è un po’ più faticoso, ma, almeno noi, lo facciamo con il sorriso sulle labbra. Ci siamo riusciti, era una sfida e questo per noi è l’essenziale. Il mondo dell’outdoor e degli sport invernali si regge sulle sfide e a noi piace inventarne sempre di nuove. Ringraziamo di cuore chi ha partecipato e si è imbarcato con noi in questa avventura, e chi vorrà continuare a farlo in futuro. Dato il successo dell’edizione uno crediamo proprio ce ne saranno delle altre. Stay Tuned.
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Il telemark spiegato da una bambina di 12 anni BY E VA TO S C H I
Molti di voi sapranno , presupporranno, visto che sto scrivendo su una rivista, che non ho 12 anni, bensì 31. Perché ho deciso quindi di intitolare questo pezzo in questo modo? Perché dovrei avere la pretesa di sapere cosa pensa una bambina preadolescente che scia a tallone libero e, soprattutto, perché ho voglia di provare a spiegarlo? Beh, innanzitutto perché, anche se è passato un po’ di tempo (e un po’ è l’eufemismo del secolo), sono stata una bambina di 12 anni, e un giorno di metà gennaio di due anni fa, in un attimo sono tornata ad esserlo. È successo mentre ero catapultata a valle, con le punte degli sci verso la massima pendenza. Ho mandato lo sci interno indietro, ho preso coraggio e mi sono avvicinata al suolo, affondando sulla gamba avanzata. Ho fatto pressione sul metatarso e, nonostante (o grazie a) la resistenza delle molle, finalmente, ho alzato il tallone. Il 17 gennaio 2020 ho fatto la mia prima curva in telemark. E mi sono ritrovata immediatamente più giovane di 19 anni. Ho rovistato nel mio zaino da freeride e per un attimo ho creduto di aver sentito con la mano la forma del mio walkman azzurro della Sony, costellato di scritte incise con un Uniposca rosa.
Che cos’è il telemark? Di certo una bambina non si metterebbe a raccontarvi di com’è nato lo sci a tallone libero né si metterebbe a spiegarvi come funziona, come sono fatti gli attacchi o la meccanica del movimento. Una bambina di 12 anni
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proverebbe a spiegare gesticolando, con il cuore accelerato e le guance rosse dallo sforzo e dall’emozione, cosa prova quando scia in telemark. Quella bambina che conosco un po’ meglio di altre, vi direbbe questo: Quando ho visto per la prima volta qualcuno sciare in telemark, non ho capito cosa stesse facendo. Quel movimento così basso, così allungato, era strano, diverso. Era bello. Mi sono incuriosita ed ho voluto provare a farlo anche io. Quando alla prima curva sono riuscita ad accennare la piega mi sono stupita, meravigliata. Mi sono sentita bella come quel telemarker che avevo visto per la prima volta, anche se probabilmente il mio movimento dall’esterno appariva goffo e sgraziato, tutt’altro che bello. Tuttavia, quel movimento imperfetto era mio, mio soltanto. Identico solo a se stesso, già diverso dal movimento che sarebbe venuto dopo. Quel momento appena prima di prendere il coraggio di arretrare uno sci mi ha fatto pensare a quell’altro momento, appena prima di tuffarsi in mare da uno scoglio alto dieci metri. Quell’istante in cui la mente ha già deciso, ma il corpo è ancora fermo, come pietrificato. Quando si è in cima a uno scoglio se si aspetta troppo che arrivi l’attimo giusto non ci si tufferà mai. Se si aspetta troppo per iniziare a piegare, non lo si farà mai. Fare telemark mi piace perché oltre a essere bello, è inutile e fine solo a se stesso. È come fare su è giù da uno scivolo di un pedalò, rincorrere un amico in un prato o nascondersi con il fiatone dietro un albero. È bello anche solo sognare di farlo, desiderarlo,
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sentirsi come quando si chiede ai propri genitori il permesso di andare a dormire dalla migliore amica nel bel mezzo della settimana. Quando vado a sciare in telemark mi sento più impacciata di quando scio con l’attacco fisso, scaletto goffamente, cedo sotto lo sguardo severo dello skiliftaro quando mi metto con gli sci uniti ad aspettare il piattello. Però, quando faccio la prima piega, anche se sono storta e rischio di cadere con la faccia in avanti e segnarmi il naso, smetto di sentirmi impacciata. Non mi vergogno più. In quel momento smetto di essere la bambina con i genitori separati, che indossa vestiti usati e che è andata a scuola con il vestito di carnevale il giorno sbagliato. In quel momento tutto il resto non esiste, non importa, perché sono talmente concentrata che riesco a vedermi dall’esterno. E quello che vedo è una giovane ragazza che ha il coraggio di mettersi in gioco e non si tira indietro. Cade e non aspetta che qualcuno venga ad aiutarla. Si tira via la neve dalla giacca e si rialza. Ho cominciato a sciare in telemark perché volevo essere vista dall’esterno con lo stesso stupore che ho avuto io quando ho visto quel telemarker piegare veloce nella neve morbida delle piste in primavera, come se non ci fosse niente di più facile e bello al mondo. Poi sono cresciuta ed ho capito che quello che conta non è uno questione estetica, di apparenza. Quello che veramente importa quando si scia in telemark, è quello che ci succede dentro. Ho smesso di chiedere a qualcuno di farlo per me, ed ho cominciato ad imburrare io, la mia fetta di pane.
Andrea Lanfri Alpinista Reloaded BY I L A R I A C H I AVAC C I PHOTOS ILARIA CARIELLO
Una meningite piuttosto aggressiva gli porta via, a un passo dai trent’anni, tutte e due le gambe e sette dita delle mani su 10, ma il richiamo della montagna è stato più forte e adesso Andrea, che di anni ne ha 36, sta per affrontare l’Everest. La tua bio recita: “I limiti sono solo nella tua testa.” Ce n’è uno che ancora non sei riuscito a superare? Credo che il volersi costantemente migliorare sia insito nella natura di tutti gli atleti, ogni limite lo si vede come una sfida e, preparandosi per vincerla, automaticamente il limite viene spostato più in là. Appena messe le prime protesi provai ad arrampicare subito, in quel momento fallii alla grande e misi il climbing in stand by, poi la mia testardaggine mi ha spinto a continuare a provare ancora e ancora, fino a trovare delle soluzioni. È stata l’ambizione, questo desiderio assiduo, ad aprirmi la mente a nuove idee, nuove impostazioni del mio corpo che, ad oggi, mi hanno portato a pensare di scalare montagne altissime. Io credo che per una persona che come me si trovi ad affrontare un “intoppo” nel suo percorso di vita ambizione, determinazione e saper sognare siano tre requisiti fondamentali. La montagna e l’alpinismo sono tornati prepotenti nella mia vita perché l’ho sognato veramente tanto. Ma bisogna anche essere determinati: quando sono tornato a casa e ho iniziato a frequentare i luoghi montani di sempre con i miei nuovi piedi trovavo tutto così difficile, anche quei percorsi che prima classificavo come facilissimi.
Dover convivere con una malformazione, con un corpo diverso da quello degli altri, un corpo che deve sforzarsi il triplo per fare quello che la maggior parte delle persone fa senza neanche pensarci, è difficile. Lo è ancora di più se in questa condizione ci si ritrova di punto in bianco a 29 anni. È infatti a 29 anni, nel pieno del vigore e della forza che Andrea Lanfri, ambassador Ferrino, a causa di una meningite con sepsi meningococcica perde entrambe le gambe e buona parte delle dita delle mani. Quella che ai più appare come una notizia shoccante non smuove Andrea dalla sua passione: è sempre stato malato di alpinismo e a mollare non ci ha pensato mai, neanche per un secondo. “Non saprei proprio spiegarlo, ma già dal mio risveglio dopo le varie amputazioni, dei piedi e di gran parte delle mani, dentro di me c’era questa pazza convinzione che, nel bene o nel male, sarei tornato “l’Andrea” di prima. Ho visto subito questa situazione come una sfida, una bella sfida, ad oggi la più impegnativa che mi sia trovato ad affrontare, ma alla fine l’ho vinta. Anzi, sono andato oltre: in quel letto di ospedale mi ero giurato di continuare a fare le cose che facevo prima, ad oggi posso dire che mi sbagliavo alla grande perché oggi ne faccio molte più.” Con “molte più di prima” Andrea si riferisce all’aver raggiunto Putha Hiunchiuli sul Dhaulagiri e aver scalato il Vulcano Chimborazo in Ecuador, solo per citarne due.
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Le prime protesi le hai ottenute attraverso il crowdfunding, questi strumenti possono dare una qualità di vita molto alta, ma sono anche molto costosi… Purtroppo anche la normale manutenzione, specialmente se come me ne si fa un utilizzo esagerato, è costosissima. Molte delle mie infatti sono ricavate da quelle vecchie: ormai usurate per uno scopo, ma ancora valide per altri. Le protesi da ciclismo ad esempio sono nate da un vecchio paio che utilizzavo per camminare. Ne ho di diverse per alpinismo, trekking, ciclismo, corsa su strada, arrampicata (anche queste ricavate da vari pezzetti di mie vecchie protesi) e infine quelle “civili”, che utilizzo tutti i giorni per andare in giro e a lavoro. Per ottimizzare i movimenti e i gesti atletici ogni sport ha la sua particolarità e richiede la protesi specifica.
un’altitudine, piuttosto che un’altra? A volte mentre sto completando l’ascensione ad una me ne vengono in mente altre due, altre volte invece l’ispirazione arriva proprio mentre sono a casa, come durante il primo lockdown quando ho partorito “from0to0” il progetto in cui parto dal livello del mare, mi avvicino alla montagna in bici, salgo sulla montagna e torno nuovamente ad altitudine zero, il tutto nostop, nel minor tempo possibile. Partirai per l’Everest, cosa ti ha portato a scegliere questa impresa? La vetta del monte Everest, i famosi 8848, per me rappresentano la fine di un lungo cammino iniziato anni fa: è questo il vero avvicinamento, non solo quello che porta al campo base.. Comunque ho talmente tante idee e progetti in mente che non sarebbe sufficiente una vita intera per portarli a termine tutti. Ho la fortuna di avere moltissime passioni, ma anche tanta fantasia e voglia di fare: questo è sempre stato il mio vero punto di forza.
Sul polso destro hai tatuato la data di quando tutto questo è iniziato. C’è una linea interrotta da questa data buia, ma poi la linea continua per intensificarsi più di prima, per dimostrare che la vita è continuata. Molti degli altri tatuaggi invece non hanno un significato particolare, praticamente girano attorno alle varie cicatrici che ho sparse per il corpo.
Fai parte della family Ferrino, quale attrezzatura hai scelto per questa impresa? Senza dubbio gli zaini Instinct, che per me sono un must e fanno parte di tutte le mie salite importanti. Per me i requisiti essenziali da soddisfare sono leggerezza e praticità. Con me avrò anche anche alcune tende d’alta quota, materassino e sacco a pelo.
Come scegli le tue avventure? Cos’è che ti spinge a scegliere una cima, o
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Between snow and land BY ELISA BESSEGA
WITH LUCA DALPEZ
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Da Freeride World Qualifier e dalla scena punk hardcore trentina all’azienda agricola biologica il passo è più breve di quanto si possa pensare, lo capisci quando ti ritrovi all’après ski nel bar storico di Fai della Paganella e ti capita di fare due chiacchiere con Luca Dalpez. Splitboarder e freerider, maestro di snowboard, agricoltore biologico in Val di Non, la valle della monocoltura delle mele, e attivista: Luca prende piuttosto sul serio il suo rapporto con natura e controcultura in tutti gli ambiti in cui è impegnato. Lo conosco da qualche anno ormai, precisamente da quando mi è capitato tra le mani un manifesto che vede il suo nome tra i primi firmatari. Si trattava di una carta contenente una serie di dichiarazioni di principio in tema di sport di montagna e sostenibilità, una sorta di chiamata a raccolta destinata ai praticanti di tutte le discipline outdoor con una volontà comune: quella di rivendicare il valore in sé degli spazi naturali. “Ci impegneremo per influenzare le scelte politico-economiche verso la conservazione degli ambienti naturali e verso uno sviluppo sostenibile dei territori e della cultura outdoor” così recita uno dei punti del programma di The Outdoor Manifesto, ed è su idee come questa che, pur se in modo sempre riservato, Luca sembra basare ogni sua azione. Iniziative del genere funzionano quando alle belle parole seguono scelte di vita concrete a dare l’esempio. Sarò forse di parte, perché quella chiamata all’azione mi ha convinta e ho poi preso parte all’associazione, ma l’esempio vissuto da Luca è una di quelle cose che racconto sempre vo-
lentieri nella speranza che ispiri altri così come ha fatto con me. Giusto il tempo di ordinare la prima birra e subito attacca a raccontare di una recente discussione tra maestri. Mi parla a bassa voce perché in quel bar si conoscono tutti, il tema: un ipotetico ampliamento delle aree sciabili in una zona boschiva. “Una stronzata” mi confessa senza mezzi termini. L’argomento è complesso e oggi parecchio dibattuto, e non è questa la sede per approfondirlo come merita. Quello che è chiaro è che non dev’essere facile trovare un equilibrio tra lavoro e convinzioni personali quando ti trovi al centro dell’occhio del ciclone. Gli chiedo se siano in tanti, in valle e fra i maestri, a pensarla come lui: a preferire uno sviluppo fatto di ammodernamento degli impianti esistenti che non importi però ulteriori infrastrutture e consumo di suolo. La risposta ovviamente è no, non sono in tanti, ma sembra speranzoso verso le nuove generazioni. Non mi impressiona tanto la sua posizione (oggi fortunatamente ci sono sempre più voci a favore di modelli di sviluppo alternativo anche tra gli addetti ai lavori) quanto il fatto che sia sempre pronto a portarla avanti anche nelle piccole discussioni quotidiane, quelle dove faresti meglio a non
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esporti per non farti nemici inutili, soprattutto in tempi di magra come questo.
In questo contesto se non produci mele devi sbatterti il triplo anche solo per garantirti l’acqua per coltivare. Eppure nel 2020 Luca chiude il negozio di tavole e articoli sportivi che aveva aperto a Cles e con l’aiuto di Elisa, la moglie, decide di dedicarsi a tempo pieno alla coltivazione di fiori e ortaggi. E, soprattutto, lo fa seguendo la filosofia del minore impatto possibile lì dove il resto della valle sopravvive solo grazie a ingenti e discusse quantità di fitofarmaci. Luca si scola la seconda birra e ridendo mi confessa che “quelli del gruppo di acquisto locale, quando gli porto la verdura bio, ci scherzano su e mi chiamano eroe”. Sì, perché per ridurre al minimo l’impatto su tutto il ciclo di coltivazione e distribuzione, dall’estate scorsa, quando possibile, consegna i suoi prodotti anche a domicilio spostandosi in bici.
Luca non viene da una famiglia di agricoltori, né da una famiglia di sciatori. Lo snowboard è arrivato con l’adolescenza insieme ai tatuaggi e ai centri sociali, e così come l’inchiostro non se ne è più andato. Mi racconta del periodo in cui divideva il suo tempo tra le gare di freeride e i concerti con gli Attrito. In quegli anni il gruppo era in uno dei suoi momenti più attivi, non hanno registrato tanti album ma hanno suonato in una quantità impressionante di live. La scena punk hardcore trentina è interessante anche per chi non è appassionato al genere, è uno di quegli atti di resistenza pura che nascono per contrasto nei territori troppo chiusi. Ci leggo un’analogia con la scelta di coltivare biologico in Val Di Non. Azzardo la domanda, Luca mi risponde prendendomi in giro: “Non vorrai mica dipingermi come il classico anarchico ribelle militante?” Non gli piacciono le etichette, me lo ripete per tutta la sera.
L’estate nella terra, l’inverno sulla neve. Chiedo cosa l’abbia convinto a cambiare vita, in fondo vendere tavole non dev’essere così male se lo snowboard è la tua passione. Leggo la risposta nella pace del suo sguardo quando mi parla di alzarsi all’alba e passare le giornate seguendo i ritmi della natura. Ritmi duri, ma molto più gratificanti di quelli imposti dalle regole del commercio. A Luca non interessa fare l’eroe, quello che gli piace, mi pare di capire, è tornare a casa dai figli, la sera, ed essere un padre sereno, in ogni stagione dell’anno.
Non è facile capire la portata di una scelta del genere se non conosci le dinamiche di valle. L’economia e la politica del territorio ruotano interamente attorno alla monocoltura intensiva del melo. I lunghi filari, i teli antigrandine e i capannoni di stoccaggio hanno preso ovunque il posto del paesaggio tradizionale di un secolo fa quando c’erano la vite, i pascoli, i cereali e altri alberi da frutto. La filiera funziona e la produzione aumenta di anno in anno, ma al beneficio economico si accompagnano perdita di habitat e biodiversità, oltre ai rischi legati all’esposizione massiccia ai pesticidi.
È questa la storia da raccontare, quella di una persona che trova il suo posto seguendo le proprie passioni, senza temere di compiere scelte radicali per farlo.
“Quelli del gruppo di acquisto locale, quando gli porto la verdura bio, ci scherzano su e mi chiamano eroe”
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Il senso di Oriane Bertone per l’arrampicata BY I L A R I A C H I AVAC C I P H O T O S T H I B A U LT PA I L L E R
Ha appena 16 anni, ma è già un nome nel mondo del boulder e del climbing. Sogna le Olimpiadi, ma per il momento si “accontenta” di fare incetta di risultati in Coppa del Mondo. C’è chi a risolvere un boulder 8b+ ci mette una vita intera e chi ci riesce a 12 anni. Oriane Bertone fa decisamente parte di questa seconda categoria, e stiamo parlando dell’impresa da record su Golden Shadow, a Rocklands, Sud Africa, nel 2018.
e lei si scusa, ma è in palestra e quello è l’angolo più silenzioso. D’altra parte inizia ad allenarsi alle 8 del mattino e va avanti fino a che resiste, “fino a che non mi dimentico che ore sono.” Nel momento in cui scrivo Oriane ha come obiettivo il campionato francese nel giro di una settimana e poi chiaramente la stagione della Coppa del Mondo. Punta ad arrivare in finale in almeno un paio dei circuiti più importanti, World Championship è un termine che ripete spesso, tipo mantra.
Non solo: a gennaio, quando di anni comunque ne aveva appena 16 (è una classe 2005), ha risolto Karma (8a+), boulder problem situato a Fontainebleau tra i più leggendari del mondo, che nel 1995 era valso fama e plauso allo svizzero Fred Nicole. Per Oriane essere la più giovane climber a chiudere un 8b+ non è parso abbastanza e, nel 2019, ha ottenuto il titolo mondiale juniores di arrampicata e boulder e, dallo scorso anno, è entrata nella categoria seniores dove ha già messo le cose in chiaro: nel circuito di Coppa del Mondo ha già portato a casa una medaglia d’argento, a Meringen. Dal 2022 è entrata inoltre a far parte come atleta nel team Black Diamond: diciamo che nel mondo dell’arrampicata le vette le sta toccando tutte.
Ma l’obiettivo che scalpita sottopelle sono i cinque cerchi, anche se la ragazza è estremamente lucida e focalizzata, nonostante la giovane età: “amerei decisamente essere parte del team che rappresenterà la Francia alle prossime Olimpiadi, Parigi 2024, che per noi a maggior ragione si giocheranno in casa, ma non credo di aver ancora raggiunto il livello necessario. Sicuramente il pensiero ci va e mi sto allenando per questo, ma non sono sicura di riuscirci." Dallo schermo del Mac non riesco a capire quanto sia modestia e quanto scaramanzia, ma a giudicare da quello che è già stata in grado di ottenere credo proprio ci riuscirà.
Ci sentiamo su Zoom e sotto c’è un casino infernale, le dico che non sento proprio bene
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Puoi vantare un curriculum da veterana del climbing, ma hai solo 16 anni. Quando hai cominciato ad arrampicare? Quando ero piccola mia sorella faceva danza e io e mio fratello la accompagnavamo e dovevamo aspettare che finisse il suo allenamento, cosa che iniziò a non dispiacerci affatto perché, nella palestra dove praticava, c’era anche una parete da arrampicata. È lì che ho provato la prima volta. Aspettavamo poi con ansia la volta successiva per provare vie e combinazioni nuove, ci piaceva metterci alla prova con prese sempre diverse.
