The Pill Outdoor Journal 49 IT

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Lor Sabourin

Jérémy Prevost

Simon Messner

Protagonista del docufilm di Patagonia They/Them che pone l’accento sul tema dell’identità di genere nell’outdoor.

10 anni dopo il podio al Freeride World Tour, l’atleta Black Diamond si è riconciliato con le amate “assi di legno”.

“Traditional Alpinism” racconta un modo di vivere l’alpinismo legato al bagaglio culturale della storia delle montagne.

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Maximize your winter Feel free. Feel protected. Steep slopes, untouched powder, your heart races, the adrenaline kicks in – La Liste is in its element. Designed specifically for freeriding and ski mountaineering, La Liste is the high-performance collection for maximum freedom of movement and protection from the elements Get the most out of your winter. Get La Liste. mammut.com 2


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EDITO TEXT DAVIDE FIORASO

Si sarebbe dovuta concludere venerdì 12 novembre. Si è prolungata di un giorno, fino alla notte di sabato. Della Cop26 restano fiumi di dichiarazioni, accordi e impegni, ma anche la sensazione, cristallizzata nella commozione finale di Alok Sharma, che sia stata un’altra occasione persa nella lotta al cambiamento climatico. È inevitabile la difficoltà di mettere d’accordo tutti i paesi presenti, così come è indubbia l’evoluzione che si è avuta dalla firma del Protocollo di Kyoto del 1997. Ma andando a fondo, nel diluvio di parole, ci si rende conto della povertà dei fatti compiuti a Glasgow. I più ottimisti sintetizzano il quadro su un’intesa che «salva gli impegni presi a Parigi». Appunto, presi a Parigi, sei anni fa. Certo, è stato mantenuto l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, quando oggi già viviamo, drammaticamente, un incremento di 1,1°C. Obiettivo che richiede riduzioni rapide, profonde e sostenute delle emissioni di gas serra e anidride carbonica. Ma ricordiamoci che 11 milioni di dollari al minuto

PHOTO MAT TEO PAVANA

vengono dati alle compagnie petrolifere e società connesse alla distribuzione dei loro derivati. Il Fondo Monetario Internazionale ha dimostrato che nel 2020 l’industria estrattiva ha ricevuto contributi pubblici per 5.900 miliardi di dollari, il 6,8% del Pil mondiale destinato ai sussidi per le fonti fossili. Sono questi stratosferici interessi ad aver rallentato in Scozia l’avvio di una conversione ecologica sempre più urgente e rivendicata a gran voce da milioni di giovani. Nella notte tra sabato e domenica, oltre la scadenza ufficiale, il passaggio in cui si imponeva l’eliminazione dell’energia elettrica sviluppata tramite carbone si è tramutato in una “riduzione graduale”. Da “phase-out” a “phase-down” per essere precisi. Una richiesta di paesi come India e Cina che su di esso contano pesantemente e vorrebbero ancora poter contare, vista la grande fame di energia a cui saranno soggetti nei prossimi anni. Certo, è la prima volta che nella conferenza delle Nazioni Unite si cita espressamente questo combustibile. Si tratterà di capire quindi come accelerarne l’uscita di scena con una forte spinta sulle rinnovabili. Ma

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l’India, nel frattempo, ha in progetto l’apertura di 55 nuove miniere e l’ampliamento dei 193 impianti estrattivi già esistenti. E in Europa? Mentre agitano gli stracci sul dopodomani per un futuribile nucleare di nuova generazione, i leader siedono già a capotavola dei fondi della Next Generation. Questi i fatti, dietro gli annunci a favore di telecamera, davanti alla Fontana di Trevi o al cospetto del Principe di Galles. Un gioco a cui abbocca volentieri l’informazione mainstream con inserti “green” oramai dilaganti, zeppi di storie e storielle. O si tiene insieme la lotta contro la “crisi climatica” con la lotta per la “giustizia climatica”, o si disperde quanto sprigionato dalle mobilitazioni intorno alla Cop26. La polarizzazione e il disagio economico richiedono risposte coraggiose e strutturate, non strani alambicchi nelle stanze dei partiti. Così come stanno le cose, come dar torto al commento conclusivo di Vanessa Nakate: «Non possiamo adattarci alla fame. Non possiamo adattarci all’estinzione. Non possiamo mangiare carbone. Non possiamo bere petrolio. Non ci arrenderemo».


V-SHAPE: VOLUMI DI ENTRATA MOLTO AMPI SISTEMA DI CHIUSURA DOUBLE RELEASE™ PEBAX® BIOBASED SHELL ECO-COMPATIBILE V-GUARD PROTECTION INTERFACES™ VIBRAM V-LUG


THE CREW

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EDITOR IN CHIEF Denis Piccolo | denis@thepillagency.com

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COVER Federica mingolla By Matteo Pavana

ART DIRECTION George Boutall | Evergreen Design House Niccolò Galeotti, Francesca Pagliaro

PRINT L'artistica Savigliano, Savigliano - Cuneo - Italy, lartisavi.it

THEPILLMAGAZINE .COM Ludovica Sacco | ludovica@thepillagency.com Martina Fea | martina@thepillagency.com

DISTRIBUTION 25.000 copies distribuited in 1100 shops in Italy, Switzerland, Austria, Germany, France, Belgium, Spain, England & The Netherlands

PHOTOGRAPHERS & FILMERS Matteo Pavana, Thomas Monsorno, Camilla Pizzini, Chiara Guglielmina, Silvia Galliani, Francesco Pierini, Elisa Bessega, Andrea Schilirò, Denis Piccolo, Achille Mauri, Simone Mondino, Alice Russolo, Patrick De Lorenzi, Giulia Bertolazzi, Tito Capovilla, Luigi Chiurchi, Isacco Emiliani

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C O L L A B O R AT O R S Filippo Caon, Chiara Guglielmina, Marta Manzoni, Sofia Parisi, Fabrizio Bertone, Eva Bonk, Luca Albrisi, Marta Manzoni, Luca Schiera, Giulia Boccola, Valeria Margherita Mosca

The Pill rivista bimestrale registrata al tribunale di Milano il 29/02/2016 al numero 73 4


/ E N G I N E E R E D

I N

T H E

D O L O M I T E S

ENGINEERED IN THE DOLOMITES AT HOME EVERYWHERE

SALEWA.COM


ISSUE 49

T H E D A I LY P I L L

P. 5 6

C O L M A R G E N E R AT I O N I N N OVAT I O N

P. 1 2

P. 8

BEST MADE

P. 6 0

DYNAFIT PRESS CAMP

P. 1 6

KILLER COLLABS

P. 6 4

IT'S 7:30

P. 2 0

ECO SEVEN

P. 6 8

T H E R E M A I N S O F T H E DAY

P. 2 4

L A SPORTIVA VANGUARD

P. 74

H I M A L AYA - P R O O F

P. 2 6

GIANT' S G RAVE L

P. 7 8

MONCLER GRENOBLE

P. 2 8

LORD JENS KRAMER

P. 8 4

DISCOVERING ALPI APUANE

P. 3 2

PROJECT DRAWDOWN

P. 9 0

SIMON MESSNER

P. 3 4

NORCHA RACE

P. 9 6

HOME LINES

P. 3 6

L A SPORTIVA CLIMBING MEET

P. 1 0 4

NOAH GRYNBERG

P. 3 8

VAU D E C L I M AT E N E U T R A L I T Y

P. 11 0

THE HARDEST ROUTE

P. 4 0

AKU RESPONSIBLE CHOICE

P. 114

A LESSON TO (RE)LEARN

P. 4 2

RIDETOZERO RUDY PROJECT

P. 1 2 6

CALUMER

P. 4 4

OXYBURN SECOND SKIN

P. 1 3 4

JÉRÉMY PREVOST

P. 4 6

NE W ORTOVOX'S ARVA

P. 14 2

BARBANERA

P. 4 8

GOLDWIN 70 YEARS

P. 1 5 0

CANSIGLIO CLASSIC TOUR

P. 5 4

COBER SINCE 1953

P. 1 6 0

LAST WORD

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MAESTRALE

THE ORANGE LEGEND.

MAESTRALE, il leggendario scarpone da sci alpinismo. Affidabile e confortevole per chi si avvicina a questo sport, si esalta ai piedi degli sci alpinisti più esperti. L’uso del Pebax Rnew®, materiale prodotto da fonti rinnovabili, conferma la vocazione di SCARPA alla sostenibilità.

SCARPA.NET


THE DAILY PILL BY DAV I D E F I O R AS O

H O K A N U OVO P R E M I E R PA R T N E R DELLE UTMB WORLD SERIES Hoka e UTMB uniscono le forze attorno al nuovo circuito mondiale. La partnership durerà fino alla fine del 2023 con opzione di rinnovo. Nel suo ruolo di Premier Technical Footwear and Apparel Partner delle World Series, Hoka contribuirà a riunire la community globale del trail running non solo a Chamonix, ma in tutti gli eventi del circuito. Nel corso della partnership, Hoka fornirà una selezione di calzature e abbigliamento ai volontari e propri atleti in gare selezionate.

POL ARTEC ANNUNCIA I VINCITORI D E G L I A P E X D E S I G N AWA R D S 2 0 2 1 Annunciati i vincitori degli Apex Design Awards 2021, l’annuale premio che celebra i migliori prodotti realizzati con le tecnologie dei tessuti Polartec. L’edizione di quest'anno, incentrata sull'importanza della versatilità e della funzionalità, è stata animata da una campagna fotografica dal tema "Mountain to Bar and Back Again". Questi i marchi selezionati tra centinaia di candidature: 66°North, ABSNT, And Wander, Ariat, Haglöfs, Hikerkind, Moncler, Nike ACG, Norrona, Orvis, PAM e Sportful.

A S I C S : L’A R E A E M E A C R E S C E D E L 2 4 % NE I PRIMI NOVE M ESI Da gennaio a settembre 2021, le vendite di Asics nella regione EMEA sono cresciute del 24% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il gruppo giapponese non specifica l'ammontare del fatturato ma sottolinea che la crescita è stata trainata da Germania, con vendite in aumento del 26%, Francia (+27%), Regno Unito (+8%) ma soprattutto Italia (+49%) e Penisola Iberica (+42%). Nei primi sei mesi del 2021 le vendite di Asics EMEA avevano raggiunto i 70,5 milioni di euro, in crescita del 44%.

L A M U N T P R E S E N TA L A COLLEZIONE AUTUNNO - INVERNO 202 In occasione della Oberalp Virtual Convention di fine ottobre, LaMunt ha presentato la prima collezione AW 2022. 34 diversi prodotti tra cui giacche impermeabili e foderate, pantaloni coordinati, gilet, baselayer, felpe e accessori come calze, fasce e berretti. Che sia per escursioni invernali, sci o scialpinismo, la proposta rimane fedele all’approccio del brand: mettere al primo posto il corpo femminile e creare una vestibilità inconfondibile, combinando gusto estetico e funzionalità senza compromessi.

I N A U G U R AT O I L N U O V O S T O R E M O N T U R A A PA D O VA Il 6 novembre ha aperto i battenti il nuovo store Montura di Padova. Situato nella splendida cornice del centro storico, sarà l’ideale stazione di partenza per gli amanti dell’outdoor verso le Prealpi Venete e le Dolomiti. Come tutti i predecessori, un luogo dove poter trovare la vasta gamma di abbigliamento e calzature dedicate all’alpinismo, allo skialp, al trekking, e all’arrampicata, oltre ad un corner dedicato alle pubblicazioni a marchio Montura Editing e ai progetti di solidarietà collegati.

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THE DAILY PILL BY DAV I D E F I O R AS O

G R E AT E S C A P E S E A D V E N T U R E S L A B E N T R A N O N E L L’ I TA L I A N O U T D O O R G R O U P Great Escapes e Adventures Lab entrano a far parte dell’IOG, associazione di Assosport che rappresenta aziende leader nella produzione e distribuzione di abbigliamento, calzature e attrezzatura per gli sport outdoor. Great Escapes, che affonda le sue radici ai piedi delle Grigne, dal 1989 realizza capi tecnici per tutte le attività in montagna. Adventures Lab è invece uno dei punti di riferimento nella progettazione e produzione di abbigliamento outdoor con un know-how accumulato in oltre 40 anni di lavoro.

