Henri Aymonod
Trento Running Club
Dylan Bowman
Si approccia alla montagna con curiosità e spirito di esplorazione, mettendosi alla prova anche in contesti dove si trova più in difficoltà.
Semplice, genuino, punk. Un “club non club”, in cui conta solo la voglia di trovarsi per condividere birre e chilometri.
Host del podcast Freetrail, è il prototipo dell’ultrarunner cosmopolita, un osservatore con uno sguardo privilegiato su questo sport.
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FLIGHT
Suola SURFACECTRL
OFFSET 6 MM
PESO 285
3.5 MM
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G / 245 G
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EDITO TEXT FILIPPO CAON
PHOTO GIUSEPPE SCIARAFFA
Raid du Cro-Magnon, nel 2003 UTMB, nel 2007 LUT. Nascono anche i blog, i Trail Autogestiti, e le riviste, come Spirito Trail. A scriverci sono blogger, appassionati, nerd. Alcuni di loro diventeranno organizzatori di gare, atleti, allenatori, ma in quel momento non sono ancora nessuno. Sui forum gli utenti discutono, si scambiano opinioni sul materiale e sull’alimentazione. Poi tutto questo inizia a scomparire, i blog scompaiono e arrivano i social. Da qui in poi la storia la conosciamo.
Quasi tutti i libri di storia dell’alpinismo iniziano il 24 aprile del 1336, il giorno dell’ascesa di Francesco Petrarca al Mont Ventoux. Qualche giorno dopo Petrarca scrive a Dionigi da San Sepolcro raccontandogli la scalata: è il primo stralcio di scrittura alpinistica, e non è molto diversa da quella dei pionieri romantici di cinque secoli dopo. Da quel momento il racconto della salita diventa importante quanto la salita stessa, il suo lasciapassare per la storia. La scrittura di montagna diventa un genere letterario a tutti gli effetti, ma a fianco alle pagine di Whymper, Comici e Bonatti, l’alpinismo inizia a raccogliere anche tutta una letteratura minore fatta di brevi resoconti sui libri di vetta, sui taccuini personali o sulle riviste alpinistiche. Questa scrittura povera e schietta viene ereditata in pieno dall’alpinismo degli anni settanta e dai nuovi sport che nascono in quel periodo, e i resoconti di questi nuovi avventori delle terre alte spazzano via in pochi anni tutta la retorica stantia e l’espressività ammuffita che quella letteratura si portava appresso.
Negli stessi anni nasce l’ultrarunning, che in quel momento assomiglia molto al mondo dell’arrampicata sportiva. Negli anni ottanta lo sport cresce, e gli ultramaratoneti iniziano a sparpagliare i resoconti delle loro corse dove capita. Nascono riviste che raccolgono resoconti e risultati di gare, come UltraRunning magazine: più che grandi parole ci si trovano numeri, accompagnati di tanto in tanto da una didascalia o da un’immagine microscopica. Questi resoconti assumono ancora più importanza con la nascita degli FKT, simili a imprese alpinistiche. Ma se gli alpinisti scrivono per dimostrare la loro impresa, i corridori scrivono per aiutare gli altri a ripetere la propria. I pionieri dell’ultrarunning non sono giovani inglesi di buona famiglia che recitano Shakespeare a memoria, ma fisici e informatici di Stanford. Così, appena arriva internet, quei racconti si riversano prima nei blog e poi nei forum e nelle newsletter. Negli anni 2000 qualcosa inizia ad arrivare anche in Italia. Qui la corsa in montagna esiste da decenni, ma solo ora inizia a diffondersi davvero: nel 2002 nasce il Grand
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Fare uno speciale trail significa mettere il piede in questo processo. Abbiamo pensato questo numero come una sedimentazione di quelle esperienze. Di come sia cambiato il modo di raccontare la scena ne ha parlato Davide Fioraso con i fondatori del magazine inglese “Like The Wind”. Di come stia cambiando la scena internazionale invece ne abbiamo parlato con Dylan Bowman, in una lunga intervista di un’ora e un quarto che vi riportiamo in versione più o meno integrale. Abbiamo anche parlato di cose più vicine, in particolare di una bolla che negli ultimi anni ha preso piede in Italia, grazie a tre o quattro persone a cui dovremo sempre tanto, lo abbiamo fatto con Alessandro Locatelli e Marcello Marcadella. Abbiamo poi parlato di atleti attraverso la voce di un atleta: Francesco Puppi, che ultimamente si sta dando da fare per creare contenuti positivi in Italia. Ai fotografi che hanno collaborato con noi abbiamo dato carta bianca, cercando un linguaggio diverso, con i servizi di Matteo Pavana, Andrea Torresan e Elisa Bessega (che ha poi parlato dell’argomento con Larry Gassan, leggenda della fotografia della corsa negli US). Abbiamo parlato anche di brand, grandi e piccoli, di film e di progetti indipendenti. E poi abbiamo parlato delle persone che questa grande scena la portano avanti, che leggono la nostra rivista, e che ogni giorno si mettono un paio di scarpe ed escono a correre. Buona lettura.
Calzatura da trail running stabile e super ammortizzata per correre lunghe distanze in totale comfort. Plantare Cushion Platform™, rinforzi attivi Dynamic ProTechTion™, suola Trail Rocker™ che favorisce l’appoggio naturale tacco-punta. Sviluppata e testata in Val di Fiemme, Trentino, Dolomiti.
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PRODUCTION The Pill Agency | www.thepillagency.com
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EDITOR IN CHIEF Denis Piccolo | denis@thepillagency.com
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E D I T O R I A L C O O R D I N AT O R S Davide Fioraso, Filippo Caon
C O M PA N Y E D ITO R Hand Communication, Via Piave 30, Saluzzo CN 12037, Italy hello@thepillagency.com
E D I T I N G & T R A N S L AT I O N S Silvia Galliani
COVER Henri Aymonod By Federico Epis
ART DIRECTION George Boutall | Evergreen Design House Niccolò Galeotti, Francesca Pagliaro
PRINT L'artistica Savigliano, Savigliano - Cuneo - Italy, lartisavi.it DISTRIBUTION 25.000 copies distribuited in 1600 Outdoor stores & Outdoor Hotels in Italy, Switzerland, Austria, Germany, France, Belgium, Spain, England, The Netherlands, Sweden & Norway
THEPILLMAGAZINE .COM Ludovica Sacco | ludovica@thepillagency.com PHOTOGRAPHERS & FILMERS Matteo Pavana, Thomas Monsorno, Camilla Pizzini, Chiara Guglielmina, Silvia Galliani, Francesco Pierini, Elisa Bessega, Andrea Schilirò, Denis Piccolo, Achille Mauri, Simone Mondino, Alice Russolo, Patrick De Lorenzi, Giulia Bertolazzi, Tito Capovilla, Luigi Chiurchi, Isacco Emiliani
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C O L L A B O R AT O R S Filippo Caon, Chiara Guglielmina, Marta Manzoni, Sofia Parisi, Fabrizio Bertone, Eva Toschi, Luca Albrisi, Marta Manzoni, Luca Schiera, Giulia Boccola, Valeria Margherita Mosca
The Pill rivista bimestrale registrata al tribunale di Milano il 29/02/2016 al numero 73
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ISSUE 53 PHOTO GIUSEPPE SCIARAFFA
P. 1 0
T H E D A I LY P I L L
P. 6 4
KILIAN'S NNORMAL QUEST
P. 14
BEST MADE
P. 5 8
RABBIT
P. 1 8
ECO SEVEN
P. 7 2
LIKE THE WIND
P. 2 0
CRAZY JKT SHARK MAN
P. 7 6
S AT I S F Y
P. 2 2
DY N A F I T U LT R A SY S T E M
P. 8 4
RUN TO THE SOURCE
P. 2 4
SCARPA S PI N
P. 9 0
DYLAN BOWMAN
P. 2 8
LET MY PEOPLE RUN
P. 9 8
BUCKLED
P. 3 4
ISABELLA LABONIA
P. 1 0 4
KARST RIDE
P. 4 0
ANTOINE CHARVOLIN
P. 114
TRENTO RUNNING CLUB
P. 4 6
ROBERTO MASTROTTO
P. 1 2 2
LARRY GASSAN
P. 5 2
ASICS TRAINING CAMP
P. 1 2 8
THE NIGHT
P. 5 8
H E N R I AY M O N O D
P. 14 4
LAST WORD
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Sunburnt cheeks, Jerry (the dog) ate the snacks, bruised bum, lost keys. Act Natural
Capilene® Cool Merino Our Capilene® Cool Merino tech tees were designed to handle the most uncomfortable moments. They’re made with 65% merino wool, which is both naturally temperature regulating and odor resistant. All of the virgin wool Patagonia sources is certified to the Responsible Wool Standard (RWS) from farm to fiber, to help ensure protection both for the animals that supply it and the land they graze. We’ve blended it with 35% recycled polyester for greater durability and faster drying time when you’re working hard.
82% of our line is Fair Trade Certified™ sewn. That’s more Fair Trade styles than any other apparel brand.
64% of our fabrics this season are made with recycled materials. Less than 10% of fibers produced globally are made with recycled materials.
Makenna Tague and Alice McElyea deal with a little glissading gone wrong on a run in Oregon’s Three Sisters Wilderness. TYLER ROEMER © 2022 Patagonia, Inc.
THE DAILY PILL BY LUDOVICA SACCO
BROOKS SE MPRE P I Ù P R O TA G O N I S TA N E L T R A I L R U N N I N G Crescono l’impegno e gli obiettivi di Brooks nel settore del trail running, dove è stata attuata una strategia triennale interamente dedicata. La pianificazione, suddivisa in step progressivi, ha preso il via con la presentazione ufficiale del nuovo Brooks Trail Running Team durante la grande kermesse della Transgrancanaria. La squadra, formata da 42 atleti provenienti da Italia, Francia, Spagna, Austria, Svizzera e Germania, parteciperà alle più importanti competizioni lungo l’intero arco della stagione.
DY NAFIT P OSA L A PR I M A PI E TRA DEL NUOVO HEADQUARTER "Ogni marchio ha bisogno di una casa”, è con questo pensiero che il fondatore di Oberalp, Heiner Oberrauch ha deciso di trasferire la sede centrale di Dynafit a Kiefersfelden, in Germania. Progettato dallo studio di architettura Barozzi-Veiga di Barcellona, è stato ufficialmente dato il via alla costruzione con la posa della prima pietra durante lo scorso 17 febbraio. L’edificio, esteticamente in linea con il paesaggio della Inn Valley, sarà visibile dall’autostrada che collega l’Austria e la Germania già dal 2023.
DA L L’ U N I O N E T R A K I L I A N J O R N E T E CAMPER NASCE NNORMAL Kilian Jornet, alpinista e trail runner di fama mondiale, ha collaborato con Camper per creare NNormal, un nuovo marchio di abbigliamento sportivo outdoor, progettato e testato tra le coste di Maiorca e i fiordi norvegesi. I primi prodotti del brand verranno lanciati questo autunno e rifletteranno la filosofia condivisa della partnership: autenticità e utilità che ispirano le persone a godere della natura e a rispettarla. Una missione che si esprime attraverso capi senza tempo, funzionali, orientati alle prestazioni e costruiti per durare.
S C A R PA : A N N A C O M E T PA S C U A C O N Q U I S TA L A S U A P R I M A M A R AT H O N D E S S A B L E S Anna Comet Pascua entra nella storia conquistando la 36ª edizione della Marathon des Sables, leggendaria sfida sulla distanza che si svolge nel Sahara marocchino. L’atleta spagnola, da pochi mesi entrata a far parte del team SCARPA, ha trionfato nella classifica femminile dopo aver vinto ogni singola tappa della competizione e concludendo i 250km con il tempo totale di 24 ore, 18 minuti e 33 secondi. “A volte i sogni si realizzano e diventano realtà” ha commentato Anna dopo la premiazione.
L A S P O R T I VA A P R E IL PRIMO BRAND STORE MONOMARCA IN GERMANIA La Sportiva continua la sua crescita internazionale inaugurando un punto vendita in Frankenjura. Hannes Oelher, Area Manager Germania ha dichiarato: “Il nostro intento principale è assicurare un servizio ottimale. Ma è anche molto di più: i brand store sono un luogo in cui comunicare in modo impattante, oltre che un’occasione di entrare in contatto con le community di climber, runner e alpinisti”. Nel negozio si trovano numerosi capi e calzature per climbing, mountain running, alpinismo e trekking.
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RIDE 15
Meet your daily training partner.
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THE DAILY PILL BY LUDOVICA SACCO
S C O T T S P O R T S A F I A N C O D I B R AV E H E A R T R U N N E R S SCOTT Sports ha annunciato una partnership con Braveheart Runners Fundation, in Kenya, che si occupa di sostenerne la crescita di atleti locali per accompagnarli in un percorso che li porti a gareggiare a livello internazionale. SCOTT, come partner, fornirà prodotti ad alte prestazioni ed un sostegno a livello finanziario. La borsa di studio 2022, rivolta a 4 uomini e 5 donne che puntano attivamente alla carriera da runner, comprenderà spese di soggiorno, fisioterapia, coaching e supporto nelle gare europee.
I L T R A I L R U N N I N G A P O R TATA D I T U T T I C O N C L O U D V I S TA D I O N Con la nuova scarpa Cloudvista, On Running rende la corsa off-road a portata di tutti. Versatile e confortevole, Cloudvista combina l’intersuola CloudTec con la superfoam Helion per creare un buon livello di ammortizzazione ed una corsa agevole su terreni moderati. La tomaia leggera e la suola minimalista offrono mobilità extra senza peso aggiuntivo. Si distingue dalle tipiche scarpe da corsa dando la possibilità, a coloro che vogliono iniziare, di provare il trail running su percorsi cittadini.
R U N N I N G U P FO R A I R T O R N A I N E U R O PA I L 2 5 G I U G N O Ritorna il 25 giugno la corsa di resistenza ospitata da Patagonia con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza dell’inquinamento dell’aria e di raccogliere fondi da destinare a gruppi ambientalisti che si battono per l’aria pulita. Running Up For Air consiste nel far correre I runner per 3, 6, 12, o 24 ore, liberi di partecipare ovunque, in montagna, in collina o per le scale di casa. Gli iscritti potranno partecipare soli o in team, connettendosi con altri runner da tutta Europa attraverso un hub virtuale.
TRE CIME EXPERIENCE APRE L E I S C R I Z I O N I P E R L E G A R E D E L L’ 1 0 - 11 S E T T E M B R E Si sono aperte il 19 marzo le iscrizioni alla Tre Cime Experience by Scarpa, la due giorni dedicata agli amanti del correre in montagna proposta da Cadini Promotion. Tre eventi che si disputeranno sui sentieri di Misurina, al cospetto delle Tre Cime di Lavaredo, in uno degli scenari più suggestivi delle Dolomiti. L’appuntamento è per il 10 e 11 settembre prossimi con la Diavolo Vertical Sprint, la Misurina Sky Marathon (42km e 3.000m D+) e la Cadini Sky Race (20km e 1600m D+).
D E B U T TA L A C A M PA G N A “CALL US RUNNERS” DI SAUCONY Saucony inaugura la stagione SS2022 con una serie intitolata "Call Us Runners". Protagonisti l'artista rap Trinidad James, l'olimpionico Jared Ward, la fondatrice di Black Girls RUN! Jay Ell Alexander e la mountain runner Grayson Murphy. Uno sguardo introspettivo sulla vita dei quattro che mette in evidenza cosa significhi essere un runner attraverso background ed esperienze diverse. Una serie che celebra questo sport sottolineando come correre sia energia e sentimento, non un'identità o un'etichetta.
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BEST MADE BY THE PILL RUNNING TESTERS
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1.OUTDOOR RESEARCH
2.SMARTWOOL
3.GARMIN
HELIUM WIND CAP
M E R I N O S P O R T U LT R A L I T E H O O D I E
FENIX 7X SAPPHIRE SOLAR
Ultraleggero, traspirante, resistente all'acqua e al vento. Tessuto esterno in Pertex Diamond Fuse 100%, pannelli laterali in mesh, fascia antisudore in poliestere riciclato ActiveIce ed elastane, logo OR riflettente e cordoncino di regolazione. Con un peso di appena 36g ed un design comprimibile si adatta a piccole tasche.
Giacca tecnica con cappuccio per una protezione extra dal vento e dalla pioggia. Tessuto esterno in nylon riciclato con finitura DWR, elementi riflettenti e pannelli mappati sul corpo in tessuto Merino Sport 120 per fornire traspirabilità e controllo della temperatura. Si ripone completamente nella tasca destra.
Il più iconico smartwatch della collezione Garmin si rinnova a livello estetico e funzionale, a partire dalla comoda interfaccia touchscreen e l’introduzione dell’esclusiva torcia flashlight. Grande novità l’introduzione dei modelli Sapphire Solar: durata estrema garantita dalla ricarica solare e ultra resistenza offerta dal vetro zaffiro.
4.DYNAFIT
5 . U LT I M AT E D I R E C T I O N
6.NORDA
U LT R A P R O S U N G L A S S E S
RACE VEST
WAVE MUJIN TL
Assoluta novità in casa Dynafit. Occhiali da sole semi-rimeless con lenti fotocromatiche di Divel Optics che si adattano automaticamente alle condizioni di luminosità, garantendo visione chiara ed una protezione affidabile dai raggi UV-A, UV-B e UV-C. Con un peso di appena 31 grammi, sono perfetti per uscite in stile speed.
Race Vest è una delle quattro novità della Signature Series disegnata da Scott Jurek, Anton Krupicka e Peter Bakwin per UD. Con un peso di appena 204 grammi, è realizzato in tessuto mesh di nylon micro-ripstop. Il sistema Comfort Cinch3.0 offre una regolazione comoda ed efficace. Volume totale di 6,3 litri.
La prima scarpa da trail running senza cuciture realizzata con Bio-Dyneema, Dyneema a base biologica e nylon Cordura riciclato. Una scarpa che non pone limiti alla velocità, alla distanza o alla destinazione, progettata per dimostrare che performance e sostenibilità devono sempre correre insieme. Esclusiva suola Vibram ad alte prestazioni.
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BEST MADE BY THE PILL RUNNING TESTERS
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7. C A M E L B A K
8.CAMELBAK
9 .T H E N O R T H FA C E
C H I L L I N S U L AT E D H A N D H E L D
U LT R A B E LT 2 L
F L I G H T T R A I N I N G PAC K 1 2
Per le corse primaverili in cui non serve lo zaino, Camelbak reinterpreta la classica borraccia a mano: Quick Grip Chill unisce una tradizionale bottiglia termica da 500ml che tiene fresca l’acqua anche dopo alcune ore a un cinturino elastico regolabile e uno scomparto frontale per gel e clip porta chiavi.
Una capiente cintura elastica per i trail di media distanza. Con una struttura traspirante in micro mesh, Ultra Belt presenta quattro tasche con una capienza complessiva di 2l per acqua, cibo e il materiale obbligatorio delle gare più corte. Due elastici sulla parte posteriore permettono di riporre i bastoncini.
Un classico curato nei piccoli dettagli: spallacci dal design essenziale, tessuto ripstop idrorepellente senza PFC, vano porta bastoncini. Con una progettazione semplice e pulita il Flight Training è uno dei vest più compatti tra i 12 litri sul mercato, aumentando la capienza senza perdere leggerezza e comodità.
1 0 . PATAG O N I A
1 1 . L A S P O R T I VA
12.BUFF
N A N O -A I R PA N TS
TRAIL GLOVES W
“Z A N KO R ” N AT I O N A L
Uno dei più fortunati isolamenti sintetici Patagonia qui riproposto per la parte inferiore. Un capo caldissimo e confortevole per il recupero, il post-gara, il bivacco e le grigliate con i compagni di corsa dopo una giornata a correre in montagna. Design essenziale che punta tutto sulle proprietà dei materiali.
Un guanto pensato appositamente per la corsa in ambienti freddi e umidi, ormai richiesto dai regolamenti di molte gare. Progettato con un semplice poliestere isolante a cinque dita, con moffola impermeabile estraibile da un taschino disposto sopra al polso.
GEOGRAPHIC BOONEY
QUICK GRIP
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Diventato l’accessorio più di tendenza nel mondo trail nell’estate 2021 grazie a Jim Walmsley, Jared Hazen e Max King, riproponiamo il booney prodotto da Buff in collaborazione con National Geographic. Idrorepellente e richiudibile per le torride corse estive.
BEST MADE BY THE PILL RUNNING TESTERS
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13.ASICS
14.ON RUNNING
15.DYNAFIT
V E N T I L AT E 2- N -1 3.5 ” S H O R TS
ACTIVE JACKET
U LT R A P O L E P R O
Un pantaloncino dal design leggero ed essenziale, costruito con un tessuto elasticizzato e forato che aumenta la traspirabilità e la ventilazione, accoppiato a un secondo strato interno che aumenta l’aderenza e diminuisce gli sfregamenti. La cintura è progettata come una grande tasca per gel, chiavi e cellulare.
Un antivento leggero e idrorepellente con un taglio largo e moderno. L’Active Jacket di On è un anorak reinterpretato e disponibile nei due evergreen blue navy e olive: una grande tasca sul ventre e una mezza cerniera sulla spalla, niente cappuccio e polsini elastici. Bello ed essenziale.
Bastone super leggero in fibra di carbonio con struttura a Z e sezione sommitale telescopica. L’impugnatura ergonomica e il semplice cinturino per il polso ne fanno un bastone essenziale anche per il trail running più tecnico. Viene venduto in taglia unica regolabile tra i 115 e i 135 centimetri.
1 6 . S C A R PA
1 7. M I Z U N O
18.SAUCONY
G O L D E N G AT E AT R
WAVE DAICHI 7
VIZIPRO ENDORPHIN PRO 2
Con una tomaia in ripstop, una calzata precisa e avvolgente, una linguetta integrata e una costruzione Sock-Fit LW, una suola Presa TRN-02 sviluppata direttamente dall’azienda, la Golden Gate ATR è il modello più versatile e trasversale di SCARPA, dedicata ai percorsi misti e corribili di tutti i giorni.
Nel 2022 il brand giapponese lancia la settima versione di un modello ormai consolidato. Resta immutata la costruzione di suola in mescola Michelin e l’intersuola in EVA, ma viene proposta una tomaia che riduce il peso della precedente e ne aumenta la durabilità, restando una scarpa polivalente adatta a runner e terreni diversi.
Le nuove scarpe da competizione Endorphin Pro 2 nella versione premium ViziPro. Sviluppate con mescola PWRRUN PB accoppiata a una piastra in carbonio, le nuove Endorphin Pro diventano il modello più veloce del catalogo del marchio di Waltham, Massachusetts.
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ECO SEVEN BY DAV I D E F I O R AS O
VEJA X SEA SHEPHERD: U N O M AG G I O A I D I F E N S O R I D E L M A R E Veja nasce nel 2004 con l’intento di creare sneakers in modo diverso, mescolando progetti sociali, giustizia economica e materiali ecologici. Dalla partnership con Sea Shepherd, organizzazione per la conservazione degli oceani nota per le sue controverse tattiche di approccio contro la pesca illegale, arriva una versione total black del modello Dekkan in Alveomesh, tessuto tecnico in 100% poliestere riciclato. Intersuola composta per il 70% da canna da zucchero, suola Vibram in gomma amazzonica e scarti di riso.
FERRINO AL FIANCO DI CHI VIVE E VIAGGIA RESPONSABILMENTE Continua l’impegno di Ferrino verso progetti di sostenibilità con un ampliamento della gamma prodotti in tessuto riciclato. Dopo aver affiancato diversi progetti lungo il Sentiero Italia e viaggiato insieme ai Woodvisors, l’azienda si impegna a supportare l’Associazione delle Vie Francigene e del Cammino Materano, un percorso di mobilità lenta nel cuore del Sud Italia. Proprio per affrontare al meglio queste esperienze, Ferrino propone una collezione SS22 realizzata con prodotti in tessuto 100% riciclato e certificati GRS (Global Recycled Standard).
DY N A F I T: R E C O R D D I D O N A Z I O N I A L LO S N O W L E O PA R D DAY 2 0 2 2 Il bilancio dell’International Snow Leopard Day 2022 si chiude con 2.031.686 metri di dislivello positivo percorsi. Uniti al ricavato delle vendite della collezione esclusiva, sono stati raccolti 32.000 euro che Dynafit donerà all’organizzazione non profit Snow Leopard Trust e al WWF. Un nuovo record nella storia di questo evento. 1160 i partecipanti che hanno risposto all‘appello del brand per sostenere la salvaguardia del felino che campeggia sul suo logo. A questi si sono aggiunti i 487 scialpinisti che hanno sfruttato la possibilità di partecipare inviando i propri dati GPS. 18
S A L E WA : V I V E R E L A M O N TAG N A I N M O D O S O ST E N I B I L E , S P E N S I E R ATO E S I C U R O Sia per l’attrezzatura che per l’abbigliamento da trekking è decisivo l’uso combinato di materiali di alta qualità, leggeri e resistenti. Ma questo non può essere sufficiente per i consumatori consapevoli, i quali richiedono attrezzature che non solo rispettino gli attuali standard del mercato e le normative ambientali, ma che addirittura li superino. Ecco perché il brand altoatesino ha recentemente introdotto l’etichetta Salewa Committed, che identifica i prodotti che hanno un’impronta ecologica ridotta, sottoposti a controlli esterni che certifichino il rispetto di standard sociali e garantiscano condizioni di lavoro eque.
R A B E LO W E A L P I N E I N S I E M E P E R I L P R I M O E Q U I P S U S TA I N A B I L I T Y S U M M I T Rab e Lowe Alpine hanno ospitato, nel nuovo centro servizi europeo Rab, la prima edizione dell’Equip Sustainability Summit. L’evento ha riunito più di 70 professionisti del settore per discutere come riconfigurare l’industria in maniera più sostenibile. In questa occasione, Equip ha anche presentato il prossimo passo della sua strategia sulla sostenibilità, il Mountain Manifesto, un programma che mira ad accelerare il cambiamento nelle aziende verso un minor impatto sul pianeta. L’evento si è concentrato sui quattro pilastri della CSR di Equip: Persone, Prodotto, Pianeta e Partner.
SEI NUOVI PROGETTI PER IL 2022 D I I T ’ S G R E AT O U T T H E R E C OA L I T I O N It’s Great Out There Coalition ha annunciato i dettagli di 6 nuovi progetti a cui sono stati assegnati i finanziamenti 2022. Lanciato nel 2017, il programma di sovvenzioni #itsgreatoutthere aiuta a sostenere iniziative outdoor con un focus su un pubblico giovane e diversificato. Finora IGOT ha già sostenuto 36 progetti in 8 paesi, introducendo quasi 7.000 persone a vivere l’aria aperta. Dal 2021 le sovvenzioni sono state utilizzate per incentivare interventi mirati di attività in natura, progettati per rendere i cittadini dinamici, sostenibili, inclusivi e responsabili.
ADIDAS SVELA IL SUO PRIMO P R O D OT TO C O N L A F I B R A S P I N N OVA Otto mesi dopo aver annunciato la partnership con Spinnova, Adidas presenta Terrex HS1, il primo prodotto realizzato con l’innovativa tecnologia dell’azienda finlandese. Questo strato intermedio, composto dal 25% di fibre a base di legno e dal 75% di cotone biologico, vede Adidas esplorare una delle soluzioni tessili più avanzate oggi sul mercato. Entro il 2025, 9 articoli su 10 porteranno una tecnologia, un materiale, un design o un metodo di produzione più sostenibile e la partnership con Spinnova è parte importante di questo viaggio. 19
THE PILL PRODUCTS BY LUDOVICA SACCO
Crazy JKT Shark Man, la regina del Fast&Light impermeabile È nata la giacca di Crazy per i trail runner progettata per resistere agli acquazzoni improvvisi in montagna. Non solo impermeabile: la JKT Shark non crea condensa grazie all'esclusivo sistema Shark Vent. È ormai ben nota la filosofia e il conseguente tipo di progettazione del marchio di Valeria Colturi, Crazy: il focus sul Fast&Light. L’importanza dei mutamenti continui in montagna non è da trascurare e la possibilità di poterli anticipare senza limiti di velocità è un validissimo aiutante in molte occasioni. Ma la nuova giacca da running di Crazy non è solamente molto leggera, caratteristica ormai fondata in ogni prodotto dell’azienda. Come suggerisce il nome, la JKT Shark Man si trova davvero a suo agio sotto l’acqua, infatti è incredibilmente impermeabile. Ideale per i cambiamenti repentini del meteo e sotto improvvisi acquazzoni, è realizzata in leggero nylon Dermizax impermeabile 2,75 volumi con 20.000mm colonne d’acqua. Il tessuto utilizzato rende inoltre la giacca altamente traspirante e facilmente comprimibile, comoda da infilare nello zaino appena le nuvole si diradano e il sole ricomincia a scaldare. Un’ulteriore protezione da pioggia, vento e freddo è data dal cappuccio integrato con una fascia in microfibra tergisudore e aletta rigida. Inoltre, il cappuccio è progettato per essere portato comodamente sotto il casco grazie alla sua facile regolazione
attraverso l’orlo elasticizzato. La giacca presenta una zip frontale con patta interna e zip-garage sotto il mento, ideale per proteggere al meglio anche la gola. Le cuciture sono interamente termonastrate e elasticizzate, in modo da non creare irritazioni sulla pelle e proteggere ulteriormente da freddo e umidità. Inoltre, il design della giacca permette l’utilizzo di due tasche sulla schiena progettate con aletta di sicurezza e chiusura fast lock, ideali per riporre berretto, guanti, barrette e gel da utilizzare durante la corsa. Il capo utilizza la tecnologia Shark ideata da Crazy che consiste nell’utilizzo di aperture di aerazione sottoascella che evitano che venga trattenuta l’umidità creando condensa. In questo modo, la giacca aiuta la traspirazione regolando velocemente la temperatura interna e mantenendo sempre al fresco e all’asciutto. Il fondo delle maniche e
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della giacca stessa presentano un elastico utile a rendere la vestibilità comoda e a proteggere ulteriormente da vento e umidità. Infine, la JKT Shark Man integra degli inserti rifrangenti per assicurare visibilità anche di notte. La novità di Crazy vanta quattro colorazioni diverse, dando la possibilità di scegliere la combinazione che più si adatta al proprio stile. noltre, questa giacca è disponibile anche in versione woman: riprogettata a livello di vestibilità per adattarsi al corpo femminile, mantiene ugualmente le caratteristiche tecniche. Con la JKT Shark Man, Crazy ha voluto fare un passo avanti rispetto al suo Fast&Light, permettendo ai runner di non doversi preoccupare né della pioggia né dei rallentamenti dovuti a capi scomodi e pesanti, ma solo del percorso e di godersi l’esperienza al meglio delle proprie possibilità.
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THE PILL PRODUCTS I T W BY DAV I D E F I O R AS O TO S I B I L L E EG L E
Dynafit Ultra System Sibylle Egle è in Dynafit da ben dieci anni e ha visto crescere la collezione estiva del brand dal primo lancio nel 2012.