Credo che ogni climber che arrivi a competere nella World Cup abbia dentro di sé una componente innata e una forza che gli altri non hanno, ma quello che io dico sempre a me stessa è che quello che ho adesso è frutto del mio allenamento, che è sempre stato massiccio. Cosa hai pensato quando hai chiuso il tuo primo 8b+? Non ne sono sicura, ero veramente molto giovane: avevo già risolto alcuni boulder tosti e mi sono messa alla prova anche con quello. È solo dopo che mi sono resa conto che effettivamente era stata una prova fatta davvero bene. Ero molto contenta, ma come tutte le volte che riuscivo in un boulder piuttosto duro. Non è stato così speciale in fin dei conti, o meglio, lo è stato perché ci ho messo un sacco di tempo a finirlo, probabilmente è quello in cui abbia impiegato più tempo in assoluto, ma non ho pensato che fosse speciale per il grado difficoltà, quanto proprio per l’arrampicata in sé.
Anche tuo fratello è un climber professionista, c’è competizione tra di voi? Max è di poco più piccolo di me, ha 14 anni: anche lui è un climber internazionale e, se devo dire tutta la verità, sì, c’è competizione tra di noi. Come in una normale relazione tra fratello e sorella credo, ma con un pizzico di rivalità in più. In definitiva però credo che sia un bene perché questa è proprio una delle ragioni per cui sono progredita tanto in fretta nell’arrampicata. Questa mia voglia costante di batterlo, contrapposta alla sua voglia costante di battermi, mi ha fatto diventare forte in fretta.
Come sta andando questo primo approccio alla categoria seniores? È stato veramente un periodo pazzesco: non avrei mai creduto di poter raggiungere risultati così alti durante il primo anno. Mi ricordo ancora che prima della prima gara non credevo di potercela fare, e poi invece è semplicemente successo. In molti poi hanno iniziato a dirmi che per il momento ho già raggiunto un sacco di traguardi e che quindi devo prendere tutto quello che viene adesso in maniera rilassata: ho seguito questo consiglio e sono arrivata in finale. Credo che questo per il momento sia stato l’anno più bello della mia vita.
Credi che questa tua naturale propensione, questo istinto per il climbing, sia una sorta di dono? Non me lo sono mai veramente chiesta, perché non ho mai pensato al mio modo di arrampicare come un dono, ma piuttosto come il frutto naturale di tanto allenamento. Non ci ho mai riflettuto troppo perché è successo e basta. Anche perché quando ero più piccola, a Reunion Island (fa parte dei territori d’oltremare francesi: amministrativamente è Francia, geograficamente è un’isola nel bel mezzo dell’Oceano Indiano, di fronte al Madagascar), arrampicavo soprattutto fuori, dove capitava spesso di dover affrontare dei boulder abbastanza tosti e questo mi ha fatto progredire allo stesso tempo anche nell’arrampicata indoor. Credo sia in quel momento che ho iniziato a vedere questo sport come una costante nella mia vita, ma il fatto di riconoscerlo come una carriera è cosa recente in realtà, perché è una domanda immancabile in ogni intervista.
Senti mai la pressione nell’essere identificata come enfant prodige dell'arrampicata? Quando ho iniziato ad arrampicare seriamente mi sono resa conto che le persone che contavano su di me iniziavano ad aumentare e che dovevo costantemente dimostrare di essere la più forte, un talento unico. Quindi diciamo che la pressione l’ho sentita abbastanza forte fin da subito, ma fin da subito ho imparato come proteggermi ricordando a me stessa che faccio quello che faccio non per gli altri, ma per me e perché mi piace.
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BY GIAN LUCA GASCA
BY GIAN LUCA GASCA
P H OTO S M AT T EO PAVA N A
Col Cervino negli occhi François Cazzanelli Ama lo stile fast and light, ma non disdegna l’alpinismo classico. Guida Alpina da 11 anni, François Cazzanelli ha aperto vie sulle Alpi e in Himalaya, costruendo con ogni realizzazione un nuovo pezzo della sua storia. 31 anni, sorriso stampato in faccia, capelli sempre arruffati e “94 Cervini” in tasca, Cazzanelli è orgogliosamente parte delle storiche Guide del Cervino, come suo padre Valter e come i nonni, paterni e materni. Oggi veste i colori di La Sportiva e guarda alle montagne di casa con occhi diversi.
Dalla lunga cresta che comprende Grandes e Petites Murailles, fino alla Catena del Furggen e all’attraente Gran Becca. Chi nasce alla sua ombra ha il destino segnato, verrebbe da dire. Guardando François se ne ha la conferma.
Cosa significa per te il Cervino? È una scuola di vita. Quello che ho imparato sui suoi 4478 metri l’ho portato sulle montagne del mondo. A volte è difficile da spiegare ma esiste un legame profondo con questa montagna, che si è intensificato negli anni, salita dopo salita. Vivere alle sue pendici, osservarlo tutti i giorni, permette di coglierne le sempre nuove opportunità. Così nascono progetti, ambizioni e sogni. Non finirà mai di stupirmi.
“Ho scalato in tutto il mondo. Ho raggiunto la vetta di Everest e Lhotse nella stessa stagione, sul Manaslu sono salito in velocità. Sono stato su Vinson, in Antartide, e ho ripetuto la Cassin al Denali, ma le montagne della Valtournenche sono quelle che ancora mi stimolano ad andare in montagna.”
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Dai un grande valore all’alpinismo local… Penso sia importante continuare a ricercare qualcosa di nuovo sulle montagne di casa. Quello che fai qui rimane. Una traversata, una via, un concatenamento ti rimangono sotto agli occhi, tutti i giorni. Lo guardi e pensi “io quello l’ho fatto!” e in qualche modo ti senti arricchito e appagato.
Io e Alessia stiamo insieme da 6 anni ormai e abbiamo un bellissimo rapporto. Lei è consapevole dei rischi che prendo in questa attività, che va ben oltre il lavoro di Guida. Insieme abbiamo vissuto tante avventure e tante situazioni che hanno contribuito a cementare il nostro legame. Devo anche dire che se nella vita ho ottenuto così tanti risultati è anche e soprattutto merito suo e della sua capacità di mettere ordine nella mia vita e in tutte le cose.
Esiste ancora spazio per qualcosa di nuovo? Lo spazio ci sarà sempre, fin quando non finirà la fantasia degli alpinisti. Le montagne di casa offrono grandi opportunità, basta saperle cogliere.
Ti immagini mai papà? Mi piacerebbe, ma prima di concretizzarlo devo trovarmi nella giusta condizione.
Secondo alcuni l’alpinismo è una forma d’arte. Tu come definiresti il tuo? È la mia personale forma di espressione. Un mio modo di esprimermi, in tutte le stagioni dell’anno, adattandomi a quello che la montagna offre.
Da giovani le delusioni sono ancora più forti, quale ti ha segnato di più? Sicuramente il Kangchenjunga nel 2014. Mi sono ritrovato spiazzato dalla quota e ancora oggi conservo la delusione per non aver saputo essere all’altezza della situazione. Penso faccia parte della normale crescita di un alpinista, quando quattro anni dopo ho raggiunto la vetta dell’Everest tutto è stato diverso.
La montagna, che sia vicino a casa o dall’altra parte del mondo, porta con sé dei rischi oggettivi. Tu fin dove sei disposto a spingerti? Difficile dare una riposta. Spesso è l’istinto a darti lo stop, a farti comprendere quando girare le spalle alla vetta e tornare a casa. Quando lo percepisci, ti salva la vita. Sono anche convinto che cambi molto dal luogo in cui ci si trova, almeno per me. Sulle montagne vicino casa ho un approccio di un certo tipo, mentre sulle montagne in giro per il mondo l’atteggiamento è un altro.
Hai un sogno nel cassetto? Uno di quelli a cui pensi e ripensi, ma che per ora cerchi di non toccare? La sud dell’Annapurna. È da un bel po’ che ci penso, ma devo trovare il momento e il compagno giusto. Il 2022 per te è un anno di cambiamento, da poco hai intensificato la tua collaborazione con La Sportiva, azienda con cui collabori già da diversi anni. Come ti inserisci nella realtà dell’azienda di Ziano di Fiemme? Per me non è stato un passo facile quello di vestire il total look La Sportiva. A convincermi è stato il grandissimo calore percepito attorno a me da parte di tutta l’azienda. Per la prima volta ho sentito una forte motivazione a fare qualcosa insieme, a crescere insieme. Lo vedo sia nella disponibilità verso di me, ma anche nel lavoro di test e sviluppo prodotto che stiamo portando avanti insieme. Nei prossimi anni ci sarà da divertirsi.
Cosa intendi? È difficile da far comprendere, provo con un esempio. Tutti i progetti più grandi realizzati sulle vette della Valtournenche hanno richiesto più anni di tentativi. Sulle Grandes Murailles sono dovuto tornare tre volte, per aprire la via “Diretta allo Scudo” sul Cervino ho speso quattro tentativi. Quando sento che qualcosa non va torno indietro, posso sempre ritentare. Sappiamo che sei fidanzato ormai da diversi anni, lei come vive questa tua attività?
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Lost Lines A D O C U M E N TA RY BY F R A N C E S C O P I E R I N I
TEXT FRANCESCO PIERINI
PHOTOS FEDERICO BERTI
CLIMBER LUCA ANDREOZZI
Squilla il telefono e un accento toscano, proprio come quello che si sente nei film di Pieraccioni, invade i miei pensieri con una proposta che nel giro di poco cattura subito l’attenzione. A parlare è Luca Andreozzi, un giovane scalatore toscano che ha una sola cosa in testa: rendere omaggio a chi negli anni ha scritto la storia dell’arrampicata toscana. È così che decide di iniziare il suo viaggio su una misteriosa via alle pendici del Monte Procinto, riportando alla luce i suoi piccoli appigli e tutta la loro storia, assieme a quella dei personaggi che anni addietro proprio su quel muro di calcare blu avevano sognato una linea.
o forse, nemmeno quello. Ma non è mai troppo tardi per raccontare una bella storia e, guardando il Monte Procinto, è facile rendersi conto di quanto 20 anni infondo non siano poi così tanti. È cosi che ci siamo sentiti presi in causa per realizzare questo documentario che ci ha permesso di sentirci parte di una realtà che in pochi conoscono e grazie all’utilizzo delle immagini l’abbiamo resa disponibile a chi desidera riscoprire un pezzo di storia.
Qui comincia il nostro viaggio, Lost Lines, alla ricerca delle vie d’arrampicata dimenticate e rimaste, per qualche motivo, fuori dalle pagine dei libri di storia.
Il documentario, realizzato da me, Francesco Pierini, insieme al climber Luca Andreozzi, è stato una possibilità per riunire quei tasselli che negli anni hanno dato forma e vita all’arrampicata toscana, tasselli che solitamente non dialogano tra loro, distanti, non a livello geografico ma a livello comunicativo, celando così misteri e aneddoti che in pochi conoscono.
Teribbbile. Teribbbile, un nome che di per se fa tremare, è una parete che custodisce nei suoi minuscoli appigli una storia lunga più di vent'anni, una storia che parla di posti inesplorati, prime conquiste, di amicizia, di gradi troppo alti che non si possono nemmeno pronunciare, di un passato che però è vicino e da cui tanto ancora possiamo imparare. Per 20 anni di questa via è rimasto soltanto un nome sbiadito sulla roccia,
«Lo scoglio ove ‘l Sospetto fa soggiorno È da mar alto da seicento braccia, di rovinose balze cinto intorno, e da ogni canto di cader minaccia.» Ludovico Ariosto – I Cinque Canti
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Sulle pareti del Monte Procinto è stata scritta la storia dell'arrampicata toscana, dalle prime importanti conquiste alpinistiche di inizio '900 alle maestose ascensioni sulla parete est e sul monte Nona. A partire dagli anni '80 anche l'arrampicata sportiva si fa largo e conquista il suo spazio con la chiodatura della falesia delle Cattiverie e della la falesia Piripin, subito sopra il Rifugio Forte dei Marmi, che presto diventerà teatro delle scorribande dei più forti arrampicatori toscani dell'epoca. È qui che viene usata la prima magnesite, che si inizia a scalare con le prime scarpette, che si utilizzano i primi spit… E così, Beppe Pacini, Riccardo Barsanti, Roberto Vigiani, Volero, Corticelli e qualche anno dopo Marco Ricciotti, Edoardo Bendinelli, Cristiano Virgilio e con loro molti altri trovavano su queste pareti terreno fertile per esprimere al meglio la loro visione dell'arrampicata, visione che, epoca dopo epoca, mutava fino ad inpinarne una nuova.
danza, a risolvere l'enigma e ad aggiudicarsi la prima libera. Arrivato il momento di dare un grado alla via però, i dubbi rimangono ed il mistero anche: fino a quel tempo il grado massimo raggiunto in Toscana si aggirava intorno all'8b, e così, ingenuamente e timidamente, 8b fu. Si dovranno aspettare quasi 20 anni prima che la via veda una seconda ripetizione. Nel 2017 il forte arrampicatore toscano Patrizio Buricchi si ritrova in catena ed è chiamato a dire la sua: per lui si tratta di 8c, e non uno a caso: Teribbbile si rivela il primo 8c della Toscana, inconsapevolmente salito da un giovane Virgilio 20 anni prima. Se dovessi descrivere l’empatia che si è creata realizzando questo documentario probabilmente risponderei con questo esempio: avete presente l’emozione dei nonni quando arrivano i nipotini a casa? In pochi istanti l’ambiente si carica di energia, e magari i due che fino a 10 minuti prima si urlavano contro per sciocchezze all’arrivo dei nipoti inizia un dialogo, fatto di storie ed emozioni vissute. Questo è stato l’effetto che il documentario ha creato, una connessione che ha finalmente unito quei tasselli che da troppo tempo erano li, nascosti e pronti per essere scoperti. Sono estremamente grato di aver contribuito a mantenere ciò che Cristiano Virgilio, riferendosi all’arrampicata, trasmette nelle sue parole con estrema naturalezza: “Mi fa davvero piacere che ci siano ancora giovani interessati al tiro, perché gli anni passano, ma alla fine la passione è la stessa.”
“Se dovessi definire che cos’è per me l’arrampicata, la definirei come il mezzo attraverso il quale mi esprimo al meglio, talvolta cercando cose nuove, altre ripercorrendo il passato, scegliendo quelle vie e quegli appigli dimenticati da tutti ma nei quali ancora è facile ritrovare l'entusiasmo ed il gusto della scoperta di chi prima di noi aveva lasciato un segno sulla roccia.” Luca Andreozzi. Continuando il racconto, fu Roberto Vigiani, talentuoso alpinista spezzino toscano d’adozione e all’epoca gestore del Rifugio Forte dei Marmi, a valorizzare la falesia Piripin chiodando gli itinerari più belli e duri, spostando qua il focus dell'arrampicata sportiva Toscana. Tra questi decise di chiodare una linea le cui prese, per quanto piccole e distanti, promettevano una via davvero futuristica: un muro di calcare azzurro, rigorosamente verticale, con prese tanto sottili e taglienti che fecero guadagnare alla via un nome altrettanto severo: Teribbbile.
Questa è la storia che abbiamo voluto raccontare in Lost Lines, sperando con questo documentario di restituire alla Toscana un pezzo importante della sua storia verticale.
“Se dovessi definire che cos’è per me l’arrampicata, la definirei come il mezzo attraverso il quale mi esprimo al meglio, talvolta cercando cose nuove, altre ripercorrendo il passato, scegliendo quelle vie e quegli appigli dimenticati da tutti.”
Saranno prima un'alluvione e poi le vicissitudini della vita ad allontanare Roberto dalla prima libera della via, che rimarrà insalita fino ai primi anni 2000, quando il fuoriclasse toscano Cristiano Virgilio riesce, salendo a passo di
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Brothers in arms 5 guys on the summit of Cerro Torre BY GIAN LUCA GASCA A L P I N I ST S M AT T EO D E L L A B O R D E L L A , M AT T I A D E Z A I AC O M O & DAV I D BAC C I
"Bernaaa! Pasquiii! Mi sentite?!? Siamo in cima al Torre!” Così Matteo Della Bordella dalla vetta del Cerro Torre. Dopo tre lunghi tentativi, e dopo aver perso i suoi compagni di cordata in una serie di sfortunati incidenti, ha coronato un sogno: aprire una nuova via sulla montagna delle montagne. Anche chiamato “grido di pietra”, il Cerro Torre è forse la montagna più bella al mondo per chi è innamorato delle terre patagoniche, come lo scalatore varesotto, volto dei celebri Ragni della Grignetta.
tagna potrà mai essere come questa, e chiunque ci sia stato sotto o l’abbia visto anche solo da lontano capisce perfettamente cosa intendo dire.”
Con lui, dalla base alla vetta, gli amici Matteo De Zaiacomo e David Bacci, anche loro membri dei Ragni. Insieme hanno coronato un sogno coltivato per anni, hanno dato il giusto saluto agli amici andati prima del tempo. Al silenzioso Matteo Bernasconi e al giovane entusiasta Matteo Pasquetto. In soli tre giorni, tra il 25 e il 27 gennaio, hanno vinto difficoltà estreme. Un tiro alla volta, per 1200 metri di parete. 30 tiri e difficoltà di 7a e A2 fino al fungo di neve e ghiaccio che ricopre la vetta. “Brothers in Arms è la via più bella, più importante e più difficile che abbia mai salito in vita mia. Una linea nuova ed evidente, in puro stile alpino, che si snoda per gran parte della parete est, per poi terminare sulla nord del Cerro Torre” spiega Matteo Della Bordella. “Ancora faccio fatica a rendermene conto. Ci sono milioni di montagne al mondo, ma il Torre è il Torre. Nessuna mon-
Brothers in Arms è stato anche il grande sogno di Matteo Pasquetto: “con lui ho condiviso i primi veri tentativi sulla via. Tentativi decisi e ricchi di esperienze forti per entrambi. In due, con condizioni non ottimali, sull’immensa parete est.”
In 5 sulla vetta del Cerro Torre La via si chiama “Brothers in Arms” ed è il punto di arrivo di un cammino patagonico iniziato da Matteo Della Bordella e Matteo Bernasconi 11 anni fa, “è la via che avrebbe dovuto rappresentare l’apice del nostro percorso insieme, come amici, come alpinisti e come cordata.”
Ma “Brothers in Arms” non è solo un sogno, “è una ragione di vita, qualcosa in grado di dare un senso alle nostre esistenze. Per me e anche per i miei compagni, David Bacci e Matteo De Zaiacomo. Sono stati eccezionali. Si sono fidati di me quando gli ho chiesto di fidarsi e hanno preso il comando della situazione quando gli ho chiesto di prenderlo. È stata una via che ci ha portato al limite delle nostre capacità, e forse anche un po’ oltre. Conoscenza e preparazione, fiducia reciproca, coraggio e fortuna sono stati i 4 ingredienti magici che ci hanno permesso di realizzare questa via, per me incredibile.”
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NAME
Cerro Torre DATE
25-27/01/22 LEVEL
7a, A2, 90° E LE VATI O N
1200m
Non solo una scalata, ma un vero e proprio viaggio verticale. “Più volte, salendo, ho rivisto Matteo Pasquetto scalare quei tiri come tre anni fa. Andava su leggero, col suo inconfondibile sorriso sulle labbra e il suo entusiasmo. Quante volte mi sono immaginato Berna in sosta, infondermi la calma necessaria nei momenti più critici. Pensando a loro, in cima mi veniva da piangere. Piangere dalla felicità per aver realizzato il nostro grande sogno, piangere perché
avrei voluto fossero lì con me, David e Giga (De Zaiacomo, ndr).” E in qualche modo c’erano. Hanno accompagnato ogni passo dei loro amici, li hanno protetti dai terribili venti patagonici e guidati dove i passi si facevano duri. Alla fine si sono incontrati in cima, quando la brezza gelata ha urlato infilandosi su per le fessure della montagna, quando il panorama si è aperto fino a perdersi nell’infinito.
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A letter without a stamp, nor a recipient BY M AT T EO PAVA N A
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Tra l'agosto e il settembre del 2021, Stefano Piatti e Matteo Pavana hanno attraversato l’Italia dall’estremo più a nord (Testa Gemella Occidentale - Val Aurina) a quello più a sud (Punta Pesce Spada - Isola di Lampedusa) in bicicletta. Il motivo? Collegare due punti. Il motivo del motivo? Scollegarsi momentaneamente da tutto. Una volta approdati a Lampedusa, Stefano e Matteo hanno scritto e imbucato delle cartoline destinate alle persone che i due avevano incontrato durante il loro viaggio, per dire loro “ciao”. E poi c’è questa lettera di Matteo. Una lettera che è stata scritta ma che non è mai stata spedita. Una lettera senza francobollo appunto, né destinatario.
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“Ciao” è proprio una bella parola, non credi?
un desiderio. La differenza sta nel tempo verbale: se il desiderio è puro condizionale, la necessità è imperativo presente; non può essere rimandata. È una cosa viscerale: s’innesta nella bocca dello stomaco e cresce fino ad esplodere. È una bomba con la miccia innescata o, più poeticamente, un piacevole obbligo dalle tonalità variopinte. Viaggiare ha il profumo e il suono del vento. È tendere all’arte del nomadismo, è tendere a me stesso.