A P E R T E L E C A N D I D AT U R E P E R I P R O S S I M I I S P O AWA R D Si sono aperte le candidature per i prossimi ISPO Award, uno dei riconoscimenti più ambiti nel mondo outdoor. Un premio che si configura come garanzia di qualità nelle rispettive categorie, capace di influenzare le decisioni di acquisto di retailer e consumatori. La vera novità annunciata da Ispo.com è che il premio, in futuro, verrà assegnato quattro volte all’anno. I nuovi vincitori saranno premiati in occasione del prossimo ISPO Munich che si terrà dal 23 al 26 gennaio 2022 a Monaco di Baviera.

BRIAN MOORE TORNA IN SAUCONY COME SENIOR VICE PRESIDENT OF GLOBAL PRODUCT Saucony ha annunciato la nomina di Brian Moore a Vice President of Global Product. Nel nuovo ruolo avrà il compito di ispirare e guidare le strategie globali del marchio. Per Moore, che ha ricoperto funzioni di livello in Tracksmith, The North Face, Timberland e Gravis, si tratta di un ritorno. Come vicepresidente del marketing e del design di prodotto aveva lasciato un'eredità importante in modelli come Triumph, Ride e Guide. Moore aveva anche creato e lanciato la linea Saucony Originals.

I L B A M ! T O R N A A M A N T O VA D A L 1 0 A L 1 2 G I U G N O 2 0 2 2 Confermate le date della prossima edizione del BAM! Il più grande raduno europeo dei cicloviaggiatori si terrà a Mantova dal 10 al 12 giugno 2022. Dopo le due edizioni Campfire, BAM! torna alla forma originaria di evento aperto, gratuito e popolare, un appuntamento nel quale si ritrovano tutte le anime del viaggio: dal grande esploratore alla famiglia, dallo sportivo a chi usa la bicicletta per andare lontano. Il format? Musica, storie, incontri, workshop e occasioni per condividere una passione.

L A S P O R T I VA L AVA R E D O U LT R A T R A I L TA P PA D E L L E U T M B W O R L D S E R I E S La Sportiva Lavaredo Ultra Trail, in programma dal 23 al 26 giugno 2022, sarà la tappa italiana delle tanto attese UTMB World Series, il nuovo circuito in cui rientrano le migliori gare di tutti e quattro i continenti. “Essere parte delle UTMB World Series è un passo importante e un grande riconoscimento“ dichiarano Simone Brogioni e Cristina Murgia. “La bellezza di questa corsa nel cuore delle Dolomiti Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO porta ogni anno 5000 atleti da tutto il mondo a Cortina d’Ampezzo.”

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BEST MADE BY DAV I D E F I O R AS O

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1 . SA L E WA

2.CAKE

3.KEY EQUIPMENT

SELLA 2L HARDSHELL

OSA+

DISRUPTIVE BOOT

Sella Ski 2L è la giacca per lo scialpinismo laminata in Powertex che combina due tessuti hardshell per offrire una protezione sicura e durevole dalle intemperie. Imbottita con uno strato di TirolWool Responsive da 60g per un calore naturale e termoregolante. Cuciture saldate, taglio lungo e atletico, ghetta antineve.

Cake, azienda svedese di bici elettriche nata dalla passione per gli sport outdoor, presenta la sua utility machine modulare. Grazie alla unibar, ed il sistema clamp-on, Ösa+ consente di creare oltre 1000 diverse configurazioni. La power station integrata permette di essere completamente indipendenti, anche off road.

Key Equipment nasce dalla collaborazione tra due dei più famosi splitboarder della scena europea: Christophe Etallaz di Plum e Hampus Cederholm, co-owner di Furberg Snowboards. Risultato di molti anni di sviluppo e test, Disruptive è uno scarpone che fonde hardboot e softboot offrendo il meglio di entrambi i mondi.

4.AKU

5 . B I T P L AY

6.POWERUP

SLOPE ORIGINAL GTX

IPHONE 13 WANDER CASE

4 .0 PA P E R A I R P L A N E

La montagna d'autunno scopre i nuovi colori della linea Slope, in una versione che replica la storica morbidezza che 40 anni fa ne decretarono il suo successo. Ideale per trekking giornalieri, attività lavorativa leggera e per il tempo libero in montagna. Fodera Gore-Tex Performance Comfort e suola Vibram Erica Everest.

Bitplay ha aggiornato la sua popolare Wander Case per iPhone 13. Dalle strade di città ai grandi spazi aperti, la custodia protettiva outdoor-ready è caratterizzata da una piastra posteriore trasparente e da un design ultrasottile e leggero che la rende compatibile con i caricabatterie wireless MagSafe e Qi.

Fare aeroplanini di carta è divertente, dare loro un motore lo è ancora di più. PowerUp Toys trasforma qualsiasi pezzo di carta in una macchina volante che può essere pilotata dal proprio smartphone con una portata di 70m. Il computer di bordo comanda 2 motori elettrici che garantiscono fino a 10 minuti di volo ogni ricarica.

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VANS’ MOST TECHNICALLY ADVANCED AND PURPOSE-BUILT, ALL-WEATHER LEVEL PRODUCT.


BEST MADE BY DAV I D E F I O R AS O

7.

8.

9.

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7. V U O R I

8.ZIPPO

9 . L A S P O R T I VA

A L P I N E S H E R PA J AC K E T

TACT I C A L S E T

TC PRO

Dalle coste della California alle High Sierras, la giacca Alpine Sherpa è il capo multifunzione per garantire calore ovunque ti porti l’avventura. Realizzato in pile sherpa riciclato ad alte prestazioni, presenta tasche di sicurezza ed una cerniera full zip con patta antivento. Ottimo per i viaggi, le escursioni, il campeggio e il relax.

L’originale accendino antivento dal caratteristico "click", nella versione Black Crackle dalla robusta struttura in acciaio con trama antiscivolo e bordi arrotondati. Viene confezionato in un gift set con custodia personalizzata in tessuto di nylon milspec con fissaggio a clip e passante su cintura.

Re-Edit della scarpetta mid-cut dedicata alle vie lunghe e all’arrampicata in fessura. Tomaia in eco-pelle con concia metal-free, bordatura all around molto estesa per una miglior protezione, imbottitura interna su malleoli e zona anteriore per massimo comfort. Un omaggio alle ascese più iconiche di Honnold e Caldwell.

1 0 .V E J A

1 1.OSPREY

1 2 .T R U E P L A C E S

D E K K A N A LV E O M E S H

K R ESTA 3 0

EMMETT FOLDING CHAIR

Un nuovo stile tecnico ispirato all'outdoor ed influenzato dal know how del marchio francese nel mondo della corsa e da quello di Vibram nelle suole ad alte prestazioni. Tomaia in tessuto Alveomesh con il 100% di poliestere riciclato, intersuola e soletta in canna da zucchero, suola in gomma Amazon (30%) e scarti di riso.

Kresta 30, specifico per donna, è lo zaino ideale per avventure all mountain e freeride. È dotato di una tasca antivalanga velocemente accessibile, possibilità di separare l'attrezzatura bagnata, schienale antineve, fibbie e cerniere facilmente utilizzabili con i guanti, cinghie di fissaggio per il trasporto di sci o snowboard.

La sedia portatile, reinventata. Nuova tecnologia di chiusura patent pending, morbido tessuto TrueFlex resistente alle intemperie e ai raggi UV, telaio in alluminio aerospaziale. È dotata di borsa a tracolla in materiale riciclato, portabicchiere rimovibile, ganci sul retro e un apribottiglie sotto ogni bracciolo.

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« Ride, Protect & Share, these three words represent the essence of who we are: a snowboard, ski, surf, and outdoor clothing brand who, while not taking ourselves too seriously, still want to effect change. Fighting climate change through our passion for boardsports and great outdoors, this is our mission.»

www.picture-organic-clothing.com @pictureorganicclothing


KILLER COLLABS BY DAV I D E F I O R AS O

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2. LO O K X R E S T R A P

3 . A D I DA S X S E A N WOTHERSPOON

1.T EVA X C OTO PA X I

TECA

CÁLIDO HOODED JACKET

76 5 G R AV E L R S

L'inconfondibile color blocking di Cotopaxi nella giacca reversibile Teca Cálido riproposta con un isolamento in poliestere riciclato per i mesi più freddi. Si abbina alla slip-on ReEmber di Teva in una collab che sottolinea l'impegno sociale di entrambi i marchi a sostegno dei Boys & Girls Clubs di Hollywood e Denver.

Look Cycle e Restrap hanno presentato il frutto di una speciale collaborazione: il popolare telaio 765 Gravel RS in versione Black Chromatic Petrol ed una edizione limitata di borse da bikepacking che ne riprendono i dettagli iridescenti. Full kit disponibile su questa versione equipaggiata con il nuovo gruppo Sram Rival AXS.

SUPERTURF ADVENTURE

4 . P I C T U R E X M A R I O G AT T I

5.SUICOKE X MONCLER

6.BARBOUR X BAPE

CAPSULE COLLECTION

GENIUS PEPPER SLIP-ON

C R E W S W E ATS H I R T

L'illustratore Mauro Gatti, stanco delle cattive notizie trasmesse dai media, ha dato vita nel 2018 a “the happy broadcast”. Un profilo per condividere notizie positive accompagnate da un’illustrazione minimalista dai colori brillanti. Insieme a Picture ha pensato ad una capsule collection che ha come pilastro comune la sostenibilità.

Veronica Leoni e Sergio Zambon continuano a portare nuove identità al progetto Moncler Genius. Nella collezione 2 Moncler 1952, le sneakers slip-on di Suicoke vedono la loro reinterpretazione con nylon imbottito e trapuntato a boudin che richiama i classici piumini Moncler. Fodera in tessuto waterproof e fondo in gomma.

La tradizione Barbour incontra la modernità del marchio streetwear A Bathing Ape (BAPE) in una piccola capsule declinata in tre differenti stili. La felpa girocollo in 100% cotone presenta una doppia grafica sul petto con colletto, polsini e orlo a costine per creare una silhouette confortevole da indossare tutti i giorni.

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Sean Wotherspoon e adidas Originals ritornano con una collezione che celebra il fascino della natura. Caratterizzata da vivaci dettagli colorati e l'inconfondibile estetica del famoso sneakerheads, la scarpa è realizzata in materiali riciclati e alternative vegane, come l’intersuola in adiPRENE e inserti in sughero.



KILLER COLLABS BY DAV I D E F I O R AS O

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7. W H I T E M O U N TA I N E E R I N G X U N I Q LO H Y B R I D D O W N PA R K A

8.STONE ISLAND X NEW BALANCE RC ELITE V2

9. P H I P P S I N T E R N AT I O N A L X REWOOLUTION

Dopo le collaborazioni con adidas ed Eastpak, il marchio di Yosuke Aizawa si unisce al colosso giapponese del lifewear per una collezione di abbigliamento premium a prezzi accessibili. L'Hybrid Down Parka è disponibile per uomo, donna e bambino in taglio oversize e rifinito con la doppia zip caratteristica di WM.

Dopo aver siglato, a marzo 2021, la nascita di una partnership a lungo termine, Stone Island ed il Tokyo Design Studio di New Balance inaugurano questo nuovo capitolo con la reinterpretazione dell'innovativa scarpa da corsa RC Elite in una miscela di elementi distintivi che rendono omaggio all’heritage dei due brand.

