The Pill Magazine 37 IT

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• ISSUE 37 •

25.000 COPIES IN 1100 SHOPS IN ITALY, SWITZERLAND, AUSTRIA, GERMANY, FRANCE, BELGIUM, NETHERLANDS, SPAIN AND ENGLAND | PHOTO MATTEO PAVANA



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EDITO BY

D AV I D E F I O R A S O Nero, come il petrolio sprecato tra plastiche e packaging. Nero, come le condizioni di lavoro che vi si celano dietro. Nero, come la morte di tante piccole imprese. Nero, come l'umore di chi, dopo l'ennesimo acquisto compulsivo, si ritrova ancora più triste. Scrivo questo editoriale a pochi giorni dal Black Friday, quanto di “meglio” siamo riusciti a importare dal regno del consumismo bulimico. Il giorno dello shopping sfrenato, in cui ci si accoda per spendere, ci si tuffa nella ubriacatura del consumo a tutti i costi, ci si fa prendere dalla bramosìa di avere. Il giorno in cui comprare è l'unica cosa che conta. E poco importa se ogni anno finiscono in mare 12 milioni di tonnellate di plastica. Poco importa del rispetto dei diritti umani o dei lati oscuri inerenti ai ritmi di lavoro. Poco importa delle tante piccole imprese impossibilitate a competere con questi fenomeni di marketing smodato. Quello che dobbiamo far capire è che il momento dell’acquisto è una scelta molto importante per il singolo consumatore; una scelta che ha conseguenze concrete sulla società e sull’ambiente. Occorre invertire la rotta, porre fine alla ritualità di un consumo irrefrenato, sensibilizzare le persone a conciliare gli acquisti con il rispetto della terra che ci ospita, a sostenere un’economia circolare. Non possiamo continuare ad alimentare eccessi di consumo che comportano lavori precari e incoraggiano la sovrapproduzione di merci. Al nero del Black Friday dobbiamo rispondere con il verde: il verde di una passeggiata all’aria aperta. Il verde dei soldi risparmiati. Il verde della speranza. Che ci siano più persone pronte a sorridere di quel che hanno già, piuttosto che comprare ciò che non gli serve. Comprare meno e meglio, acquistare ciò che è utile e ciò che è stato prodotto in maniera responsabile. Liberi dal consumo fine a sé stesso, dagli sprechi e dalla sudditanza dell’avere, tutto e sempre. Make Friday Green again.


SKIMOUNTAINEERING APPAREL COLLECTION

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CREW THE PILL

EDITOR IN CHIEF

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Denis Piccolo | denis@hand-communication.com

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E D I TO R I A L C O O R D I N ATO R S

C O M PA N Y E D I TO R

Davide Fioraso , Giulia Boccola , Silvia Galliani

Hand Communication Corso Francia 17, Torino hello@hand-communication.com

E D I T I N G & T R A N S L AT I O N S

Silvia Galliani COVER ART DIRECTION

Photo Matteo Pavana

George Boutall | george@evergreendesignhouse.com Francesca Pagliaro, Diego Marmi

PRINT

L'artistica Savigliano Savigliano - Cuneo - Italy lartisavi.it

THEPILLMAGAZINE.COM

Giulia Boccola , Silvia Galliani, Federico Mura

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PHOTOGRAPHERS & FILMERS

25.000 copies distribuited in 1100 shops in Italy, Switzerland, Austria, Gemrany, France, Belgium, Spain, England & The Netherlands

Matteo Pavana, Thomas Monsorno, Andrea Schilirò, Denis Piccolo, Patte Schwienbacher, Achille Mauri, Federico Ravassard, Simone Mondino, Alice Russolo

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C O L L A B O R ATO R S

Sofia Parisi, Matteo Rossato, Fabrizio Bertone, Enrico Santillo, Dario Toso, Dario Marchini, Eva Bonk, Luca Albrisi, Antonio Isaja, Marta Manzoni, Luca Schiera, Federico Mura SHOP & SUBSCRIPTIONS

The Pill rivista bimestrale registrata al tribunale di Milano

www.thepillmagazine.com/shop

il 29/02/2016 al numero 73

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What Would You Do Without Winter?

Your winter. Your choice. Powder days are worth protecting. Connect with local groups and fight the climate crisis from your own backyard.

A bummed skier makes the best of it at the local lanes. Garrett Grove Š 2019 Patagonia, Inc.

patagonia.com/yourwinter


ISSUE 37 CONTENTS

T H E D A I LY P I L L

THE NOSE SPEED RECORD

P. 4 8

P. 1 2

OBERALP CONVENTION

P. 5 0

KILLER COLLAB

P. 1 6

DANNER

P. 5 6

ECO SEVEN

P. 2 0

FEELING THE WILDNESS

P. 6 0

ARCTERYX

P. 2 4

ALEX MEGOS ITW

P. 6 6

VIBRAM

P. 2 6

TNF FUTURE LIGHT

P. 7 0

O RTOVOX

P. 2 8

A TA L K W I T H Y U L I A

P. 7 6

NEW BALANCE

P. 3 0

S H E LT E R M O V I E

P. 8 0

FJ Ä L L R ÄV E N

P. 3 2

FRANCESCO & CESARE ITW

P. 8 6

DEUTER

P. 3 4

T H E F I R S T A S C E N T B H A G I R AT H I I V

P. 9 2

A C T I O N W O R K S . PATA G O N I A

P. 3 6

ONCE UP ON A TIME

P. 1 0 0

ADIDAS 5.0

P. 3 8

AWA K E

P. 1 0 6

D Y N A F I T B O O T T LT 8

P. 4 0

CERVINO

P. 1 1 4

GARMIN INREACH

P. 4 1

ON MY SHOULDER

P. 1 2 2

FERRINO FULL SAFE

P. 4 2

NEIGHBOR

P. 1 3 0

JONES FRONTIER - RP ROBERTS

P. 4 4

SHOP LIST

P. 1 4 0

SIMON MESSNER

P. 4 6

LAST WORD

P. 1 4 4

BEST MADE

P. 8

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BREAK THE LAW OF GRAVITY – BE

E I G E R J O C H L I G H T I N T- S H I R T

V E RY WA R M & V E RY V E RY L I G H T For extreme winter tours with lightest equipment. Unmatched weight-warmth ratio: less than 100 g, extremely rare 1000 cuin goose down insulation and ultrafine 5-denier nylon material. Just right for your highest performance.

M A M M U T. C O M

LIGHT


THE DAILY PILL BY DAV I D E F I O R AS O

NIRMAL NIMS PURJA COMPLETA IL PROJECT POSSIBLE Il 29 ottobre, con la scalata dello Shisha Pangma, “Nims” Purja ha scritto la storia dell’alpinismo,

portando a termine il suo Project Possible: le 14 montagne più alte al mondo in meno di 7 mesi. Vera forza della natura, atleta straordinario, motivato da mentalità e determinazione fuori dal comune,

il 22 maggio era riuscito a salire Everest e Lhotse in meno di 10 ore. “Questo progetto non è mai stato

solo mio e penso sia la ragione per cui sono stato in grado di superare alcuni tra i più grandi ostacoli mai incontrati. Questo è accaduto solo grazie al supporto di amici e followers da tutto il mondo. Abbiamo iniziato dal nulla, e guarda dove siamo arrivati. L’impossibile è stato reso possibile”.

I S P O S I P R E PA R A A F E ST EG G I A R E I L 5 0° C O M P L E A N N O Sii responsabile. Sii attivo. Sii creativo. È questo il motto con cui la fiera Ispo si appresta a ospitare gli operatori del settore dal 26 al 29 gennaio 2020. Quella di Monaco di Baviera sarà un’edizione speciale in cui si festeggerà il 50° anniversario. La kermesse, come da tradizione, permetterà di

scoprire le ultime tendenze dell’outdoor, degli sport invernali e del fitness. “Da 50 anni creiamo

legami preziosi, unendo il mondo dello sport in un unico luogo per quattro giorni e guidando con passione lo sviluppo dello sport” - ha dichiarato Markus Hefter, direttore di ISPO Munich. “Il nostro obiettivo è quello di creare in ognuno l’entusiasmo per lo sport e la consapevolezza per un approccio sostenibile alla natura”. BA M ! TO R N A A M A N TOVA I L R A D U N O E U R O P EO D E I V I AG G I ATO R I I N B I C I C L E T TA La sesta edizione del BAM! Bicycle Adventure Meeting torna a Mantova dal 15 al 17 maggio 2020.

Il grande raduno europeo dei viaggiatori in bicicletta vi aspetta nella straordinaria location del Lungolago Gonzaga con tre giorni di incontri, workshop ed eventi dedicati a chi pedala per andare

lontano. Il tema scelto? La libertà: quella di partire, di tornare, di non tornare per un pò, di cambiare vita, o semplicemente di essere se stessi. Tre giorni divertimento, nello stile di chi ama viaggiare

leggero, indirizzati alla scoperta di un territorio che sta investendo molto sul cicloturismo e sulla mobilità verde. Tutte le info su www.bameurope.it.

VIBRAM ANNUNCIA LA PARTNERSHIP CON URBAN WALL Vibram ha annunciato la partnership triennale con Urban Wall di Pero, Milano, una tra le più

grandi palestre d’arrampicata d’Europa. L’iniziativa si inserisce nel progetto climbing supportato dall’azienda, iniziato nel 2019 con la presentazione del nuovo Climbing Team Vibram e della

nuova mescola XS Flash 2. “Quella con Urban Wall è la prima collaborazione in un contesto su scala

europea. Contiamo di annunciare prestissimo le evoluzioni del progetto, che vedrà entro l’anno una seconda partnership in Italia e nuove attivazioni all’estero nel 2020” - ha dichiarato Jerome Bernard, Direttore Sport Innovation Marketing dell’azienda.

KO M O OT – SAY H E LLO TO YO U R N E X T A DV E NT U R E Singletracks, sentieri di montagna o strade asfaltate: con l’app Komoot puoi arrivare ovunque,

senza mai perdere la rotta. Che si tratti di ciclismo su strada, escursionismo, bikepacking o mountain bike, grazie alla tecnologia di pianificazione e navigazione puoi scoprire la natura

in modo più semplice. Komoot non solo ti accompagna su percorsi già battuti, ma ti aiuta a

creare il tour su misura per te. Komoot funziona anche offline ed è sincronizzabile con qualsiasi smartwatch o ciclocomputer visualizzando in tempo reale la direzione e le statistiche del giro sull’interfaccia del tuo dispositivo: Apple Watch, Samsung Gear, Wahoo Elemnt o Garmin.

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BY DAV I D E F I O R AS O

#RIDELIKEAMUMMY - IL PROGETTO PER SOSTENERE LE MAMME NEI MOMENTI DIFFICILI Il messaggio è forte e chiaro: “Mamme, anche nei momenti difficili non sarete mai sole”. A farlo risuonare tre donne, tre mamme, tre sportive: Paola Santini, marketing director di Santini Cycling Wear, Jasmine

Dotti e Alice Leandro, che hanno dato vita a #ridelikeamummy, progetto a scopo benefico con l’obiet-

tivo di dare aiuto medico e psicologico alle donne che affrontano complicanze durante la gravidanza. Due le finalità successive: diventare una Onlus e far crescere una community attraverso cui motivare le neomamme a riappropriarsi di una vita attiva. Per dare il via in grande stile Paola, Jasmine e Alice si sono alternate in una staffetta all’Ironman 70.3 di Cervia salendo sul gradino più alto del podio.

FERRINO: 150 ANNI E NON SENTIRLI 150 anni possono sembrare tanti, ma in Ferrino sembrava ieri quando il bisnonno Cesare testava le prime impermeabilizzazioni delle cere nel retro della sua bottega di via Nizza, a Torino. Da oltre un

secolo Ferrino realizza prodotti per l’outdoor con la passione e la dedizione tipiche delle aziende familiari, e per questo traguardo ha deciso di farsi un regalo, un “Ferrino Journal” per raccontare le proprie storie, quelle del passato, quelle del presente ma sopratutto quelle del futuro. Per ricordare costantemente le proprie origini, e al tempo stesso lavorare per raggiungere nuove mete.

ORTOVOX SAFETY ACADEMY 2020 Una delle più grandi iniziative di formazione sulla prevenzione valanghe al mondo. Da ormai

sette anni Ortovox propone agli appassionati di montagna invernale corsi ed eventi legati alla sicurezza sulla neve: i Safety Academy, su tre livelli progressivi, le Safety Nights gratuite e i Safety Events in collaborazione con i retailer. Tutti questi coordinati e gestiti da guide alpine UIAGM, a

garanzia della massima qualità e uniformità didattica su tutto l’arco alpino. Le date 2020 sono già state attivate. Corri sul sito www.ortovox.com per scoprire l’evento più vicino a te. Nell’ambito

delle Safety Nights e dei Safety Events si realizzerà concretamente anche la nuova collaborazione con Garmin, in cui saranno presentati prodotti di supporto come il GPSMAP 66i.

A D I D A S C H I U D E R A’ L E S P E E D FA C T O R Y Entro aprile 2020 Adidas chiuderà le Speedfactory di Ansbach (Germania) e Atlanta (Stati Uniti). Questa notizia segna la fine di un innovativo progetto di Industria 4.0 iniziato nel dicembre 2015 con il primo impianto pilota in grado di utilizzare robot e macchinari ad alta efficienza per automatizzare e velocizzare la produzione di scarpe. Per ridurre i costi, il colosso di Herzogenaurach trasferirà in Asia la totalità delle tecnologie e delle conoscenze acquisite in termini di automazioni, sfruttando anche i progressi fatti finora dai partner locali. Il tutto per rispondere più rapidamente alle

tendenze del mercato e garantire contemporaneamente una produzione più flessibile ed economica.

L A SPORTIVA: A L V I A I L N U O V O P R O G E T T O D I S I M O N E M O R O E TA M A R A L U N G E R Simone Moro e Tamara Lunger, ambassador La Sportiva, sono partiti per la loro nuova spedizione invernale: il concatenamento del Gasherbrum I (8.068 m) e Gasherbrum II (8.035 m). Una conquista alpinistica, realizzata per la prima volta nell'estate del 1984 da Reinhold Messner e Hans Kammerlander, che nessuno ha mai ripetuto in tutti questi anni, tantomeno nella stagione più difficile,

l’inverno. Il progetto sarà suddiviso in due parti: nella prima tenteranno la salita del Gasherbrum I, replicando l’impresa del marzo 2012 di Adam Bielecki e Janusz Golab. Nella seconda l'ascesa del Gasherbrum II partendo direttamente dal colle che separa le due cime. 10


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BEST MADE BY DAV I D E F I O R AS O

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1 . S H E R PA A DV E N T U R E G E A R

2.RMU

3 . S CA R PA

ANNAPURNA JACKET

BRFCS TRAVEL BAG 35L

KALIPÈ

Giacca imbottita con isolamento Thinsulate Featherless 75% riciclato, l’innovativo materiale 3M che sostituisce la piuma naturale garantendo calore anche da bagnato. Shell in poliestere riciclato al 100% con finitura DWR resistente all'acqua, cappuccio foderato in Lycra per una vestibilità confortevole. La giacca è altamente comprimibile e viene fornita nel suo sacchetto per lo stoccaggio. Tasca Napoleon sul petto e due tasche laterali chiuse con zip. I materiali sono certificati Oeko-Tex e Bluesign.

Nel 2008, in un garage di Frisco, un gruppo di ragazzi iniziava a costruire artigianalmente sci da freeride. Dieci anni dopo, Rocky Mountain Underground è diventata una company di alpine equipment in piena regola. Brfcs è la nuova travel bag in tela cerata 630D resistente alle intemperie. Ha una capacità di 35L, espandibili fino a 50, con scomparti interni separati, una custodia per laptop imbottita in Eva, tasche con zip per gli elementi essenziali. La cinghia di compressione rimovibile funge anche da apribottiglie.

Kalipè è la calzatura da approach di Scarpa adatta a vie ferrate e avvicinamento tecnico in ambiente alpino. Confortevole, pensata per utilizzi prolungati, è ideale per affrontare terreni rocciosi. Il disegno del battistrada prevede una climbing zone per agevolare l’arrampicata sui primi gradi. La tomaia in pelle scamosciata idrorepellente protegge in caso di pioggia. La gomma avvolge l’intersuola nella parte anteriore per garantire protezione e precisione, nella parte posteriore per massimo contenimento.

4.CASCADA

5.PIEPS

6.AKU

M E R I N O B A S E L AY E R LO N G S L E E V E

IPROBE II

SERAI GTX

Il primo strato per le tue avventure invernali. Merino Base Layer a manica lunga, realizzato con un mix di lana merino e poliestere, aiuta a regolare la temperatura corporea garantendo un adeguato isolamento termico nelle giornate fredde. L’umidità viene assorbita direttamente nelle fibre della lana lasciando la pelle asciutta e calda, anche da bagnata. Con un taglio unisex e una perfetta aderenza anatomica, mantiene inalterata l'elasticità per garantire il massimo comfort e la totale libertà di movimento.

Degna erede della prima versione, Iprobe II è la sonda elettronica che consente di eseguire con maggiore rapidità il soccorso in valanga grazie all’indicazione acustica e visiva. Con l’auto-switch la sonda si attiva automaticamente in presenza di tensione. Il ricevitore integrato individua qualsiasi trasmettitore Artva e fornisce assistenza in caso di sepolture multiple grazie allo sleep-mode automatico compatibile con apparecchi Pieps che hanno l'iProbe-Support. Disponibile nelle misure 220, 260 e 300 cm.

Calzatura tecnica ramponabile per alpinismo e attività in alta montagna. Robusta e resistente grazie alla tomaia con anima in Kevlar, confortevole e funzionale grazie alla membrana Gore-Tex e la fodera termoisolante Primaloft. Intersuola Exoskeleton in PU a doppia densità, battistrada Vibram Nepal e sottopiede di montaggio in fibra di carbonio con struttura in alluminio alveolare. Adatta all’utilizzo su roccia e cascate di ghiaccio, è compatibile con ramponi ad aggancio automatico.

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ATTRACT


BEST MADE BY DAV I D E F I O R AS O

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7. M A M M U T

8.OTTERBOX

9.GARMONT

PHOTICS HS THERMO HOODED JACKET

ELE VATION 14 MUG

TIKAL

Dovunque tu voglia andare, la nuova tazza da caffè Elevation 14 di Otterbox diventerà la tua migliore amica. Realizzata in acciaio inossidabile, con rivestimento interno in rame, questa mug dal design maneggevole e funzionale resiste agli usi e abusi mantenendo la tua bevanda calda per ore. Dispone inoltre di un coperchio in plastica e silicone a prova di sversamento ed è disponibile in versione acciaio spazzolato o in 4 diversi colori verniciati a polvere. Garanzia a vita.

Per l’outdoorsman che desidera una calzatura confortevole, dall’aspetto moderno, fresco e naturale. Adatta al cammino nei sentieri, al viaggio e all’uso quotidiano. Tomaia in pelle Italiana pieno fiore rovesciata da 2.2 mm per una traspirazione ottimale e grande comfort, punta e tallone rinforzato in Pu, plantare in cocco con fodera in cotone, intersuola in Eva e sughero con shank anti-torsione. Suola Michelin Cross Terrain che fornisce adattabilità e supporto su terreni irregolari.

La prima giacca al mondo ad utilizzare la fusione laser. Photics è un piumino completamente impermeabile e traspirante, ideale per condizioni estreme di freddo, vento e bagnato. Grazie all’innovativa tecnologia Laser Fuse i materiali vengono uniti tra di loro senza l’utilizzo di adesivi, creando zone isolate prive di cuciture. Questa edizione limitata a 500 esemplari è stata sviluppata e prodotta a Seon, sede svizzera di Mammut in cui si trova il primo ed unico laboratorio per la saldatura laser dei tessuti.

10.NOORI

11.BUCKNBEAR

12.MSR GEAR

V01

MINI SURVIVAL HATCHET

LIGHTNING ASCENT SNOWSHOES

Amici, musica e storie, profumo di legno e buon cibo. Una pausa dalle attività giornaliere in cui il fuoco è l'elemento centrale. Noori è un oggetto multifunzione che esplora diversi usi (stufa, bbq, forno e braciere) attraverso il design unico di componenti e accessori, offrendo una grande esperienza agli amanti della cucina all’aria aperta. Il corpo principale è costituito da un blocco di cemento refrattario, resistente alle alte temperature, con un sistema di stufa verticale per ottimizzare la combustione.

Un attrezzo super compatto lungo appena 8 pollici. La Mini Survival Hatchet presenta un profilo sottile, una costruzione full tang e un design esclusivo della testa con bordi affilati multipli per una maggiore versatilità. Realizzata in resistente acciaio inossidabile 440C, è dotata di un impugnatura G10 antiscivolo e viene fornita con una guaina Kydex per facilitarne il trasporto. Pratica e maneggevole in ogni situazione, un must have per le tue avventure all’aria aperta.

L'apice delle racchette da neve di alto livello. Ultraleggere e aggressive su tutti i terreni, le nuove Lightning Ascent si avvalgono dell’avanzato sistema Paragon, con un cinturino in mesh progettato per avvolgere saldamente lo scarpone senza punti di pressione: massimo controllo senza compromessi. Il decking in Tpu ballistic-grade offre una durata illimitata, mentre il telaio 360 Traction assicura un'impareggiabile aderenza, soprattutto sui traversi. L’alzatacco Ergo Televator migliora l’efficienza nei tratti più ripidi.

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ARCTIC 600

Step into winter with confidence. With Vibram Arctic Grip outsole technology and PrimaLoft Gold insulation, the all-new Arctic 600 is ready to conquer the icy-cold. Weatherized for life outside. DANNER.COM/WEATHERIZED ®

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KILLER COLLABS BY DAV I D E F I O R AS O

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1 . S A U C O N Y X N YC M A R AT H O N

2.FILSON X MERRELL

3.NIKE X MMW

KINVARA 10

CONVERT SANDALS

FREE TR 3 SP

Anche per l’edizione 2019 della Maratona di New York, Saucony ha presentato una special edition del suo modello Kinvara. L'intersuola, leggera e resistente, unita alla topsole in Everun, offre un’ammortizzazione reattiva per macinare chilometri in allenamento o gareggiare su lunghe distanze. Il particolare disegno della suola è studiato per favorire una transizione più fluida tra tallone e avampiede.

Un classico da indossare giorno dopo giorno, testato per l'avventura già 30 anni fa. Il plantare anatomico in Eva fornisce supporto minimizzano l'affaticamento del piede. I bordi rialzati proteggono dagli impatti laterali, l'esclusiva intersuola Air Cushion assorbe gli urti e fornisce stabilità. Le cinghie regolabili consentono di ottimizzare la calzata, mentre la suola strutturata offre trazione su qualsiasi superficie.

Con una presentazione ufficiale al Re-Creation Center di Chicago, Nike ha rilasciato la nuova collaborazione con Matthew M. Williams, fondatore e direttore di creativo di Alyx. Si tratta di una sock-runner che si distingue per l’imponente suola rimovibile prodotta da Vibram. La nuova Nike Free TR 3 SP è disponibile in due colori, Black e Light Bone, con una silhouette del colletto differente tra uomo e donna.

4.ENGINEERED GARMENTS X HOKA

5 .C H E M I ST C R E AT I O N S X ASICS

6.MIZUNO X RIJKSMUSEUM

TO R U LT R A LOW EG

G EL- K AYANO 5

Hoka è entusiasta di annunciare la sua prima collaborazione con Engineered Garments, il brand di abbigliamento fondato nel 1999 dallo stilista Daiki Suzuki. Tor Ultra Low EG è una scarpa da hiking contemporanea che coniuga sapientemente estetica giapponese ed elementi moderni. E’ dotata di suola Vibram MegaGrip con tacchetti multidirezionali da 5 mm, intersuola oversize in Eva e membrana impermeabile Skyshell.

Espandendo il suo ombrello creativo, C2H4 Los Angeles ha presentato il progetto Chemist Creations per esplorare nuove espressioni di stile. Ad inaugurare il lancio la collaborazione con Asics sul modello Gel-Kayano 5. Due colorazioni, Marshmallow e Nickel, su una tomaia che mescola pelle scamosciata e mesh tecnico. La linguetta è accentuata da un esclusivo sistema di doppia allacciatura con dettagli riflettenti 3M.