Non importa se stiamo partendo o se siamo appena arrivati. Possiamo dire “ciao” indipendentemente dalla direzione che prendiamo. Esistono diversi tipi di “ciao”: quelli calorosi, quelli di sfuggita, quelli svogliati, quelli per educazione, quelli gridati, quelli detti sotto voce. Ci sono “ciao” dolci, sinonimo di un “ci vediamo dopo” o “ciao” secchi, che lasciano intendere un “lasciatemi stare”. Ci sono addirittura “ciao” che equivalgono a un ultimo “ciao”, a un addio.
A differenza degli innumerevoli “ciao” esistono due soli tipi di esseri nomadi: i viaggiatori e i fuggitivi. Se i primi vanno e vengono a loro piacimento, i secondi non hanno un biglietto di ritorno. Essi partono per non tornare mai più. Sarà anche vero che chi viaggia è un fuggitivo e viceversa, ovvero che c’è chi scappa viaggiando e chi viaggia scappando, ma il succo della questione è un altro: l’uomo agisce senza mai veramente sapere il perché e questo perché vive secondo puro, imprevedibile e mutevole istinto.
A ben pensarci, un “ciao” raramente equivale solamente a salutare una persona. Un “ciao” è sempre molto più di dire un semplice “ciao”. Il “ciao” che preferisco io, ad esempio, è quello che onora l’inizio di un viaggio. Non penso di avertelo mai detto, ma per me viaggiare nasce da una necessità prima ancora che da
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Il punto d’incontro tra chi viaggia e chi fugge è proprio l’istinto, la passione, l’indole naturale. Chiamala come ti pare. Visivamente è quell’elettricità che si propaga in tutte le direzioni, a diverse intensità. È quella scossa che fa rizzare i capelli e arcuare le dita dei piedi.
mai riusciti. E se era l’ultima, la più sfigata, voleva dire che era la bicicletta giusta al momento giusto, la bicicletta perfetta per me. L’ho chiamata Lola. Ho pedalato dalla Val Aurina fino a Lampedusa, dal punto più a nord a quello più a sud d’Italia. Non ci sono andato da solo. Ci sono andato con Stefano, per gli amici Ste (o King). Ste ti starebbe simpatico. Non te l’ho mai presentato, perché non c’è mai stata l’occasione. È un buon amico: onesto, umile, vero. L’amico giusto con cui cavalcare l’Italia in sella, a ruota libera. A dire il vero è stata un’idea sua. Volevamo fare un viaggio insieme e lui aveva questo sogno nel cassetto da bambino: pedalare l’Italia in Graziella. La Graziella non ce l’aveva nessuno dei due. Però io avevo Lola, mentre lui Fratello Genio Trova Bionicle. Ha chiamato la sua bicicletta così.
Tutto questo preambolo è solo per dirti che sono scappato in un viaggio in bicicletta. Si, ho preso la bicicletta e sono partito, senza sapere se e quando sarei tornato. Ovviamente per fare ciò ho dovuto comprare un bicicletta. Dal momento che quella del Marco me l’avevano rubata mesi fa, non ho potuto fare altro che acquistarne una nuova di zecca. Scommetto ti piacerebbe. Era l’unica che avevano in negozio, causa Covid. Vederla tutta sola in vetrina mi ha fatto sognare. È stato proprio il fatto che fosse l’ultima che mi ha fatto sentire il suo salvatore: avrei portato quella bicicletta dove altri non sarebbero
Lo so, meglio Lola.
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L’itinerario lo abbiamo scelto in un quarto d’ora all’Angolo dei 33, tempo di una Mariamata. Poi è stato il momento di dirlo alla mamma. Ho aspettato fino all’ultimo per parlarle del viaggio, perché volevo risparmiarle di affondare nei pensieri negativi, nelle preoccupazioni. Puoi immaginare come abbia reagito. Probabilmente nello stesso modo in cui avresti reagito tu.
Questo momento in particolare me lo ricorderò per sempre, perché ci siamo messi a urlare come dei pazzi alla vista di quello che credevamo essere l’Etna, quando poi, in realtà, era lo Stromboli. Immaginati che risate. Da lì abbiamo fatto su e giù dalle colline calabresi, raggiunto Villa S. Giovanni e attraversato lo stretto di Messina con il traghetto. Abbiamo poi circumpedalato la Sicilia fino ad Agrigento, passando per Portopalo di Capo Passero, conosciuto ai più come il luogo in cui approdò Ulisse tornando da Troia. Lì ci siamo sentiti un pò Ulisse anche noi, non te lo nascondo. A Porto Empedocle abbiamo preso il traghetto e abbiamo navigato tutta notte.
“No ghelo posti pù vizini per nar en bici?!” Non posso nasconderti che ogni tanto faccio fatica a gestire la sua ansia, ma allo stesso tempo penso a Ste, che sarebbe contento di avere ancora una mamma che si preoccupa per lui e che lo rimprovera. A lui manca tanto la sua mamma.
Potrei raccontarti che il nostro è stato un arrivo epico, ma non è stato così. Non c’era nessuno ad aspettarci, ne a chiederci da dove venivamo e che cosa avevamo fatto. Ste ed io ci siamo dati il cinque e siamo andati a fare colazione nella pasticceria più rinomata dell’isola. È stato un momento perfetto.
Riguardo alla strada che abbiamo fatto… Siamo scesi dalle montagne costeggiando l’Adriatico fino alla Puglia. Ci siamo immersi in Basilicata, visitato le rovine di Matera, e scavallato la Calabria fino a incontrare il Tirreno.
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Potrei raccontarti altre mille episodi, ma mi dilungherei decisamente troppo. Hai mai fatto qualche giro lungo in bicicletta quando eri giovane? Anzi, cosa voleva dire per te, viaggiare?
preferiti è al tramonto, perché mi accorgo che pedalare spazza via la luce dalla pelle, che l’attrito dell’aria innescato dal movimento scioglie il calore. Se ti stessi chiedendo il motivo per cui abbiamo fatto questo viaggio, non so se sarei in grado di risponderti ora. Forse ne avevamo bisogno. O forse è stato davvero l’istinto, perché né Ste né tantomeno io avevamo la più pallida idea di che cosa fosse, quel bisogno lì. O forse è proprio vero che noi esseri umani facciamo le cose senza sapere il perché. Ma va bene così. Prima di partire ho creduto davvero che pedalare servisse a darmi delle risposte. Che stupido. Solo ora, mentre ti scrivo, ho capito che la risposta era pedalare. Era l’unico modo per riviverti.
Io ho capito finalmente perché mi piace così tanto andare in bicicletta. Hai mai notato che la bicicletta non è altro che un’orchestra a pedali? Se ci pensi bene… La tastiera del cambio, la rullata della catena, il fischio del corpo nell’aria, la schitarrata delle ruote sul terreno. Con le sole gambe si è grado di sprigionare un moto armonico e melodico. Inoltre pedalare è disegnare linee sulle mappe, rotolare sull’asfalto da un punto all’altro, alla giusta e simmetrica distanza tra passato e futuro, tra il “da dove sei venuto” e tra il “dove andrai”. Se ci pensi è come dicevo all’inizio, è come dire “ciao”.
Con un biglietto in tasca, mi accorgo che non sono fuggito, ho solo viaggiato. Perché sono pronto a tornare a casa.
La consapevolezza del momento presente diventa più importante dello stesso pedalare, dello stesso viaggiare. In quel momento nulla è più importante del dar sfogo alla propria intuizione, alle proprie sensazioni, ai propri dolori. Uno dei miei momenti
Sto guardando il mare. Sono pronto a dirti “ciao” per l’ultima volta. E allora... ciao.
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Se ti stessi chiedendo il motivo per cui abbiamo fatto questo viaggio, non so se sarei in grado di risponderti ora. Forse ne avevamo bisogno. O forse è stato davvero l’istinto, perché né Ste né tantomeno io avevamo la più pallida idea di che cosa fosse, quel bisogno lì. O forse è proprio vero che noi esseri umani facciamo le cose senza sapere il perché. Ma va bene così.
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Jaranga BY FILIPPO CAON
FOTO ELISA BESSEGA
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Rimandiamo il nostro arrivo di un giorno. La domenica lasciamo l’albergo a Courmayeur, il Monte Bianco e le sciure, e ci mettiamo in viaggio verso la Svizzera. Fra abita a qualche passo dal confine, un paio di centinaia di metri sopra al lago di Lugano. Vi conduce la statale che da Varese risale verso nord, infilandosi in una valle in cui non prende il telefono, forse l’unica in tutta la Lombardia. È una calda domenica di luglio, una volta arrivati alla posizione che mi ha inviato ci imbattiamo in una serie di sensi unici e di stradine strette che attraversano contrade e paesi in mezzacosta. Lo aspettiamo qui.
quella casa l’anno prima, e l’hanno ristrutturata da soli superando a uno a uno gli ostacoli che incontravano. Mentre Fra mi racconta queste cose faccio difficoltà a immaginare le condizioni in cui quella casetta bianca e curata versava fino a un paio d’anni prima: l’attuale orto cresceva su un enorme telo di nylon marcio, che si è progressivamente seccato sbriciolandosi nel terreno. Durante la bonifica del piccolo appezzamento, Fra e Carolina hanno trovato rifiuti di ogni genere. Hanno persino trovato un motorino abbandonato nel piccolo torrente che attraversa la proprietà. Sembra di parlare degli anni Ottanta, ma è la Lombardia del 20-21.
È la prima volta che lo incontro di persona, sebbene ci conosciamo ormai da qualche mese. Quando arriva lo seguiamo in macchina fino al di sotto del livello del paese, immergendoci in un fitto strato di piante che copre la sua casa, che resta così isolata dal resto del mondo. È una casetta bianca su due piani, a forma di scatola di fiammiferi, con un grande prato obliquo adibito per un terzo a orto, per un terzo a giardino, e per un terzo ai cani. Mentre pranziamo, ci racconta che lui e Carolina, sua moglie, hanno acquistato
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Carolina è un medico sportivo, durante la settimana lavora a Brescia trascorrendo parte della settimana dai suoi. Fra è laureato in storia dell’arte alla Cattolica, e lavora a contratto nella segreteria dell’Accademia di Brera. Il giorno dopo, tornando verso Trento, io e Camilla seguiremo da lontano la loro routine del lunedì mattina: la sveglia alle cinque, la colazione, il cibo per i cani, e poi il viaggio in macchina fino al paese vicino, dove le nostre strade si dividono. Da qui loro prenderanno una corriera fino a Varese e da lì un treno per Milano. Fra compie questo tragitto tutti i giorni, all’andata e al ritorno. In tutto trascorre cinque ore al giorno facendo il pendolare, oltre alle otto di lavoro. Il resto del tempo lo dedica ai cani.
i cani non solo se la passano bene, ma sono anche felici e mostrano entusiasmo e rispetto per Fra, che d’altronde si rivolge a loro con affetto e ammirazione. Fra ha cinque Siberian Husky: Indi, Ciuk, Adi, Tulku e Tayen, a cui presto si aggiungerà Dolly. I siberiani sono cani di razza, al contrario degli alaskani che sono incroci, sono più robusti e resistenti al freddo, e i puristi li considerano i “veri” Husky. Ne voglio sapere di più, così telefono a Giancarlo Cattaneo, un ex musher amico di Fra, che ha tenuto cani per ventitré anni, prima siberiani e poi alaskani, e che ha grande esperienza sia nelle traversate in solitaria che nelle competizioni su lunga distanza in Nord America e in Scandinavia. Giancarlo mi spiega che la razza non comporta soltanto diverse caratteristiche fisiche del cane, ma anche un diverso stile di andare in slitta: il siberiano è il cane delle grandi traversate, delle notti in tenda, delle battute di caccia. L’alaskano invece è il cane da competizione, esile e veloce, più facile da tenere e meno resistente al freddo. Giancarlo non ha più cani da una decina d’anni, e ora vive a Dobbiaco. Gli chiedo il motivo del suo ritiro, se così si può chiamare: “Ho smesso perché già dieci anni fa nel sud Europa non c’erano più le condizioni. Il clima cambia, le stagioni sono sempre più corte. Una volta c’era più neve, ci sono sempre più problemi ad allenare. E se devo tenere i cani otto mesi su terra non ha più senso.” Gli chiedo come sia visto da fuori il mondo della sleddog: “Passi sempre per quello che vuole sfruttare il cane, che non gli vuole bene, perché lo fai tirare. Passi sempre per lo sfruttatore. Questo soprattutto nel sud Europa, se vai a nord è una parte della loro cultura.”
Fra, al secolo Francesco Raimondi, ha un’idea abbastanza trascendentalista della vita. Succede a tante persone che conosco, soprattutto trentenni (per noi ventenni è questione di tempo): hai un paio di lauree, un lavoro, delle aspirazioni, e poi arriva qualcosa come l’arrampicata, la corsa o i cani, e ne fa coriandoli. La vita che ti ritrovi a vivere si svuota e diventa d’un tratto finta e artefatta, le priorità cambiano e le motivazioni perdono di senso, e inizi a sentire il profumo delle terre selvagge. Fare outdoor e vivere in una grande città non è incongruo per una ragione geografica, è incongruo per una ragione etica. Chi lo fa accetta un compromesso, ma se vuoi avere dei cani da slitta non puoi permetterti dei compromessi, se vuoi scalare, se vuoi scalare davvero, non puoi permetterti dei compromessi, devi privarti di qualcosa. Fra lo sta facendo, e sono convinto che prima o poi ci arriverà. Dall’altro lato mi chiedo se questo rifiuto delle contraddizioni della società (“umanità della civiltà” la chiama lui, con un tono un po’ sopra le righe) non sia invece un rifiuto della propria quotidianità. Confondere le due cose è sempre una grande tentazione.
Qualche tempo fa lessi un reportage di Brian Phillips sull’Iditarod, una storica competizione di sleddog in Alaska che percorre 1600 chilometri che separano Anchorage da Nome. Phillips scrive: “C’è un solido argomento che gli ambientalisti avanzano contro l’Iditarod, ossia che si tratta di una gara lunga, fredda, pericolosa e a volte fatale, e chi siamo noi per sottoporre delle creature viventi a simili condizioni solo per il nostro divertimento?” La domanda è non solo legittima, ma direi dovuta. Phillips continua:
Dopo pranzo, scendiamo qualche metro rispetto al livello della casa, in una fresca valletta creata dal torrente che attraversa la loro proprietà. I cani stanno dentro a quattro grandi gabbie a loro volta contenute in un recinto. Gabbie e recinti non godono di grande considerazione, e sugli stessi termini vige una sorta di tabù. In realtà
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“In effetti, durante la gara di quest’anno un cane morirà, sepolto da un cumulo di neve, una notte, al checkpoint di Unalakleet. Quello che però non si può negare è che questi animali, cresciuti per trainare slitte, vogliono davvero trainare slitte.”
della sleddog. Non gli interessano le competizioni, sebbene di tanto in tanto ci vada, vivendole come passeggiate, per portare a spasso i cani in un posto diverso. Questo mi ricorda come spesso ideologizziamo e stigmatizziamo delle attività, dimenticando che ci sono così tanti modi diversi per praticarle. Fra ha scelto il suo, e lo ha sviluppato attorno alla cultura ambientale e al rispetto degli spazi, non solo geografici. E i cani, per quel che ho visto, gliene sono grati.
Quel davvero mi colpisce, e chiedo di più a Giancarlo: “Vedi, dipende come lo cresci, un cane. Tutti comprano cani di moda ma non conoscono la tipologia del cane, e poi vedono te che vai in slitta come uno sfruttatore. Ma un Husky non è fatto per stare in un appartamento a trenta gradi.” In realtà la differenza tra l’Iditarod, che i primi concludono con una media di 200 chilometri al giorno, e il mushing esplorativo di Fra è enorme, e non solo per una questione tecnica, ma soprattutto per una questione di stile. Fra mi racconta di non essere interessato alla ricerca di un limite ipotetico, che sarebbe poi il limite dei cani, quanto alla ricerca di sé e del proprio rapporto con gli animali. Mi racconta delle sue spedizioni come un dialogo tra lui e loro lungo tre settimane di solitudine.
Quel mondo bianco e desolato in questa sera di luglio sembra così lontano. È la sera della finale degli europei di calcio. Il lago di Lugano butta su umidità e il giardino è ricoperto da uno strato di rugiada. I cani sonnecchiano all’ombra degli alberi, rinfrescati dalla corrente del torrente. In questo periodo non corrono a causa delle temperature troppo alte, e riprenderanno ad allenarli soltanto tra qualche mese, in autunno. Nel frattempo, Fra raduna il materiale per la spedizione del prossimo inverno, sul circolo polare artico svedese. In quel momento il progetto non si chiama ancora The Way, ma sa già che lo stile sarà lo stesso di quelle precedenti: in solitaria e in completa autonomia. Chiedendosi ancora una volta a quanto e a cosa siamo disposti a rinunciare.
È arrivato alla sleddog nel 2015, per caso, dopo aver preso il primo cane, Indi. Da lì ha aperto The Project, con l’idea di vivere, attraverso i cani, delle esperienze libere dalle costrizioni del contesto in cui vive, e da quelle dello stesso mondo
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Con occhi diversi BY VA L E R I A M A R G H E R I TA M O S CA PHOTOS ISACCO EMILIANI
Entrare in un habitat può trasformarsi in un’avventura entusiasmante di conoscenza, confronto, apprendimento e contemplazione se si possiedono alcune nozioni che possono rendere la nostra osservazione più analitica. Ogni singolo elemento che compone ciò che ci circonda in un ambiente naturale, e che tante volte abbiamo dato per scontato durante i nostri trekking, l’arrampicata, lo sci e le nostre passeggiate nella natura, se focalizziamo il nostro zoom ottico sui singoli dettagli, può diventare fonte di approfondimento in moltissimi ambiti come l’ecologia, la geografia, la geologia, la botanica, la zoologia e via dicendo. Insomma fare sport outdoor può non solo tenerci in forma e alimentare le nostre passioni sportive ma anche regalarci tanti buoni stimoli visivi per incuriosirci ed eventualmente avvicinarci ad una comprensione maggiore del mondo e all’arricchimento del nostro bagaglio conoscitivo.
verse specie arboree che si sviluppano in maniera spontanea e la cui crescita non è controllata dall’uomo. A differenziare la foresta dal bosco è proprio quest’ultima caratteristica, oltre all’estensione (maggiore nella foresta) e alla vegetazione (più variegata e incontrollata). Un terreno oggetto di selvicoltura, quindi, viene definito bosco (ceduo o fustaia), mentre quando è allo stato selvaggio è detto foresta. Circa il 22% della superficie terrestre è coperto da foreste, il 15% di queste è rappresentato dalla foresta temperata che, quando è composta da alberi decidui, è caratterizzata da precipitazioni uniformi e abbondanti. Le foreste temperate decidue sono diffuse quasi esclusivamente nell’emisfero boreale e possono essere suddivise in tre fasce principali: la parte europea, che si estende dalle Isole britanniche alla Francia e per tutta l’Europa centrale e orientale, fino ai monti Urali. Quella dell’Asia orientale, che è diffusa nell’estremo oriente russo, in Manciuria, Corea e Giappone, e infine la foresta temperata del Nord America, che occupa gran parte dell’area compresa tra i Grandi
Cosi oggi vi voglio parlare di uno dei miei habitat del cuore, la “foresta temperata” raccontandovi le sue principali caratteristiche sperando che le informazioni che vi darò vi aiuteranno ad aggirarvi fra i suoi intrighi verdi, con occhi attenti e curiosi, durante la prossima passeggiata, discesa o avvicinamento alla parete da scalare. Con il termine foresta si indica una vasta superficie di terreno ricoperta da di-
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Benché separate da migliaia di chilometri, queste foreste decidue sono simili tra loro, non solo per quanto riguarda l’aspetto, ma anche per le specie di piante che le compongono. Laghi, l’Oceano Atlantico e, a sud, il Golfo del Messico.
una catena montuosa in Africa nord-occidentale, in Medio Oriente e in Asia), orsi, tanti piccoli roditori, cervi, daini, lepri, conigli, moltissime specie di uccelli, i predatori, tra cui il lupo, la volpe e la lince e, dalla penisola Anatolica fino al Pakistan si trovano il leopardo e la tigre (che possiamo ritrovare anche in Manciuria e nella Siberia sud-orientale), il tasso, la faina, la lontra e la puzzola.