T U R T L E N C K L S T- S H I R T

1 0 .VA N S X P U B L I C S N O W B OA R D S H I - STA N DA R D

OG

1 1 .O P I N E L X L E S A I G U I L L E S DE DJÉ N°08 BIVOUAC

1 2 .C 2 H 4 X M AST E R M I N D X ALPHA H O O D I E

Vans Snow collabora con Public per una nuova interpretazione dell'HiStandard OG, lo scarpone Vans più venduto di tutti i tempi. Parte di una collezione creata da zero, presenta un'esclusiva suola traslucida collage art. Il comfort della chiusura tradizionale, con il supporto aggiuntivo garantito dall’Instep Lace Lockout.

N°08 Bivouac è una delle edizioni della serie Escapade realizzate da Opinel con Jérémy Groshens, aka Les Aiguilles De Djé. Un invito all'evasione che mescola la tecnica dei tatuaggi con patchwork ed elementi outdoor tipici del campeggio e della vegetazione di montagna. Lama da 8cm numerata in ognuno dei 7600 esemplari.

L’ultima collaborazione AW21 di Alpha Industries unisce gli iconici motivi dello streetwear asiatico di Mastermind con l’estetica del marchio californiano C2H4, noto per le sue radici ribelli e per la costruzione sperimentale di capi hi-tech. Tessuto a contrasto e nastri in gros grain sull'orlo inferiore, a metà tra futuro e anni '80.

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Vincitore del contest istituito da Reda all’interno di Pitti Uomo 2020, Spencer Phipps firma per Rewoolution una mini capsule 100% sostenibile. Il risultato? 5 capi che combinano passione per la montagna e stile anni ‘70, come il dolcevita a maniche lunghe in lana elasticizzata dal classico taglio slim e collo a imbuto.


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ECO SEVEN BY DAV I D E F I O R AS O

PATAG O N I A : N A S C E A R O M A U N N U O V O S PA Z I O P E R L E A S S O C I A Z I O N I A M B I E N TA L I S T E L’operazione Community Lab di Patagonia, già presente a Montebelluna, sbarca nella capitale italiana con uno spazio gratuito messo a disposizione di enti e associazioni non profit locali che si battono per la tutela dell’ambiente e del territorio e che promuovono uno stile di vita sostenibile. Questa iniziativa rafforza ancora una volta l’impronta sostenibile di Patagonia, rappresentando un’occasione utile e concreta per tutte le organizzazioni che necessitano di uno spazio per ritrovarsi e promuovere i loro progetti di tutela.

P O L A R T E C A N N U N C I A L’ U T I L I Z Z O D E L L A M E N TA P I P E R I TA N E I T R AT TA M E N T I A N T I O D O R E Per il trattamento antiodore nei tessuti ad elevate prestazioni Polartec userà olio di menta piperita estratto tramite un processo al vapore. Il marchio di Milliken & Company ha di fatto annunciato il passaggio a questo “ingrediente” facilmente rinnovabile, sostenibile e biodegradabile, come soluzione per bloccare gli odori alla fonte. La volontà di rispettare al massimo l’ambiente è l’impulso alla base di questa scelta: la risposta a base di mentolo e mentone è infatti solo l’ultima delle diverse iniziative di Eco-Engineering.

REWOOLUTION E ACBC INSIEME P E R U N A N U OVA L I N E A D I C A L Z AT U R E G R E E N Una nuova linea di calzature all’insegna della moda circolare. Questo il risultato della sinergia tra Rewoolution e ACBC, azienda specializzata nella progettazione e produzione di sneakers sostenibili. Il frutto della collaborazione si chiama Woolflyer, scarpa cruelty-free e bio based studiata per attività all’aria aperta. Presenta una suola in EVA e AlgaFoam, con tomaia in tessuto tecnico prodotto a partire dalla lana merino certificata ZQRX. Pensata per adattarsi alle 4 stagioni, è disponibile in altrettante tonalità colore.

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FOLLOW THE VOICE DIRACT VOICE: IL PRIMO APPARECCHIO DI RICERCA IN VALANGA CON NAVIGAZIONE VOCALE INTEGRATA. ISTRUZIONI CHIARE, DESIGN INTUITIVO, UTILIZZO FACILE. Per saperne di più vai al sito ortovox.com

“PROCEDI DRITTO!“


ECO SEVEN BY DAV I D E F I O R AS O

IN FINL ANDIA L'HUB PER IL RICICLO TESSILE SU LARGA SCALA Dei 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili prodotti su scala globale, l’80% viene bruciato o destinato alle discariche. A mettere in campo soluzioni per un futuro green del settore è ancora una volta la Finlandia. Grazio allo specialista Rester sta per aprire a Paimio uno dei più grandi impianti di raffinazione tessile del Nord Europa. Le due linee di produzione lavoreranno prodotti tessili post-consumo e pre-consumo derivanti dal settore B2B. Al suo lancio, l'impianto sarà in grado di trattare 12.000 tonnellate/anno.

C O P 2 6 : I L PAT TO D I G L A S G O W S A LVA I L C A R B O N E La 26ma conferenza sul clima delle Nazioni Unite si è conclusa nella serata di sabato 13 novembre 2021. La dichiarazione conclusiva ricalca in larghissima parte la terza bozza di accordo confermando la versione “edulcorata” sull’uscita da carbone e sussidi alle fonti fossili. Dopo due lunghe settimane di negoziati, escono decisioni fortemente annacquate, pochi risultati sull’adattamento, alcune promesse sui finanziamenti e delusione sul capitolo loss and damage, ovvero sul sostegno alle nazioni più vulnerabili alla crisi climatica.

RIVOLUZIONE SOSTENIBILE PER PICTURE ORGANIC CLOTHING Per il brand Picture la sostenibilità è sempre stata una priorità e le novità per la stagione invernale 21/22 sono figlie di questo approccio. Il bio-sourced, tra tutte, è uno dei traguardi più importanti. Cosa significa? Che il 100% delle linee Expedition e Utility saranno realizzate con tessuto esterno in parte di origine vegetale (58%), prodotta a partire dagli scarti della lavorazione della canna da zucchero, e in parte con materiali riciclati (42%). Molti capi verranno modificati per integrare la membrana nanoporosa ed ecologica Xpore.

ARC'TERY X INAUGURA IL REBIRD SERVICE CENTER Nel nuovo negozio di Broadway, New York, Arc'teryx ha presentato il suo ReBird Service Center. Si tratta del primo spazio ibrido del marchio canadese che offrirà sia la vendita al dettaglio che la valutazione del prodotto, la cura e la riparazione. Nello store saranno disponibili gli esclusivi articoli Arc'teryx ReBird, inclusi prodotti riciclati e/o salvati dai rifiuti, nonché una selezione accurata di capi Arc'teryx Used Gear. Il centro servizi è in linea con l’iniziativa ReBird che promuove il costante impegno del marchio per la circolarità. 22



THE PILL PRODUCTS B Y S I LV I A G A L L I A N I

PHOTO CLAUDIA ZIEGLER

La Sportiva Vanguard: free the future Massime performance in discesa e grande comfort: il brand della Valle di Fiemme presenta il nuovo scarpone da free touring per la stagione invernale.

Con l’inverno alle porte, La Sportiva propone un boot da scialpinismo di nuova generazione, il Vanguard, pensato per touring e free touring e rivolto agli scialpinisti attenti tanto alle prestazioni in salita che alla trasmissione della potenza in discesa. Per chi ama entrambi i lati dello scialpinismo, per chi ricerca comfort di calzata, facilità d’uso, stabilità e sicurezza per la discesa unite a leggerezza per la salita, il reparto ricerca e sviluppo dell’azienda con sede nelle Dolomiti, tra le montagne della Valle di Fiemme, ha sviluppato uno scarpone tre ganci di nuova generazione: per esprimersi al meglio nella ricerca della powder, della neve polverosa e delle discese più tecniche e divertenti. Vanguard si distingue in particolare per l’eccezionale comfort di calzata, la leggerezza e l’ampia escursione di movimento lo rendono facile, intuitivo e confortevole in salita. Grazie al design innovativo ed alla particolare costruzione del gambale è solido e reattivo ed in grado di offrire prestazioni in discesa al pari di scarponi pensati per freeride e sci alpino. I materiali utilizzati rappresentano lo stato dell’arte nella tecnologia delle materie plastiche combinate alle fibre di carbonio e vetro, con un occhio rivolto all’ ambiente grazie all’utilizzo del materiale bio-compatibile Pebax

Bio Based Rnew 1100. Ogni componente costruttivo permette una perfetta trasmissione di precisione e potenza allo sci, combinata ad una elevata resistenza all’usura. Il cuore dello scarpone è il gambale con chiusura asimmetrica V-Shape che combina un elevata escursione ad una calzata molto intuitiva: per calzarlo con estrema facilità è sufficiente mettere lo scarpone in modalità walk ed aprire i ganci frontali: ad accogliere lo sci alpinista vi sarà un ampio volume di calzata ed una modalità di

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chiusura dei gambetti estremamente semplice, che porterà automaticamente in sede anche la linguetta anteriore. Scarpetta interna in Ultralon e suola Vibram V-Lug ad alta durabilità completano un prodotto all’avanguardia, come dice il nome. Da qui il claim che unisce la voglia di futuro, dopo un inverno così particolare come quello vissuto nell’ultimo anno caratterizzato della presenza della pandemia, e la voglia di libertà, “freedom” che poi, è l’essenza del free touring.


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modelli sono sviluppati con i pro-rider Giant che hanno badato bene ai dettagli: il movimento centrale, ad esempio, è stato abbassato di 10mm rispetto alle versioni precedenti – con un drop di 80mm. Un concentrato di caratteristiche che garantiscono prestazioni elevate su qualsiasi tipo di terreno, anche in curva, salita e discesa.

D-Fuse

Le Gravel di Giant. Revolt Advanced Pro, Revolt Advanced, Revolt. È passato ormai quasi un decennio da quando Giant ha introdotto tra le sue biciclette una dall'aspetto più aggressivo: la Revolt, prima bici gravel del brand. Nel 2013 il gravel era quasi sconosciuto come disciplina, tanto da costringere i praticanti ad adattarsi al mercato optando per l'acquisto di una bici da strada o da ciclocross, con il risultato di corse poco stabili (ma soprattutto poco divertenti) su terreni misti. Molti progetti delle biciclette da gravel sono ispirati ai primi design di Revolt, portando allo sviluppo, anno dopo anno, di prodotti sempre più specifici e performanti. La costante ricerca di

una bicicletta ideale per le competizioni gravel, dove viene richiesta una certa resistenza alle lunghe distanze oltre che versatilità e leggerezza, ha portato alla realizzazione da parte di Giant delle nuove Revolt Advance e Revolt Advance Pro.

Estrema leggerezza Se la strada è imprevedibile, solo un telaio ultra leggero può adattarsi facilmente a cambi repentini di terreno e direzione. I telai Revolt sono realizzati interamente in carbonio, caratterizzato per essere tanto leggero quanto resistente; inoltre, presentano una geometria aggiornata che include un reach più lungo e un angolo di sterzo più aperto, permettendo di aumentare l'efficienza della bici e le performance generali. Il telaio presenta sei supporti per borraccia e moltissimi adattatori per montare portapacchi o parafanghi, rendendo il prodotto ottimo per trasportare tutto l'equipaggiamento necessario. Le bici inoltre presentano un carro più corto e un fork trail ridotto che assicurano una guida molto più reattiva. Entrambi i

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Entrambi i modelli vantano la nuova tecnologia D-Fuse del reggisella che garantisce una riduzione di urti e vibrazioni, feature fondamentale per una bici da gravel. Inoltre il reggisella è fissato con un morsetto nascosto dentro il tubo verticale, scelta che consente una maggiore area di flessione che ottimizza il comfort. Le nuove Revolt sono anche caratterizzate da una giunzione più bassa del fodero posteriore con tubi sottili, decisione presa per migliorare la resistenza e reattività del carro posteriore. La tecnologia D-Fuse si rivela anche nei manubri, i quali lavorano insieme al reggisella per aumentare la fluidità senza l'utilizzo di pesi eccessivi dovuti a perni o inserti.