La Tcs Amsterdam Marathon 2020 coincide con i 350 anni dalla scomparsa del pittore fiammingo Rembrandt. Come sponsor della manifestazione, Mizuno ha deciso di celebrare l’evento sviluppando, in collaborazione con il Rijksmuseum, una nuova veste della Wave Ultima 11. Ispirata al celebre dipinto “The night watch”, questa scarpa tecnicamente avanzata diventa ora vero e proprio tributo a una delle opere più rinomate nella storia dell’arte.

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WAV E U LTI M A 11 A M S T E R DA M


Distribuito da Socrep.it


KILLER COLLABS BY DAV I D E F I O R AS O

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7. S N O W P E A K X N E W B A L A N C E

8.KARHU X BARNEYS

9. F I N I ST E R R E X VA N S

EXTREME SPEC R_C4 MID

NEW YORK FUSION 2.0

U LT R A R A N G E H I D L

Snow Peak continua a rafforzare il suo nome nella scena urbana, estendendo al proprio Dna elementi tipici del fast fashion. Extreme Spec R_C4 è la scarpa da montagna progettata da Lisa Yamai, figlia del fondatore, in collaborazione con il Tokyo Design Studio di New Balance. La nuova nata aggiunge suola Vibram, tomaia rinforzate in Cordura, membrana idrorepellente Gore-Tex e fibbie magnetiche Fidlock sulla caviglia.

Un omaggio all’originale modello Fusion del 1996, la miglior scarpa da running allora presente nella collezione Karhu. Per lo storico retailer Barneys New York, il marchio finlandese presenta una calzatura Made in Italy con toebox e pannelli laterali in suede, sovrapposizioni in pelle a grana morbida e rinforzi in nylon balistico. Impreziosita da inserti riflettenti 3M, viene fornita nel suo sacchetto in tela personalizzato.

Finisterre e Vans per una collezione che ricalca la release del 2017. La capsule include la scarpa da hiking Ultrarange High dotata della nuovissima intersuola UltraCush Lite che offre comfort e ammortizzazione senza pari. L'attenzione alla sostenibilità vede l'utilizzo di materiali come il cotone organico, l’ecopelle, inchiostri e collanti a base acqua. Lacci, cinghie e linguette nascono da bottiglie di plastica riciclate.

1 0 . STORMY KROMER X MERREL

1 1.SEBAGO X PENDLETON

12.DANNER X TIMBERS

WO M E N ' S O N TA R I O H I K I N G B O OT

SENECA MID TUMB WOOL

JAG BOOTS

Randy Merrell e Stormy Kromer: il primo un amante dell’outdoor che produceva scarponi da trekking, il secondo un ingegnere ferroviario che realizzava cappelli dallo strano aspetto. Due nomi che negli anni sono diventati veri e propri brand. Ontario presenta una tomaia in pelle pieno fiore resistente agli agenti atmosferici ed una fodera in flanella di cotone. Intersuola in Eva stampata a compressione e suola Vibram Megagrip.

Due eccellenze Made in USA per una capsule che unisce East e West in un’alternanza di pelli e lane nelle geometrie e nei colori dei nativo americani. La nuova collaborazione con Pendleton propone 4 esclusive reinterpretazioni dei modelli Campsides, linea outdoor di Sebago, portavoci della tessitura indigena e dell’artigianalità del mocassino cucito a mano. Seneca Mid Wool è realizzato in pelle pieno fiore martellata con gambetto in lana a motivi tradizionali.

Danner e i Portland Timbers si uniscono per un'altra iconica collaborazione che nasce nel Pacific Northwest. Basato sul famoso retrò hiker, Timbers Jag abbina stile classico a comfort moderno. Presenta i colori del club di Portland con dettagli personalizzati che richiamano la vittoria del campionato 2015. Combinano una membrana impermeabile Danner Dry 100%, vestibilità comoda e casual, un’intersuola ammortizzante in EVA e suola waffle a basso profilo.

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ECO SEVEN BY DAV I D E F I O R AS O

˜ C L I M AT E N E U T R A L C E R T I F I E D Tutte le aziende dovrebbero assumersi responsabilità sulle proprie emissioni di carbonio e i consumatori hanno il diritto di spendere consapevolmente in prodotti che si allineano alle loro preoccupazioni verso i cambiamenti climatici. Questa la convinzione di Climate Neutral, organizzazione che lavora per accelerare la transizione verso un mondo a basse emissioni di carbonio. Fondata da Peter Dering, Ceo di Peak Design e Jonathan Cedar, Ceo di BioLite, la sua missione è quella di arruolare brand per misurare, ridurre e compensare le emissioni di carbonio derivanti dalla progettazione, produzione e spedizione dei propri prodotti. Ad oggi hanno aderito al programma circa 40 marchi tra cui Sunski, Rumpl, Western Rise, Miir, Klean Kanteen, Icebug, Hibear, Nomad Goods, Tentsile e Kammok. Info su climateneutral.org.

FJÄLLRÄVEN PRESENTA LA COLLEZIONE RE-WOOL Nella ricerca di nuove strade per ridurre l’impatto ambientale dei propri prodotti, Fjällräven ha esteso l’utilizzo della lana riciclata alla nuova collezione AW. Nota come Re-Wool, questa lana proviene da fonti pre e post-consumo di tutto il mondo. Prodotta in Italia, da tre diverse storiche aziende del distretto tessile pratese, è composta da vecchi capi di abbigliamento o avanzi di produzione che altrimenti verrebbero buttati. Una volta raccolta, viene suddivisa per colore, sminuzzata e filata nuovamente. “Cerchiamo di usare materiali riciclati ovunque sia possibile” - spiega Christiane Dolva, Sustainability Manager di Fjällräven - “Lo facciamo perché usando materiali pre-esistenti risparmiamo in termini di energia e risorse. Crediamo che la nostra Re-Wool sia una buona alternativa alla lana vergine, perché sfrutta materiale che altrimenti sarebbe sprecato.”

NASCE IN ITALIA L A PRIMA ARE A SCIISTICA PLASTIC FREE AL MONDO Nasce in Val di Pejo il primo comprensorio sciisitico “plastic free” al mondo. Da questa stagione i rifugi bandiranno stoviglie, bicchieri, cannucce monouso, bottiglie di plastica e materiali non degradabili. Un progetto ambizioso sperimentato per la prima volta in Italia. Il progetto si è concretizzato in seguito alla diffusione di uno studio dell’Università Statale di Milano e di Milano Bicocca, secondo cui all’interno del Ghiacciaio dei Forni vi sono tra i 131 e i 162 milioni di particelle di componenti plastici. Di fronte ai dati diffusi ed alle opinioni degli esperti, i vertici dell’Azienda per il Turismo Val di Sole si sono messi in moto coinvolgendo gli operatori. Il progetto si avvarrà di una solida campagna di sensibilizzazione e rientra in un piano complessivo per garantire la sostenibilità ambientale, ambito in cui la Val di Pejo si distingue come un’ eccellenza.

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RIPSTICK 96

_LIGHT WEIGHT _SMOOTH RIDE _POWERFUL REBOUND The age-old challenge in ski design is creating a lightweight product, offering uncompromising performance at the ski resort that also excels in the backcountry. The Ripstick blurs the line between both, making it the ultimate tool for any experience in the mountains.

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ECO SEVEN P R I M A L O F T P R E S E N TA P R I M A L O F T P. U . R . E . PrimaLoft ha presentato PrimaLoft P.U.R.E., un esclusivo metodo di produzione che riduce le emissioni di carbonio fino al 48%. L’isolamento realizzato con questa tecnologia utilizza il 100% di materiale riciclato post consumo e presenta tutti i vantaggi isolanti e prestazionali dell’esistente PrimaLoft Gold. L’attuale produzione di isolamenti per l’abbigliamento tecnico richiede che le fibre vengano “legate” attraverso forni ad alto calore. In conformità con la propria missione Relentlessly Responsible, PrimaLoft ha deciso di eliminare questi trattamenti termici riducendo in modo radicale le emissioni di carbonio. Nel’autunno 2020 Patagonia sarà il primo partner PrimaLoft a incorporare la tecnologia di produzione P.U.R.E. nei propri prodotti. P.U.R.E segue a un anno di distanza l’introduzione di PrimaLoft Bio, i primi isolamenti e materiali sintetici al mondo riciclati al 100%.

PRANA ANNUNCIA UN NUOVO PARTNER FAIR TRADE Prana ha annunciato la Fair Trade certification del suo partner Colltex, consociata di Eclat Textile Co. con sede in Vietnam, che produce la maggior parte della collezione Yoga e Active. Si tratta di un ulteriore passo verso un cambiamento iniziato 10 anni fa, quando Prana è diventato il primo marchio di abbigliamento sportivo a sostenere e promuovere Fair Trade USA. Da allora prAna ha restituito oltre 550.000 dollari in premi produzione e sponsorizzato direttamente la conversione di ben 11 partner. Il raggiungimento degli standard di conformità Fair Trade garantisce condizioni di lavoro migliori e permette agli agricoltori e ai lavoratori di poter contare su un reddito stabile, guardando con maggior fiducia al futuro.

PATA G O N I A : T H E G I F T O F G I V I N G In occasione del Black Friday 2019, e durante tutto il periodo delle feste natalizie, Patagonia ha aiutato i cittadini a duplicare il loro impatto positivo sul pianeta. Il brand di Ventura ha difatti raddoppiato di tasca propria, euro per euro, l’importo delle donazioni effettuate dai privati attraverso la piattaforma Patagonia Action Works tra il 29 novembre e il 31 dicembre 2019 e destinate ad associazioni ambientaliste no profit che lottano per trovare soluzioni alla crisi ambientale. Tutti gli utenti hanno avuto la possibilità di supportare chi protegge l’ambiente anche attraverso la donazione a nome di una persona cara, in cambio di un riconoscimento tramite l’invio di una eCard digitale, la stampa di una cartolina o il ritiro della card in qualsiasi negozio Patagonia, sia in Europa che negli Stati Uniti.

PI CTU R E OT TI E N E L A C E RTI FI CA Z I O N E B CO R PO RATI O N Il marchio francese Picture Organic Clothing ha ottenuto la certificazione B-Corporation, status riconosciuto alle aziende che stanno riscrivendo il modo di fare impresa creando un impatto positivo su persone e ambiente. “La certificazione B Corp rafforza la nostra credibilità, riconoscendo e premiando gli sforzi che Picture ha fatto fin dal 2008” - ha commentato con soddisfazione il Ceo Julien Durant. “Tuttavia, non è finita qui, anzi. Consideriamo la certificazione come un modo fantastico per identificare le aree di miglioramento, fornendoci una preziosa tabella di marcia per azioni e programmi futuri”. La certificazione B Corp copre cinque aree di impatto chiave (governance, lavoratori, comunità, ambiente e clienti) e il suo processo di riconoscimento avviene in modo rigoroso segnalando e fornendo le prove di oltre 80 iniziative socialmente e ambientalmente responsabili, tra cui forniture energetiche, spreco e uso dell’acqua, compensi per i lavoratori e trasparenza dei processi. 22


We are part of nature

Photo: Federico Ravassard

Even if sometimes we are arrogant enough to think otherwise, we are nature.

Contemporary outdoor since 1870


BY GIULIA BOCCOLA

Arc'teryx sposa il Freeride moderno Sulle Alpi ormai nevica abbondantemente da giorni, e tra gli amanti del freeride sta crescendo quell’insana voglia di lunghe discese in neve fresca. Il panorama innevato, e quella sensazione di pace e libertà che si prova stando a diretto contatto con la natura, rendono l’attesa ancora più invitante. SENTINEL AR WOMAN

SABRE AR MAN

In vista di un inverno all´insegna del freeride e di attività ad alta quota, il brand canadese Arc’teryx non poteva che proporre una gamma di prodotti in grado di garantire comfort, innovazione, ma soprattutto ispirazione per tutti coloro che sono alla ricerca di nuove sfide e sensazioni uniche. Per la collezione autunno/inverno 2019, Arc’teryx ha sorpreso tutti presentando due storici prodotti: la Sentinel concepita per la donna e la Sabre per l’uomo, nelle versioni AR, che permettono una migliore vestibilità in termini di comfort e offrono un look più moderno. Per i più ambiziosi e per coloro che vogliono spingersi oltre, questi due modelli rappresentano i perfetti compagni d’avventura. Dotate di un taglio più ampio sul torace, permettono di muoversi più comodamente e garantiscono un miglior movimento rotatorio, dando la possibilità di indossare uno strato intermedio più agevolmente. Realizzate con una fodera interna di flanella più morbida e calda al tatto, garantiscono un’ottima protezione durante le condizioni più estreme grazie anche al tessuto Gore-Tex N70p 3L, che si presenta allo stesso tempo robusto e flessibile. Queste due nuove versioni AR sono inoltre dotate di tasche più ampie e di zip di ventilazione leggermente spostate verso l’alto per offrire una migliore accessibilità. Oltre a questi due prodotti, Arc’teryx suggerisce un ulteriore capo per questa stagione che può essere perfettamente abbinato ad entrambe le giacche, dandovi così la possibilità di svolgere diverse attività all’aperto durante le condizioni più avverse. Stiamo parlando della Proton LT Hoody. Si tratta della perfetta combinazione tra protezione termica e traspirabilità, grazie all’impiego dell’imbottitura sintetica Coreloft Compact 80 e del tessuto Fortius Air 20.

Per la collezione autunno/ inverno 2019, Arc’teryx ha sorpreso tutti ripresentando due storici prodotti: la Sentinel da donna e la Sabre da uomo nelle versioni AR, che permettono una migliore vestibilità in termini di comfort e offrono un look più moderno 24


Norvan SL Insulated Hoody Black / Infrared

Minimalist Designed and innovative construction resolve in solutions for running through inclement winter weather. DESIGNED FOR TRAIL RUNNING


BY GIULIA BOCCOLA

Vibram Portable Performance Portable Performance Sole - powered by Vibram Arctic Grip - è la prima suola portatile studiata per migliorare il grip su ghiaccio, in particolar modo quello bagnato, una delle superfici più difficili da affrontare. Di stampo tutto italiano, Vibram, azienda storica con sede ad Albizzate (provincia di Varese), da oltre 80 anni dalla sua nascita è oggi una delle realtà più all’avanguardia quando si parla di sviluppo di soluzioni per l’outdoor. Conosciuta in tutto il mondo per le sue suole in gomma ad altre prestazioni per lo sport e per la vita di tutti i giorni, il marchio Vibram – con il celebre ottagono giallo – è sinonimo di qualità, performance e innovazione nell’ambito calzaturiero. Proprio dell’innovazione, Vibram ha fatto una delle sue mission principali, motore che guida l’azienda nello studio e nella progettazione di proposte sempre nuove al servizio degli sportivi. Uno tra gli ultimi ritrovati firmati dal brand, nato come accessorio outdoor che ha incuriosito e sedotto anche il mondo della moda, è la Portable Performance Sole powered by Vibram Arctic Grip, la prima suola portatile studiata per migliorare il grip sul ghiaccio, in modo particolare quello bagnato, una tra le superfici più difficili da affrontare. Progettata per essere ripiegabile, la Portable Performance Sole è di semplice utilizzo grazie al suo pratico sistema di apertura e chiusura in un unico movimento, e rappresenta una proposta versatile adatta a diversi tipi di calzature, soprattutto in ambito urban, grazie agli appositi ganci laterali di cui è dotata. La speciale tecnologia Vibram Arctic Grip, presente sugli ampi tasselli, è in grado di migliorare drasticamente la presa sul ghiaccio, senza bisogno di introdurre sulla suola inserti in metallo, ma semplicemente utilizzando una speciale combinazione di gomme Vibram unite ad un design specifico. Un vero accessorio must have per affrontare la città ghiacciata!

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B Y S I LV I A G A L L I A N I

Ortovox Social Report 2018/19 Ortovox nasce nel 1980 come azienda inizialmente dedita alla produzione di apparecchi per la ricerca di sepolti in valanga. Fin dalla sua creazione ricerca ed innovazione hanno contraddistinto il brand che nel tempo è diventato un vero pioniere nello sviluppo delle tecnologie più innovative. Nel corso degli anni Ortovox, accanto ai prodotti per la sicurezza su neve come Artva, pale e sonde, ha aggiunto alla sua produzione capi in pura lana merino, una fibra naturale estremamente funzionale e sostenibile che grazie al suo diametro finissimo è perfetta e confortevole per tutte le attività di montagna. Nel 2011 nasce invece Swisswool, una nuova categoria di prodotti isolanti in lana che riceve il premio Ispo per funzionalità, design e sostenibilità. Ortovox è membro di Fair Wear Foundation, di cui è diventato leader per la prima volta nel 2018 realizzando un punteggio del 99% nel campo del monitoraggio ed un 78% per il benchmarking (l’adeguatezza dei suoi parametri a quelli fissati), e della Partnership for Sustainable Textiles dal 2015. Traguardi importanti per il brand che da sempre si batte per il miglioramento delle condizioni sociali, economiche ed ecologiche lungo tutta la sua catena di fornitura. Lo scopo primario è fornire ai clienti maggiore trasparenza e al tempo stesso migliorare le condizioni di lavoro nell’industria tessile a livello mondiale. Ortovox ha un totale di 45 fornitori di cui 31 in Europa e 14 in Asia. Il 59,55% dei suoi prodotti tessili sono realizzati in Europa mentre Il 99,58% del volume produttivo arriva da paesi “non-risk” o da aziende che hanno superato un audit.

Il brand ha stabilito delle linee guida che vengono applicate nelle sue fabbriche in tutto il mondo, quali libera scelta del lavoro, nessuna discriminazione o sfruttamento del lavoro minorile, libertà di associazione e azioni collettive, pagamento di uno stipendio adeguato con contratto di assunzione legalmente valido unito ad orari di lavoro ragionevoli e condizioni di lavoro sane e sicure. Negli ultimi anni Ortovox è diventato membro dell’European Outdoor Conservation Association che promuove la protezione dell’ambiente a livello mondiale e raccoglie donazioni per progetti di sostegno all’ambiente in tutto il mondo. Un tema molto caro al brand che con l’Ortovox Wool Promise del 2017 ha sviluppato il suo proprio standard per raggiungere un’alta sostenibilità economica nella produzione della lana. Oggi Ortovox si impegna a fissare i dettagli della sua strategia e porre obiettivi chiari da raggiungere entro il 2024 grazie al progetto Protact 2024 che ha come fine la protezioni di animali e lavoratori su tutta la produzione. Un ulteriore obiettivo sarà anche la riduzione significativa delle emissioni e l’eliminazione di Pfc su tutti i prodotti che verranno resi più sostenibili, studiati per durare a lungo ed essere riparabili.

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STEFANIE RIEDER-HA AS CSR ORTOVOX


LA NOSTRA PRODUZIONE

HIGH-TECH

CREDIAMO ALLE TRADIZIONI, ALL’ARTIGIANATO E ALLA LANA DI PRODUZIONE REGIONALE La ditta tesssitrice tes sitrice del Knit Hoody Lituania

PHOTO

Franz Walter

ORT OVOX Filatura della lana

Taufkirchen, Baviera

Reutte, Tirolo Zurigo

Origine della lana Alpi Svizzere

Per la prima volta utilizziamo la lana svizzera SWISSWOOL anche per il nostro CLASSIC KNIT HOODY. Il tutto al fine di sostenere piccole imprese che si avvalgono di metodi di produzione tradizionali. Per saperne di piú, vai a ortovox.com

Innsbruck

Lavorare a maglia Öblarn, Stiria


B Y S I LV I A G A L L I A N I

New Balance: All Terrain

La prima scarpa da trail del marchio risale al 1977. La 335 Trail, progettata per le superfici umide del New England, ha aperto la strada a 40 anni di innovazione nel mondo outdoor. Oggi New Balance presenta gli ultimi due modelli esclusivi di questa linea, la 850AT e la Hierro v5, che vanno ad aggiungersi ai relativi capi iconici. Questi includono la NB Athletics Trail Sherpa

Crew e Sherpa Jogger, ispirati ai modelli outdoor, donano massimo comfort sia in mezzo alla natura che in città. Sempre nel settore apparel abbiamo anche la NB Athletics Trail LS Tee a manica lunga e corta, in jersey di cotone e dal fit rilassato, con grafiche stampate che si ispirano al passato. Tutti i capi sono proposti in tre varianti colore, per un look sportivo e urbano al tempo stesso.

New Balance All Terrain è la nuova collezione outdoor invernale del brand statunitense. Costruzione meticolosa, tecnologia, vestibilità e ottima fabbricazione si uniscono in questa linea esclusiva che presenta due modelli di scarpe e abbigliamento coordinato.

8 5 0 AT

HIERRO V5

Questa scarpa è chiaramente ispirata all’originale silhouette 850. Un modello unisex ispirato alle ultime tendenze urban della moda. Una scarpa robusta, versatile e dall’estetica tecnica, adatta sia per percorsi sterrati e fuori strada che per la vita urbana. Estremamente confortevole, offre supporto tutto il giorno e in tutte le condizioni grazie alla tomaia in mesh, con parti di tessuto in nylon, che la rende super traspirante. L’intersuola con ammortizzazione Fresh Foam dona estremo comfort, mentre la suola in Vibram assicura un grip eccezionale.

Da sempre uno dei punti forti di New Balance per quanto riguarda il trail running. La versione rinnovata per la stagione invernale, nelle varianti uomo e donna, presenta una tomaia in tessuto con rivestimento in poliuretano per una maggiore traspirabilità. La sua speciale costruzione protettiva, grazie anche alla protezione sulla punta, aiuta a mantenere la scarpa libera dai detriti, garantendo al tempo stesso resistenza e funzionalità. L’intersuola in Fresh Foam assicura grande ammortizzazione ideale per i sentieri accidentati. La suola in Vibram MegaGrip offre massimo contatto con il terreno e un’aderenza multidirezionale, migliorando la trazione e la resistenza sullo sterrato. 30



The Fjällräven Down Promise -

BY DENIS PICCOLO

Era il 1974 e Åke Nordin, fondatore di Fjällräven, si trovava nelle lande silenziose ed innevate della Svezia settentrionale. Tutto quello che desiderava era avere una giacca calda che lo proteggesse dal vento sferzante di quelle terre.

O

ggi, dopo anni di attività nel settore, Fjällräven è diventato un brand leader nella produzione di giacche, piumini, sacchi a pelo e qualsiasi tipo di capo imbottito in piuma. Ma non solo. Già dal 2014, infatti, il brand svedese dell’outdoor si impegna a garantire che la piuma usata per i propri prodotti non solo sia di primissima qualità, ma che provenga anche da processi produttivi eticamente responsabili. Stiamo parlando della Fjällräven Down Promise, ovvero la promessa di Fjällräven di utilizzare solo piuma 100% tracciabile e proveniente da allevamenti per l’industria alimentare, dove le oche vivono nelle migliori condizioni possibili. Le prime polemiche a livello globale in merito al benessere degli animali hanno avuto inizio nel 2009. Fjällräven ha abbracciato questa sfida e si è impegnata, anno dopo anno, a controllare tutta la sua catena di produzione della piuma in modo da renderla totalmente trasparente così che fosse possibile tracciare all’indietro tutto il percorso della piuma utilizzata, arrivando fino agli allevamenti delle oche. Il margine di miglioramento era ampio e nel corso del tempo sono state sviluppate rigorose linee guida su come reperire e gestire la piuma d’oca. Il brand oggi lavora esclusivamente con un fornitore selezionato che condivide la politica di Fjäll-

räven in fatto di benessere degli animali e ne ha adottato il codice di condotta. La piuma usata è un sottoprodotto dell’industria alimentare e ciò permette non solo di ridurre gli sprechi, ma anche di evitare pratiche orribili, come lo spiumaggio dal vivo. Viene gestita in sacchi sigillati ed è ripetutamente testata durante le diverse fasi del processo produttivo, per garantire che non venga mai mescolata a piuma proveniente da altre fonti. Un team selezionato di revisori sovrintende all'intero processo e conduce controlli sia annunciati che senza preavviso nelle diverse fattorie. Ogni aspetto viene attentamente controllato: da come vengono deposte le uova a come sono allevate, nutrite e macellate le oche. Si tratta di un impegno etico che il brand svedese porta avanti con grande serietà. Molta strada è stata fatta da quell’inverno del 1974, eppure si tratta ancora di un lavoro in divenire. Fjällräven punta costantemente al miglioramento, dando ascolto a esperti del settore ed imparando da loro, in modo tale che ogni fase del processo produttivo sia sempre all’altezza dei più alti standard possibili in fatto di benessere degli animali. Ad oggi, Fjällräven può affermare di essere l’azienda outdoor che applica i maggiori controlli e offre la maggiore trasparenza nei processi di produzione della piuma. 32

Fjällräven può affermare di essere l’azienda outdoor che applica i maggiori controlli e offre la maggiore trasparenza nei processi di produzione della piuma.