Attualmente è la responsabile di prodotto “softgoods”, ovvero abbigliamento, scarpe e zaini, che nel campo Trail Running sono quasi il 100% dei prodotti. Nel mondo del trail running i numeri dimostrano che vi è una chiara tendenza verso le lunghe distanze. Confermate questo trend? Sì te lo posso confermare, sia per quanto riguarda il numero di eventi e partecipanti, sia per i numeri di fatturato. È notevole constatare quante persone si mettano alla prova sulle ultra distanze. La nostra impressione è che stia un po' diventato l'obiettivo corrispondente a fare una maratona nel road running. Per rispondere a queste necessità, la collezione Ultra è il focus principale sia nella collezione SS22 sia nella SS23, che verrà rivelata al pubblico in occasione della Oberalp Virtual Convention del prossimo 12 maggio. (Alle ore 17:00 su convention. oberalp.com, n.d.r.) Funzionalità prima di tutto. Ma l’abbigliamento da trail running, specie nelle endurance, deve saper offrire anche prestazioni elevate. Quali sono i fattori irrinunciabili? Dynafit è un brand di atleti che sviluppa prodotti per atleti. Come atleti, sappiamo quanto sia importante la leggerezza e quanto ogni grammo inutile ti possa allontanare dal tuo obiettivo, che sia vincere una gara o completare i cento chilometri di un’ultra. Ma nel mondo delle lunghe
distanze, dove corri per ore e ore, siamo ossessionati dalla leggerezza quanto dal comfort perché ogni singolo punto di sfregamento o fastidio può aumentare fino a rischiare di farti fermare. Ad esempio, nel nostro set Ultra abbiamo incluso una maglietta con costruzione seamless, cioè senza cuciture, proprio per evitare punti di abrasione, in modo che anche dopo 10-15 ore di corsa non ti accorgi ancora di averla addosso. Dynafit ha concretizzato la sua trasformazione da product supplier a system provider in grado di fornire set up completi focalizzati su precise categorie. Una fase già vista nello scialpinismo e che nel trail running trova la propria espressione nelle linee della collezione 2022. Da dove nasce questa scelta? Penso che quello che ci rende differenti da altri
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marchi di trail running, è che noi siamo un brand di montagna e veniamo dalle competizioni di endurance in montagna. L'offerta di un set completo nasce dall’idea che la prestazione dell'insieme è maggiore della somma della prestazione delle singole parti. Per i nostri designer, tester e atleti è sempre stato ovvio utilizzare un set composto integralmente da abbigliamento, scarpe ed equipaggiamento Dynafit. Siamo convinti che serva un sistema integrato di prodotti, leggero e confortevole, perché è quello che usiamo noi stessi in allenamento e in gara. Il set ha anche il grande vantaggio di aiutare il consumatore semplificando la scelta, offrendo quella che per noi e i nostri atleti è la combinazione perfetta di prodotti, ma ci aiuta anche nello sviluppo prodotto a mantenere un approccio olistico focalizzato
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sull'utilizzo specifico di un prodotto. Nello specifico, quali sono le caratteristiche e le prerogative della collezione Ultra? Dovendo sintetizzare, direi calzature con abbondante cushioning, rullata efficace ed ovviamente una calzata messa a punto per garantire comfort anche dopo molte ore di utilizzo. Nell'abbigliamento e negli zaini il concetto di sistema si esprime al meglio: il posizionamento delle tasche e il design di ogni singola caratteristica funzionale viene pensato per assicurare un utilizzo estremamente agevole anche durante la corsa e con ogni condizione atmosferica. L’esempio migliore è lo Zip Over System presente su tutte le nostre giacche da running: la lunga cerniera sulla schiena permette di aumentare il volume della guscio impermeabile in modo da indossarlo sopra lo zainetto
e così proteggere il contenuto dalla pioggia. Integrare i singoli prodotti (scarpe, abbigliamento e accessori) in un sistema che funzioni perfettamente richiede uno sviluppo ed una pianificazione davvero attenta? In realtà quello che facciamo non è integrare i singoli prodotti in un sistema, ma viceversa: partiamo da un concetto di sistema che poi si concretizza a cascata in singoli prodotti. Ovviamente il fatto di avere a che fare con tempi di sviluppo diversi fra i vari gruppi di prodotto richiede più tempo e allineamento fra i diversi team di sviluppo. Per questo pianifichiamo lo sviluppo con cinque anni di anticipo. Attualmente stiamo già lavorando sulla stagione 2026. Questo significa che chiunque, nel team di atleti, nella ricerca e sviluppo, nel product mana-
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gement, tra gli stakeholder, sa quali sono i nostri progetti, le nostre storie e i differenti sistemi per il 2026. Il massimo della performance e del comfort, con il minimo necessario. Come si riesce a combaciare le due cose? In realtà non si tratta di ridurre al minimo, ma di garantire l’essenziale. È quello che noi definiamo "minimal maximum". Non solo togliamo tutto quello che non serve, ma, pur riducendo ogni elemento di design al minimo indispensabile, non accettiamo concessioni alle prestazioni, perché siamo atleti e le prestazioni sono la nostra ossessione. Ad esempio, nella collezione Ultra non abbiamo tolto nulla che potesse limitare il comfort, perché il comfort è indispensabile alla prestazione. Io penso che sia la nostra interpretazione per il trail running del concetto “less is more”.
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SCARPA Un decennio di trail running da Spin a Golden Gate Kima
Per una serie di ragioni (tra le quali perché ne avevo semplicemente voglia) nel 2021 ho corso una parte di stagione con un paio di SCARPA Spin Infinity e ho consumato un paio di Spin 2.0. Così mi è venuta voglia di cercare un vecchio paio di Spin (nella prima versione), testarle, fare un confronto e scriverci qualcosa sopra. Ho fatto una telefonata a Marco De Gasperi per capirci qualcosa di più della linea e per saperne di più sulle modifiche apportate tra i vari modelli. Mi è costato un pò di tempo in ricerca e approfondimento, ma mi sono divertito. Al tempo, la Spin sanciva l’ingresso di SCARPA nel mondo running, che
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anche oggi, a diversi anni di distanza, resta la serie su cui si identifica il calzaturificio di Asolo. La prima Spin ha tutte le caratteristiche dei modelli minimalisti che andavano in quegli anni: concede poco, ammortizza meno, ma è molto reattiva, è leggera e grazie alla tassellatura in Vibram Megagrip funziona bene sul tecnico. È la scarpa con cui si allena Ueli Steck, e l’azienda decide di allargare la fascia di mercato sviluppando un modello simile ma leggermente più strutturato, e con una calzata più comoda: nascono, in fila, prima Spin RS e poi Spin Ultra, che diventerà il modello più venduto dell’azienda della categoria trail. Con la
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Spin RS, SCARPA introduce sul mercato anche un nuovo tipo di mescola, Vibram Litebase, che diminuisce il volume della suola grazie a una struttura reticolare interna. Con questi tre modelli, affiancati da Neutron e Proton, l’azienda arriva al 2019, quando Marco De Gasperi entra in SCARPA. Durante i primi mesi di pandemia, mentre le strade sono vuote e la qualità dell’aria nella Pianura Padana ritorna a livelli preindustriali, il team di SCARPA sviluppa (in home working) due nuovi modelli: Spin 2.0 e Spin Infinity. Il primo è l’upgrade della prima Spin, mentre il secondo è completamente nuovo e viene pensato
per lunghe distanze, affiancandolo in questa fascia alle Spin Ultra. Marco De Gasperi mi spiega così la scelta dell’azienda di tenere in catalogo entrambi i modelli: “Si è deciso di tenere la Spin Ultra e di sviluppare un nuovo modello che veniva richiesto sul mercato. La Spin Ultra andava bene per un atleta più evoluto, in grado di spingerla, ma quando si trattava di un amatore che aveva bisogno di tenere la scarpa ai piedi per molte ore diventava un modello troppo esigente. Anche la Spin Infinity è dedicata alle lunghe distanze, ma è più traspirante, più comoda sull’avampiede, e ha una rullata meno esigente. In più abbiamo cercato un
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compromesso sull’intersuola usando una mescola a doppia densità: ha una zona di supporto laterale, mantenendo all’interno un cushoning di media densità, su tallone e avampiede.” Non è però una scarpa rigida e inerte. È il modello con cui nel 2021 Aurelien Dunand-Pallaz ha corso un UTMB da podio e con cui Daniel Jung ha vinto la Diagonale des Fous. È una scarpa tecnica, da montagna, protettiva e strutturata, ma ancora leggera. La Spin 2.0, invece, a un primo sguardo sembra identica alla prima versione: i volumi sono leggermente aumentati, ha un look più attuale, ma
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sembra la stessa scarpa. Toccandola e stropicciandola ci si accorge però che i materiali rispondono diversamente: è più protettiva, il tallone ha più struttura, l’intersuola è più morbida ma flette meno, soprattutto in torsione. Mettendola ai piedi poi la sensazione cambia completamente: Marco De Gasperi mi spiega che il vecchio modello utilizzava una mescola in EVA, mentre quello nuovo utilizza un blend di EVA e Pebax che unisce le proprietà di cushoning tipico dell’EVA al rebound (la risposta di energia) del Pebax. Se diffidate o vi ritrovate poco coi nomi dei materiali, vi basti sapere che rispetto al modello precedente sono decisamente più comode,
ma non sacrificano la reattività. Rispetto alle vecchie Spin, la forma delle 2.0 è leggermente più comoda e il famice (la larghezza della suola sul mesopiede) è più largo guadagnando anche in stabilità. Infine, è stata tolta la piastra presente sul vecchio modello e sono stati aggiornati alcuni dettagli, tra cui la linguetta. Non è solo un lavoro di restyling, sono state completamente ripensate. Nel 2022 SCARPA raccoglie tutta l’esperienza di questi dieci anni di sperimentazioni e lancia un modello nuovo: Golden Gate Kima RT. Come dichiarato dal nome, con questo nuovo modello l’azienda prende ancora più convintamente la strada dello skyrunning e
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della montagna, ma con strumenti completamente nuovi. Cambia materiali e la struttura generale della scarpa, abbandonando il Megagrip e puntando sulla nuova suola Presa TRN-03 (che viene sviluppata interamente da SCARPA), sul nuovo intersuola Active Foam, e soprattutto su una lamina in carbonio che è stata inserita tra le due schiume di intersuola. È una scarpa da spingere, per corridori veloci con tendini in grado di portarle, che completa una serie di scarpe ormai molto estesa di SCARPA e adatta a fasce di mercato e a esigenze diverse, incoraggiando e confermando l’interesse dell’azienda di Asolo per uno sport in crescita come il trail running.
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Poi ci sono tutti quelli che questo sport lo praticano, che parlano poco e corrono tanto, che si mettono le scarpe ed escono a macinare chilometri, persone di cui talvolta i media e le aziende si dimenticano. Senza di loro ci sarebbero ben pochi podcast, riviste, gare, eventi e aziende di attrezzatura. Abbiamo deciso di parlarvi di quattro community, molto diverse tra loro, e che con attitudini diverse fanno crescere ogni giorno questo sport. Ciuk Running Team “Ogni volta che si sente parlare di Varese hai l’impressione che stia diventando una delle zone italiane più calde per quanto riguarda la corsa... C’è fermento, ci sono personaggi e ci sono sentieri.” Iniziava così un articolo su The Pill 45. Era una bella intervista di Paco a Manuel Crapelli del Ciuk Running Team. Il gruppo nasce nel 2017 dall’idea di Manuel e di Lorenzo di riunire un gruppo di amici con senso di appartenenza e voglia di condividere emozioni e chilometri sui sentieri di Casale Litta. Da lì iniziano a stampare qualche canotta e ad organizzare trasferte. Niente di serio, correre è un gioco dicono, ma è anche la necessità di creare un gruppo non convenzionale di persone che corrono: “un gruppo che parli più di emozioni e meno di prestazioni. Gente che durante una corsa ti racconta di una festa memorabile e non di come è andata una gara” mi scrive per mail Lorenzo. Nel frattempo, sono cresciuti e hanno iniziato a organizzare gare, per diffondere ancora di più i valori, la cultura e la poesia di questo sport. Nel 2021 hanno organizzato l’edizione zero di All In Trail Run, una gara di due distanze di 25 e 13 chilometri, senza pacchi gara e baracconate. Quando chiedi loro quale sia la loro attitudine Manuel risponde: ALL IN (rigorosamente in maiuscolo), culto per l’essenziale e per lo sport della corsa, dedizione assoluta insomma: “Ci piace correre, ci piace far festa, ma non ci ritroviamo nei discorsi del tipo ‘corro per il terzo tempo, le birrette, la polenta ecc.’, per questo abbiamo
voluto proporre qualcosa di diverso. Anche solo come mentalità nell’affrontare le gare, con la voglia di puntare alle cose che veramente contano: divertirsi, andare a tutta, provare a fare il massimo, ovvero andare ALL IN.” Continua Lorenzo, “personalmente la parola scena mi fa sempre storcere il naso, in quanto mi fa pensare a qualcosa di costruito e recitato, mentre il movimento spontaneo è ciò che per me è importante da portare avanti. Coinvolgere e ispirare la gente a provare cose nuove, a sperimentare, a condividere le proprie esperienze, però senza prendersi mai sul serio.” Tra i progetti che portano avanti, oltre alla loro gara, ci sono anche iniziative benefiche. Supportano la piccola Onlus trentina Campo Base, a cui cercano di dare una mano con piccole raccolte fondi durante i loro eventi. L’ultima volta ci siamo incontrati sulla linea di partenza di SciaccheTrail, sotto una pioggia incessante, partendo ho gridato a Manuel: “Oh Manu, a tutta!”, lui mi ha risposto: “A tutta Filo!”, è partito e non l’ho più visto. Il pomeriggio, dopo l’annullamento della gara a causa di una tempesta di neve, ci siamo trovati a bere del vino a Monterosso insieme ad altri ragazzi di Varese, abbiamo parlato di corsa, di ciclismo, di amici e di altre cose: stare insieme con la corsa, ma non per la corsa.
Gente Fuori Strada Ho conosciuto Alessandro Libardi a Cortina, nel parcheggio del Palaghiaccio, dopo un ritiro pettorali. Se in Trentino accade qualcosa nel mon-
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do corsa, potete star certi che lui e la cricca di Rovereto sono presenti. Nel 2014 hanno fondato il gruppo Gente Fuori Strada, che negli anni è passato da una manciata a più di centosettanta tesserati. Nel frattempo hanno organizzato o supportato gare come Re del Bosco, Night Trail Rovereto e Stivo On The Rock (“organizzata e ideata dal nostro Christian Modena e uno staff di instancabili sognatori” mi dice) e che ogni volta coinvolgono centinaia di partenti, ma sono interessati soprattutto agli eventi e al contributo e al senso di appartenenza che questi possono generare. Così negli ultimi anni si sono concentrati su incontri con preparatori atletici, camp, corse collettive (ormai istituzione locale i loro “Giovedì”), cicli di incontri legati alla cultura dello sport e a temi ecologici, come Storie del Bosco, organizzato insieme al gruppo ciclistico Pepe Cooter. Grazie alle loro dimensioni sono diventati un catalizzatore di progetti e di “correnti” tanto grande da non avere eguali in Trentino (e forse in Italia). Riunendo “progetti che non muovono ancora un grande pubblico, ed è normale: non è una consapevolezza che nasce in pochi istanti, ma abbisogna di tempo di maturazione e di elaborazione personale. Noi siamo in grado di aspettare il tempo necessario per far accrescere e magari spostare il pubblico da un utilizzo del territorio solo per fare un’attività a un’attività fatta in modo sostenibile.” Quando chiedo ad Alessandro (per tutti “Liba”) come secondo lui GFS contribuisca alla scena e al movimento trail mi risponde: “Pensiamo già di
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contribuire semplicemente senza stare fermi e disuniti. Il movimento cambia tanto in base agli interessi delle persone ed è ricco di ramificazioni. A noi piace pensare di essere un albero e di mostrare al socio i vari rami in cui si può arrampicare, sarà poi lui a scegliere. È una scelta basata sulla consapevolezza e sull’esperienza accumulata e sviluppata nel tempo, e che quindi prevede un percorso. Un percorso che come direttivo stiamo cercando di tracciare senza forzare nessuno.” Gente Fuori Strada è la prova che questo sport può ingrandirsi e istituzionalizzarsi (ma non troppo) restando grassroots e impegnato, e senza diventare commerciale e scadere nella banalità; una bella traccia per il futuro del nostro sport: “quello che l’attuale direttivo ha in testa è di slegarsi da un movimento esclusivamente agonista, cercando di ritornare alla spinta naturale che è e dovrebbe essere alla base del trail running. Una visione più esplorativa e consapevole. Non significa osteggiare le gare, anzi, siamo sempre disponibili a supportare le iniziative promosse dalle altre società anche attraverso il volontariato, ma vorremmo che l’associato fosse in grado di vedere e percepire che dietro a tutto c’è un semplice gesto, uscire correre e farlo in natura e questo semplice gesto è già di per sé un traguardo.”
Destination Unknown C’è una community che non nasce come community, ma che è diventata la bolla più grande e influente nell’ultrarunning italiano: tutto nasce nel 2017, quando Davide Grazielli lascia il lavoro per diventare allenatore a tempo pieno, spinto da Maria Carla, sua moglie, e Paco Gentilucci, suo atleta e futuro collaboratore. Il progetto nasce per offrire un supporto di coaching ad atleti di qualsiasi livello con programmi personalizzati, ma diventa molto di più: attorno a DU iniziano a gravitare tutta una serie di persone e di figure, non necessariamente allenate da Davide, nascono eventi, gare autor-
ganizzate, club, podcast e iniziative. Tutti si iniziano ad accorgere che attorno al semplice rapporto coach-atleta sta nascendo una community fatta di corridori con background età e vite completamente diversi, e che abitano a centinaia di chilometri di distanza gli uni dagli altri: diventa un gruppo senza patria, unito soltanto dalla passione per questo sport (e dal fascino per il lontano). Mentre gli atleti del “Tempio delle Miglia” (Pieve Ligure) aumentano, la core identity dell’azienda rimane la stessa: “Continuare a percorrere la nostra strada, non quella degli altri. Restare professionali. E cercare di lavorare su punti come l’inclusività, la cultura, la lotta al doping, la sostenibilità e l’impatto che abbiamo sull’ambiente, cose che riteniamo fondamentali per la sopravvivenza del nostro sport” mi scrive Davide, “oltre allo staff, ci sono poi alcuni professionisti che ci aiutano dove noi sappiamo di non poter arrivare. Giovanni Gerbino come fisioterapista, Gaetano Buson come psicologo, Andrea De Munari nell’alimentazione o Marco Altini di HRV4training, assieme ad altri allenatori come Alessandro Vigo, ci sono tantissime persone con cui ci confrontiamo regolarmente. Il blog del sito (ducoaching.com) o la newsletter True Commitment (ci si può iscrivere dal sito) sono i “luoghi” dove ci piace mettere i risultati di tutte queste discussioni.” Ma per qualche ragione tutto questo è importante ma quasi secondario: DU è la dimostrazione che si può creare qualcosa di solido anche dietro a un business; ancora prima di un "coaching system" è infatti un gruppo indefinito di persone affiatate, e profondamente unite, sebbene molte di queste probabilmente non si siano mai incontrate di persona. Nel suo piccolo (ma non piccolissimo) DU ha cambiato le priorità di diverse persone, riplasmandone l’attitudine e l’approccio a questo sport.
Trail Running Torino Non si sa bene per quale ragione ma si stanno creando dei centri più vivi
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di altri per quanto riguarda la corsa in montagna e l’ultrarunning. Centri che per qualche ragione hanno orizzonti d’interesse molto diversi tra loro ma altrettanto chiari, almeno in generale. Alcuni lo sono da tempo, come il Vicentino e la Valtellina, due zone con tanta tradizione di trail, altri hanno iniziato a crescere negli ultimi anni e hanno portato prospettive nuove e altrettanto varie: Varese, Trento, Rovereto, Treviso. Tutte queste realtà iniziano a dirci che in Italia sta cambiando qualcosa, si sta passando da un approccio molto individualizzato a movimenti di aggregazione, come per certi aspetti era dieci o quindici anni fa (ne abbiamo parlato nell’editoriale). Anche a Torino si sta muovendo qualcosa, grazie alla spinta di Angelo, Marcello e Andrea, che nel 2018, durante una cena, hanno deciso di iniziare un progetto che dentro di sé pensavano da tempo. In tre anni TRT è cresciuta fino ad avere più di sessanta iscritti, ha coinvolto sponsor e brand e ha iniziato a fare cultura sportiva in una delle più grandi città italiane: “L’idea è sempre stata quella di creare a Torino una community che parlasse e vivesse di trail running, e che lo facesse come piace a noi, in maniera pulita e appassionata. L’obiettivo era coinvolgere più persone possibili, portarle sui sentieri togliendole dalla strada. Far sentire la voce trail e far sì che le persone potessero riconoscersi in uno sport per tanti aspetti di nicchia e poco considerato.” Quando gli chiedo il loro obiettivo per il futuro mi rispondono: ingrandirsi, crescere e riuscire a coinvolgere più donne e ragazze, “cercando di far conoscere questo sport a più persone possibili, diffondere lo spirito con cui viviamo questa passione e portarle a unirsi a noi. Creare una community sempre più numerosa avvicinando sempre più persone, senza selezione all’ingresso.” Se siete di Torino e cercate qualcuno con cui correre scrivete una mail a loro, ne vale la pena.
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Isabella Labonia I T W & P H O T O S S I LV I A G A L L I A N I
Una laurea in lingue, un lavoro in Comune, ma una passione che la spinge verso la montagna. Isabella Labonia non può stare senza correre. Da 12 anni al suo fianco, e ai suoi piedi, c’è Saucony. Oggi Isabella è parte del team di Saucony Shadow Rep, un progetto tutto italiano, unico nel suo genere, nato per poter offrire un servizio puntuale di presidio del territorio grazie a runner appassionati pronti a intervenire e a rispondere alle necessità del mercato.
Ciao Isabella! Raccontaci qualcosa di te! Come si sei appassionata alla corsa? Ho iniziato a correre fin da piccola perché mio papà correva e mi portava sempre ad allenarmi sia in collina che in pista. Era un professore quindi organizzava le gare per le scuole medie a cui prendevo parte. Ma già da piccola mi piaceva di più correre nella natura piuttosto che su strada, tuttavia durante l’università ero così assorbita dai miei studi che a parte un po’ di jogging non ho fatto altro. Una volta laureata ho ricominciato a correre per sfogarmi dopo le lunghe ore di lavoro passata seduta. Alternavo queste uscite con il nuoto e la bicicletta e per cinque anni ho anche praticato kickboxing. Dopo alcuni problemi fisici alla sciatica per colpa dei calci dati al sacco ho ripreso con la corsa a tempo pieno e da lì è scoppiata la vera passione. Non riuscivo a stare senza correre tutti i giorni. Nel 2009 mi sono tesserata per una società e ho iniziato a correre le mezze maratone. Mi spaventava un po’ fare gare corte ed esplosive, preferivo percorsi più lunghi dove potevo anche godermi un po’ il paesaggio pur cercando di migliorare sempre di più i miei tempi.
Dalla strada sei poi passata alla montagna. Come ti sei avvicinata al mondo del trail running? Sono stati alcuni amici a spingermi verso la corsa in montagna. Ho iniziato dalla Stralivigno che ha una piccola parte su sentiero ma essendo in quota mi ha fatto soffrire parecchio! Per migliorarmi ho cominciato prima a fare delle corse campestri e poi ad allenarmi sempre di più nei boschi e da lì non sono più tornata indietro. Nel 2015 ho vinto il titolo italiano di corsa in montagna per la categoria master 35. I miei veri anni d’oro sono stati quelli fra il 2013 e il 2015, ero allenatissima. Le gare in montagna mi sembravano una vera e propria avventura. Non era più la prestazione cronometrica ad interessarmi, ma vedere posti nuovi, stare in mezzo alla natura, era tutta una dimensione diversa rispetto alla strada che invece è un ambiente molto competitivo, dove contano tanto i tempi, mentre in montagna alla fine della gara si faceva festa tutti assieme. Da lì ho cercato di allungare sempre di più le distanze fino ad arrivare alla Lavaredo Ultra Trail, 123km con 4800m di dislivello, che è stata una gara molto difficile per me ma che non dimenticherò mai (e forse rifarò).
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La gara che porterò sempre nel cuore è sicuramente il GTO, ovvero il Grand Trail Orobie, 75km con 3500m di di dislivello, perché è la mia gara di casa, quindi in ogni punto del percorso, da Carona fino a Bergamo, c’era sempre qualcuno che conoscevo che faceva il tifo per me. Alla fine sono stata così spronata a dare tutto che sono arrivata seconda. La gara che invece porterai sempre nel cuore? Sicuramente il GTO, ovvero il Grand Trail Orobie, 75km con 3500m di di dislivello, perché è la mia gara di casa, quindi in ogni punto del percorso, da Carona fino a Bergamo, c’era sempre qualcuno che conoscevo che faceva il tifo per me. Alla fine sono stata così spronata a dare tutto che sono arrivata seconda. Non sentivo nemmeno la stanchezza. Un’altra gara che ricorderò sempre, anche perché è stata l'ultima maratona su strada che ho fatto, è quella di Honolulu, Hawaii. Si partiva alle 5 del mattino per evitare l’afa ma si moriva comunque di caldo, nonostante il clima estremo sull’ultima salita sono arrivata decima donna assoluta e prima italiana. Un risultato davvero insperato viste le condizioni meteo e il jet lag che stavo ancora accusando. E poi, nonostante fosse una maratona, si correva attraverso posti veramente incontaminati e poco urbanizzati, bellissimo.
Pratichi altri altri sport per allenarti? Segui anche uno specifico regime alimentare? Sono seguita da un nutrizionista perché ho riscontrato dei problemi sulle lunghe distanze: non riuscivo più a mangiare e a digerire bene. Per quanto riguarda gli altri sport, prima della pandemia andavo in piscina a nuotare in pausa pranzo mentre usavo la bici per mettere un po’ di chilometri nelle gambe in modo da scioglierle in vista delle gare. Sei un’atleta Saucony da tanti anni, come è iniziato il tuo rapporto con il brand? È iniziato tutto un po’ per caso nel primo anno in cui ho ricominciato a gareggiare. Ho iniziato a provare varie scarpe ma non riuscivo mai a trovare il modello perfetto per me finché mi sono imbattuta in un paio di Saucony Cohesion, una scarpa ora fuori produzione ma super polivalente, da guerra e che poteva essere usata sia in strada che su sterrato. Era il 2010 e da quel momento mi sono sentita benissimo, con il piede perfettamente fasciato e senza avere più il problema delle vesciche. Era il modello perfetto per me sia a livello di ammortizzazione che di velocità in gara. Dopo essermi trovata così bene con il mio primo paio di Saucony sono diventata prima ambasciatrice di negozio ed in seguito sono entrata nel programma Shadow Rep, una vera e propria crew formata da runner che offre supporto tecnico a livello nazionale e raccoglie i feedback dei consumatori da riportare all’azienda. Sono responsabile tecnico della regione Lombardia quindi aiuto Thomas Lorenzi, il responsabile tecnico nazionale, a dare supporto tecnico a clienti e negozianti per spiegare i vari modelli che escono in ogni stagione. Per me è stato un vero e proprio un onore perché utilizzo Saucony da 12 anni e la fiducia che il brand ha avuto nei miei confronti tanto da farmi diventare la loro immagine sul territorio è stato un sogno diventato realtà.
Com’è una tua settimana tipo? Cerco di andare a correre tutti i giorni, anche due volte al giorno. Ovviamente uno dei due allenamenti è uno scarico giusto per far girare le gambe dopo la sessione più pesante. Di solito esco la mattina presto e poi la sera dopo il lavoro, almeno quando le giornate sono più lunghe. D’inverno invece preferisco uscire solo una volta in pausa pranzo per godermi un po’ di luce e aria fresca. Nel fine settimana vado in montagna per tutta la giornata: dall’alba al tramonto! Per le lunghe distanze è utile allenare la tenuta sulle gambe quindi anche fare una camminata di dieci ore a passo sostenuto in montagna è funzionale. A pochi giorni da una gara la mia routine cambia di poco, mi piace arrivare sempre con le gambe attive, quindi se inserisco un giorno di riposo non è mai il giorno precedente alla gara.
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Sicuramente c’è sempre una maggioranza maschile nel mondo del trail, tuttavia ci sono state tantissime donne negli ultimi anni che hanno portato a casa delle prestazioni davvero notevoli, a volte addirittura arrivando prime assolute quindi battendo tutti gli uomini.
Con che modello corri attualmente? Utilizzo i modelli Peregrine e Xodus Trail per lo sterrato, Ride in strada e Triumph per lunghe distanze che combinano sia strada che sterrato. Recentemente ho testato il nuovo modello Peregrine indicato per le sessioni lungo i sentieri più impegnativi. Presenta una tomaia resistente e leggera che protegge e avvolge il piede e una intersuola PWRRUN specifica per il trail. La suola, con tacchettatura da 5mm ed intagli ridisegnati e profondi, restituisce un ottimo grip eccezionale su tutte le superfici.
Creare una vera comunità del trail è un aspetto fondamentale: prima chi si avventurava nel mondo trail erano solo pochi temerari, forse perché c’era meno offerta, meno informazione, era uno sport più di nicchia tuttavia vederlo oggi cosi ampliato e frequentato è sicuramente bello. Ti puoi confrontare con molti più atleti e questo rappresenta un arricchimento. Anche solo dal punto di vista femminile prima capitava che non ci fossero più di 10 donne sulla linea di partenza. Infatti volevo appunto chiederti a livello femminile come è cambiato il mondo del trail. È ancora un ambiente molto maschile o vedi sempre più ragazze che si stanno appassionando alla disciplina? Sicuramente c’è sempre una maggioranza maschile nel mondo del trail, tuttavia ci sono state tantissime donne negli ultimi anni che hanno portato a casa delle prestazioni davvero notevoli, a volte addirittura arrivando prime assolute quindi battendo tutti gli uomini. C’è più varietà nei risultati e sicuramente il livello si è alzato tantissimo anche grazie al continuo confronto con gente diversa.
A livello di programmazione delle gare ti confronti con Saucony o gestisci in autonomia il tuo calendario? Siamo molto liberi, Saucony magari ha delle gare di cui è sponsor tecnico o comunque partner e quindi ha dei pettorali gratis che ci offre. Poi ci sono gare dove ci sono i nostri stand quindi dove andiamo sia a lavorare che a gareggiare. Purtroppo in questi due ultimi anni tutto è cambiato e non ho più fatto gare. Ci sono state pochissime competizioni e quelle poche rimaste facevano venire meno lo spirito di comunità tipico del trail. Ho preferito andare a correre in montagna da sola.
La gara che non hai mai corso ma che sogni da tempo? Sicuramente il Camí de Cavalls di Minorca, un giro di 180km dell’isola lungo le sue spiagge, scogliere e sentieri. Ho già fatto un sopralluogo e si sarebbe già realizzato se non fosse stato per la pandemia.
A proposito degli ultimi due anni che abbiamo vissuto, mi sembra che la pandemia abbia portato con sé anche un interesse maggiore verso la montagna e le discipline outdoor. Credi che tutte le persone che improvvisamente hanno scoperto la corsa in montagna siano un valore aggiunto o abbiano in qualche modo fatto perdere un po’ il senso di comunità che il trail aveva originariamente? Sicuramente c’è tantissima gente in giro per i sentieri che prima della pandemia non si trovava. Tuttavia i tre pilastri di Saucony sono sempre stati "good performance, good health, good community”.
Prossima gara o obiettivo? Per rompere il ghiaccio potrei ricominciare con una Monza-Montevecchia, una gara che si corre per metà su strada e per metà su sterrato e a cui ho partecipato già diverse volte. È una gara tosta ma perfetta per prepararsi per gli appuntamenti futuri. Potrebbe essere il giusto punto di ripartenza!
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Antoine Charvolin I T W & P H O T O S S I LV I A G A L L I A N I
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Antoine Charvolin è un giovane trail runner francese che incarna una fiorente generazione di corridori: persone che vivono il trail running come una passione intensa e, al tempo stesso, si trovano a lavorare e vivere in una città frenetica. Antoine è un atleta On da quasi 2 anni. Parallelamente, lavora a stretto contatto con l’Innovation Team del brand, testando i nuovi prototipi in modo da dare importanti feedback all'azienda avvalorati anche dai suoi studi in ingegneria. Al momento, Antoine è Test Coordinator di On a Zurigo, il modo perfetto per ottenere il meglio da entrambi i mondi: passione e lavoro.