Flip Chip Dropout Le Revolt Advanced hanno un'altra novità: un flip chip sul forcellino posteriore che consente la regolazione dell'interasse di 10mm in maniera facile e veloce. Suddivisa su due tipi di impostazione, quella corta assicura una guida rapida e agile, da utilizzare su strade più lisce e pulite. La sensazione provata è di massima reattività, grazie anche agli pneumatici di peso e diametro inferiore (fino a 42mm). L'impostazione lunga, invece, permette una guida più stabile su strade sconnesse e sterrate, oltre ad offrire più spazio per uno pneumatico posteriore più grande (fino a 53mm). Ottima scelta per percorsi imprevedibili, che possono considerare curve repentine e momenti off road.


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Lord Jens Kramer Si chiama Lord Jens Kramer nato a Steinegg, un piccolo paese nel bellissimo Alto Adige, in Italia, veloce trail runner appassionato che vorrebbe trasmettere agli altri il suo stesso entusiasmo, la passione e la motivazione per la corsa per condividere la bellezza della natura.

La Transalpine Run non ha più segreti per te. Sei un veterano di questa corsa. Cos’ha di speciale? Mi piace semplicemente correre in montagna. Se posso farlo per otto giorni di fila, tanto meglio. Consegno solo la mia borsa con le cose di tutti i giorni all'inizio e non devo preoccuparmi di nient'altro che non sia correre. Il team diretto da Uta e Heini Albrecht è perfettamente organizzato. Ti fanno sentire sempre al sicuro. Ogni partecipante condivide la stessa passione e ci prendiamo cura l'uno dell'altro. È come una piccola famiglia del trail running. Si tratta veramente di gara con un'atmosfera speciale che mi piacerebbe godermi ogni anno e che è ormai entrata a far parte della mia vita. In questo 2021 hai replicato il risultato del 2019, con un primo posto nella categoria Master Mixed in coppia con Irene Senfter. Com’è stata questa edizione? Questa edizione è stata di nuovo molto speciale. Abbiamo avuto un tempo splendido e sempre soleggiato. Questo ha anche diffuso il buon umore fra i partecipanti tanto da farci dimenticare della pandemia! Irene ed io eravamo molto ben preparati e siamo riusciti a riprenderci la vittoria già conseguita nel 2016 e nel 2019. Cosa c'è di meglio di questo gran finale?

Com’è iniziata la tua collaborazione con Joe Nimble? La mia collaborazione con Joe Nimble è iniziata quando ho saputo da un mio amico che erano disponibili queste speciali scarpe Functional Footwear. Ero già molto interessato al barefoot running e alla corsa con scarpe che riprendessero la forma dei piedi e mi piaceva correre con scarpe con punta larga e asimmetrica, quindi ho dovuto provare subito anche quel modello. Mi sono immediatamente convinto che la libertà di punta e la giusta quantità di ammortizzazione con rialzo del tallone pari a zero fossero il modo giusto per correre. Dopo aver potuto testare le scarpe, sono stato subito catturato dalla sensazione che mi hanno dato. Sono poi entrato in con-

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tatto con il simpatico team di Joe Nimble e fortunatamente ne sono entrato subito a far parte. Da quel momento è iniziata una collaborazione di successo. La gara è sempre dura, ma la parte fondamentale è la preparazione. Ci parli dei tuoi allenamenti? Non è una parte così difficile per me. Mi piace stare all’aperto, ci sono così tanti bei posti che spesso il tempo vola via. Mi diverto e basta. Questo inoltre mi motiva molto a diventare più veloce e più forte. Mi alleno quattro o cinque volte a settimana. Alterno uscite più brevi, da una a due ore, alle uscite lunghe del fine settimana che a volte possono durare fino a dieci ore. Ma è anche importante dare al corpo il tempo di rigenerarsi.


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Ai tuoi piedi, in questa ultima Transalpine Run, le nimbleToes Trail Addict, una scarpa che combina i vantaggi del concetto Toefreedom con la soletta Flexitec. Sono contento di aver potuto godere dei vantaggi del nimbleToes Trail Addict combinato con il Flexitec-Insole in questa gara, è stata sicuramente una delle chiavi del mio successo. La calzatura giusta è davvero molto importante e non riesco a pensare a un modello migliore di questo. Nel 2012, alla tua prima Transalpine Run, avevi subito un ritiro per infortunio. Quanto una scarpa può essere importante per la funzionalità del piede e per l’anatomia di corsa? Sì, purtroppo ho dovuto rinunciare a quella prestigiosa gara a causa di un infortunio. Mi sono reso conto di quanto possa essere fondamentale l'anatomia di corsa. È molto importante che il piede e tutto il corpo siano sani. È l'unico modo per resistere a sollecitazioni estreme e per ottenere dei successi. Quindi, la risposta è: “È decisamente molto importante!” Quanto è importante la scarpa giusta in corse così impegnative? Con dislivelli così importanti quanto è fondamentale la sicurezza che ti può dare la suola? La giusta scarpa è essenziale. Se la scarpa non ha il giusto fit e la corretta solidità, finisci per non fidarti, con il rischio ultimo di lesioni e cadute. Ad alte velocità in discesa l'aderenza della suola è fondamentale. Personalmente, ritengo che la suola sia una delle parti più importanti di una scarpa. Se a livello suola c’è qualcosa che non va anche la performance ne risente. La tecnologia della suola Michelin è parte del concetto Functional Footwear di Joe Nimble. Come ti sei trovato con questi tacchetti multidirezionali e le grandi scanalature che garantiscono adattabilità e flessibilità? Conoscevo già le suole Michelin per via di altri brand ed ero quindi bene a conoscenza della

loro alta qualità. Insieme al concetto di Functional Footwear di Joe Nimble e al toefreedom, sono il connubio perfetto. Ho decisamente trovato la flessibilità e l'adattabilità che cercavo. In passaggi impervi dove il percorso presentava poca aderenza, ho trovato nella suola Michelin l’alleato ideale per mantenere un contatto saldo con il terreno. Il tuo prossimo obiettivo? Ho tanti obiettivi e sogni. Uno di questi è sicuramente cimentarmi nella Badwater 135, in Stati Uniti. Farò sicuramente

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di nuovo la Transalpine Run nel 2022. Ma sto segretamente pianificando l'Everest Trail Race, che attraversa un paesaggio che mi affascina immensamente. Poi vorrei tentare certamente la Diagonale des Fous, il Tor de Géants o la Dragons's Back Race. Insomma, gli obiettivi non mi mancano.

Le suole Michelin insieme al concetto di Functional Footwear di Joe Nimble e al toefreedom, sono il connubio perfetto.


“Deve davvero essere così scomoda?” La vera storia dell’invenzione dell’abbigliamento Fast and Light. Dalle necessità di questi atleti ho studiato soluzioni per tutti gli amanti della montagna come te. Creando capi che superassero i limiti dell’abbigliamento tradizionale attraverso innovazioni continue: • 1989: la prima tuta da sci alpinismo • 1992: la prima giacca nata per lo sci alpinismo • 1995: primo completo da sky running • 2000: l’intruduzione delle cuciture piatte nel mondo della montagna • 2013: la prima giacca completamente elastica dall’imbottitura ai tessuti • 2020: Jkt Levity, la giacca più leggera del mondo


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Project Drawdown Se avessimo già tutte le soluzioni per contrastare la crisi climatica?

Abbiamo già le soluzioni per salvare il mondo, e sono tutte riunite in Project Drawdown, un progetto fondato nel 2014 e mirato a dare il proprio supporto nel raggiungimento del “drawdown”, quindi di quel punto nel futuro in cui i gas serra in atmosfera smetteranno di crescere e inizieranno a diminuire. L’azione climatica, declinata in molteplici ambiti, è alla base del progetto, che si propone di fornire a governi, università, multinazionali, policymaker e comunità le soluzioni alla crisi climatica. La peculiarità di Project Drawdown è che le soluzioni presentate sono tutte implementabili da oggi. Sicuramente non tutte avranno lo stesso impatto, né tantomeno sarà possibile svilupparle nello stesso arco temporale, ma ognuna di esse ha potenzialmente un ruolo importante nella risoluzione della crisi climatica: fermare il cambiamento climatico è possibile, ma è essenziale cooperare a livello internazionale per avere successo. Ogni soluzione presentata da Drawdown è fattibile ed economicamente realistica, e viene illustrata in due scenari diversi: il primo prevede un aumento di temperatura di 2°C entro la fine del secolo, mentre il secondo limita l’aumento a +1.5°C nello stesso periodo. Le quattro soluzioni che avrebbero il maggior impatto positivo sul clima nel trentennio 2020-2050 nello scenario di aumento della temperatura globale di un grado e mezzo sono la creazione di parchi eolici a terra e di impianti fotovoltaici su scala industriale, la riduzione dello spreco di cibo e l’adozione di una dieta a base vegetale. La maggior riduzione delle emissioni di CO2 equi-

valente deriverebbe dall’incremento dei parchi eolici onshore finalizzato a produrre circa il 22% dell’energia globale, in confronto al 4% attuale. Questa soluzione permetterebbe di risparmiare l’emissione di una quantità di gas climalteranti compresa tra le 47 e le 147 gigatonnellate (una gigatonnellata equivale alla massa di 10.000 portaerei statunitensi a pieno carico e ogni anno la media globale di emissioni prodotte da tutte le attività antropiche è di circa 40 gigatonnellate). Al secondo posto nella classifica delle soluzioni più efficaci per contrastare il cambiamento climatico c’è lo sfruttamento dell’energia solare con pannelli fotovoltaici, che permetterebbe di ridurre tra le 42 e le 119 gigatonnellate di CO2 equivalente. Al terzo posto, con 90-101 gigatonnellate sottratte, c’è la diminuzione dello spreco di cibo: infatti un terzo del cibo prodotto a livello globale non viene mangiato, il che significa che sussiste un inimmaginabile spreco di risorse e un’inutile produzione di emissioni. Negli stati in cui il reddito è basso, solitamente lo spreco avviene in modo non intenzionale e accade nella prima parte della filiera, quindi durante la raccolta e la conservazione degli alimenti, mentre nei paesi a reddito elevato, lo spreco è “intenzionale”, siccome rivenditori e consumatori scartano

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il cibo in base a come si presenta, alla colorazione, alla presenza di ammaccature nell’imballaggio e così via. Infine, l’adozione di una dieta vegetale è senza dubbio uno dei “piccoli passi” che ogni persona può fare per essere sostenibile nella propria quotidianità e ridurre il proprio impatto ambientale. Infatti, il consumo di carne e derivati alimenta un’industria altamente inquinante, che basa la sua rendita sullo sfruttamento del suolo, sulla deforestazione e sul sovraconsumo di risorse e sulle emissioni dirette derivanti dai capi di allevamento. Il cambiamento di dieta potrebbe portare a una riduzione delle emissioni compresa tra le 64 e le 91 gigatonnellate di CO2 equivalente. È dunque vero che abbiamo tutte le soluzioni per risolvere il collasso climatico? Ebbene sì, possediamo i vari ingredienti ma manca quello principale, l’unico che può tenere insieme l’intero progetto: la volontà politica di cambiare le cose. Project Drawdown fornisce degli spunti estremamente concreti e realistici che i governi di tutto il mondo potrebbero tenere in considerazione nell’adozione e implementazione delle loro politiche climatiche e ambientali, in particolar modo di quelle volte alla decarbonizzazione: la ricetta per “salvare il mondo” è questa, bisogna solo trovare l’ingrediente mancante.