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BY GIULIA BOCCOLA

Deuter Rise 34+

L'iconico zaino per lo Sci Alpinismo

R

ise 34+, del brand tedesco Deuter, ha una lunga reputazione come iconico zai­no da sci alpinismo. La sua forma snella, il design atletico, i colori senza tempo e il veloce accesso all’attrezzatura di sicurezza, lo rendono la scelta ideale per affrontare al meglio qualsiasi uscita in montagna con gli sci o con lo snowboard. Dotato di cinghie intelligenti e cordini elasticizzati, permette un fissaggio ancora più sicuro dei propri sci, della tavola da snowboard, della piccozza o dei bastoncini. L’attrezzatura di sicurezza in caso di emergenza è accessibile direttamente dal compartimento frontale, raggiungibile facilmente dall’esterno. Specificamente disegnato e ideato per i più appassionati e i più ambiziosi amanti del backcountry, il Rise presenta anche uno scompartimento specifico per la pala, rinforzato sia ai lati che sul

fondo, per evitare ogni sorta di danneggiamenti dovuti agli spigoli affilati della lama. Un’altra caratteristica che lo rende speciale è la presenza di una zip a tutta lunghezza sul pannello posteriore che consente di accedere allo scompartimento principale molto velocemente e agilmente, evitando così di dover appoggiare lo schienale a diretto contatto con la neve. Il Rise 34+ coniuga una calzata aderente e sicura alla massima comodità di trasporto. Disponibile in due colori differenti e nella versione femminile SL.

Specificamente disegnato e ideato per i più appassionati e i più ambiziosi amanti del backcountry.

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RISE 34 PLUS


“I find it fascinating to feel the direct impact of nature and weather on you. And to feel what you can personally achieve. To me Deuter is unique in the industry. It‘s strong due to the personalities that advance our products.“ THOMAS HILGER MIT DEM RISE 34+ Thomas Hilger approaches his position as Head of Product at Deuter with the same focus and commitment he has when climbing steep rock faces, kayaking or skiing. He uses the Deuter Rise 34+ for ski touring. It’s just the right size for his kit, has useful attachment options outside and allows him quick access to his avalanche equipment.

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B Y S I LV I A G A L L I A N I

Patagonia Action Works: Istituto Oikos

P

atagonia ha recentemente lanciato Action Works, una piattaforma digitale in grado di collegare le comunità alle organizzazioni ambientaliste locali che si battono per la salvaguardia del pianeta. Il lancio in tutta Europa ha seguito l'enorme successo ottenuto negli Stati Uniti, dove la piattaforma ha visto mezzo milione di persone intervenire per supportare le questioni ambientali e ha permesso agli utenti di offrire volontariamente tempo e competenze professionali, partecipare a eventi, firmare petizioni e donare a favore della conservazione ambientale. Oggi ci occupiamo di una realtà 100% italiana supportata fin dall’inizio dalla piattaforma del brand statunitense. Istituto Oikos è un’organizzazione non-profit laica e indipendente, fondata nel 1996 a Milano da un gruppo di biologi e naturalisti. Da più di 20 anni lavora in

Italia e nei paesi del Sud del mondo, Mozambico, Tanzania, Libano, Myanmar, Nepal, principalmente nelle aree rurali, per proteggere i suoli, l’acqua, le foreste, gli ambienti marini e la fauna attraverso soluzioni concrete ed efficaci. Tutte queste azioni hanno uno scopo fondamentale: tutelare l’ambiente come fine ultimo per sostenere le comunità che lo abitano. La natura (Òikos in greco antico) è la nostra casa, indispensabile per la nostra sopravvivenza ed economia, per costruire e produrre ciò di cui abbiamo bisogno, per la capacità di creare bellezza e renderci sereni. Istituto Oikos si fa portavoce delle comunità in cui opera per migliorarne le condizioni di vita, valorizzarne i talenti e tutelarne i diritti grazie agli oltre 350 progetti realizzati fino ad oggi. Iniziative concrete che hanno l’obiettivo di conciliare tutela del territorio, benessere e inclusione sociale.

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In collaborazione con istituzioni, università e comunità locali e avvalendosi del contributo di scienziati, tecnici ed esperti in modo da basare ogni loro attività su solide conoscenze scientifiche e sull’analisi rigorosa dei dati ambientali, Istituto Oikos si occupa di programmi di conservazione del suolo e agricoltura sostenibile, gestione delle acque, delle foreste e delle aree protette. Promuove inoltre o fonti di energia rinnovabili e sviluppo di piccole attività generatrici di reddito legate all’utilizzo sostenibile delle risorse e infine realizza programmi per monitorare la fauna e salvaguardare le specie a rischio, elaborando modelli di valutazione ambientale, banche dati e sistemi informativi territoriali, interventi per la riqualificazione del territorio, sviluppo di piani di gestione e valorizzazione di aree protette.



B Y S I LV I A G A L L I A N I

adidas Five Ten + adidas Terrex = adidas Outdoor

ADIDAS FIVE TEN

ADIDAS FIVE TEN ALEON

ADIDAS FIVE TENNIE

Nel 1985 Charles Cole, fondatore di Five Ten, stava arrampicando nel Parco Nazionale di Yosemite. In seguito ad una caduta, decise di studiare una soluzione per le suole in grado di garantire maggior attrito e durevolezza. Naque così la gomma Stealth.

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ive Ten deriva da 5.10, valore che in arram­picata esprime il livello di difficoltà supe­r iore al VI grado, secondo la scala decimale di Yosemite. Nel 1985 Charles Cole stava arrampicando proprio nel Parco Nazionale di Yosemite; in seguito ad una caduta durante la discesa da El Capitan, decise di aprire un’azien­da che fosse in grado di offrire una nuova soluzione per le suole, garantendo maggior attrito e durevolezza. Nacque così Stealth, la gomma che ha cambiato il mondo dell'arrampicata di quegli anni, rendendo possibile l'impossibile. Ad oggi Stealth è utilizzata per tutta la gamma Five Ten ma può essere anche usata per risuolare scarpette di altre marche. È inoltre impiegata nei prodotti dell'azienda per la mountain bike, la BMX e l'escursionismo. Nel novembre 2011 Five Ten viene acquisita dal gruppo Adidas e nel 2019 avviene il lancio della prima gamma Adidas Five Ten in co-branding che offre soluzioni creative e tecniche per l’arrampicata. Adidas e Five Ten hanno quindi unito le loro forze, combinando le rispettive cono-

scenze ed esperienze nel settore outdoor, da questa unione è nata Adidas Outdoor. Un approccio alla vita all’aria aperta come soluzione per una vita più sana, felice e creativa. Unendo oltre 50 anni di tecnologia integrata, i due brand sono riusciti a portare le persone dalla natura all'urban senza compromettere prestazioni e stile. I pezzi di spicco della nuova linea Five Ten includono la nuova scarpa da arrampicata Aleon ed un aggiornamento della Five Ten Heritage, la Five Tennie.

ADIDAS FIVE TENNIE Ri-edizione aggiornata della famosa scarpa da avvicinamento del brand con l'estetica ed il design di una sneaker moderna. Progettata per affrontare qualsiasi ostacolo lungo il cammino grazie alla suola in gomma antiscivolo Stealth S1 che offre un grip elevato. Anche qua la tecnologia Primeknit assicura comfort e calzata avvolgente al tempo stesso nonché una stabilità ottimale su superfici miste.

ADIDAS FIVE ALEON Una scarpa specifica pensata per il bouldering e l’arrampicata sportiva. Progettata insieme al leggendario arrampicatore svizzero Fred Nicole, presenta un design avvolgente ed una struttura leggermente rivolta verso il basso per favorire agganci precisi ed un controllo superiore. La tomaia in Primeknit assicura una calzata morbida e tecnica al tempo stesso per una maggiore sensibilità anche nelle condizioni più critiche. La suola in gomma Stealth C4 assicura un grip elevato ed una spinta imbattibile.

Unendo oltre 50 anni di tecnologia integrata, i due brand sono riusciti a portare le persone dalla natura all'urban senza compromettere prestazioni e stile.

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Veloci in vetta Dynafit TLT8 Expedition -

BY GIULIA BOCCOLA

Per tutti coloro che ambiscono a raggiungere le vette in velocità con prodotti affidabili e robusti ma, al contempo, leggeri, Dynafit propone lo scarpone a due ganci TLT8 Expedition.

TLT8 E XPE DITION W

D

opo le ultime incredibili nevicate, gli appassionati di scialpinismo non vedono l’ora di mettere gli sci ai piedi per affrontare nuove sfide in alta quota. Per tutti coloro che ambiscono a raggiungere le vette in velocità con prodotti affidabili e robusti ma, al contempo, leggeri, Dynafit propone lo scarpone a due ganci TLT8 Expedition. Un modello dal design minimalista che conquista per il suo peso piuma di appena 1.020 grammi, l’affidabilità in discesa e l’ottima flessibilità in salita. Per rendere ancora più veloce le salite in montagna, senza tralasciare il comfort e la sicurezza, è stato realizzato il sistema di chiusura Ultra Lock 4.0, semplice e intuitivo, che permette di risparmiare tempo nel passaggio dalla modalità salita a quella di discesa. Il gancio superiore presenta due funzioni: la prima come leva per il meccanismo ski-walk e la seconda come sistema di apertura per il gambetto.

La rotazione del gambetto di 60 gradi consente una camminata naturale e senza spreco di energie, anche su terreni molto ripidi. Lo scarpone può essere inoltre utilizzato con i ramponi ultraleggeri Cramp-In, realizzati in collaborazione con Salewa. TLT8 è progettato in Italia e prodotto interamente in Europa ed è sinonimo di grande qualità.

È inoltre regolabile con estrema precisione, proprio come il gancio inferiore, per adattare alla perfezione lo scarpone al piede dello scialpinista. Il sistema è semplice e veloce da utilizzare anche quando si indossano i guanti. La calzata atletica dello scarpone, orientata alla comodità con una larghezza di 103 mm e una vestibilità che aderisce in modo perfetto al piede, garantisce un miglior trasferimento delle energie sullo sci.

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TLT8 E XPE DITION M

Un prodotto che racchiude in sé il massimo delle prestazioni che si possano desiderare.


Garmin inReach Mini -

BY DENIS PICCOLO

Vivere a stretto contatto con la natura deve avere come presupposto un aspetto fondamentale: la sicurezza.

L

’imprevisto nel mondo outdoor rappresenta un elemento da tener sempre in considerazione sia che vi troviate in mezzo al mare, nel deserto o sulla cresta di un ghiacciaio così come durante tutte quelle attività ritenute più sicure come ad esempio una passeggiata sulle montagne dietro casa.

È anche possibile impostare un elenco di contatti in modo che possano essere avvisati qualora sia inviata una richiesta di SOS dal dispositivo. Il display, perfettamente leggibile anche sotto la luce diretta del sole e l’interfaccia utente intuitiva, rendono la comunicazione tramite inReach Mini veloce e pratica. Sono anche disponibili tre opzioni di richiesta previsioni meteo della propria posizione o dei punti lungo il proprio percorso, che siano essi sulla terraferma o in mare.

Garmin da anni è promotrice di campagne sulla sicurezza nello sport e nell’outdoor grazie a precisi strumenti con funzionalità volte alla salvaguardia della persona e ha recentemente creato Garmin inReach Mini, il dispositivo indispensabile per tutti gli avventurieri moderni e gli appassionati di attività all’aria aperta. Si tratta di un nuovo strumento portatile leggero, solo 120 grammi, compatto tanto da stare nel palmo di una mano, e dotato di un sistema di messaggistica richiesta soccorso che, sottoscrivendo un abbonamento dedicato (annuale o più flessibile, che consente di usufruire del servizio solo quando se ne ha effettivamente bisogno), si appoggia alla copertura globale della rete satellitare Iridium, in grado di garantire una copertura del 100% della superficie terrestre per inviare e ricevere messaggi di testo ed e-mail da qualsiasi parte del mondo. Il dispositivo integra un ricevitore satellitare ad alta sensibilità che permette di conoscere sempre la propria posizione in coordinate geografiche, salvare waypoint e disporre delle funzioni basiche di navigazione outdoor. Grazie alla sua compattezza è ideale per essere applicato allo zaino, portato in tasca o conservato in sicurezza in barca o aereo. È inoltre stato studiato per resistere alle condizioni più estreme, essendo al tempo stesso resistente agli urti e impermeabile. Integra una batteria ricaricabile al litio che garantisce ampia autonomia: dalle 50 ore con invio del rilevamento del percorso ogni 10 minuti, fino a un anno in modalità stand by. In caso di emergenza Garmin inReach dispone di una funzione SOS attiva 24/7 direttamente collegata al centro di coordinamento emergenze internazionale GEOS, permettendo inoltre di interagire con i soccorsi per essere sempre aggiornato sul loro arrivo o per ulteriori informazioni.

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BY GIAN LUCA GASCA

Full Safe Ferrino Ogni anno sono più di 250 i morti in montagna tra Europa, Nord America, Ande e Himalaya. È questo il tragico bilancio che colpisce chi pratica attività sportive invernali. Al giorno d’oggi però esistono alcuni strumenti tecnologici innovativi e funzionali in grado di aumentare il livello di sicurezza sui monti, tra cui il nuovo Full Safe di Ferrino, l’unico zaino a integrare tre dispositivi fondamentali in caso di valanga: il sistema di assistenza al respiro Air Safe, l’airbag AlpRide e il riflettore Recco.

Cosa succede a una persona quando viene travolta da una valanga? Circa il 70% delle persone completamente sepolte durante una valanga muore entro i primi 35 minuti a causa della ostruzione delle vie aeree da parte di neve e ghiaccio o di lesioni letali. La formazione della cosiddetta “maschera di ghiaccio” intorno alla bocca, dovuta alla solidificazione dell’aria umida espirata, arriva a impedire la respirazione, l’accumulo di anidride carbonica porta a rapida ipercapnia ed il peso della massa nevosa schiaccia il torace con conseguente riduzione della capacità ventilatoria. In che modo lo zaino Full Safe è in grado di fornire aiuto in una situazione di questo tipo? Si tratta di un prodotto equipaggiato con tre device di sicurezza in caso di valanga. Il sistema Airbag Alpride E1,

azionabile grazie a una leva sullo spallaccio sinistro che attiva l’unità di gonfiaggio elettrica e aiuta a galleggiare in caso di travolgimento. Il sistema Air Safe, che facilità la respirazione quando ci si trova sotto al manto nevoso. Infine la piastrina Recco, cucita sullo zaino per aiutare le ricerche. Inoltre presenta una tasca frontale con asole studiate per il trasporto di materiale tecnico e attrezzi di autosoccorso. Parlaci dei progetti di ricerca e delle prove sul campo fatte per valutare la funzionalità dello zaino. Il Centro di Medicina di Montagna dell'USL Valle d'Aosta e l’Istituto per la Medicina d’Emergenza in Montagna di Bolzano hanno ideato e coordinato un progetto di ricerca sullo stress ossidativo, l'università di Padova si è invece occupata dell'analisi dei gas sotto il manto nevoso. Il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico ha ricreato gli scenari garantendo la sicurezza durante lo studio. La parte riguardante la respirazione è stata studiata sul campo da un team di specialisti il cui scopo era quello di testare i sistemi di protezione individuale al fine di raccogliere dati sia sulla loro effettiva efficacia, sia sulla fisiopatologia del soggetto travolto.

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Grazie a un gruppo di volontari è stato testato il sistema Air Safe che aiuta la persona travolta consentendo di rimuovere l’anidride carbonica dalla già ridotta quantità di aria presente, eliminando la formazione della “maschera di ghiaccio” e mantenendo la pervietà delle vie aeree. Separare l'aria inspirata da quella espirata attraverso un sistema di assistenza al respiro aumenta la frazione inspirata di ossigeno e riduce conseguentemente quella di anidride carbonica.

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e abbiamo discusso insieme allo sviluppatore, il dottor Federico Prato, medico anestesista rianimatore, che da molti anni collabora con Ferrino per quanto riguarda una linea di prodotti dedicata ad aumentare la sicurezza e migliorare la sopravvivenza in caso di travolgimento in valanga.


Ha menzionato un test riguardante la respirazione, di cosa si tratta? Grazie a un gruppo di volontari è stato testato il sistema Air Safe che aiuta la persona travolta consentendo di rimuovere l’anidride carbonica dalla già ridotta quantità di aria presente, eliminando la formazione della “maschera di ghiaccio” e mantenendo la pervietà delle vie aeree. Separare l'aria inspirata da quella espirata attraverso un sistema di assistenza al respiro aumenta la frazione inspirata di ossigeno e riduce conseguentemente quella di anidride carbonica. Questo permette una adeguata ossigenazione in soggetti completamente sepolti sotto il manto nevoso, permettendo una finestra temporale adeguata all'intervento del personale di soccorso. Come sono state eseguite queste prove con i volontari? Sono stati applicati numerosi sensori volti a monitorarne costantemente i parametri vitali e garantire la massima sicurezza. A questo punto è stata simulata una condizione simile a quella di un travolgimento da valanga in cui i volontari sono stati completamente ricoperti di neve. Successivamente sono stati sottoposti a due test.

Nel primo si sono trovati sotto uno strato di neve senza indossare alcun dispositivo di assistenza al respiro, ma con la presenza di una cavità d’aria. Nel secondo caso invece non avevano a disposizione alcuna cavità ma indossavano il sistema Ferrino Air Safe. Nel caso dei test con cavità d’aria ma senza respiratore la carenza di ossigeno e l’accumulo di anidride carbonica raggiungevano rapidamente i criteri di stop approvati dal comitato etico del test. Nel secondo caso invece la durata media delle prove è stata significativamente maggiore. Passando alle conclusioni, quali sono i risultati definitivi degli studi? Lo studio ha confermato l’utilità dei presidi di rimozione dell’anidride carbonica nella sopravvivenza dopo incidente in valanga. Sicuramente utilizzando lo zaino Full Safe di Ferrino si possono aumentare le possibilità di sopravvivenza in caso di travolgimento da valanga. Per questo la Wilderness Medical Society ne consiglia l’utilizzo e ha inserito nelle nuove linee guida l’importante combinazione di uno zaino con airbag e sistema di assistenza al respiro.

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RP Roberts x Jones Snowboards: Frontier + Frontier Split

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P Roberts non è un nome sconosciuto agli appassionati di snowboard. In passato difatti, l’artista britannico aveva già personalizzato diverse tavole delle collezioni 2017 e 2018 di Jones Snowboards. In occasione del decimo anniversario del brand californiano, gli è stato chiesto di mettere mano ai modelli Frontier e Frontier Split. Precedentemente conosciuta con il nome di Explorer, la Frontier è una tavola freeride perfetta per all mountain e backcountry. La nuova grafica presenta cinque picchi da tutto il mondo che hanno un significato speciale per Jeremy Jones, fondatore del brand, il quale ha raidato dalla vetta di tutte queste montagne in diverse fasi della sua carriera. Stiamo parlando di Wilson Peak - Colorado, Corrugated - fra USA e Canada, The Tetons - Wyoming, Shangri-La - Nepal, Bec des Rosses - Svizzera. Un mix di tecniche old school e moderna street art, il processo utilizzato da RP è piuttosto unico. Ha iniziato raccogliendo immagini di albe e del tramonti delle vette. Ha poi realizzato un modello digitale del layout, stratificando le cime in vari ordini per trovare la migliore composizione che evitasse di posizionare importanti elementi montuosi sugli attacchi dei bindings. Infine, ha dato gli ultimi tocchi con penna, pennello e bomboletta spray. Le colorazioni brillanti e le trame audaci dei paesaggi montani escono dal disegno. La sua arte cattura l'essenza delle montagne che tanto amiamo.

Ci parli brevemente del tuo background? Sono cresciuto in Galles e ora vivo a Manchester. Ho trascorso numerosi fine settimana e vacanze estive facendo escursioni e passeggiate, quindi sono sempre stato un fan della vita all'aria aperta. Per quanto riguarda l'arte, mio padre era un insegnante di arte ma ho avuto anche influenze esterne vivendo il mondo skate e graffiti nei primi anni 90. L'uso dei colori e dello stile ha catturato la mia immaginazione e mi ha appassionato a quella cultura. Al college ho studiato scultura e subito dopo ho lavorato per un’azienda che organizzava laboratori di graffiti per bambini in Europa. Fino a poco tempo fa dipingere era solo un hobby. È una prospettiva abbastanza spaventosa dipendere esclusivamente dalla tua arte perché non sei più solo un artista, devi anche gestire contabilità, vendite, prezzi e marketing.

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Come hai avuto l'opportunità di lavorare con Jones? Fra le grafiche che hai realizzato per loro, qual è la tua preferita? Ho ricevuto un messaggio su Instagram da Xavier di Jones, diceva che Jeremy aveva visto i miei lavori e chiedeva se mi sarebbe piaciuto presentare un'idea di design per la Mountain Twin, il che si è evoluto nella creazione di quattro modelli quella stagione. Penso che la mia preferita sia appunto la Mountain Twin della stagione 16/17. Ritrae il Cervino ed è la prima grafica che ho creato per Jones. È un punto fermo nella mia mente, ovvero quando ho iniziato a pensare per la prima volta di guadagnarmi da vivere con l'arte. Cosa ti ha spinto a iniziare a dipingere le montagne e qual è il processo artistico che ci sta dietro? Molte volte dipingo su commissione, quindi l'ispirazione viene dalle foto originali, ma c'è anche una componente esterna per quanto riguarda le combinazioni di colori, che proviene da ogni parte, ceramiche, design di mobili, graffiti. Vale la pena interessarsi a molte sottoculture artistiche, in quanto ciò offre una visione ampia e una mente aperta quando si tratta di sperimentare tecnica e colore. Ho iniziato a dipingere montagne mentre cercavo che strada dare alla mia carriera artistica, avevo realizzato un paio di opere per amici e da lì è nato tutto. Per quanto riguarda il processo, cerco di coinvolgerle le persone il più possibile. Spesso mi viene data una foto di riferimento, ma faccio anche molte ricerche online cercando di trovare delle immagini simili del picco in diversi momenti della giornata per avere ben delineati i contrasti di luce. Una volta iniziato il lavoro, mando una foto con i colori base, se vanno bene vado avanti con la creazione di trame, profondità e dettagli.

climatico e sul riscaldamento globale? Penso che l'umanità stia avendo un impatto drammatico sulla velocità con cui il clima sta cambiando. Il lavoro svolto da POW nel tentativo di cambiare l'opinione e la direzione della politica è un ottimo approccio quando si cerca di migliorare la situazione. Inoltre ammiro il lavoro svolto da Surfers Against Sewage, che cerca di migliorare la politica del governo in materia di responsabilità aziendale. È un ottimo esempio di come l'impatto ambientale del consumismo dovrebbe essere affrontato dai produttori e dai consumatori. Sembra esserci molta attenzione sul fatto che il consumatore se ne assuma la responsabilità e non tanto sul lato aziendale nel rivedere i propri metodi di produzione e fornire opzioni sostenibili. Speriamo che cambiando il modo in cui consumiamo e viaggiamo su scala aziendale, potremo aiutare a rallentare o invertire l'impatto che abbiamo avuto sull'ambiente.