Chi è Antoine Charvolin? Raccontaci qualcosa di te. Sono un giovane trail runner, ho appena concluso i miei studi di ingegneria lo scorso settembre. In seguito mi sono trasferito a Zurigo e ho iniziato a lavorare con On come Test Coordinator, ma in realtà collaboro con l’azienda da quasi due anni. Sono ambassador On e faccio parte del team di trail running. Essere Test Coordinator è il modo perfetto per coniugare la mia passione, la mia attività sportiva e i miei studi di ingegneria. Il mio sogno è continuare a partecipare alle varie competizioni e gare mentre lavoro a tempo pieno con lo scopo di fornire ottime attrezzature sportive ai consumatori.
alleno 12-13 ore alla settimana, e l’ho fatto per 10 anni mentre portavo avanti i miei studi. La facoltà di ingegneria è piuttosto impegnativa quindi ho dovuto sviluppare buone capacità organizzative visto che non ho mai avuto molto tempo libero: nella pausa pranzo esco sempre a correre, mentre nei fine settimana vado in montagna per allenarmi su percorsi più lunghi. Com'è una tua giornata tipo? Mi sveglio prima delle 7 del mattino e come prima cosa alleno un po’ il core. A pranzo esco per una corsetta easy con alcuni colleghi e la sera faccio speed walking in pista. Questo di solito succede durante la settimana, mentre nei weekend vado in montagna. In inverno pratico scialpinismo e sci di fondo, mentre in estate faccio molto ciclismo e trail running.
Come ti sei appassionato al trail running e agli sport outdoor in generale? Sono sempre stato appassionato di montagna. Quando ero molto giovane andavo spesso a camminare, ad arrampicarmi e a bivaccare. Ma in realtà ho iniziato a gareggiare solo più tardi. Ho cominciato a praticare sci di fondo quando ero al liceo. Quello che mi piaceva molto era l'allenamento rigoroso e vedere come il mio corpo si adattasse e progredisse nel corso degli anni, dei mesi e delle settimane, in seguito alla pratica. Per allenarmi per lo sci di fondo facevo molta corsa in montagna, ma solo lo scorso anno ho deciso di dedicarmi esclusivamente al trail running che è lo sport in cui sento di esprimermi al meglio.
Quindi pratichi altri sport per allenarti, oltre al trail running. Sì, vengo dallo sci di fondo e in estate praticavo trail running per allenarmi. All'inizio ho preso parte ad alcune brevi gare di trail, circa 50km, ma ho cominciato a vincere sempre di più quindi sono passato al trail running perché, in realtà, nel cross country non andavo molto bene. Ora mi concentro solo sul trail, ma pratico ancora sci di fondo solo per allenarmi o divertirmi. Qual è il posto migliore in cui hai corso o gareggiato finora? Sono innamorato di Chamonix, per allenarsi è un posto fantastico per le sue alte montagne e gli incredibili paesaggi circostanti, ma anche perché ospita alcune gare incredibili come la Marathon du Mont-Blanc e l'UTMB. È il luogo in cui ho iniziato a correre, precisamente nella gara corta della Marathon du Mont-Blanc.
Hai menzionato i tuoi studi di ingegneria. Come sei riuscito a combinare l’impegno che comportano con l'allenamento e le gare? È tutta una questione di organizzazione. Di solito mi
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C'è una gara a cui non hai mai partecipato ma che vorresti correre un giorno? Sì, mi piacerebbe affrontare il percorso lungo dell’UTMB perché al momento sto facendo gare di 60km al massimo, ma tra 1-2 anni mi piacerebbe cimentarmi in gare più lunghe.
I tuoi studi in ingegneria ti aiutano in questo lavoro in stretta collaborazione con il brand? I miei studi mi stanno davvero aiutando perché ho studiato ingegneria dei materiali e quella conoscenza mi dà un mano a tradurre al meglio i feedback che raccolgo durante i test in modo da riportarli agli sviluppatori. Gli studi che ho fatto mi aiutano a fornire un buon feedback e suggerimenti su come migliorare ed implementare una scarpa. Sono in grado di tradurre le sensazioni che i vari corridori hanno riguardo a questioni tecniche e dare consigli sia sui materiali che sul processo di fabbricazione e questo mi porta a suggerire possibili soluzioni agli ingegneri.
Hai qualche rituale pre-gara? Per lo più ho delle abitudini durante la settimana che precede la gara. Il giorno prima di una competizione il lavoro da fare è ormai finito quindi cerco di concentrarmi più che altro sul momento presente senza farmi troppe aspettative. Vado a correre con gli amici e cerco di divertirmi per non mettermi troppa pressione. Se sono ancora teso nonostante tutto, cerco di riposare per una trentina di minuti e fare un po' di meditazione per alleviare lo stress.
Tra i diversi prototipi che hai testato c'è il nuovo modello Cloudvista. Quali sono i tuoi feedback? È una scarpa super polivalente, che può essere usata sia in allenamento che in gara. È leggera e molto versatile ed in grado di correre sia su strada che su ghiaia e sentieri tecnici: dalla città alla montagna. È dotata di una schiuma Helion con CloudTec per un comfort imbattibile e del sempre affidabile Missiongrip. Inoltre è realizzata con oltre il 70% di poliestere riciclato, una linguetta traforata e un parafango in TPU. È la scarpa adatta per godersi ogni esperienza quando si è nella natura.
Quanto tempo ci vuole per preparare una specifica gara? Un anno. Ovviamente non mi alleno per una sola gara alla volta perché la preparazione è stagionale, corro in estate per prepararmi alla stagione invernale, mi alleno tanto sciando e facendo speed walking, in estate faccio sessioni di training più brevi giusto per restare in forma. Sei un atleta On, come hai iniziato a collaborare con il brand? Mi piace molto la filosofia del brand. Due anni fa, dopo una gara, ho conosciuto il responsabile marketing di On che poi mi ha chiamato per propormi di entrare in squadra. All’inizio ho fatto parte del team francese e un anno dopo sono entrato in quello internazionale, quello è stato anche il momento in cui ho rinunciato allo sci di fondo per concentrarmi sul trail running.
Progetti futuri sia dal punto di vista professionale che per quanto riguarda il trail? Vorrei portare avanti questo progetto il più a lungo possibile e godermi le gare ultra, quindi dal punto di vista atletico mi piacerebbe aumentare progressivamente le distanze. Per quanto riguarda l'esperienza lavorativa vorrei continuare il mio lavoro di “ponte” tra consumatori e sviluppatori. Ovvero fornire ai consumatori una scarpa che desiderano, ascoltandoli e al tempo stesso dare i giusti feedback al brand per migliorarsi costantemente. Questo mi fa sentire coinvolto nell'intero processo di sviluppo.
Non sei solo un atleta On ma lavori a stretto contatto con l’Innovation Team del brand. Come atleti ci viene chiesto dall’Innovation Team di dare dei feedback sui vari prototipi, inoltre da 4 mesi sto lavorando anche con il team di sviluppo come Test Coordinator. Il mio ruolo prevede il raccogliere feedback da atleti e consumatori riguardo durata e prestazioni di una scarpa per poi segnalarli agli sviluppatori. Lavoro a stretto contatto con loro per risolvere i vari problemi e realizzare nuovi prototipi che in seguito andremo a testare di nuovo fino a quando non ci saranno più problemi e la scarpa funzionerà perfettamente. L'intero processo richiede quasi due anni per arrivare alla produzione di massa e facciamo anche diversi test di prototipi durante le gare.
Prossima gara o obiettivo importante? Un traguardo importante sarà la Marathon du MontBlanc a Chamonix, l’UTMB e alcune altre gare ad agosto. Per quanto riguarda lo sci di fondo parteciperò alla Engadin Skimarathon ma solo per divertimento e ad aprile correrò una mezza maratona su strada per godermi il lavoro svolto con il mio allenamento di speed walking. Sarà la mia prima gara su strada quindi incrociate le dita!
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Roberto Mastrotto BY FRANCESCO PUPPI
Il nome di Roberto Mastrotto non mi era sconosciuto, ma ammetto che prima di sedermi per un’oretta insieme a lui per questa intervista non potessi dire di conoscerlo veramente. Succede come per quei ciclisti tipo Matej Mohoric, che quest’anno ha vinto la Milano-Sanremo: li hai nei radar perché ne hai letto da qualche parte o li hai sentiti nominare in tv, ma in fondo di loro non conosci assolutamente nulla. Ecco, per me con Roberto è stato così. Ho scoperto un atleta davvero solido, caparbio, come me ispirato dall’ambiente trail degli States e dalle 100 miglia americane. Uno capace di programmare e di ragionare in maniera tattica. Che con il ciclismo era partito male ma poi ha fatto pace , nonostante preferisca di gran lunga correre.
il ritmo per prendere un po’ di vantaggio sui miei avversari e ho mantenuto il distacco fino al traguardo. Istria 100 è una gara molto corribile, soprattutto nella seconda parte, quindi ha alcune analogie con Ultrabericus. È anche per questo che ho scelto di parteciparvi. Conosco in parte il percorso in quanto avevo già partecipato all’evento da 110km che ricalca in parte la 100 miglia. Vorrei provare a chiuderla in maniera pulita, è un evento a cui tengo e che ormai conosco molto bene.
Ciao Roberto, partiamo dalla fine. Hai appena aggiunto al tuo palmares Ultrabericus 100, gara da 100km sui Monti Berici che è tra le manifestazioni che hanno fatto la storia del trail running a livello italiano. Ci racconti come è andata e come questa tappa si inserisce nella preparazione per il tuo primo grande obiettivo di stagione, Istria 100 miglia? Sono stato indeciso fino all’ultimo se buttarmi o meno sulla 100km, una distanza che l’organizzazione voleva proporre in un’edizione speciale, un’occasione quasi unica che mi ha dato modo di esplorare i colli Berici su tre loop che mi erano sconosciuti. Sono partito abbastanza cauto: i Berici sono infatti noti per non perdonare le partenze fuori giri. Fino a circa metà gara ho corso in gestione, poi ho forzato leggermente
Come proseguirà la tua stagione dopo Istria 100? Ho due grandi obiettivi per questa estate. Il primo è Lavaredo Ultra Trail, a fine giugno, gara che mi ha già dato belle soddisfazioni ma che vorrei riuscire ad affrontare al meglio delle mie possibilità dopo aver patito alcuni problemi gastrointestinali lo scorso anno. Successivamente sarò a UTMB, in agosto: vorrei davvero provare a osare qualcosa in più del solito e prepararmi bene, anche se sono consapevole che il risultato in classifica dipenderà molto dal livello degli avversari. Ho già in testa un obiettivo cronometrico preciso!
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Ora torniamo all’inizio. Tendiamo a considerare il trail come un’unica disciplina, ma pensandoci bene sono tantissime specialità racchiuse in un’unica definizione. L’incredibile varietà di percorsi, distanze, dislivelli e terreni che il trail offre è probabilmente una delle caratteristiche che lo rende più interessante. Ci racconti la tua idea di trail? Ritengo che il concetto di trail sia abbastanza ampio, anche per questo è difficile confrontare prestazioni su diverse distanze e terreni. Personalmente mi trovo più a mio agio sulle gare lunghe, dove contano non solo le caratteristiche fisiche ma soprattutto quelle mentali, la strategia e la gestione dello sforzo. Mi piace mettermi in gioco anche in specialità che mi stimolano a uscire dalla comfort zone, ma credo sia soprattutto nelle ultra che io trovo spazio per esprimere le mie qualità mentali: ho la testa veramente dura!
Ho trovato un grande aiuto nel mio attuale fisioterapista, con il quale abbiamo risolto una serie di scompensi posturali nati nel periodo post infortunio. Ammetto di aver ascoltato con interesse la tua ultima intervista per Buckled Podcast, con Alessandro Locatelli e Marcello Marcadella. Hai voglia di raccontare anche qui il tuo battesimo con il ciclismo? Nel 2019 sono arrivato al campionato italiano di trail in condizioni tutt’altro che perfette. Nonostante questo, tenevo molto a parteciparvi anche perché era la gara di casa. È finita che mi sono ritirato per via dell’infortunio di pochi mesi prima. Sono uscito dall’esperienza molto rammaricato e deluso, tanto da non volerne sapere più della corsa. Poi due amici trail runner, Francesco Rigodanza e Alessio Zambon, mi hanno convinto a rimediare una bici “che ti portiamo a fare cose belle”. Ho trovato in garage un vecchio cancello che apparteneva a mio papà, io non ero mai salito su una bici da corsa in vita mia, non sapevo nemmeno come frenare. Rigo e Davide mi hanno portato a fare Gavia e Mortirolo, due nomi che per me, allora, non significavano assolutamente nulla. L’esperienza è stata unica, tra la bici fuori misura, discese ripidissime, salite impossibili e il mal di schiena. Solo dopo ho scoperto che con un mezzo più adatto poteva essere tutto molto più semplice!
Cosa significa per te correre forte? Bella domanda! Per me significa arrivare al traguardo sapendo di aver dato tutto, senza risparmio, finire una gara sentendosi davvero soddisfatti e svuotati di energie. Il risultato che si raccoglie dipende da tanti fattori ed è relativo al livello individuale. Nel 2019 hai subito un lungo periodo di stop in seguito a un’infezione batterica che ti ha costretto su un letto di ospedale per quasi due mesi. Come sono cambiati il tuo approccio alla corsa e la tua preparazione da allora? Fino a quel momento consideravo qualsiasi forma di recupero o attività alternativa come una perdita di tempo. Anche i semplici allenamenti di scarico con la bici mi rendevano insoddisfatto, li vedevo come un’opportunità gettata alle ortiche per fare più chilometri di corsa e aumentare il volume settimanale. Era un po’ un chiodo fisso, non volevo perdere troppo tempo. Facevo pochissima attività di auto manutenzione, mentre adesso stretching, posture e cross training sono parte della mia routine settimanale: mi servono per sciogliere tensioni e piccoli problemi prima che diventino infortuni seri. Dopo l’infortunio ho capito che non potevo continuare ad avere lo stesso approccio alla preparazione. Inizialmente ho cercato di stringere i denti e andare avanti, ma mi sono scontrato con altri problemi fisici.
Se nomino Leadville 100, cosa mi rispondi? È uno dei miei sogni nel cassetto, che negli anni ho continuato a rimandare per una serie di contrattempi e problemi, inclusa la pandemia. Vorrei chiudere UTMB al meglio delle mie potenzialità e poi dedicarmi alla preparazione di una 100 miglia negli States: in testa ho proprio Leadville. Sarà complesso gestire il fattore altitudine perché non saprei proprio dove andare ad allenarmi qui sulle Alpi. (la gara si svolge tutta al di sopra dei 3000m di quota, sulle Rocky Mountains del Colorado, n.d.r.) Come sono le nuove La Sportiva Akasha 2? Per quali distanze e terreni le userai e a chi le consiglieresti? Ho tartassato le Akasha 2 della La Sportiva durante tutta l’estate dello scorso anno, scambiando feedback con Jonathan Wyatt per capire possibili punti di cedimento e punti
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Negli ultimi anni La Sportiva sembra aver creduto molto negli atleti provenienti da una certa area geografica, quella del vicentino (oltre al Trentino-Alto Adige dove ha sede La Sportiva), motivo per cui ha investito diverse risorse in quell’ambiente. C’è, dal tuo punto di vista, una community legata al trail particolarmente sviluppata e in cui ti riconosci? Effettivamente nel vicentino e nel veronese c’è un’ampia partecipazione e una passione radicata per il trail. Da noi è pressoché inesistente la corsa in montagna tradizionale, tipica di Piemonte, Valle d’Aosta e Lombardia, ma esistono tanti eventi di trail di media e lunga distanza, con una bella community e tanta partecipazione. A fianco di atleti esperti e già affermati come Francesco Rigodanza, Federica Zuccollo e Francesca Pretto, vedo crescere tanti giovani. Nella valle dove vivo e mi alleno, a ridosso delle Piccole Dolomiti, si è formato un bel team attorno al gruppo di organizzatori del Durona Trail. Negli anni è cresciuto tantissimo, come mai avrei pensato, con tanti atleti che hanno fatto veramente esplodere il movimento in valle.
forti. Ho trovato una Akasha non stravolta nella sua essenza, ma migliorata in quelle 3-4 caratteristiche secondo me perfezionabili rispetto alla prima versione. Quella che ho apprezzato di più stata è la stabilità del tallone nella conchiglia posteriore, che la rendevano poco stabile soprattutto su terreno tecnico. Avevamo già effettuato un piccolo esperimento sulle Akasha 1 durante UTMB 2018: il settore ricerca e sviluppo di La Sportiva aveva fatto un super lavoro per modificare la conchiglia posteriore inserendo un nuovo materiale a supporto. Mi piace pensare che questo lavoro abbia portato a un miglioramento anche sulle Akasha 2, che consiglierei per tutti i terreni e in particolare per le lunghe distanze: è una scarpa comoda e protettiva. Come sei entrato in La Sportiva? Com’è il tuo rapporto con il team? I primi contatti con La Sportiva sono avvenuti nel 2018: sono stato contattato da Matteo De Micheli, l’allora team manager di La Sportiva, e la sua proposta di sponsorizzazione mi aveva davvero sorpreso. Fino a quel momento non avevo mai preso in considerazione la possibilità di entrare a far parte di un team supportato da un brand così importante. Fu una cosa che mi diede fin da subito molta carica per allenarmi e sognare in grande. Con il team c’è un bel rapporto. La pandemia ha reso più rare le occasioni per incontrarci, prima organizzavamo un team meeting annuale. Ci siamo ritrovati a Lavaredo, lo scorso anno: è stata una bella occasione per correre e scambiare opinioni con atleti diversi, anche dall’estero.
So che sei parte dell’organizzazione del Durona Trail, nella Valle del Chiampo. Ci parli un po’ della gara, del tuo coinvolgimento e di com’è correre su quei sentieri? Il Durona Trail è stato l’evento che ha fatto scattare la mia passione per il trail, è una manifestazione a cui mi sento molto legato. È stata anche la mia prima vittoria in questa specialità, l’anno successivo al mio debutto, quando mi ero presentato in partenza davvero allo sbaraglio. Nel Durona Team ho conosciuto tante persone che ora sono cari amici. Sono coinvolto nell’organizzazione della gara a livello promozionale, in più mi occupo di alcuni aspetti tecnici come la tracciatura del percorso e la gestione delle tracce GPS. Ogni anno partecipo al Durona Trail oppure sono sul percorso per fare video, foto e incitare i partecipanti. È un giorno di festa a cui non posso mancare! La gara si svolge sulle Prealpi Vicentine, quelle che noi in gergo chiamiamo Piccole Dolomiti, il parco giochi montano più vicino a casa. C’è l’imbarazzo della scelta, con sentieri più facili e ciclabili nel fondovalle, e terreni tecnici a quote più elevate. Gli spunti sono davvero tanti, soprattutto per fare quelle che con Rigo e altri amici chiamiamo ravanate, stare fuori per ore anche su terreni piuttosto incorribili.
Quali sono le richieste del tuo sponsor tecnico per quanto riguarda la pianificazione gare, l’immagine di te atleta e del brand che promuovi? Ho ampia libertà di scelta per quanto riguarda il calendario. A inizio stagione propongo una serie di gare a seconda della mia programmazione tecnica. Chiaramente cerco di farle coincidere con gli eventi a cui La Sportiva tiene particolarmente, come Lavaredo Ultra Trail, di cui La Sportiva è title sponsor. Durante l’ultimo team meeting abbiamo parlato anche di comunicazione e personal brand, ma in generale mi sento libero di essere spontaneo e condividere in maniera autentica e naturale anche sui social, e per me questo è importante.
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ASICS Training Camp in Tenerife
Martina Falchetti & Mathieu Clement BY DENIS PICCOLO
Lo scorso febbraio, Tenerife ha accolto 19 atleti dell’European Trail Team di ASICS in occasione di un training camp che si è rivelato molto stimolante, sia per gli atleti ma sopratutto per noi media. Il team, nato nel 2018, conta già 30 membri provenienti da tutta Europa, di cui ben 11 nuovi ingressi solo nei primi mesi del 2022. Durante il soggiorno nell’isola canarina gli atleti hanno potuto conoscersi e prepararsi insieme per la prossima stagione di gare, testare i nuovi prodotti trail di ASICS e condividere consigli maturati durante le loro ultime esperienze. Durante la mia permanenza siamo riusciti a conoscere i runner del team, scoprendo la loro storia, il loro modo di allenarsi, i loro prodotti preferiti e la loro esperienza come FrontRunner. In particolare, abbiamo approfondito l’argomento con due atleti: Martina Falchetti e Mathieu Clement, nel team già da un paio d’anni.
sco, ha una conformazione del territorio unica. In particolare, la zona a nord ha una vegetazione e dei paesaggi semplicemente fantastici. Un paio di giorni fa ho avuto l’occasione di correre in una parte dell’isola dove la vegetazione e la vista erano incredibili, qualcosa di mai visto. È un’isola unica, puoi trovare tutte le stagioni dell’anno e questo mi dà la possibilità di potermi mettere alla prova in tanti modi. Ad esempio, ho corso in un punto dove è presente sia sterrato che pietra, ciò mi ha permesso di sperimentare diversi tipi di terreno in una distanza davvero molto breve.
Ai piedi del vulcano Teide (di cui se fate ricerca online esiste anche un sito dove si raccontano grandi pellate e sciate sulle sue pareti: tuttavia è un clamoroso quanto interessante fake) scambio due parole con Mathieu Clement, runner di 26 anni che vive e si allena tra le montagne svizzere. La sua voglia di correre esplode diversi anni fa, quando ancora era molto piccolo, grazie alla passione trasmessagli dai genitori.
Da quanto sei in ASICS? Sono ormai due anni che sono entrato nel team ASICS e da quando faccio parte del team la mia vita è stata davvero rivoluzionata sotto molti punti di vista, soprattutto nel primo periodo. Ho cambiato alimentazione, il tipo di allenamento, fino all’utilizzo dell’abbigliamento tecnico per riuscire a performare al meglio. Per me ASICS è una grande opportunità in generale, non solo per il tipo di calzatura che per me a livello di performance è il massimo, ma anche per quello che mi fa provare essere parte di questo team, è davvero come una famiglia. Poi
È la tua prima volta a Tenerife? Sono già stato molte volte alle Canarie, però è la mia prima volta a Tenerife. Probabilmente è l’isola che preferi-
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abbiamo la possibilità di conoscerci e allenarci insieme in posti bellissimi come Tenerife o Las Palmas, dove siamo andati lo scorso anno. Per correre ho scelto le ASICS FujiTrabuco Lyte, sono comodissime e perfette per le lunghe distanze.
sfatta di te stessa, percepisci concretamente cosa sei riuscita a fare. Per quanto riguarda le altre ragazze, io sono da sempre in un team di sesso femminile, quindi per me non è poi così strano. Proprio come per gli uomini, direi che anche alle donne piace far fatica, sudando per conquistare i propri obiettivi. Non c’è molta differenza.
Quali sono i tuoi piani per quest’anno? Tra i vari impegni, avrò una gara a Madeira e poi la UTMB in Austria con 500km di corsa. Ma il mio sogno è arrivare tra i primi tre dell’UTMB ma so bene che è un traguardo che al momento non posso raggiungere, devo ancora lavorarci su. Sono già molto felice di partecipare.
Cosa diresti a chi pensa che l’outdoor e la corsa siano solo per maschi? Non è affatto vero, venite a correre con me per capirlo! Non esistono sport maschili e femminili, se ti piace non c’è nulla di sbagliato nel farlo. Ovviamente gli uomini a livello anatomico sono diversi, questo non vuol dire che siano migliori.
Mathieu deve iniziare la sua session di corsa, ma nel frattempo si libera Martina Falchetti. Nata in Trentino Alto Adige 19 anni fa, attualmente frequenta il primo anno di medicina a Innsbruck. Sono sei anni che corre in montagna alla ricerca di una crescita, di soddisfazione personale, sfide, paesaggi e percorsi sempre diversi. Inoltre corre con l’associazione Sportclub Merano.
Atleti che ti ispirano? Grayson Murphy, una runner americana, mi ispira il suo stile di vita, i contenuti che posta, la sua felicità ogni volta che si allena: mi piace la sensazione che trasmette! Poi nelle gare è un fenomeno. Per quanto riguarda gli uomini mi piace molto Francesco Puppi, condivido la sua filosofia di approcciarsi alle difficoltà e agli allenamenti. Mi piace che nonostante i diversi infortuni non molla mai, è sempre più forte e se non vince si congratula con i vincitori, puntando a raggiungerli come prossimo obiettivo.
Sei partita con la corsa su strada o direttamente in montagna? All’inizio facevo soprattutto pista, poi ho incontrato il mio allenatore Hans, conosciuto per aver portato molti atleti all’apice della corsa in montagna. Si vede che allena volentieri in questa direzione e con la sua passione è riuscito a coinvolgere anche me. Poi, in fondo, ci piace sempre ciò in cui siamo più bravo ed io sono più portata per la montagna che per la pista. Sono piccolina, per correre in piano mi servirebbe un passo più lungo e una frequenza più veloce, mentre in salita conta più la resistenza e la forza muscolare.
Da quanto tempo corri con ASICS? Giusto qualche mese. Mi ci sono avvicinata ad agosto 2021 attraverso una gara dove ASICS era sponsor e casualmente sono andata da loro per vedere le scarpe che stavano presentando. Il venditore mi ha riconosciuto perché ho vinto la gara e, guardando le mie scarpe, mi ha detto che non erano per niente adatte a correre in montagna. Un mese dopo, sono stata contattata per entrare nel team di FrontRunner ASICS e non potevo crederci. Felicissima, ho accettato e coronato un piccolo sogno. Adoro queste scarpe, le mie preferite sono le ASICS Gel-Cumulus e le ASICS Gel-FujiTrabuco che trovo leggerissime e molto adatte alle gare.
Da quant’è che corri in montagna? Corro in montagna da sei anni e negli ultimi due ho visto dei grandi miglioramenti. All’inizio correvo giusto per partecipare, mentre nell’ultimo periodo ho sentito più il bisogno di competere. Spesso c’è ancora una visione di sport legata al genere e capita che il trail running venga associato solo a figure maschili, nonostante la forte presenza di donne. Secondo te per quale motivo così tante ragazze si stanno approcciando a questo sport? Per me è un’esperienza soddisfacente, perché ti porta al limite in maniera diversa dalla pista, nella quale si fanno allenamenti monotoni dove l’obiettivo più ambizioso è fare molti giri nel minor tempo possibile. La corsa in montagna comincia già vedendo chiaramente l’obiettivo: la cima! E quando finalmente ci arrivi, ti senti un fenomeno, sei soddi-
I tuoi progetti per quest’anno? Voglio correre i campionati italiani di corsa in montagna, quest’anno corro con gli assoluti ma vorrei provare anche gli U23. Ma al momento il mio obiettivo principale è vedere come riesco a performare negli assoluti nel giro di un anno. La gara dei tuoi sogni? Ho sempre sostenuto di voler correre una maratona, magari in montagna, ma è un desiderio a lungo termine. Sicuramente voglio fare una vertical, non importa dove.
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Henri Aymonod ITW FRANCESCO PUPPI P H OTO S M AT H I S D U M AS
Ciao Henri, raccontami un po’ di te, chi sei, e cosa fai oltre alla corsa. Sono nato in Valle d’Aosta. Il contesto alpino in cui vivo ha plasmato chi sono, le mie scelte e la mia passione per la natura, l’outdoor e soprattutto le montagne. Ho due fratelli gemelli: fin da piccolo sono stati fondamentali per la mia crescita, anche sportiva. Sono loro ad avere acceso la mia voglia di sfida e di competizione. I giochi che facevamo da ragazzini ci portavano a superare i nostri limiti e a scoprire insieme l’ambiente circostante. Ognuno ha preso poi la propria strada: io ho scelto lo sport e ora, anche grazie a The North Face, sono riuscito a fare della mia passione un lavoro.
Che tipo di atleta sei? Come ti definiresti oltre all’epiteto con cui sei famoso, hombre vertical? Dal mio punto di vista si tratta sempre di adattamenti. Da piccolo volevo sempre cercare la strada più diretta possibile per raggiungere un determinato punto, una cima, un lago alpino, anche se questo richiedeva di tagliare il sentiero. Credo che questi adattamenti sviluppati da piccolo si siano poi rivelati utili anche nel contesto agonistico. In realtà mi sono approcciato abbastanza tardi al mondo delle gare di alto livello, prima le sfide si svolgevano principalmente in famiglia, con i miei fratelli. È stato dopo le mie prime esperienze a livello nazionale e internazionale, nel 2014, che ho conosciuto davvero il mondo della corsa in montagna e ho sviluppato la mia passione per questo ambiente e per ciò che è l’allenamento in funzione di una performance.
Dalle tue parole si percepisce come la regione dove vivi, la Valle d’Aosta, sia essenziale nel definire chi sei e come ti approcci alla montagna e all’outdoor. Qual è il legame con la tua terra? È stato facile e naturale approcciarmi alla montagna con curiosità e spirito di esplorazione. Vivo in una piccola valle del Gran Paradiso, la Valle di Rhemes, e qui ho mosso i miei primi passi. Ora che sono più indipendente ho iniziato a girare per tutta la Valle d’Aosta e a scoprirne ogni angolo. Per me la Valle d’Aosta rappresenta anche una palestra che mi permette di sviluppare un background di esperienze e conoscenze che poi mi saranno utili in qualsiasi contesto deciderò di intraprendere i miei progetti. In questo The North Face mi dà una grande mano e mi permette di sognare in grande.
Essendomi allenato spesso con te, ho potuto vedere quanto sei stimolato dallo sperimentare diverse tecniche di allenamento e approcci alla preparazione. Nello stesso tempo, hai uno stile di corsa ben riconoscibile, alcune certezze e sicurezze che ti rendono unico come atleta. Quanto è importante la contaminazione della preparazione? Come trovi l’equilibrio in questo? Io penso che le diverse teorie di allenamento vengano costantemente validate, poi smentite e infine superate. Ritengo che la cosa più importante sia fare esperienze, dare stimoli diversi al proprio corpo, mettersi in difficoltà in modo da non abituare l’organi-
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Parliamo del tuo rapporto con The North Face. È abbastanza incredibile pensare a come negli anni sessanta, dalla visione e dai progetti di due amici climber, Doug Tompkins e Yvon Chouinard, siano nate due aziende come The North Face e Patagonia, che hanno davvero rivoluzionato lo stile dell’abbigliamento sportivo outdoor. Espressioni delle comunità di climber di Yosemite e dei surfer della West Coast, da lì sono nate anche le prime forme di attivismo ambientale, l’idea di produrre attrezzatura utilizzando la minor quantità possibile di materiale e la filosofia Never Stop Exploring. Cosa significa per te rappresentare un brand come The North Face? Mi sento fortunato a rappresentare un brand come The North Face perché la sua filosofia e la sua mission si sposano perfettamente con il tipo di atleta e di persona che sono. È del tutto naturale, viste le mie affinità con il brand e il mio background. Spesso vedo atleti supportati da aziende la cui immagine coincide poco con i loro valori e le loro caratteristiche, e questo è un peccato. Prima di avviare la mia attuale collaborazione con The North Face ero sponsorizzato da un brand italiano molto più piccolo e temevo che l’approccio con la nuova realtà sarebbe stato più distaccato e complesso. Invece mi sono sentito accolto come in una famiglia. Anche tra gli atleti del team c’è un bel feeling di interesse reciproco e condivisione, pur facendo discipline diverse ma tutte accomunate alla montagna. Per me è l’approccio a fare la differenza: è ciò che noi atleti The North Face abbiamo in comune e da cui deriva la nostra forza.
smo sempre agli stessi sforzi, proprio per uscire dalla comfort zone e riuscire a superare i nostri limiti: soprattutto ciò in cui ci si sente più vulnerabili. Credo che per crescere come atleta sia indispensabile avere questo tipo di mentalità: sapersi mettere in gioco anche in qualcosa che non ci è strettamente congeniale. Qual è il tuo modo per crescere, l’approccio che vorresti seguire? Sono convinto di avere dei grossi margini di miglioramento sulla corsa pura, e che quindi debba mettermi alla prova soprattutto in pianura. Credo che questo, attualmente, sia il mio principale punto debole, considerato che vengo dal mondo degli sport outdoor di montagna e che pratico tanto scialpinismo d’inverno. Un consiglio che potrei dare ad altri atleti che invece provengono dalle specialità classiche dell’atletica, come il mezzofondo o la maratona, è quello di mettersi alla prova in contesti dove più si trovano in difficoltà: salite e discese ripide e terreni tecnici. Spesso si tende a considerare l’attività sportiva come un sacrificio che un atleta deve fare per raggiungere determinati risultati. Per me non è esattamente così, nel senso che non faccio alcun sacrificio per correre: semmai a volte è la corsa a dover essere sacrificata per altre attività e impegni. Correre per me è quasi sempre il momento più felice della giornata e quello intorno a cui orbita il mio tempo. È così anche per te o la vedi in un altro modo? La vedo allo stesso modo. La corsa in montagna è la mia più grande passione e ho un bel rapporto sia con le gare che con gli allenamenti. È chiaro che ci sono periodi in cui anche per me non è sempre facile rimanere focalizzato sugli obiettivi, e gli stimoli per allenarmi bene possono venire a mancare. Nel mio caso la motivazione deriva dagli appuntamenti agonistici, dal confronto tecnico e dalla possibilità di vivere nuove esperienze. È una cosa non dimentico mai, semplicemente la sento dentro.