Benché separate da migliaia di chilometri, queste foreste decidue sono simili tra loro, non solo per quanto riguarda l’aspetto, ma anche per le specie di piante che le compongono. La foresta temperata presenta soltanto due strati di vegetazione: lo strato degli alberi, che sono generalmente alti al massimo 1530 metri e, al di sotto di questa zona, uno strato di arbusti e di alberi più piccoli, alti 5-10 metri. La luce che raggiunge il suolo, quindi, è maggiore rispetto a quella, ad esempio, della foresta tropicale, e di conseguenza la flora a terra è molto rigogliosa. La luminosità ancor più elevata nella stagione primaverile, quando il sottobosco è già in fase vegetativa, mentre gli alberi sono ancora spogli, permette a molte specie che vivono al suolo di crescere, fiorire e fruttificare prima che l’estate sia inoltrata. Successivamente, quando gli alberi creano zone d’ombra costanti, crescono le piante sciafile (quelle cioè che prediligono l’ombra continua), capaci di catturare la luce a bassa intensità e di sopravvivere anche quando la volta degli alberi copre totalmente il terreno sottostante.
Niente di più facile che trovare in una foresta tracce della presenza di animali, ad esempio, in Italia, di scoiattoli o altri piccoli roditori. Uno dei luoghi più fortunati per questo tipo di osservazione è la base degli alberi di conifere, soprattutto dell’abete rosso. Se troviamo i coni (le pigne) completamente spogli e mangiucchiati possiamo immaginare che sia opera di un roditore. Se la pigna è del tutto spoglia, ad eccezione di un ciuffetto in cima, ed è rosicchiata in maniera ordinata, sarà sicuramente opera di un topolino. Se invece non ha il ciuffetto superiore ed è mangiucchiata in maniera disordinata, allora possiamo affermare con sicurezza che è stato uno scoiattolo. Anche riconoscere le feci e le impronte degli animali nella neve è un buon modo per osservare la vita della fauna nella foresta: la forma e il contenuto delle feci (semi, peli, ossa ecc.), ad esempio, possono aiutarci a identificare l’animale che le ha prodotte e quindi dedurre la sua presenza o il suo passaggio. Le specie arboree sono molto diversificate, anche se prevalgono gli alberi dell’ordine delle Fagali (come querce, castagni, faggi, carpini) mentre il sottobosco è composto prevalentemente da erbe e arbusti della famiglia
Nella foresta temperata la temperatura media varia dai 10 ai 18°C circa e le precipitazioni annue dai 700 ai 1550 millimetri. Il suolo di solito, avendo un sottobosco molto sviluppato e profondo, è molto ricco di humus. La fauna che vive in questo habitat è molto varia e fra i mammiferi, a seconda delle aree, troviamo cinghiali, scoiattoli, macachi (ma solo sull’Atlante,
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Raccogliere la corteccia interna comporta l’eseguire delle incisioni sull’albero con un coltello e tagliarne dei nastri. Per questo motivo questa operazione deve esser fatta solo su esemplari già caduti o abbattuti dagli enti forestali. delle Rosaceae, come rose selvatiche, lamponi, more e fragole. Da questo possiamo facilmente dedurre che la foresta temperata produce abbondanti frutti mangerecci (faggiole, castagne, ghiande, piccoli frutti, cinorrodi ecc.). Ma uno degli ingredienti più strani che si può ricavare dalla foresta temperata e di cui oggi vi voglio parlare, è sicuramente la corteccia interna di albero. Gli alberi hanno una corteccia esterna ed una corteccia interna. La corteccia esterna è lo strato che protegge l’albero dalle lesioni. La corteccia interna porta invece il nutrimento che viene prodotto attraverso le foglie ai rami, al tronco e alle radici. Raccogliere la corteccia interna comporta l’eseguire delle incisioni sull’albero con un coltello e tagliarne dei nastri. Per questo motivo questa operazione deve esser fatta solo su esemplari già caduti o abbattuti dagli enti forestali.
profondito davvero molto e per anni l’uso della corteccia interna sperimentandone gli usi tradizionali e utilizzandola in maniera più contemporanea. Un tempo la corteccia interna degli alberi edibili, l’unica parte del tronco che possiamo assimilare non essendo composta da cellulosa, serviva per comporre una farina di sussistenza che prevedeva di macinare insieme ad altri ingredienti più usuali (come grano, mais o altri cerali) degli ingredienti selvatici adatti al nutrimento umano, disponibili nell’introno e, soprattutto, molto molto nutrienti. Per raccogliere la corteccia interna si devono eseguire dei tagli sul tronco sull’albero, caduto o abbattuto dagli enti forestali da non più di 8 settimane, in maniera superficiale creando una forma di nastro che poi viene strappato portando via la corteccia interno ed esterna dell’albero. Per questo, ripeto per scrupolo, questa operazione deve esser fatta solo su esemplari già caduti o abbattuti. La corteccia interna può essere a questo punto essiccata a bassa temperatura, macinata in farina e utilizzata come alimento. Gli alberi la cui corteccia può essere utilizzata in questo modo sono moltissimi tra cui i più comuni: l’ontano, il frassino, il tiglio, il faggio, la betulla, l’olmo, l’abete, l’acero, il pino, il pioppo, l’abete rosso e il salice. Vi auguro una buona esplorazione auspicandomi di, per quanto possibile, avervi ispirato nel guardare a questo meraviglioso habitat con più curiosità e rispetto.
Incidere la corteccia di un albero in vita coinciderebbe infatti con un’azione distruttiva che porterebbe inevitabilmente l’albero alla morte e seguire questa regola diventa davvero obbligatorio. Io ho imparato a considerare la possibilità di poter utilizzare questo particolare ingrediente quando ero molto giovane, forse ragazzina, osservando le persone attorno me. All’inizio mi sembrava quasi un gioco, un modo per portare nei miei giochi di bambina elementi che trovavo la fuori, il mio luogo preferito. Crescendo, appassionata di cucina, di etnobotanica e di tutto ciò che ha costituito poi il mio lavoro, ho ap-
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Iceland The beautiful stuggle BY A N N E WA N G L E R
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Non tutto è sempre rose e fiori. …ma non è proprio questo ciò che cerchiamo? Lo straordinario. Quel passo in più fuori dalla nostra comfort zone? Non è questo ciò che ci fa sentire vivi? 8 settimane di viaggio in solitaria in Islanda. 8 settimane passate vivendo in un van. Diciamo che l'Islanda è stata una vera e propria esperienza.
un senso. Viaggi come quello fatto in Islanda ti fanno tornare in contatto con te stesso, aprire i tuoi sensi, aiutarti a concentrarti e a rivalutare.
Mentirei se dicessi che il viaggio è stato semplicemente "fantastico". Non è stato esattamente simile a quello che potete vedere su Instagram ogni giorno. No, viaggiare è un continuo saliscendi, soprattutto quando si viaggia da soli. La pioggia ha sferzato senza interruzioni per settimane. Sempre bagnata, sempre al freddo. L'umidità nel furgone di notte diventava ghiaccio.
Perché l’Islanda? Volevo scoprire l'isola dato che non ci ero mai stata E, al tempo stesso, catturare un certo pesce. Il genere di pesce per cui l'Islanda è conosciuta e famosa. Le acque del posto ospitano principalmente salmoni marroni di 30cm e occasionalmente temoli. Se sei fortunato e conosci bene il territorio potrebbe anche capitarti di catturare un esemplare di 40-45cm, ma oggigiorno è raro e molto speciale. Pesco il 99% delle volte con esche artificiali, di solito intorno ai 20 CDC.
Ma non è mancata la bellezza. Mi piace chiamarla “la meravigliosa lotta”. Impari, cresci ogni giorno grazie a tutte le sfide, e quando ti svegli con una bellissima alba in mezzo al nulla ne vale veramente la pena. Tutto ha di nuovo
Negli ultimi due anni ho praticamente trascorso tutte le estati a mollo nelle mie acque di casa sui Monti Metalliferi in Germania. Mi sono infortunata
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mentre sciavo e la pesca era praticamente l'unica attività che potessi praticare senza provare eccessivo dolore. Quindi ho preso in mano una canna da pesca e, esattamente come con tutto quello che faccio nella mia vita, ovvero o tutto o niente, mi ci sono dedicata a tempo pieno fino a diventarne un’appassionata un po’ nerd. Ho trascorso quasi ogni giorno nel fiume e beh, mi è piaciuto un sacco! Andare a pesca mi sembrava quasi come una piccola vacanza, una pausa dalla vita quotidiana, semplicemente una pratica molto rilassante. Mi aiuta a trovare l'equilibrio, mi insegna la pazienza e ho trovato un grande legame con la natura, lo stesso che trovo anche nello sci ma in un modo molto diverso. Le due cose semplicemente si muovono a un ritmo diverso e io con loro.
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Dato che ero sola, sapevo che l'unica possibilità di vincere contro quel mostro sarebbe stata stancarlo, ma ovviamente volevo comunque assicurarmi di farlo rapidamente in modo da poterlo liberare il più velocemente possibile.
Mi sentivo quindi pronta e affamata per una nuova esperienza. Avevo grandi aspettative e zero piani. Sono salita sulla barca che dalla Danimarca porta all'Islanda rilassata, sapendo che avrei avuto i successivi 3 giorni di traghetto per pensare ad un eventuale piano. Onestamente non c'è stato un vero piano perché non ne avevo bisogno, volevo piuttosto concentrarmi sul presente e seguire il flusso, qualunque cosa facesse galleggiare la mia barca. I primi due giorni sono stati impegnativi. Ho scoperto quanto fosse difficile e costoso ottenere i permessi. Poi mi è stato detto di provare a suonare alle porte delle fattorie più vicine alle acque in cui avrei voluto pescare. All'inizio l'ho trovato un metodo strano, ma alla fine si è rivelato effettivamente il modo giusto. Poco dopo il mio arrivo mi sono messa in contatto con Maros (@jungleindatrout) che è una guida residente nella parte meridionale dell'isola. Originario della Slovacchia, ha deciso di trasferirsi in Islanda inseguendo e catturando grosse trote. Questo è quello che fa. Questo è ciò in cui è davvero bravo, ma ehi, è anche un tipo forte. Mi ha aiutato molto, mi ha dato consigli e una grande mano. Il clima era secco da settimane, ma
appena sono sbarcata ha iniziato a piovere a dirotto. Quindi in pratica siamo passati dall'assenza di acqua a molta acqua colorata e non abbiamo potuto pescare ciò che speravamo. Poi mi sono recata verso sud ovest perché ho avuto la fortuna di entrare in contatto con il club di pesca locale, il cui manager e le cui guide sono stati super disponibili e felici di collaborare. Ho avuto modo di pescare in fiumi davvero magici e sicuramente in alcune delle acque più belle in cui io abbia mai messo piede. Come il fiume Leirvogsa, con i suoi 30km di curve tortuose, rapide, stagni. Questo fiume si trova appena fuori dalla capitale Reykjavik. È abbastanza piccolo da poterlo affrontare con relativa tranquillità ma nelle sue acque nuotano pesci incredibilmente grandi. Il giorno precedente l’ho passato ad esplorare e conoscere un po' il fiume. Ma sentivo così tanto la pressione del voler catturare finalmente QUEL pesce che quasi la notte non sono riuscita a dormire. Quando mi sono svegliata ero super nervosa, proprio come prima di una gara importante. “Calmati, Anna. È solo pesca ed è divertente!” Ho preso tutta l’attrezzatura e sono
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scesa verso la zona che più mi aveva colpita quando ci ero passata accanto il giorno prima. Ho pescato per circa 30 minuti e in un batter d’occhio ho messo a punto un primo grande colpo grazie ad una semplice esca Sunray Shadow e caspita, che colpo! Abbiamo combattuto per circa 5 minuti, ma poi il pesce è saltato su mostrando la sua reale dimensione e la sua vera bellezza. Porca miseria, era il pesce più grande che avessi mai visto e mai provato a pescare. Il mio cuore ha iniziato a battere fortissimo. Dato che ero sola, sapevo che l'unica possibilità di vincere contro quel mostro sarebbe stata stancarlo, ma ovviamente volevo comunque assicurarmi di farlo rapidamente in modo da poterlo liberare il più velocemente possibile. Dopo circa 20 minuti ho pensato che fosse finalmente abbastanza stanco e ho cercato di afferrarlo per la pinna posteriore. Si è però divincolato rapidamente, liberandosi dall'amo e riuscendo infine a fuggire. Mancava così poco! Ho perso il pesce della mia vita ma è stato comunque un momento piuttosto emozionante.
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Mi piace concedermi il tempo necessario per immergermi davvero in ciò che mi circonda. È qui che entra in gioco la fotografia per me. Mi dà quello scopo in più, quella ragione per spingermi sempre un po' più oltre, per sperimentare un po' di più.
Un salmone maschio di 100cm, come direbbe il mio amico e guida Arni (@icelandic_troutbum), un “dannato coccodrillo". Non ho potuto farne a meno e ho pianto come una bambina. Capisco che la maggior parte delle persone non capirà e va bene così. Ma per me in quel momento, beh, tutto faceva schifo. Gli ultimi due giorni sono stati duri sia fisicamente che mentalmente. C’è stato un tempo pessimo per due settimane di fila, ci ho provato molto, ho fatto millemila lanci e ho cercato di catturare IL pesce. Niente. Sembrava che niente stesse andando nel verso giusto ma nonostante il tempo e le condizioni terribili ho continuato a provarci. Ad un certo punto ho capito che il problema ero io. Avevo messo così tanta pressione su me stessa che la cosa mi si è ritorta contro. Dopo il primo bestione mi sono trovata a combattere contro altri due grandi pesci quella stessa mattina. Il secondo saltava e sgusciava come un matto. Una vera bellezza, di un colore argento brillante! Ma la mia lenza si è spezzata. Il terzo pesce prendeva molta lenza e cercava di scappare controcorrente. Si è infilato tra alcune rocce, il mio tippet si è bloccato e il pesce è riuscito a scappare. "Beh, fan****o str***o!”
Ero stanca e triste. Quei pesci erano semplicemente troppo grandi per riuscire a catturarli da sola. Ma poi quello stesso giorno sono finalmente riuscita a pescare i miei primi due salmoni grazie al mio amico Arni che si è unito a me di notte per darmi una mano. Erano due esemplari ancora piccoli però, niente in confronto a quello che avevo sperimentato quella mattina, ma ehi, erano comunque dei salmoni. Quindi sì, la giornata mi ha un po’ amareggiato... Ma almeno avevo portato a termine qualcosa. A parte la pesca, riassumerei così il mio viaggio in Islanda. Ho incontrato più pecore che persone, ho avuto modo di vedere i luoghi più strabilianti, ho sperimentato venti così forti da non riuscire ad aprire la portiera della macchina, ho visitato un milione di meravigliose cascate, ho camminato fino alle cime di montagne dalla cui vetta si avevano viste mozzafiato fino al profondo dei fiordi. Ho pescato in acque perfette, ho guardato l'aurora boreale da una sorgente termale. Sono salita sul vulcano attivo Fagradalsfjell 5 volte fino a quando ho finalmente visto scorrere la lava. E accidenti, che sensazione straordinaria! È stato un vero e proprio contatto
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diretto con la natura che mi ha dato modo di sentirne le forze, così ruvide, così pure, così feroci. Mi piace concedermi il tempo necessario per immergermi davvero in ciò che mi circonda. È qui che entra in gioco la fotografia per me. Mi dà quello scopo in più, quella ragione per spingermi sempre un po' più oltre, per sperimentare un po' di più. Il Fly Fishing ha un significato simile per me. Simile ma diverso. Mi rallenta. Mi regala questa connessione fisica e tangibile con l’acqua e con la natura che non ha rivali. Penso che aggiungendo queste attività extra alla propria esplorazione del mondo si crei una connessione molto più avvincente e appagante con la natura. Ti permette di esplorare posti che altrimenti non raggiungeresti e ti offre prospettive che potrebbero semplicemente sfuggirti. Ho esplorato un luogo che è ancora così selvaggio e vasto. Il tipo di posto che ti fa sentire piccolo e umile. Un posto che non è paragonabile a nulla che avessi mai visto prima. E il fatto è che ho fatto ben di più che esplorarlo. L'ho vissuto. Lo straordinario, le rose e i fiori. “La meravigliosa lotta.”
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‘A Muntagna BY CHIARA GUGLIELMINA
ALPINISTS HERVÈ BARMASSE TUDOR KLAUS LAURINI L O C AT I O N E T N A S I C I L I Y I TA LY
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Etna.
Anche in ginocchio su questo ghiaccio, nel frame della macchina fotografica che esclude il superfluo, si nota questo: due uomini stretti in un abbraccio sincero, mentre alle loro spalle la Terra è viva. Tutto lo è.
Sull’Etna, dallo sfiatatoio della Terra, Hervé Barmasse e Tudor Laurini, in arte Klaus, hanno sciato tra i fumi di un’eruzione. Nonostante la distanza adeguata a garantire la giusta sicurezza, ne hanno sentito il calore. Se è vero che la fortuna ha giocato il suo ruolo, è certo che ‘A Muntagna, la Regina dei catanesi, ha riservato loro una calorosa accoglienza, mostrandosi intima, nuda e non volgare. Va sottolineato che la tappa vulcanica non è un’esperienza fine a sé stessa, ma uno dei punti sul percorso che i due hanno intrapreso insieme: raccontare la montagna in modo visionario, ponendola al centro, osservandola con il rispetto che merita e aprendola al linguaggio innovativo dei canali YouTube.
Tudor. Tudor Laurini, in arte Klaus, è esattamente quello che è. Viso pulito, geniale nella sua giovinezza. Sorriso umile e contagioso. Non si considera un’artista pur essendolo. Tudor è tante cose insieme, che diventasse content creator era inevitabile, ma nasce come youtuber. Alla creazione di video ha affiancato la passione per la musica elettronica diventando producer. Ha di recente dato vita a Wanderlust, un progetto che, nel porsi come obiettivo quello di portare sotto i riflettori le bellezze naturali e artistiche del nostro Paese, dimostra tutta la sensibilità di un giovane visionario nel modo di fare e sentire le cose.
Hervé. Hervé Barmasse non ha bisogno di presentazioni, ma qualche riga dedicata è doverosa. Capace di esprimersi, in montagna o verbalmente, con eleganza d’altri tempi. Uomo intelligente dal viso allungato e zigomi temprati. Labbra sottili che ondulano tra ingenuità e astuzia, tutt’intorno una barba brizzolata e occhi scuri non induriti dalla montagna.
L’incontro. Inevitabile l’incontro con Hervé. Due uomini che non si conoscono da sempre, ma che quando si sono conosciuti si sono riconosciuti. Condividono la passione per la montagna, così come l’interesse verso “il nuovo”. Colpisce la loro fascinazione per le cose della vita. E per le persone. L’unione tra i due ha dato vita a un progetto che va oltre i crateri di fumo e cenere. Oltre a scalare, sciare e abbracciarsi, Hervé e Tudor sviluppano, come accennato sopra, progetti dove la montagna, raccontata dalla loro voce, resta protagonista indiscussa. Ne è un esempio il progetto WeClub; un tour italiano per divulgare la bellezza delle nostre montagne scalando alcune cime simbolo che rappresentano le origini del Club Alpino. L’itinerario ricopre tutto il territorio italiano, dall’arco alpino, alla dorsale appenninica, passando dalle isole raccontando l’etica, i valori e le
Un predestinato “figlio del Cervino”; Guida Alpina da quattro generazioni, non si è distinto solo per le salite in solitaria realizzate in tutto il mondo, ma anche e soprattutto per la filosofia con cui porta avanti il suo essere alpinista, ponendo al centro il rispetto dell’uomo e dell’ambiente. Quando Hervé parla con Tudor si rivolge a un amico, ma nei suoi modi pare di notare, insieme a tanta stima, quell’incondizionato senso di protezione che le Guide Alpine hanno con i clienti. Lo stesso dei genitori con i figli. L’assenza di presunzione lo rende lucido e, pur consapevole del valore dell’esperienza, capace di sposare con sincero trasporto la visione dell’amico più giovane. La fiducia nel futuro non fa fermare le lancette, ma ti permette di sentirle scoccare a ogni giro, restando parte attiva del meccanismo. [Hervé questo lo sa.]
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sfide dei popoli di montagna, degli appassionati delle attività outdoor e del Club Alpino Italiano nato per divulgare, difendere e promuovere le terre alte del nostro pianeta. Va ricordato, a corroborare gli ideali portati avanti dai due amici, che il 19 dicembre 2019 l’Unesco ha riconosciuto l’Alpinismo come elemento del Patrimonio culturale immateriale. Un importante riconoscimento per l’arte di scalare in maniera rispettosa dell’ambiente, ispirata da principi di solidarietà e libertà. Pare proprio che “L’Universo Montagna” si stia muovendo compatto verso un fine comune.
gne del Pianeta chiunque, con la propria opera, può partecipare. Una Commissione di esperti selezionerà poi i lavori meritevoli e premierà il vincitore che sarà annunciato, per l’appunto, al Festival. La “questione social media” è ancora argomento di acceso dibattito nonostante i temi siano ormai esausti. Indubbiamente è uno strumento potente, con pro e contro. Ma d’altronde cosa, oggigiorno, non lo è? Sta al buonsenso del divulgatore sfruttare il digitale in maniera costruttiva per tutti. Al di là delle possibili masturbazioni mentali intorno alla questione è innegabile, come detto sopra, la rivoluzione apportata dalla digitalizzazione non solo nelle modalità di fruizione, ma anche e soprattutto di creazione dei contenuti. Negare le potenzialità di tutto questo equivale all’ottusa visione di quei pittori realisti che storcevano il naso davanti al genio incompreso di Van Gogh. Perché quello che fanno certi ragazzi oggi, nell’editing video giusto per fare un esempio, rappresenta una nuova forma d’arte. Da capire, da cavalcare, a cui aderire senza remore.