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Norcha Race: “Never say no to adventure” Profumo di aeroporto, panini caldi con jamón ibérico e brioche. Due chiacchiere veloci, ed eccoci di nuovo in viaggio, destinazione: Bragança. Interminabili foreste di conifere, piccole strade di campagna, ampi fiumi che si intersecano nei canyon, qualche casa sparsa qua e là, un vento caldo e colline brulle che sconfinano verso l’orizzonte. Ecco come ci accoglie il Portogallo. Perché siamo qui? Per la Norcha Race, una “adventure race” multi-sport con 18 team che in massimo 4 giorni dovranno viaggiare per una distanza approssimativa di 450-500km. Dal trekking alla corsa, mountain bike, sup, nuoto, kayak, orienteering e molto altro, questa gara ci farà capire il verso significato di avventura! La distanza da percorrere non è definita perché varia a seconda delle scelte che ogni team farà, ci sono più strade per arrivare ad ogni check point, alcune più lunghe, altre più ripide e corte, e questo cambierà di molto ciò che ogni racer dovrà affrontare. Se vi steste chiedendo se sono previste delle pause la risposta è: no stop! Un mix molto vario ed internazionale di team è arrivato così a Bragança, la piccola città dalla quale in meno di 24 ore partirà la gara. Ci troviamo nel Nord del Portogallo, proprio nella regione Tràs os Montes, la terra tra le colline. 7:00 am, è già tempo di partire! Ci dirigiamo verso la partenza. Ancora nessuno sa il percorso gara e dopo l’ultimo check si preparano tutti sulla linea di

partenza: 3, 2, 1, mappe alla mano e via. Dopo alcuni kilometri di corsa il primo check point è stato completato e ne mancano molti altri. Ora si parte per i primi 60km in bici attraverso il Montesinho National Park, detto anche Terra Fria, la terra fredda. In breve tempo ci ritroviamo in mezzo a sconfinati prati e migliaia di castagni ed ulivi, lunghe strade sterrate e quel profumo nell’aria che ti ricorda qualcosa di antico. Udiamo in lontananza dei rumori e scorgiamo grandi nuvoloni di polvere, pochi secondi dopo a gran velocità scorgiamo i primi team. Pedalata dopo pedalata, il territorio intorno a noi cambia in una foresta più fitta, ricolma di querce lungo il crinale di una piccola montagna. Arriviamo a Vinhais, il primo transition point.

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“Il dislivello di 1659m si fatto sentire…però forse la parte più dura sarà adesso. 47km di trekking, di notte, sotto la pioggia.” Alziamo tutti la testa verso il cielo. Nuvole scure, squarciate dai primi lampi. Nessuno di noi vorrebbe essere al loro posto. La mattina seguente, ammirando un’alba che si porterà via tutto il brutto tempo, scopriamo i primi danni della tempesta e dell’oscurità. Il primo caso di ipotermia, alcune strade sbagliate e tanti, tanti visi stremati, d’altronde 1951m di dislivello sotto una tempesta non sono per tutti. Il trekking e tutte le sue difficoltà finiscono lungo le sponde del lago Azibo: è tempo di un po' di kayak! Scorgiamo alcune scarpe fradice e alcuni team cercare i primi vestiti asciutti. Tra chi


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cerca ristoro con delle creme e chi beve il primo dei tanti gel alla caffeina, dopo la perlustrazione del lago li vediamo ripartire in bici verso Macedo. Li ritroveremo a riposarsi sotto un monumento ai caduti, stravolti dalla stanchezza. 77km di bici e un bel sole che scalda, attraverso delle valli ricche di vegetazione, canyon scavati nella roccia e architetture romane. Ci dirigiamo verso est, lungo il fiume Douro, che segna il confine con la Spagna. Le prime luci iniziano a calare. Ammiriamo il tramonto scomparire lungo la linea delle montagne e attendiamo. Tra le tenebre e, nel silenzio più totale, scorgiamo le prime luci scendere verso di noi. Se prima la visibilità non era ottima, ora basta muoversi di pochi metri per capire che sarà più complicato del previsto

raggiungere le canoe poste sul fondo della valle. I primi team si avviano nel buio della foresta, ma in breve tempo continuiamo a vederli salire e scendere. Non trovano la via. Se orientarsi alla luce, in un luogo sconosciuto, con la stanchezza e qualche dolore, può risultare complicato, durante la notte è una vera impresa. Andranno avanti così per ore. La notte passa. Il sole sta per sorgere e i primi team spuntano dal canyon del Douro National Park. “A vederli dall’alto questi corsi d’acqua ricordano proprio i fiordi norvegesi.” Nelle ultime ore ci sono stati tanti cambiamenti, ma i team non si sono fermati e, dopo le ultime rapide discese e alcuni attraversamenti fluviali, li scorgiamo con un sup lungo il fiume Tua. Ultimi 100m ed ecco il team che dall’inizio

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gara non ha mai lasciato la prima posizione: Alpha Dental. La vittoria va a loro e finalmente li vediamo distendersi e riposarsi. Gambe piene di tagli e labbra arse dagli sbalzi termici. Visi stravolti, ma felici. Si conclude così la nostra esperienza in Portogallo nella Tràs os Montes. Tra splendidi paesaggi, magici tramonti e tanta fatica, con un ricordo profondamente radicato nel nostro cuore: “Nunca dizer não a uma avventura.” / “Non dire mai di no ad un’avventura.”

Se orientarsi alla luce, in un luogo sconosciuto, con la stanchezza e qualche dolore, può risultare complicato, durante la notte è una vera impresa.


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La via della rivoluzione: La Sportiva Climbing Meeting “...Sarei molto felice se su queste pareti potesse evolversi sempre maggiormente quella nuova dimensione dell'alpinismo spogliata di eroismo e di gloriuzza da regime, impostato invece su una serena accettazione dei propri limiti, in un'atmosfera gioiosa, con l'intento di trarne, come in un gioco, il massimo piacere possibile da un’attività che finora pareva essere caratterizzata dalla negazione del piacere a favore della sofferenza...”, scriveva Gian Piero Motti sul manifesto del Nuovo Mattino. Esiste un luogo chiamato utopia. Dove essere anarchici, stare scanzonati e vivere emozioni. Un posto da spiriti liberi, capelli lunghi e jeans. Dove valli magiche plasmate da millenni di azione dei ghiacciai riescono – in certi momenti – a fermare il tempo. Welcome to the Italian Yosemite, welcome to Valle dell’Orco. Nel cuore del Parco nazionale del Gran Paradiso l’autunno è appena sbocciato. Qui, il gotha dell’arrampicata mondiale si è dato appuntamento per il La Sportiva Climbing Meeting. I mostri sacri ci sono quasi tutti, dai big che hanno fatto la storia dell’arrampicata agli astri nascenti: Brittany Goris, i fratelli Pou, Salomé Romain, Pietro Dal Prà, Babsi Zangerl, Jacopo Larcher, Katharina Saurwein, Anak Verhoeven, Wafaa Amer, Andrea Lanfri, Nicolai Užnik, Neil Gresham, Stefano Ghisolfi, Sara Grip, Martina Demmel, Siebe Vanhee, Fabian Buhl, Sascha Lehmann, Alberto Ginés López, Michele Caminati, Silvio Reffo, Viola Battistella,

Marcello Bombardi, Giulia Bernardini, Nao Monchois, Marco Cordin, Giorgio Tomatis, Pietro Biagini. Sono arrivati da tutto il mondo, per mettersi alla prova sulle nuove perle trad in fessura disegnate da Andrea Migliano, Guida Alpina e titolare del Rifugio Le Fonti Minerali di Ceresole Reale – a detta di molti il rifugio dove si mangia meglio al mondo – e Marzio Nardi, che “dopo aver tirato appigli per 25 anni, perso tutti i capelli e affrontato tre operazioni, pensa di non averne ancora abbastanza di arrampicare”, stando alla sua biografia. I due si sono sbizzarriti interpretando la roccia come meglio credevano, per rendere disponibili nuovi progetti su queste straordinarie pareti di granito, un fantastico gneiss occhiadino (vie ancora segrete al momento dell’evento). In questo angolo di Piemonte, all’inizio degli anni settanta, nasce una corrente di pensiero attorno alla figura di Gian Piero Motti – alpinista e scrittore – che rivoluziona il mondo dell'alpinismo: il Nuovo Mattino, "il Sessantotto della

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montagna". Un movimento di trasgressione che rifiutava codici di comportamento prestabiliti e il linguaggio autoreferenziale tipico dell’alpinismo di quel periodo – che celebrava con retorica gli "eroi della montagna" – e che porterà un’ondata di freschezza nel modo di andare in montagna: le levatacce vengono sostituite con vestiti colorati e allegria. Per quei ragazzi sovversivi l’arrampicata non significava per forza raggiungere la cima, che anzi perde di importanza in favore di falesie vicino casa, ma dare valore all’estetica della scalata e alla ricerca della difficoltà. La loro voce era la Rivista della Montagna, di cui Gian Piero Motti era uno dei fondatori. L’ispirazione per molte delle idee del Nuovo Mattino nasceva sulle vie di El Cap e dalla cultura che si stava diffondendo in Yosemite, che Gian Piero Motti decide di portare sulla parete del Caporal (chiamato così in maniera ironica in risposta al Capitan della Yosemite Valley). Le vie di quegli anni diventano presto iconiche: Itaca nel Sole,


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La Via della Rivoluzione, Cannabis, Sole Nascente, La Fessura della Disperazione, Il diedro Nanchez, La Fessura Kosterlitz e moltissime altre. Itinerari ormai storici, che rappresentano ancora oggi una sfida unica per i climber di tutto il mondo. Nuovo Mattino finirà circa un decennio dopo, nel 1983, quando Motti si toglie la vita. Chissà quanto conosce di questa storia l’americana Brittany Goris, una delle più forti climber trad in fessura al mondo. Lei che è una vera dirtbag – vive da tre anni in un piccolo furgone, campando con pochissimo – e ha molto in comune con le idee che avevano affascinato l’immaginazione di Gian Piero Motti. “Non avevo mai sentito parlare della Valle dell’Orco, è la mia prima volta qui. Ci sono di certo delle differenze rispetto alle vie di arrampicata trad che si trovano negli Stati Uniti, decisamente più lunghe, ma mi sto divertendo molto anche a provare queste fessure. Sto utilizzando le TC Pro di La Sportiva, proprio come sulle fessure in Yosemite e negli

States in generale, sono in assoluto le scarpette che utilizzo di più e la nuova versione mi sembra ancora più performante”, racconta Goris. Anche i miti hanno i loro miti: per Salomé Romain e i fratelli Pou, per esempio, è impensabile scalare su queste pareti senza fare "visita" alla fessura Kosterlitz, tappa obbligata e simbolo per antonomasia della Valle dell’Orco. Mike Kosterlitz, climber inglese, socio di Gian Piero Motti e premio Nobel per la fisica nel 2016, ha addirittura ricevuto la cittadinanza onoraria dal Comune di Ceresole Reale. La prima volta che ha messo piede in valle gli è sembrato di essere arrivato in paradiso: “C’era una quantità enorme di pareti vergini, di linee da scalare. Non potevo immaginare quella vastità ancora da sperimentare”. Salire la celebre fessura che porta il suo nome – e che ha fatto sognare generazioni di arrampicatori – ha detto che non è stato poi così difficile. “Ho fatto salite molto più complesse”. La Valle dell’Orco però non è solo le vie geniali

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degli anni settanta: nel tempo generazioni di arrampicatori hanno continuato a immaginare itinerari con fantasia e freschezza, contribuendo a scrivere le pagine della storia di questa perla rara: centinaia di blocchi sono stati spazzolati e nuove fessure sono state pulite con amore. Vedere mettersi alla prova su queste falesie – insieme, durante il Climbing Meeting organizzato da La Sportiva – Alberto Ginés López, giovanissimo atleta medaglia d’oro di arrampicata alle Olimpiadi, e Pietro Dal Prà, è un’esperienza eccezionale: significa vedere interpretare l’arrampicata nelle sue mille forme. “Ho avuto davvero paura. Non mi fidavo di come avevo messo le protezioni, era la prima volta che sperimentavo l’arrampicata trad”, racconta Stefano Ghisolfi, mentre raggiunge le pareti della magica Atlantide, la falesia sommersa: climbing spot con uno scenario incredibile, che si inabissa all’inizio dell’estate nelle acque del lago di Ceresole Reale per poi riemergere ogni primavera. Climbing never dies.