Sei anche uno snowboarder, qual è il tuo rapporto con la montagna? Trovo che raidare sia molto simile all'arte, hai la libertà di tracciare le linee che vuoi, dove vuoi, mentre sei totalmente assorbito dall'ambiente e dall'attività. Puoi astrarti dai problemi della vita di tutti i giorni. Lo stesso si può dire per la pittura. Mi piace l'opportunità di disconnettermi, mi aiuta a ricordare di non essere altro che un piccolo puntino su di un enorme pianeta. È facile dimenticarlo a volte. In passato hai collaborato con l'organizzazione ambientale Protect Our Winters. Qual è la tua opinione sul cambiamento

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Trovo che raidare sia molto simile all'arte, hai la libertà di tracciare le linee che vuoi, dove vuoi, mentre sei totalmente assorbito dall'ambiente e dall'attività. Puoi astrarti dai problemi della vita di tutti i giorni. Lo stesso si può dire per la pittura.


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Simon Messner ITW GIAN LUCA GASCA PHOTO DENIS PICCOLO

Io sono una persona che divide la sua vita a metà tra l’alpinismo e il lavoro come videomaker. Non mi sento di essere un atleta tutto tondo, per ora la montagna è il mio spazio di libertà”. A raccontarsi con queste parole che respirano d’umiltà è Simon Messner, ambassador Salewa. Simon, classe 1991, porta un cognome importante, è infatti figlio di Reinhold.

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n nome che in campo alpinistico non passa certamente inosservato e che avrebbe potuto, con il suo peso, indirizzare le decisioni di vita dell’unico figlio maschio verso qualcosa di lontano dal mondo verticale. Simon sa camminare con le sue gambe, senza troppo farsi influenzare dalla dimensione paterna. “Ho iniziato ad andare in montagna tardi” ci spiega. “Avevo sedici anni la prima volta in cui ho provato a scalare” e non deve essersela cavata così male visto quel che sa fare adesso. La montagna ha sempre fatto parte della sua vita, “fin da piccolo ascoltavo affascinato le storie di papà, le epopee di Walter Bonatti, la saga dei tedeschi sul Nanga Parbat e molti altri racconti” che probabilmente hanno stimolato la sua fantasia a tal punto da spingerlo, anni dopo, a voler provare in prima persona cosa significa scalare una montagna, salire pareti inviolate e tracciare nuove vie.

Il suo esordio nel mondo dell’alpinismo al fianco dell’azienda bolzanina Salewa è stato subito notevole rendendosi protagonista, la scorsa estate in Pakistan, di due exploit di grande livello: la prima ascensione del Geshot Peak (6200 m) in solitaria e la prima ascensione del Black Tooth (6718 m) insieme a Martin Sieberer. La salita al Geshot Peak in realtà non sarebbe dovuta avvenire in solitaria, ma in compagnia di Reinhold, anche lui in Pakistan per le riprese del nuovo film. “L’idea di salirlo nasce da lui, da quando aveva visto una possibile linea nel 1970”, idea poi sempre accantonata fino a oggi. “Saremmo dovuti salire insieme, ma la grande quantità di neve caduta nel corso della passata stagione ha reso davvero molto difficile il percorso”. Così Simon prende la decisione di provare da solo, perché “in solitaria riesci a gestire meglio i pericoli e a essere più veloce”. Anche sul Black Tooth il

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maltempo si è messo di mezzo complicando i giochi. “Quando siamo arrivati in vetta eravamo completamente immersi nel white out, non vedevamo nulla attorno a noi” e la discesa non è certo stata facile. “Oltre ai problemi di visibilità non abbiamo potuto portare con noi la tenda perché il terreno era eccessivamente ripido”, non avrebbero quindi saputo come poterla ancorare al terreno. “Per questo abbiamo realizzato la salita in giornata iniziando poi subito la discesa e continuando per tutta la notte successiva” in modo da non rimanere bloccati in quota dal maltempo.

come prendere la cosa poi, ragionandoci, mi sono convinto a imbarcarmi in questa nuova avventura”.

L’alpinismo come libertà. “Scalare porta con se un senso di libertà” racconta. “Per questo non so ancora bene se voglio diventare un vero professionista della montagna o rimanere un videomaker”. Simon è un alpinista anomalo, non ama raccontarsi attraverso i social, vantarsi delle sue imprese in diretta. Il suo profilo Instagram rimane in silenzio per mesi quando è in spedizione, al ritorno poi posta qualche foto, un paio di video, e racconta la scalata.

Alpinista e videomaker.

Nessun eclatante annuncio accompagna le sue partenze verso luoghi incogniti. “Dentro di me i sentimenti più forti si scatenano quando scalo su montagne inviolate in aree remote”, dove puoi fare affidamento solo sulle tue forze e sulla tua capacità decisionale. “Dove nessuno può già dirti come andrà a finire, è così che immagino la scalata perfetta”.

Oggi Simon è un videomaker di successo, con Reinhold ha messo in piedi una casa di produzione cinematografica e realizzano film di montagna. Vanno a riscoprire, e tramutano in pellicola, vicende epiche che oggi fanno parte della storia dell’alpinismo. Non era però questa la strada che avrebbe voluto intraprendere un più giovane Simon. Dopo le scuole superiori si è infatti dedicato agli studi in biologia molecolare, “un campo scientifico molto interessante e promettente, purtroppo però il laboratorio non è il mio mondo” ci spiega. “Non sono fatto per stare dieci o undici ore dietro una scrivania, soprattutto se fuori splende il sole”. Il suo piano, dopo gli studi, era quello di trovare un modo per “lavorare il meno possibile così da poter dedicare quanto più tempo alla scalata”. Un giorno poi Reinhold va da lui e con semplicità gli dice: facciamo film di montagna insieme. “Non era una domanda, ma un’affermazione . All’inizio sono rimasto sorpreso e non sapevo bene

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“Non era una domanda, ma un’affermazione . All’inizio sono rimasto sorpreso e non sapevo bene come prendere la cosa poi, ragionandoci, mi sono convinto a imbarcarmi in questa nuova avventura”.

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The Nose Speed Record BY FEDERICO MURA POWERED BY REEL ROCK

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e non soffrite di vertigini e non avete problemi di cuore, in questi mesi è possibile vedere sul grande schermo The Nose Speed Record con Alex Honnold e Tommy Caldwell, film selezionato da Reel Rock assieme a The High Road con Nina Williams e United States of Joe’s.

stione di grandi spaventi; una caduta lontano da una protezione è indubbiamente un enorme elemento di rischio che ha portato diversi climber ad essere vittime di gravi incidenti. E quando ci si trova tanti, troppi metri sopra una protezione, entra in gioco una componente di freddezza e concentrazione che solo le leggende possono avere. Honnold, in un certo senso, lo si può definire allenato dopo la sua famosissima scalata in free solo della via Freerider, ma non aveva comunque fatto ancora i conti con la velocità.

Certo, accettare di scalare una parete con l’uomo che il gear quel giorno l’aveva lasciato a casa non è da tutti. Tommy Caldwell è il co-protagonista del film “tratto da una storia vera”, The Nose Speed Record. Dall’altro capo della corda niente meno che Alex Honnold. Gli stessi 31 tiri e 870 metri di dislivello che un regolare climber salirebbe in 4 giorni, questa volta vengono mangiati in due ore. Vale tutto. Qualsiasi tecnica, munte, risalite, dita negli split e pendoli. Quello che importa è abbattere il record precedente, in questo caso detenuto da Jim Reynolds e Brad Godbright. The Nose Speed Record è il racconto di un confronto tra follia e tecnica, perché lo speed climbing di un multi pitch non è altro che il giusto bilanciamento di questi due elementi così importanti quando c’è una sfida tanto ardua di mezzo.

Tommy Caldwell, dalla sua, ha da confrontarsi con un’impresa totalmente nuova messa a paragone con quello che sono le responsabilità da marito e soprattutto da padre. Una serie di presupposti che hanno reso degno ogni loro singolo tentativo, rendendolo una storia da raccontare.

The Nose Speed Record è il racconto di un confronto tra follia e tecnica, perché lo speed climbing di un multi pitch non è altro che il giusto bilanciamento di questi due elementi così importanti...

Reel Rock racconta delle storie. Storie diverse, tutte accomunate dall’amore per la roccia. In particolare nella quattordicesima edizione si possono apprezzare stili e mondi totalmente diversi gli uni dagli altri. Il vedere tre pellicole così simili ma così diverse una dopo l’altra ci fa riflettere su come l’arrampicata abbia infinite sfaccettature. Da Nina WIliams, macchina da boulder ed estremamente incentrata sulla performance, a United States of Joe’s, che invece ha un taglio totalmente differente. Parla di comunità. Di come un gruppo di strani personaggi, che si presentano con un materasso sulle spalle in una iper-conservatrice cittadina dispersa nello Utah, possano diventare parte della comunità locale semplicemente condividendo esperienze. Storia che si tramuta immediatamente in metafora applicabile a infiniti ambiti nelle nostre personali esperienze.

Forse avete presente che sensazioni si provano nel trovarsi anche solo un paio di metri sopra ad un rinvio, con un passaggio difficile ancora da fare. Bene, per la coppia Honnold-Caldwell i metri in questione spesso e volentieri sono dieci, con rispettiva potenziale caduta di venti. Non è obbligatorio non mettere il gear, è solamente lento. Le complicazioni ovviamente non sono da meno, il fatto che The Nose sia la via più famosa non può che aumentarne il traffico, andando ad aggiungere un ulteriore componente di imprevedibilità. “Dire che sia totalmente sicuro, sarebbe un’immensa bugia”.

E poi The Nose Speed Record, che parla di sfida, gioco di squadra e motivazione.

Preparare uno speed record non ha nulla a che vedere con la preparazione di una via di grado alto; qui il gesto tecnico passa in secondo piano, dando spazio alla priorità di non cadere mai. Non è solo una que-

Una cosa la possiamo affermare con certezza: dietro ogni climber, leggenda o meno, si nasconde sempre un essere umano.

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Oberalp Convention B Y S I LV I A G A L L I A N I

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l 7 novembre scorso siamo stati ospiti all’abituale Oberalp Convention ad Alpbach, Austria, dove il Gruppo Oberalp ha presentato le novità per l’inverno 2020/21.

hanno offerto una anticipazione sulle più interessanti novità dei rispettivi brand: la tecnologia Responsive per Salewa e, per Dynafit, gli sci Blacklight e i nuovi set da scialpinismo.

P rima a prendere la parola nel futuristico centro congressi ricavato sotto il profilo della montagna è stata Ruth Oberrauch, Head of Sustainability del gruppo, che ha presentato al pubblico composto da 450 fra giornalisti, media, negozianti e rivenditori, il nuovo brand del gruppo, Evolv, rappresentato direttamente dal suo fondatore Brian Chung. Quest’ultimo brand va ad aggiungersi agli storici marchi dell’azienda, tutti tra i leader del settore: Salewa, Pomoca, Dynafit e Wild Country.

Ma l’ultima parola è stata ancora una volta quella di Ruth Oberrauch, che ha chiuso questa edizione record della Oberalp Convention per quanto riguarda il numero di partecipanti e la provenienza geografica, con un’anticipazione: un nuovo brand sarà presto schierato nelle file del gruppo, ma non ci è dato sapere quale fino alla Oberalp Convention in programma per la primavera 2020: non vediamo l’ora! Dopo la presentazione abbiamo avuto l’opportunità di incontrare tre personaggi chiave del Gruppo Oberalp. I già citati Stefan Rainer e Benedikt Böhm, e Alexandra Letts, Sustainability Manager del gruppo.

Il testimone è poi passato a Christoph Engl, CEO del Gruppo Oberalp, che ha presentato Mountain Sport Monitor, un interessante sondaggio realizzato in collaborazione con Ispo e Messe München, in cui sono state analizzate le scelte d’acquisto di un gruppo di consumatori finali.

Dopo la presentazione abbiamo avuto l’opportunità di incontrare tre personaggi chiave del Gruppo Oberalp. I già citati Stefan Rainer e Benedikt Böhm, e Alexandra Letts, Sustainability Manager del gruppo.

Il panel ha compreso 1200 persone, non necessariamente consumatori di prodotti dei marchi Oberalp, ma generici appassionati di montagna e outdoor. Si tratta di dati importanti e strategici che il gruppo utilizzerà per le proprie scelte future. La convention è proseguita con gli interventi di Stefan Rainer e Benedikt Böhm, rispettivamente Brand Manager di Salewa e Dynafit, che

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STEFAN RAINER

grado di sicurezza.

Questo è il motivo per cui abbiamo deciso di sviluppare Responsive: la prima tecnologia basata su minerali naturali integrati nel tessuto, che ricicla l´energia del corpo umano. I raggi infrarossi riflessi penetrano il sistema muscolare, attivano la circolazione del sangue, ottimizzano il trasporto dell’ossigeno e infine diminuiscono la produzione di acido lattico del 18%. I severi test del Politecnico di Torino certificano questo effetto e di conseguenza possiamo dire che Salewa Responsive attiva il tuo corpo per performare più a lungo e recuperare più velocemente. Spesso è la natura stessa che offre le soluzioni migliori.

Come mai avete deciso di realizzare il Mountain Sport Monitor? Il nostro Gruppo è sempre stato guidato da un sentimento molto forte: la passione per la montagna. Ma il rischio che si corre è quello di concentrarsi solo su un aspetto evidente e così facendo perdere di vista o non approfondire altri aspetti che possono rivelarsi ugualmente fondamentali. Oggi il settore outdoor è ancora molto guidato dai dati che arrivano dai negozianti, ma non esistono invece molti riscontri da parte del consumatore finale. Abbiamo cercato di colmare questa mancanza ed interrogare direttamente i consumatori, in modo da entrare più nello specifico nelle loro scelte di acquisto.

ALEXANDRA LETTS

Vi aspettavate i risultati ottenuti oppure siete rimasti sorpresi di qualcosa? Abbiamo avuto numerose conferme. Ma ci sono state anche alcune sorprese. Essendo un brand fondato e composto da alpinisti, per noi era scontato che la motivazione principale per andare in montagna fosse lo sport in sé. Invece solo il 20% ha dato questa risposta.

� Qual é il tuo ruolo nel gruppo Oberalp? Sono in azienda da 15 anni e inizialmente mi sono occupata della produzione nel reparto abbigliamento. Ho acquisito esperienza riguardo la supply chain, come funziona, quali sono le dinamiche, i problemi e come facendo acquisti si può incidere anche sulle condizioni lavorative.

Per il restante 80% il vero motivo che li spinge in montagna è il contatto con la natura, come contrappeso alla vita quotidiana sempre più digitale e complessa. Si tratta di una risposta cross-generazionale e sicuramente ne terremo conto per quanto riguarda le nostre strategie future.

Quando nel 2012 Ruth Oberrauch ha voluto creare il reparto sostenibilità lo abbiamo fatto insieme. Lei ha guidato la strategia e io mi sono occupata di tutta la parte di supply chain e sviluppo del prodotto. In seguito lei mi ha chiesto di prendere in mano il reparto, quindi ora sto continuando a guidare la strategia di sostenibilità del Gruppo Oberalp che si basa su due pilastri, la parte sociale e la parte di prodotto.

Hai parlato di contatto sempre più profondo con la natura. Questa tendenza si sposa con la vostra ultima tecnologia, Responsive. Si, infatti. Oltre all`analisi quantitativa abbiamo studiato il consumatore finale anche in termini qualitativi assieme all´istituto Karmasin di Vienna. Da vari focus group, dagli alpinisti professionali agli amanti della montagna, volevamo capire meglio il significato del prodotto nonché i loro desideri profondi inespressi. Il fattore più importante emerso è il fatto che le persone sono attirate dalle montagne per le avventure e l’esperienza personale, fisica e psichica. Nella lunga storia dell´alpinismo, l´intero settore si è sempre concentrato a proteggere l’uomo dalla montagna, creando una barriera fra natura e corpo umano. L´aspettativa del consumatore invece va nella direzione opposta. Chi va in montagna vuole sentire la natura ed esporsi con il giusto

Raccontaci qualcosa di entrambe le parti. Parte sociale: tutte le persone coinvolte a tutti i livelli sono importanti, fondamentale è anche che tutti i ruoli nell’azienda siano consapevoli dei nostri standard. Abbiamo un codice di condotta che deve essere sempre tenuto a mente, valutando le varie situazioni dei diversi paesi in cui vengono prodotti i nostri capi. Abbiamo del personale locale che fa controllo qualità e siamo aiutati da Fair Wear Foundation che conduce degli audit, certificando il nostro impegno a migliorare le condizioni di lavoro attraverso una valutazione del brand che si chiama Brand Performance Check. Salewa è al momento l’unico marchio italiano membro e siamo stati

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classificati “leader” per il terzo anno nella loro classifica. Parte di prodotto: abbiamo una Chemical Policy molto precisa, un documento che ogni fornitore deve seguire per realizzare qualsiasi nostro prodotto. Adottiamo degli standard più restrittivi rispetto alle leggi europee e a tutte quelle straniere a cui dobbiamo sottostare esportando all’estero. Inoltre utilizziamo una quantità significativa di tessuti certificati da terzi anche se il nostro obiettivo a lungo termine è lavorare di più sulla fiducia dei nostri clienti verso il brand piuttosto che avere semplicemente sigilli esterni.

“by athletes for athletes”. Il nostro posizionamento rimane quindi lo stesso; non rinunciamo a nulla ma, al contempo, vogliamo avvicinarci anche ad altri tipi di consumatori così da ispirare sempre più persone a praticare questo sport. Avete allargato il vostro segmento prodotto alla mountain bike. Dynafit è nato come marchio per lo scialpinismo e da anni realizziamo prodotti e attrezzature capaci di soddisfare le necessità degli sportivi 365 giorni all’anno. Ora, con gli stessi materiali e le stesse tecnologie, siamo attivi anche nel settore della mountain bike. La capsule collection 2020 ha avuto successo, ben oltre le nostre aspettative. Un risultato che va di pari passo con la tendenza degli sportivi del giorno d’oggi che combinano con grande flessibilità diverse discipline come alpinismo, mountain bike o scialpinismo, a seconda del tempo a disposizione, degli obiettivi dell'allenamento, della stagione e delle condizioni ambientali.

I dati che avete raccolto dicono che oggi il consumatore è estremamente sensibile al temi della sostenibilità, pensi che il mercato andrà sempre di più in quella direzione? Oggi la sostenibilità sembra andare di moda, ma per noi è sempre stato un tema fondamentale che oggi portiamo avanti con ancora più energia. Non si tratta di un concetto astratto e c’è molta confusione a riguardo: nel nostro sondaggio la media dei consumatori ha messo la sostenibilità al sesto posto per ordine di importanza. Quello che invece hanno reputato più fondamentale è stata la qualità dei prodotti e il fatto che questi durino a lungo, ma tutto questo rientra anche nel concetto di sostenibilità! Il nostro motto “contribute” si rivolge a un obiettivo comune. Ogni piccola scelta conta. Il futuro sarà rendere più responsabile e consapevole il consumatore nella fase d’uso, cambiando al tempo stesso il modello d’acquisto. Creando meno prodotti ma migliori che le persone comprino meno e durino nel tempo. Abbiamo infatti ridotto la collezione apparel da 420 modelli a 290 e anche il numero di tessuti utilizzati perché consolidati nel tempo. Se avanzano tessuti di una produzione si possono usare l’anno dopo, se c’è uno stock di articoli continuativi si vendono l’anno successivo. Tutto ciò si traduce in un minor impatto ambientale.

Parlaci dei nuovi Blacklight. Volevamo tornare alle origini con qualcosa di leggero e performante allo stesso tempo; degli sci adatti anche alle montagne più difficili, come il Gasherbrum, dove sono stati testati. La nostra ambizione era quella di tornare fortemente sul mercato e Blacklight è al momento il prodotto più leggero e performante del settore. Full carbon, anima in legno, 900 grammi. Penso che diventerà un top di gamma dei prossimi inverni. Un’altra novità sono i nuovi set composti da sci, attacchi e pelli. L'obiettivo è semplificare questo sport. Al giorno d'oggi ci sono diverse categorie per ogni disciplina e non è sempre facile scegliere l’attrezzatura giusta. I nostri nuovi set possono essere d’aiuto in questa situazione, offrendo un’attrezzatura leggera e robusta, ma al contempo versatile, di ottima qualità e a un prezzo competitivo. I nostri set da scialpinismo saranno disponibili non solo nei nostri store ma anche online e nei punti di noleggio. La storia ci ha sempre dimostrato che semplificare aiuta e per questo è importante rendere l’avvicinamento allo scialpinismo ancora più semplice e divertente.

BENEDIKT BÖHM �

Progetti futuri? Nella stagione autunno/inverno 2021/22 ci saranno molte novità interessanti per quanto riguarda gli scarponi. La nostra linea sci è stata appena rinnovata mentre l'intera gamma di attacchi sarà rivista nel corso del prossimo anno. Nel settore Apparel ci saranno alcuni prodotti continuativi e altri nuovi. Insomma, il lavoro non manca!

Negli anni precedenti vi eravate concentrati principalmente su atleti, gare e performance, ora sembra che stiate cercando di espandere la vostra collezione verso coloro che si avvicinano alla montagna per la prima volta. In parte è vero, in passato ci siamo sempre concentrati sugli atleti e ancora lo stiamo facendo. Non a caso, il motto del brand è proprio

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Danner Boots: Go There B Y S I LV I A G A L L I A N I P H OTO S BY G A R R E T T K I N G , RYA N F I E L D , S I LV I A G A L L I A N I

Ci sono tre giornalisti: un californiano, un newyorkese e un italiano. Sembra l’inizio di una barzelletta, invece è semplicemente come comincia la nostra storia destinazione Svizzera insieme a Danner Boots. Il brand americano ci ha invitato a provare sul campo i nuovi Danner Arctic 600 con suola Vibram Arctic Grip in una serie di attività top secret.

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Punto di partenza, la folkloristica cittadina di Gstaad, una frazione del comune svizzero di Saanen, nel Canton Berna. Stazione sciistica sviluppatasi a partire dagli anni 1900, è una nota meta di turismo invernale di lusso grazie alle numerose piste da sci e rifugi montani, ma è frequentata anche negli altri periodi dell’anno. Io la raggiungo comodamente da Milano in 4 ore di treno, durante un ancora soleggiato pomeriggio di inizio ottobre. I miei compagni di avventura saranno un po’ meno fortunati e toccherà loro un volo intercontinentale con annesso jet lag. Tuttavia sono un po’ preoccupata, anzi, provo sentimenti contrastanti: sono certamente felice di questa opportunità ed entusiasta di trovarmi sulle Alpi, pronta per un’altra avventura in montagna, ma al tempo stesso sono anche un po' nervosa ed intimorita in quanto unica italiana fra americani. Tutti i miei timori però svaniscono appena conosco i giornalisti Lauren e Matt ed Erin e Tara (di Danner US) a cui poi si aggiungono Garrett e Ryan, i fotografi che ci seguiranno in questi giorni, che mi mettono subito a mio agio. Tempo di scambiare qualche parola ed informazione su di noi ed è come se ci conoscessimo da sempre. La passione per la vita all’aria aperta è il nostro comune denominatore ed il motivo per cui Danner ci ha riunito qui. Go There è la campagna del brand statunitense che celebra il desiderio di un'avventura inesplorata attraverso le storie di viaggiatori, pionieri, avventurieri e semplici appassionati di outdoor. Un invito ed un incoraggiamento per tutti a infilarsi gli stivali, uscire di casa e vivere la natura, non attraverso viaggi e racconti di altri ma in prima persona, dovunque il vostro spirito di avventura vi porti, dalle infinite cascate della Gola del Columbia alle Alpi Bernesi. Ed è proprio qui che Danner ci ha condotti, il nostro campo base è Huus Gstaad, un meraviglioso cottage immerso tra le dolci cime delle Alpi Bernesi. Ci troviamo in una soleggiata posizione collinare che vanta le migliori vedute sulle vette circostanti. Confortevole e familiare, ci sentiamo subito come a casa e l’atmosfera ci rapisce, ma non facciamo in tempo a rilassarci troppo che arriva Simon, la nostra guida svizzera che ci accompagnerà per i prossimi due giorni.