Preferiamo non andare oltre: parleranno le immagini che verranno proiettate in anteprima al Trento Film Festival 2022 e, più avanti, sul canale YouTube di Klaus.
Oltre i fumi. Sempre a Trento. Inoltre, una nuova sezione debutta quest’anno al Trento Film Festival: Quarta Parete. Uno spazio dedicato ai content creator e aperto alle opere prodotte per i canali YouTube. La collaborazione tra Hervé e Tudor, e la lungimiranza del TFF (quest’anno alla sua 70° edizione), è stata capace di portare una svolta nella cinematografia di montagna, dando valore alla narrazione contemporanea evidenziandone le potenzialità e permettendo un serio ragionamento sul futuro di questa dimensione. Prima forse più effimera, ora certamente tangibile.
Lo sviluppo e il successo di YouTube, in questo senso, ne è la conferma. La lunga strada che, dalla nascita del cinema arriva al video come fenomeno di massa, non ha portato alla scomparsa dei film bensì ha affiancato, a quello che rimane un universo altro, una serie di contenuti multimediali innovativi, interattivi, artistici, non ignorabili né trascurabili.
Torna alla mente quel detto, tanto retorico quanto vero, sulle cose che si possono amare oppure odiare, di certo non ignorare.
“Salire e scendere possono avere la stessa importanza, rimane l’interpretazione.” - Hervé Barmasse Di nuovo senza svelare oltre, la frase conferma gli ideali del progetto e, insieme, racchiude tutto il non detto di queste parole.
Inoltre, a dimostrazione che quello di Trento è sempre stato un laboratorio di innovazione nei contenuti e nelle forme del racconto delle monta-
Il resto sarà al TFF. [dal 29 aprile al 9 maggio]
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Hell & Paradise H I E LO N O R T E PATAG O N I A BY LU CA S C H I E R A A L P I N I ST S L U C A S C H I E R A & PAO LO M A R A Z Z I
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o e Paolo Marazzi (aka Paolino) di sicuro abbiamo una cosa in comune: la voglia di uscire dalle strade già tracciate. Per questo motivo, pur avendo visto le zone più battute della Patagonia, per la terza volta siamo tornati sul Campo de Hielo Norte. Non c'è ancora un altro luogo che ci abbia attirato (e al tempo stesso respinto) così tanto. Quest'anno per chiudere il cerchio volevamo attraversarlo interamente in modo da scalare la montagna più bella che avremmo trovato, come spesso succede a queste latitudini, però i piani che ci eravamo fatti a casa si sono dovuti adattare alla situazione reale: alto rischio valanghe e ritorno sui nostri passi appena partiti. Così, al posto di una lunga traversata sugli sci abbiamo dovuto fare una corsa contro il tempo nell'ultima finestra di bel tempo.
sonno è svanito di colpo e al suo posto ora c’è la curiosità che mi ha fatto uscire dal sacco a pelo di scatto, se la neve avrà formato una bella crosta su cui camminare potremo provare a salire. Altrimenti torneremo a casa, tutti interi ma senza averci mai nemmeno provato. Diversi giorni prima in questo stesso posto siamo dovuti tornare indietro a causa del rischio valanghe, ora ci resta questa unica possibilità per provare a scalare. Appena carichiamo il primo piede sulla neve sentiamo l’effetto sperato del rigelo notturno che ci sostiene così ci sentiamo all’istante sollevati e sicuri di non prenderci rischi che andrebbero ben oltre il nostro controllo. Con queste condizioni saliamo veloci fino a dove la pendenza aumenta e i crepacci si allargano, troviamo subito i ponti per superarli e cerchiamo di memorizzare la loro posizione per il ritorno anche se è ancora buio. Guardo sempre dentro ai crepacci quando li supero: alcuni sono bianchi, altri neri, ma i miei preferiti sono quelli blu cristallino, qualche volta mi è capitato anche di vederli da dentro.
Giorno 1. Il tempo ieri si è sistemato e siamo pronti per risalire verso la lingua di ghiaccio che ci porterà sullo Hielo. Abbiamo passato qui, sospesi in un limbo a metà fra il fondovalle e le montagne, gli ultimi giorni di brutto tempo dopo che abbiamo provato, senza successo, a salire gli ultimi pendii carichi di neve fresca. Il vento ci ha sempre fatto compagnia, cercando di sollevarci da dentro alla tenda zavorrata di sassi, ma ora non c'è più. Stasera dormiremo alla fine delle rocce e di notte ripartiremo sperando di trovare neve portante.
È la nostra terza volta in questa zona della Patagonia e ora abbiamo una discreta esperienza su come muoverci in questi terreni. Abbiamo superato migliaia di crepacci, la più grande insidia, ma oggi scopriremo tante cose che ancora ignoravamo. Come da programma all'alba siamo in cima al passo, contenti che comunque vada abbiamo almeno messo piede sullo Hielo Norte, uno dei più grandi ghiacciai al mondo, e per quanto mi riguarda anche uno dei posti che più mi attraggono. La sensazione non è cambiata dalle altre volte e forse non ci si abitua mai: questo luogo è completamente diverso da tutto ciò a cui sia-
Giorno 2. La sveglia suona alle tre mentre io e Paolo siamo già fuori dalla tenda a prepararci, fa caldo e ci sono le stelle. Non ho mai visto così distintamente la via lattea e faccio fatica a distogliere lo sguardo dal cielo, ma dobbiamo muoverci e partire subito per salire al passo prima dell'alba. Il
La sensazione non è cambiata dalle altre volte e forse non ci si abitua mai: questo luogo è completamente diverso da tutto ciò a cui siamo abituati. Sembra di essere atterrati su un altro pianeta, del tutto inospitale e misterioso ma estremamente affascinante.
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mo abituati. Sembra di essere atterrati su un altro pianeta, del tutto inospitale e misterioso ma estremamente affascinante. Se tutto va bene, come in questa alba dorata, sembra il paradiso, ma sappiamo che quando ce ne staremo andando, con il brutto tempo che si avvicina, ci sembrerà di scappare dall’inferno.
affatto in piano ma ci sono molte salite e discese invisibili a noi finché non ci siamo dentro, non sappiamo nemmeno se sono alte qualche metro o centinaia. È tutto bianco, non ci sono riferimenti e le distanze sono enormi, veniamo ingannati in continuazione. Anche se ad ogni passo facciamo sempre più esperienza, continuiamo a trovare sorprese come se fossimo dentro ad una stanza degli specchi.
Con l’arrivo delle prime luci davanti a noi si profila una sorta di mare bianco solidificato bucato da centinaia di guglie nere o rossicce più o meno grandi, mi domando quanto possano essere realmente alte se non fossero coperte da uno strato di un buon migliaio di metri di ghiaccio. Alla nostra destra le pareti del San Valentin e del Cerro Fiero, a sinistra verso sud un centinaio di chilometri di ghiaccio e montagne, mentre davanti a noi ci sembra di vedere l’Oceano Pacifico, ma forse è solo un’illusione ottica.
Ci blocchiamo di colpo quando compare a pochi metri dagli sci un crepaccio enorme che sembra attraversare tutto il ghiacciaio, poi iniziamo a salire una collina che sembra alta solo poche decine di metri ma su cui passiamo ore, quando iniziamo a scendere è pomeriggio. Andiamo avanti ancora qualche ora poi, sotto alle prime pareti di roccia, ci fermiamo per montare la tenda e ripararci un po’ dal sole che è ancora molto alto. Sono le 18, le prossime montagne sono a venti chilometri da qui e iniziamo a fare dei calcoli su distanze e tempi di percorrenza in base alla finestra di bel tempo. Dentro di me sto ancora pensando di andare ancora più a sud per altri quaranta chilometri verso delle montagne invisibili da qui ma presto capisco che è follia pensare di riuscire a tornare indietro senza rimanere bloccati. Queste tre torri per qualche motivo non mi piacciono ma non abbiamo alternative, per fortuna Paolo è molto motivato e trova una bella linea da salire.
Senza perdere tempo ci mettiamo gli sci che abbiamo portato per qualche giorno in spalla fino a qui. Siamo davanti ad una discesa di sei o sette chilometri di neve dura, piena di sastrugi che non abbiamo idea di come affrontare, con gli scarponi da alpinismo ai piedi, una slitta in mezzo, senza contare che dovremmo rimanere assicurati in qualche maniera. Il modo migliore per scoprirlo è provare. Togliamo le pelli, blocchiamo gli attacchi e partiamo, capiamo in fretta come avere un minimo di controllo sugli sci. Ci conosciamo da tanti anni e sappiamo entrambi senza dircelo che ora è Paolino ad avere il controllo della situazione, ci saranno tanti momenti di questo tipo e ci fidiamo ciecamente l’uno dell’altro. Alle 9 il sole ci raggiunge così facciamo una prima pausa per prepararci alla lunga giornata sotto al sole, non ci sono ripari nel raggio di decine e decine di chilometri. Anche in questo abbiamo fatto esperienza sulla nostra pelle (in tutti i sensi), il sole qui è molto più forte che alle nostre latitudini e in più siamo dei minuscoli puntini in mezzo ad una enorme lente creata dal ghiacciaio.
Giorno 3. Ci svegliamo più tardi, abbiamo riposato di più perché sarà una lunga giornata, anzi saranno due giornate in una. Alle 6 facciamo colazione e usciamo lasciando la tenda montata, tanto non c’è vento. Saliamo verso la parete di destra senza sapere bene quanto sia alta visto che non ci sono riferimenti. Non abbiamo toccato roccia nelle ultime tre settimane e faccio fatica anche a indossare le scarpette, però bastano pochi tiri per abituarsi di nuovo. Scalando velocemente senza grosse difficoltà arriviamo in cima a metà giornata. Iniziamo a calarci fuori via passando un cordino intorno ad una enorme lastra appoggiata e scendendo puliamo la parete dai blocchi più instabili che altrimenti ci cadrebbero in testa. Con un solo incastro di corde arriviamo a terra e appena
Ripartiamo in discesa sempre più veloci, siamo assicurati tramite la slitta quindi cadere in un crepaccio non rientra fra le opzioni ma ci divertiamo come matti. Quando arriviamo alla pianura, che sembra tutta uguale, scopriamo che non è
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tocchiamo la neve affondiamo fino al ginocchio, senza gli sci sarebbe come essere nelle sabbie mobili. Arriviamo alla tenda verso sera, giusto in tempo per idratarci, mangiare e fare un piano sensato per il ritorno. Abbiamo ancora un giorno di bel tempo, poi inizierà ad alzarsi il vento e a quel punto uscire dal ghiacciaio diventerebbe una questione di fortuna, quindi dobbiamo per forza essere al passo all'alba in modo da riuscire a passare i ponti sui crepacci prima dell'arrivo del caldo e poi del brutto tempo. Vorremmo anche evitare tutto il dislivello fatto durante l’andata, ma prendere l’altra direzione sarebbe in tutti i sensi un salto nel buio. Valutati i pro e contro prendiamo una decisione: gireremo intorno a questo gruppo di montagne sperando di trovare meno dislivelli, abbiamo visto brevemente dalla cima quella parte di ghiacciaio e ci siamo fatti un'idea del percorso da seguire che sembra più lungo ma più scorrevole.
completamente al GPS e alla navigazione di Paolino, non vediamo nemmeno i profili delle montagne, così per intere ore sembra di essere completamente fuori direzione. È come stare in una stanza bendati e sperare di non andare contro un muro. Alle 2:30 facciamo una pausa, se i calcoli sono giusti dovremmo arrivare al passo prima che il sole scaldi la neve quindi abbiamo tempo di riposare mezz'ora, la giornata sarà ancora lunghissima. Ripartiamo tenendo sempre i soliti 5km/h ma subito dopo qualcosa inizia lentamente a cambiare. Manca ancora molto, l'alba non è più lontana ma la fatica unita allo stress continuo del cercare i crepacci per otto ore inizia a farsi sentire. Ogni movimento è sempre più faticoso, è sempre più difficile rimanere lucidi e iniziamo ad essere stanchi. Per quanto siano ripetitivi i movimenti abbiamo comunque bisogno di concentrazione che però inizia a mancare, la mente comincia a vagare e per lunghi tratti pensiamo solo a tirarci fuori più che a seguire la rotta migliore, per fortuna ora bisogna solo andare dritti e non ci sono pericoli. Riprendiamo un po’ di forze con la luce del sole ma per le sei ore successive la fatica aumenta esponenzialmente. Ho provato a saltare due notti di sonno di fila, scalare migliaia di metri verticali e salire montagne in qualsiasi condizione ma questa semplice gita sugli sci sta diventando una delle giornate più faticose della mia vita. Alle 10 finalmente usciamo dal ghiacciaio dove riposiamo per alcune ore. Possiamo mangiare, dormire, bere ma soprattutto rilassarci prima delle ultime tre ore di discesa.
Non sappiamo come reagiremo a pellare per tutta la notte su terreno sconosciuto, non ci sono molto alternative ma siamo anche elettrizzati all’idea. Aspettiamo il tramonto e lasciando le già poche certezze che avevamo partiamo verso sud, superata la linea delle montagne a un certo punto della notte punteremo di nuovo a nord per andare verso il passo. Ci sono davanti io per cercare i crepacci, Paolino è cinque metri dietro che indica la direzione seguendo la carta e dopo altri cinque metri la slitta che ormai è parte della cordata. Intorno al nostro fascio di luce è buio totale in questa notte senza luna, cerchiamo di parlarci il più possibile per distrarci un po’ da questa situazione surreale e quasi spaventosa. Dobbiamo affidarci
Per quanto siano ripetitivi i movimenti abbiamo comunque bisogno di concentrazione che però inizia a mancare, la mente comincia a vagare e per lunghi tratti pensiamo solo a tirarci fuori più che a seguire la rotta migliore, per fortuna ora bisogna solo andare dritti e non ci sono pericoli.
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Short but Incredible
The life of Marc-André Leclerc BY I L A R I A C H I AVAC C I
P H OTO S S C OT T S E RVAS
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A marzo è arrivato nei cinema The Alpinist. Uno spirito libero, il docufilm sulla vita, e sulla morte, dell’alpinista Marc-André Leclerc. Ecco cosa lo ha spinto fino all’ultimo e cosa teneva in lui accesa la scintilla del free climbing Lo raccontano la fidanzata Brette, ma anche i giganti della montagna che lo ammiravano come Alex Honnold e Reinhold Messner. Per impressionare Alex Honnold (quello di Free Solo per intenderci, il free climber che è stato in grado di scalare El Capitan nello Yosemite in meno di quattro ore senza protezioni) ce ne vuole. Marc-André Leclerc, tra le varie imprese, è riuscito anche in questa. Si apre così, con Honnold che racconta al Tim Ferris Show quanto incredibile sia Leclerc, The Alpinist. Uno spirito libero, il documentario prodotto da Red Bull Media House e Sender Films che ripercorre la carriera, ma soprattutto la visione alpinistica di Leclerc, che ha perso la vita a venticinque anni anni proprio per seguire quella passione e quella visione.
Leclerc di contro non può che essere affascinante: non tanto e non solo per le incredibili imprese che ha portato a termine, ma per il suo modo di viverle, totalizzante e pulito, lontanissimo anni luce dalla ricerca di fama o ribalta internazionale e guidato unicamente da un’insaziabile voglia di avventura. Lo dimostra il fatto che quando i registi, Peter Mortimer e Nick Rosen, hanno iniziato a lavorare al docufilm Leclerc fosse pressoché uno sconosciuto, e questo nonostante avesse già compiuto imprese di rilievo, come l'ascesa in solitaria della Corkscrew route sul Cerro Torre in Argentina: ovvero una via di roccia e ghiaccio da 1200 metri in uno dei posti più inospitali del pianeta. È stato proprio il racconto della scalata in questione a far scattare in Mortimer la scintilla: una cosa così grandiosa ripresa unicamente da un sito locale e seguita da soli tre commenti. Niente a che vedere con le imprese di Honnold o degli alpinisti più seguiti, con schiere di follower sui social.
Leclerc ha vissuto venticinque anni e ha toccato le vette più alte dell’alpinismo mondiale, sia in senso letterale che metaforico, ma ha anche rinnovato il dibattito su quale sia il senso profondo dell’alpinismo più estremo e del free soloing. Il film, distribuito in Italia da Nexo Digital in collaborazione con il Trento Film Festival e il Club Alpino Italiano, non si pone l’obiettivo di dare delle risposte, quanto quello di amplificare le domande. Lo stesso Peter Mortimer, regista e voce narrante, nelle battute finali descrive l’amore per l’alpinismo come qualcosa di molto contraddittorio in lui, un mistero in cui l’idealismo che ha sempre contraddistinto le scalate di Leclerc stride accostato alle tragiche conseguenze a cui ha portato. Il percorso della vita di
A 23 anni Marc-André Leclerc era uno degli alpinisti più coraggiosi della sua generazione, ma praticamente sconosciuto. E questo perché di video o di testimonianze social delle sue imprese ce n’erano poche. Di base perché il suo spirito di alpinista era totalmente puro: lui prendeva e andava a scalare da solo e basta. Lo faceva per se stesso, per stare bene, non per impressionare qualcun altro.
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Ma andiamo con ordine. Marc-André era originario della British Columbia, in Canada: un posto circondato da fabbriche, ma anche da montagne incontaminate e bellissime, un richiamo imperdibile per un ragazzino a cui era stato diagnosticato un disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD). Come racconta la madre nel documentario, Marc-André non era destinato a una vita ordinaria, anche la stessa scuola gli andava stretta nonostante avesse una curiosità e una sete di sapere insaziabile e divorasse libri su libri, di avventura e alpinismo of course. Trasferirsi a Squamish, l’epicentro canadese, ma facciamo anche mondiale, dell’arrampicata, è stato un passo obbligato non appena conclusi gli studi superiori. La sete di esperienze, che per un periodo lo ha anche portato a drogarsi pesantemente, è convogliata dopo un po’ in maniera naturale nell’arrampicata, che assorbiva tutte le sue energie e i pochi soldi che aveva. Finalmente, arrampicata dopo arrampicata, impresa dopo impresa, è riuscito a ricevere le prime sponsorizzazioni, il riconoscimento della comunità mondiale dei climber e quindi la possibilità di dedicare la sua intera vita a questo, diventando sempre più bravo, ma anche sempre più estremo.
pinismo, ma soprattutto la sensazione che gli dava l’arrampicata in solitaria: “Quando arrampico non sento più sensazioni di nervosismo o agitazione, ma tutto va per il meglio, perché sono in pieno controllo della situazione." Questa sua insaziabile voglia di avventura, combinata con la passione per il free solo, lo ha portato ad accrescere moltissimo la sua tecnica su diversi tipi di parete: era in grado di arrampicare senza corda su roccia, ghiaccio, neve e su pareti miste. Con delle regole ben precise oltretutto, ovvero: non portare con sé nessun mezzo di comunicazione e arrampicare a vista (cioè non essendo mai stato su quella montagna e non avendo mai provato il percorso prima, ma capendo come affrontarlo al momento). Reinhold Messner, anche lui presente nel doc, spiega come l’arrampicata in solitaria ad alto livello sia paragonabile a una forma d’arte: l’arte di sopravvivere nelle situazioni più folli. “Circa la metà dei più grandi solo climber della storia sono morti in montagna,” continua Messner “ma parte della filosofia che sta dietro a chi si spinge in questo tipo di imprese è proprio questa: perché un’avventura possa definirsi tale deve implicare delle difficoltà. Il pericolo è un elemento fondamentale, compiere l’impresa in sé non avrebbe senso altrimenti.” Leclerc di questo ne era ben cosciente, prima della mitica ascensione sulla parete della Torre Egger in Patagonia, si vede nel doc, fa una sorta di “ultima cena”, cosa che fa sempre prima di partire per una scalata, perché in montagna non puoi essere certo di tornare. Marc descrive questo tipo di arrampicata, il free soloing, come una partita a scacchi con la montagna: “Tu hai il controllo su te stesso e sulle tue capacità, ma non sull’ambiente circostante. La montagna è qualcosa di vivo: ci può essere una valanga, i seracchi si possono staccare, bisogna calcolare una quantità infinita di cose.”