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Vaude ci insegna il che il futuro è neutralità climatica Così Vaude punta a ridurre l’impatto ambientale e diventare un’azienda 100% sostenibile entro il 2030. Un 2022 che per Vaude sarà tutto all’insegna della neutralità climatica perché “la protezione del clima deve avere la massima priorità e bisogna fare tutto ciò che è in nostro potere per mantenere sano il nostro pianeta!”, come afferma l’amministratore delegato del brand, Antje von Dewitz, sottolineando come l’impegno del brand tedesco in questo ambito sarà ulteriormente implementato, andando ad intervenire su tutte le fasi di lavoro, dal marketing alla produzione industriale. Già nel 2012 l’azienda tedesca aveva deciso di alimentare il proprio lavoro di produzione utilizzando energia 100% green. La scelta di realizzare tutta la produzione in modo sostenibile a partire dal 1° gennaio 2022 non è che il primo passo per un futuro completamente all’insegna dell’innovazione sostenibile. L’obiettivo finale è raggiungere di 1.5° e contribuire la mitigazione degli effetti dei gas serra sui cambiamenti climatici. Un altro campo che Vaude sceglie come strumento di cambiamento è il marketing: tagliando di circa mezzo milione di euro i budget destinati al dipartimento cerca di dimostrare che le pratiche di marketing di successo non dipendono dai budget, ma piuttosto dalla creatività e dall’impegno, come è stato confermato dalla vittoria del CMO Award, uno dei riconoscimenti

più alti in Germania in ambito di marketing, che ha sottolineato come la filosofia di questo brand sia pionieristica e di esempio. “Vogliamo dimostrare che la protezione del clima può essere finanziata ridistribuendo i budget" – afferma sempre Antje von Dewitz - "se tutte le aziende dovessero utilizzare parte dei loro budget di marketing per la protezione del clima, potremmo ottenere grandi cambiamenti. È possibile e ne vale la pena per il futuro del nostro pianeta!" La realizzazione dei prodotti, come sottolineato in precedenza, non è ancora completamente libera da emissioni: i prodotti sono realizzati

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principalmente in fibre sintetiche che richiedono un elevato dispendio di energia. L’impegno anche in questo senso sarà totale. Due date sono fissaste nel piano di Vaude: 2024 per arrivare a realizzare il 90% della produzione in materiali riciclati e 2030 per ridurre le emissioni della catena di produzione del 50%. La strada è segnata e Vaude lo dimostra anche con questi prodotti qui descritti. Tra i prodotti della collezione Vaude che strizzano l’occhio all’ambiente ecco cosa ci ha colpito!


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Batura Hooded Insulation Jkt Leggera, calda e di alta qualità, questo il modo più rapido di descrivere una giacca pensata per essere completamente waterproof e isolante. Grazie alla tecnologia HeatSphere di Vaude il calore viene trattenuto all’interno dell’imbottitura, ma non va a compromettere il peso del prodotto, che si mantiene comunque leggero e poco ingombrante, ideale per chi ama la libertà di movimento. Anche in questo caso, i materiali di composizioni sono completamente eco-friendly, come testimonia l’etichetta Vaude Green Shape presente all’interno.

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È la giacca per chi ama spendere molto tempo a contatto con la natura, ideale perché in grado di adattarsi a ogni condizione di tempo. Modello che unisce alla versatilità, anche una produzione 100% eco-friendly: il tessuto esterno è composto da poliestere riciclato ed integrato ad una membrana Ceplex Green realizzata in parte in S-Cafè, un materiale realizzato a partire dai fondi del caffè. La parte interna, invece, è realizzata con imbottitura sintetica HeatSphere Eco che garantisce un’asciugatura rapida dal bagnato.

Un prodotto realizzato in materiali riciclati che contribuiscono ad accompagnare Vaude il suo percorso verso la neutralità climatica. Questa giacca, tuttavia, non è solo notevole per il suo essere realizzata in materiali riciclati e eco-friendly: grazie alla sua composizione che permette un isolamento ottimale dal freddo, infatti, si è dimostrata perfetta per molti sport diversi, dal ciclismo agli sci. Un prodotto che si prepara ad aprire la strada per una linea di future giacche softshell completamente PFC-free e a ridotto impatto ambientale.

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Aku, una scelta responsabile. Il lavoro verso l’impatto zero crea nuove aziende e nuovi modelli di progettazione.

Responsabilità e consapevolezza sono parole d’ordine in Aku, che ha scelto di impegnarsi per ridurre al minimo il suo impatto sulla natura. L’obiettivo del brand è riuscire a trovare un equilibrio tra l’uomo e il mondo che lo circonda, rispettando il pianeta e mantenendo un’alta qualità di materiali e prodotti. Una storia che già tra il 2015 e il 2017 vede l’azienda trevigiana rinnovare la sede di produzione di Montebelluna per ridurre le emissioni di CO2. Inoltre, nel 2018 Aku è stata la prima al mondo nel suo campo a definire il grado di impatto ambientale che può avere la produzione di una calzatura, grazie al supporto di un sistema di calcolo elaborato dall’Istituto di ricerca Svedese Environdec. A partire da questa nuova consapevolezza, l’azienda ha cercato di migliorarsi limitando i consumi, non solo per quanto riguarda la produzione ma anche sul fronte dell’organizzazione industriale e dei rapporti con le comunità. Le materie prime, ad esempio, provengono principalmente da fornitori locali in grado di indicarne precisamente la provenienza e le caratteristiche, garantendo la massima tracciabilità. Nell’ambito della propria collezione Aku propone alcuni modelli che sono il risultato di una particolare ricerca in tema di impatto ambientale.

Minima Si ispira alle calzature outdoor classiche, ma è perfetta anche per un uso urban o per viaggi. La linea di Minima punta sull’essere “CO2 Responsible”: infatti, le emissioni derivanti dall’uso dei pellami delle concerie Dani vengono compensate attraverso progetti di riforestazione. Inoltre, Aku agisce responsabilmente compensando le emissioni di CO2 prodotte durante il ciclo di vita della calzatura, attraverso l’adesione a iniziative di conservazione ambientale proposte dalla “Framework Convention On Climate Change” dell’ONU. Questo consente di rendere Minima un prodotto neutrale rispetto all’impatto sull’ambiente. I pellami giocano un ruolo protagonista nel disegno di questa scarpa: la tomaia è realizzata utilizzando un unico pezzo per diminuire gli scarti e se ci sono eventuali leggeri difetti estetici sulla superficie, la parte interessata viene riutilizzata nel lato B in modo da evitare sprechi. La calzatura presenta una suola in Vibram N-Oil Compound

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a ridotto impatto ambientale, realizzata con più del 90% di componenti petrol free e colorata usando pigmenti 100% naturali.

Bellamont III NBK GTX Un’altra calzatura Aku che nasce da un progetto a ridotto impatto ambientale. Ideale per uso quotidiano o nel tempo libero, la Bellamont III NBK Gtx è prodotta in Europa con materiali tracciabili di alta qualità. La tomaia è realizzata in morbido e raffinato tessuto scamosciato, la fodera interna è in membrana Gore-Tex composta da filati al 100% riciclati, mentre l’intersuola in EVA microporosa a doppia densità presenta un 30% di materiale riciclato. Il plantare è in fibra di cocco, un materiale organico che garantisce traspirazione e un ideale clima interno. Il battistrada Vibram N-Oil Compound è realizzato con il 90% di componenti petrol free, la più avanzata soluzione Vibram per la riduzione dell’impatto ambientale senza rinunciare alle migliori prestazioni in termini di tenuta.


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RidetoZero, il progetto sostenibile di Rudy Project Il brand trevigiano ha lanciato un nuovo progetto con lo scopo di rispettare maggiormente la natura e chi la abita, cercando di ridurre il proprio impatto sull’ambiente in ogni processo aziendale.

1. MAGNUS

2 . D E LTA B E AT

RidetoZero di Rudy Project consiste in un nuovo approccio sostenibile in tutti gli ambiti aziendali, dalla produzione ai processi. Il primo passo sostanziale è avvenuto nella realizzazione della collezione 2022, con il lancio delle prime montature sportive che strizzano l’occhio all’ambiente. Infatti, tre modelli presentano una montatura in Rilsan Clear prodotto dall’azienda Arkema, specializzata in design e fornitura di materiali innovativi. Quello utilizzato da Rudy Project è un polimero di origine vegetale, sostenibile e rinnovabile al 100%, prodotto dall’olio di ricino nella regione del Gujarat in India; di conseguenza viene raffinato in diverse fasi, fino a raggiungere il vero e proprio Rilsan Clear. Questo polimero non solo è sostenibile, ma presenta alti standard di flessibilità, leggerezza, resistenza agli urti ed elementi chimici: dimostra in tutto e per tutto come ci siano soluzioni rispettose verso l’ambiente, ma allo stesso tempo altamente performanti. Si percepisce bene l’impegno

3. OVERLAP

dell’azienda nel ricercare tecnologie innovative, notando come il materiale sia anche privo di BPA e con un’alta percentuale di elementi di origine vegetale. Ma le novità sostenibili non sono finite qui: Rudy Project si è già messa al lavoro per fornire custodie realizzate in plastica riciclata da scarti degli occhiali usati, idem per i nuovi imballaggi di carta riciclabile al 100%. Gli occhiali Rudy Project sono riconosciuti come prodotti estremamente durevoli e resistenti e che hanno sempre rappresentato, anche quando c’era meno sensibilità verso questi temi, un'alternativa alla cul-

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tura del consumo usa e getta. Inoltre, l’azienda si è sempre messa a disposizione per i suoi clienti, fornendo parti di ricambio e accessori - in alcuni casi gratuitamente, come per i naselli - anche dopo un lungo periodo di utilizzo o di lancio del prodotto. RidetoZero si mostra in tutta la sua sostenibilità anche sui social, con un progetto ambassador che punta alla consapevolezza e sensibilizzazione della salvaguardia ambientale. È evidente che Rudy Project non vuole fermarsi qui, avendo a cuore il futuro del pianeta e mantenendo alte le performance per gli affezionati al brand. Andiamo sul


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concreto, vedendo come Rilsan Clear si adatta alle nuove montature di Rudy Project: Magnus, Deltabeat e Overlap.

in base alle condizioni di luce. Calzata, nasello e terminali sono regolabili, lasciando la massima libertà di personalizzazione a chi li utilizza.

1. Magnus

2. Deltabeat

Montatura versatile progettata per una calzata larga, vanta diversi materiali innovativi oltre al già citato Rilsan Clear; ad esempio, le aste ultra leggere sono in alluminio. La montatura è compatibile con soluzioni vista e disponibile con le lenti fotocromatiche ImpactX 2, le polarizzate Polar 3FX HDR e le statiche RP Optics, consentendo di scegliere l’opzione più adatta

Sostenibili e progettati per il racing, presentano una geometria avvolgente ergonomica, nasello regolabile ErgonoseX e i morbidi terminali in gomma. Queste caratteristiche rendono la montatura super confortevole, versatile e regolabile in base alle proprie esigenze. Inoltre, i rischi di appannamento sono quasi nulli con il sistema di ventilazione PowerFlow.

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3. Overlap La montatura lifestyle per eccellenza, elegante e leggera, ottima per un uso quotidiano. Super flessibile e resistente con l’utilizzo del Rilsan Clear, è disponibile con lenti specchiate RP Optics Multilaser o polarizzate Polar 3FX HDR. Ottima per bilanciare i colori nelle zone urbane, riesce a proteggere da quei riflessi fastidiosi derivati dalle superfici lucide.