Prima tappa il ghiacciaio di Les Diablerets a 3000 m di altezza. A fondo valle splendeva il sole mentre qui in alto quello che ci accoglie è un paesaggio lunare spazzato da raffiche di vento.

Prima tappa il ghiacciaio di Les Diablerets a 3000 m di altezza. A fondo valle splendeva il sole mentre qui in alto quello che ci accoglie è un paesaggio lunare spazzato da raffiche di vento. Davanti a noi solo un manto di neve immacolata, fa decisamente freddo. Tiriamo su il cappuccio e stringiamo bene le stringhe dei nostri scarponi. Visti dall’alto sicuramente non sembriamo altro che dei puntini che avanzano in mezzo al bianco. Siamo pronti per il nostro hike.

L’aria pungente del ghiacciaio regala un travolgente senso di libertà che ci fa dimenticare il gelo che ci circonda. Quassù si possono godere di 75 chilometri di sentieri e percorsi alpini segnalati.

L’aria pungente del ghiacciaio regala un travolgente senso di libertà che ci fa dimenticare il gelo che ci circonda. Quassù si possono godere di 75 chilometri di sentieri e percorsi alpini segnalati. Da facili escursioni per famiglie a percorsi alpini più impegnative o vie ferrate. Noi ci avventuriamo per il Glacier

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È il momento di testare le nostre Arctic 600 che si rivelano l’alleato ideale di questa avventura.

Walk, un trail che da Scex Rouge ci conduce a Quille du Diable e che è aperto tutto l’anno. Attraversiamo uno per volta i 107 metri di ponte sospeso, unico al mondo, che collega le due vette della montagna. Sotto di noi un precipizio a un'altitudine di 3.000 m, un’esperienza unica che permette di affacciarsi direttamente sul ghiacciaio di Les Diablerets, rivelando una vista panoramica delle montagne più alte della zona, Cervino, Mönch, Jungfrau ed Eiger. Sconsigliato a chi soffre di vertigini!

Confortevoli e caldissime grazie all’isolamento Primaloft e alla membrana impermeabile Danner Dry, mi tengono ben ancorata al terreno per merito della suola in Vibram Arctic Grip, mantenendo al tempo stesso il mio piede caldo e asciutto.

È il momento di testare le nostre Arctic 600 che si rivelano l’alleato ideale di questa avventura. Confortevoli e caldissime grazie all’isolamento Primaloft e alla membrana impermeabile Danner Dry, mi tengono ben ancorata al terreno per merito della suola in Vibram Arctic Grip, mantenendo al tempo stesso il mio piede caldo e asciutto. Potrei camminare per ore tanto che quando arriviamo al rifugio l’Espace ho decisamente caldo e vorrei proseguire su quella coltre immacolata. Da qui si gode di vista meravigliosa sulla valle di Derborance e su tutto il Canton Vallese. Alla fine mi faccio convincere ad entrare dalla prospettiva di una Tomme Fleurette con formaggio di Rougemont e patate arrosto. Il giorno seguente sveglia all’alba. Simon ci aspetta per condurci sul Wildhorn, lungo la linea di confine tra il Canton Vallese ed il Canton Berna. La montagna, alta 3.248 m, offre tutto quello che potevamo desiderare, sentieri tagliati fra i dirupi, ripide salite su pendii coperti di ghiaia, pietraie, diverse discese su scale verticali in rapida successione, molti piccoli laghi di montagna, una passeggiata tra le stelle alpine, la splendida vista panoramica sul ghiacciaio della Plaine Morte, Diablerets, Mont-Blanc, Grand Combin e le vette intorno alla Val d'Hérens, attraverso un labirinto di rocce bianche che lasciano spazio a cascate mozzafiato che scendono dalle pareti vertiginose. Questo piccolo gioiellino delle Alpi Bernesi fu scalato per la prima volta nel settembre 1843 da Gottlieb Samuel Studer. La via di salita più facile avviene partendo dal lago Iffig e passando dalla Wildhornhütte. A differenza del giorno precedente, la giornata è tersa e luminosa. Simon mi indica un punto imprecisato in lontananza, dopo le montagne: “Là dietro c’è Milano, a soli 30 minuti di distanza in elicottero!”. Lo dice come se fosse dietro l’angolo, eppure qui, su questa vetta circondata dal nulla a parte le neve e i miei compagni di avventura, mi sento quanto più distante da casa io sia mai stata. Go there. Ora capisco a pieno l’essenza della campagna di Danner Boots. Scappare dalla folla e dalla routine quotidiana in cerca di un’avventura, piccola o grande che sia, ma che ti faccia sentire in armonia con la natura, in grado di resistere alle sue caratteristiche più estreme, ma sempre consapevole che, con i giusti alleati, nessun ostacolo nel tuo viaggio sarà insormontabile. Mettiamo i ramponi e in fila indiana raggiungiamo la vetta della montagna. Nel punto più alto della cima ci aspetta una meritata colazione a base di pane, formaggio svizzero e marmellata. Brindiamo con le nostre tazze Danner con the caldo e caffé solubile. Questa avventura è giunta al termine.

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Feeling the wilderness beyond the infinite living free nature BY M A R TA M A N ZO N I P O W E R E D B Y G O R E -T E X LO CAT I O N BA N F F CA N A DA PHOTO BRUNO LOG

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n Canada è tempo di elezioni. Nel nostro hotel sono stati allestiti i seggi e i cittadini sono compostamente in fila per esprimere la propria opinione su chi dovrebbe guidare il governo del loro Paese. Secondo i sondaggi la possibilità che vinca Andrew Scheer, chiamato da alcuni il ‘Trump canadese’ è concreta. “Il nostro primo ministro, Trudeau, mi piace perché è moderato. Temo davvero che possa vincere il candidato di destra” ci confida Darcy, la nostra guida. Ci troviamo a Banff, il parco naturale più famoso e antico del Canada e il quarto più vecchio al mondo, dopo il Bogd Khan Uul National Park, Mongolia (1783), il Parco Nazionale di Yellowstone, USA (1872) e il Royal National Park, Australia (1879). Dichiarato Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco, si estende tra le montagne rocciose su un’area di 6.641 km² e si trova a 128 km a Ovest della città di Calgary. Siamo qui per fare ‘plogging’: neologismo inventato in Svezia dalla crasi delle parole “plocka upp” (raccogliere) e “jogging”, è un’attività sportiva che consiste nel raccogliere i rifiuti mentre si corre, combinando esercizio fisico e pulizia dell’ambiente. Noi – i giornalisti – abbiamo i ramponi e innumerevoli strati addosso, loro – i local – sono in short e sneakers.

a che fare: degli europei, abituati ad andare in montagna spesso per gustare polenta, pizzoccheri e birra. Durante i trekking di questi giorni non incontriamo neanche un rifugio. Nativi di tutte le età appena usciti da scuola o dall’ufficio ci superano con passo deciso, diretti all’happy hour in quota: arrivano, tirano fuori dallo zaino l’occorrente, banchettano, puliscono tutto minuziosamente e scendono. «All’interno del Banff National Park ci sono solo un paio di posti che funzionano come in Europa, dove puoi ordinare da mangiare e da bere. Negli altri devi portare il tuo cibo, le bevande e il sacco a pelo», ci spiega la guida. Qui gli spazi sono infiniti e la densità di abitanti è molto bassa (3,79 ab./ km² contro i 199,82 ab./ km² dell’Italia). Lo scenario è super wild, caratterizzato da cascate, laghi, ghiacciai, grotte, canyons e picchi montuosi. L’aria pura stimola la creatività. Forse è stata proprio la natura incontaminata la musa ispiratrice del Banff Mountain Film Festival: nato nell’omonima città nel 1976, è probabilmente il più importante evento al mondo di film e libri di montagna, con ospiti internazionali, autori, registi, alpinisti, climber ed esploratori provenienti da ogni angolo del globo. «Sono molto soddisfatto: Electric Greg, il mio documentario, è in concorso per il Banff Mountain Film Festival world tour: viaggerà in oltre 45 Paesi, in circa 550 città e spero che possa ispirare le persone» ci racconta durante l’escursione Greg Hill, sciatore freeride e ambassador Gore-Tex.

Attraversiamo foreste di conifere e meravigliosi panorami alpini. Ma non ci danno nessuna soddisfazione. In tre giorni di camminate su e giù per i pendii non troviamo neanche un mozzicone di una sigaretta, dei quali sono ricche le nostre Alpi. Qui la sostenibilità fa parte del patrimonio di conoscenze nazionale da prima che venisse coniata la parola ‘sostenibilità’. La natura è selvaggia e potente e alle bambine e ai bambini viene insegnato a rispettarla. Un Paese in linea con i valori di Gore-Tex, che forse anche per questa ragione lo ha scelto per offrirci la possibilità di testare le giacche realizzate con la nuova tecnologia Gore-Tex Pro, create per essere resistenti, elastiche, traspiranti e impermeabili e per proteggere dalle condizioni meteo più estreme.

Come racconta il suo cortometraggio, l’atleta ha visto di persona gli effetti dei cambiamenti climatici e si è reso conto che il modo in cui si stava avvicinando alle montagne stava aggravando il problema. Quindi ha cambiato approccio e stile di vita. Ora viaggia con l’auto elettrica, è vegetariano dal lunedì al venerdì e scala le vette senza bruciare combustibili fossili. Greg è in buona compagnia. In questi giorni abbiamo avuto modo di conoscere altri due atleti impegnati nel ridurre il loro impatto ambientale, anche loro ambassador Gore-Tex: il climber Stefan Glowacz e l’alpinista Tamara Lunger. Stefan ha compiuto una spedizione sostenibile dall'inizio alla fine, partendo dalla sua casa a Monaco in auto elettrica, navigando in barca a vela in Atlantico e sciando sull'eterno ghiaccio della Groenlandia. Mentre camminiamo, Tamara Lunger ci dice di essere appena rientrata dalla Mongolia, dove ha scoperto, a piedi, un Paese e un popolo eccezionale, nomade, che vive in maniera semplice e autentica.

“Prendersi cura degli indumenti estende in maniera significativa il loro ciclo di vita ed è uno degli elementi più rilevanti per avere un prodotto sostenibile” ha affermato Bernhard Kiehl, Gore Fabrics Sustainability Leader. “È importante prestare attenzione quando si pulisce la giacca: bisogna ricordarsi di chiudere le zip e le tasche, poi è sufficiente lavarla a mano o in lavatrice a media temperatura e infine farla asciugare all’aria, in modo da non usare altra energia. Tutti i dettagli sono indicati sul nostro sito”. Camminiamo immersi in un silenzio zen. Siamo un gruppo di giacche rosso acceso: tanti frutti rossi, l’ideale per la merenda di un grizzly o di un puma, due delle 53 specie di mammiferi che abitano il Parco Nazionale di Banff. Questi boschi sono la casa, tra gli altri, di alci, bisonti, coyoti, renne, lupi, volpi, cervi, linci del Canada e stambecchi. Questa incredibile diversità di fauna selvatica è il riflesso dei tanti habitat che si trovano nel parco, dovuti alle variazioni di quota, clima e flora. Per evitare di diventare lo spuntino di qualche predatore, prima di ogni trekking a ognuno di noi viene consegnato uno spray per tenere a distanza gli orsi. Ed eccoci sulle rive del Lago Louise: un incantesimo sembra essersene impossessato per quanto è bello.

“Ho sentito una connessione straordinaria con le persone e la natura e quando sono tornata in città ho provato molta nostalgia nei suoi confronti. Mi sentivo molto amata in quel contesto così selvaggio e ho percepito un senso di liberazione”. Le sensazioni che Tamara ha sperimentato dall’altra parte della Terra sembrano incredibilmente vicine a quelle vissute in Canada. Ci svegliamo la mattina seguente e Darcy, la nostra guida, tira un sospiro di sollievo. Ha vinto le elezioni Trudeau.

Lo scenario è super wild, caratterizzato da cascate, laghi, ghiacciai, grotte, canyons e picchi montuosi. L’aria pura stimola la creatività.

La neve appena caduta avvolge il paesaggio in una magia d’altri tempi. Ci dirigiamo verso la Tea House. “Non vi aspettate di trovare pasticcini o tazze di the!” ci ammonisce la guida. E fa bene a specificarlo, considerando con chi ha

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Gore-Tex 2020 -

Grandi novità per Gore-Tex a partire dall’autunno 2020. Il brand infatti offrirà tre diversi tipi di tessuto dotati della tecnologia di prodotto Gore-Tex Pro, ognuno dei quali ottimizzato per performance differenti e per usi finali diversi.

G O R E -T E X P R O Si tratta del tessuto più resistente indicato per gli sport di montagna ed in situazioni di forte usura. Il sistema a triplo strato si unisce una nuova tecnologia della membrana con il solido rivestimento interno Micro Grid nella nuova versione tinta in massa. G O R E -T E X P R O S T R E T C H Come si può intuire dal nome, offre grande elasticità applicata ad un tessuto impermeabile e traspirante e che di conseguenza aumenta di gran lunga anche la durabilità del prodotto, garantendo un maggiore comfort di movimento.

Le tre tecnologie di tessuto impermeabile, antivento e traspirante saranno disponibili in molti capi di brand leader nel settore e tra quelli presenti nel mercato Italiano spiccano Arc'teryx, Burton, Haglöfs, Mammut, Millet, Montane, Montura, Mountain Equipment, Norrøna, Peak Performance, Patagonia, RAB, Salewa e Scott.

G O R E -T E X P R O M A S S I M A T R AS P I R A B I L I TÀ Si tratta di una tecnologia molto resistente pensata per assicurare la massima traspirabilità riducendo l’accumulo di umidità. Leggerissimo e proposto in una nuova versione tinta in massa del rivestimento interno Micro Grid, assicura estremo comfort in ogni situazione.

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Alex Megos BY FEDERICO MURA P OW E R E D BY PATAG O N I A

Sono entrato al Kletterzentrum, l’impressionante palestra di Innsbruck circondata dalle Alpi tirolesi. L’atmosfera è strana: anche se non è la prima volta che vengo qui, tutte le volte mi stupisco di quanto le persone che la frequentano sembrino non rendersi conto dell’incredibile bellezza del posto che le circonda, sia per l’infrastruttura, sia per il paesaggio che si può scorgere oltre le vetrate. Arrivo al bancone della reception accompagnato da Matts, Sports Marketing Guru di Patagonia. Gli chiedo quanto grande sarà il nostro gruppo di giornalisti. “Non molto a dire il vero”, mi risponde con il suo stretto accento britannico. Entriamo nella hall, e se non fosse per le dimensioni cinque volte maggiori, l’atmosfera è esattamente quella che si respira nella mia palestra dietro casa a Torino. Unica differenza: sotto il muro di speed climbing c’è uno dei climber più forti al mondo. Mi avvicino, mi presento ad Alex e alla sua fidanzata Jenya, e scambiamo due chiacchiere sulla ghisa dello speed climbing e su quanto sia facile prendere una multa parcheggiando per le strade di Innsbruck. Se c’è una cosa che mi piace del mondo dell’arrampicata è quanto tutta la community sia rilassata. Parlare con Alex è stato esattamente come fare due chiacchiere con il mio più fedele compagno d’arrampicata. Vado a riscaldarmi con la mente un po’ confusa: dov’è l’orda di giornalisti che mi aspettavo? Alex Megos si sta allenando con la sua ragazza, e poi ci sono io. Questo non era specificato nella mail dell’agenzia… Ma va bene così, certo che va bene! Entro nell’area boulder e incontro niente meno che Norbert Sandner, insieme al leggendario Wolfgang Güllich, uno dei fondatori della filosofia del Rotpunkt. Diciamo che tutte le persone che sono lì in palestra per lavorarsi un progetto, in un modo o nell’altro, lo devono a lui.

Con il suo braccio reduce da un’operazione e la sua forma fisica certamente non più ai livelli di quando aveva vent’anni, scala con grande stile di fronte ai miei occhi dei gradi incredibilmente alti. Tutto si spiega velocemente quando mi racconta delle sue scalate con Wolfgang e delle stagioni passate con lui a studiare nuove vie. Una volta scaldati gli avambracci mi aggiungo al gruppo e dopo pochi minuti ancora mi stupisco di quanto la situazione sembri normalissima. Può essere scontato ma una cosa che mi ha colpito è quanto Alex sia un ragazzo che ha voglia di divertirsi, essere un campione di fama internazionale pare essere solo una conseguenza della sua bravura a scalare, e soprattutto una cosa che gli piace molto. Tutta la sua ironia salta fuori durante la presentazione del film Rorpunkt la sera stessa. La platea è piegata in due dalle risate per la maggior parte del tempo, causa scambi di battute troppo divertenti tra Alex e Norbert. Fortissimo, come tutti ben sappiamo, e umilissimo, tanto da far sicura ad una persona conosciuta un paio d’ore prima su un umilissimo 6b+ sudato. Seduto sui gradini della hall con di fronte i muri di prese colorate del Kletterzentrum ho attivato la modalità da giornalista anche se di tanto in tanto interrotto da alcune ragazzine in cerca di autografi e gli ho fatto qualche domanda. Il tuo stile di arrampicata è impressionante; spesso per lanciare una presa rimani in parete grazie alla sola forza delle tue dita, e per questo molti non esitano a chiamarti “La Macchina”, ma quanto è importante invece per te la componente psicologica dell’arrampicata? Nel mio allenamento sicuramente la parte psicologica è molto importante, forse più di quella fisica. Quando arrampichi duro devi sempre essere focalizzato e tenere alta la motivazione. So69

Nel mio allenamento sicuramente la parte psicologica è molto importante, forse più di quella fisica. Quando arrampichi duro devi sempre essere focalizzato e tenere alta la motivazione.


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prattutto quando sei davanti ad un progetto, il tuo cervello deve essere concentrato al 100% su di esso. Molto spesso la parte psicologica per me è molto più difficile da gestire rispetto a quella fisica. Nel film di questa sera ti hanno definito come il successore di Wolfgang Güllich. Stiamo parlando di colui che ha rivoluzionato l’allenamento e la preparazione in vista di spingere il proprio limite ancora più in alto. Qual è il tuo feeling con la preparazione fisica? Personalmente mi diverto molto nell’allenamento di potenziamento muscolare. Se ti alleni duro, allora arrampichi duro. Lo uso come pretesto per divertirmi ancora di più in parete. Fa parte del gioco. Bisogna sempre però non trascurare le altre due parti dell’arrampicata: come abbiamo detto, la parte psicologica, e la tecnica. Uno dei segreti per arrampicare duro è bilanciare i propri allenamenti considerando questi tre aspetti dell’arrampicata. Per quanto mi riguarda, in passato sono stato troppo incentrato sull’allenamento fisico, e solo negli ultimi anni che ho imparato a gestire tutte le parti dell’allenamento ho raggiunto prestazioni decisamente più soddisfacenti. E quali aspetti legati al personaggio di Wolfgang Güllich ti piacciono di più e vorresti fare tuoi? Lui era un visionario. E già trent’anni fa pensava a spingere le prestazioni al massimo, cercando di alzare ulteriormente i gradi. Ogni volta che riusciva a scalare un nuovo grado non lo considerava solamente come un traguardo, ma lo usava come punto di partenza per il livello successivo. Era una costante sfida contro se stesso. È questo che lo ha reso una leggenda, scalando il primo 8c della storia, e pochi anni dopo il primo 9a. Questa è la filosofia che cerco di trarre da lui e cerco di fare mia. Hai mai pensato di essere tu il prossimo ad alzare l’asticella? Sinceramente no, mi focalizzo sul mio limite e sulla parte più importante dell’arrampicata: il divertimento. Penso solamente a scalare al limite delle mie possibilità, e a scalare quello che più mi diverte. Se si pensa troppo oltre a quello che è il proprio livello si finisce per non divertirsi più. Arrampicando duro mi sono reso conto che l’arrampicata è per il 99% insuccesso, e solo per l’1% successo. Ma quell’1% è ciò che ti fa continuare ad allenarti, a scalare e a divertirti.

In quel 99% di insuccesso, la sfida è te contro la roccia o te contro te stesso? La sfida è principalmente con me stesso. Quando rinunci a una via è principalmente per due ragioni: o sei fisicamente troppo debole per affrontarla, o hai perso la motivazione. Quando arrampico devo sentire mia la parete, e non vedo nella roccia una componente di sfida, piuttosto di collaborazione. Io e la roccia dobbiamo diventare una cosa sola. E per quanto riguarda le competizioni? Da ragazzino ho partecipato a molte competizioni, poi però mi sono focalizzato sull’arrampicata in falesia outdoor. In questi ultimi anni ho sempre arrampicato per provare nuovi tipi di roccia, e lavorando su progetti sempre più interessanti. Dal prossimo anno però ricomincerò con le competizioni indoor per via delle Olimpiadi di Tokyo 2020. Meglio indoor o outdoor? Sono cresciuto arrampicando in falesia, e per questo lo stile che preferisco è sicuramente quello outdoor. Come vedrete in Rotpunkt, in questi ultimi tempi ho affrontato con diverse sfide, come quello del mio grado più alto, il 9b+ di Perfecto Mundo. Non mi sono mai confrontato con un progetto che mi prendesse così tanto tempo ed energie, ma è stata un’esperienza unica, di condivisione e collaborazione con Stefano Ghisolfi, con il mio allenatore Ludwig Korb e con tutti gli altri componenti del team che mi hanno accompagnato. In quali aspetti ti rispecchi maggiormente nel brand Patagonia? Tutto il brand è molto bello. Sono stato sponsorizzato da loro per molto tempo, da quando avevo 16 anni. Di Patagonia mi piace molto l’approccio che hanno nei confronti del problema ambientale. Stanno impiegando moltissime energie non solo nel creare un sistema di produzione il più possibile sostenibile con diversi progetti tangibili come Worn Wear, ma stanno anche portando avanti diverse campagne di comunicazione che sono mirate a sensibilizzare più persone possibili su questo tema. Uno dei motivi per cui mi piace è proprio questo: ha fatto capire a molte persone, me compreso, che dobbiamo cambiare qualcosa nel nostro stile di vita. Hai qualcosa da aggiungere? Penso che… oggi ci siamo allentati dannatamente bene, no?! Siamo pompati, abbiamo un bell’aspetto, e siamo pronti e carichi per la prossima volta! 71

La sfida è principalmente con me stesso. Quando rinunci a una via è principalmente per due ragioni: o sei fisicamente troppo debole per affrontarla, o hai perso la motivazione. Quando arrampico devo sentire mia la parete, e non vedo nella roccia una componente di sfida, piuttosto di collaborazione. Io e la roccia dobbiamo diventare una cosa sola.


The North Face Futurelight B Y S I LV I A G A L L I A N I

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Il primo a testarlo è stato Jim Morrison, del team The North Face, che lo ha messo a dura prova in condizione estreme scalando e sciando Everest e Cho Oyu in Himalaya e portando a termine la prima discesa integrale in sci del Lhotse Couloir insieme a Hilaree Nelson. Stiamo parlando di Futurelight, il nuovo materiale waterproof e traspirante di TNF, che grazie ad un processo di nanospinning consente all’aria di passare attraverso il tessuto per una traspirazione impareggiabile, garantendo al tempo stesso grande porosità ed assoluta impermeabilità.