Tra i suoi sostenitori più entusiasti c’era Alex Honnold, a cui Leclerc rubò un record (quello di salita in velocità sulla Grand Wall di Squamish: salì i 300 metri della parete in 57 minuti contro i 59 di Honnold) e che, per sua stessa ammissione e per spirito sportivo, quel record se lo andò a riprendere. Honnold era guidato dallo spirito agonistico perché è un atleta, a Marc tutto questo non interessava: il record lo batté in maniera inconsapevole e non gli interessò minimamente riprovare a farlo. Quello che lo guidava non era la voglia di battere qualcun altro, bensì la foga di dare qualcosa al mondo dell’al-
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L’aspetto forse più affascinante della figura di Leclerc è la sua totale dedizione alla montagna e al viverla nella maniera più pura: i registi raccontano che, proprio nel bel mezzo delle riprese, lui ha preso e se n’è andato. Così, senza spiegazioni, e tantomeno senza rispondere al telefono che la produzione gli aveva comprato (lui chiaramente non ne possedeva uno). Stava preparando un’altra monumentale ascesa in solitaria, quella all’Emperor Face sul monte Robson, e non voleva nessuno intorno: “Se ci fosse un videomaker non sarei solo, verrebbe meno quell’aspetto di totale e profonda libertà che cerco durante queste scalate.” Ha concesso alle telecamere di seguirlo solo dopo, quando c’era già riuscito una volta, e si è fatto seguire anche in Patagonia, ma solo nelle fasi iniziali, durante i giorni della preparazione e nelle prime fasi dell’ascensione alla Torre Egger, il resto lo ha filmato lui stesso con una piccola camera. Arrampicare così, in solitaria e senza corde, è un gioco mortale, è pericolosissimo ed è qualcosa che solo pochi alpinisti al mondo sono in grado di fare, soprattutto quando, come nel caso di Leclerc, si ha a che fare con tipi di terreno diverso o si sceglie di scalare le più alte vette al mondo in pieno inverno. La morte per Marc-André però non è arrivata né quando era solo, né quando ha affrontato la scalata senza né corde e né cellulare. Proprio durante le fasi di montaggio del film era andato in Alaska dove, insieme a un altro climber del luogo, Ryan Johnson, aveva deciso di salire sul versante nord delle Mendenhall Towers, a Juneau. Nessuno sa con esattezza cosa sia successo ma, dopo gli ultimi messaggi di entrambi alle fidanzate e alla famiglia, per i quattro giorni successivi c’è stato il vuoto. Vuoto che gli elicotteri
e le squadre di soccorso hanno potuto provare a colmare solo a bufera finita, quando si sono potuti avvicinare alla via di discesa e il quadro è stato più chiaro: una corda rossa si stagliava distintamente in mezzo alla neve, c’era stata una valanga e la corda era lì sotto, mezza sepolta. I corpi non sono mai stati trovati, ma la spiegazione più plausibile è che siano rimasti lì sotto. Sia la fidanzata, Brette, che la madre hanno sempre assecondato e incoraggiato Marc-André nella sua passione: erano coscienti del pericolo, ma anche del fatto che quella fosse la sua natura e il suo destino. Il suo scopo profondo è stato quello di dare un contributo al mondo dell’alpinismo, ridefinendo i confini di ciò che può essere considerato possibile. Si è spinto su cime che hanno intimorito chiunque, è stato l’unico a salire sulla Torre Egger o sul Monte Robson in solitaria e in condizioni climatiche proibitive: in una stessa ascensione era capace di mixare scarpette da arrampicata, ramponi per il ghiaccio, mani nude e piccozza. “Il free solo è un’attività estrema che suscita sentimenti molti contrastanti” spiega Honnold in un passaggio del documentario. “Se precipiti e muori sei un’idiota che se l’è cercata, se arrivi in cima e torni indietro ti acclamano come un’ero, ma sei sempre la stessa persona.”
Si è spinto su cime che hanno intimorito chiunque, è stato l’unico a salire sulla Torre Egger o sul Monte Robson in solitaria e in condizioni climatiche proibitive: in una stessa ascensione era capace di mixare scarpette da arrampicata, ramponi per il ghiaccio, mani nude e piccozza.
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Courmayeur BY ELISA BESSEGA
SKIERS RUDY BUCELLA, MAURO MARASSI, FABIO ROLLE & LETIZIA NICOLINO
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Val Ferret: ski touring alla balconata del Bianco Pensi a Courmayeur e subito la mente vola ai grandi spazi delle vette più alte d’Europa e ai comprensori sciistici più esclusivi delle Alpi. Immagini le risalite al cielo con Skyway Monte Bianco, funivia iconica che porta ai 3466 metri di Punta Helbronner, oppure ai fuori pista senza fine che da lassù si diramano tra guglie e ghiacciai fino a fondo valle. Ma c’è un altro modo di lasciarsi incantare
dall’imponenza del massiccio Valdostano, ed è forse quello che permette di coglierlo al meglio in tutta la sua maestosità: da lontano, sci e pelli “ai piedi”, lungo i selvaggi pendii panoramici della Val Ferret. La chiamano balconata del Bianco, e non senza motivo: adagiata dirimpetto al massiccio, si sviluppa parallelamente alla lunga cresta delle Grandes Jorasses e permette di osservarne tutte le cime.
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Turismo lento al cospetto delle vette più alte d’Europa A pochi minuti dal centro di Courmayeur, la valle conserva uno spirito autentico e incontaminato che la rendono meta ideale per gli amanti di una montagna meno mondana e più esplorativa. È forse più conosciuta e frequentata nella sua veste estiva, in quanto punto di passaggio del famoso Tour del Monte Bianco, un trekking di 170 chilometri il cui percorso segue a mezza costa i pendii settentrionali della valle, attraversando pascoli, alpeggi e radi boschetti, immersi in un ambiente vivamente alpino. Quegli stessi versanti, nel periodo invernale, si trasformano in un terreno ideale
per gli appassionati del backcountry. Con l’arrivo della neve la strada che percorre per intero la vallata fino a quota 1850m viene chiusa al traffico e convertita in una lunga e suggestiva pista di fondo che, da Planpincieux, si snoda con numerose varianti fino alla località Lavachey per una lunghezza totale di 22 chilometri. Vi si incontrano fondisti, semplici passeggiatori intenti a godersi il silenzio e la tranquillità delle meravigliose foreste di fondovalle, e infine scialpinisti, per i quali le piste rappresentano un comodo punto di partenza per esplorare i pendii soprastanti.
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Vi si incontrano fondisti, semplici passeggiatori intenti a godersi il silenzio e la tranquillità delle meravigliose foreste di fondovalle, e infine scialpinisti, per i quali le piste rappresentano un comodo punto di partenza per esplorare i pendii soprastanti.
MAURO MARASSI
Backcountry per tutti i gusti Gli itinerari di scialpinismo presentano sviluppi e livelli di difficoltà adatti a tutte le esigenze. Ciò che li accomuna è la possibilità di godere di ottima neve senza affrontare dislivelli eccessivi (tra i 700 e i 1200 metri) in una zona dove sarebbe altrimenti molto difficile partire da fondovalle con le pelli, vista l’elevazione notevole delle vette della catena del Bianco. Sulla destra orografica della valle infatti, esposte a sud est, svettano le maestose Grandes Jorasses (4208m), l’estetico Dent du Géant (4013m), il gruppo del Triolet e di Leschaux, quasi inacces-
sibili dal fondo valle per via dei lunghi chilometri di portage e del livello tecnico riservato a pochi esperti. Il versante ideale per gli amanti delle pelli è quello opposto, esposto a nord/ nord ovest, fatto di ampi pendii ombrosi dove la neve si mantiene morbida e riparata per lungo tempo. Da qui si possono raggiungere le numerose cime che delimitano a sinistra la Val Ferret: partendo dagli itinerari più vicini al villaggio di Planpincieux si incontrano i panoramici Mont de la Saxe e Testa Bernarda, che si elevano rispettivamente fino a 2346m e 2533m,
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oppure, a seguire, i più impegnativi Tête entre deux Sauts (2728m), Mont Chéarfiere (2826m) e Bella Colomba (2701m), fino alla meravigliosa Tête de Ferret, la quale con i suoi 2714 metri chiude la valle a nord est sul confine con la Svizzera. Nel periodo primaverile, quando la strada apre nuovamente al traffico (normalmente da metà maggio), è possibile evitare il lungo avvicinamento lungo la pista di fondo e spingersi ad esplorare i ripidi ed impegnativi pendii più settentrionali del gruppo, inoltrandosi nella zona meno frequentata e più selvaggia della valle.
Mont de la Saxe e Testa Bernarda L’itinerario qui proposto rappresenta il compromesso ideale per godere di un panorama maestoso in relativa sicurezza (mai abbassare la guardia!) e su ottima neve, non prevede difficoltà tecniche elevate e il dislivello è alla portata di tutti: una gita di soddisfazione quando le condizioni in quota non sono delle migliori oppure durante le nevicate, immersi nella magia di boschetti radi e polverosi. Si parte dalla località di Planpincieux (1583m), raggiungibile in una decina di minuti di auto da Courmayeur in infrasettimanale, oppure tramite bus navetta nei festivi e in alta stagione. Dopo qualche centinaio di metri lungo la pista di fondo si risale nei boschi seguendo una comoda forestale, si
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prosegue poi superando alcuni dossi in campo aperto fino a raggiungere l’ampia dorsale del Mont de la Saxe (2346m): un belvedere che toglie il fiato. Da qui si continua in piano sul lungo dosso che porta alla cima di Testa Bernarda con lo sguardo fisso verso sinistra, rapito dal susseguirsi delle guglie, ghiacciai, e pinnacoli dei 4000 più famosi delle Alpi. Si scende dalla via di salita oppure, se in buone condizioni, dai versanti più ripidi a nord della vetta: in entrambi i casi si godrà di sciate meravigliose su pendii ampi e mai troppo impegnativi, rapiti dalla presenza costante e imponente del profilo del Bianco che si staglia di fronte allo sciatore per tutto il tempo della discesa, garantendo curve e gite indimenticabili.
RUDY BUCELLA
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LETIZIA NICOLINO
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LECHE PLANPINCIEUX 1581
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M AY E N C E T
NEYRON M O N T I TA Z
TETE-DE-BERNARDE 1797
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MONT- DE- L A- SA XE 2345
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D U RATI O N
4h
E LE VATI O N
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MS
EXPOSITION
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LOCALITÀ DI PARTENZA: PLANPINCIEUX. DIVIETO DI ACCESSO PER LE AUTO NEI FINE SETTIMANA E IN ALTA STAGIONE, RAGGIUNGIBILE COMODAMENTE IN NAVETTA CON PARTENZA DA COURMAYEUR
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PUNTI DI APPOGGIO: NON SONO PRESENTI RIFUGI LUNGO IL PERCORSO MA SI TROVANO DIVERSI LOCALI E BAR CARATTERISTICI NEI PRESSI DEL PARCHEGGIO E LUNGO LA PISTA DA FONDO.
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The Pill European Store List 963 selling points 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49. 50. 51. 52. 53. 54. 55. 56. 57. 58. 59. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. 71. 72. 73. 74. 75. 76. 77. 78. 79. 80. 81. 82. 83. 84. 85. 86. 87. 88. 89. 90. 91. 92. 93. 94. 95. 96. 97. 98. 99. 100. 101. 102. 103. 104. 105. 106. 107. 108. 109. 110. 111. 112. 113. 114. 115. 116. 117. 118. 119. 120. 121. 122. 123. 124. 125. 126. 127. 128. 129. 130. 131. 132. 133. 134. 135. 136. 137. 138. 139. 140. 141. 142. 143. 144. 145. 146. 147. 148. 149. 150. 151. 152. 153. 154. 155. 156. 157. 158.
ITA BIKE SPORT ADVENTURE ITA SALEWA OUTLET ENNA ITA STILE LIBERO ITA BOULDER & CO ITA SALEWA OUTLET PALMANOVA ITA PEAK LAND ITA ALAGNA OUTDOOR ITA BASE CAMP ITA MOUNTAIN HOME ITA BORDINO FRANCO ITA SPORTLER ALBIGNASEGO ITA ARCO SPORT ITA SPORTRAGE ITA C.ELLE SPORT ITA SPORT HUB ALMENNO ITA FOTO SPORT BANAL ITA ACTIVITY PEOPLE ITA ALPSTATION ANDALO ITA SPORTLAND ANTEGNATE ITA SALEWA AOSTA ITA ALPSTATION AOSTA ITA CRAZY BY VERTICAL ITA MEINARDI SPORT ITA GAL SPORT ITA JOE SPORT ITA EVIVA SPORT ITA LARINO ALBINO ITA CLIMBING VILLAGE ITA G ARCO ITA LA SPORTIVA ARCO ITA RED POINT 1 ITA RED POINT 2 ITA ROCK & ICE ARCO ITA SALEWA ARCO ITA ALPSTATION ARCO ITA KARPOS STORE ARCO ITA ARCO CLIMBING ITA ART ROCK ITA VERTICAL WORLD SPORT ITA GOBBI SPORT ITA RED POINT 2 (MABB 90) ITA VERTICAL SPORT ARCO ITA THE NORTH FACE ARESE ITA ALPSTATION AREZZO ITA BALLONI SPORT ITA EXUM ITA MASTER SPORT ITA CLIMBAP ITA PESAVENTO MOUNTAIN STORE ITA UNY STORE ITA SPORTLAND ASOLA ITA RRTREK GRAN SASSO ITA MATIS SPORT ITA ALPSTATION LAVAREDO ITA DEGNI SPORT ITA BSHOP AVIGLIANA ITA TREKKING SPORT ITA FINISH LINE ITA SALEWA OUTLET MANTOVA ITA AFFARI & SPORT BALLABIO ITA TONINO SPORT ITA CARAVELLA SCOUT ITA LA SORGENTE ITA MAROCCO SPORT ITA ALPSTATION BASSANO ITA DF SPORT SPECIALIST BELLINZAGO ITA MAZZARONA SPORT ITA ROBI SPORT ITA SU E GIU' SPORT ITA B-STORE ITA GREAT ESCAPES BERGAMO ITA CAI BERGAMO ITA DF SPORT SPECIALIST BEVERA ITA FRANCO SPORT ITA NUOVI ORIZZONTI BOLOGNA ITA ITA PATAGONIA BOLOGNA ITA VILLA 1928 ITA THE NORTH FACE BOLOGNA ITA IL GALLO ITA MOUNTAINSPIRIT ITA SALEWA WORLD BOLZANO ITA CMP BOLZANO ITA MONTURA BOLZANO ITA THE NORTH FACE BOLZANO ITA SPORTLER BOLZANO ITA CAVALLO CENTRO SPORT ITA MASSI SPORT ITA TEMPO LIBERO ITA PATAGONIA BORMIO ITA MOUNTAIN & RUNNING ITA CRAZY STORE BORMIO ITA SKI TRAB ITA GIALDINI ITA BLOCCO MENTALE ITA ROMEO SPORT ITA ROSSIGNOL BRESCIA ITA MAD CLIMBERS PALESTRA ITA SPORTLAND BRESCIA ITA KLEON SPORT ITA SPORTLER BRESSANONE ITA BERTHOD SPORT ITA MOUNTAIN SHOP CERVINIA ITA UAINOT MOUNTAIN SHOP ITA PATAGONIA BRUNICO ITA ALPSTATION BRUNICO ITA OUTFIT SPORT MODE ITA SPORT MODE SCHOENHUBER ITA THOMASER ITA SPORTLER ALPIN BRUNICO ITA SPORTLER BRUNICO ITA STILE ALPINO ITA SPORTLER CALALZO ITA VERTICAL SPORT SARCHE ITA NENCINI SPORT ITA PROROCK MOUNTAIN STORE ITA MOUNTAIN SHOP TUBRIS ITA SPORTLIFEE ITA AMPLATZ SPORT ITA SPORT AMPLATZ ITA PUNTO RUNNING ITA RADAELLI SPORT ITA BIG WALL ITA NUOVI ORIZZONTI CARPI ITA THE NORTH FACE CARUGATE ITA UNDER ARMOUR CAROSELLO ITA CAMPO BASE BERGAMO ITA MANCINI ITA SPORTLAND CASTEL GOFFREDO ITA ALPSTATION BISMANTOVA ITA CRAZY STORE CASTIONE ITA OLGA SPORT ITA LA SPORTIVA STORE CAVALESE ITA LARCHER SPORT ITA UN SESTO ACCA - 1/6H ITA FREETIME ITA MAXI SPORT CERNUSCO ITA MAXI SPORT MERATE ITA BASE CAMP SSD ITA PASSSPORT CESIOMAGGIORE ITA DELFINO SPORT ITA MARISPORT ITA ROUTE RAMEY 33 - THE SHOP ITA X-TREME ITA ZECCHIN SPORT ITA SPORTLAND CHIARI ITA L'ARTE DI SALIRE IN ALTO ITA ASPORT’S MOUNTAIN CHIES ITA MAIUK SPORT ITA SALEWA SONDRIO ITA GRIMPEUR ITA CPR FREE SPORT ITA MOLINARI SPORT ITA ALCHYMYA ITA ITA SALEWA CLES ITA ALPSTATION CLES ITA SPORT EVOLUTION ITA CASEROTTI SPORT ITA BETTINESCHI SPORT
ADRANO AGIRA AGORDO AGRATE BRIANZA AIELLO DEL FRIULI ALA DI STURA ALAGNA VALSESIA ALAGNA VALSESIA ALBA ALBA ALBIGNASEGO ALESSANDRIA ALESSANDRIA ALLEGHE ALMENNO SAN SALVATORE ANDALO ANDALO ANDALO ANTEGNATE AOSTA AOSTA AOSTA AOSTA AOSTA AOSTA APPIANO SULLA STRADA APRICA ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARESE AREZZO ASCOLI PICENO ASCOLI PICENO ASCOLI PICENO ASCOLI PICENO ASIAGO ASOLA ASOLA ASSERGI ATINA AURONZO DI CADORE AVEZZANO AVIGLIANA AVIGLIANA BADIA POLESINE BAGNOLO SAN VITO BALLABIO BALME BARI BARZIO BARZIO BASSANO DEL GRAPPA BELLINZAGO LOMBARDO BELLUNO BELLUNO BELVEDERE BERGAMO BERGAMO BERGAMO BEVERA DI SIRTORI BIELLA BOLOGNA BOLOGNA BOLOGNA BOLOGNA BOLOGNA BOLZANO BOLZANO BOLZANO BOLZANO BOLZANO BOLZANO BORGO SAN DALMAZZO BORGO SAN DALMAZZO BORGOSESIA BORMIO BORMIO BORMIO BORMIO BRESCIA BRESCIA BRESCIA BRESCIA BRESCIA BRESCIA BRESSANONE BRESSANONE BREUIL CERVINIA BREUIL CERVINIA BREUIL-CERVINIA BRUNICO BRUNICO BRUNICO BRUNICO BRUNICO BRUNICO BRUNICO CAGLIARI CALALZO CALAVINO CALENZANO CAMAIORE CAMPO TURES CAMPODENNO CANAZEI CANAZEI CANTÙ CANZO CARMAGNOLA CARPI CARUGATE CARUGATE CARVICO CASTEL DI SANGRO CASTEL GOFFREDO CASTELNOVO NE’ MONTI CASTIONE ANDEVENNO CATANIA CAVALESE CAVARENO CAZZAGO CENCENIGHE AGORDINO CERNUSCO LOMBARDONE CERNUSCO LOMBARDONE CESENA CESIOMAGGIORE CETO CHAMPOLUC CHAMPOLUC CHAMPOLUC CHIAMPO CHIARI CHIAVARI CHIES D'ALPAGO CHIESA VALMALENCO CHIURO CIRIÈ CISANO SUL NEVA CIVEZZANO CLAUT CLES CLES CLUSONE COGOLO COLERE
159. 160. 161. 162. 163. 164. 165. 166. 167. 168. 169. 170. 171. 172. 173. 174. 175. 176. 177. 178. 179. 180. 181. 182. 183. 184. 185. 186. 187. 188. 189. 190. 191. 192. 193. 194. 195. 196. 197. 198. 199. 200. 201. 202. 203. 204. 205. 206. 207. 208. 209. 210. 211. 212. 213. 214. 215. 216. 217. 218. 219. 220. 221. 222. 223. 224. 225. 226. 227. 228. 229. 230. 231. 232. 233. 234. 235. 236. 237. 238. 239. 240. 241. 242. 243. 244. 245. 246. 247. 248. 249. 250. 251. 252. 253. 254. 255. 256. 257. 258. 259. 260. 261. 262. 263. 264. 265. 266. 267. 268. 269. 270. 271. 272. 273. 274. 275. 276. 277. 278. 279. 280. 281. 282. 283. 284. 285. 286. 287. 288. 289. 290. 291. 292. 293. 294. 295. 296. 297. 298. 299. 300. 301. 302. 303. 304. 305. 306. 307. 308. 309. 310. 311. 312. 313. 314. 315. 316. 317. 318. 319. 320. 321. 322. 323. 324. 325. 326.