Com’è per te condividere l’esperienza sportiva e i tuoi progetti con un team in cui sono presenti personaggi come Alex Honnold, Stefano Ghisolfi, Zach Miller e Markus Eder? Ho incontrato alcuni di loro per la prima volta in Islanda, durante un workshop con The North Face nel novembre 2021. Sebbene siano atleti molto conosciuti ho subito ritrovato in loro un lato selvaggio
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Vorrei che ci fosse più collaborazione per sviluppare lo sport a livello professionistico: il modello potrebbe essere quello delle maratone su strada, dove i grandi eventi che si basano sulle mass race sono nello stesso tempo in grado di valorizzare l’attività di alto livello degli atleti pro. e allo stesso tempo umano che ci accomuna. Sono tutte persone profondamente innamorate della montagna, genuinamente interessate al prossimo e per questo ti fanno subito sentir parte di un gruppo, mettendoti a tuo agio. Mi ricordo le conversazioni con il gruppo dei freerider, in particolare con Markus Eder, di cui stimo molto la filosofia un pò zen: credo che anche noi atleti del trail possiamo imparare molto da queste discipline. Una cosa che mi ha colpito è quanto anche questi atleti siano informati e seguano il mio sport: non me l’aspettavo e mi ha fatto molto piacere.
North Face stia organizzando dei test scarpe in collaborazione con vari negozi sparsi sul territorio, per dare alle persone la possibilità di trovare il modello che più si addice alle loro caratteristiche individuali. Sei uno dei primi atleti in Italia a potersi definire professionista nella tua disciplina, perché sei a tutti gli effetti supportato da The North Face nella tua attività. Come vedi lo sviluppo dell’ambiente in questo senso, soprattutto a livello nazionale? Più in generale cosa pensi dello sviluppo del trail e delle opportunità che si stanno aprendo per professionalizzare le figure di atleti, tecnici e media che lavorano in questo settore? Il trail è uno sport in grande espansione, è evidente come ci sia stato un boom di persone a cui piace correre sui sentieri. Ritengo ci sia ancora parecchia confusione nell’ambiente, tra brand, circuiti e federazioni che tentano di regolare questo sport. Un ulteriore problema è che rimane difficile riconoscere quali siano gli atleti veramente di alto livello, degni di supporto e attenzione mediatica. Vorrei che ci fosse più collaborazione per sviluppare lo sport a livello professionistico: il modello potrebbe essere quello delle maratone su strada, dove i grandi eventi che si basano sulle mass race sono nello stesso tempo in grado di valorizzare l’attività di alto livello degli atleti pro. Nel trail accade spesso che la sovrapposizione di diversi eventi e gare faccia sì che il livello della competizione venga diluito: sebbene esistano diverse discipline, che ritengo ugualmente interessanti e degne di svilupparsi a prescindere dalla distanza o dalle caratteristiche, la cosa più importante deve rimanere il confronto agonistico tra gli atleti e il livello tecnico espresso da una competizione. Semplificare tutto questo sistema renderebbe lo sport più appetibile per gli sponsor e più semplice da seguire per i fan.
Sei un atleta The North Face dal 2021, come è stata la collaborazione con il settore ricerca e sviluppo per quanto riguarda attrezzatura e calzature? Lavoro a stretto contatto con un gruppo di ragazzi (All Triangles) con sede ad Annecy, che si occupano principalmente di trail running e alpinismo. Mi sento libero di fornire loro i miei feedback in maniera sincera, tra noi c’è un rapporto molto onesto e senza filtri. Spesso dopo un’uscita di corsa mi capita di inviare dei WhatsApp ai ragazzi del team, i quali cercano di tradurre le mie idee in qualcosa di concreto. Qual è la tua scelta di scarpa sulle varie superfici e distanze? Mi piace l’idea che la scarpa sia il più possibile un prolungamento del piede e della gamba di un atleta. Amo le scarpe reattive e che diano un buon feeling con il terreno: per questo ho bisogno di avere grande fiducia nel prodotto che utilizzo. La scarpa che più mi si addice di tutta la collezione The North Face è la Flight Vectiv, il modello più leggero e sviluppato per la competizione, che mi restituisce esattamente queste sensazioni. Se dovessi dare un consiglio a un atleta, di qualsiasi livello, sottolineerei l’importanza di testare il prodotto: non esiste una scarpa perfetta per un atleta o per un altro. Ho apprezzato il fatto che The
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Kilian’s NNormal Quest ITW BY FRANCESCO PUPPI TO KILIAN JORNET PHOTOS JAIME DE DIEGO
Kilian’s Quest fu una delle prime video series lanciata da Salomon nell’ormai lontano 2009, quando l’atleta catalano aveva solo 22 anni ed era agli albori della sua esplosione sulla scena mondiale del trail. Fu uno dei modi grazie ai quali mi appassionai al trail running. Da allora sia lui che i video di YouTube hanno fatto parecchia strada. Dopo l’annuncio quasi epocale dato lo scorso novembre, che sanciva la fine della sua partnership con Salomon, brand che lo ha supportato per quindici anni e con cui ha vinto praticamente tutto ciò che c’era da vincere nel trail running, Kilian Jornet ha voluto nuovamente mettersi in discussione. In collaborazione con Camper ha dato vita a NNormal, un brand che mette al centro autenticità, utilità e impegno sociale e ambientale, per una visione no-normal che ha l’ambizione di diventare la normalità del nostro domani. Ho raggiunto Kilian per fargli qualche domanda sul suo nuovo progetto e per avere qualche anticipazione su come si svilupperà.
voleva iniziare a sviluppare attrezzatura outdoor, e che poteva avere una visione simile alla mia. Abbiamo organizzato un meeting con Miguel e Llorenç (della famiglia proprietaria di Camper) e da lì è partito il progetto. Ci siamo accorti soprattutto che condividevamo gli stessi valori dal punto di vista del ruolo che una azienda deve assumere riguardo al tema sociale e ambientale: quella era per me la cosa più importante. Pochi mesi fa abbiamo iniziato a costituire un team e pensare a come sviluppare questi valori. Cosa differenzia NNormal dagli altri brand? Qual è la sua mission? Non mi interessa tanto ciò che ci rende diversi dagli altri brand, mi interessa piuttosto avere obiettivi ben definiti e una strategia. In alcuni aspetti saremo sicuramente simili ad altri brand, in altri no. La nostra mission è ispirare nelle persone una relazione positiva con la natura e con l’ambiente che ci circonda: come produttori vogliamo creare attrezzatura outdoor che sia durevole e che possa essere riparata, in quanto crediamo che la sua sostenibilità dipenda soprattutto dalla funzionalità e dalla qualità. Il nostro progetto si basa su idee ormai già presenti in diverse aziende: ridurre la nostra carbon footprint, sviluppare un modello di business consapevole e che si allontani dal consumismo, creare collezioni senza tempo, in modo che i nostri prodotti possano essere aggiornati solo una volta disponibili migliori materiali per costruirli o migliori soluzioni funzionali, costruire attrezzatura che possa essere utilizzata per diverse attività, ecc.
Ciao Kilian! Puoi parlarci di quando e come è nata l’idea di NNormal? Perché ad un certo punto della tua carriera hai sentito l’esigenza di interrompere il rapporto con Salomon e proseguire per la tua strada? Sono sempre stato molto appassionato di attrezzatura, quasi come un nerd. Da quando ho iniziato a fare attività sportiva ad alto livello, nel 2004, mi è sempre piaciuto sviluppare i miei prototipi e pensare a come migliorarne utilizzo e funzionalità. Il mio progetto finale di tesi all’università è stato la costruzione di uno scarpone da scialpinismo in carbonio! Da allora sono stato fortunato a lavorare a stretto contatto con designer e ingegneri esperti in vari ambiti, ho potuto imparare tanto da loro. Ho sempre avuto in mente di iniziare un progetto tutto mio, ma era più un sogno che qualcosa di tangibile. Poi attraverso un amico che conosceva questa mia idea sono venuto a sapere che Camper
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Tra i valori presenti sul vostro sito ho letto questa frase: “Abbiamo bisogno di un nuovo modo di pensare e agire in relazione all’ambiente e alle attività che pratichiamo all’aria aperta.” Puoi spiegare meglio cosa significa per te? È chiaro che dobbiamo agire su moltissimi ambiti riguardanti il nostro stile di vita se vogliamo limitare il riscaldamento globale al di sotto della soglia dei 2°C, se vogliamo preservare la biodiversità, le risorse idriche e naturali. Tutto ciò è possibile solo grazie a sforzi individuali combinati a iniziative governative e economiche su larga scala. Dobbiamo cambiare il nostro modo di produrre, i sistemi di business, le modalità con cui promuoviamo le attività all’aria aperta (dove l’impatto ambientale deriva soprattutto dai trasporti) e i nostri modelli di consumo. Le aziende hanno una grande responsabilità e devono essere attive su questo. E questo è importante perché, sebbene tra le persone che praticano gli sport outdoor il tema della sostenibilità sia spesso presente, all’atto pratico (essere disposti a spendere di più per comprare prodotti sostenibili, viaggiare di meno o in maniera più sostenibile, ecc.) non è quasi mai tra le priorità rispetto a prezzo, design e prestazioni. Come azienda dobbiamo riuscire a fare nostri questi valori e a trasmetterli come parte fondante della nostra identità. La vera transizione avverrà quando tutti o gran parte dei prodotti saranno rispettosi dell'ambiente e quindi le persone che scelgono in base al prezzo, alle prestazioni o al design acquisteranno buoni prodotti con un ridotto impatto ambientale.
cambiamento autentico e creare un modello di business sostenibile e onesto. La parte imprenditoriale e aziendale è quella che mi interessa meno, ma ho anche imparato che se si vogliono fare cose buone, se si vuole fare la differenza riguardo alla sostenibilità ambientale e ai diritti sociali, l'azienda ha bisogno di essere sostenibile. Sono cose che mi entusiasmano meno rispetto allo sviluppo dell’attrezzatura o alla responsabilità ambientale del brand, ma mi fido ciecamente dell’esperienza delle persone che lavorano in Camper. La tua influenza sullo sviluppo del trail running a livello globale non è parago-nabile a quella di nessun altro atleta. Tanto hai ricevuto da questo sport quanto hai voluto restituire alla sua comunità e questo ti rende un campione ancora più apprezzabile. Senti una responsabilità in tutto questo? Cosa pensi riguardo alle direzioni in cui si sta sviluppando il trail running in relazione ai tuoi progetti? Non sento una responsabilità in tutto questo. Credo che quando una persona senta l’esigenza di dire certe cose o agire in un certo modo perché preoccupata della percezione delle altre, le sue decisioni possano non essere le migliori. Io semplicemente dico e faccio ciò che ritengo sia meglio. Il trail si sta sviluppando rapidamente, negli ultimi 20 anni l’impulso è stato molto forte anche grazie all’avvento dei social media e, dopo la pandemia, con l’avvicinamento di tante persone al mondo outdoor. Nell’ambiente delle competizioni, la comparsa di nuovi circuiti privati e i live stream delle gare stanno rendendo lo sport più professionale per atleti, staff e tutto il mondo che ruota attorno ad essi. Tutto questo porta necessariamente dei cambiamenti: io ritengo che la community del trail abbia ancora ben presente il suo valore in quanto comunità in grado di affrontare certi temi che io reputo fondamentali. In relazione alla questione ambientale, diversi grandi circuiti stanno pensando a come limitare l’impatto degli atleti che vi partecipano, ad esempio riducendo il numero di viaggi intercontinentali necessari per un atleta per prendervi parte o cercando formule alternative per diminuire le emissioni Scope 3 (emissioni indirette derivanti da una attività, secondo la classificazione GHG Protocol, n.d.r.). Rispetto ad altri sport siamo più avanti e vedo diverse azioni concrete intraprese in tal senso. Si può fare di più? Certo, ma credo che siamo sulla buona strada. Nel trail in generale vedo un po’ di tutto: chi ha a cuore la tematica e si impegna concretamente, e chi no.
Due anni fa hai lanciato la Kilian Jornet Foundation, che si occupa di preserva-re le montagne e i loro ecosistemi. Il tuo nuovo progetto sarà in qualche modo legato alla fondazione e se sì, come? Sì e no allo stesso tempo. No perché sono due progetti diversi, con obiettivi diversi anche se in gran parte allineati. Sì perché negli ultimi due anni ho imparato molto lavorando con la Kilian Jornet Foundation: dal cambiamento climatico alla gestione delle risorse naturali, dall’impatto ambientale delle attività umane all’attivismo ambientale. E questo è qualcosa che voglio trasferire anche in NNormal. Ti piace l’idea di essere diventato un imprenditore? Credi che possa essere compatibile con la tua attività di atleta? Sono molto entusiasta di aver intrapreso questo nuovo progetto, come ho già detto sono un grande appassionato di attrezzatura, allo stesso tempo sono curioso di vedere cosa possiamo fare per stimolare un
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rabbit ITW TO MONICA DEVREESE & JILL DEERING BY FILIPPO CAON
PHOTOS ELISA BESSEGA
Da dove scrivete? Rabbit ha sede a Santa Barbara, California.
di un gruppo. Le lepri rendono la gara più veloce e più interessante tenendo un ritmo intelligente davanti. Hanno contribuito a innumerevoli record a qualunque livello, sono come le scintille che hanno acceso il fuoco di tantissime performance memorabili che appartengono ormai alla storia della corsa. Le lepri non ottengono molta gloria, dato che escono fuori dalla pista o dalla strada appena prima ancora che la corsa finisca, e lo fanno solo perché amano correre. Vediamo come delle lepri anche tutti quelli che vestono e amano i nostri capi, e tutte le persone incredibili che compongono questa comunità sono il principale motivo che ci spinge ad andare avanti ogni giorno.
Quando e perché avete fondato rabbit? Abbiamo fondato rabbit perché volevamo creare qualcosa di migliore. Corriamo entrambe da sempre e abbiamo provato qualunque prodotto sul mercato, ma sapevamo che quell’abbigliamento da corsa avrebbe potuto vestire meglio, essere più performante, e soprattutto migliorare la vita della comunità running. Così abbiamo elaborato diverse strategie per migliorare i prodotti da corsa, ascoltando cosa avevano da dire gli altri atleti e intervistando dozzine di corridori chiedendo loro cosa avrebbero voluto avere dal loro abbigliamento, abbiamo sfruttato tutte quelle conoscenze e ci siamo messe a lavoro. Abbiamo lanciato rabbit a Santa Barbara, in California, nel 2016. Il nostro obiettivo era da un lato la qualità del prodotto, ma anche la sostenibilità, la responsabilità sociale e la creazione di una community aperta a tutti. E sebbene rabbit abbia continuato a crescere e sia diventato un brand conosciuto a livello internazionale, i valori fondanti che caratterizzano la nostra azienda sono sempre rimasti gli stessi. Tutto è nato con vestiti da corsa disegnati da runner per runner, ma è diventato molto di più di un paio di short super performanti.
Quali gruppi di corsa, gare e comunità supportate? Supportiamo diversi corridori e club di qualunque livello, da quelli che hanno appena iniziato a fare i primi passi fino ai corridori elite e agli atleti professionisti. Supportiamo gare locali indipendentemente dal fatto che siano 5K o mezze maratone, trail famosi a livello internazionali e ultramaratone, e anche qualche importante maratona, sia in California che in giro per gli Stati Uniti. Negli Stati Uniti, l’ultrarunning è prima di ogni altra cosa una community. Il legame con il luogo in cui si corre, la dimensione familiare delle gare, le piccole comunità locali, e soprattutto l’idea di essere parte di un unico grande gruppo di persone, la voglia di conoscere altre persone attraverso la
Perché rabbit? Abbiamo scelto di chiamarci rabbit per il significato che ci sta dietro. Le lepri sono quelle persone che fanno il ritmo a un altro atleta in una gara, quelle che sacrificano la propria performance per il bene
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corsa ma non necessariamente per la corsa, condividendo esperienze. Concretamente, che tipo di coinvolgimento avete con questa grande comunità e come potete contribuire ad essa? Uno dei nostri principali obiettivi quando abbiamo fondato rabbit era aiutare la vita delle persone attraverso la corsa. Abbiamo creato una community in cui tutti erano invitati, facendo sentire le persone benvenute e supportate. La corsa spesso viene vista come uno sport individuale, ma sono le persone che conosci e le amicizie che crei a rendere questo sport così speciale e gratificante. C’è sempre un tempo più veloce o un piazzamento migliore da inseguire, se questo ha importanza per te, ma non ci riuscirai mai se non ti connetti con gli altri corridori che condividono con te la linea di partenza. Una delle cose più belle della corsa è il cameratismo tra gli atleti. Correre contro gli altri tira fuori il meglio di noi ma condividere la gara ci unisce. Puoi essere amico del tuo avversario. Potresti anche conoscere il migliore amico che non sapevi di avere.
LITEtrail sono squadre competitive locali e nazionali fatte da atleti eccezionali che dividono la loro vita di atleti con una carriera, una famiglia, e gli impegni della vita di tutti i giorni. Infine, il nostro rabbitPRO team è dedicato ai corridori professionisti più forti del paese. Si tratta di persone che gareggiano e rappresentano rabbit ai livelli più alti nelle gare e oltretutto collaborano con noi per aiutarci a sviluppare i migliori prodotti da corsa che esistano. Qual è l’obiettivo principale di rabbit dal punto di vista di ricerca e sviluppo? Ci impegniamo costantemente per sviluppare i prodotti più all’avanguardia sul mercato. Ascoltiamo gli atleti perché vogliamo che i nostri prodotti abbiano tutto ciò di cui loro hanno bisogno e niente di superfluo. Qual è il vostro impegno sul piano ambientale? Uno dei nostri focus è la sostenibilità. Cerchiamo sempre di usare tessuti prodotti con materiali riciclati (come i nostri shorts Repeats, fabbricati con tessuto rabbitKNIT ICE e P4DRY, creati riciclando fondi di caffè, o le nostre Remix Tee che sono fatte con poliestere riciclato), ridurre l’impatto ambientale delle nostre spedizioni evitando packaging monouso e usando anche qui materiali riciclabili, e creando collaborazioni con altri brand che condividono i nostri stessi valori.
Come vedete il futuro dell’ultrarunning? Ultrarunning e trail running negli ultimi anni sono esplosi. La corsa è uno degli sport che sta crescendo più velocemente e la pandemia ha sicuramente dato il suo contribuito. Siamo entusiaste dal fatto che molti corridori abbiamo scoperto il trail e le ultradistanze. Ci aspettiamo che questa popolarità continui a crescere anche nei prossimi anni.
Qualcosa su di voi: le vostre gare preferite? Jill ha un personale sulla maratona di 2:48 (corsa otto mesi dopo aver partorito) ed è stata campionessa nazionale di duathlon. Monica ha corso la Boston Marathon dieci volte e cinque 100 miglia. La sua preferita è la Vermont 100.
La vostra azienda ha diversi contratti e sponsorizzazioni per gli atleti, dai pro ai runner di tutti i giorni. Come funziona? Supportiamo runner e sognatori di qualunque livello. Il nostro RADrabbit team è il nostro team di ambassador. Questo team è dedicato ad atleti con percorsi e esperienze di vita molto diverse: diverse età, diverse capacità, provenienti da tutti gli Stati Uniti, e cresce ogni anno anche a livello internazionale. I team rabbitELITE e rabbitE-
Caffè espresso o filtrato? Preferiamo entrambe il filtrato. Qualcosa che i runner europei dovrebbero sapere su di voi? Spediamo in Europa, e abbiamo anche dei negozi partner in Europa, che si possono trovare sul nostro sito.
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Like the Wind It's not How to Run. It's Why we Run. BY DAV I D E F I O R AS O
Un magazine che parla di un altro magazine. Potrà sembrare strano. Ma quando abbiamo stilato la lista di idee per questo numero, abbiamo sentito la necessità di dare voce e risalto ad un prodotto editoriale di settore. Qualcuno in grado di condividere uno spirito indipendente e fuori dagli schemi. Di raccontare la scena come nessun altro. Beh, in questo contesto, la scelta di Like the Wind ci è parsa quasi scontata. Perché non c’è altra rivista, oggi, capace di parlare di corsa in questo modo. Like the Wind è un magazine trimestrale creato in primo luogo da appassionati. Dal 2014, con l'aiuto di contributor internazionali, Simon e Julie Freeman hanno saputo sviluppare un progetto che si è consolidato all'interno di questo circuito. Dentro c’è fatica, dedizione, costanza. Ci sono aneddoti personali, ci sono opinioni e approfondimenti, ci sono storie che sono un’autentica fonte di ispirazione, ma anche reportage dal mondo, illustrazioni e splendide fotografie. Una raccolta, a volte intima, di chi vive questo sport ogni giorno, ad ogni livello. Con sacrificio, sforzo, perspicacia ed un pizzico di poesia, Like the Wind analizza l'impatto della corsa sulle persone. Osserva come questa modelli, direttamente o indirettamente, le nostre vite. Che ce ne rendiamo conto o meno. For runners, by runners. Ha inizio tutto da qui. Sì, siamo innanzitutto runners. La rivista ha avuto origine come un progetto spare-time mio e di Julie. Ha preso vita mentre correvamo attorno al Monte Bianco, confrontandoci sui ma-
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gazine che amiamo, in ambiti come il ciclismo, l'avventura e l'alpinismo. Parliamo di Ride Journal, Rouleur, Huck, Alpinist, Sidetracked e altre pubblicazioni indipendenti in giro per il mondo. A distanza di anni siamo ancora un piccolo team che gestisce tutto ciò che vedete oltre agli impegnati lavorativi: Julie come direttore creativo, Imogen Lees come vicedirettore e Alex Murphy come vicedirettore creativo. Per fare quello fate, ci vuole innanzitutto una grande passione verso questo sport. Tempo fa, un vostro articolo indagava sui motivi che ci spingono ad allacciarci le scarpe e mettere un piede davanti all'altro. Dalle vibrazioni suscitate nello spingere il proprio corpo verso un nuovo obiettivo, alla ricerca vera e propria della felicità. Cos’è la corsa per voi? Correre per noi è tante cose: è un modo per competere, un modo per mantenere la condizione fisica, un modo per sostenere la salute mentale. Ma la corsa può essere anche una forma di autoespressione ed una forma di protesta. Per molte persone correre è un atto di sfida. Crediamo che, in fin dei conti, correre sia per tutti e ciò comporta motivazioni uniche per ogni individuo.
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le pagine di Like the Wind. Sarebbe impossibile per noi pubblicare una rivista come questa senza tanti generosi contributor. La corsa è un argomento così vasto, con così tante persone che la praticano, che potremmo pubblicare per altri 100 anni. Uno degli aspetti che più mi affascina del vostro magazine sono i tanti argomenti di attualità, ingiustizia sociale, discriminazione. Dal New York Pioneers Club al Running to Protest, dal Free To Run al Black Trail Runners. Più volte avete affrontato tematiche su come il mondo della corsa entri nei movimenti sociali e nelle lotte di classe. Qualcosa di cui nessuno prima d’ora aveva parlato. Crediamo che tutti dovrebbero avere il diritto e l’opportunità di correre, quando vogliono e dove vogliono. Per noi è fondamentale discutere di questioni sociali che potrebbero influire su queste prerogative, come la discriminazione nei confronti di un gruppo specifico di persone o i danni causati all'ambiente che rendono difficile, se non impossibile, andare a correre. Questo è il motivo che ci spinge a pubblicare storie su temi di attualità sociale.
Ispirare i lettori è una delle missioni di LTW. Come ci si può riuscire? Le storie sono uno dei mezzi di comunicazione più potenti e antichi. Le storie sono il modo in cui le persone condividono idee e informazioni. Non per niente si teorizza che il linguaggio si sia sviluppato per facilitare la narrazione. Quindi miriamo a usare il potere delle storie, incentrate sulla cultura e sulla storia della corsa, per ispirare le persone a correre. Che possa essere per la prima volta o più forte, in un luogo diverso, su una superficie diversa o su una distanza diversa. Il punto è che vogliamo dare alle persone il carburante per sentirsi entusiaste e motivate a correre. Contenuti davvero ricercati, mai banali. Riuscite a parlare indistintamente di track & field, fell running, corsa off-road, endurance. Di trattare storie su personaggi come Samia Akbar e Stefanie Bishop, o icone come Ron Hill e Frank Shorter. Merito anche di una vasta lista di contributor. Siamo incredibilmente fortunati ad avere così tante persone che vogliono condividere le loro storie attraverso
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In questi ultimi due anni di pandemia abbiamo imparato ad adattarci. Abbiamo avuto modo di interrogarci su dove può portarci questo sport, sia dal punto di vista mentale, geografico, ambientale e politico. Per molti la corsa ha rappresentato una vera e propria ancora di salvezza. Come lo avete vissuto e raccontato? Pensiamo che la competizione sia fondamentale per correre. È un modo straordinario per concentrare i propri sforzi, sentirsi parte di una comunità e provare la sensazione di raggiungere nuovi traguardi. Ma non è l'unica cosa. Come abbiamo visto durante la pandemia, molte persone hanno iniziato a correre (o sono tornate a correre) perché questo ha rappresentato un modo facile e accessibile per sostenere il proprio benessere fisico e mentale. Di contro, siamo dolorosamente consapevoli delle rinunce a cui sono stati costretti molti runner colpiti dal Covid. Allontanarsi da questo sport, e dagli aspetti ad esso legati, ha colto di sorpresa molte persone. È stato importante parlare di questo, così come sensibilizzare il pubblico su problemi che altri avevano affrontato in precedenza senza quel riconoscimento che hanno ora i malati di Long Covid. Parliamo ad esempio della sindrome da stanchezza cronica (CFS) o encefalomielite mialgica (ME).
La vostra è una rivista completamente orientata ai contenuti. Ma per riuscire ad essere indipendenti, a volte bisogna scendere a compromessi. Come riuscite a mantenervi tali? Quando abbiamo lanciato Like the Wind ci siamo presi un grosso rischio, sperando che le persone volessero leggere la rivista come l'avevamo concepita. Non avendo avuto alcun sostegno finanziario, non siamo dovuti scendere a compromessi sulla nostra visione. Ciò ha significato investire tutti i nostri risparmi, ma oggi siamo davvero felici di averlo fatto. Ora che la famiglia è cresciuta, e la rivista si sta affermando, stiamo cercando di renderla sostenibile. Inizialmente, avevamo deciso di donare tutti i profitti in beneficenza (cosa che abbiamo fatto per i primi 4 numeri), ma ci siamo resi conto che non c'era molto profitto da donare. Quindi, al fine di garantire la sua longevità, abbiamo preso in considerazione inserti pubblicitari, soprattutto attraverso la narrazione. Continueremo a fare donazioni regolari a enti di beneficenza e reinvestiremo il resto per assicurarci di poter continuare a raccontare storie e raggiungere quanti più corridori in tutto il mondo. Siamo e rimaniamo ancora una piccola squadra (tutti abbiamo un lavoro quotidiano) e quindi ci affidiamo a coloro che contribuiscono con parole, illustrazioni e fotografie per aiutarci a realizzare questo progetto.
Le storie sono uno dei mezzi di comunicazione più potenti e antichi. Le storie sono il modo in cui le persone condividono idee e informazioni. Non per niente si teorizza che il linguaggio si sia sviluppato per facilitare la narrazione. Quindi miriamo a usare il potere delle storie, incentrate sulla cultura e sulla storia della corsa, per ispirare le persone a correre.
Se doveste guardarvi indietro, all’inizio del vostro percorso, come è cambiata l'editoria di settore? Questa è un'ottima domanda. Sembra che negli otto anni trascorsi da quando abbiamo lanciato Like the Wind, le persone abbiano iniziato a rivalutare le proprie relazioni con tutto ciò che è digitale. Questo non vuol dire che vediamo i social media e altre forme di intrattenimento come qualcosa di brutto. Ma forse la quantità di media digitali che le persone stanno consumando ha raggiunto un livello estremo. Ora stiamo scoprendo che sempre più persone vogliono prendersi un momento lontano dai propri schermi per sedersi a leggere una rivista o ascoltare un disco. Se pensiamo ai libri o alla rinascita degli album in vinile, la scena dell'editoria indipendente è davvero cresciuta da quando abbiamo iniziato. Nelle nostre giornate c'è una richiesta sempre maggiore di momenti più lenti, più profondi e più significativi. Come prendersi del tempo per sedersi con una rivista come Like the Wind, magari davanti ad un caffè dopo una lunga corsa o con una birra dopo una lunga giornata di lavoro.