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a sua nuova struttura in nanofibra consente il passaggio dell'aria, garantendo maggiore ventilazione e traspirabilità senza rinunciare a impermeabilità e resistenza. Ne deriva un tessuto leggerissimo, ultrasottile, flessibile e comodo che garantisce la protezione dalle intemperie necessaria negli ambienti più ostili. Le fibre nanodimensionali sono create grazie a oltre 200.000 iniettori che depositano sulla superficie una soluzione di poliuretano, raccolta poi in una matrice casuale che va a formare la membrana. La pellicola impermeabile e traspirante che si crea viene saldata al rivestimento esterno e interno dei tessuti. Queste nanofribre consentono il passaggio dell'aria, ma non dell’acqua. Inoltre, a seconda delle specifiche esigenze di atleti e consumatori si possono modificare ed adattare diversi parametri nella fase di sviluppo dei tessuti quali peso, traspirabilità, elasticità e struttura del capo a seconda del diverso tipo di attività e di condizioni ambientali. Una possibilità che non ha precedenti nel settore e che nel corso degli ultimi due anni è stata testata da alpinisti, scalatori, trail runner e snowboarder del team TNF in tutto il mondo, in ogni tipo di attività e in diversi climi e condizioni meteo, anche i più estremi. La tecnologia Futurelight, lanciata nell’autunno 2019, è al momento disponibile per giacche e pantaloni, ma le possibilità sono infinite e nel futuro potrebbero arrivare anche guanti, tende, t-shirt, felpe o perfino jeans che sfruttano la stessa membrana. “Oggi iniziamo da giacche e abbigliamento outdoor ma non ci fermeremo qui” ha sostenuto il Global General Manager Mountain Sports del brand, Scott Mellin. “Questa innovativa tecnologia può potenzialmente rendere qualunque cosa traspirante e impermeabile e, per la prima volta, confortevole. Apre la strada a un nuovo futuro per i tessuti tecnici e rappresenta infinite possibilità di applicazione nelle varie linee di prodotto The North Face”. TNF Futurelight tiene conto anche della sostenibilità, un tema da sempre caro al brand. Il processo di creazione dei tessuti infatti segue una metodologia innovativa che utilizza tre strati di tessuti riciclati e una produzione che avviene in uno stabilimento ad energia pulita in quanto alimentato da energia solare e che riduce sensibilmente l’utilizzo di componenti chimici.

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M A-CAD JKT

M BRIGANDINE JKT

M SUMMIT L5 JKT

Ogni capo è poi testato da Underwiter Labs, un'organizzazione indipendente di fama mondiale dedicata al settore delle scienze e della sicurezza con oltre 120 anni di esperienza nel collaudo di tute antincendio e anticontaminazione e che attesta la conformità dell’abbigliamento per pompieri, addetti al pronto soccorso medico e i nuclei preposti alla gestione delle sostanze pericolose. Futurelight ha superato egregiamente tutti i test, durante i quali sono stati rovesciati sul tessuto più di 750 litri d'acqua all’ora. Successivamente i prodotti con tecnologia Futurelight sono passati nelle mani degli atleti professionisti del team The North Face che li hanno testati per un periodo continuato di oltre 400 giorni nelle condizioni più impegnative ed estreme del pianeta. Ora, il nuovo materiale waterproof e traspirante targato TNF è disponibile per tutti nelle linee Summit Series, Steep Series e Flight Series, e pronto a rivoluzionare il mercato outdoor.

“L’innovazione di prodotto, l’impegno a superare i limiti e il coraggio di uscire davvero dagli schemi, sono parte integrante del DNA di The North Face sin da quando l’azienda è stata fondata, più di 50 anni fa” Ha continuato Mellin.“Per troppo tempo, siamo stati costretti ad adattarci a ciò che indossavamo e alle condizioni ambientali ma con l’avvento di Futurelight, possiamo finalmente offrire capi che si adattano realmente alle esigenze di chi li indossa. Il lancio di questo tessuto rappresenta una svolta epocale per il nostro marchio, per il mercato dell’abbigliamento tecnico e per i consumatori che non dovranno più scendere a compromessi tra comfort, traspirabilità e protezione impermeabile”.

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A talk with Yulia Baykova I T W BY DAV I D E F I O R AS O POWERED BY MASTERS - VIBRAM

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Atleta esplosiva, testarda, forte. Nel 2015, a causa di una miocardite fulminante, ha rischiato di perdere la vita. In pochi mesi, con forte determinazione, ha ripreso da dove aveva lasciato. Quella di Yulia è una storia incredibile, rinata quando i medici non le davano più speranze.

Abbiamo trascorso due giorni in sua compagnia in occasione del Clinic&Run di Masters, evento creato per conoscere e capire il modello di bastoncini più adatto alle proprie necessità e alla propria tecnica di corsa. Ma partiamo dall’inizio. «Sono morta il 3 febbraio 2015». Una frase che lascia di stucco, un pugno nello stomaco che non ti aspetti. Ma lei, Yulia Baykova, portacolori del Team Vibram e ambassador Masters, lo dice con estrema serenità. Di chi sa che nulla ormai le può fare più paura. Anni fa la sua vicenda ha commosso tutto il popolo del trail running, me compreso. Il motivo? Provate a starle accanto qualche ora; volerle bene è un attimo.

Yulia è nata in Lettonia da genitori russi. Dal 2005 vive con il marito Vincenzo Bertina a Novara e insieme condividono l’organizzazione dell’Ultra Trail del Lago d’Orta. «Ho iniziato a correre quando mi sono trasferita in Italia. Guardavo i prati verdi nella stagione invernale e pensavo che sarebbe stato bello correrci sopra. Nel mio Paese di origine neve e ghiaccio rendono il panorama grigio, monotono. Il profumo dell’erba e della terra bagnata mi hanno fatto innamorare di questo sport».

Assieme a Vincenzo, Yulia inizia ad allenarsi sulle medie distanze e a sperimentare i primi lunghi, immersa nella natura dei suoi boschi. «Mi ha vista e mi ha detto: caspita, corri bene» - ricorda lei. «E quando ho provato la prima mezza maratona ho capito che l'asfalto non faceva per me: mi annoiava». A dicembre del 2011 Yulia partecipa al suo primo trail ufficiale, sulla Sierra de Chiva, in Spagna. Lì il colpo di fulmine «Ho corso per 63 chilometri, sembrava infinita, ma nonostante la stanchezza sono rimasta folgorata. Ho scoperto un mondo nuovo, ho capito che quello era il mio sport». Da quel momento la svolta. Yulia, con grande determinazione e forza di volontà, decide di applicarsi ancor di più, tanto da diventare un’atleta di livello, anche in campo internazionale. «Non ho mai pensato di diventare una ultrarunner; da adolescente sognavo di essere una rockstar. Suonavo la batteria in un complesso e la mia aspirazione era quella di studiare musica al Berkley di Boston. Diciamo che il sogno in parte si è avverato: ho continuato a seguire il ritmo di un'altra musica, quella dei miei passi e del mio respiro». Parole che immediatamente mi fanno tornare in mente il video promozionale della UTLO 2019, di cui è protagonista: 78

Anni fa la sua vicenda ha commosso tutto il popolo del trail running, me compreso. Il motivo? Provate a starle accanto qualche ora; volerle bene è un attimo.


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>> [...] Gli stessi medici che inizialmente avevano perso le speranze di salvarla, ma che vedendola aggrappata alla vita con tanta forza, tentano l'impossibile. Yulia resiste, combatte.

«Correre è l’unica cosa che conta. Compongo la mia sinfonia un passo dopo l’altro».

Fino a qui nulla di strano. Quella di Yulia è la storia di una giovane atleta che porta avanti il sogno della vita. Ma la doccia fredda arriva a gennaio del 2015. «Eravamo a Castiglion Fiorentino per la Ronda Ghibellina. Il giorno della gara mi sono alzata e non stavo bene. Pensavo fosse solo tensione, un pò di debolezza e sono partita ugualmente». Insomma, Yulia immaginava un’influenza tipica di stagione. Ma nei giorni successivi la situazione peggiora. All’ennesimo giro in pronto soccorso Yulia perde i sensi, il cuore cede. «Sono rinata sedici giorni dopo grazie ai medici dell'ospedale Le Molinette di Torino, che hanno fatto di tutto per tenermi in vita». Gli stessi medici che inizialmente avevano perso le speranze di salvarla, ma che vedendola aggrappata alla vita con tanta forza, tentano l'impossibile. Yulia resiste, combatte. E alla fine apre gli occhi, si sveglia. Tutti gli organi hanno ripreso a funzionare. «Volevo uscire da lì con tutte le mie forze. Quello non era il mio posto. I sacrifici e gli allenamenti della corsa su lunghe distanze mi erano serviti per andare avanti, non per arrendermi. Come quando affronti una salita, sei stremato, ma stringi i denti e prosegui per la tua strada, per raggiungere la meta, l’obiettivo». Inizia così una lunga e faticosa riabilitazione fisica, complicata da un polmone fuori gioco. «Ho dovuto imparare un'altra volta a respirare», ricorda Yulia. Dopo quattro mesi è alla partenza della Lavaredo Ultra Trail, dove corre una parte del percorso. 18 chilometri, simbolici, ma lei c'è. «Era il mio pensiero fisso. Uscire dall'ospedale, poter correre e assaporare la libertà attraverso i sensi. Volevo sentire i profumi, ve-

dere il cielo azzurro e abbracciare la terra». Intanto il Team Vibram non smette di credere in lei: «Ti aspetto», le aveva promesso Jerome Bernard. E Yulia non si fa attendere, ripresentandosi a Cortina d'Ampezzo l'anno seguente e piazzandosi 10ma nella gara regina, 120 km e 5800 D+. Il 2016 sarà un anno meraviglioso, in cui spiccano il podio alla Vibram Maremontana e un sesto posto alla CCC. «Dopo quello che era successo avevo bisogno di provare qualcosa. Dimostrare a tutti che vale sempre la pena combattere per i propri sogni. Nessuno credeva che ci sarei riuscita.» Yulia oggi sta bene e il suo cuore è ritornato forte come prima. Il 2019 le ha portato un quinto posto allo Scenic Trail e all’EcoTrail de Paris, un terzo al Gran Trail Courmayeur, un 13esimo all’UTMB. A maggio poi, Masters ha annunciato il suo ingresso nel team di ambassadors. Una pura coincidenza per lei, che da istruttrice di nordic walking, si era sempre affidata ai loro prodotti. «Nella corsa alcuni elementi del nordic walking tornano utili. Con pendenze moderate, fino al 15%, utilizzo la classica tecnica del passo alternato. Sulle salite più ripide entra in gioco il doppio appoggio». Nel frattempo, superiamo di corsa l’ex cava di Costalunga. A Poe o sventa o pioe (a Pove quando non fa vento piove) racconta un detto popolare. Oggi le cose non vanno proprio così. Forti raffiche fuoriescono dal canale della Valbrenta. Piove a dirotto. Ma non ha nessuna importanza, perché siamo immersi in un magnifico paesaggio autunnale, tra sentieri a mezzacosta, pareti sassose e cunicoli scavati nella roccia. Alla Madonna del Cornon inforchiamo la mulattiera che riconduce in paese. È arrivata la discesa e riponiamo i bastoncini. Yulia mi guarda e sorride: «Che dici? Ora sgasiamo un po’?». Sgasiamo. 80

MASTERS TRECIME CARBON FIX Yulia corre con Masters Trecime Carbon Fix. Il modello perfetto per chi come Yulia sa esattamente la misura di cui necessita, con il vantaggio di ridurre il peso del bastone e poterlo ripiegare velocemente nel momento di inutilizzo. 4 sezioni, una 100% carbonio ø 14mm, due in Calutech ø 12mm e una in Alutech 7075 ø 12mm. Sistema push-pull nella prima sezione, le restanti sono collegate dal comodo meccanismo a sonda. La manopola falco assicura una presa perfetta e il puntale in tungsteno garantisce un grip sicuro su ogni terreno.


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Shelter Movie BY M AT T EO R O S SATO POWERED BY PICTURE ORGANIC CLOTHING

ST E P P I N G FO RWA R D T H R O U G H T H E LEGENDARY ALPS

• Persi in un imprecisato punto remoto delle Alpi francesi, un gruppo di cinque amici con split board e pelli ai piedi, rimangono attoniti di fronte alla selvaggia bellezza delle cime circostanti, maestose e ancora prive di tracce. Mentre risalgono al rifugio dove passeranno la notte, una vecchia voce roca fuori campo inizia a parlare. Questa voce racconterà la loro storia. Così inizia l’avventura di Shelter.

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a facciamo un passo indietro. Shelter nasce dalla collaborazione di Almo Films e Picture Organic Clothing, che aveva già dato vita a Zabardast, mountain movie ambientato sulle alte vette del Pakistan. Dietro a entrambe i progetti, c’è sempre stato innanzitutto un concept e un chiaro obbiettivo, ancor prima che una notevole produzione video. La sostenibilità e la difesa dell’ambiente sono il fil rouge che unisce i due progetti e che costituisce le fondamenta di Picture, da sempre impegnata per diminuire l’impatto ambientale dei propri prodotti. Lo scopo di Shelter è quello di catturare l’essenza della natura montana, esplorando le valli nascoste e le remote vette delle Alpi, lontano dal trambusto dei grandi resort affollati. Per portare a termine tale missione, cinque amici - motivati da un seminale amore per la montagna - hanno viaggiato di rifugio in rifugio, osservando in prima persona le conseguenze del cambiamento climatico sulle Alpi. Al fine di limitare il loro impatto sulla natura circostante, hanno innanzitutto modificato il loro approccio alla montagna e il modo in cui vivono la loro passione. I cinque amici sono Jeremy Jones, Mat Schaer, Leo Taillefer, Levi Luggen e Thomas Delfino. Jeremy Jones non ha bisogno di presentazioni: leggenda del freeride, ha sdoganato il concetto di backcountry non solo come gesto tecnico, ma in senso più esplorativo e come modo di vivere la natura nella sua essenza più pura. Grazie al suo impressionante livello tecnico, ha ispirato moltissimi rider durante la sua carriera e si può definire uno dei pionieri dello split boarding.

«I rifugi situati in luoghi così remoti sono un vero e proprio luogo di ritiro spirituale. Inoltre, offrono la possibilità di dormire comodamente, avvolti in una calda coperta e svegliarti trovandoti in mezzo alla natura, pronti per la prossima ascesa » Autentico amante della montagna, Mat Schaer è un fervente promotore della sostenibilità ed un esperto dell’argomento. Promuove da sempre un approccio ecosostenibile allo snowboarding e vede nelle Alpi un perfetto contesto per l’esplorazione “human-powered”.

« I rifugi permettono un accesso facilitato ad aree relativamente sconosciute a skier e snowboarder. Dormire in questi luoghi remoti da inoltre la possibilità di disconnettersi dalla vita frenetica, di godere di panorami mozzafiato al tramonto e condividere momenti unici con gente che condivide la tua stessa passione.» Onesto e spontaneo, Leo Taillefer dona un senso di consapevolezza ad ogni avventura che intraprende. Partner ideale di viaggio, non si tira mai indietro quando è ora di spingere i limiti. Ama l’ambiente e gli spazi aperti e vive nel pieno rispetto di essi.

« I rifugi sono luoghi di pace dove ti puoi sentire a contatto con Madre Natura. Offrono la possibilità di scrollarsi di dosso il superfluo e godersi le piccole cose. Le classi sociali non esistono lassù e puoi semplicemente essere te stesso. Infine, hai un posto in prima fila per ammirare le montagne circostanti.»

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Appassionato ed estremamente motivato, Levi Luggen si è imposto nella scena backcountry degli ultimi anni. È di fatto una guida e ha accompagnato la crew negli angoli più selvaggi e remoti dell’alto Valais.

«Il sapore della discesa è più buono quando te la sei guadagnata. Niente è più bello di consumare un pasto davanti al fuoco, dopo una lunga risalita, impaziente di tracciare curve in powder il giorno successivo. I rifugi potranno non essere lussuosi, ma nulla è più bello di ammirare l’alba dalla cima prima di buttarti a tracciare curve in neve immacolata.» Nato con la passione per la montagna, Thomas Delfino è uno dei personaggi principali della rinascita dello snowboard; l’ambiente e la sua preservazione è il suo obbiettivo principale e ha grandi piani per fare la differenza.

«Il backcountry è diventato molto di più popolare e accessibile oggi e i rifugi offrono la possibilità di esplorare aree isolate e remote. Tutto questo gioca a favore dell’outdoor in generale, perché essendo aperti tutto l’anno a tutti e avendo un impatto minimo va a beneficio dell’ambiente. » Ma ci sono ancora altri attori di questa storia che meritano una menzione. Julien Roserens & Morgan Le Faucheur, ossia Almo Film. Dopo una lunga carriera da pro snowboarder, Morgan ha scelto la telecamera come mezzo espressivo e da più di 10 anni realizza documentari e progetti relativi al suo elemento naturale, la montagna. Assieme a Julien, costituiscono una risorsa infinita di immaginazione e capacità, divenendo un elemento fondamentale per la realizzazione - assieme a Picture - di Zabardast prima e di Shelter poi. Møme aka Jeremy Souillart, il direttore d’orchestra. Colui che ha realizzato la colonna sonora di Shelter. Esploso nel 2015 con Aloha, ora gira l’Europa portando la sua musica elettronica nei maggiori festival. Ultimo, ma non per importanza, Serge. Serge incarna la coscienza delle montagne. È il narratore, la voce che accompagna i cinque nel loro viaggio attraverso rifugi e valli incontaminate. Serge conosce come il palmo della sua mano il Valais, avendo assistito in prima persona all’evoluzione del territorio e ai i drastici cambiamenti climatici. Shelter non è solo il racconto di un viaggio in mezzo alla natura, ma anche di incontri inaspettati, scambi d’opinioni e tanta spontaneità. Le bellissime immagini sapientemente intervallate a foto d’archivio gettano la verità davanti ai nostri occhi e fanno riflettere. Partendo dal Great St. Bernard Hospice, I 5 esploratori hanno viaggiato attraverso le aree più remote delle Alpi, usando le sole gambe come mezzo di locomozione e saltuariamente qualche treno, come il Glacier Express. L’impatto devastante dei cambiamenti climatici si è palesato davanti ai loro occhi mentre attraversavano luoghi meravigliosi come la catena del Vanoise, la Testa del Rutor o il villaggio Alpino di Mont Noble, alla scoperta dei segreti delle valli d’alta montagna. La storia di questi luoghi testimonia l’incessante passare del tempo e mostra un ambiente montano in continua evoluzione, ispirando i cinque avventurieri e grazie a Picture che lo ha reso possibile - auspicabilmente buona parte di coloro che vedranno Shelter.

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ITW DENIS PICCOLO PHOTO ALICE RUSSOLO POWERED BY NIKE

Oltre la fatica. Cavalcando le emozioni. Un fisico e un ingegnere. Francesco e Cesare fanno parte della Nazionale Italiana di Mountain Running e insieme sono volati in Patagonia dove hanno conquistato due argenti ai Campionati Mondiali di Villa La Angostura. Entrati recentemente nelle schiere degli atleti Nike, inseguono i loro sogni attraverso i sentieri, la fatica e l’amore per la corsa. Abbiamo chiesto loro di raccontarci le loro emozioni.

Francesco Puppi

Cesare Maestri

Raccontami un pò di te.

Chiamatemi Supertramp. Ah, scherzo! Solo Fra. O France, o @fra_puppinho. In ogni caso, sono nato nel 1992, sull’altro ramo del lago di Como. Umano, atleta, fisico. Sono un fisico nel senso più classico del termine, ho studiato per capire e interpretare la natura, che è interessantissima e scritta in linguaggio matematico: idee semplici ma di enorme portata, che provo ad insegnare ai ragazzi del liceo scientifico dove lavoro. Sono atleta, correre è da sempre l’essenza della mia vita ed essere atleta significa ricercare ogni giorno una spinta verso il miglioramento e una tensione verso l’equilibrio, prendermi cura del mio corpo, essere libero, convivere con un’amica molto intima e sensibile, la fatica. Sono umano perché ho due stupende sorelle e un fratello, vivo con la mia ragazza, Gloria, e ho relazioni che varcano qualsiasi confine. Questi tre aspetti sono inscindibili e fanno di me quello che sono.

Sono una persona semplice, un ingegnere, un atleta. In tutto ciò che faccio cerco di impegnarmi al massimo e di mettermi costantemente in gioco, creandomi sfide e obiettivi stimolanti. Abito a Borgo Lares, in Trentino, un piccolo paesino di montagna, anche se trascorro tutta la settimana a Trento per lavoro. Ho da poco compiuto 26 anni e nel 2018 mi sono laureato in ingegneria energetica. Nell’azienda in cui lavoro mi occupo di energie rinnovabili e di risparmio energetico, mi piace pensare che questo sia in un certo modo legato anche alla mia attività sportiva: inseguire un futuro più sostenibile che rispetti l’ambiente e le nostre montagne. La mia famiglia mi ha trasmesso la passione per la montagna e per lo sport, mi hanno sempre sostenuto in tutto e per questo non finirò mai di ringraziarli.

Quando sei diventato un runner?

É molto semplice, da piccolo correvo per giocare con gli altri bambini, poi ad un certo punto abbiamo iniziato a praticare atletica leggera, sempre per gioco, al campo di Guanzate. Da allora non ho più smesso.

Tutto è iniziato una decina di anni fa quando una persona speciale ha intravisto in me delle belle doti e mi ha convinto ad iniziare a correre. Era il mio primo allenatore e l’anno successivo purtroppo ci ha lasciati a causa di una brutta malattia. Da quel giorno non mi sono più fermato ed ora sono un runner a tutti gli effetti. Mi piace correre, su qualsiasi terreno, a seconda del tempo che ho a disposizione, delle stagioni e di dove mi trovo.

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Come si svolge una tua giornata tipo?

Varia a seconda della stagione, anche se vorrei cambiasse più spesso, svegliarmi e fare sempre qualcosa di diverso! Quando insegno tipicamente sono a scuola per tutta la mattinata. A volte, se necessario, riesco ad infilare un allenamento prima di entrare in classe. Dedico il pomeriggio a preparare le lezioni, correggere i compiti e svolgere le mille attività che la scuola richiede, poi, solitamente verso sera, svolgo l’allenamento principale della giornata. Il tempo è sempre poco e cerco di gestirlo con l’aiuto della mia ragazza che è una atleta come me e ha esigenze simili alle mie. Dopo cena non rimangono molte energie, spesso scrivo oppure leggo, poi è già ora di dormire. È molto importante riposare per uno che come me è nato stanco!

Le mie giornate sono molto intense, anche troppo a volte! Lavorando cerco di ritagliarmi lo spazio per gli allenamenti: il mattino presto, in pausa pranzo o la sera a seconda della stagione, qualche volta anche due sessioni al giorno. Fortunatamente posso permettermi un po’ di flessibilità sugli orari per organizzare il tutto con maggior tranquillità. Cerco di vivere al meglio ogni momento, concentrandomi sulla corsa o sul lavoro a seconda di quello che sto facendo, anche se spesso mi capita di pensare ad un progetto di lavoro mentre corro o al percorso del mio prossimo allenamento mentre lavoro! Le giornate mi scappano via sempre troppo velocemente mentre la sera è il momento più rilassante in cui vedo la mia ragazza, i miei amici o guardo qualche serie TV.

Trail e strada.

Sul trail i riferimenti sono pochi e spesso soggettivi, conta l’equilibrio tra qualità aerobiche, di endurance e di forza. Sulla strada le componenti elastiche ed il ritmo diventano fondamentali. Li amo e li frequento entrambi, il mio stile di corsa è #anysurfaceavailable, correre forte su ogni superficie disponibile.

La strada impone un ritmo alto e costante, la ripetizione dello stesso gesto in maniera automatica, sempre alla ricerca della fluidità e dell’efficienza nell’azione. La velocità ed il cronometro sono sempre sott’occhio e ritengo che la corsa su strada sia fondamentale anche per chi vuol correre forte in montagna. Nel trail la ricerca del ritmo si lega all’interpretazione del terreno, le variabili diventano moltissime ed entra in gioco la capacità di muoversi su percorsi tecnici. I paesaggi fuori strada sono spesso suggestivi ed il mix tra corsa e natura è fantastico. A me piacciono entrambi, anche se in estate mi viene spontaneo spostarmi sui sentieri!

Quale scarpa utilizzi per correre in trail e quale invece per la strada?

Sui sentieri utilizzo la Nike Pegasus Trail. In questo periodo in cui le temperature si abbassano prediligo la sua versione impermeabile in Gore-Tex che tiene i piedi all’asciutto. La Pegasus Trail è confortevole e protettiva, sebbene altrettanto reattiva: la considero ottima per un door-to-trail su terreno misto. Per correre su strada la mia alleata contro le basse temperature è la Nike Pegasus 36 Shield che mi garantisce di ritrovare la stessa calzata della versione in Gore-Tex.

Nel trail utilizzo molto le Nike Pegasus Trail anche nella versione in Gore-Tex perfette contro freddo e pioggia. Hanno una risposta simile ad una scarpa da strada ed allo stesso tempo un buon grip per affrontare i tratti più tecnici. Per la strada adoro le Nike Pegasus 36 Shield, hanno una reattività e un’ammortizzazione incredibile e sono perfette per i miei allenamenti invernali.