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Oxyburn, correre con una seconda pelle Con i nuovi modelli Oxyburn sceglie di puntare su tecnica e performance, creando una vestibilità mai vista prima per i suoi prodotti da running. Natura e tecnica sono da sempre la prerogativa di Oxyburn, azienda italiana tra le leader nella produzione di abbigliamento intimo per sport outdoor. Puntando tutto sulla cura dei dettagli, il brand è in prima linea nell’elaborazione di tecnologie impiegate per ottenere il massimo della qualità. Così, dove il limite umano sopraggiunge, Oxyburn è pronta a intervenire con prodotti che, tra innovazione e design, permettano agli sportivi di raggiungere i propri limiti e superarli. Per la stagione autunno inverno Oxyburn ha pensato di assicurare continuità fra i differenti capi, in modo da regalare a chi li indossa un senso di unicità e completezza a ogni fit, senza appesantire la performance. Qui in redazione abbiamo deciso di testare qualche loro prodotto. Per il nostro allenamento di trail running outdoor abbiamo scelto un outfit composto da due novità pensate e prodotte per essere adattabili sia allo sport indoor che outdoor: la maglia Extreme e e i pantaloni Talent.

Extreme Confortevole aderenza è la parola chiave dei nuovi modelli Oxyburn. Proprio nella maglia Extreme possiamo testarne l’effetto seconda pelle, pensato per creare continuità tra i tre capi e fare la differenza tra una buona e una cattiva prestazione. Il prodotto, completamente “Made in Italy”, ci ha colpito in particolar modo per la strut-

tura a microrete che crea diversi punti di compressione per permettere una traspirabilità graduata in base alle esigenze delle parti del corpo, accelerandola in caso di attività intensa. Inoltre, il mix tra la fibra Dryarn, nylon ed elastan riesce a garantire anche un giusto grado di isolamento dal freddo durante gli allenamenti invernali, o più semplicemente nelle giornate meno calde, grazie anche alle maniche lunghe con un foro pollice per migliorare la vestibilità e aumentare la protezione.

Talent L’altro indumento che abbiamo scelto di provare è il pantalone Talent che, grazie alla sua struttura tridimensionale e all’alternarsi di differenti trame, si adatta alla perfezione sia sulle fisionomie maschili che femminili. Pensato sia come capo principale che come primo strato da inserire sotto al-

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tri pantaloni, a differenza della maglia presenta uno spessore maggiore, che mescola fibra Dryarn e tessuto elastico, in modo da favorire piena libertà di movimento nel corso della performance e un’adeguata protezione dal freddo in un range che oscilla tra i -10° e i +30°. Anche in questo caso la vestibilità fasciante è appena percepibile, dando la sensazione di copertura senza andare a comprimere o costringere i muscoli nell’attività sportiva, permettendo al talento di ogni sportivo di dare il massimo in ogni tipo di allenamento.

Puntando tutto sulla cura dei dettagli, il brand è in prima linea nell’elaborazione di tecnologie impiegate per ottenere il massimo della qualità


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M O D E L DAV I D E S A LV E T T I


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Diract e Diract Voice: il nuovo Artva di Ortovox Sappiamo bene quanto stress possa portare il rischio valanga, soprattutto quando accade sotto i tuoi occhi, o peggio ancora, sopra. Esperti o principianti, è sempre indispensabile avere con sé il dispositivo di ricerca in valanga, e Ortovox ne ha realizzato uno che vanta la nomina di Product Of The Year e Public Choice Award all' ISPO Munich 2021. Già nel lontano 1980, Ortovox ha rivoluzionato il mondo degli apparecchi di ricerca in valanga con il primo Artva a doppia frequenza. La voglia di sviluppare dispositivi che potessero aiutare le persone a gestire con più lucidità e rapidità la situazione di emergenza li ha portati ad ottenere un altro primato: stiamo

parlando di Diract e in particolare di Diract Voice, il primo dispositivo Artva a tre antenne con navigazione vocale integrata. Il Diract, invece, non si avvale di un sistema vocale ma mantiene tutte le altre caratteristiche presentate dal “collega” Diract Voice. Il nuovo sistema sonoro riesce a guidare i soccorritori fornendo comandi verbali chiari, anziché semplici suoni ripetuti. Questa scelta non è casuale: diversi studi sul cervello ci raccontano come l'essere umano processi molto più facilmente messaggi vocali, riducendo la sensazione di stress e offrendo una migliore visione d'insieme. La voce mantiene i soccorritori concentrati sull'obbiettivo: in caso di emergenza, avere i nervi saldi porta ad agire in maniera più razionale e rapida. Il comando vocale viene supportato dal Display Full Graphic Extra Large, caratterizzato da una visualizzazione

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a 360° e da un'iconografia chiara e intuitiva che assicura una rapida leggibilità, buona anche in condizioni di luci non ottimali. I simboli mostrati sono ridotti all'essenziale e cambiano in base alla fase di ricerca, indicando in tempo reale le istruzioni necessarie per gestire la situazione nel migliore dei modi. In caso ci fossero più travolti (fino a quattro), il dispositivo permette di segnalarli con un tasto indicante una marcatura, per poi riprendere subito la ricerca con una larghezza di corridoio di ben 50m. Entrambi i modelli sono super intuitivi, presentando un interruttore a levetta che permette di cambiare manualmente la modalità da trasmissione a ricerca e viceversa. Nel momento sfortunato in cui si viene travolti dalla valanga, i dispositivi Diract si attivano velocemente con la tecnologia SmartAntenna brevettata.


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Questa, analizza la posizione del dispositivo nella valanga selezionando rapidamente e automaticamente l'antenna migliore alla quale collegarsi. Tale sistema riesce ad aumentare la portata del segnale fino al doppio, velocizzando notevolmente le ricerche. Inoltre, nel momento in cui durante le fasi di ricerca si viene travolti da una seconda valanga, il dispositivo riconosce la situazione di emergenza e cambia velocemente modalità passando alla trasmissione del segnale. Ortovox non si è dimenticata dei costi ecologici che questo tipo di prodotti possono avere, sviluppando i Diract nel modo più sostenibile possibile. I dispositivi infatti sono ricaricabili, quindi molto più durevoli ed ecologici delle versioni che presentano pile usa e getta. La batteria è a ioni di litio, materiale che resta affidabile anche a temperature estreme, persino a -20°! I nuovi ARTVA

Ortovox inoltre integrano il riflettore RECCO nel sistema di trasporto, aumentando ulteriormente il livello di sicurezza. Il sistema di trasporto è realizzato in modo che all’apertura della custodia, l’apparecchio viene automaticamente spinto verso l’alto, risultando così subito raggiungibile e pronto per iniziare la ricerca. I software Diract e Diract Voice sono sempre in pieno sviluppo e possono essere aggiornati autonomamente e gratuitamente. L'unica cosa da fare è scaricare l'app Ortovox (iOS e Android) che permette di aggiornare il sistema, modificare le impostazioni, guardare video guide, registrare e personalizzare l’apparecchio. Tuttavia, per quanto questi dispositivi di ricerca siano sempre più tecnici, ci vuole una gran preparazione e fermezza mentale per agire al meglio nelle emergenze. La psicologa

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Sigrun Holzer, specializzata in Neuropsicologia, sostiene che in queste situazioni “meno occorre pensare, meglio è”: ed è proprio a questo che servono Artva sempre più intuitivi e precisi. Holzer racconta di come reagisca il cervello sotto pressione da stress: le persone tendono a migliorare dal punto di vista delle prestazioni fisiche ma al tempo stesso diminuiscono le capacità cognitive. Per questo motivo è molto utile sfruttare gli automatismi: mentre l'udito è occupato a percepire i suoni e i comandi vocali, la vista può cercare ulteriormente il travolto, risparmiando la fase di elaborazione dell'informazione sonora in combinazione con quella visiva sullo schermo. Inoltre, in queste emergenze il cervello umano si sente più al sicuro a sentire una voce, evitando di sentirsi sperduti e soli.


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Goldwin 70 anni di storia come player mondiale nel settore outdoor Il gruppo Goldwin Inc. ha sede a Tokyo ed è uno dei player mondiali nel settore outdoor. Quotato anche alla borsa di Tokyo, il gruppo è diventato sinonimo internazionale di abbigliamento tecnico di qualità, non solo nel suo paese natale, ma anche in America e in Europa. Nel corso dei suoi sette decenni di storia, Goldwin si è imposto come uno dei principali protagonisti del mondo outdoor, lifestyle e sportivo grazie a prodotti innovativi che armonizzano logica, comfort, praticità e design minimalista, sviluppati con le migliori conoscenze acquisite nel corso della sua lunga storia in ambito sci e outdoor. Fondato nel 1951, Goldwin inizia a scrivere la sua pagina di storia a partire da una piccola fabbrica di tessuti, la Tsuzawa Knit Fabric Factory, nella città di Oyabe nella prefettura di Toyama, in Giappone. Lì, Tosaku Nishida, il fondatore del brand, comincia la sua avventura come produttore di articoli sportivi, anticipando di fatto il boom imminente della cultura sportiva giapponese. L'azienda diventa produttore di capi sportivi e lancia il marchio originale, Goldwin, nel 1958. Il nome del brand, che significa "vincitori d’oro", viene in realtà coniato nel 1963, l'anno prima delle Olimpiadi estive di Tokyo, un augurio nei confronti degli atleti

giapponesi che si sarebbero contesi la medaglia d'oro. Le divise di Goldwin sono state indossate dall'80% dei vincitori olimpici giapponesi, in sport che vanno dalla ginnastica alla pallavolo al wrestling. Il brand nipponico, utilizzando il know-how acquisito nella produzione di tessuti a maglia, inizia a sviluppare capi da sci ad alta funzionalità e dal design sofisticato, anche grazie alla preziosa collaborazione di molti produttori esteri che danno a Goldwin numerosi feedback, permettendo quindi all’azienda di creare prodotti che ben si adattino alle linee del corpo con un eleganza funzionale. In breve tempo, i capi Goldwin acquisiscono popolarità anche all'estero e, a partire dal 1987, il brand diventa il fornitore ufficiale delle uniformi della squadra nazionale svedese, una dei team di sci leader in Europa. I feedback di questi atleti di spicco aggiungono valore alla produzione e permettono a Goldwin di diventare sinonimo di eccellenza tecnica. Nel 2017 viene fondato il reparto di ricerca e sviluppo, il Goldwin Tech Lab a Toyama, per rafforzare e promuovere la capacità

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di innovazione tecnologica del gruppo, dalla pianificazione dei prodotti, al loro sviluppo, fino alle vendite. Nel 2018 Goldwin vede un nuovo inizio: grazie alla sua vasta esperienza nello sviluppo di abbigliamento da sci performante e ad alta tecnologia, il brand da vita a collezioni outdoor e lifestyle, fondendo le più avanzate tecnologie di produzione con il famoso design minimalista giapponese che vanta grande attenzione ai dettagli e prestazioni senza compromessi. Le sue collezioni integrano il design tecnico con lo stile di vita di tutti i giorni, i tessuti sono abbastanza funzionali da resistere a climi estremi ma anche così eleganti da essere indossati in un ambiente cittadino. Goldwin è da sempre un brand molto progressista per via del suo impegno nello sviluppo di tessuti innovativi e della sua dedizione allo sport, con l’obiettivo di realizzare i migliori capi tecnici con le più avanzate tecnologie di produzione oggi disponibili, applicando questo concetto alle collezioni lifestyle, che vedono una estetica minimalista unita a grandi performance.