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Satisfy
Brice Partouche ITW BY FILIPPO CAON PHOTOS ANDREA TORRESAN
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Satisfy è un brand di materiale da corsa con sede a Parigi. È stato fondato da Brice Partouche, che abbiamo intervistato. Ne abbiamo voluto parlare perché è un brand davvero particolare, di nicchia, con una visione e un gusto nuovi nel panorama dello sportswear, segno che il movimento sta cambiando in fretta, cercando nuovi ambienti in cui crescere. Brice, raccontaci qualcosa di te. Sono nato sulle Alpi vicino a Grenoble. Sono cresciuto come snowboarder perché avevo la prima stazione sciistica a solo mezz’ora da dove abitavo. Poi ho scoperto lo skateboard, la musica e il punk rock, tutti insieme, e quella scena ha costruito la mia personalità e la persona che sono. Da ragazzino ovviamente non sapevo che sarei diventato un designer. Certo, disegno, ma non mi considero un designer. Sono un designer nella misura in cui sono affascinato dal prodotto, ma non dal fashion. Non mi interessa fare decorazioni: risolvo problemi con il design e racconto storie attraverso il design. Tutto qua. Crescendo nell’ambiente della musica e dello skate per me tutto è molto legato a quella cultura. Quando ho iniziato a correre mi sono ossessionato in fretta, ma non riuscivo a trovare una connessione tra quel mio nuovo interesse e la mia cultura. Guardandomi attorno trovavo brand molto diversi da quello che cercavo, e diversi dal mondo dello skate e della musica. Quindi ho pensato di creare un brand che sviluppasse prodotti, facesse design, e soprattutto cultura. Avevo un brand di denim prima, per cui sono sempre stato attratto dai tessuti belli e dai prodotti di qualità, ed era quello che volevo portare in Satisfy. Questo è il motivo per cui questo brand è unico, in uno sport in cui il mercato è massificato: facciamo le cose diversamente per il mio background, ma anche perché siamo vicini alla nostra comunità. Questo l’ho imparato dallo skate e dalla musica. Non pensi che Satisfy sia un brand di alta moda? Alta qualità, tessuti super ricercati, fatti a mano, numeri ridotti, prezzi alti. Come si combinano queste cose con la cultura punk e con la cultura della corsa? Immagina di essere al mixer. A sinistra hai la levetta della funzionalità,
a destra quella del design e dello stile. La nostra idea è spingerle entrambe più in là che possiamo. Si tratta di bilanciare le due cose. Non siamo un brand di alta moda. Forse lo siamo per il processo con cui lavoriamo: siamo a Parigi, abbiamo un atelier, sviluppiamo qui i prototipi, è come un laboratorio. Non mandiamo alla fabbrica un bozzetto o un esecutivo, mandiamo un vero prototipo di quello che vogliamo. Ma i nostri prodotti non sono di alta moda, sono prodotti per corridori: e rendiamo accessibile quella tecnologia a tutti, e questo comporta un cambio di scala. Certo, tutto questo ha un prezzo perché non si potrebbe fare altrimenti. Ma il mondo non ha bisogno dell’ennesimo brand di massa. Fate anche maglie in cotone. Alla fine, le persone hanno sempre corso in cotone, almeno fino a pochi anni fa. Perché ti piace tanto? Amo il cotone, forse non ci correrei mai una maratona, non lo so, non ho mai provato, ma corro 20 o 30 chilometri in cotone senza problemi. Quando ho iniziato a correre usavo le magliette dei gruppi musicali. E andava benissimo. Per questo promuoviamo l’idea di correre col cotone. Lo usiamo, implementando dei fori di aerazione dove il corpo ha bisogno di raffreddarsi. Non sono t-shirt in cotone tradizionali, sono più tecniche. Ci piace usare materiali naturali che siano comodi per correre. Si può correre con qualunque cosa. La corsa non ha regole. Cosa significa “running culture” per te? Quando ho iniziato a correre non capivo la cultura che c’era dietro perché nessuno me l’aveva insegnata. È semplice capire il senso della cultura nella musica e nello skateboard, ma con la corsa era tutto legato alla performance e ad altre cazzate simili. Cultura significa comunità, che non vuol dire correre con venti persone che non co-
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nosco. È qualcosa di molto personale: corro perché voglio uscire dalla mia comfort zone, voglio esplorare, e voglio qualcosa di nuovo. Non c’entra con l’essere migliori o dare il meglio di sé. Significa solo stare bene. Quindi ho trovato la corsa, o la corsa ha trovato me, non lo so. Correre forse significa scappare. Una volta hai detto qualcosa del tipo: oggi i gruppi di corsa sono troppo organizzati… Sì, è una cosa che non capisco. Quando ho iniziato a correre l’ultima cosa che volevo fare era entrare in un club. Perché si è continuamente circondati da persone, e io volevo stare da solo. Non so perché dovrei correre con altre venti persone. Credo che la corsa però significhi anche condividere esperienze con qualcun altro, ma spesso i club non sono sempre il posto migliore per farlo. Sì, non mi piace correre con persone a caso, ma amo correre con i miei amici. Adoro correre con persone che vedo ogni settimana e con cui parlo. Mi piace il tempo di qualità. Ma quando vai a correre con altre venti persone che in realtà non conosci davvero… Non so, non mi interessa. La corsa è un momento sacro. Michael Versteeg rappresenta la tua e la vostra idea di corsa? Michael Versteeg è Satisfy. Rappresenta il brand, e sono felice che sia con noi. Penso che Michael creda in noi perché abbiamo un background diverso. Ho creato Satisfy per persone come lui. Ed è anche un atleta davvero forte, è completamente pazzo, sa cosa vuol dire soffrire, ma abbiamo deciso di lavorare con lui perché è come noi. Tre canzoni. È difficile. Dunque… Blueprint dei Fugazi. Qualunque canzone degli AC/DC con Bon Scott, probabilmente It’s a Long Way to the Top. E per ultima Tecumseh Valley di Townes Van Zandt.
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Nessuna regola, un solo obiettivo: arrivare fino in fondo. BY LUDOVICA SACCO GIUSEPPE SCIARAFFIA, ANDREW FIGUEROA, EDGAR GARCÍA & RAFA RIVERO
Lo spirito americano della corsa si manifesta sempre di più nel lavoro di squadra, nella voglia di superare i propri limiti percorrendo distanze che sembrano insormontabili con il solo obiettivo di riuscirci.
Se fino a poco tempo fa il motto era “l’importante non è vincere, ma partecipare”, frase amaramente pronunciata dagli sconfitti o dai vincitori con una buona dose di sarcasmo, ora è “l’importante non è vincere, ma arrivare al traguardo”. Non importa quando, non importa come né la strada percorsa. Ciò che conta davvero è superare quella soglia che incarna la soddisfazione conquistata dopo miglia e miglia di sudore e fatica. E non c’è niente che rappresenti al meglio questa visione che il The Speed Race Project e, in particolare, uno dei team che partecipa alla corsa: il MAFFs Team supportato da Alba Optics. Per chi non lo conoscesse, il The Speed Project è un’estenuante corsa con partenza da Santa Monica e arrivo nel centro di Las Vegas. L’unica regola è percorrere a piedi i circa 500km che dividono le due città, da soli o in team da sei partecipanti. C’è anche una categoria “Freestyle”, nella quale è permesso scegliere qualsiasi tipo di percorso e la quantità di staffette. Ed è proprio per questa
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corsa che il team cileno MAFFs, capitanato da Pepe Sciaraffia, si è preparato durante tutto lo scorso anno. MAFFs nasce come collettivo di persone che hanno voglia di correre in piena libertà, senza regole. Non c’è uno stretto regime di allenamenti, sono solo degli amici che si divertono a correre insieme, ma anche in solitudine, in montagna. Tale filosofia, tale fondazione. Il team nasce infatti quasi per caso quando, nel 2020, i partecipanti hanno dovuto decidere un nome di squadra per partecipare alla TSPDIY, l’edizione del The Speed Project “homemade” che consisteva nel gareggiare sui sentieri di casa. Per questa corsa, i runner del MAFFs Team sono riusciti a percorrere 425 chilometri nel deserto di Atacama in quasi 30 ore, comprendendo al meglio le logistiche e il miglior metodo per riuscire ad affrontare la gara ufficiale. L’obiettivo è sempre lo stesso: correre duramente, portare le proprie forze al limite tirando fuori il meglio di sé supportando il proprio team e, cosa più importante, divertirsi.
Inizialmente, la squadra era composta da sei runner: il già citato Pepe Sciaraffia, Max Keith, Cristian Deppe, Santiago Margozzini, Eduardo Labarca e Esteban Morales. Ad oggi, si sono aggiunti Cristian Lecaros, Paolo Pavez l’unica non cilena, Sofi Kim. I runner sono supportati da altre tre persone che aiutano nella preparazione e durante la gara stessa. La competizione è libera da regole e così gli allenamenti, nei quali i runner del team hanno corso insieme e in solitudine, ognuno col proprio metodo. Infatti, durante il lockdown, i ragazzi di MAFFs hanno potuto sperimentare sui sentieri delle montagne di casa, cercando sempre modi creativi di sfidare sé stessi, scoprendo nuovi approcci alla corsa e rispet-
tando quelli altrui. Insomma, è bello spingere al massimo su forza e velocità ma è ancora più bello esercitare la propria creatività per divertirsi correndo. Durante il TSP 2022, il MAFFs Team è riuscito a correre da Santa Monica a Las Vegas arrivando ottavi in classifica e percorrendo la strada classica ma più lunga: 545km in 36 ore e 24 minuti, tempo arricchito da fatica, amicizia e tanta tanta passione. Non ci resta che sederci comodi e attendere il TSP 2023 per vedere come il MAFFs Team riuscirà a stupirci ancora una volta con il suo approccio non convenzionale alla competizione. Perché siamo certi che, con un’attitudine del genere, non possiamo che rimanerne estasiati.
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Run to the Source Stronger than prejudice BY I L A R I A C H I AVAC C I
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Nel suo documentario Run to the Source, il regista britannico Matt Kay ha raccontato l’impresa di Martin Johnson di correre in senso contrario i 296 chilometri che separano la fonte del Tamigi dalla barriera a sud est di Londra e di farlo stando sotto le 40 ore e nel giorno dell’anniversario della morte di George Floyd, ecco com’è andata.
Se ci riflettete un attimo vi renderete conto che probabilmente non vi verranno in mente molti atleti neri legati al mondo dell’outdoor. Run to the Source è il documentario di 35 minuti realizzato dal regista Matt Kay per Patagonia sul trail runner Martin Johnson, e sul suo tentativo di battere il record di velocità nel percorrere 296km lungo il fiume Tamigi. L’obiettivo? Farlo in una sola tappa ripercorrendo episodi storici della Gran Bretagna lungo i luoghi del Tamigi legati al colonialismo. Questo racconto, dove si intrecciano resistenza e sfida, ha l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico sul fatto che nella comunità outdoor ci sia una mancanza di rappresentazione delle persone nere. Perché un ambiente che si professa come inclusivo non lo è poi così tanto? Ne abbiamo parlato con Matt Kay, che ha seguito MJ per tutto il percorso, filmando tutti i momenti dell’impresa.
che desidero è che le persone si immergano nel mondo e conoscano e imparino cose che potrebbero non aver necessariamente conosciuto prima. Spero che accada questo per quanto riguarda il collegamento tra le persone nere e la Gran Bretagna e, soprattutto, con il Tamigi. In fin dei conti vorrei solo che le persone, guardando il documentario, si divertissero e allo stesso tempo imparassero qualcosa. Non cerco mai di tirare fuori obiettivi o messaggi specifici a priori, perché penso che il processo di realizzazione del film possa essere altrimenti influenzato o contaminato. Cerco sempre di avere una mente aperta, o almeno cerco di mostrare una prospettiva sfumata sulle cose. A parte questo, vorrei che il pubblico apprezzasse l’incredibile impresa tentata da MJ e notasse il suo desiderio di incoraggiare sempre più persone nere a sentirsi a proprio agio all’aria aperta, anche se non stanno tentando un’impresa estrema come la sua!
“Lo stesso vale purtroppo per la maggior parte delle industrie. Molte recentemente si stanno sforzando di apparire più inclusive, ma è spesso solo una facciata. I modelli neri impiegati nelle campagne non sono mai stati così tanti, ma è solo il livello superficiale, scalfito il quale molte delle sale del consiglio di queste aziende sono ancora estremamente prive di diversità. Le persone in posizioni di potere spesso sono le stesse di prima che non avevano una visione realmente inclusiva, questo rende difficile sostenere che si sia verificato un cambiamento significativo."
L’impresa consisteva nel percorrere i 296km che separano la barriera del Tamigi nel sud est di Londra alla sorgente del fiume, a ovest di Oxford, e di farlo il 25 maggio 2021, a un anno dalla morte di George Floyd. Niente pause quindi, ma l’obiettivo di battere il record e di stare sotto le 40 ore per ricordare l’assurda morte di Floyd, che smise di respirare il 25 maggio 2020 dopo che un agente di polizia lo aveva tenuto immobilizzato a terra premendogli con il ginocchio sul collo.
Con Run to the Source pensi di esserci riuscito? Come regista, quello
Il trail running è una disciplina in cui sia il corpo che la mente sono profondamente coinvolti. Pensi
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che MJ non si sia arreso per il motivo che stava dietro all’impresa? Penso che chiunque scelga di percorrere una distanza di quel genere debba essere estremamente motivato. Anche se sei la persona più in forma al mondo, dopo più di 200 chilometri ci saranno ragioni per cui vorresti smettere di correre! Sono stato colpito dalla forza mentale e dalla perseveranza di MJ: le ragioni per cui ha scelto di provare a battere quel particolare Fastest Known Time sono molte e io ho cercato di evidenziarle tutte, mostrando anche che dopo un certo periodo di tempo dipende tutto dalla tua forza mentale e non fisica. MJ fa tutto questo con un livello di vulnerabilità e accettazione che penso sia la sua vera forza, accettando i momenti difficili senza vantarsi, ma abbracciandoli tranquillamente mentre ispira gli altri lungo la strada. Battere il FKT di 40 ore, ovvero il tempo più veloce per percorrere 296km, è una sfida fisica davvero dura per chiunque, anche per MJ. Ci sono stati momenti durante la ripresa in cui ti sei preoccupato per lui? Certo: per percorrere tutto il percorso in 38 ore e 35 minuti ha letteralmente corso senza sosta, è stata una sfida di resistenza anche per me. Alla fine abbiamo girato per quasi 50 ore. A un certo punto a Oxford, dopo circa 209km, mi sono reso conto che era in grande difficoltà. Aveva le vesciche ai piedi e qualcuno stava cercando di fargliele scoppiare per rimettergli le scarpe. A quel punto, qualcuno se ne esce con “ehi, ci sei quasi. Ti mancano solo 97km” che, per darti una misura, è come correre quasi tre maratone con-
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secutive. È pazzesco come, dopo aver corso tutta la notte fino al mattino, e poi per tutto il giorno dopo, abbia sempre mantenuto un atteggiamento positivo, ha lottato parecchio. Spesso, quando giri un documentario di questi tipo, c’è un obiettivo da raggiungere, un’impresa da compiere: devi assicurarti che il film funzioni indipendentemente dal fatto che quell'obiettivo venga raggiunto o meno. Almeno per me, non si tratta solo del risultato, ma soprattutto del viaggio. Fintanto che ti concentri su quello, e sei in grado di documentarlo e di scoprire le persone e preoccuparti per loro, allora sei parte attiva del processo, ed è questo l’importante. Il film esamina l’esperienza personale e politica dell’essere una persona nera nel Regno Unito, sia ora che negli ultimi 70 anni. Molte delle persone che hanno contribuito alla realizzazione del documentario provengono da comunità etnicamente diverse. Credi che questo abbia contribuito alla buona riuscita di Run to the Source? Credo che la diversità sia sempre importante, ma troppo spesso viene considerata come qualcosa che devi rispettare per essere semplicemente
considerato corretto, ma non necessariamente pensando ai reali vantaggi che questa porta. Persone che provengono da paesi diversi e che hanno vissuto esperienze di vita diverse portano prospettive e idee diverse, sia su un set che in qualsiasi altro ambiente. I film in generale, ma soprattutto i documentari, sono interpretati, e girati, principalmente da uomini bianchi. Quindi cerco di portare il più possibile la diversità nella mia produzione cinematografica, offrendo a giovani di talento un’esperienza che altrimenti non avrebbero mai potuto vivere. Anche la musica che hai scelto di usare in questo documentario ha in qualche maniera un peso politico? In generale sono convinto che la musica sia un elemento essenziale nei film, per questo passo molto tempo a parlare con i compositori, a trovare le tracce più adatte. Uno dei miei amici, Kyan, aveva composto di recente una traccia chiamata Lonely River e, poiché gran parte del film si concentra su MJ mentre corre da solo lungo un fiume, mi è sembrata da subito quella giusta. In più volevo inserire nella narrazione, anche a livello sonoro, le diverse influenze che i neri britannici
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hanno avuto sulla musica in Gran Bretagna. Il nostro compositore Leon-Jean Marie ha fatto un lavoro fantastico, ha davvero capito e incorporato il concetto. Jazz, neoclassico, soul si mescolano a passaggi hip hop più moderni, influenzati dal grime. Con la tua media house Walks Of Life Films, negli ultimi sei anni hai diretto molti documentari socialmente consapevoli: sei stato in Egitto durante la Primavera Araba, in una favela brasiliana durante la Coppa del Mondo. Cosa ti guida personalmente come regista? Penso che la telecamera sia un modo fantastico per accedere a posti in cui non sarei mai stato in grado di andare, dai centri di detenzione ai campi di wrestling femminile, fino alle 50 ore passate con MJ di corsa lungo il Tamigi. Filmare è un ottimo strumento: ti consente di mostrare dei fenomeni in maniera tridimensionale, in un mondo in cui le cose sono invece spesso binarie. I social media, in particolare, spesso fanno scivolare il discorso verso posizioni piuttosto reazionarie. Il documentario consente invece più equilibrio, fornisce un contesto e approfondisce davvero un problema.
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Dylan Bowman BY FILIPPO CAON
P H O T O S R YA N T H R O W E R & L U K E W E B S T E R
Dylan Bowman è un ultrarunner professionista, nonché impeccabile host del suo podcast Freetrail. Di Portland, Oregon, ha da poco lasciato The North Face per iniziare un nuovo progetto con Speedland, fa parte del board di Western States Endurance Run, e l’anno scorso ha commentato le dirette di Western e di UTMB. È il prototipo del nuovo ultrarunner cosmopolita, ed è un osservatore con uno sguardo privilegiato su questo sport.
Ciao Dybo, grazie per essere qui. Grazie a te. È un momento interessante per la storia di questo sport ed è divertente parlarne.
quali The North Face, Salomon e in generale le aziende del mondo outdoor. Dall’altro lato, i nuovi circuiti come UTMB World Series e la partnership con Ironman, o le Golden Trail Series di Salomon stanno iniziando ad avere seguito non solo perché riuniscono gare di livello mondiale sia per i professionisti che per gli amatori, ma anche perché stanno ampliando la loro copertura. Credo che questo sia l’aspetto che mi interessa di più in questo momento, anche dal punto di vista economico, penso che il live streaming sarà la chiave per sostenere la crescita del nostro sport. Almeno queste sono le mie impressioni generali.
Come vedi cambiare la scena dell’ultrarunning oggi? Penso che negli ultimi dieci anni lo sport abbia preso una forte direzione di crescita. Quando ho iniziato a correre ultramaratone (12 anni fa) il grande pubblico e la maggior parte delle persone con cui parlavo non sapevano nemmeno che l’ultrarunning esistesse. Oggi, in qualunque conversazione le persone sanno esattamente di cosa sto parlando. Quindi penso che sia una disciplina che ha ormai penetrato l’ampia e generale coscienza collettiva della maggioranza delle persone che sono interessate allo sport in senso ampio. Credo che questo sia un momento interessante per la storia del nostro sport, perché siamo ancora in quella fase di crescita e stiamo andando verso una direzione in cui lo sport si sta professionalizzando fino a un livello che non aveva mai raggiunto prima: diversi dei più importanti brand al mondo stanno investendo molto su questo settore. Da questo punto di vista credo che il trail sia in una posizione privilegiata perché unisce outdoor e performance, il che lo rende interessante sia per aziende come Nike, Adidas o Under Armour, sul piano della performance pura, sia per brand
Parlando di crescita, credo che il nostro sport sia bello perché possono coesistere gare come Barkley e UTMB, e perché è composto sia da eventi enormi e internazionali sia da piccoli eventi con una dimensione locale e chiusa. Stiamo perdendo la dimensione familiare e locale dell’ultrarunning? Non so se questi siano valori da considerare in qualche modo sacri… Sì, io credo che lo siano. Dunque, io non temo il cambiamento e la crescita, è inevitabile. Se guardi alla storia di altri sport outdoor che hanno raggiunto il successo e sono entrati nel radar del grande pubblico è andata in modo simile. Il surf, lo skateboard, l’arrampicata, tutti questi sport sono nati come
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l’ultrarunning: con una community grassroots e di nicchia, e quando hanno iniziato a ingrandirsi e a proliferare sono arrivate molte nuove persone e la scena è cresciuta. E ora lo skateboard e l’arrampicata sono diventate discipline olimpiche e gli atleti più forti sono multimilionari. Ma la mia sensazione è che questi sport non siano stati corrotti. Le cose sono cambiate? Sì. Sono arrivati i soldi, tutto si è professionalizzato, certo. Ma vedi, le aziende e le gare capitalizzano e fanno soldi, per me non è una cosa sbagliata. La mia sensazione è che la cultura e lo spirito del trail running saranno mantenuti tanto quanto è successo con il surf, nonostante si sia ingrandito molto negli ultimi cinquant’anni. Certo, non è qualcosa che possiamo dare per scontato o di cui possiamo essere sicuri. Penso che dovremo lavorare duramente affinché questi valori siano preservati, ma la mia sensazione è che ciò accadrà se ci assicuriamo che lo sport si ingrandisca mantenendo questa attitudine nei confronti della quale ci sentiamo tutti così protettivi e difensivi.
vuta al fatto che lì le persone sono più interessate agli sport di montagna in generale, mentre qui è più una cosa di nicchia. A Chamonix ho parlato con Jared Hazen e Tim Freriks, e ho chiesto loro se verrebbero mai in Europa per correre un FKT. Hanno risposto di no, perché non hanno un legame affettivo con il territorio, non hanno un legame con quel percorso. Tu verresti? Sì, mi piacerebbe molto. Vorrei fare l’altavia tra Chamonix e Zermatt. Sicuramente non ho molta familiarità con gli FKT europei, non so quali siano i più importanti e significativi, ma sono del tutto aperto alla cosa. Credo che poche persone prenderebbero un aereo per andare a correre il Rim to Rim to Rim negli Stati Uniti. È diverso. Gli atleti professionisti viaggiano per lo più per gareggiare. E questo è ciò che gli sponsor chiedono loro, e per cui finanziano i loro viaggi. Per un atleta italiano che vuole correre Leadville o Western States o Hardrock lo sponsor potrebbe essere interessato a pagargli le spese di viaggio, ma non sarebbe così se quell’atleta volesse correre il Nolan’s 14. Allo stesso modo, i professionisti potrebbero avere incentivi finanziari nei loro contratti per vincere Western States o Leadville o Hardrock, ma non sarebbe la stessa cosa prendendo l’FKT del Nolan’s 14 o di R2R2R. Non credo che questo renda Nolan’s 14 o R2R2R meno importanti, penso solo che questa sia la realtà dell’economia dello sport. C’è un’altra cosa importante: il movimento FKT ha un difetto importante dovuto al fatto che o ottieni il record o hai fallito. Credo davvero che si dovrebbe andare verso un modello in cui vengono riconosciuti anche il secondo, il terzo, il quinto o il decimo tempo più veloce. Perché questo incentiverebbe le persone ad andare a fare il R2R2R anche adesso, perché il record di Jim Walmsley è davvero tanto veloce, e c’è solo un ridottissimo numero di persone che potrebbero avere una chance di andargli vicino. Ma sarebbe diverso per un atleta italiano se potesse dire “voglio vedere quanto riesco ad avvicinarmi al record di Jim Walmsley, magari riuscendo a fare il secondo o il terzo tempo più veloce”, sarebbe più incentivato a venire e provarlo. Ma se non sei certo della tua capacità di stabilire il nuovo FKT non sei motivato a provare. Credo che si dovrebbe davvero cambiare andando verso un modello che non dia credito soltanto alla persona più veloce.
La prossima domanda in qualche modo ha a che fare con questo. In Europa non abbiamo una vera cultura di FKT. Eppure qualche giorno fa sono andato sul sito web di Fastest Known Time e ho visto che i puntini arancioni in Italia si sono moltiplicati. Non sono veri FKT, la maggior parte sono delle specie di segmenti Strava che non interessano a nessuno. Qual è la tua visione in merito? Va considerato che negli Stati Uniti non è permesso organizzare gare in molti dei posti più belli e adatti alla corsa, perché sono protetti come Parchi Nazionali o come aree naturali, invece in Europa si può organizzare un grande evento più o meno ovunque. E questa è la ragione per cui è nato il fenomeno degli FKT negli Stati Uniti, perché, ad esempio, non è permesso organizzare una gara nel Grand Canyon, perché è un Parco Nazionale. Se fosse permesso organizzare una gara nel Grand Canyon credo che non ci sarebbe lo stesso mito dietro a chi detiene l’FKT in quella particolare area. L’interesse sarebbe più che altro su chi vince la gara ogni anno più che su chi ha il record dell’FKT. Inoltre, in Europa gli sport endurance e di montagna sono più conosciuti dal grande pubblico rispetto a quando non sia negli Stati Uniti. In Europa c’è più interesse per il ciclismo, per l’atletica leggera, e per lo sci alpino rispetto all’America. Qui c’è più interesse per il basket, per il football e magari anche per il golf o il tennis, ma principalmente per tutti quegli sport di squadra super commercializzati. Per questo credo che in Europa l’impressione che ultrarunning e trail running siano più mediatici e commerciali sia do-
Tornando alle gare, il record di Angeles Crest 100 è detenuto da Jim O’Brien dal 1989. E quello di Leadville 100 da Matt Carpenter dal 2007. Pensi che con la crescita di eventi più grandi
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come l'UTMB i corridori professionisti siano meno incentivati a competere in queste gare più piccole? Dunque, il record di Jim O’Brien e quello di Matt Carpenter sono simili, sebbene adesso ci siano comunque atleti professionisti che corrono Leadville e Angeles Crest 100. Credo che UTMB si sia autoimposta come la gara più importante al mondo, e credo che lo abbia fatto a ragione. È la migliore la gara al mondo, da un punto di vista puramente spettacolare, per l’esperienza del villaggio durante l’intera settimana, per gli investimenti che hanno fatto nella copertura della gara, per la sua capacità di attrarre persone e atleti, per il numero di gare, per la città e per quanto perfetta sia per ospitare un evento come questo, e infine per la corsa in sé. È la gara migliore. Ha in qualche modo risucchiato così tanta attenzione in questo sport che altre gare estive come Bear 100 o AC 100 ne hanno molto sofferto, nel senso che non vi partecipano così tanti atleti professionisti. Vanno comunque sold out ogni anno. Cioè non è che manchino i corridori in toto. È solo la concentrazione di professionisti che è diminuita. L’altra cosa è che con l’internazionalizzazione di gare come Lavaredo o Eiger o Hardrock ci sono ancora gare che ottengono l’attenzione della comunità e per lo più l’attenzione mediatica va dove ci sono più atleti professionisti. Il che non significa che AC 100 non sia una gara meravigliosa, ma quando valuto le opportunità che mi dà AC e i sacrifici e le opportunità a Lavaredo o a UTMB, per me è una scelta facile da prendere, perché queste gare danno diverse e maggiori opportunità ai professionisti. Ma credo che sia anche dovuto agli organizzatori, quelli di Angeles Crest ad esempio sono notoriamente disinteressati ad avere atleti di altissimo livello nelle loro gare, non fanno nulla per attirarli, è totalmente un loro diritto e la gara continua a fare sold out senza problemi. Non ha alcun impatto economico su di loro. Cercano più di avere un target di amatori e questo è bellissimo, ed è il motivo per cui non credo che lo sport sia in pericolo perché ci saranno sempre gare come Angeles Crest che attraggono la comunità, la frangia meno professionalizzata che cerca un ambiente familiare e rilassato, che vuole arrivare all’arrivo senza avere nessuno attorno, prendere la medaglia, la fibbia, bersi una birra e andare a casa. Per tutti gli altri, e per le persone come me, c’è UTMB.
World Series in Europa. Le persone sono eccitate dal consolidamento di questo evento? O sono arrabbiate perché UTMB sta provando a imporsi e ingrandirsi? Difficile a dirsi. Non posso dire che le persone siano arrabbiate, ma qualcuno è sicuramente perplesso. Tutti vogliono andare a Chamonix, ma allo stesso tempo è visto come una sorta di “McDonald’s”, credo. Soprattutto dopo l’ingresso di Ironman. È la mia stessa sensazione: se avessero fatto le stesse identiche cose senza Ironman non se ne sarebbe accorto nessuno. Forse… Non ne sono convinto. Una cosa interessante è che tutte le gare partner hanno aggiunto “by UTMB” al nome. Ma non Western States. Già, ti racconto come è andata. Credo che sia una cosa positiva che WS e UTMB abbiano creato una partnership, perché WS è l’unica gara al mondo che penso abbia la stessa importanza di UTMB, sebbene sia un’esperienza completamente diversa. WS si svolge in un ambiente totalmente differente, è difficile da descrivere se non ci sei mai stato, è più piccolo, più intimo, ma ha ancora molta attenzione mediatica e clamore. E stanno facendo un buon lavoro per colmare il distacco tra vecchia e nuova scuola. Stanno ragionando progressivamente per evolvere la struttura organizzativa, cambiare le regole lentamente, continuando ad attrarre professionisti ma mantenendo un’esperienza positiva per tutti, dal primo all’ultimo corridore. Credo davvero che Craig Thornley, il direttore di gara, e il board stiano facendo un lavoro incredibile per riflettere i valori di questo sport: essere inclusivi, orientati verso la community, radicati nella tradizione, ma anche andando avanti e cercando strade nuove per migliorare l’evento ed essendo un esempio per le future generazioni di questo sport. E penso che UTMB guardi a WS come a un leader da molti punti di vista. Come hai detto, WS mantiene ancora la sua indipendenza da UTMB e da Ironman, e credo sia un’ottima cosa per la gara. Credo che UTMB abbia capito che è WS un evento diverso, e che fosse meglio essere uniti piuttosto che competere. Penso che questo sia positivo per lo sport. Parlami di Freetrail. Com’è nato il progetto? Il progetto è nato con il mio podcast Pyllars un paio d’anni fa. Avevamo avuto l’idea di lanciare un’app per l’allenamento, ma poi siamo cresciuti progressivamente sempre basandoci sulle nostre idee e sulle opportunità che ci sembrava ci fossero nel settore mediatico del trail. Siamo semplicemente partiti ed è un progetto in evoluzione, adesso
Fai parte del board di Western States. Cosa rappresenta WS per la comunità e cosa cambierà ora che è diventata partner di UTMB? Dunque, prima di rispondere sono curioso di sapere qual è la sensazione collettiva sulle UTMB
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Credo che questo sia un momento interessante per la storia del nostro sport, perché siamo ancora in quella fase di crescita e stiamo andando in un territorio in cui lo sport si sta professionalizzando fino a un livello in cui non era mai stato: diversi dei più importanti brand al mondo stanno investendo molto su questo settore.
include due podcast, un lavoro mediatico più ampio, un’app di allenamento, al momento stiamo lanciando un e-commerce per il merchandise, con l’ambizione di espanderci in diversi settori. Vogliamo creare un’attività che sia rappresentativa dello spirito dello sport e che resti fedele alla nostra missione, che è aiutare le persone a migliorare la loro vita attraverso il trail running. Il team è composto da me, da Ryan e da mia moglie Harmony, anche se prevediamo di espanderci prossimamente. Penso che la nostra forza sia essere molto appassionati di quello che facciamo e al tempo stesso avere competenze diverse.
duro”. Sfortunatamente non ho idea di cosa farò dal punto di vista sportivo quest’anno, se gareggerò o meno. E questo principalmente perché sono troppo occupato per allenarmi. Freetrail mi esaurisce le energie e sto cercando di trovare una quadra. Quanti atleti intervisti al mese? Tra i quattro e gli otto, dipende dal mese. Come ti prepari per le interviste? Mi è piaciuta molto quella che hai fatto a Mr. Anton Krupicka, sei entrato dentro la sua personalità. È difficile fare domande interessanti a gente come lui, perché tutti lo conoscono ma forse nessuno lo conosce davvero. Dipende dall’episodio. Qualche volta non mi preparo affatto, altre lo faccio un po’ di più. Credo che gli episodi che mi sono piaciuti di più sono quelli in cui semplicemente ho lasciato che le cose accadessero. Penso che serva soprattutto essere informati su cosa succede, seguire gli atleti su Instagram, vedere cosa fanno. Con molti di loro ho un rapporto personale. Con le persone che conosco personalmente è più facile perché lascio semplicemente che la conversazione vada avanti, vedo cosa un atleta vuole dire e lo seguo, aiutandolo a raccontare la sua storia.
Freetrail include anche un podcast di Hillary Allen, Corinne Malcom e Keely Henninger: Trail Society. Sì, è nato dall’idea di includere nel nostro network un altro podcast che desse voce alle trail runner donne, perché credo sia un aspetto interessante del nostro sport in questo momento. E alla fine non credo che riguardi soltanto dare alle atlete donne più opportunità ma anche aiutare la crescita positiva di questo sport. Ci sono molte super atlete in questo momento e aiutarle a raccontare le loro storie sarà di ispirazione per le future generazioni di atlete che inizieranno a correre. L’idea è nata chiacchierando con Keely sul fatto che lei avrebbe voluto creare un podcast, da lì abbiamo individuato Corinne Malcom e Hillary Allen che sarebbero state delle ottime partner da includere nel progetto. Ryan Thrower si occupa della produzione, ma per la maggior parte è una squadra tutta al femminile ed incredibilmente piena di risorse. Stanno facendo cose davvero interessanti per la comunità e siamo davvero felici di aiutarle coi nostri mezzi.