Hai ottenuto un grande risultato nella tua ultima gara in Patagonia

Sapevo di stare bene, nei tre mesi precedenti la gara la mia preparazione era stata ottima. Mi aspettavo di poter lottare per il podio, anche se il risultato in un campionato del mondo non è mai scontato, per livello tecnico e difficoltà. La Patagonia è stata un’ispirazione, lo specchio perfetto del mio stato d’animo, questo per me è stato importante. In gara volevo fare selezione fin da subito, sulla prima salita siamo rimasti io e l’americano Jim Walmsley. Ho avuto paura di saltare ma ho deciso di rischiare, non credevo che avremmo corso così forte! È stata una cosa tra me e Jim e basta. Ci siamo spinti oltre il limite che potevo immaginare. Ci siamo conosciuti nell'intensità della competizione. Il nostro testa a testa è durato oltre tre ore ed è stato entusiasmante, straordinario, durissimo. Ero felice, e anche Jim lo era, siamo stati genuinamente felici per ciò che abbiamo condiviso in gara. Ha vinto lui.

È stato un risultato fantastico, inseguivo questo sogno da tutta la stagione e in gara, nel momento in cui ho capito che poteva arrivare un grande risultato, sono riuscito ad utilizzare tutte le energie che erano rimaste per raggiungere il mio obiettivo. Una competizione così ti riempie di emozioni che difficilmente dimentichi, dà un senso a tutta la passione che metti in ciò che fai. Nei giorni prima della gara abbiamo avuto modo di vedere il percorso ed ho cercato di studiarlo per gestire la corsa in maniera ottimale, sfruttando al meglio i tratti più favorevoli alle mie caratteristiche. Più volte mi sono immaginato le varie situazioni che si sarebbero potute creare in gara, convinto che sarei riuscito ad affrontarle al meglio perché la mente e l’approccio alla competizione in certe occasioni contano più delle gambe. L’unico rammarico è stata la caduta ad un chilometro dall’arrivo nel momento in cui più mi ero avvicinato all’americano Joseph Gray, ma fa parte del gioco e questo argento per ora vale quanto un oro!

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Fai parte del team della Nazionale, una bella soddisfazione.

Condivido moltissimo con gli altri atleti del Mountain Running Italian Team. Sono persone che vedo come modelli, esempi da seguire; persone speciali capaci di imprese straordinarie. Essere in Nazionale significa soprattutto correre per una squadra, quella azzurra, con una maglia con scritto “Italia”, quella dei fratelli. Quando si è in gara tutto questo moltiplica le energie, lo spirito di fratellanza che si prova non lo ritrovo in nessun altro ambiente. Il significato lo diamo noi stessi ed è ogni volta diverso, dipende da come affrontiamo la gara e dalla particolare storia con cui ci arriviamo.

Il Mountain Running Italian Team è un gruppo di persone fantastiche prima che di grandi atleti, le giornate in raduno ed in trasferta volano! Il clima che si respira in squadra è semplice e leggero, si lavora duramente nella fase di preparazione ma si trova sempre il modo di scherzare e di vivere gli eventi con grande serenità. Penso che sia uno degli ambienti più belli che io abbia mai vissuto e noi atleti cerchiamo di portare avanti questo spirito di sportività e correttezza nella vita di tutti i giorni per trasmetterlo anche al di fuori del nostro mondo.

Come ti vedi in un futuro prossimo?

L’idea che ho in mente è quella di coniugare il mio stile di vita con un’attività legata al running, in modo che una occupazione sia da supporto reciproco per l’altra. Ad esempio scrivere, raccontare e ispirare altre persone, cosa che già in parte faccio, oppure creare un team di atleti professionisti nel settore mountain running, che sarebbe forse il primo al mondo. I presupposti esistono, gli interessi si stanno muovendo. Vorrei lasciare un segno e dare un contributo concreto al mondo della corsa in montagna, soprattutto per chi verrà dopo di me. La realtà è che ho mille idee e pensieri in testa, forse il mio bisogno di libertà mi porterà più vicino all’outdoor, ma anche tornare nel mondo della fisica non mi dispiacerebbe, in un futuro più lontano.

Spero di vedere il nostro sport, il mountain running, crescere a livello di visibilità e di prestigio. Il sogno è quello di vederlo tra qualche anno ai giochi olimpici, perché è lo sport più bello del mondo! A livello personale sono certo di avere ancora margine di miglioramento e mi piacerebbe trovare un giusto compromesso tra sport e lavoro in modo da fare qualche anno in maniera semi-professionistica o perlomeno con un po’ più tranquillità. Ci tengo anche a proseguire la mia esperienza nel mondo del lavoro per crearmi una professione utile all’interno della società e che possa darmi belle soddisfazioni in futuro.

N I K E A I R Z O O M P E G A S U S 3 6 T R A I L G O R E -T E X Questa scarpa concepita per il trail running viene aggiornata per le giornate umide. La tomaia è idrorepellente e si combina a una suola pensata per la massima aderenza sulle superfici umide, per correre in sicurezza anche in caso di maltempo. Il materiale presenta una finitura idrorepellente che mantiene i piedi sempre asciutti grazie anche alle cuciture sigillate che proteggono dall’acqua. I lacci tradizionali sono estremamente facili da regolare per una calzata personalizzata e avvolgente. Infine il design della suola presenta scanalature che drenano rapidamente l'acqua per un grip eccellente su ogni superficie.

NIKE AIR ZOOM PEGASUS 36 SHIELD Un modello che presenta particolari dettagli riflettenti ed elementi studiati per combattere il freddo. Il rivestimento interno in mesh e le fascette a strappo facilmente regolabili avvolgono il piede regalando una calzata personalizzata che dona comfort e traspirabilità. Le scanalature sulla suola drenano rapidamente l'acqua per una trazione efficace a prova di maltempo. Inoltre il materiale esterno è impermeabile e aiuta a mantenere il piede asciutto grazie anche alle cuciture sigillate per la massima protezione dall’acqua. Per ultimo, la schiuma Nike ZoomX assicura un ritorno di energia ideale.

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The First Ascent Bhagirathi IV BY LUCA SCHIERA

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Con ancora molti giorni a disposizione decidiamo di provare l'altra linea di fessure alla sua destra, il problema vero è che ci porterà esattamente dove lo scisto è più alto e più problematico. Non abbiamo alcuna idea di come sarà quel tipo di roccia e come faremo a superarlo.

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L'unico modo è provarci.

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’era una volta un re di nome Bhagiratha. La leggenda narra che quando divenne principe dei Sagara andò a meditare in Himalaya per mille anni per compiacere Ganga, la dea del fiume Gange, in modo da ottenere la liberazione dei suoi antenati dalla maledizione di Kapila. Ganga gli disse che se fosse discesa dal cielo la forza della sua caduta sarebbe stata devastante. Gli chiese di ottenere il favore di Shiva poiché solamente lui sarebbe stato in grado di sostenerla. Egli accettò e portò la dea sulla terra sotto forma del fiume Gange, riempiendo il mare. Dal ghiacciaio di Goumuk, la sorgente del fiume, salgono le quattro imponenti montagne che presero il nome dal re: i Bhagirathi I, II, III, e IV in ordine decrescente di altezza. Questa è la storia della più piccola, il Bhagirathi IV. Con i suoi 6200 metri è la montagna più bassa del gruppo e la nostra storia con essa inizia quattro anni fa, nel 2015. È inverno e stiamo cercando un obiettivo interessante per la prossima estate ma non abbiamo idee precise. Salta fuori il nome Bhagirathi, io penso sia una zona un po' satura ormai e non mi aspetto granché. Dalle foto però sembra molto interessante: ha una bella forma, il granito luccica al sole e sembra molto ripido. La sua cima è stata tentata per molti anni senza successo. Decidiamo di partire dopo il monsone. Il primo impatto è traumatico, a Delhi di notte fa un caldo soffocante, l’aria è satura di umidità e smog, ma solo con la luce del mattino riusciamo a capire quanto è popolata di gente. Per nostra fortuna saltiamo subito in furgone verso le montagne. Il clima diventa decisamente più sopportabile e la temperatura scende fino a che raggiungiamo la fine della strada dopo due giorni di viaggio. Siamo a Gangotri, un paese a 3000 m diviso in due dal fiume Gange, meta di pellegrinaggio per induisti e turisti occidentali. Da qui in poi procederemo per due giorni a piedi insieme alla squadra del campo base. La stagione sembra buona, il monsone è finito in anticipo, c’è bel tempo anche se fa comunque freddo. Partiamo su quella che sembra la linea più logica della montagna, ma appena il sole tocca la parete dopo i primi tiri iniziano le scariche di sassi, non abbiamo modo di ripararci, è solo metà giornata ma decidiamo di scendere. Con ancora molti giorni a disposizione decidiamo di provare l'altra linea di fessure alla sua destra, il problema vero è che ci porterà esattamente dove lo scisto è più alto e più problematico. Non abbiamo alcuna idea di come sarà quel tipo di roccia e come faremo a superarlo. L'unico modo è provarci.

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La seconda settimana di settembre fa molto freddo e alla mattina dobbiamo scalare in scarpette e senza guanti con vari gradi sotto zero, presto le estremità diventano insensibili e dopo pochi tiri inizia anche a nevicare. Dopo il secondo bivacco raggiungiamo quota 5900 m, c’è una macchia di neve dura, sopra e intorno a me è tutto liscio. Mi calo e pochi minuti dopo esce il sole e la neve su cui mi sono calato sparisce. Torniamo a casa. Nelle stagioni successive il pensiero del Bhagirathi IV torna a farsi vivo sempre più spesso, fino a che diventa troppo insistente, dobbiamo ripartire. Arriviamo al campo base in anticipo, il monsone non è ancora passato e addirittura ad agosto nevica, temiamo diventi ancora più freddo di quattro anni fa. Approfittiamo delle giornate brutte per portare il materiale sotto la parete ed acclimatarci. Questa volta siamo davvero pronti. Primi giorni di settembre. Il tempo è perfetto, la parete in ottime condizioni e fa caldo, saliamo al campo avanzato a 5000 m pronti per attaccare la via il giorno successivo. Mentre riposiamo due grosse scariche di sassi si staccano e in pochi secondi investono per intero tutta la nostra linea di salita. Ora che facciamo? Tentiamo comunque? Quello stesso pomeriggio, concordi sul fatto che tentare sarebbe troppo pericoloso facciamo un giro verso le altre pareti. Niente ci convince, torniamo al campo base di nuovo senza un piano alternativo. Passano i giorni e l'unica soluzione che ci viene in mente è ritentare la linea più evidente in centro parete, quella che ci aveva respinti quattro anni prima, sperando che con il tempo abbiamo maturato più esperienza e capacità per salirla. Partiamo preparati per cinque giorni in parete, sappiamo che passeremo almeno due giorni avanzando per pochi metri, dopodiché speriamo di riuscire a proseguire più velocemente verso la cima, come scendere lo decideremo solo all'ultimo giorno. Fa molto freddo di mattina, dopo un po’ di tempo con grande sorpresa troviamo una vecchia sosta di calata di qualcuno arrivato direttamente da sotto, andiamo a vedere cosa abbiamo sopra la testa ma qualcosa non quadra: come mai sono arrivati qua ma hanno proseguito ora che siamo nel diedro? La risposta non tarda ad arrivare, guardando sopra vediamo che la fessura continua verso l’alto ma con lunghe interruzioni per poi sparire completamente dopo circa duecento metri in corrispondenza di un tetto. È una sorpresa inaspettata, eravamo sicuri di avere superato le maggiori difficoltà, se anche riuscissimo a passare ci impiegheremmo tantissimi giorni che non abbiamo a disposizione. L’unica soluzione ci sembra ancora una volta scendere.

] Mentre riposiamo due grosse scariche di sassi si staccano e in pochi secondi investono per intero tutta la nostra linea di salita. Ora che facciamo? Tentiamo comunque?

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Al campo base siamo di nuovo senza un’idea, con poche speranze ma almeno tanti giorni ancora a disposizione. Ritorna timidamente a balenarci la linea di destra anche se non sappiamo come affrontarla. Nei giorni scorsi non ci sono state scariche ma l'idea di essere in quel posto non ci attrae più di tanto, lasciamo passare un po’ di tempo per schiarirci le idee o tornare a casa. Ma non vogliamo lasciare le cose a metà. Siamo arrivati qua per un motivo preciso, vogliamo provarci ma dovremmo essere molto più veloci, il grosso vantaggio è che conosciamo già la via. Ci svegliamo alla mezzanotte del 15 settembre dal campo avanzato e iniziamo a salire lo zoccolo verso la base della via, non fa freddo e c’è la luna piena. Saliamo i primi tiri al buio, sappiamo quali fessure seguire e guadagniamo quota velocemente nonostante l’arrampicata sia disturbata dai detriti della frana di poche settimane prima. Procediamo velocemente e nel primo pomeriggio arriviamo al bivio che ora sappiamo aver sbagliato la volta precedente. Dopo alcune manovre un po' laboriose proseguiamo sul lungo diedro dove la qualità della roccia inizia a calare drasticamente anticipandoci la parte peggiore, lo scisto nero. È notte e non troviamo dove bivaccare. La cresta sommitale si trova sopra di noi quindi decidiamo di proseguire e raggiungerla. Alle 23 siamo tutti in piedi sulla cima, è buio e purtroppo non possiamo vedere molto intorno a noi, solo i profili delle montagne più alte illuminate dalla luna. Mentre dalla parte ovest scende una parete di roccia alta 800 metri, dalla parte opposta sembra esserci solo un piccolo salto di roccia e un poi un lungo pendio fino a valle, ci caliamo e troviamo un posto per bivaccare. Il giorno dopo ci incamminiamo verso il campo base, impacchettiamo le nostre cose e ci spostiamo sotto un’altra montagna. Due giorni dopo siamo alla base dello Shivling, forse la montagna più bella della zona, con una caratteristica particolare: le cime sono due e perfettamente simmetriche. La via che intendiamo salire è la più facile delle montagna, la cresta ovest. Parte da 5000 metri con uno spigolo di granito bianco, compatto e con difficoltà crescenti, per poi interrompersi di colpo contro un enorme seracco sospeso a circa 6000 metri. Da lì si può salire indifferentemente una o l’altra cima senza grandi difficoltà. Siamo ben acclimatati ma abbiamo pochi giorni a disposizione, abbiamo paura che il tempo perfetto durato tutto settembre inizi a cambiare. Saliamo lo spigolo di roccia, e raggiungiamo il seracco nel pomeriggio. Scaviamo una piazzola per la tenda per passare la notte ma i rumori dei crolli ci svegliano, sappiamo di essere al sicuro ma il buio amplifica la paura. Ripartiamo alla mattina, saliamo direttamente il ripido muro di ghiaccio in due ore. Siamo in questo posto surreale, abbiamo le due cime a destra e sinistra, 500 metri più in alto. Lasciamo l’attrezzatura e proseguiamo uno dietro l’altro fino alla cima, per fortuna il cielo è limpido e finalmente abbiamo una panoramica delle montagne. Scendiamo scalando in discesa il pendio ghiacciato e per fortuna riusciamo a calarci in sicurezza dal seracco. Il giorno successivo siamo al campo base, ora che abbiamo completato tutto possiamo davvero tornare a casa.

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Siamo ben acclimatati ma abbiamo pochi giorni a disposizione, abbiamo paura che il tempo perfetto durato tutto settembre inizi a cambiare.

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Once Upon A Time BY M A R TA M A N ZO N I POWERED BY LAFUMA

«C’era una volta il ghiacciaio della Mer de Glace». Potrebbe iniziare così la storia che racconterò un giorno ai miei figli. «Al posto dell’area di servizio che avete visto oggi, c’era un rifugio dove ho dormito. Invece dell’autostrada sulla quale siamo passati, c’era la neve perenne».

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" ...ci aspetta un viaggio introspettivo dentro noi stessi, tra meditazione e visioni preoccupanti. Il primo ritrovamento che facciamo, infatti, è la ruota di un’automobile. Chissà come ci è finita sulla Mer de Glace.

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n effetti siamo sul più grande ghiacciaio della Francia per raccogliere rifiuti abbandonati sin dallo scorso secolo e sembra di vivere un sogno premonitore: ci aspetta un viaggio introspettivo dentro noi stessi, tra meditazione e visioni preoccupanti. Il primo ritrovamento che facciamo, infatti, è la ruota di un’automobile. Chissà come ci è finita sulla Mer de Glace.

montagna in maniera consapevole. Il prossimo appuntamento è per settembre 2020, e si sta già pensando a un’edizione italiana. L’organizzazione è impeccabile: per quattro ore ognuno di noi procede lentamente, perlustrando e passando al setaccio ogni gelido angolo. Mettiamo la spazzatura nella nostra borsa e quando è piena la svuotiamo dentro un enorme sacco dove sono ammassati tutti gli oggetti recuperati e che sarà prelevato dall’elicottero e portato a Chamonix, dove effettueremo la raccolta differenziata.

L’iniziativa si chiama Montagna Responsabile, ed è organizzata dal marchio Lafuma in collaborazione con il Club Alpino Francese – CAF – che da oltre trent’anni si occupa della pulizia delle montagne.

«Dalla prima edizione, 12 anni fa, sono state raccolte più di 28 tonnellate di rifiuti da migliaia di partecipanti» – sottolinea Renoud Menozzi, brand manager Lafuma. A causa dello scioglimento del ghiacciaio, dovuto dal cambiamento climatico, affiorano sempre più resti che prima erano sepolti dalla neve.

Una giornata di azione concreta, gratuita e aperta a tutti, accompagnati da guide UCPA, per salvaguardare l’ambiente. Un esempio di come il brand francese promuove la responsabilità sociale attraverso progetti di sensibilizzazione per vivere la

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Troviamo di tutto: delle lire italiane, centinaia di lattine, migliaia di mozziconi di sigarette, 12 cozze, tubi di ferro arrugginiti, uno sci. Ma è la plastica a dominare il panorama: è talmente tanta che presto fai forma una piccola montagna.

dannosi per l’ambiente, mentre Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, ha dichiarato: «Adotteremo misure coraggiose contro i cambiamenti climatici». La lotta contro l’inquinamento alle materie plastiche è diventato il più grande movimento ambientalista degli ultimi anni. Il passo successivo è la trasformazione di un’intenzione in azioni che abbiano effetti reali.

La stessa scena si verifica ogni giorno nei nostri appartamenti: il bidone della plastica è sempre il primo a riempirsi. Procediamo nella nostra ‘caccia al tesoro’ concentrati, in un silenzio zen. Siamo immersi in uno scenario lunare. La Vallée Blanche toglie il fiato per quanto è bella.

Le scelte individuali, come andare in bicicletta, abbassare il riscaldamento in casa, fare una spesa intelligente, sono molto rilevanti su scala locale ma comportano delle rinunce che in pochi sono disposti a compiere quando influiscono sul proprio stile di vita.

All'inizio del diciannovesimo secolo, la Mer de Glace era visibile da Chamonix. Oggi per guardarla bisogna salire fino a Montenvers. Forse i miei figli non la vedranno mai. Eppure qualche speranza c’è ancora. Durante gli ultimi mesi ci sono stati segnali positivi, in Italia come in Europa: il nuovo Governo ha introdotto la sostenibilità nell’agenda politica e ha fatto discutere per le proposte di misure che prevedono nuove tasse sulla plastica e la riduzione di sussidi

Comportamenti tangibili, come la pulizia delle spiagge o delle montagne, permettono, toccando letteralmente con mano quanto si possa far male alla natura, di imparare ad amarla di più. «Bambini, una volta al posto del casello c’erano delle grandi grotte di ghiaccio. Ma sono cose che purtroppo voi non vedrete mai».

« Bambini, una volta al posto del casello c’erano delle grandi grotte di ghiaccio. Ma sono cose che purtroppo voi non vedrete mai

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Awake BY M AT T EO PAVA N A P OW E R E D L A S P O R T I VA

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Cos’è l’alba se non una pennellata sulla tela del mondo? È la notte che diventa giorno, è il buio dipinto di luce. Ciò che non è l’alba è ovvietà. È una semplicità rara e complessa, seppur gratuita, per chi abbia voglia di spiarne l’arrivo. Io mi apposto sulla cima delle montagne, dove il suo sapore è più delicato e profondo. L’aria scura, densa di paure e incertezza, lascia spazio, come una carezza, al calore dell’esistenza. Ogni alba sancisce la nascita di un nuovo giorno e scandisce il tempo, un poco alla volta. Ogni giorno non è mai uguale, come il tempo è composto dai medesimi secondi, ma sempre diversi l’uno dall’altro. Il tempo pare così essere immobile ma mutabile. C’è chi la definisce la relatività delle cose; io preferisco esprimerla come la soggettività dell’incomprensibile. Se il fotografo è un cacciatore di luce, cos’è il montanaro se non un cacciatore di albe? Entrambi vanno alla ricerca bramosa di quell’attimo allungato, di quella deformazione in cui la razionalità del fenomeno viene scalzata dalla meraviglia dell’animo. Il fotografo la fissa con le mani, il Se il fotografo montanaro con gli occhi. È irrazionale fissarla con la mente. Infatti non ho mai sentito nessuno esclamare “Che magnifica rifrazione è un cacciatore e diffrazione di fotoni in contatto con l’atmosfera!”. È disumano di luce, cos’è il invece non averla mai vista. L’alba dilata l’occhio con forme e sfumature mai uguali nell’aspetto. Con esso muta anche il suo suono, che sia il silenzio croccante sulla neve, il sibilo del vento nell’erba, o persino un respiro profondo e veloce che si spegne nell’infinito. Può avere il sapore del sangue dei bronchi incendiati, oppure della terra come un bocca arsa dalla sete. Può avere la consistenza della roccia calda e ruvida o del ghiaccio millenario che si scioglie. Profuma alle volte di libertà, alle volte di morte.

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montanaro se non un cacciatore di albe? Entrambi vanno alla ricerca bramosa di quell’attimo allungato, di quella deformazione in cui la razionalità del fenomeno viene scalzata dalla meraviglia dell’animo.


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... L’alba è il sesto senso, una percezione extrasensoriale. Alle volte non c’è, e non puoi fare altro che sentirne la mancanza. Preferisco l’alba al tramonto per lo stesso motivo per cui preferisco l’inizio alla fine. Ero un piccolo sedicenne la prima volta che vidi un’alba. Speciale e classica allo stesso tempo. Una perfetta valle a “V” con il sole che vi sorgeva nel mezzo, più o meno come quella che disegnerebbe qualsiasi bambino. Dubitavo di vedere tante albe in vita mia. A dirla tutta non pensavo nemmeno che la mia vita avrebbe ruotato così tanto tra le montagne. La montagne e la fotografia hanno gloriosamente condannato per sempre i miei sensi a quell’ineguagliabile meraviglia che si perfeziona rigorosamente con il tempo. Esiste l’alba perfetta? Diciamo di sì, diciamo di no. Mi domando sempre quando sarà. Immagino il luogo e la forma. Penso alle sfumature del cielo e alla dimensione delle nuvole. Anzi penso se ci saranno nuvole o se sarà un cielo terso. Penso al sole, se salirà timido o se sarà una palla di fuoco. Osservo quale sarà la porzione di valle a prendere la prima luce e quali invece saranno le sponde più scure. Immagino gli animali nel bosco, a quando sarà il primo cinguettio e quale sarà la prima punta di larice ad infiammarsi. L’alba perfetta esiste ogni qualvolta che si presenta.

L’alba più bella arriva sempre, di sorpresa, sempre diversa. È un’attesa reciproca, un incontro sulle vette del mondo, perché si sa, il mondo dalla cima dalle montagne è semplicemente più bello. Ripongo il significato della vita in quel momento, quando tutto sboccia e rinasce. Sono vigile, sono vivo. Alle volte penso che potrei morire anche in quel momento lì, con una smorfia di sorriso sulla bocca. Sono tutto e niente, sono centro e margine, sono buio e luce.