ITA SPORT PESCOSTA ITA SPORT POSCH ITA PRANTNER ITA SPORT LIFE ITA MAURIZIO SPORT ASPORT’S MOUNTAIN CORDENONS ITA ITA VISONÀ SPORT ITA SPORTMARKET ITA MILLET SHOP ITA MOROTTO SPORTS EQUIPMENT ITA THE NORTH FACE CORTINA ITA DUE & DUE CORTINA ITA LA COOPERATIVA DI CORTINA ITA QUOTA 1224 ITA LA SPORTIVA CORTINA ITA PATAGONIA CORTINA ITA ROCK & ICE CORTINA ITA SALEWA CORTINA ITA CORTINA 360 ITA TECNICA OLYMPIA ITA SPORT ALFREDO ITA SPORT KOSTNER ITA 4810 SPORT ITA ARDI SPORT ITA LA SPORTIVA COURMAYEUR ITA PATAGONIA COURMAYEUR ITA LES PYRAMIDES ITA ULISSE SPORT ITA SALEWA CUNEO ITA VIALE CALZATURE ITA ALPSTATION CUNEO ITA CRAZY BY VERTICAL ITA THE NORTH FACE CUNEO ITA BIGUP ITA NOCH SHOP ITA FALETTI MOUNTAIN STORE DF SPORT SPECIALIST DESENZANO ITA ITA MOUNTAIN GARAGE ITA OUTSIDER ITA SALEWA DOBBIACO ITA KRALER SPORT ITA ALPSTATION BRIANZA ITA POSSA SPORT ITA SPORT EXTREME ITA MOSONI SPORT ITA ERCOLE ITA OUTDOOR & TREKKING STORE ITA HOLIDAY SPORT ITA SPIT SPORT OUTDOOR ITA LINEA VERTICALE ITA IL DADO BOULDER ITA PENNENTE OUTDOOR ITA ALPMANIA ITA ERREGI SPORT ITA DEVA WALL ITA CRAZY STORE FINALE LIGURE ITA LA SPORTIVA FINALE LIGURE ITA SALEWA FINALE LIGURE ITA MONTURA FINALBORGO ITA OUTPOST MONTAINEERING ITA RIDE & RUN CRAZY STORE ITA ROCKSTORE ITA CLIMB ITA NEVERLAND ITA PESCI CAMPING STORE ITA SPORT CLUB ITA THE NORTH FACE FIRENZE ITA OBIETTIVO MONTAGNA ITA BALANTE SPORT ITA CAPO NORD ITA GIMELLI ITA 3.30 RUNNING STORE ITA ROSSIGNOL FORMIGLIANA ITA FREES SPORT ITA SPORTIFICATION ITA ITA SURF SHOP ITA SPORT MAX ITA ALL4CYCLING ITA BM SPORT ITA SALEWA GENOVA ITA BONI SPORT ITA BONI SPORT ITA CENTRO CANOA ITA HOBBY SPORT ITA MOISMAN ITA REPETTO SPORT ITA BOULDER FACTORY ITA MONTAGNARD SPORT ITA SONEGO ITA RUNNING LIFE ITA SPORTWAY GRAVELLONA ITA BERGLAND ITA 099 OUTDOOR ITA SPORTLAND GUSSAGO ITA GRAZIA SPORT ISEO ITA ALPSTATION ISERA ITA ALTA QUOTA ISERNIA ITA 38° PARALLELO ITA MOUNTAINWORLD ITA SALEWA AQUILA ITA BLOCKLAND ITA TREKKING L’AQUILA ITA ORNELLA SPORT ITA SPORT 203 ITA SPORT TONY ITA IMPULS SPORT ITA SPORT HUB LECCO ITA AFFARI & SPORT LECCO ITA GREAT ESCAPES LECCO ITA MY WALL ITA BOTTERO SKI ITA DF SPORT SPECIALIST LISSONE ITA MAXI SPORT LISSONE ITA CENTRO HOBBY SPORT ITA CRAZY STORE LIVIGNO ITA I’M SPORT ITA LAPPONIA ITA MOUNTAIN PLANET ITA PUNTO SPORT ITA SILENE SPORT ITA SPORT EXTREME ITA THE NORTH FACE LIVIGNO ITA SALEWA OUTLET SCALO MILANO ITA SPORTLAND LONATO ITA SALEWA LONGARONE ITA IL CAMPIONE LUCCA ITA VIVISPORT ITA CRESPI SPORT ITA SPORT MODE STEGER ITA OLIMPIONICO SPORT ITA SPORT 3 TRE ITA SPORT TENNE ITA CINQUE TERRE TREKKING ITA PEIRANO SPORT ITA JANE SPORT ITA MUD AND SNOW ITA BREMA SPORT ITA MEGA INTERSPORT ITA MOUNTAIN STORE ITA THE REVIVE CLUB ITA HUTTER SPORT ITA SPORTLER ALPIN MERANO ITA SPORTLER MERANO ITA MAXI SPORT MERATE ITA NARDELLI SPORT ITA PATAGONIA MILANO ITA RUNAWAY ITA SALEWA MILANO ITA VIBRAM MILANO ITA WHY RUN ITA ALPSTATION MILANO ITA CANADA GOOSE MILAN ITA CARTON ITA ITA DF SPORT SPECIALIST MILANO ITA KIM FORNITURE SCOUT ITA KOALA SPORT ITA LA MONTAGNA SPORT ITA SAVE THE DUCK MILANO ITA SAVE THE DUCK MILANO ITA SEASE ITA THE NORTH FACE MILANO ITA VERDE PISELLO ITA UNDER ARMOUR MILANO ITA UNDER ARMOUR MILANO ITA DON KENYA RUN ITA MANGA CLIMBING ITA SPORTING SAN LORENZO ITA FREE SOLO
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COLFOSCO COLFOSCO IN BADIA COLLALBO COLOMBIERA MOLICCIARA CONDINO CORDENONS CORNEDO CORNUDA CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORVARA IN BADIA CORVARA IN BADIA COURMAYEUR COURMAYEUR COURMAYEUR COURMAYEUR COURMAYEUR COURMAYEUR CUNEO CUNEO CUNEO CUNEO CUNEO CUNEO DARFO BOARIO DARFO BOARIO TERME DESENZANO DEL GARDA DESIO DIMARO FOLGARIDA DOBBIACO DOBBIACO DOLZAGO DOMODOSSOLA DOMODOSSOLA DOMODOSSOLA DUEVILLE FAENZA FALCADE FANO FELTRE FELTRE FERMO FERRARA FERRARA FERRARA FINALE LIGURE FINALE LIGURE FINALE LIGURE FINALE LIGURE FINALE LIGURE FINALE LIGURE FINALE LIGURE FIRENZE FIRENZE FIRENZE FIRENZE FIRENZE FIRENZE FIUMALBO FORLÌ FORLÌ FORMIGINE FORMIGLIANA FOSSALTA DI PIAVE FOSSANO FRABOSA SOTTANA FROSSASCO GAZZADA SCHIANNO GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GIAVENO GODEGA SANT'URBANO GRADISCA D’ISONZO GRAVELLONA TOCE GRESSONEY-SAINT-JEAN GROSSETO GUSSAGO ISEO ISERA ISERNIA IVREA L'AQUILA L’AQUILA L’AQUILA L’AQUILA LA THUILE LA VALLE AGORDINA LA VILLA LANA LECCO LECCO LECCO LEVATA LIMONE PIEMONTE LISSONE LISSONE LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LOCATE DI TRIULZI LONATO LONGARONE LUCCA LUCCA LUINO LUTAGO MADONNA DI CAMPIGLIO MADONNA DI CAMPIGLIO MALLES VENOSTA MANAROLA MANTA MANTOVA MARANO SUL PANARO MARTELLAGO MARTIGNACCO MATELICA MEOLO MERANO MERANO MERANO MERATE MEZZOLOMBARDO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MIRANO
327. 328. 329. 330. 331. 332. 333. 334. 335. 336. 337. 338. 339. 340. 341. 342. 343. 344. 345. 346. 347. 348. 349. 350. 351. 352. 353. 354. 355. 356. 357. 358. 359. 360. 361. 362. 363. 364. 365. 366. 367. 368. 369. 370. 371. 372. 373. 374. 375. 376. 377. 378. 379. 380. 381. 382. 383. 384. 385. 386. 387. 388. 389. 390. 391. 392. 393. 394. 395. 396. 397. 398. 399. 400. 401. 402. 403. 404. 405. 406. 407. 408. 409. 410. 411. 412. 413. 414. 415. 416. 417. 418. 419. 420. 421. 422. 423. 424. 425. 426. 427. 428. 429. 430. 431. 432. 433. 434. 435. 436. 437. 438. 439. 440. 441. 442. 443. 444. 445. 446. 447. 448. 449. 450. 451. 452. 453. 454. 455. 456. 457. 458. 459. 460. 461. 462. 463. 464. 465. 466. 467. 468. 469. 470. 471. 472. 473. 474. 475. 476. 477. 478. 479. 480. 481. 482. 483. 484. 485. 486. 487. 488. 489. 490. 491. 492. 493. 494.
NUOVI ORIZZONTI MODENA THE NORTH FACE MODENA LIVIO SPORT SPORTMAN SPORTLAND MONIGA PATAGONIA MONTEBELLUNA ROSSIGNOL MONTEBELLUNA VIBRAM MONTEBELLUNA SALEWA OUTLET MONTEBELLUNA ROCK & WALLS PURE NATURE WILD PROJECT THE CHANGE PATAGONIA MORBEGNO WHATSAPP SPORT HUB MORI MICARELLI STORE LAB8 ARBITER UNTERHOLZNER GRANDE GRIMPE PERICO SPORT SPORTLAND TORINO ETNA WALL SERVOLARE 17 RUNWAY SPORT SPORT LAURIN ALBY SPORT DF SPORT SPECIALIST OLGIATE SALEWA ORIO CENTER DF SPORT SPECIALIST ORIO THE NORTH FACE ORIO UNDER ARMOUR ORIO AL SERIO MAMMUT ORTISEI SPORT GARDENA SPORT SCHMALZ SPORTLAND ORZINUOVI FREE TIME STORE SPORTLAND OSPITALETTO BIG WALL ABBÀ LA COCCINELLA SALEWA PADOVA ACTIVE CREMA SPORT INTELLIGHENZIA PROJECT SESTOGRADO SPORTLAND PALAZZOLO GENCHI SPORT PER CORRERE PELLISSIER SPORT PIRCHER GUNTHER 46° PARALLELO MOVE MOUNTAIN LOVERS ALPSTATION PARMA FREE SPORT SEVEN SUMMITS FERRARI SPORT SPORTWAY NOVARA OLIUNÌD MILANO UKU PACHA MONDO VERTICALE SPAZIOUTDOOR KING LINE STELLA ALPINA ALTA QUOTA PESCARA FRANCO SPORT RRTREK PESCASSEROLI OUTLANDERS L'ALTROSPORT DF SPORT SPECIALIST PIACENZA SPORT IN MONTAGNA OUTDOOR LIFE VERTICAL SPORT PIETRAMURATA PIANETA SPORT ASPORTSTATION STIMM ZAMBERLAN ONBOARD ARIAPERTA M.C.RUNNING EUROSPORT SPORT HUB PINZOLO SPORTLAND PISOGNE SELMI TECHNOSPORT VALLEE SPORT PEAK PERFORMANCE STORE AMORINI OUTDOOR SPORTWAY PONTE KAPPAEMME SPORT MOUNTAIN SHOP BERGAMO TOFFOLI SPORT SPORTLER PORDENONE MIVAL SPORT LA SPORTIVA POZZA DI FASSA BLOSSOM SKI IL CAMPIONE PRATO RUNOUT SALEWA PREDAZZO V10 BERGFUCHS MORASSI ETTORE OUTDOOR & TREKKING STORE ROSSIGNOL UDINE REGGIO GAS GINETTO SPORT A1 CLIMBING MONTAGNA VERTICALE SALVATORI SPORT THE NORTH FACE RIMINI PERTINGER VERTICAL SPORTSWEAR MOUNTAIN SICKS SPORT NATURA CAMPO BASE ROMA CAMPO BASE ROMA OUTDOOR EXPERIENCE PATAGONIA ROMA ROSSIGNOL PARMA RRTREK ROMA ALP3 MONTAGNA CLIMBER STORE GEOSTA LBM SPORT MONTURA ROMA ONE RACE ONERACE THE NORTH FACE COLA DI R. THE NORTH FACE ROMA THE NORTH FACE ROMA MIZUNO ROMA ALTA QUOTA ROMA ROCK IT STAR WALL URBANSTAR OMNIA SPORT SPORTLAND RONCADELLE SHERPA ATLANTE MONTELLO MAKALU' SPORT CABAS SPORT MONTURA ROVERETO BLOCK3 SPORTLIFEE SPORT JOCHER MACIACONI PIÙ SPORT ANIMA SPORTIVA ALPSTATION AOSTA PAPIN SPORT SPORT HOLZER SPORT HUB CHIAVENNA LAGAZOI SPORT MILESI SPORT SPORTLAND SAN LEONARDO GODI SPORT TURNOVER SPORT SPORTLER SAN MARTINO SLALOM SLALOM SPORT SAN MARTINO SPORT PARETI WEGER UNICO SPORT ALPSTATION BRESCIA NEW VIAGGIANDO GIUGLAR LAB IS SPORT
ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA
MODENA MODENA MOENA MONDOVÌ MONIGA MONTEBELLUNA MONTEBELLUNA MONTEBELLUNA MONTEBELLUNA MONTESACRO MONTESILVANO MONTESILVANO MORBEGNO MORGEX MORI MUCCIA NAGO TORBOLE NAPOLI NATURNO NEMBRO NEMBRO NICHELINO NICOLOSI NICOLOSI NOICATTARO NOVA LEVANTE NOVALESA OLGIATE OLONA ORIO AL SERIO ORIO AL SERIO ORIO AL SERIO ORIO AL SERIO ORTISEI ORTISEI ORTISEI ORZINUOVI OSIMO OSPITALETTO OSTERIA DEL GATTO OULX OVINDOLI PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PALAZZOLO SULL’OGLIO PALERMO PALERMO PAQUIER PARCINES PARMA PARMA PARMA PARMA PAVULLO NEL FRIGNANO PERGINE VALSUGANA PERNATE PERO PERTOSA PERUGIA PERUGIA PESCARA PESCARA PESCARA PESCASSEROLI PESCASSEROLI PIACENZA PIACENZA PIACENZA PIANCOGNO PIANELLA PIETRAMURATA PIETRASANTA PIEVE D’ALPAGO PIEVE DI SOLIGO PIEVE DI TORREBELVICINO PINEROLO PINEROLO PINEROLO PINZOLO PINZOLO PISOGNE PISTOIA PLAN FELINAZ PONT SAINT MARTIN PONTE DI LEGNO BS PONTE FELCINO PONTE NELLE ALPI PONTE SELVA DI PARRE PONTERANICA PORDENONE PORDENONE POVE DEL GRAPPA POZZA DI FASSA PRATA CAMPORTACCIO PRATO PRATO PREDAZZO QUARTU SANT’ELENA RASEN-ANTHOLZ SÜDTIROL RAVASCLETTO RAVENNA REANA DEL ROJALE REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA RIETI RIETI RIMINI RIO DI PUSTERIA RIVAROLO CANAVESE RIVAROLO CANAVESE ROCCA DI MEZZO ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMAGNANO SESIA RONCADELLE RONCO BRIANTINO RORETO DI CHERASCO ROVERETO ROVERETO ROVERETO ROVERETO RUFFRE' - MENDOLA S. ANDREA S. CRISTINA SACILE SACILE SAINT CHRISTOPHE SAN CANDIDO SAN CANDIDO SAN CASSIANO SAN CASSIANO SAN GIOVANNI BIANCO SAN LEONARDO IN PASSIRIA SAN MARTINO BUON ALBERGO SAN MARTINO BUON ALBERGO SAN MARTINO BUON ALBERGO SAN MARTINO DI CASTROZZA SAN MARTINO DI CASTROZZA SAN MARTINO DI CASTROZZA SAN PANCRAZIO SAN PAOLO SAN VENDEMIANO SAN ZENO NAVIGLIO SANSEPOLCRO SANT'AMBROGIO SANT’AGOSTINO
495. 496. 497. 498. 499. 500. 501. 502. 503. 504. 505. 506. 507. 508. 509. 510. 511. 512. 513. 514. 515. 516. 517. 518. 519. 520. 521. 522. 523. 524. 525. 526. 527. 528. 529. 530. 531. 532. 533. 534. 535. 536. 537. 538. 539. 540. 541. 542. 543. 544. 545. 546. 547. 548. 549. 550. 551. 552. 553. 554. 555. 556. 557. 558. 559. 560. 561. 562. 563. 564. 565. 566. 567. 568. 569. 570. 571. 572. 573. 574. 575. 576. 577. 578. 579. 580. 581. 582. 583. 584. 585. 586. 587. 588. 589. 590. 591. 592. 593. 594. 595. 596. 597. 598. 599. 600. 601. 602. 603. 604. 605. 606. 607. 608. 609. 610. 611. 612. 613. 614. 615. 616. 617. 618. 619. 620. 621. 622. 623. 624. 625. 626. 627. 628. 629. 630. 631. 632. 633. 634. 635. 636. 637. 638. 639. 640. 641. 642. 643. 644. 645. 646. 647. 648. 649. 650. 651. 652. 653. 654. 655. 656. 657. 658. 659. 660. 661. 662.