Non ti ho chiesto nulla su Speedland… Come sta andando? Come sta andando… Accadono tante cose! È stato il grande cambiamento della mia carriera, lasciare The North Face per andare a fare qualcosa di completamente diverso. Speedland è una startup di scarpe da corsa creata da Dave Dombrow e Kevin Fallon, che vivono qua a Portland, Oregon. Abbiamo maturato una grande amicizia e ho una grande considerazione nei loro confronti sia sul piano umano che professionale. La mia speranza è di aiutarli nello sviluppo, avendo l’opportunità di crescere professionalmente, e imparare qualcosa su quel mondo. Ci sono molte similitudini tra una startup come Freetrail e una come Speedland. Questa strada è molto emozionante e sono grato per il loro supporto.
Apprezzo molto il senso di responsabilità che avete in quanto atleti professionisti, aiutare le persone, influenzare il movimento in modo positivo. Qual è la tua routine giornaliera? Mi sveglio presto al mattino, bevo del caffè, leggo un libro, medito, vado a correre, poi torno a casa, doccia, e mi faccio il culo lavorando per il resto del giorno. Sì, la mia routine ultimamente è “lavorare
Grazie Dybo.
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Buckled A chat between Alessandro Locatelli Marcello Marcadella and Filippo Caon PHOTOS SARA LANDO
Buckled è il primo podcast di ultrarunning in Italia, nonché uno dei progetti alternativi più belli degli ultimi anni. Per questo abbiamo deciso di intervistare Alessandro Locatelli e Marcello Marcadella, i due host del podcast. Alla fine, non ne è uscita un’intervista, decidete voi cosa ne è uscito. Abbiamo parlato molto poco del podcast, ma molto della scena, della community, dell’America, e di tante altre cose.
I Podcast. Buckled è un podcast per cacciatori di fibbie, nonché il primo podcast sull’ultrarunning in Italia, in cui i due host, Alessandro Locatelli e Marcello Marcadella, ospitano e intervistano corridori e atleti. The Long Run è un podcast che fa un recap mensile di tutto quello che è successo nel mondo del trail. UnBuckled, nato con Rob Isolda e Marcello Marcadella, è un podcast figlio di Buckled, interamente dedicato al commento di gare ed eventi live. Ultrarunning Tape, nato dalla collaborazione con un vecchio amico, è un podcast disponibile solo su Patreon per i supporter di Buckled, dove si parla di storia dell’ultrarunning.
ho notato che comunque c’è un po’ più di creazione di contenuti, un po’ più di volontà di aprire i confini e gli orizzonti, di tentare di vedere cosa c’è oltre il proprio paese. O c’è semplicemente gente che è arrivata a questo sport leggendo direttamente di cose americane. Io alla fine sono così, ho sempre visto prima le cose americane, le ho sempre viste come più interessanti e più vive, con più cultura sportiva e con più storia. Poi non tutti gli anni hai la possibilità di andare in America a correre, però vedo la crescita, curiosità, più voglia di rischiare e di provare cose nuove. Filo. Secondo voi è una cosa legata alla nostra nicchia? Non so se sia davvero una tendenza o una cosa che gravita attorno a Destination Unknown e attorno a tutti quei progetti che negli ultimi anni sono nati in questo bacino di persone.
Marci. Com’è andata l’intervista a Bowman? Filo. Bene, lui è tranquillo. È che io mi sento fesso a parlare in inglese. Anzi, non è neanche quello, è che sono un po’ lento per cui non sono molto naturale.
Marci. Io sono convintissimo che sia così. Che sia legato alla nicchia DU, a Davide. Non che lui ti condizioni… Oddio, sì, lui ti condiziona. Ma non direttamente. L’America per me è sempre stata una cosa fighissima. Sono convinto che sia una cosa legata alla nostra cerchia, poi sicuramente se ne parla di più. Penso che sia l’anno in cui ci sono più italiani a Western, ma una buona parte sono di DU, ma non tutti, ma comunque di questa bolla.
Ale. Però dai, sei anche bravo perché tra lui e le volte che ti sei buttato a Chamonix con i vari Walmsley, Tollefson, eccetera. Filo. Terapia d’urto… A proposito, quest’anno c’è un nutrito gruppetto di italiani che va correre là. Forse è il primo anno in cui siamo così tanti. Ale. Secondo me c’è gente curiosa di provare quello che c’è da un’altra parte. Negli ultimi anni
Filo. Infatti, definite questa bolla.
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re perché sia necessario andare in America per fare una gara, è idiota di per sé. È l’atmosfera. Ma sono d’accordo che sia una cosa ancora di cerchia e di nicchia. Ale. Comunque ti dico, rispetto a otto anni fa la scena è cambiata tanto: c’è una grossa parte di moda, e questo è innegabile. Perché è cool. Però dall’altro punto di vista vedo davvero tanta gente che è onestamente interessata a quello che succede in questo mondo, che è sinceramente coinvolta. E questo passa anche dall’organizzazione di eventi che magari non sono “gare”, non vado nemmeno a scomodare URMA, che per me bene o male è parte della scintilla. Ma vedo tanta gente interessata a questo mondo che sta cercando modi per farlo crescere e per farlo sperimentare ad altre persone. Quindi ci vedo una moda ma ci vedo anche tanto un sentirlo come una cosa propria. Filo. E fuori da questa bolla cosa c’è? E soprattutto, al di fuori di questo giro di persone c’è la sensazione e la consapevolezza di essere parte di una community?
Ale. Sicuramente deriva moltissimo dai social, non è da escludere. Ma quello che diceva Marcello secondo me ha un senso: da un certo punto di vista Destination Unknown e quello che ci gravita attorno è stata una sorta di scintilla, poi da lì le cose si sono propagate in mille direzioni differenti. Tenendo Davide e Paco come nodo centrale, vedo mille direzioni diverse verso cui questa cosa è andata. E ha preso piede abbastanza ovunque. C’è un po’ più di… Odio usare la parola cultura, però stiamo costruendo un movimento su qualcosa, non lo stiamo costruendo sull’acqua. Marci. E sicuramente questa cosa va oltre alla performance, almeno secondo me. L’ho sempre detto, se dovessi racchiudere in una foto il momento più bello della mia “carriera” non mi immagino a sbacchettare con dietro il Bianco in una posa epica, ma semplicemente con due borracce, e vorrei dire a petto nudo, ma non posso permettermelo, e magari anche in un posto del cazzo. Ma per me quello racchiude un po’ tutto. Me lo chiedo anch’io tante volte: non è semplice spiega-
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Marci. La scena in Italia secondo me è decisamente più agonistica, come attitudine e come approccio. Non so se ci sia una community in Italia, secondo me no, almeno al di fuori del gruppo di persone con cui corri quotidianamente, o al di fuori della bolla di persone che può esserci tra chi ha partecipato a URMA, alle persone che si ritrovano ai camp di Davide Grazielli. Ale. In linea di massima sono d’accordo. All’interno della bolla vedo la community, non ho problemi a vederla, credo sia normale: frequento gente che ha la mia stessa bussola, per cui è fin troppo facile dire ‘“stiamo andando nella direzione giusta”. In realtà, proprio per il fatto che come movimento è esploso vedo tantissime direzioni prese a caso: dall’organizzazione di eventi, a gente che vive la montagna come se fosse per strada, gente che vuole il ristoro ogni due chilometri e il bagno in ceramica. Non so dirti se è normale o meno, se il trail in Italia ha bisogno di un po’ di anni per fare una sorta di scrematura delle persone, e livellare il pensiero generale. Ma non ha senso parlare di una community. Poi sono convinto che esistano tantissime community, in fin dei conti, come la nostra. Quando penso al discorso di community mi vengono in mente due cose: la sistemazione dei sentieri, che in Italia non fa nessuno, a parte il CAI e le organizzazioni delle gare poco prima della gara, ma non chi corre. E l’assistenza: ogni
volta che organizziamo una gara ci appoggiamo al gruppo degli alpini, al gruppo dei pensionati. Non riesco a vedere coesione in questa cosa. Non riesco a vederci un gruppo e una comunità di persone che realizzano un evento. Marci. È più sport che community. Non che sia per forza sbagliato. Ma io credo che la cosa che fa più specie all’estero è proprio l’atmosfera, l’assistenza, l’atmosfera, il crederci. Ale. Ed è probabilmente dovuta dal fatto che gli eventi americani sono più grassroots: non arriva prima l’evento, ma arriva prima Lazarus Lake con Frozen Ed che provano a farsi dieci miglia sul percorso della Barkley. E poi solo dopo vent’anni arriva la Barkley… Cioè non è vero, dopo tre anni. Però il discorso è che qui è più legato alla competizione e quindi l’approccio è più: organizziamo una gara, ok, cosa serve? Il piano di sicurezza, ottanta volontari, il supermercato che ci dà tre bancali di Coca Cola e il panettone. Quando magari a eventi enormi negli States alle aid station ci sono le famiglie che fanno le torte, la gente che prende i tempi con carta e penna. Arriviamo da due strade differenti, si incroceranno? Loro diventeranno più europei e noi più americani? Non lo so. Però vedo in Italia gente che prova a fare cose in modo differente.
anche in Italia che tra qualche anno le due cose si allontanino talmente tanto da dividersi? Marci. Sul diffondersi di queste due cose in Italia non ne sono convinto. Ad esempio il discorso FKT funziona meglio in America per una questione di cultura, qui non ha molto senso. Culturalmente è una cosa un po’ distante da noi. L’ultrarunning in Italia è molto giovane e si diffonde su persone che hanno o zero o scarso passato sportivo, penso a me, penso ad Ale, e a tante altre persone. Per cui il grosso della spinta è trovarsi a competere. Hai la necessità dell’agonismo. Mentre di là secondo me è oltre che una cosa culturale dovuta ai grandi percorsi, ma anche un averne le palle piene della competizione e in qualcosa di personale. Anche il 2020 che avrebbe dovuto portare a tanti FKT alla fine ha portato a FKT che sono poca roba. Ale. Sul discorso di divisione tra gente che preferisce eventi e gente che preferisce gare, secondo me il rischio c’è. Già in America si vede, chi va a fare Barkley o Big’s Backyard, escludendo i più conosciuti, fa parte di un mondo un po’ a sé. Non escludo che possa succedere anche qui, che
Filo. Avete letto “L’ascesa degli ultrarunner" di Finn? Marci. No. Ale. Purtroppo sì, ma l’ho ascoltato. Filo. Non è piaciuto a nessuno. Secondo me invece non è male. Quando racconta delle gare è illeggibile, ma questo perché in generale non ne possiamo più, ne abbiamo lette troppe. Ma Finn riesce anche a tirare fuori delle belle fotografie reportistiche della scena ultra soprattutto negli States. Quando va al Barr Camp, a Boulder, a Miwok, o quando va in Sud Africa… Ale. Però non ti ha fatto sbiellare quella parte? Quando dice: “mah, allora proverò a portare un africano a correre un ultra…”, e quello non vuole fare più di quaranta chilometri, ahah: ma fatti i cazzi tuoi. Ma cos’è? Un esperimento su un essere umano? Ahah. Filo. Ahah. Comunque Finn racconta di una spaccatura davvero ampia tra “attitudine grassroots” e di quella di chi vuole ingrandirsi e crescere negli States. Pensate che ci sia il rischio
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da qui a qualche anno possa esistere un gruppo nutrito di persone che preferisce correre Translagorai una volta all’anno e non fare gare perché semplicemente gli piace l’esperienza di quell’evento, e non ha bisogno di andare a fare la Ronda Ghibellina. Gente che cerca una fetta ristretta di comunità che ha degli interessi in comune, slegata dalla gara aperta a tutti e che ha un senso di privato e di chiuso. Poi secondo me le due cose possono coesistere. Così come c’è una Dauwalter che impazzisce per UTMB e impazzisce per Barkley ogni anno, sono sicuro che possa esistere anche qua in Italia. Marci. C’è anche una “mediaticità” estremamente diversa. Luke Nelson pur facendo solo FKT ha la sua notorietà, o Joe Campanelli, qua è diverso e non sarà mai uguale. Filo. Più che altro credo che una caratteristica degli eventi è che te li devi andare a cercare, per cui è meno facile capitarci, probabilmente ci sono persone che fanno cose di cui noi non sappiamo nulla magari anche qua a fianco. Ale. E probabilmente si slega di più al concetto
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usa e getta delle gare. L’evento è una cosa che devi ricercare appunto, e devi avere un investimento personale, devi organizzarlo, partecipare. A livello emotivo è completamente differente. Filo. Come vedete Buckled, in questa scena, sia nella nostra bolla che in generale? E come si inserisce nella comunicazione di questo sport, che è cambiata tantissimo negli ultimi dieci anni, anche seguendo i cambiamenti dello sport stesso? Ale. Domandone. Uff. Sul dove ci posizioniamo, onestamente non sono sicurissimo. Di base credo che quando sono partito come bussola avevo una bolla ristrettissima di persone. Dato che non era il mio lavoro e lo facevo solo per divertirmi, preferivo realizzare un prodotto di cui essere fiero e che è godibile per delle persone che mi piacciono. Marci. Che trova il consenso della bolla di cui fai parte. Ale. Sì, la partenza è stata quella. Poi una volta che le cose le fai e le pubblichi escono dal tuo controllo, non sai dove finiscono. La cosa si è allargata: in linea di massima parliamo a quella bolla ma ci
stiamo allargando, soprattutto con The Long Run. Noi diciamo sempre di essere filoamericani da quel punto di vista, più che altro perché trovo poco sensato parlare delle cose che succedono a cinque chilometri da casa. Sono molto più interessato a guardare un po’ oltre e ad avere una visione più globale di quello che succede. E con questa mossa speriamo di poter attrarre persone. Non ho nemmeno lontanamente risposto alla tua domanda. Filo. Eh, ma è un classico. Le mie interviste hanno la domanda lunga otto righe e la risposta due. Ale. Ahah. Per come è partito alla fine è partito semplicemente perché Paco mi ha detto “dovresti fare un podcast”. Fine del discorso. E sappiamo benissimo che aveva la capacità di farti fare cose che non avevi alcuna intenzione di fare, ma che sotto sotto, a ben guardare, forse volevi fare veramente. Penso che il core poi si sia allargato, e penso che le persone che sono arrivate a Buckled non arrivano tutte dalla bolla, a volte onestamente non capiamo da dove arrivino, ma sembrano interessate a quello che facciamo. Per The Long Run non abbiamo mai pensato “dovremmo parlare di questo perché potrebbe piacere alle perso-
ne”. Questa cosa, a differenza di Bowman, non è il mio lavoro, non è il lavoro di Marcello, almeno credo che non si sia ancora licenziato. Vogliamo fare solo quello che abbiamo voglia. Io e Marcello vogliamo fare un’analisi delle scarpe di Kilian? Lo facciamo. Abbiamo competenze tecniche di scarpe? No. Chissenefrega. Marci. Credo sia anche che la parte vincente sia che affrontiamo discorsi seri. Io vivo l’ultrarunning come una cosa molto seria, mi prende a 360 gradi, ma con un linguaggio parecchio ironico e scanzonato. Perché ci viene così e basta. C’è anche la voglia di fare un po’ di cultura. Ultrarunning Tapes sono delle piccole chicche di cultura dell’ultrarunning. Ale. Facciamo quello che per noi ha senso. Per quanto mi riguarda non ho ancora capito cos’è Buckled, e non ho ancora capito cos’è UnBuckled. Navighiamo a vista. Ma il punto di partenza è e resta continuare a fare contenuti di cui andiamo fieri, nel loro piccolo, e che speriamo possano piacere alla nostra ristrettissima cerchia di persone. Credo che ci sia più nel valore nel creare contenuti specifici per una decina di persone che per duecento.
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Karst Ride BY DAV I D E F I O R AS O
PHOTOS CAMILLA PIZZINI
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Cavalcata Carsica Sulle tracce del sentiero 3 BY DAV I D E F I O R AS O PHOTOS CAMILLA PIZZINI
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Città marittima e di vie segrete come carruggi, città imperiale in cui si sente forte la dominazione asburgica. Città dai numerosi confini, non solo geografici ma anche culturali e storici, crocevia di mondi latini, tedeschi e slavi, culla di grandi conversatori e conciliaboli intellettuali, di gente come Umberto Saba, Italo Svevo e James Joyce. Un carattere multiculturale ricco di componenti e contrasti, derivati dalla sua posizione geografica, dalla sua storia e dalla sua morfologia, sospesa tra il mare Adriatico e l’altopiano carsico. Espressione unica dell’arte e della cultura mitteleuropea tra Balcani e Mediterraneo. Sto parlando di Trieste, una delle più belle e affascinanti città italiane. Da qualche anno, ormai, il mio cuore vive qui. Ma per raccontare questa storia, la storia del Sentiero 3, sono dovuto tornare indietro al 1987. Ho sempre pensato che Trieste (ed i triestini) abbiano un rapporto particolare con il mondo della corsa. Fortemente radicato e comunitario. Volutamente territoriale ed emarginato. Qualcosa che ha molto, moltissimo, in comune con la sua storia di rocciatori. Trieste è patria di alpinisti come forse nessun'altra città marinara. Padri carismatici e innovatori geniali come Julius Kugy ed Emilio Comici, ampiamente indagati e raccontati, ma anche Berto Pacifico, Ezio Rocco e i tanti personaggi che negli anni hanno portato in alto il nome della Trenta: da Guglielmo Del Vecchio a Bruno Crepaz, da Tiziana Weiss ad Enzo Cozzolino, a cui è intitolata una delle due sezioni locali del Club Alpino Italiano. Proprio la tradizione e l'attività delle due sedi CAI hanno fatto sì che oggi l'offerta del territorio sia davvero sorprendente e godibile. Cosa quanto
meno insolita per un porto di mare. Ancor più se si pensa che la Società Alpina delle Giulie ha un proprio gruppo di corsa in montagna, il CAI CIM, nato nel 1995 dall’unione di sportivi provenienti dalle più svariate realtà alpinistiche con semplici amanti delle vette dai trascorsi podistici. Un team di appassionati che dal Nanos o dalla Val Rosandra ha iniziato a portare un pezzo di Trieste tra le Alpi e le Dolomiti, promosso questo sport tra le piazze e intrapreso, già dalla fine degli anni ’90, la strada della corsa esplorativa, con distanze sempre maggiori, in parziale o totale autosufficienza, abbattendone i tempi di percorrenza escursionistici. È su un terreno fertile come questo che nasce la storia della Cavalcata Carsica, una sottile linea rossa che scorre per oltre 50km a cavallo tra Italia e Slovenia. Con questo nome già per sé intrigante, che dà il senso di qualcosa di epico e definitivo. Qualcosa che da troppo tempo desideravo raccontare. Esattamente da quel lontano 2015, quando la corsi per la prima volta. Sì, perché sul Sentiero 3 si è scritta, e ancora si scrive, una delle più belle pagine del trail running italiano. Una storia che dura da 35 anni e che si rinnova ogni prima domenica di dicembre. Per capirne le origini, bisogna imbattersi nei racconti di Claudio Sterpin, classe 1939, monumento vivente
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dell’endurance, antesignano dell’ultramaratona per come la conosciamo oggi. Un uomo che ha iniziato a correre con la piuma dei bersaglieri sul cappello, nei primi anni ’60, e dato l’addio all’attività agonistica alla veneranda età di 81 anni, dopo aver segnato la storia di questo sport a livello internazionale. “Sul finire dell’estate 1987, un articolo del quotidiano locale enfatizzava l’impresa di alcuni soci CAI che avevano percorso in circa 12 ore l’intero tracciato dell’Alta Via del Carso Triestino, il sentiero 3. Rodolfo Geic, supportato da Virgilio Zecchini, aveva espresso l’intenzione di “fare meglio”, coinvolgendo nell’impresa me ed Armando Germani. Il tentativo si sarebbe svolto la prima domenica di dicembre. I cugini Fonda, nipoti di Zio Rudy, a bordo di un pulmino, avevano il compito di assisterci in quei medesimi posti che oggi sono rimasti tradizionalmente tali: Basovizza, Fernetti, Monrupino e Goriansko. Qualche settimana prima della data fatidica si erano aggregati al gruppo sia il più anziano dei Fonda, Diego, maratoneta da 2h45’, che due Maurizio: Potossi (montanaro mezzofondista del S.Giacomo) e Vangi (fresco del suo record, mai battuto, di 2h21’18” nella Maratona del Carso). Già alla partenza però, mantenuta fedelmente negli anni alle 7.30, lo stesso Vangi e Germani avevano manifestato l’intenzione di abbandonarci a Gropada, da dove, prolungando il riscaldamento, avrebbero raggiunto la Foiba di Basovizza per partecipare alla prima prova
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Niente sponsor, niente organizzazione, niente pettorali, niente assistenza, nessuna quota di partecipazione. Solo un sentiero con i segnavia biancorossi, qualche volta evidenti e altre no, a dipanare un filo che scorre in un ginepraio di tracce, stradine, doline, radure, boschi e pietraie lungo la linea di confine tra Italia e Slovenia, in un continuo saliscendi ondulato da modesti rilievi. del “Trittico” delle campestri. In conclusione, dopo aver perso Diego Fonda per crampi pochi chilometri prima di Goriansko, arrivammo a Jamiano, tutti assieme, come d’accordo, alcuni minuti prima delle previste e programmate 6 ore." Da allora, con lo stesso spirito con cui Rodolfo e Virgilio avevano ideato la Cavalcata, la tradizione ha continuato a ripetersi fino ai giorni nostri. A vivere ed evolvere sulla spinta di una sana e cavalleresca rivalità. Rivalità che dapprima porta ognuno di noi a ricercare i limiti personali e, subito dopo, a misurarli con quelli degli altri, con l’innato agonismo che rimane alla base di tutte le imprese umane. Ma a prescindere da questo spirito competitivo, la Cavalcata continua a rappresentare, oggi, l’espressione più sana e genuina di questo sport. Una corsa che è riuscita ad assumere lo status di mito e leggenda per questa aura che ne preserva l’indiscusso fascino di un tempo. Qualcuno ci aveva provato, a reclamizzare l’evento, ma l’iniziativa era stata stroncata sul nascere. Del resto, come piace ricordare a Stefano: “prima regola della Cavalcata: non parlate mai della Cavalcata." Niente sponsor, niente organizzazione, niente pettorali, niente assistenza, nessuna quota di partecipazione. Solo un sentiero con i segnavia biancorossi, qualche volta evidenti e altre no, a dipanare un filo che scorre in un ginepraio di tracce, stradine, doline,
radure, boschi e pietraie lungo la linea di confine tra Italia e Slovenia, in un continuo saliscendi ondulato da modesti rilievi. Non cercatela su internet o nei calendari delle gare, la conferma non la troverete da nessuna parte, semplicemente si "sa che c’è". Basta presentarsi alle 7 del mattino al valico confinario di Pesek la prima domenica di dicembre. E non sarete soli. Per le iscrizioni cercate un vecchio furgone Volkswagen e due volenterosi cronometristi, bardati per affrontare il gelo mattutino, che a matita prendono nota dei partecipanti. Il briefing dall’altoparlante, con vaghe indicazioni in triestino stretto, è qualcosa che rimarrà nella vostra memoria: “muli, el sentiero xe segnado, ma atenti ai bivi. Normalmente se va a sinistra, ma qualche volta anche a destra; oggi poi xe sol e xe facile, la corsa va verso ovest, quindi el sol lo gavé in schiena o a sinistra. Se ve lo trové in fronte gavé sbagliado e dové tornar indrio.” Ed è da qui che inizia veramente la storia che vi voglio raccontare. Una storia fatta di fatica, gioia, solitudine e natura selvaggia. Di nomi come Cocusso, Orsario, Lanaro, Ermada, fino a qualche tempo fa a me sconosciuti. Nomi che oggi sono entrati nella mia testa e che fanno parte di un viaggio che non dimenticherò più: l’altopiano carsico tutto d'un fiato. Una scenografia che alterna boschi di macchia mediterranea a infiniti panorami verso il Golfo di Trieste. Sul lato opposto,
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l’ignoto, la Valle di Vipava e le Alpi Dinariche. Un ambiente selvaggio, a tratti aspro, eppure così vicino alla civiltà. Per chilometri e chilometri non si incontra niente e nessuno, solo querce, lecci e pini marittimi, brevi tratti di pascolo, steppa carsica mossa dal vento, doline, pietraie riarse dalla bora, campi solcati e vecchi cartelli confinari. Pochi i passaggi nei piccoli centri abitati, Grozzana, Monrupino, Medeazza, o in attraversamento alle provinciali che portano ai valichi di Basovizza, Fernetti, San Pelagio. Sentieri dal fondo duro e tecnico, dove ogni passo nasconde un'insidia, dove le suole delle scarpe, ad un certo punto, inizieranno a chiedere pietà. Fin da subito la Cavalcata inizierà a farti conoscere il suo carattere, spesso nervoso. Tra il Bosco dei Pini e quello di Igouza potrai interpretare il percorso in maniera veloce, andare a tutta, far girare le gambe. Ma dovrai assaggiare con cura il terreno, sfoderare abilità assoluta e saggezza di piede. Concentrandoti per non sbagliare incrocio o tirare dritto alla minima distrazione. Nelle discese, basterà lasciarti andare e affidarti al tuo santo preferito, o all'intelligenza dei tuoi riflessi, all'acutezza del tuo sguardo. Se ti è andata bene arriverai all'altezza di Trebiciano e del suo abisso, che se ne scende per 329 metri nelle viscere della terra. Poi il ponte sulla ferrovia, il sottopasso autostradale, ed il valico di Fernetti, dove
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JAMIANO MONTE HERMADA MONTE SAMBUCO MEDEAZZA
RUPINPICCOLO MONTE LANARO MONTE ORSARIO
FERNETTI TREBICIANO
G RO PADA
COCUSSO
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TRIESTE
PESEK
Cavalcata Carsica Sulle tracce del sentiero 3 BY DAV I D E F I O R AS O PHOTOS CAMILLA PIZZINI
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La Cavalcata Carsica si chiude ogni volta nella stessa maniera, lasciandoti dentro la sensazione di aver concluso l’ennesimo viaggio, contro il Carso, contro te stesso. Tra qualche giorno, in qualche oscuro lato dell’internet, ci saranno pure delle classifiche e forse, il Piccolo, avrà pubblicato il solito trafiletto. Niente di più, niente di meno. Semplicemente stupendo. camionisti bulgari e moldavi, provenienti dalla grande infrastruttura intermodale, si mischieranno al modesto traffico di transfrontalieri. Qui potrai darti un tono, gonfiare il torace e assumere l'aria di quello che non ha ancora fatto la benché minima fatica. Ma è solo apparenza. A Col di Monrupino approfitta di una tazza di tè caldo generosamente offerta da qualche volontario, giovati di scambiare qualche chiacchiera, quando ancora riuscirai a bleffare. Perché da qui in poi, c’è un pezzo del 3 che è fatto di immensa solitudine. Fino a San Pelagio sarai solo, immerso in una pista di infinite serpentine, puntellata di rocce che affiorano da ogni dove. Qui non dovrai correre, dovrai danzare saltando da un punto all’altro per trovare la porzione di terreno migliore. Dovrai solo calibrare il passo, seguire il flusso e immergerti nelle sensazioni di questo sentiero che ti si stringe addosso come un abbraccio. E quando, infine, arriverai a quei cento metri di provinciale che dovrai attraversare, ti sembrerà di risvegliarti da un lungo sogno, ti chiederai cosa è accaduto in tutto questo tempo, e ti renderai conto di aver solo inseguito pensieri. Uscito dai boschi, odoroso di erba e fango, su quella strada per San Pelagio dove di solito aspettano amici e familiari, avrai lasciato 37km alle spalle e potrai concederti una breve di pausa. Se sarai fortunato, troverai qualche bottiglia di Coca Cola lascia-
ta lì per i più disperati. Potrai darti anche un tono, ma non ti crederà più nessuno. Basterà guardarti in faccia. Il 3 sembrerà concederti un po’ di tregua ma è una mera illusione fatta a regola d’arte. La velocità che credi di ritrovare è destinata a svanire perché è proprio qui che si paga il conto di tutto quel danzare. La strada spiana in larghi sterrati, ma il monte Ermada è lì di fronte, lo puoi fissare negli occhi prima che venga inghiottito dai boschi. Sai già che quello sarà il tuo ultimo supplizio. Ora è tutto un zigzagare tra gli alberi, giocare alle montagne russe con le doline. Passerai sui cumuli rocciosi del Sambuco, tra i resti delle trincee. Una pala arrugginita a segnare il culmine. Cammina, che non vale rischiare. Sei al 44o chilometro e ti converrà toglierti quel sorriso dalla faccia. Che ne devi sputare ancora un bel po' di sangue. Sai cosa ti aspetta appena sarai uscito dal bosco e assapori già il paesaggio che ti accoglie lassù, al passaggio sull'oleodotto. Vorresti correrlo ma non è possibile. E quando scavalli da quel pilone dell’alta tensione, puoi vedere dall’alto il paese di Jamiano. Ma ancora non ci puoi arrivare, non da qui, perché l’arrivo è laggiù. In basso ti aspettano le case di Medeazza. Alla tua sinistra i deboli raggi di sole risplendono sul litorale di Grado e la Laguna di Marano, mentre la bruma si svolge sulla pianura friulana. Lì in fondo l'emiciclo delle Carniche
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e delle Giulie con la prima neve. Al centro, di fronte a te, se aguzzi la vista e sai riconoscerlo il Matajur. Se ti giri, invece, puoi visualizzare da dove provieni, ed è sempre, incredibilmente, sorprendente. A Medeazza ormai è fatta, anche se i piedi, su questo terreno, soffrono. Dietro le ultime fronde si nasconde Jamiano, piccola frazione del comune sparso di Doberdò del Lago. La carrareccia muore sull'asfalto, sulla via intitolata al poeta sloveno Simon Gregorcic. É qui che i due cronometristi annoteranno il nome. Sempre che tu sia arrivato prima del calar del sole. La tua lunga corsa terminerà senza nessun clamore, senza striscioni, docce o premiazioni. Nemmeno un mezzo per rientrare alla partenza, per questo dovevi organizzarti prima. Se ti va bene, un pentolone di tè cui provvede un generoso volontario, o un paio di Lasko lasciate a ghiacciare su un muretto. La Cavalcata Carsica si chiude ogni volta nella stessa maniera, lasciandoti dentro la sensazione di aver concluso l’ennesimo viaggio, contro il Carso, contro te stesso. Tra qualche giorno, in qualche oscuro lato dell’internet, ci saranno pure delle classifiche e forse, il Piccolo, avrà pubblicato il solito trafiletto. Niente di più, niente di meno. Semplicemente stupendo. La Cavalcata Carsica fa parte di me, come fa parte di me questo angolo di Italia al centro dell’Europa.
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Light in the night
Trento Running Club P H OTO S M AT T EO PAVA N A TEXT UNKNOW
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U
n mercoledì sera di fine inverno 2020, P, F ed io siamo usciti per una corsa, a una certa ci siamo guardati e ci siamo detti: “cazzo però figo correre insieme sarebbe bello creare un gruppo e trovarsi tutti i mercoledì sera per qualche km in compagnia.” Nella notte è nato il Wednesday Qualcosa Club, che dopo qualche mese è diventato TRC. Da allora non abbiamo mai più corso tutti e tre insieme.
dato che il TRC non ha un indirizzo, un account, un sito. E non dimentichiamo i sacri stickers, che sono però rigorosamente riservati ai finisher.
“Ero in Marzola con un amico e la mia compagna quando ho visto qualcuno correre giù verso la città, magro e a petto nudo, come se stesse correndo nel bosco da una settimana. Ho detto alla mia compagna: questo deve essere un corridore serio. Lei già era stanca di ascoltarmi parlare di corsa, per cui ha visto subito l’opportunità di trovarmi un trail running friend. Siamo arrivati in città in macchina e abbiamo visto di nuovo il ragazzo, mentre era in fila per prendere un gelato. La mia compagnia è uscita della macchina, gli ha offerto un gelato e gli ha parlato di me, mentre io aspettavo in macchina. Poi lui si è avvicinato e abbiamo parlato di trail per un minuto. Prima di andarsene mi ha invitato a fare un loop in montagna dopo qualche settimana. Il loop mi ha quasi ammazzato. Dopo la corsa mi ha invitato a entrare nel Trento Running Club.”