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Cervino BY ALICE RUSSOLO - MARCO EYDALLIN M O U N TA I N G U I D E M A R C O E Y DA L L I N

"Con Marco abbiamo vissuto tante avventure, ma se dovessero chiedermi quale è stata fino ad oggi la più emozionante, la risposta sarebbe facile e immediata: la salita del Cervino. La verità è che il Cervino non era stato programmato, non era nei nostri piani né un mio sogno nel cassetto, o almeno, non nell’immediato."

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Alice: Con Marco abbiamo vissuto tante avventure, ma se dovessero chiedermi quale è stata fino ad oggi la più emozionante, la risposta sarebbe facile e immediata: la salita del Cervino. La verità è che il Cervino non era stato programmato, non era nei nostri piani né un mio sogno nel cassetto, o almeno, non nell’immediato. Credevo che non rientrasse nelle mie corde e quindi il pensiero era sempre: “prima o poi lo faremo”. Fino a che, in una tranquillissima serata di metà settembre, davanti ad una sana birretta e a discorsi leggeri appena imbastiti in compagnia di alcuni ragazzi che avrebbero seguito il mio corso di fotografia il giorno successivo, ricevo un messaggio da Marco: “Settimana prossima Monviso e Cervino. Sono gasato”. Rispondo d’impulso: “Bomba!”. Marco: Sono convinto che il Cervino abbia un’energia particolare, speciale. Sono arrivato alla sua croce di vetta tre volte e tutte e tre le volte mi sono emozionato. E non è di certo l’unica montagna che ho scalato! Vorrei che la prossima volta fosse con Alice. È una bella sfacchinata, ma ne vale la pena. Questo fine settimana avrei dovuto fare la cresta est del Monviso con due diverse cordate. Entrambe hanno avuto degli impresti di salute e quindi è saltato tutto. Siamo al 13 di settembre e non resta ancora molto tempo per affrontare queste salite senza la presenza di neve. Guardo il meteo per la settimana successiva, sembra essere bello. Ci ragiono un attimo. Scrivo ad Alice: “Settimana prossima Monviso e Cervino. Sono gasato”. Lei mi risponde subito: “Bomba!”.

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Sono convinto che il Cervino abbia un’energia particolare, speciale. Sono arrivato alla sua croce di vetta tre volte e tutte e tre le volte mi sono emozionato. E non è di certo l’unica montagna che ho scalato! Vorrei che la prossima volta fosse con Alice. È una bella sfacchinata, ma ne vale la pena.


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Andare in montagna a metà settembre ha i suoi pro ed i suoi contro. I pro sono che non c’è nessuno in giro, ed i contro sono una diretta conseguenza dei pro: impianti chiusi e servizio jeep-navetta non disponibile. A: Il mio pronostico del “prima o poi lo faremo” si era avverato più presto del previsto. Decidiamo di fare prima il Monviso, in preparazione della lunga sa lita sul Cervino. Nei giorni che precedono ogni nostra avventura spulcio sempre il web per cercare di capire che cosa vedremo, che tipo di salita e difficoltà ci attenderanno, pensando che questo possa preparami meglio, quanto meno mentalmente. È sempre un’arma a doppio taglio: non si conosce il livello di chi scrive le relazioni, e le foto, dovrei saperlo io meglio di chiunque altro, possono facilmente distorcere la nostra percezione di ripidità, difficoltà ed ambiente più o meno selvaggio. Questa volta non ho fatto nulla di tutto ciò, nessuna ricerca. Non so che cosa abbia fatto scattare in me il Cervino, ma volerlo scalare e arrivare in cima era l’unica cosa che volevo, e sapere questo mi bastava. M: Andare in montagna a metà settembre ha i suoi pro ed i suoi contro. I pro sono che non c’è nessuno il giro, ed i contro sono una diretta conseguenza dei pro: impianti chiusi e servizio jeep-navetta non disponibile. Avevo detto ad Alice che il Cervino, affrontato dalla parte italiana, la Cresta del Leone, è una salita non estrema ma che richiede un buon allenamento. Ciò che contribuisce ad aumentare l’impegno della salita è la sua lunghezza. 800m fino al rifugio l’Oriondé, fattibili però con la jeep, 1000m fino al bivacco dove si passa la notte, la capanna Carrel, a quota 3835m. Il giorno successivo ci sono 600m di via per raggiungere la vetta a quota 4478m, a cui vanno aggiunti 600m di discesa, delicata tanto quanto la salita se non di più, da affrontare lungo lo stesso percorso dell’ascesa, e altri 1800m fino al parcheggio, a Cervina. Ecco, quegli 800m di dislivello che la jeep poteva evitarci, noi li faremo a piedi. A: Sono gasata. Emozionata. Partiamo a piedi da Cervinia, giusto per renderla ancora più breve. Ma fare fatica piace ad entrambi, siamo sorridenti, e anche carichi come dei muli poiché alla Carrel, oltre ad un materasso e (per fortuna) delle coperte, non c’è nulla. Tutto il necessario te lo devi portare. Acqua, cibo, un cambio, uno strato in più e, nel dubbio, 10 pasticche di ibuprofene in caso dovessi patire la quota. Il meteo è cambiato e abbiamo deciso di sfruttare i giorni con le condizioni migliori per fare il Cervino. Al Monviso ci penseremo dopo. Salendo verso la Carrel incontriamo varie cordate, una di queste con due ragazzi veneti. Si fermano, scambiamo due parole, sono entusiasti della loro salita. Uno dei due ci saluta dicendo “Che bello fare il Cervino con la propria morosa”. Guardo Marco sorridendo, sia con le labbra che con gli occhi. So di doverlo ringraziare per farmi vivere queste avventure, e per di più, insieme. Lui mi dice: “Vedi, questo è l’effetto del Cervino, sei talmente felice della tua salita che vuoi condividerla anche con gli altri”. Prima della Carrel mettiamo le mani sui famosi canaponi. Di certo non sono una passeggiata di salute, e la quota, davanti ad

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[...] Questa volta non ho fatto nulla di tutto ciò, nessuna ricerca. Non so che cosa abbia fatto scattare in me il Cervino, ma volerlo scalare e arrivare in cima era l’unica cosa che volevo, e sapere questo mi bastava.


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un passaggio un po’ più fisico, si fa sentire tutta, tanto quanto lo zaino piuttosto pesante. Al bivacco c’è vento e le nuvole corrono veloci. Nascondono e poi scoprono all’improvviso ciò che si rivela essere una vista strepitosa. Il massiccio del Monte Rosa ad est con le sue nevose creste affilate. Cervinia di fronte a noi subisce l’andirivieni delle nuvole che creano dei giochi di luci ed ombre sui pendii delle piste da sci, ancora erbosi. Alcuni mostrano dei colori estivi, altri, più in alto, si stanno già lasciando abbandonare all’arrivo dell’autunno, con dei rossi saturi della luce del tramonto. M: Ogni volta penso a quanto siamo fortunati a vivere delle esperienze di questo tipo, a vedere da vicino questi posti. Il tramonto da qui sembra più bello. Il vento è molto forte ma ciò non mi trattiene dallo scattare qualche foto e fare un time lapse. Siamo 8 cordate. Mi confronto con le altre guide per l’orario in cui partire, più che altro per non trovarsi attaccati ad altri. Il percorso è obbligato. Partiamo alle 5. Non facciamo colazione, attacchiamo subito con “la corda della sveglia”. Il suo nome è la sua stessa presentazione. Tutta la prima parte viene fatta completamente al buio, l’unica luce è quella delle nostre frontali e di una luna quasi piena. Procediamo veloci fino alla gran corda dove, in cima, la via continua piegando nel versante ovest. Qui prendiamo del gran freddo a causa soprattutto del forte vento. Vedo Alice indossare l’ultimo strato a sua disposizione e mettere i copri guanti. Sento il suo respiro affannato mentre la recupero ma nonostante questo non rallenta il suo passo. So che appena raggiungeremo il Pic Tyndall il vento tornerà ad essere più che sopportabile grazie anche al fatto che la via ritorna sul versante meridionale. A: Sono le 5 del mattino. Non ho dormito molto a causa della quota e ho fatto colazione con due moment. Non si vede nulla. Perfetto dico a me stessa, così non devo neanche stare a pensare a quanti metri di vuoto abbiamo di fianco. E poi devo concentrarmi a tirare la famosa corda della sveglia e canaponi vari. Se pensavo di rimanere assopita ancora per un po’, come quelle alpinate dove inizi a camminare al buio lungo il ghiacciaio, lentamente, fino a che non ti rendi conto che è ora di svegliarsi sul serio, beh ecco mi sbagliavo di grosso. Marco mi ha detto che fino al Pic Tyndal il tempo vola, poi da li vedi la cima che ti sembra bella vicina, ma invece manca ancora qualche ora. Aveva ragione, le 2 ore e mezza impiegate fino a lì sono volate, ma il freddo che ho preso da dopo la gran corda, quello l’ho sentito tutto. Il vento ha iniziato a battere in maniera prepotente. Un po’ come il mio mal di testa. Passerà anche lui arrivando al Pic Tyndall? M: Mentre guardo Alice avvicinarsi sorge il sole. Mi verrebbe da dire che poche volte ho visto un’alba così bella, anche se mi rendo conto che lo sostengo ogni volta. Sarà il fascino della montagna, sarà l’ambiente, sarà sapere apprezzare le esperienze, e non le cose. Incito Alice a tirar fuori la macchina fotografica, so che sarà un patimento

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Mentre guardo Alice avvicinarsi sorge il sole. Mi verrebbe da dire che poche volte ho visto un’alba così bella, anche se mi rendo conto che lo sostengo ogni volta. Sarà il fascino della montagna, sarà l’ambiente, sarà sapere apprezzare le esperienze, e non le cose.


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togliersi i guanti con le mani ghiacciate ma d’altronde, come mi ripete sempre lei ogni volta che vuole che mi fermi per permetterle di scattare delle foto, “ogni lasciata è persa”. E poi qui mica ci torniamo. L’ombra del Cervino è enorme. Laggiù in fondo si vede anche il Monte Bianco, con la sua cima tinta di rosa. Siamo arrivati al punto dove la via torna sul versante sud, riposiamo qualche minuto prima di proseguire in conserva fino all’ultimo tratto della salita. La cima si vede, sembra lì, ma appunto, sembra.

Allora la cima è davvero vicina. Inizio ad emozionarmi.

A: Le albe ti scaldano il cuore, e anche le mani. Spero che la mia piccola compatta riesca a riprodurre con giustizia l’alba di cui siamo appena stati spettatori. Incredibile come concentrarsi su una cosa faccia perdere importanza ad un'altra. Foto vs. vento e freddo. Hanno vinto le foto.

Nel frattempo il cielo si è leggermente velato ma a me sembra tutto bellissimo.

M: procediamo abbastanza spediti nonostante io continui a filmare. Ci sono delle condizioni ottimali, la roccia è pulita e non c’è traccia di ghiaccio e neve. Alle nostre spalle un dipinto. Alice sorride. Io sono felice. Siamo quasi alla scala Giordan. A: Non manca molto. Incrociamo le prime tre cordate arrivate in vetta che stanno già scendendo. Due guide di Cervinia e un’altra guida, amica di Marco. Quest’ultimo ci saluta e superandomi mi dice “Brava complimenti, dai che ci sei quasi”. Allora la cima è davvero vicina. Inizio ad emozionarmi. Vedo la famosa scala Giordan. Nel frattempo il cielo si è leggermente velato ma a me sembra tutto bellissimo. Inizio a pensare che fino adesso mi sono divertita, che il freddo alle mani (quale freddo?) l’ho già dimenticato e che un sogno che non sapevo di desiderare si sta per avverare. Penso di essere fortunata e che non voglio dare niente per scontato. Guardo Marco uscire dalle rocce e stamparsi contro il cielo. Sono le 9.30 e siamo sulla breve cresta finale, il respiro diventa di nuovo affannato ma questa volta perché mi viene “un po’ da piangere”. Un mix di emozione, soddisfazione, gratitudine, felicità e soprattutto condivisione si traducono in lacrime. Anche queste condivise. Siamo in cima al Cervino. M: Selfie di vetta. Cordata Russolo-Eydallin (+ lacrime) in cima al Cervino. Il cerchio della nostra avventura si è poi chiuso definitivamente al parcheggio di Cervinia tredici ore dopo aver lasciato la Carrel, quella mattina. Ah, e al Monviso, poi, non ci siamo mai arrivati.

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Vedo la famosa scala Giordan.


BACKPACK SKI

F E R R I N O F U L L S A F E 3 0 ( A I R B A G ) | J A C K E T PATAG O N I A M AC R O P U F F H O O DY

ELAN RIPSTICK 94 | GOOGLE 4D MAG 124


On my Shoulders ... Il nostro fedele compagno di avventura, sempre con noi, immancabile, indispensabile. Con lui affrontiamo fatiche e gioie e ci accompagna in tutte le nostre esperienze. Il mercato propone moltissime scelte. Piccoli, capienti, con airbag, multifunzione, durevoli. Noi abbiamo fatto una selezione in stile The Pill, perché oltre al look che non può mancare, serve anche la funzionalità.

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DENIS PICCOLO LOCATION

S E S T R I E R E S - I TA LY MODEL

G I O N ATA C R AV I O T T O - S U R F S H O P P E

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BACKPACK SPLIT

FJÄ L L R ÄV E N B E R GTAG E N 3 8 | JACKET FJÄ L L R ÄV E N B E R GTAG E N EC O - S H E L L

STRANDA TREE SURFER | GOOGLE SMITH 4D MAG 126


BACKPACK GOOGLE

SA L E WA R A N D O N N È E 3 6 | JACKET SA L E WA B E TA A R | SKI E L A N R I P ST I C K 9 4

ALPINA BIG HORN | HELMET ALPINA SNOW TOUR 127


BACKPACK SKI

O R TOVOX AS C E N T 3 0 AVA BAG ( A I R BAG ) | JACKET O R TOVOX P O R D O I

ELAN RIPSTICK 94 | GOOGLE SMITH 4D MAG 128


BACKPACK GOOGLE

A R C ' T E RY X A L P H A S K 3 2 | JACKET A R C ' T E RY X B E TA A R | SPLIT ST R A N DA T R E E S U R F E R

SMITH 4D MAG 129


BACKPACK GOOGLE

D E U T E R R I S E 3 4 + | JACKET PATAG O N I A S N OW D R I F T E R | SPLIT E L A N R I P ST I C K 9 4

ALPINA GRANBY 130


BACKPACK GOOGLE

MAMMUT FLIP 22 (AIRBAG) | JACKET MAMMUT HALDIGRAD HS | SKI EL AN RIPSTICK 94

ALPINA GRANBY | HELMET ALPINA MAROI 131


FJ Ä L L R ÄV E N GREENL AND NO.1 DOWN PARK A

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Neighbor SPORT & STYLE

Luce dura, fredda, tagliente quanto una lama. Luce intensa e accecante oggi in periferia, pochi istanti prima di lasciare la cittĂ e incontrare la natura. Selvaggia, mai quanto il cemento, che soffoca le nostre ore, giorni, settimane.

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DENIS PICCOLO LOCATION

T O R I N O - I TA LY MODEL

TOMMASO CARBONCINI

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C A N A D A G O O S E MAITL AND PARK A

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CANADA GOOSE FORESTER JACKET

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SAV E T H E D U C K P4556M HERO9

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THE NORTH FACE 7 SUMMITS

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W O O L R I C H TETON ANORAK

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T O P O D E S I G N S MOUNTAIN JACKET

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SPORT & STYLE SELECTION BY DENIS PICCOLO

1.CANADA GOOSE MAITL AND PARK A

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Parka contemporaneo con dettagli funzionali che garantiscono protezione eccezionale in un capo ideato per tutti i giorni. Il bordo posteriore allungato aumenta ulteriormente l’isolamento, l'elegante mentoniera scamosciata in tricot offrire una sensazione di comfort e morbidezza sulla pelle.

2.

→ canadagoose.com

2.CANADA GOOSE FORESTER JACKET

Creata con il durevole tessuto Artic Tech, dal taglio corto per essere indossata facilmente come strato superiore. Tasche esterne dove poter riporre piccoli oggetti, dettagli di ispirazione militare, rifinita con un colletto alto per i giorni più gelidi e polsini elasticizzati. → canadagoose.com

3 . FJÄ L L R ÄV E N GREENLAND NO.1 DOWN PARK A

Taglio lungo per un calore maggiore sulla parte posteriore e sulle cosce, leggermente più spazioso in modo da indossare comodamente al di sotto diversi strati isolanti. Un grande e versatile capo invernale imbottito con tutto il calore della piuma Fjällräven prodotta eticamente.

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4.

→ fjallraven.eu

4 . SAV E T H E D U C K P4556M HERO9

Nato per un uso cittadino, grazie alla parte interna termica e removibile si presta perfettamente anche per il clima più rigido della montagna. Inoltre il tessuto GoreTex permette di affrontare tutte le condizioni atmosferiche, offrendo impermeabilità, protezione dal vento e un’alta traspirabilità. → savetheduck.com

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SPORT & STYLE SELECTION BY DENIS PICCOLO

5 .T H E N O R T H FA C E 7 SUMMITS

Giacca della collezione 7 Summit che rende omaggio alle imprese straordinarie di Kit DesLauriers, unendo un fit contemporaneo ed urban style ad un look iconico che viene direttamente dalla montagna. Questa serie comprende una serie di applicazioni rimovibili e intercambiabili che celebrano le cime più alte di ciascun continente.

5.

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→ thenorthface.com

6 .T O P O D E S I G N S MOUNTAIN JACKET

La risposta di Topo al cappotto invernale di tutti i giorni: la giacca perfetta per le giornate fredde in città, si adatta ottimamente negli ambienti alpini. Isolata grazie a PrimaLoft Black Eco Insulation, un materiale sintetico costruito in modo sostenibile e realizzato con bottiglie di plastica riciclate al 100%. → topodesigns.com

7. W O O L R I C H TETON ANORAK

Tessuto City Fabric e Teton Canvas idrorepellenti, collo con cappuccio e coulisse, chiusura con zip coperta da patta con bottoni, tasche applicate davanti, polsini interni a coste. Ispirazioni outdoor e urbane si incontrano in questo modello perfetto in tutte le occasioni casual.

7.

→ woolrich.eu

8. 9.DANNER LIGHT 40TH ANNIVERSARY EDITION

Questo boot rende omaggio allo stivale originale. Oggi come allora questo scarponcino è realizzato a mano a Portland con materiali di pregio. → danner.com

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815 Outdoor European Shop Italy 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49. 50. 51. 52. 53. 54. 55. 56. 57. 58. 59. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. 71. 72. 73. 74. 75. 76. 77. 78. 79. 80. 81. 82. 83. 84. 85. 86. 87. 88. 89. 90. 91. 92. 93. 94. 95. 96. 97. 98. 99. 100. 101. 102. 103. 104. 105. 106. 107. 108. 109. 110. 111. 112. 113. 114. 115. 116. 117. 118. 119. 120. 121. 122. 123. 124. 125. 126. 127. 128. 129. 130. 131. 132. 133. 134. 135. 136. 137. 138. 139. 140. 141. 142. 143. 144. 145. 146. 147. 148. 149. 150. 151.

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152. 153. 154. 155. 156. 157. 158. 159. 160. 161. 162. 163. 164. 165. 166. 167. 168. 169. 170. 171. 172. 173. 174. 175. 176. 177. 178. 179. 180. 181. 182. 183. 184. 185. 186. 187. 188. 189. 190. 191. 192. 193. 194. 195. 196. 197. 198. 199. 200. 201. 202. 203. 204. 205. 206. 207. 208. 209. 210. 211. 212. 213. 214. 215. 216. 217. 218. 219. 220. 221. 222. 223. 224. 225. 226. 227. 228. 229. 230. 231. 232. 233. 234. 235. 236. 237. 238. 239. 240. 241. 242. 243. 244. 245. 246. 247. 248. 249. 250. 251. 252. 253. 254. 255. 256. 257. 258. 259. 260. 261. 262. 263. 264. 265. 266. 267. 268. 269. 270. 271. 272. 273. 274. 275. 276. 277. 278. 279. 280. 281. 282. 283. 284. 285. 286. 287. 288. 289. 290. 291. 292. 293. 294. 295. 296. 297. 298. 299. 300. 301. 302. 303. 304. 305. 306. 307. 308.

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309. 310. 311. 312. 313. 314. 315. 316. 317. 318. 319. 320. 321. 322. 323. 324. 325. 326. 327. 328. 329. 330. 331. 332. 333. 334. 335. 336. 337. 338. 339. 340. 341. 342. 343. 344. 345. 346. 347. 348. 349. 350. 351. 352. 353. 354. 355. 356. 357. 358. 359. 360. 361. 362. 363. 364. 365. 366. 367. 368. 369. 370. 371. 372. 373. 374. 375. 376. 377. 378. 379. 380. 381. 382. 383. 384. 385. 386. 387. 388. 389. 390. 391. 392. 393. 394. 395. 396. 397. 398. 399. 400. 401. 402. 403. 404. 405. 406. 407. 408. 409. 410. 411. 412. 413. 414. 415. 416. 417. 418. 419. 420. 421. 422. 423. 424. 425. 426. 427. 428. 429. 430. 431. 432. 433. 434. 435. 436. 437. 438. 439. 440. 441. 442. 443. 444. 445. 446. 447. 448. 449. 450. 451. 452. 453. 454. 455. 456. 457. 458. 459. 460. 461. 462. 463. 464. 465.

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466. 467. 468. 469. 470. 471. 472. 473. 474. 475. 476. 477. 478. 479. 480. 481. 482.

MONTURA VERONA THE NORTH FACE VERONA CONTROCORRENTE MARATONANDO OLIUNID VICENZA GILIOLI SPORT MONDO MONTAGNA VERTICAL NO LIMIT DHO SPORT ROSSI SPORTLAND VILLANUOVA AFFARI & SPORT VILLASANTA ZABLE SPORT BAROLI SPORT HERBERT PLANK SPORT LA SPORTIVA TABIA SPORT

VERONA VERONA VIADANA VIAREGGIO VICENZA VIGNOLA VIGNOLA VILLAIR-AMERIQUE VILLANOVA MONDOVI VILLANOVA MONDOVI VILLANUOVA SUL CLISI VILLASANTA VILLATORA DI SAONARA VILLENEUVE VIPITENO ZIANO DI FIEMME ZOLDO ALTO

Germany 483. 484. 485. 486. 487. 488. 489. 490. 491. 492. 493. 494. 495. 496. 497. 498. 499. 500. 501. 502. 503. 504. 505. 506. 507. 508. 509. 510. 511. 512. 513. 514. 515. 516. 517. 518. 519. 520. 521. 522. 523. 524. 525. 526. 527. 528. 529. 530. 531. 532. 533. 534. 535. 536. 537. 538. 539. 540. 541. 542. 543. 544. 545. 546. 547. 548. 549. 550. 551. 552. 553. 554. 555. 556. 557. 558. 559. 560. 561. 562. 563. 564. 565. 566. 567. 568. 569. 570. 571. 572. 573. 574. 575. 576. 577. 578. 579. 580. 581. 582.

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Switzerland 612. 613. 614. 615. 616. 617. 618. 619. 620. 621. 622. 623. 624. 625. 626. 627. 628. 629.

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D AV I D E F I O R A S O Del nomadismo pratichiamo solamente una versione edulcorata. I nostri riferimenti sono basati sulle certezze e sulla stanzialità. Nelle culture itineranti invece, il tempo rimarca costantemente la precarietà quotidiana: ogni luogo è la semplice tappa del viaggio, ogni viaggio la condizione primaria dell’esistenza, la ragione della propria identità. «Dove sono?» domanda il turista. «Chi sono?» si domanda il viaggiatore. Il senso del viaggio coincide con l’oggetto di una ricerca. Uno spazio definito o qualcosa di immateriale: l’altrove. L’altrove è quello che ci offre il camminare, la possibilità di evadere nel tempo e nello spazio. La possibilità di cercare una realtà diversa dal quotidiano. L’altrove non è soltanto un luogo, ma lo stesso luogo in altri tempi. É la proiezione del nostro rapporto con il mondo, un rapporto che ci sembra ogni volta di poter riscrivere.

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