GI-SPORT KRATTER FAMA SPORT ALPSTATION SARZANA 3.30 RUNNING STORE BESSON SPORT GIUGGIA SPORT MOUNTAIN EXPERIENCE MAX SPORT VALLI SPORT ALPSTATION SCHIO PIANETA CICLO ART CLIMB PALESTRA BRUNO SPORT ACTIV SPORT SPORT WALTER CABOT COVE OUTDOOR CAFÈ SALEWA OUTLET SERRAVALLE KINIGER SPORTMODE MAXI SPORT SESTO S.G. XL MOUNTAIN IL MARATONETA SPORT RONDIRO PASSSPORT SIGNORESSA SPORTLER CLIMBING CENTER SPORTLER TREVISO DF SPORT SPECIALIST SIRTORI ALTERNATIVA SPORT ALPIN SPORT MODE ALPIN SPORTS K&K SPORTS SALEWA OUTLET VERONA FIORELLI SPORT SONDRIO CENTRO SPORT SPORTLAND SONICO VI BLOCK CAMPO BASE SPILAMBERTO BERGER SCHUKE SPORTLAND STEZZANO ALPSTATION TARVISIO SPORTLER TAVAGNACCO ZANI SPORT PIÙ SPORT VERTIGINI SPORT IOCORRO! MONTURA FIEMME SPORT VENTURA CRAZY STORE TIRANO TECNICAL SKI BSHOP BRACCINI BSHOP RAVINA FERRINO STORE TORINO FRESH STORE JOLLY SPORT JOLLY SPORT MIZUNO STORE ORIZZONTI VERTICALI RONCO ALPINISMO SALEWA TORINO ALPSTATION TORINO BSIDE CLIMBING VILLAGE CUORE DA SPORTIVO GRASSI SPORT TORINO MONTURA TORINO ORIZZONTI VERTICALI PASSION SPORT SALA SPORT THE NORTH FACE TORINO ASD BOULDER BAR SASP PALESTRA CLIMBING READY TO RUN GULLIVER TORRE PELLICE SPORTLER VICENZA LEZARD CATTI SPORT LA SPORTIVA TRENTO ROCK & ICE TRENTO SHERPA3 PATAGONIA VERTICAL SPORT TRENTO MONTURA TRENTO TECNOSCI SPORTLER ALPIN TRENTO SPORTLER TRENTO MAGNITUDO LE BLOC SHOP ALPSTATION TRIESTE AVVENTURA DUE SPORTLER TRIESTE FIASCARIS K2 SPORT SPORT CENTER FIORELLI SPORT VALMASINO SPORT CORONES LAYAK SPORT MODE MARIA SALEWA OUTLET VALMONTONE SKICENTER LODO SPORT VERNAZZA SPORT CAMPO BASE VERONA MONTURA VERONA ROSSIGNOL VERONA THE NORTH FACE VERONA MARATONANDO OLIUNÌD LDR PALESTRA GILIOLI SPORT MONDO MONTAGNA VERTICAL NO LIMIT DHO SPORT ROSSI SPORTLAND VILLANUOVA AFFARI & SPORT VILLASANTA BAROLI SPORT CALZATURE BAROLI HERBERT PLANK SPORT RUNNER HELLWEGER INTERSPORT LA SPORTIVA ZIANO DI FIEMME TIRABOSCHI SPORT QUOTA 362 CRAS TABIA SPORT SALEWA STORE SALZBURG SPORTLER ALPIN LOACKER BERGFUCHS ALPSTATION INNSBRUCK BLACK DIAMOND INNSBRUCK PATAGONIA INNSBRUCK SPORTLER WITTING THE NORTH FACE INNSBRUCK ROCKNROLL MOUNTAIN STORE HIGH LIFE HANDELS SPORTLER BERGSPORT ZIMML ALPINAUSSTATTER BASE CAMP THE ALPINE STORE SALEWA OUTLET PARNDORF SALEWA STORE SAALFELDEN SALEWA STORE SCHLADMING SPORT4YOU PETE SPORT BERGWERK SALEWA STORE WIEN STEPPENWOLF ONSIGHT BERGSPORT HAVEN DE ZWERVER HAVEN TRANSA BASEL TRANSA BERN BÄCHLI BERGSPORT STILE ALPINO LUGANO PLANET ENDURANCE TRANSA LUCERNE DF SPORT SPECIALIST LUGANO SALEWA STORE PONTRESINA STILE ALPINO SAMEDAN BOOSPORT TRANSA ST. GALLEN MONTAIN-AIR BAYARD SPORT MILLET SHOP SALEWA STORE ZERMATT THE NORTH FACE ZERMATT THE NORTH FACE ZURICH TRANSA ZURICH BÄCHLI BERGSPORT MOUNTAIN-SPORTS
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SAPPADA SARONNO SARZANA SASSUOLO SAUZE D’OULX SAVIGLIANO SAVIGNANO SUL RUBICONE SCHIO SCHIO SCHIO SCOPPITO SEDICO SELVA GARDENA SELVA VAL GARDENA SELVA VAL GARDENA SENIGALLIA SERAVALLE SCRIVIA SESTO SESTO SAN GIOVANNI SETTIMO VITTONE SIENA SIENA SIGNORESSA SILEA SILEA SIRTORI SISTIANA SIUSI SIUSI SIUSI SONA SONDRIO SONDRIO SONICO SPESSA SPILAMBERTO ST. NIKOLAUS ULTEN STEZZANO TARVISIO TAVAGNACCO TEMU TERAMO TERNI TERNI TESERO TESERO TIRANO TOLMEZZO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORRE BOLDONE TORRE PELLICE TORRI DI QUARTESOLO TRADATE TRAVERSETOLO TRENTO TRENTO TRENTO TRENTO TRENTO TRENTO TRENTO TRENTO TRENTO TREVISO TRIESTE TRIESTE TRIESTE UDINE UDINE VAL DI VIZZE VAL MASINO VALDAORA VALDRAGONE VALLES VALMONTONE VARNA VERMIGLIO VERNAZZA VERONA VERONA VERONA VERONA VIAREGGIO VICENZA VIGNOLA VIGNOLA VILLAIR VILLANOVA MONDOVI VILLANOVA MONDOVI VILLANUOVA SUL CLISI VILLASANTA VILLENEUVE VILLENEUVE VIPITENO VITERBO WELSBERG-TAISTEN ZIANO DI FIEMME ZOGNO ZOLA PREDOSA ZOLA PREDOSA ZOLDO ALTO BERGHEIM BEI SALZBURG BLUDENZ GÖTZIS GRAZ INNSBRUCK INNSBRUCK INNSBRUCK INNSBRUCK INNSBRUCK KIRCHDORF IN TIROL KLAGENFURT AM WÖRTHERSEE KUFSTEIN LIENZ LIENZ LINZ PARNDORF SAALFELDEN SCHLADMING SÖLDEN ST. ANTON AM ARLBERG STEYR WIEN WIEN ZAMS ANTWERPEN HERENTALS KNOKKE BASEL BERN BERN-BREITENRAIN CANOBBIO ECUBLENS LUCERNE LUGANO PONTRESINA SAMEDAN SIERRE ST. GALLEN VERBIER ZERMATT ZERMATT ZERMATT ZERMATT ZURICH ZURICH ZURICH-OERLIKON ANSBACH
663. 664. 665. 666. 667. 668. 669. 670. 671. 672. 673. 674. 675. 676. 677. 678. 679. 680. 681. 682. 683. 684. 685. 686. 687. 688. 689. 690. 691. 692. 693. 694. 695. 696. 697. 698. 699. 700. 701. 702. 703. 704. 705. 706. 707. 708. 709. 710. 711. 712. 713. 714. 715. 716. 717. 718. 719. 720. 721. 722. 723. 724. 725. 726. 727. 728. 729. 730. 731. 732. 733. 734. 735. 736. 737. 738. 739. 740. 741. 742. 743. 744. 745. 746. 747. 748. 749. 750. 751. 752. 753. 754. 755. 756. 757. 758. 759. 760. 761. 762. 763. 764. 765. 766. 767. 768. 769. 770. 771. 772. 773. 774. 775. 776. 777. 778. 779. 780. 781. 782. 783. 784. 785. 786. 787. 788. 789. 790. 791. 792. 793. 794. 795. 796. 797. 798. 799. 800. 801. 802. 803. 804. 805. 806. 807. 808. 809. 810. 811. 812. 813. 814. 815. 816. 817. 818. 819. 820. 821. 822. 823. 824. 825. 826. 827. 828. 829. 830.
CONDITION STEIGENBERGER BERGSPORTHÜTTE STADT LAND FLUSS BERGSPORT GEISTALLER CAMP 4 GLOBETROTTER BERLIN MONT K PATAGONIA BERLIN THE NORTH FACE BERLIN UNTERWEGS BIELEFELD GLOBETROTTER BONN UNTERWEGS BONN UNTERWEGS BREMEN UNTERWEGS CELLE DER SKANDINAVIER GLOBETROTTER DRESDEN UNTERWEGS DUISBURG GLOBETROTTER DÜSSELDORF SACK & PACK UNTERWEGS ERFURT FREILAUF BERGSPORT MÜHLBAUER UNTERWEGS FLENSBURG GLOBETROTTER FRANKFURT SALEWA STORE FREIBURG SPORT KIEFER DOOROUT.COM NORDWAND SPORTS ALPINSPORT BASIS BERGSPORT WN ALPIN SPORT CONRAD GARMISCH BERGZEIT GLOBETROTTER HAMBURG GLOBETROTTER HAMBURG UNTERWEGS HAMM BSZ BERGSPORTZENTRALE ADVENTURE COMPANY BERGZEIT UNTERWEGS HÖXTER UNTERWEGS JEVER BASISLAGER SPORT HANDELS SCENIC SPORTS BERGSPORT MAXI UNTERWEGS KIEL GLOBETROTTER AUSRÜSTUNG GLOBETROTTER KÖLN SPORT GRUNER ALPINSPORTZENTRALE ALPEN STRAND THE NORTH FACE LEIPZIG UNTERWEGS LEIPZIG BIWAK EISELIN SPORT ALPIN OUTDOOR LADEN OUTDOORTRENDS MAGIC MOUNT GLOBETROTTER MÜNCHEN GOLDWIN PATAGONIA MÜNCHEN RUMRICH STONE PROJECTS SCHUSTER SPORTHAUS DERU THE NORTH FACE MUNICH UNTERWEGS MÜNSTER SPORT CONRAD MURNAU TRAVEL & TREK BASTIAN SALEWA STORE OBERSTDORF UNTERWEGS OLDENBURG DER OUTDOORLADEN SPORT CONRAD PENZBERG GIPFELSTÜRMER SALEWA STORE REGENSBURG MONTAGNE-SPORT BERGWERKER STUTTGART GLOBETROTTER STUTTGART GLOBETROTTER HARZ SCHNEIDER RAD+SPORT VIKING ADVENTURES BIWAKSCHACHTEL GLOBETROTTER ULM UNTERWEGS WESEL SPORT CONRAD WIELENBACH UNTERWEGS WILHELMSHAVEN SALEWA OUTLET ZWEIBRÜCKEN EVENTYRSPORT NATURLIGVIS OUTDOOR OUTDOOR XPERTEN TRAILXTREM ALCOBENDAS EL REFUGIO DEPORTES DIAGONAL ALMERIA VILADOMAT ALP SPORTS BARRABES CAMP BASE INTERPERIE CAMP BASE NUS CERCLESPORTS CUYLÁS BARCELONA EQUIPA'T GROWOLD SALEWA STORE BARCELONA SHARMA CLIMBING THE NORTH FACE BARCELONA VÈRTIC BARCELONA BARRABÉS RÍOS RUNNING BERGA SERAC SPORT MONTAÑA Y DEPORTES HAMAIKA MOUNTAIN THE NORTH FACE BILBAO ZONA GR ARMERIA Y AVENTURA SUMMIT MOUNTAIN ESPORTS ROC VERTICAL AL COXINILLO MACHAPUCHARE ARISTARUN GOMA 2 TECNIC ESPORTS ANDORRA TRAMUNTANA ESPORTS LUDO AVENTURA ESPORTS NABES DEPORTES SHERPA GRANADA ILLA SPORTS DEPORTES CHARLI JACA BLACKISARD MOUNTAIN K2 PLANET CUYLÁS MADRID DEPORTES KOALA DEPORTES MAKALU OUTDOOR SIN LÍMITE THE NORTH FACE MADRID DEPORTES LA TRUCHA RÍOS RUNNING MANRESA VÈRTIC MANRESA VÈRTIC SABADELL EVORUNNER FACTOR 2 CARVING ESPORTS CAMP BASE C17 LA SPORTIVA RODELLAR CAMP BASE SANT CUGAT AGOSTI XTREME SPORT PEREGRINOTECA.COM DEPORTEMANIA ESPORTS K2 TANGOSENLAROCA.COM DEPORTES AITANA L’AVENTURA THE NORTH FACE VALENCIA DEPORTES ALVARADO TERRA DEPORTE AVENTURA SALEWA OUTLET VILADECANS CAMP BASE VITORIA DEPORTES GAIKAR KIROLAK SCANDINAVIAN OUTDOOR PARTIOAITTA LAHTI PARTIOAITTA ROVANIEMI SCANDINAVIAN OUTDOOR AU VIEUX CAMPEUR ALBERTVILLE MILLET SHOP ALPE D'HUEZ PICTURE SNOWLEADER ANNECY THE NORTH FACE ANNECY CHULLANKA ANTIBES MILLET SHOP BASTIA PEYTAVIN SPORT SPORTS AVENTURE AU VIEUX CAMPEUR CHAMBÉRY
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ASCHAU AUGSBURG BAD TÖLZ BERCHTESGADEN BERLIN BERLIN BERLIN BERLIN BERLIN BIELEFELD BONN BONN BREMEN CELLE COBURG DRESDEN DUISBURG DÜSSELDORF DÜSSELDORF ERFURT ERLANGEN FELDKIRCHEN WESTERHAM FLENSBURG FRANKFURT AM MAIN FREIBURG FREIBURG FULDA FÜSSEN GARMISCH-PARTENKIRCHEN GARMISCH-PARTENKIRCHEN GARMISCH-PARTENKIRCHEN GMUND-MOOSRAIN HAMBURG HAMBURG HAMM HANNOVER HEILBRONN HOLZKIRCHEN HÖXTER JEVER KARLSRUHE KAUFBEUREN KEMPTEN KIEL KÖLN KÖLN KONSTANZ LANDSBERG AM LECH LANDSHUT LEIPZIG LEIPZIG LIMBURG LÖRRACH MAINZ MARKTOBERDORF MENDEN MÜNCHEN MÜNCHEN MÜNCHEN MÜNCHEN MÜNCHEN MUNICH MUNICH MÜNSTER MURNAU NÜRNBERG OBERSTDORF OLDENBURG PADERBORN PENZBERG RAVENSBURG REGENSBURG ROSENHEIM STUTTGART STUTTGART TORFHAUS (HARZ) TRAUNSTEIN TRIER TÜBINGEN ULM WESEL WIELENBACH WILHELMSHAVEN ZWEIBRÜCKEN AARHUS FREDERIKSBERG HOLSTEBRO MADRID ALICANTE ALMERÍA ANDORRA BARCELONA BARCELONA BARCELONA BARCELONA BARCELONA BARCELONA BARCELONA BARCELONA BARCELONA BARCELONA BARCELONA BARCELONA HUESCA BARCELONA CASTELLÓ HUESCA BILBAO BILBAO GIRONA MURCIA BURGOS ANDORRA VALENCIA MADRID CÓRDOBA TARRAGONA ANDORRA VALENCIA ASTURIAS GIRANA GRANADA BARCELONA HUESCA GIRONA LEÓN MADRID MADRIS MADRID MADRID MADRID MÁLAGA BARCELONA BARCELONA BARCELONA MADRID MURCIA ANDORRA BARCELONA HUESCA BARCELONA CANTABRIA LUGO SEVILLA TARRAGONA VALENCIA VALENCIA VALENCIA VALENCIA VALENCIA PONTEVEDRA BARCELONA ARABA ARABA HELSINKI LATHI ROVANIEMI VANTAA ALBERTVILLE ALPES D'HUEZ ANNECY ANNECY ANNECY ANTIBES BASTIA BAYONNE BORDEAUX CHAMBÉRY
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EKOSPORT ARC’TERYX CHAMONIX MILLET SHOP CHAMONIX SNELL SPORTS SNOWLEADER CHAMONIX THE NORTH FACE CHAMONIX HAGLOFS CHAMONIX PATAGONIA CHAMONIX COQUOZ SPORTS / SALOMON D'AVENTURE EN AVENTURE MILLET SHOP COURCHEVEL MILLET SHOP DIJON ENDURANCE SHOP EPINAL S'CAPE FONTAINEBLEAU ESPACE MONTAGNE APPROACH GAP ALTITUDE SPORT OUTDOOR AU VIEUX CAMPEUR GRENOBLE MERCI DISTILLERY MILLET SHOP LA CLUSAZ MONTAZ AU VIEUX CAMPEUR LABÈGE ESPACE MONTAGNE MILLET SHOP LES ARCS MILLET SHOP LES DEUX ALPES AU VIEUX CAMPEUR LYON MILLET SHOP LYON SNOWLEADER LYON THE NORTH FACE LYON AU VIEUX CAMPEUR MARSEILLE CAP RUNNING MILLET SHOP MERIBEL CHULLANKA MERIGNAC CHULLANKA METZ THE NORTH FACE NANTES ALTICOOP AU VIEUX CAMPEUR PARIS MILLET SHOP PARIS THE NORTH FACE PARIS THE NORTH FACE PARIS OPERA THE NORTH FACE PARIS SPORT MONTAGNE PERPIGNAN ENDURANCE ESPACE MONTAGNE AU VIEUX CAMPEUR SALLANCHES BERNINA SPORT COLMAR MILLET SHOP SAINT LARY MILLET SHOP NICE AU VIEUX CAMPEUR STRASBOURG THE NORTH FACE STRASBOURG AU VIEUX CAMPEUR THONON CHULLANKA TOULOUSE MILLET SHOP VAL D'ISÈRE MILLET SHOP VAL THORENS TERRE DE MONTAGNE BEVER ALMERE BEVER AMERSFOORT BEHIND THE PINES BEVER AMSTERDAM BEVER AMSTERDAM CARL DENIG KATHMANDU AMSTERDAM MONK AMSTERDAM THE NORTH FACE AMSTERDAM BEVER APELDOORN BEVER ARNHEM BEVER ASSEN BEVER BREDA BEVER DEN HAAG BEVER DEN HAAG HUNA OUTDOOR SHOP BEVER DEVENTER BEVER DOETINCHEM BEVER EINDHOVEN MONK EINDHOVEN BEVER ENSCHEDE RENÉ VOS OUTDOOR BEVER GRONINGEN SOELLAART BEVER HENGELO BEVER HILVERSUM BEVER HOUTEN BEVER NIJMEGEN KATHMANDU NIJMEGEN OUTDOOR & TRAVEL OUTFITTERS BEVER ROTTERDAM BEVER S-HERTOGENBOSCH BEVER STEENWIJK BEVER TILBURG BEVER UTRECHT KATHMANDU UTRECHT THE NORTH FACE UTRECHT ZWERFKEI OUTDOOR NATURKOMPANIET NARTURKOMPANIET ADDNATURE CITY ALEWALDS NATURKOMPANIET ALEWALDS OUTNORTH SNOW+ROCK BIRMINGHAM SNOW+ROCK BRIGHTON THE NORTH FACE BRISTOL SNOW+ROCK CHERTSEY SNOW+ROCK DARTFORD SNOW+ROCK DIDSBURY SNOW+ROCK WIRRAL THE NORTH FACE EDINBURGH SNOW+ROCK EXETER SNOW+ROCK BRISTOL SNOW+ROCK GATESHEAD THE NORTH FACE GLASGOW THE NORTH FACE GUILDFORD SNOW+ROCK HEMEL SNOW+ROCK KENSINGTON NEEDLE SPORTS SNOW+ROCK LONdDHARRODS SNOW+ROCK LEEDS COTSWOLD OUT ISLINGTON COTSWOLD OUT PICCADILLY ELLIS BRIGHAM MNT SPORTS SNOW+ROCK LONDON SNOW+ROCK COVEN GARDEN SNOW+ROCK LOND MONUMENT SNOW+ROCK LOND MOORGATE THE NORTH FACE COVT GARDEN THE NORTH FACE LONDON THE NORTH FACE VICTORIA PATAGONIA MANCHESTER SNOW+ROCK MANCHESTER SNOW+ROCK PORT SOLENT SNOW+ROCK ROMFORD THE NORTH FACE MEADOWHALL
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CHAMBÉRY CHAMONIX MONT BLANC CHAMONIX MONT BLANC CHAMONIX MONT BLANC CHAMONIX MONT BLANC CHAMONIX MONT BLANC CHAMONIX MONT BLANC CHAMONIX MONT BLANC CHAMONIX MT-BLANC CLERMONT FERRAND COURCHEVEL DIJON EPINAL FONTAINEBLEAU FRANCHEVILLE GAP GERARDMER GRENOBLE GRENOBLE LA CLUSAZ LA RAVOIR LABÈGE LE GRAND EPAGNY LES ARCS 1800 LES DEUX ALPES LYON LYON LYON LYON MARSEILLE MARSEILLE MERIBEL MERIGNAC MOULINS LES METZ NANTES NICE PARIS PARIS PARIS PARIS PARIS PERPIGNAN RODEZ SAINT MARTIN D'HERES SALLANCHES SELESTAT ST LARY SOULAN ST. LAURENT DU VAR STRASBOURG STRASBOURG THONON LES BAINS TOULOUSE VAL D'ISÈRE VAL THORENS VILLE LA GRAND ALMERE AMERSFOORT AMSTERDAM AMSTERDAM AMSTERDAM AMSTERDAM AMSTERDAM AMSTERDAM AMSTERDAM APELDOORN ARNHEM ASSEN BREDA DEN HAAG DEN HAAG DEN HAAG DEVENTER DOETINCHEM EINDHOVEN EINDHOVEN ENSCHEDE GORSSEL GRONINGEN HAARLEM HENGELO HILVERSUM HOUTEN NIJMEGEN NIJMEGEN ROOSENDAAL ROTTERDAM S-HERTOGENBOSCH STEENWIJK TILBURG UTRECHT UTRECHT UTRECHT WOERDEN GÖTEBORG MALMO STOCKHOLM STOCKHOLM STOCKHOLM UPPSALA VÄXJÖ BIRMINGHAM BRIGHTON BRISTOL CHERTSEY DARTFORD DIDSBURY EASTHAM EDINBURGH EXETER FILTON GATESHEAD GLASGOW GUILDFORD HEMEL KENSINGTON KESWICK KNIGHTSBRIDGE LEEDS LONDON LONDON LONDON LONDON LONDON LONDON LONDON LONDON LONDON LONDON MANCHESTER MANCHESTER PORTSMOUTH ROMFORD SHEFFIELD
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LAST WORD BY DAVIDE FIORASO
Quanto sappiamo di ciò che c’è da sapere? Quanto abbiamo scoperto di ciò che c’è da scoprire? Quanto rimane ancora da esplorare, conoscere, studiare? Cosa i nostri occhi possono ancora considerare sconosciuto? Mai come negli ultimi decenni il pianeta in cui viviamo ha centellinato i suoi tesori nascosti e sconosciuti, concedendo sempre meno al nostro sguardo. Come se il mondo avesse smesso
PHOT ELISA BESSEGA
di mostrarsi. Forse perché noi uomini abbiamo scordato come guardarlo, dimenticando che la ricerca è prima di tutto un profondo atto di umiltà. Lo stupore va meritato, è un dono che si può ricevere solo attraverso un rispettoso gesto di sottomissione. Un gesto che forse, noi arroganti esseri umani, abbiamo completamente dimenticato. Oggi, proviamo a ricordarcelo. Il premio arriverà.
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