Come definireste l’attitudine del TRC? Semplice, genuina... punk. Un “club non club”, senza tessere, cene sociali e cose del genere, e in cui conta solo la voglia di trovarsi per condividere birre e chilometri. In fondo basta poco: un paio di scarpe, un po’ di testa e tanto cuore. Coltiviamo il senso di comunità anche attraverso la nostra seconda pelle: stampiamo t-shirt rigorosamente in cotone e fatte a mano da Frammenti, una serigrafia artigianale locale. I loghi sono ispirati alla tradizione dell’ultrarunning americano, le tirature sono limitatissime (come le nostre tasche) e sono strettamente riservate a noi e ai nostri amici, se poi avanza qualcosa viene subito reinvestito in altre t-shirt. Se qualcuno volesse impossessarsi di una maglietta non ha che da chiederlo. Dove? Ovviamente quando ci si incrocia in giro,
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“Non è per correre. Non è per essere un club. Non è per essere di Trento. È un concetto più ampio. È stare insieme e portare avanti delle idee. Per condividere cose belle, migliorare e fare cose semplici insieme.” Come si entra nel Club? Non si accettano autocandidature, capita e basta. Non importa a nessuno se uno è un atleta élite o se corre da poco, se il suo obiettivo è correre per 10km o per 100 miglia o cose simili. Al Club interessa solo il rispetto per la corsa, per l’ambiente in cui viene praticata e per gli altri corridori. Quindi direi che è un gruppo inclusivo. Entrare nel Club è relativamente semplice: basta incontrare uno dei membri in giro per i sentieri (o più probabilmente al bar), farsi aggiungere al gruppo WhatsApp e sottoporsi al rito di iniziazione venendo a correre un loop. Dopodiché dipende esclusivamente dalla volontà di fare ed essere parte del TRC, dimostrando giorno dopo giorno la dedizione al Club, cercando di essere il più possibile attivo nel supportare la community di cui si fa parte. Il TRC non è altro che un gruppo di corridori che condividendo la
stessa attitudine sono diventati inevitabilmente amici. M, come ti sei approcciato per fare le foto al TRC? Era la cosa giusta da fare in quel momento lì, per me.
“Qualche giorno dopo una bella cavalcata lungo la Translagorai, mi trovo a far birrette con alcuni amici all’Uva e Menta. Tra questi anche F, che già avevo conosciuto durante quella gran tega che è ***. Viene fuori l’idea di beccarsi a correre insieme, cercando di aggregare gli amici che frequentano i boschetti magici attorno a Trento. Ed è subito presa a bene. Totale informalità, si esce per stare nei boschi e ululare alla luna. Auuuuuuuuuu!”
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Larry Gassan Anything beyond Instagram BY ELISA BESSEGA PHOTOS LARRY GASSAN
Larry Gassan è un fotografo californiano ed ex ultrarunner. È diventato una figura di riferimento nella comunità della corsa su lunga distanza grazie ai suoi progetti “Finish Line Portrait Project” e “Dead Man’s Bench”, scattatati durante le storiche 100 miglia Western States e Angeles Crest. Ho avuto il piacere di fare una chiacchierata con lui, ed è stata l’intervista più esilarante che abbia mai fatto. Larry. Non sapevo quale aspetto del mio lavoro ti interessasse e, beh, quando hai detto che sei italiana ho pensato che ovviamente avresti voluto parlare di Michele Graglia. L’ho incontrato nel 2014, quando lo ho fotografato ad Angeles Crest. L’ho visto arrivare sul sentiero del Baden Powell e la mia prima reazione è stata: è troppo fottutamente bello per finire questa gara [poi è arrivato secondo, n.d.r.].
singola immagine. Mi ha fatto pensare che in realtà ogni sport ha le sue pose standard. Chiaramente la varietà delle composizioni possibili dipende anche dall’ambiente e dal numero di movimenti che caratterizzano ciascuna disciplina, ma alla fine la fotografia sportiva è fatta soprattutto di immagini che cercano di avvicinarsi il più possibile alle convenzioni più popolari. Il che, a lungo andare, la rende noiosa. Quello che mi piace dei progetti “The Finish Line Portraits”, “Dead Man’s Bench” e del tuo lavoro in generale è che riescono ad essere incisivi senza ispirarsi a nessuna di quelle pose. Perché?
Elisa. [ride] L. No, voglio dire, sai: rispetto a lui noi siamo tutti scimmie. E. Interessante [ride], ma in realtà volevo parlare del tuo lavoro fotografico. L’idea di questa intervista nasce da una conversazione con un amico surfista e fotografo. Mi diceva che, tra tutte le discipline outdoor, il surf è il più noioso perché c’è solo una cosa da scattare, ovvero la classica immagine del surfista al centro del tunnel di una grande onda, possibilmente al tramonto. Per lui, la fotografia di surf non sarebbe altro che cercare di avvicinarsi il più possibile a quella
L. Sono d’accordo. Nella fotografia di surf tutti stanno cercando di ripetere quello che LeRoy Grannis ha fatto cinquanta o sessanta anni fa. Nella corsa e nella fotografia sportiva in generale è la stessa cosa. Quello che è successo con il progetto “Finish Line” è che me ne stavo lì in piedi a Western States, nel 2009, ad aspettare che passasse qualche atleta, il sole batteva e l’aria era calda come l’inferno. Nella mia carriera di
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"Le foto di corsa tipiche di allora erano il fotogiornalismo sportivo a colori e qualche istantanea. In quel momento avevo un’opportunità unica di scattare ritratti dove nessuno l’aveva fatto prima, e così ho immortalato ogni finisher con una Hasselblad 500C vintage di medio formato su pellicola in bianco e nero." trail runner ho completato nove 100 miglia tra il 1991 e il 1998, tre delle quali ad Angeles Crest. Ora, dopo aver smesso di correre, ero di nuovo lì a morire di caldo per scattare foto e ho pensato: cazzo, che stiano loro a sciogliersi sui sentieri, io ho finito con questa rottura. E così sono tornato al traguardo dove ho allestito uno studio mobile. Le foto di corsa tipiche di allora erano il fotogiornalismo sportivo a colori e qualche istantanea. In quel momento avevo un’opportunità unica di scattare ritratti dove nessuno l’aveva fatto prima, e così ho immortalato ogni finisher con una Hasselblad 500C vintage di medio formato su pellicola in bianco e nero. Il progetto “Dead Man’s Bench” invece è nato quando il direttore di gara di Western State mi ha licenziato, l’editor diceva che chiunque avrebbe potuto scattare foto come le mie: “basta mettere qualcuno vestito da runner in piedi davanti a un garage e lanciargli addosso un po’ di terra.” Era davvero uno stronzo [ride]. A dire il vero mi stavo stancando di quel tipo di ritratti perché al traguardo tutto è già deciso. Mi sono detto: bene, ora posso tornare a scattare quello che voglio. Poi ho visto un’immagine pubblicata da un corridore taiwanese di nome Jack Chang, c’erano due dei suoi amici accasciati sulla “Dead Man’s Bench” durante Angeles Crest 100, e sembrava che qualcuno li avesse appena picchiati. Quell’immagine, in quel punto esatto, era la foto che volevo. Così nell’estate del 2015 sono andato alla “Dead Man’s Bench” con un kit minimo e ho iniziato a scattare. La panchina prende il nome da un ragazzo del mio running club, era morto su
un sentiero poco più in là. È un punto ristoro non ufficiale che si trova circa al centoventesimo chilometro su 160, un momento della gara in cui tutto è ancora da decidere. Su quella panchina assisti a un crollo generale: nessuno sa ancora se riuscirà a finire o se schiatterà al suolo da qualche parte prima del traguardo, credo che quest’aria di incertezza sia estremamente interessante. Non trovi altri fotografi di gara lì intorno perché è un punto dove i runner passano nel cuore della notte e raggiungerlo è una gran rottura. E lascia che te lo dica, le notti di Angeles Crest sono fottutamente buie. Ero lì che guardavo attraverso il mirino senza riuscire a mettere a fuoco nulla, cercavo di indovinare, le zanzare mi stavano mangiando vivo e c’era ogni sorta di problema tecnico. Anche lì scattavo su rullino, sapevo che alla fine mi sarei potuto ritrovare con un mucchio di spazzatura, ma se avesse funzionato, le immagini sarebbero state molto più interessanti. E. E con questo torniamo alla mia domanda: siamo d’accordo sul fatto che nella fotografia di corsa ci siano scene standard molto popolari e ben commerciabili, tipo quelle con il runner in bilico su una cresta affilata, oppure mentre salta da un sasso all’altro con bel panorama sullo sfondo. Tu hai ignorato tutte le composizioni convenzionali di questo genere e hai creato le tue scene standard dove non si vede nessun panorama e l’unico elemento oltre ai soggetti è un lenzuolo sullo sfondo oppure una panchina nell’oscurità. L’intera attenzione è rivolta alle persone, forse è questo che rende le tue immagini così interessanti?
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L. Dipende tutto dal rullino. Uso principalmente un medio formato, e quando lavori con questa ragazzaccia [indica la sua Hasselblad] devi fare molta più attenzione. Mi costringe a scattare in modi e spazi non convenzionali e le persone reagiscono in modo diverso. Con la tecnologia oggi è quasi impossibile non portare a casa una bella foto. Guarda Joe McNally, cristo. Quando era a Tokyo per scattare durante le Olimpiadi ha portato a casa qualcosa come 30 mila immagini. Non fraintendermi, è del tutto legittimo, ma io mi sono detto “ok, facciamo un passo indietro e ritagliamoci un posto diverso.” Scattare su rullino è una gran rottura di palle anche dopo lo scatto in sé: poi devi svilupparlo e, spoiler, devi anche saperlo scansionare e digitalizzare correttamente in modo da ottenere qualcosa che vada al di là di un’immagine da Instagram. Ho passato gli ultimi quindici anni a inseguire questa chimera, e alla fine forse mi ha portato da qualche parte.
pale della mostra che ho fatto sul progetto “Dead Man’s Bench”. Perché? Perché, tornando al tuo discorso su standard e cliché, le ultramaratone e gli sport outdoor sono rappresentati principalmente da immagini di maschi bianchi. E se si tratta di donne, sono per lo più ragazze bionde. Lì avevo di fronte a me queste due donne latine che si aiutavano a vicenda, e nessuno sapeva chi fossero. Non erano atlete sponsorizzate. Non avevano followers su Instagram. Non stavano vendendo nessuna stronzata sui social. Erano semplicemente lì ad aiutarsi a vicenda per superare la nottata. E mi sono detto: queste sono le persone che voglio nelle mie foto. Le ho rintracciate attraverso amici in comune e ho detto loro che sarebbero comparse nella mostra. Quando sono arrivate hanno alzato lo sguardo e hanno detto: merda, quelle siamo noi! Questa è l’idea da cui parte tutto. Voglio che delle persone normali si esaltino a rivedersi su una stampa di un metro per un metro e mezzo. La fotografia pubblicitaria non gioca nessun ruolo in questo processo, sebbene la fotografia pubblicitaria possa poi utilizzare immagini del genere, a condizione che abbiano qualche tipo di rilevanza e credibilità per il prodotto.
E. Quindi è solo una questione di tecnica? Le tue immagini raccontano storie intense, direi che, al di là degli strumenti che usi, c’è un intento preciso, e mi sembra che abbia più a che fare con il documentarismo e il fotogiornalismo che con la ricerca di un’estetica vendibile, come succede invece nelle immagini pubblicitarie o nelle foto di prodotto.
E. Come riesci a bilanciare questo stile sopra le righe con la necessità di vendere i tuoi lavori? L. Il mio sensei dell’east coast dice che puoi fare foto carine che ottengono molti mi piace su Instagram, oppure puoi fare foto interessanti. Le prime si vendono più facilmente, ma hanno una vita molto più breve, devi solo decidere a quale mondo appartieni. È un compromesso, come nella vita. Non ho avuto una carriera spettacolare. Non ho mai vinto award o roba del genere, ero troppo occupato a correre e ad andare in montagna. Eppure il motivo per cui tu e io stiamo avendo questa conversazione è perché tu, e qualcuno come te, ha detto: “ehi, le foto di questo tipo non assomigliano per niente a tutto il resto”. Quindi, alla fine, ne è valsa la pena.
L. Io scatto come un ibrido tra artista e fotoreporter documentarista. E runner: le mie esperienze di finisher di 100 miglia sono state essenziali per conoscere le convenzioni di questo sport e gli aspetti più interessanti da raccontare. Le cose accadono davanti alla fotocamera, e io scelgo ciò che vale la pena immortalare. Come è successo con la foto di Maria Lordes e Alejandra. Alejandra stava massaggiando le gambe di Maria sulla panchina, nessuna delle due prestava attenzione a me eppure mi trovavo a un braccio di distanza, stavo usando un obiettivo grandangolare e avevo bisogno di catturare quanta più luce possibile. Ho scelto questa come immagine princi-
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La Notte BY DENIS PICCOLO
RUNNER LUCA DALMASSO
Correre nel breve ma intenso intervallo fra il tramontare e il successivo sorgere del sole, che si contrappone al giorno inteso come intervallo di tempo tra l’alba e il tramonto.
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S H E L L . D Y N A F I T A L P I N E G O R E -T E X S H O R T S . D Y N A F I T U LT R A 2 / 1 C A P. D Y N A F I T G R A P H I C T R U C K E R S O C K S . DY N A F I T N O PA I N N O G A I N
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S H O E S . T H E N O R T H FAC E V E C T I V E N D U R I S I I
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SHORTS. ON LIGHTWEIGHT WINDBREAKER. ON TRAIL BREAKER
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S H O E S . O N C LO U DV I STA
S H E L L . PATA G O N I A A I R S P E E D P R O S H O R T S . PATA G O N I A S T R I D E R P R O 5 I N T O P. P A T A G O N I A A I R S H E D P R O P U L L O V E R V E S T. P A T A G O N I A C A M E L B A K U L T R A P R O V E S T
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S H O E S . S C A R P A G O L D E N G A T E K I M A R T.
SHOES. SPEEDLAND SL:PDX
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T - S H I R T. C R A Z Y A I R
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SHORTS. CRAZY AIR
S H O ES . M I Z U N O WAV E M UJ I N T L
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B A C K P A C K . U LT I M A T E D I R E C T I O N U L T R A V E S T 5 . 0
S H E L L . L A S P O R T I VA V E N T O S H O R T S . L A S P O R T I VA R I D E R S H O E S . L A S P O R T I VA K A R A C A L
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The Pill Outdoor Store & Hotel List 1332 selling points The most widespread Outdoor Journal in Europe 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49. 50. 51. 52. 53. 54. 55. 56. 57. 58. 59. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. 71. 72. 73. 74. 75. 76. 77. 78. 79. 80. 81. 82. 83. 84. 85. 86. 87. 88. 89. 90. 91. 92. 93. 94. 95. 96. 97. 98. 99. 100. 101. 102. 103. 104. 105. 106. 107. 108. 109. 110. 111. 112. 113. 114. 115. 116. 117. 118. 119. 120. 121. 122. 123. 124. 125. 126. 127. 128. 129. 130. 131. 132. 133. 134. 135. 136. 137. 138. 139. 140. 141. 142. 143. 144. 145. 146. 147. 148. 149. 150. 151. 152. 153. 154. 155. 156. 157. 158.
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ADRANO AFFI AGIRA AGORDO AGRATE BRIANZA AIELLO DEL FRIULI ALA DI STURA ALAGNA VALSESIA ALAGNA VALSESIA ALBA ALBA ALBA ALBA ALBIGNASEGO ALESSANDRIA ALESSANDRIA ALESSANDRIA ALLEGHE ALMENNO SAN SALVATORE ANDALO ANDALO ANDALO ANTEGNATE AOSTA AOSTA AOSTA AOSTA AOSTA AOSTA AOSTA AOSTA AOSTA APPIANO APRICA ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARESE AREZZO ARGENTERA ASCOLI PICENO ASCOLI PICENO ASCOLI PICENO ASCOLI PICENO ASIAGO ASOLA ASOLA ASSERGI ATINA AURONZO DI CADORE AVEZZANO AVIGLIANA AVIGLIANA BADIA POLESINE BAGNOLO SAN VITO BALLABIO BALME BARDONECCHIA BARDONECCHIA BARI BARI BARZIO BARZIO BASSANO DEL GRAPPA BASSANO DEL GRAPPA BELLINZAGO LOMBARDO BELLUNO BELLUNO BELVEDERE BERGAMO BERGAMO BERGAMO BERGAMO BERGAMO BEVERA DI SIRTORI BIELLA BIELLA BIELLA BOLOGNA BOLOGNA BOLOGNA BOLOGNA BOLOGNA BOLZANO BOLZANO BOLZANO BOLZANO BOLZANO BOLZANO BORGO SAN DALMAZZO BORGO SAN DALMAZZO BORGOSESIA BORGOSESIA BORMIO BORMIO BORMIO BORMIO BORMIO BRA BRESCIA BRESCIA BRESCIA BRESCIA BRESCIA BRESCIA BRESCIA BRESCIA BRESSANONE BRESSANONE BREUIL CERVINIA BREUIL CERVINIA BREUIL-CERVINIA BREUIL-CERVINIA BRUNICO BRUNICO BRUNICO BRUNICO BRUNICO BRUNICO BRUNICO BUSTO ARSIZIO CADREZZATE CAGLIARI CALALZO CALAVINO CALENZANO CAMAIORE CAMERANO CAMPO TURES CANAZEI CANAZEI CANAZEI CANAZEI CANAZEI CANELLI CANTÙ CANZO CARMAGNOLA CARPI CARUGATE CARUGATE CARVICO CASTEL DI SANGRO CASTEL DI SANGRO CASTEL GOFFREDO
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ALPSTATION BISMANTOVA CRAZY STORE CASTIONE OLGA SPORT LA SPORTIVA STORE CAVALESE LARCHER SPORT UN SESTO ACCA - 1/6H FREETIME MAXI SPORT CERNUSCO MAXI SPORT MERATE CERVINIA 2001 SPORTS CENTER TEAM ALTA QUOTA TORINO AREA 41 BASE CAMP SSD WHITE REEF PASSSPORT CESIOMAGGIORE DELFINO SPORT FRACHEY SPORT MARISPORT X-TREME ROUTE RAMEY 33 SKI SPORT HOUSE ZECCHIN SPORT SPORTLAND CHIARI L'ARTE DI SALIRE IN ALTO ASPORT’S MOUNTAIN CHIES MAIUK SPORT OLLIE RADICAL SPOT SALEWA SONDRIO JEANNOT SPORT GRIMPEUR CPR FREE SPORT MOLINARI SPORT ALCHYMYA ALPSTATION CLES MOUNTAIN SHOP CLES SALEWA CLES SPORT EVOLUTION LOVE BOARD LE PARADIS DES SPORTS CASEROTTI SPORT BETTINESCHI SPORT SPORT PESCOSTA SPORT POSCH PRANTNER SPORT LIFE MAURIZIO SPORT ASPORT’S MOUNTAIN VISONÀ SPORT SPORTMARKET CRAZY BOARD SNOWYSUMMIT DUE & DUE CORTINA FREERIDE HOUSE LA COOPERATIVA DI CORTINA MILLET SHOP MOROTTO SPORTS EQUIPMENT QUOTA 1224 THE NORTH FACE CORTINA BOARDERLINE CORTINA 360 LA SPORTIVA CORTINA PATAGONIA CORTINA ROCK & ICE CORTINA SALEWA CORTINA TECNICA OLYMPIA SPORT ALFREDO SPORT KOSTNER 360 SLIDE SHOP 4810 SPORT ARDI SPORT LA SPORTIVA COURMAYEUR LES PYRAMIDES NOLO COURMA SKI SHOP PATAGONIA COURMAYEUR POINT DU SPORT ULISSE SPORT OLIUNÌD VICENZA ALPSTATION CUNEO BIGUP CRAZY BY VERTICAL SALEWA CUNEO SNOWTIME THE NORTH FACE CUNEO VIALE CALZATURE WILD FREE NOCH SHOP FALETTI MOUNTAIN STORE DF SPORT SPECIALIST MOUNTAIN GARAGE OUTSIDER KRALER SPORT SALEWA DOBBIACO ALPSTATION BRIANZA GVM SHOP MOSONI SPORT POSSA SPORT RE-SKI SPORT EXTREME ERCOLE TONY SPORT MORGAN AIR OUTDOOR & TREKKING STORE HOLIDAY SPORT TWENTY FIVE SPIT SPORT OUTDOOR IL DADO BOULDER LINEA VERTICALE PENNENTE OUTDOOR ALPMANIA DEVA WALL ERREGI SPORT MOUNTAIN LAB CRAZY STORE FINALE LIGURE LA SPORTIVA FINALE LIGURE MONTURA FINALBORGO OLIUNÌD FINALE OUTPOST MONTAINEERING RIDE & RUN CRAZY STORE ROCKSTORE SALEWA FINALE LIGURE CLIMB DREAMSTORE NEVERLAND PESCI CAMPING STORE SPORT CLUB THE NORTH FACE FIRENZE OBIETTIVO MONTAGNA BALANTE SPORT QUERIO ERNESTO CAPO NORD GIMELLI 3.30 RUNNING STORE ROSSIGNOL FORMIGLIANA SNOWGANG FREES SPORT SPORTIFICATION SICCARDI SPORT SURF SHOP BOARDER KING SPORT MAX OTKBOARD ALL4CYCLING BM SPORT BONI SPORT BONI SPORT BOULDER FACTORY CENTRO CANOA HOBBY SPORT MOISMAN REPETTO SPORT SALEWA GENOVA SPINNAKER A&F COMPANY MONTAGNARD SPORT BIG STONE SONEGO RUNNING LIFE WIPE OUT SPORTWAY GRAVELLONA RICCARDO SPORT DAVID “3” SPORT BERGLAND SPORT-GESCHAFT SPORT-GESCHAFT 099 OUTDOOR PLANET RIDER KAFFEKLUBBEN SPORTLAND GUSSAGO MARESPORT QUIKSILVER STORE IMPERIA GRAZIA SPORT ISEO ALPSTATION ISERA ALTA QUOTA ISERNIA 38° PARALLELO SPORTING HOUSE MOUNTAINWORLD BLOCKLAND LELE SHOP SALEWA AQUILA TREKKING L’AQUILA ORNELLA SPORT SPORT 203
ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA
CASTELNOVO NE’ MONTI CASTIONE ANDEVENNO CATANIA CAVALESE CAVARENO CAZZAGO CENCENIGHE AGORDINO CERNUSCO LOMBARDONE CERNUSCO LOMBARDONE CERVINIA CERVINIA CESANA TORINESE CESENA CESENA CESENA CESIOMAGGIORE CETO CHAMPOLUC CHAMPOLUC CHAMPOLUC CHÂTILLON CHIAMPO CHIARI CHIAVARI CHIES D'ALPAGO CHIESA VALMALENCO CHIETI CHIOGGIA CHIURO CHIUSA DI PESIO CIRIÈ CISANO SUL NEVA CIVEZZANO CLAUT CLES CLES CLES CLUSONE CODROIPO COGNE COGOLO COLERE COLFOSCO COLFOSCO IN BADIA COLLALBO COLOMBIERA MOLICCIARA CONDINO CORDENONS CORNEDO CORNUDA CORRIDONIA CORRIDONIA CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORVARA IN BADIA CORVARA IN BADIA COTRONEI COURMAYEUR COURMAYEUR COURMAYEUR COURMAYEUR COURMAYEUR COURMAYEUR COURMAYEUR COURMAYEUR CREAZZO CUNEO CUNEO CUNEO CUNEO CUNEO CUNEO CUNEO CUNEO DARFO BOARIO DARFO BOARIO TERME DESENZANO DEL GARDA DESIO DIMARO FOLGARIDA DOBBIACO DOBBIACO DOLZAGO DOMODOSSOLA DOMODOSSOLA DOMODOSSOLA DOMODOSSOLA DOMODOSSOLA DUEVILLE ENTRACQUE EUPILIO FAENZA FALCADE FALZES FANO FELTRE FELTRE FERMO FERRARA FERRARA FERRARA FIDENZA FINALE LIGURE FINALE LIGURE FINALE LIGURE FINALE LIGURE FINALE LIGURE FINALE LIGURE FINALE LIGURE FINALE LIGURE FIRENZE FIRENZE FIRENZE FIRENZE FIRENZE FIRENZE FIRENZE FIUMALBO FOGLIZZO FORLÌ FORLÌ FORMIGINE FORMIGLIANA FORNO DI ZOLDO FOSSALTA DI PIAVE FOSSANO FRABOSA SOTTANA FRABOSA SOTTANA FRAZIONE DAOLASA COMMEZZADURA FROSSASCO GALGAGNANO GAZZADA SCHIANNO GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GIANICO GIAVENO GIULIANOVA GODEGA SANT'URBANO GRADISCA D’ISONZO GRADO GRAVELLONA TOCE GRESSAN GRESSONEY SAINT JEAN GRESSONEY-SAINT-JEAN GRESSONEY-SAINT-JEAN GRESSONEY-SAINT-JEAN GROSSETO GROSSETO GUASTALLA GUSSAGO IMPERIA IMPERIA ISEO ISERA ISERNIA IVREA IVREA L'AQUILA L’AQUILA L’AQUILA L’AQUILA L’AQUILA LA THUILE LA VALLE AGORDINA
342. 343. 344. 345. 346. 347. 348. 349. 350. 351. 352. 353. 354. 355. 356. 357. 358. 359. 360. 361. 362. 363. 364. 365. 366. 367. 368. 369. 370. 371. 372. 373. 374. 375. 376. 377. 378. 379. 380. 381. 382. 383. 384. 385. 386. 387. 388. 389. 390. 391. 392. 393. 394. 395. 396. 397. 398. 399. 400. 401. 402. 403. 404. 405. 406. 407. 408. 409. 410. 411. 412. 413. 414. 415. 416. 417. 418. 419. 420. 421. 422. 423. 424. 425. 426. 427. 428. 429. 430. 431. 432. 433. 434. 435. 436. 437. 438. 439. 440. 441. 442. 443. 444. 445. 446. 447. 448. 449. 450. 451. 452. 453. 454. 455. 456. 457. 458. 459. 460. 461. 462. 463. 464. 465. 466. 467. 468. 469. 470. 471. 472. 473. 474. 475. 476. 477. 478. 479. 480. 481. 482. 483. 484. 485. 486. 487. 488. 489. 490. 491. 492. 493. 494. 495. 496. 497. 498. 499. 500. 501. 502. 503. 504. 505. 506. 507. 508. 509. 510. 511. 512. 513. 514. 515. 516. 517. 518. 519. 520. 521. 522. 523. 524.
SPORT TONY IMPULS SPORT ADRI SPORT AFFARI & SPORT LECCO GREAT ESCAPES LECCO INUA SPIRIT SPORT HUB LECCO INUA SPIRIT MY WALL BRUMA ON THE BEACH EAST WIND BOTTERO SKI BOTTERO SKI WE RIDE ZONE DF SPORT SPECIALIST LISSONE MAXI SPORT LISSONE CENTRO HOBBY SPORT CRAZY STORE LIVIGNO I’M SPORT LAPPONIA MOUNTAIN PLANET MOUNTAIN RIDERS SIFED MTR LIVIGNO PUNTO SPORT SILENE SPORT SPORT EXTREME THE NORTH FACE LIVIGNO SPORT ADVENTURE ZINERMANN SPORTING HOASY NENCINI SPORT SALEWA OUTLET SCALO MILANO GRINGO SHOP SPORTLAND LONATO SALEWA LONGARONE SPORTLIFEE IL CAMPIONE LUCCA SPORT PROFESSIONAL PROSHOP VIVISPORT CRESPI SPORT SPORT MODE STEGER RABOGLIATTI SPORT OLIMPIONICO SPORT SPORT 3 TRE THE GARDEN ZEBRA SNOWBOARD SCHOOL DODI’S ON SIDE SPORT TENNE CINQUE TERRE TREKKING PEIRANO SPORT JANE SPORT SPORTIME MUD AND SNOW DALL’ORSO STORE BOARDRIDER QUIKSILVER PIPE PRO SHOP BREMA SPORT MEGA INTERSPORT MOUNTAIN STORE HARLEM MELEGNANO THE REVIVE CLUB FAKIE TECH SHOP HUTTER SPORT SPORTLER ALPIN MERANO SPORTLER MERANO MAXI SPORT MERATE SFIDA 2.0 NARDELLI SPORT SNOWBOARDMANIA ALPSTATION MILANO BURTON STORE MILAN CANADA GOOSE MILAN CARTON DAMENO SPORT DF SPORT SPECIALIST DON KENYA RUN FRISCO SHOP MILANO KIM FORNITURE SCOUT KOALA SPORT LA MONTAGNA SPORT MANGA CLIMBING MISSION OLIUNÌD MILANO LORETO PATAGONIA MILANO RUNAWAY SALEWA MILANO SAVE THE DUCK MILANO SAVE THE DUCK MILANO SEASE SPORTING SAN LORENZO THE NORTH FACE MILANO UNDER ARMOUR MILANO UNDER ARMOUR MILANO VERDE PISELLO VIBRAM MILANO WHY RUN PLEASURES RADICAL FREE SOLO EXTREME NUOVI ORIZZONTI MODENA THE NORTH FACE MODENA LIVIO SPORT SPORTMAN THIRD GENERATION HELLWEGER INTERSPORT SPORTLAND MONIGA PATAGONIA MONTEBELLUNA ROSSIGNOL MONTEBELLUNA SALEWA OUTLET MONTEBELLUNA VIBRAM MONTEBELLUNA ROCK & WALLS PURE NATURE WILD PROJECT THE CHANGE PATAGONIA MORBEGNO STILE ALPINO MORBEGNO WHATSALP SPORT HUB MORI MICARELLI STORE LAB8 ARBITER UNTERHOLZNER GRANDE GRIMPE PERICO SPORT ETNA WALL SERVOLARE 17 RUNWAY SPORT SPORT LAURIN ALBY SPORT CLINICA DELLO SPORT DF SPORT SPECIALIST OLGIATE DF SPORT SPECIALIST ORIO SALEWA ORIO CENTER THE NORTH FACE ORIO UNDER ARMOUR ORIO AL SERIO MAMMUT ORTISEI SPORT GARDENA SPORT SCHMALZ SPORTLAND ORZINUOVI FREE TIME STORE SPORTLAND OSPITALETTO BIG WALL ABBÀ INTERSPORT DECA SPORT HOBBIT SHOP LA COCCINELLA ACTIVE CREMA SPORT INTELLIGHENZIA PROJECT OLIUNÌD PADOVA SALEWA PADOVA SESTOGRADO SPORTLAND PALAZZOLO GENCHI SPORT PER CORRERE PELLISSIER SPORT PIRCHER GUENTHER 46° PARALLELO ALPSTATION PARMA ALTERNATIVE SHOP FREE SPORT MOVE MOUNTAIN LOVERS MOVE MOUNTAIN LOVERS PARMA SPORT SEVEN SUMMITS FERRARI SPORT SPORTWAY NOVARA OLIUNÌD MILANO MONDO VERTICALE SPAZIOUTDOOR PAPER SURF ALTA QUOTA PESCARA KING LINE MAKAI SURFSHOP STELLA ALPINA FRANCO SPORT RRTREK PESCASSEROLI DF SPORT SPECIALIST PIACENZA EIGHT SIX L'ALTROSPORT OUTLANDERS
ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA
LA VILLA LANA LAVENO-MOMBELLO LECCO LECCO LECCO LECCO LEGNANO LEVATA LIDO DI TARQUINIA LIGNANO PINETA LIMONE PIEMONTE LIMONE PIEMONTE LIMONE PIEMONTE LIMONE PIEMONTE LISSONE LISSONE LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVORNO LIVORNO LOCATE DI TRIULZI LODI LONATO LONGARONE LOVER LUCCA LUCCA LUCCA LUINO LUTAGO MACUGNAGA MADONNA DI CAMPIGLIO MADONNA DI CAMPIGLIO MADONNA DI CAMPIGLIO MADONNA DI CAMPIGLIO MAGIONE MALÈ MALLES MANAROLA MANTA MANTOVA MANTOVA MARANO SUL PANARO MARGHERA MARIA DI PIETRASANTA MARINA DI RAVENNA MARTELLAGO MARTIGNACCO MATELICA MELEGNANO MEOLO MERANO MERANO MERANO MERANO MERATE MESENZANA MEZZOLOMBARDO MEZZOLOMBARDO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MIRANO MODENA MODENA MODENA MOENA MONDOVÌ MONDOVÌ MONGUELFO MONIGA MONTEBELLUNA MONTEBELLUNA MONTEBELLUNA MONTEBELLUNA MONTESACRO MONTESILVANO MONTESILVANO MORBEGNO MORBEGNO MORGEX MORI MUCCIA NAGO TORBOLE NAPOLI NATURNO NEMBRO NEMBRO NICOLOSI NICOLOSI NOICATTARO NOVA LEVANTE NOVALESA OCCHIEPPO INFERIORE OLGIATE OLONA ORIO AL SERIO ORIO AL SERIO ORIO AL SERIO ORIO AL SERIO ORTISEI ORTISEI ORTISEI ORZINUOVI OSIMO OSPITALETTO OSTERIA DEL GATTO FOSSATO DI VICO OULX OULX OVINDOLI OVINDOLI PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PALAZZOLO SULL’OGLIO PALERMO PALERMO PAQUIER PARCINES PARMA PARMA PARMA PARMA PARMA PARMA PARMA PAVULLO NEL FRIGNANO PERGINE VALSUGANA PERNATE PERO PERUGIA PERUGIA PESARO PESCARA PESCARA PESCARA PESCARA PESCASSEROLI PESCASSEROLI PIACENZA PIACENZA PIACENZA PIACENZA
525. 526. 527. 528. 529. 530. 531. 532. 533. 534. 535. 536. 537. 538. 539. 540. 541. 542. 543. 544. 545. 546. 547. 548. 549. 550. 551. 552. 553. 554. 555. 556. 557. 558. 559. 560. 561. 562. 563. 564. 565. 566. 567. 568. 569. 570. 571. 572. 573. 574. 575. 576. 577. 578. 579. 580. 581. 582. 583. 584. 585. 586. 587. 588. 589. 590. 591. 592. 593. 594. 595. 596. 597. 598. 599. 600. 601. 602. 603. 604. 605. 606. 607. 608. 609. 610. 611. 612. 613. 614. 615. 616. 617. 618. 619. 620. 621. 622. 623. 624. 625. 626. 627. 628. 629. 630. 631. 632. 633. 634. 635. 636. 637. 638. 639. 640. 641. 642. 643. 644. 645. 646. 647. 648. 649. 650. 651. 652. 653. 654. 655. 656. 657. 658. 659. 660. 661. 662. 663. 664. 665. 666. 667. 668. 669. 670. 671. 672. 673. 674. 675. 676. 677. 678. 679. 680. 681. 682. 683. 684. 685. 686. 687. 688. 689. 690. 691. 692. 693. 694. 695. 696. 697. 698. 699. 700. 701. 702. 703. 704. 705. 706. 707.
HOBBY SPORT SPORT IN MONTAGNA OUTDOOR LIFE TOMMY SPORT VERTICAL SPORT PIANETA SPORT ASPORTSTATION STIMM ZAMBERLAN ARIAPERTA M.C.RUNNING MIRAFIORI SPORT 2 ONBOARD EUROSPORT FINDY SHOP SPORT HUB PINZOLO SPORTLAND PISOGNE DREAMSTORE SELMI TECHNOSPORT VALLEE SPORT PEAK PERFORMANCE STORE AMORINI OUTDOOR SPORTWAY PONTE KAPPAEMME SPORT MOUNTAIN SHOP BERGAMO SPORTLER PORDENONE TOFFOLI SPORT BOARD ROOM MIVAL SPORT BUGS SHOPS LA SPORTIVA POZZA DI FASSA BLOSSOM SKI DEKA UPPER IL CAMPIONE PRATO RUNOUT 3RD GENERATION VIGLIETTI SPORT SALEWA PREDAZZO V10 OFFTRACK CENTER BERGFUCHS MORASSI ETTORE OUTDOOR & TREKKING STORE ROSSIGNOL UDINE REGGIO GAS A1 CLIMBING GINETTO SPORT SURF PARADISE MONTAGNA DIMENSIONE SALVATORI SPORT POLLO WINTER SPORT THE NORTH FACE RIMINI PERTINGER MOUNTAIN SICKS VERTICAL SPORT RIVAROLO VERTICAL SPORTSWEAR SPORT NATURA ALP3 MONTAGNA ALTA QUOTA ROMA CAMPO BASE ROMA CAMPO BASE ROMA CLIMBER STORE GEOSTA KAHUNA LBM SPORT MIZUNO ROMA MONTURA ROMA ONERACE OUTDOOR EXPERIENCE PATAGONIA ROMA ROCK IT ROSSIGNOL PARMA RRTREK ROMA STAR WALL THE NORTH FACE THE NORTH FACE ROMA THE NORTH FACE ROMA URBANSTAR WP OSTIENSE CITY BEACH OMNIA SPORT SPORTLAND RONCADELLE REKORD SHERPA ATLANTE MONTELLO FRONTSIDE BLOCK3 CABAS SPORT MAKALU' SPORT MONTURA ROVERETO 100 - ONE SPORTLIFEE SPORT JOCHER MACIACONI ANIMA SPORTIVA PIÙ SPORT ALPSTATION AOSTA MG MOUNTAIN CISALFA SPORT AOSTA PAPIN SPORT SPORT HOLZER LAGAZOI SPORT SPORT HUB CHIAVENNA MILESI SPORT SPORTLAND SAN LEONARDO GODI SPORT SPORTLER SAN MARTINO TURNOVER SPORT SAN MARTINO SPORT SLALOM SLALOM SPORT SNOWBOARD'S HOUSE PARETI WEGER UNICO SPORT ALPSTATION BRESCIA NEW VIAGGIANDO GIUGLAR LAB IS SPORT GI-SPORT KRATTER FAMA SPORT OLIVER SKI ALPSTATION SARZANA KAU KAU 3.30 RUNNING STORE FRESH FARM 3SIXTY BESSON SPORT FAURE SPORT GIUGGIA SPORT PATTY SPORT MOUNTAIN EXPERIENCE AREA51 CLIMBING CENTER SWITCH SHOP LORI SPORT ALPSTATION SCHIO MAX SPORT VALLI SPORT PIANETA CICLO ART CLIMB PALESTRA BRUNO SPORT ACTIV SPORT SPORT WALTER BOARD STYLE CABOT COVE OUTDOOR CAFÈ SALEWA OUTLET SERRAVALLE HOT ICE SNOWBOARD KINIGER SPORTMODE MAXI SPORT SESTO S.G. TABACCHERIA BIOLCHINI MARCELLIN SPORT PASSET SPORT SPORT LE TORRI SURF SHOPPE XL MOUNTAIN IL MARATONETA SPORT RONDIRO PASSSPORT SIGNORESSA SPORTLER CLIMBING CENTER SPORTLER TREVISO DF SPORT SPECIALIST SIRTORI ALTERNATIVA SPORT ALPIN SPORT MODE ALPIN SPORTS K&K SPORTS SALEWA OUTLET VERONA CENTRO SPORT FIORELLI SPORT SONDRIO TUTTOSPORT MAZZUCCHI SPORTLAND SONICO EDEN SPORT VI BLOCK CAMPO BASE SPILAMBERTO MAKE MERRY BERGER SCHUHE SPORTLAND STEZZANO ALPSTATION TARVISIO SPORTLER TAVAGNACCO ZANI SPORT BLU SURFER PIÙ SPORT IOCORRO!
ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA
PIACENZA PIANCOGNO PIANELLA PIASCO PIETRAMURATA PIETRASANTA PIEVE D’ALPAGO PIEVE DI SOLIGO PIEVE DI TORREBELVICINO PINEROLO PINEROLO PINEROLO PINEROLO PINZOLO PINZOLO PINZOLO PISOGNE PISTOIA PISTOIA PLAN FELINAZ-FELINAZ PONT SAINT MARTIN PONTE DI LEGNO BS PONTE FELCINO PONTE NELLE ALPI PONTE SELVA DI PARRE PONTERANICA PORDENONE PORDENONE PORTO SAN GIORGIO POVE DEL GRAPPA POZZA DI FASSA POZZA DI FASSA PRATA CAMPORTACCIO PRATO PRATO PRATO PRATO NEVOSO PRATO NEVOSO PREDAZZO QUARTU SANT’ELENA RANICA RASEN-ANTHOLZ SÜDTIROL RAVASCLETTO RAVENNA REANA DEL ROJALE REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA RICCIONE RIETI RIETI RIMINI RIMINI RIO DI PUSTERIA RIVAROLO CANAVESE RIVAROLO CANAVESE RIVAROLO CANAVESE ROCCA DI MEZZO ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMAGNANO SESIA RONCADELLE RONCHI DEI LEGIONARI RONCO BRIANTINO RORETO DI CHERASCO ROSETO DEGLI ABRUZZI ROVERETO ROVERETO ROVERETO ROVERETO ROVERETO RUFFRE' - MENDOLA S. ANDRA S. CRISTINA SACILE SACILE SAINT CHRISTOPHE SAINT CHRISTOPHE SAINT-CHRISTOPHE SAN CANDIDO SAN CANDIDO SAN CASSIANO SAN CASSIANO SAN GIOVANNI BIANCO SAN LEONARDO IN PASSIRIA SAN MARTINO BUON ALBERGO SAN MARTINO BUON ALBERGO SAN MARTINO BUON ALBERGO SAN MARTINO DI CASTROZZA SAN MARTINO DI CASTROZZA SAN MARTINO DI CASTROZZA SAN MARTINO DI CASTROZZA SAN PANCRAZIO SAN PAOLO SAN VENDEMIANO SAN ZENO NAVIGLIO SANSEPOLCRO SANT'AMBROGIO SANT’AGOSTINO SAPPADA SARONNO SARONNO SARZANA SARZANA SASSUOLO SASSUOLO SAUZE D’OULX SAUZE D’OULX SAUZE D’OULX SAVIGLIANO SAVIGLIANO SAVIGNANO SUL RUBICONE SCANDICCI SCANDICCI SCHIAVON SCHIO SCHIO SCHIO SCOPPITO SEDICO SELVA GARDENA SELVA VAL GARDENA SELVA VAL GARDENA SENAGO SENIGALLIA SERAVALLE SCRIVIA SERRA SAN QUIRICO SESTO SESTO SAN GIOVANNI SESTOLA SESTRIERE SESTRIERE SESTRIERE SESTRIERE SETTIMO VITTONE SIENA SIENA SIGNORESSA SILEA SILEA SIRTORI SISTIANA SIUSI SIUSI SIUSI SONA SONDRIO SONDRIO SONDRIO SONICO SORBOLO SPESSA SPILAMBERTO SPOLETO ST. NIKOLAUS STEZZANO TARVISIO TAVAGNACCO TEMÙ TERAMO TERAMO TERNI
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ITA VERTIGINI SPORT ITA MONTURA FIEMME ITA SPORT VENTURA ITA CRAZY STORE TIRANO ITA ANGELI SPORT ITA TECNICAL SKI ITA ALPSTATION TORINO ITA ASD BOULDER BAR ITA BSHOP BRACCINI ITA BSHOP RAVINA ITA BSIDE CLIMBING VILLAGE ITA CUORE DA SPORTIVO ITA FERRINO STORE TORINO ITA FRESH STORE ITA GRASSI SPORT TORINO ITA JOLLY SPORT ITA JOLLY SPORT ITA MIZUNO STORE ITA MONTURA TORINO ITA ORIZZONTI VERTICALI ITA ORIZZONTI VERTICALI ITA PASSION SPORT ITA PROMOSPORT ITA RONCO ALPINISMO ITA SALA SPORT ITA SALEWA TORINO ITA SASP PALESTRA CLIMBING ITA SCHENONE SPORT ITA STRIKE ITA THE NORTH FACE TORINO ITA JIMMY SURF SHOP ITA READY TO RUN ITA TEDDY PALOMINO ITA GULLIVER TORRE PELLICE ITA SPORTLER VICENZA ITA LEZARD ITA CATTI SPORT ITA PARISPORT IDRO ITA LA SPORTIVA TRENTO ITA MONTURA TRENTO ITA ROCK & ICE TRENTO ITA SHERPA3 PATAGONIA ITA SPORTLER ALPIN TRENTO ITA SPORTLER TRENTO ITA TECNOSCI ITA VERTICAL SPORT TRENTO ITA MAGNITUDO ITA LE BLOC SHOP ITA ALPSTATION TRIESTE ITA AVVENTURA DUE ITA SPORTLER TRIESTE ITA PURA VIDA ITA FIASCARIS ITA K2 SPORT ITA SPORT CENTER ITA FIORELLI SPORT VALMASINO ITA SPORT CORONES ITA LAYAK ITA SPORT MODE MARIA SALEWA OUTLET VALMONTONE ITA ITA UAINOT SNOWBOARD SHOP ITA BONNY MODULAR LAB ITA ZOO PARK ITA SKICENTER ITA SPORTANGEL ITA SKI KLINIK ITA RIDER SHOP ITA ROSSINI SPORT ITA LODO SPORT ITA VERNAZZA SPORT ITA CAMPO BASE VERONA ITA DETOUR ITA GENERATION ITA MONTURA VERONA ITA OLIUNÌD VERONA ITA ROSSIGNOL VERONA ITA SLIDE BY DETOUR ITA THE NORTH FACE VERONA ITA ORIZZONTI MONTAGNA ITA MARATONANDO ITA OLIUNÌD LDR PALESTRA ITA OLIUNÌD VICENZA CENTRO ITA PRO SPORT ITA SERGIO SPORT ITA GILIOLI SPORT ITA MONDO MONTAGNA ITA VERTICAL NO LIMIT ITA DHO SPORT ITA ROSSI ITA SPORTLAND VILLANUOVA ITA AFFARI & SPORT VILLASANTA ITA BAROLI SPORT ITA CALZATURE BAROLI ITA SPORTLAND TORINO ITA HERBERT PLANK SPORT ITA BRUMA STREET STYLE ITA LIQUIDO ITA RUNNER LA SPORTIVA ZIANO DI FIEMME ITA ITA TIRABOSCHI SPORT ITA CRAS ITA QUOTA 362 ITA TABIA SPORT AT MOREBOARDS ST. JOHANN AT ATOMIC AUSTRIA GMBH AT MOREBOARDS AMSTETTEN AT SALEWA STORE SALZBURG AT SPORTLER AT BLUE TOMATO BREGENZ AT MOREBOARDS DORNBIRN AT ORANGE CORNER E.U. AT ALTON PREMIUM STORE AT HOTZONE.TV AT ALPIN LOACKER AT BERGFUCHS AT BLUE TOMATO GRAZ BLUE TOMATO LOGISTIK GRAZ AT AT MOREBOARDS GRAZ AT ALPSTATION INNSBRUCK BLACK DIAMOND INNSBRUCK AT AT BLUE TOMATO INNSBRUCK AT BURTON STORE INNSBRUCK AT BURTON STORE INNSBRUCK AT DIE BOERSE AT MOREBOARDS INNSBRUCK MOREBOARDS INNSBRUCK DEZ AT AT PATAGONIA INNSBRUCK AT SPORTLER WITTING THE NORTH FACE INNSBRUCK AT AT XDOUBLE ROCKNROLL MOUNTAIN STORE AT AT BLUE TOMATO KLAGENFURT AT MOREBOARDS KLAGENFURT AT HIGH LIFE HANDELS AT MOREBOARDS KUFSTEIN AT SPORTLER AT MOREBOARDS LANDECK AT MOREBOARDS LEOBEN AT BERGSPORT AT BLUE TOMATO LIENZ AT ZIMML ALPINAUSSTATTER BASE CAMP THE ALPINE STORE AT BETABOARDS X PETER WAGNER AT AT MOREBOARDS LINZ AT LIVID SPORTS AT MOREBOARDS MAYRHOFEN AT MOREBOARDS STUBAI AT BLUE TOMATO AT BLUE TOMATO OBERTAUERN AT BURTON STORE PARNDORF AT SALEWA OUTLET PARNDORF AT BLUE TOMATO LINZ AT MOREBOARDS PASCHING AT BOARD.AT AT SALEWA STORE SAALFELDEN AT BLUE TOMATO SALZBURG BLUE TOMATO ONLINE STORE AT AT BLUE TOMATO SCHLADMING SALEWA STORE SCHLADMING AT AT BLUE TOMATO SCS AT BLUE TOMATO SEIERSBERG AT MOREBOARDS SEIERSBERG AT MOREBOARDS SÖLDEN AT SPORT4YOU AT PETE SPORT AT MOREBOARDS ST. PÖLTEN AT BERGWERK AT MOREBOARDS STEYR MOREBOARDS INNTALCENTER AT AT BLUE TOMATO VILLACH AT MOREBOARDS WELS AT BLUE TOMATO WIEN AT BLUE TOMATO WIEN AT FAME BOARDSHOP AT HANG LOOSE AT MOREBOARDS WIEN AT SALEWA STORE WIEN AT STEPPENWOLF AT MOREBOARDS WIENER AT BLUE TOMATO WÖRGL AT ONSIGHT BERGSPORT AT LA RESISTANCE CH SNOWLIMIT
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1074. 1075. 1076. 1077. 1078. 1079. 1080. 1081. 1082. 1083. 1084. 1085. 1086. 1087. 1088. 1089. 1090. 1091. 1092. 1093. 1094. 1095. 1096. 1097. 1098. 1099. 1100. 1101. 1102. 1103. 1104. 1105. 1106. 1107. 1108. 1109. 1110. 1111. 1112. 1113. 1114. 1115. 1116. 1117. 1118. 1119. 1120. 1121. 1122. 1123. 1124. 1125. 1126. 1127. 1128. 1129. 1130. 1131. 1132. 1133. 1134. 1135. 1136. 1137. 1138. 1139. 1140. 1141. 1142. 1143. 1144. 1145. 1146. 1147. 1148. 1149. 1150. 1151. 1152. 1153. 1154. 1155. 1156. 1157. 1158. 1159. 1160. 1161. 1162. 1163. 1164. 1165. 1166. 1167. 1168. 1169. 1170. 1171. 1172. 1173. 1174. 1175. 1176. 1177. 1178. 1179. 1180. 1181. 1182. 1183. 1184. 1185. 1186. 1187. 1188. 1189. 1190. 1191. 1192. 1193. 1194. 1195. 1196. 1197. 1198. 1199. 1200. 1201. 1202. 1203. 1204. 1205. 1206. 1207. 1208. 1209. 1210. 1211. 1212. 1213. 1214. 1215. 1216. 1217. 1218. 1219. 1220. 1221. 1222. 1223. 1224. 1225. 1226. 1227. 1228. 1229. 1230. 1231. 1232. 1233. 1234. 1235. 1236. 1237. 1238. 1239. 1240. 1241. 1242. 1243. 1244. 1245. 1246. 1247. 1248. 1249. 1250. 1251. 1252. 1253. 1254. 1255. 1256.
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1607. 1608. 1609. 1610. 1611. 1612. 1613. 1614. 1615. 1616. 1617. 1618. 1619. 1620. 1621. 1622. 1623. 1624. 1625. 1626. 1627. 1628. 1629. 1630. 1631. 1632. 1633. 1634. 1635. 1636. 1637. 1638. 1639. 1640. 1641. 1642. 1643. 1644. 1645. 1646. 1647. 1648. 1649. 1650. 1651. 1652. 1653. 1654. 1655. 1656. 1657. 1658. 1659. 1660. 1661. 1662. 1663. 1664. 1665. 1666. 1667. 1668. 1669. 1670. 1671. 1672. 1673. 1674. 1675. 1676. 1677. 1678. 1679. 1680. 1681. 1682. 1683. 1684. 1685. 1686. 1687. 1688. 1689. 1690. 1691. 1692. 1693. 1694. 1695. 1696. 1697. 1698. 1699. 1700. 1701. 1702. 1703. 1704. 1705. 1706. 1707. 1708. 1709. 1710. 1711. 1712. 1713. 1714. 1715. 1716. 1717. 1718. 1719. 1720. 1721. 1722. 1723. 1724. 1725. 1726. 1727. 1728. 1729. 1730. 1731. 1732. 1733. 1734. 1735. 1736. 1737. 1738. 1739. 1740. 1741. 1742. 1743. 1744. 1745. 1746. 1747. 1748. 1749. 1750. 1751. 1752. 1753. 1754. 1755. 1756. 1757. 1758. 1759. 1760. 1761. 1762. 1763. 1764. 1765. 1766. 1767. 1768. 1769. 1770. 1771. 1772. 1773. 1774. 1775. 1776. 1777. 1778. 1779. 1780.
LEADING RELAX HOTEL MARIA ITA ITA RESIDENCE LASTÈ ITA RESORT DOLCE CASA ITA HOTEL BELLAVISTA ITA WINE HOTEL SAN GIACOMO ITA HOTEL ALPECHIARA ITA HOTEL PIANDINEVE ITA SPORT HOTEL VITTORIA ITA ALPIN HOTEL SONNBLICK ITA HOTEL WALDHOF ITA HOTEL BARRAGE ITA HOTEL VILLA GLICINI ITA HOTEL EUROPEO ITA BEVERLY HOTEL DOLOMEET BOUTIQUE HOTEL ITA ITA HOTEL CRISTINA LEFAY RESORT&SPA DOLOMITI ITA ITA OLYMPIC PALACE ITA BLU HOTEL ACQUASERIA ITA GRAND HOTEL PARADISO ITA HOTEL GARNI SORRISO ITA HOTEL MIRELLA ITA JOLLY RESORT&SPA ITA RESIDENCE CLUB ITA CHALET LA CIASETA ITA FAMILY HOTEL GRAN BAITA ITA HOTEL ANDA HOTEL TERME ANTICO BAGNO ITA ITA WELLNESS FASSA ITA HOTEL CASTEL PIETRA ITA FALKENSTEINER HOTEL ITA HOTEL RUDOLF ITA K1 MOUNTAIN CHALET MAJESTIC HOTEL & SPA RESORTITA ITA PARKHOTEL SCHÖNBLICK ITA ROYAL HOTEL HINTERHUBER ITA GRAND HOTEL LIBERTY ITA GRAND HOTEL RIVA ITA HOTEL ANTICO BORGO ITA HOTEL EUROPA ITA HOTEL LIDO PALACE ITA HOTEL LUISE ITA HOTEL PORTICI ITA HOTEL SOLE RELAX ITA VILLA NICOLLI ITA HOTEL LEON D’ORO ITA HOTEL BELLERIVE ITA HOTEL LAURIN ITA HOTEL SALÒ DU PARC ITA RIVALTA LIFE STYLE HOTEL ITA HOTEL ORSO GRIGIO ITA HOTEL VILLA STEFANIA ITA NATURHOTEL LEITLHOF ITA PARKHOTEL SOLE PARADISO ITA POST HOTEL ITA RESIDENCE SILVIA ITA SPORTHOTEL TYROL ITA ZIN SENFTER RESIDENCE ITA HOTEL LA VETTA ITA HOTEL LADINIA ITA RENÈ DOLOMITES BOUTIQUE ITA X ALP HOTEL ITA HOTEL MONTE SELLA ITA CHRISTOPHORUS MOUNTAIN ITA HOTEL AL SONNENHOF ITA HOTEL CHALET CORSO ITA HOTEL CONDOR ITA HOTEL MAREO DOLOMITES ITA HOTEL TERESA RESIDENCE PLAN DE CORONES ITA ITA SPORTHOTEL EXCLUSIVE ITA HOTEL BAITA FIORITA HOTEL RESIDENCE 3 SIGNORI ITA ITA HOTEL VEDIG ITA CHABERTON LODGE ITA HOTEL LA TORRE ITA RELAIS DES ALPES AGRITURISMO MASO LARCIUNEI ITA ITA APARTMENTS SUNELA ITA ARTHOTEL ANTERLEGHES ITA ASTOR SUITES B&B ITA BIANCANEVE FAMILY HOTEL ITA BOUTIQUE HOTEL NIVES ITA CHALET ELISABETH ITA GRANBAITA DOLOMITES ITA HOTEL AARITZ ITA HOTEL ACADIA ITA HOTEL ALPENROYAL ITA HOTEL ANTARES ITA HOTEL CHALET S ITA HOTEL CONTINENTAL ITA HOTEL DORFER ITA HOTEL FANES ITA HOTEL FREINA ITA HOTEL GARNI DOLOMIEU ITA HOTEL GENZIANA ITA HOTEL MIRAVALLE ITA HOTEL OSWALD HOTEL PORTILLO DOLOMITES ITA ITA HOTEL SOMONT ITA HOTEL SUN VALLEY ITA HOTEL TYROL ITA HOTEL WELPONER ITA LUXURY CHALET PLAZOLA ITA MOUNTAIN DESIGN HOTEL MOUNTAIN HOME VILLA ANNA ITA ITA RESIDENCE ISABELL ITA RESIDENCE VILLA FUNTANES RESIDENCE VILLA GRAN BAITA ITA THE LAURIN SMALL&CHARMING ITA ITA WELLNESS RESIDENCE VILLA ITA RESIDENCE VILLA AL SOLE ITA HOTEL TRE CIME SESTO ALPENWELLNESSHOTEL ST.VEIT ITA ITA APARTMENTS RIEGA ITA BERGHOTEL SEXTEN ITA CIMA DODICI B&B ITA FAMILY RESORT RAINER ITA HOTEL ALPENBLICK ITA HOTEL DOLOMITENHOF ITA HOTEL MONIKA ITA HOTEL MONTE CROCE ITA BAD MOOS ITA GRAND HOTEL SESTRIERE ITA HOTEL CRISTALLO ITA HOTEL IL FRAITEVINO HOTEL SHACKLETON MOUNTAIN ITA ITA PRINCIPI DI PIEMONTE ITA ACTIVEHOTEL DIANA ARTNATUR DOLOMITES HOTEL ITA ITA HOTEL WALDRAST DOLOMITI ITA MIRABELL ALPINE GARDEN ITA NATUR RESIDENCE ITA SCHWARZER ADLER ITA SENSORIA DOLOMITES ITA DOLMITES NATURE ITA BAD RATZES ITA HOTEL CEVEDALE PARADIES MOUNTAIN RESORT ITA ITA GRAND HOTEL DELLA POSTA ITA GRAND HOTEL BRISTOL ITA GRAND HOTEL DES ILES ITA HOTEL ASTORIA ITA HOTEL LA PALMA ITA HOTEL MILAN SPERANZA ITA HOTEL REGINA PALACE ITA HOTEL EDELHOF ITA HOTEL IL CERVO ITA CURT DI CLEMENT ECO ITA HOTEL CENTRALE ITA HOTEL DOSSES ITA ALPINHOTEL VAJOLET ITA GRAND HOTEL TREMEZZO ITA HOTEL LENNO ITA ALBERGO ACCADEMIA ITA BOUTIQUE EXCLUSIVE B&B ITA GRAND HOTEL TRENTO ITA HOTEL AMERICA ITA HOTEL BUONCONSIGLIO ITA BÄRENHOTEL ITA BERGHOTEL HOTEL ITA HOTEL CHRISTOPH ITA KRONPLATZ-RESORT ITA HOTEL DU LAC ITA HOTEL ROYAL VICTORIA ITA HOTEL VILLA CIPRESSI ITA GRAND HOTEL MAJESTIC ITA HOTEL ANCORA ITA HOTEL BELVEDERE ITA HOTEL PALLANZA ITA GRAND HOTEL MIRAMONTI ITA HOTEL DELLE ALPI ITA HOTEL RESTAURANT LILIE ITA WELLNESS PARADISE
MOENA MOENA MOENA MONTEBELLUNA PADERNO DEL GRAPPA PALLEUSIEUX PASSO DEL TONALE PASSO DEL TONALE PERCA PERCA PINEROLO PINEROLO PINZOLO PINZOLO PINZOLO PINZOLO PINZOLO PINZOLO PONTE DI LEGNO PONTE DI LEGNO PONTE DI LEGNO PONTE DI LEGNO PONTE DI LEGNO PONTE DI LEGNO POZZA DI FASSA POZZA DI FASSA POZZA DI FASSA POZZA DI FASSA POZZA DI FASSA PRIMIERO RISCONE RISCONE RISCONE RISCONE RISCONE RISCONE/BRUNICO RIVA DEL GARDA RIVA DEL GARDA RIVA DEL GARDA RIVA DEL GARDA RIVA DEL GARDA RIVA DEL GARDA RIVA DEL GARDA RIVA DEL GARDA RIVA DEL GARDA ROVERETO SALÒ SALÒ SALÒ SALÒ SAN CANDIDO SAN CANDIDO SAN CANDIDO SAN CANDIDO SAN CANDIDO SAN CANDIDO SAN CANDIDO SAN CANDIDO SAN DOMENICO SAN GIOVANNI DI FASSA SAN GIOVANNI DI FASSA SAN GIOVANNI DI FASSA SAN VIGILIO DI FAREBBE SAN VIGILIO DI MAREBBE SAN VIGILIO DI MAREBBE SAN VIGILIO DI MAREBBE SAN VIGILIO DI MAREBBE SAN VIGILIO DI MAREBBE SAN VIGILIO DI MAREBBE SAN VIGILIO DI MAREBBE SAN VIGILIO DI MAREBBE SANTA CATERINA SANTA CATERINA SANTA CATERINA SAUZE D’OULX SAUZE D’OULX SAUZE D’OULX SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SELVA DI VAL GARDENA SESTO SESTO SESTO SESTO SESTO SESTO SESTO SESTO SESTO SESTO SESTO MOSCO SESTRIERE SESTRIERE SESTRIERE SESTRIERE SESTRIERE SIUSI SIUSI SIUSI SIUSI SIUSI SIUSI SIUSI SIUSI ALLO SCILIAR SIUSI ALLO SCILIAR SOLDA SOLDA SONDRIO STRESA STRESA STRESA STRESA STRESA STRESA TARVISIO TARVISIO TIRANO TIRANO TIRES TIRES TREMEZZINA TREMEZZINA TRENTO TRENTO TRENTO TRENTO TRENTO VALDAORA VALDAORA VALDAORA VALDAORA VARENNA VARENNA VARENNA VERBANIA VERBANIA VERBANIA VERBANIA VERMIGLIO VERMIGLIO VIPITENO ZIANO DI FIEMME
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LAST WORD BY DAVIDE FIORASO
Quando corriamo abbiamo la sensazione di ragionare meglio. Il motivo è fisico: gran parte del sangue in circolo è impegnato a irrorare i muscoli sotto sforzo. Il cervello, che a riposo consuma il 20% delle nostre risorse energetiche, riceve meno energia ed entra in uno stato di bassa intensità produttiva. Non pensa a molte cose, se non a quelle vitali. Vi si crea un vuoto e questo vuoto viene presto animato da pensieri così poco pensati che non sembrano neanche nostri.
PHOTO PAOLO SARTORI
Uno spazio aperto dove vanno a giocare le nostre riflessioni. “Insomma, i pensieri che si avvicendano nella mia mente mentre corro sono semplicemente dei derivati dal nulla, tutto lì. Si formano ruotando intorno al nulla. Somigliano alle nuvole che vagano nel cielo. Nuvole di grandezza e forme diverse che arrivano, e se ne vanno.” - L'arte di correre (Murakami)
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GOLDEN GATE KIMA RT
THE ALPINE ELEVATOR. The new shoe for rough terrain, powered by Carbon Rebound Technology. “With these rockets on my feet I get used to going faster, quick to my dreams” Manuel Merillas, Mont Blanc and Monte Rosa FKT with Golden Gate Kima RT, August 2021. SCARPA.COM