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Goldwin x Gore-Tex Per la nuova collezione autunno/inverno, Goldwin ha collaborato con Gore-Tex per la realizzazione di prodotti ad alte prestazioni, pensati per la montagna e per resistere ai climi più rigidi. Gore-Tex è sempre stata una delle prime scelte di Goldwin: i reparti di ricerca e sviluppo e design di Goldwin selezionano ogni stagione diverse membrane Gore-Tex, sviluppate con tecnologie all'avanguardia che offrono impermeabilità, resistenza al vento e traspirabilità di livello superiore. Gore-Tex migliora costantemente le sue tecnologie di tessuto in risposta al feedback di esperti di montagna e di appassionati del mondo outdoor che operano in condizioni estreme e imprevedibili in tutto il mondo. I professionisti dell'outdoor e gli atleti estremi si rivolgono ai prodotti Gore-Tex per ottenere la miglior durata e protezione dagli agenti atmosferici, indipendentemente dalle condizioni. Spingendo sé stessi e le loro attrezzature al limite, i loro continui test sul campo aiutano ad alimentare il continuo sviluppo ed l’evoluzione della tecnologia dei tessuti impermeabili, traspiranti e durevoli. Per la nuova stagione invernale Goldwin ha lanciato tre nuove linee di abbigliamento basate sulla più recente tecnologia di tessuto Gore-Tex: la giacca e la salopette Gore-Tex Pro, robusta e resistente, la leggera giacca e il pullover Gore-Tex Fly Air, i e il Gore-Tex -Tex Infinium Down Parka, un nuovo piumino caldo e reistente. Tutte i prodotti sono sviluppati per ottimizzare le prestazioni in ambienti invernali estremi e fornire una protezione più duratura e senza compromessi.

Gore-Tex Pro Jacket Realizzata con la nuova tecnologia Gore-Tex Pro Most Rugged che offre i massimi livelli di durata, questa giacca combina eccellente impermeabilità e lunga durata. Questa giacca hardshell

40 denari laminata a 3 strati offre una solida sicurezza in caso di pioggia, vento e neve, e resiste a strappi e graffi causati da rocce e attrezzi da ghiaccio durante l'arrampicata in condizioni invernali impegnative. Un altro punto forte è l'innovativa cerniera frontale AiryString. I denti della cerniera sono cuciti direttamente sul tessuto senza nastro, il che provoca un attrito significativamente inferiore e rende l'azione più fluida rispetto alle tradizionali cerniere impermeabili. Inoltre, la costruzione doppia interna della cerniera tiene fuori l'acqua piovana. La lunghezza è leggermente aumentata e ha una ghetta antineve integrata. Il cappuccio è compatibile con il casco. Infine, il motivo tridimensionale della giacca offre spazio su braccia e spalle per consentire una più ampia gamma di movimenti.

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Gore-Tex Pro Bib Questi bib sono realizzati con tecnologia Gore-Tex Pro Most Rugged a 3 strati. Grazie al materiale da 40 denari, i pantaloni risultano solidi, progettati per l'arrampicata su ghiaccio e l'alpinismo in ambienti rigidi. Nelle tasche sul petto e nella parte superiore della schiena, i pannelli in rete riducono efficacemente l'umidità in eccesso. Il cavallo a soffietto consente una gamma più ampia di movimento senza stress. Inoltre, la cerniera frontale ha un doppio cursore che si apre sia dall'alto che dal basso. La regolazione in velcro in vita e polsini interni sull'orlo della gamba impediscono l'ingresso di neve o al tessuto di salire sopra gli stivali.


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Gore-Tex Fly Air Pullover

Gore-Tex Fly Air Jacket

Pullover con un motivo 3D che garantisce ampia mobilità a braccia e spalle. Questa giacca in stile anorak, realizzata con un laminato Gore-Tex a 3 strati, offre una leggera libertà di movimento in ambienti montani durante climi invernali rigidi, comprese le vette di 3000m. Le lunghe cerniere laterali che corrono dal polsino all'orlo consentono di indossare e togliere facilmente il capo. Inoltre, garantiscono accesso diretto alla tasca interna con cerniera. Tutto ciò fornisce inoltre una ventilazione extra se necessario, mentre due linguette su ciascun lato impediscono al tessuto di svolazzare. La cerniera anteriore sfalsata angolata è progettata per ridurre al minimo le interferenze e gli anelli di fissaggio sull'orlo impediscono allo stesso di sollevarsi durante attività intense, come l'arrampicata su ghiaccio.

Estrema funzionalità e design estetico giapponese in questa giacca shell realizzata in Gore-Tex 30 denari, resistente e leggero. Il motivo tridimensionale offre una maggiore mobilità a braccia e spalle per garantire una vestibilità perfetta per l'arrampicata in montagna in inverno. Presenta numerosi dettagli intelligenti, come i passanti di fissaggio sull'orlo che impediscono allo stesso di scivolare verso l'alto e un collo alto e protettivo antivento per una maggiore ritenzione di calore. Inoltre, questa giacca è dotata di velcro all'interno della patta anteriore per migliorare l'impermeabilità, consentendo un'apertura e una chiusura più facili, e favorendo un migliore flusso d'aria. Le alette su entrambi i lati nella parte anteriore hanno due cerniere interne, una per l'accesso alla tasca sul petto e l'altra per accedere allo strato intermedio o per avere un'ulteriore ventilazione. Caratteristico design di Goldwin

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derivato dalle piste da sci, questa giacca è disponibile in diverse colorazioni ispirate alle stagioni meteorologiche del Giappone.

Gore-Tex Infinium Down Parka Offre un'eccellente capacità di ritenzione del calore, caratteristica ideale nelle soste prolungate in climi invernali rigidi. Il materiale del guscio sigilla il vento mentre fa fuoriuscire l'umidità e offre un'eccellente resistenza. Lo strato interno nel doppio lembo anteriore e intorno al collo riduce al minimo i punti freddi. Le maniche hanno una costruzione tridimensionale per aumentare la mobilità e i polsini sono dotati di neoprene con cerniere per una migliore vestibilità. La tasca interna sul petto in rete elasticizzata è ideale per riporre piccoli oggetti, occhiali, guanti e borracce. Le maniche hanno un gancio a D a cui possono essere comodamente attaccati i guanti.


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del settore? Quali saranno le future sfide su cui focalizzarsi? Le principali sfide al giorno d’oggi sono dovute ai cambiamenti portati dalla crisi dovuta al Covid-19: è fondamentale per un’azienda non restare indietro e adattarsi alle esigenze dei consumatori, che sono cambiate in maniera repentina dall’inizio della pandemia. C’è per esempio maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale, all’origine delle materie prime e al Made in Italy: la nostra sfida è quella di soddisfare le necessità di tutti gli appassionati degli sport outdoor, offrendo la miglior qualità possibile nel totale rispetto ambientale e sociale.

Cober Since 1953 Il panorama italiano nel 1953 era costellato da piccoli artigiani, che producevano le singole componenti dei bastoni. Memore delle esperienze in gioventù, quando per avere dei bastoncini da sci ci si doveva arrangiare, e venivano creati alla bell’e meglio da pezzi di legno, Renato Covini decide di dare vita alla prima vera fabbrica di bastoncini da sci in Italia. Negli anni i bastoncini si sono evoluti rapidamente: Cober è stata la prima azienda ad introdurre una delle novità più importanti, passando in breve tempo dal tubo in acciaio al tubo in alluminio con la possibilità di essere colorato con qualsiasi tinta.

Dai bastoncini agli attacchi, dalle racchette da tennis, alle forcelle e ai telai per le biciclette. Sempre utilizzando materiali all’avanguardia. Quanto è importante il processo di ricerca e sviluppo quando si approcciano nuovi universi sportivi? Il processo di R&D è da sempre alla base del lavoro quotidiano di Cober, e lo è stato anche nell’approccio a diverse tipologie di sport. La curiosità personale di Renato Covini e le continue ricerche svolte in azienda hanno portato (e portano ancora oggi) quell’ispirazione che ci spinge a cercare materie prime diverse e macchinari all’avanguardia, che permettono una costante evoluzione del prodotto. Negli anni ’90, Cober decide di concentrarsi e specializzarsi nel settore degli sport invernali. Quali sono al giorno d’oggi le principali sfide

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Si parla molto di sostenibilità al giorno d’oggi. Ma da anni Cober si impegna nella scelta di materie prime e macchinari che rispettino non solo l’ambiente, ma anche gli operatori che vi sono a contatto quotidianamente. Cosa è stato fatto nel corso degli anni riguardo al tema? Da sempre il rispetto ambientale è parte integrante dei valori di Cober: il percorso di sostenibilità portato avanti negli ultimi decenni riguarda svariati processi produttivi, tra cui verniciatura a polvere, serigrafia a UV senza solventi e stampaggio di componenti in plastica seconda vita. Inoltre, tutte le materie prime vengono sottoposte a severi test per la loro tossicità. Le scelte finora fatte in ambito di materie prime riducono quasi a zero l’esposizione quotidiana dello staff ai rischi. Queste premesse hanno portato Cober a ricercare la circolarità all’interno della propria produzione, e a trasformare i propri scarti di produzione in un prodotto finito: le manopole nate grazie all’utilizzo di plastica di recupero, il primo step del Leaves Project, presentato a gennaio 2020. Questo progetto ha come obiettivo quello di sostituire i componenti plastici, stampati ora con plastica vergine, con una formula di plastica seconda vita sviluppata internamente. Il dipartimento di stam-


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paggio plastiche ha studiato appositamente un modo per reinserire nel ciclo produttivo parte degli scarti di produzione, dando vita a un’economia circolare interna. Il materiale di scarto che non può essere reinserito nel ciclo produttivo di Cober viene reimmesso nel ciclo produttivo di altre aziende. Sempre parlando di sostenibilità, quali saranno le prossime sfide da affrontare sia in termini di produzione, compensazione e equo trattamento di tutti i lavoratori coinvolti? In termini di produzione, il nostro obiettivo a breve termine è quello di raggiungere una totale circolarità interna. Avendo tutte le fasi di produzione in Italia, garantiamo alti standard di welfare a tutti i nostri collaboratori. Siamo riusciti, nonostante le difficoltà portate dalla pandemia, a salvaguardare stipendi e posti di lavoro. Per il futuro,

proseguendo sulla strada della circolarità e della sostenibilità, ci aspettiamo di poter compensare l’impegno dimostrato da tutti in questi mesi delicati. È veramente possibile conciliare la produzione di prodotti efficienti e performanti ma che siano al tempo stesso rispettosi dell’ambiente? Esiste il giusto mezzo fra profitto e sostenibilità? Certamente. Bisogna prestare la massima attenzione alla scelta delle materie prime e dei processi produttivi. È fondamentale curare ogni processo dalla A alla Z: per noi questo modus operandi è facilitato da un ciclo produttivo completamente interno. I nostri prodotti sono pensati come supporto agli appassionati di sport outdoor, nel totale rispetto sia dell’ambiente in cui viene prodotto sia delle persone che lo producono. Non solo: anche la scelta dell’energia che si utilizza nella

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produzione, preferendo energia proveniente da fonti rinnovabili, può avere un forte impatto sull’ambiente. Da poco avete fatto il rebranding, ottenendo un design fortemente contemporaneo, chi sarà nel prossimo futuro il vostro consumatore? Sarà un amante della montagna in tutte le sue sfaccettature, curioso e appassionato a diversi tipi di sport e discipline a contatto con la natura, in cui si immerge per staccare dalla quotidianità del lavoro. Sicuramente sarà anche attento ai consumi e avrà un atteggiamento responsabile. Quali sono i prossimi obiettivi di Cober? Il nostro obiettivo è diventare l’azienda italiana nel mondo outdoor che si caratterizza per la svolta green: questo comporta, sia in termini di tecnologie e di prodotti, una costante ricerca in termini di innovazione e sostenibilità.


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Colmar Generazione innovazione Stefano Colombo Stefano Colombo, che oltre amare la montagna è un grandissimo appassionato di musica - suona bene la chitarra - di cibo - si sta lanciando in un’avventura imprenditoriale nel campo della ristorazione - e di politica è la quarta generazione di una delle aziende italiane più solide e autorevoli in fatto di abbigliamento da sci: Colmar. Ecco come l’azienda di famiglia affronta nuove sfide.

Guidare le vendite e il marketing dell’azienda di famiglia è un impegno non da poco, ma se sei un millennial dalle idee chiare e dai sani principi puoi traghettare una realtà solida e tradizionale attraverso le esigenze di una società infinitamente più complessa e articolata rispetto a quanto lo sia stata negli ultimi 100 anni. Stefano Colombo, classe 1985, è direttore Sales e Marketing di Colmar, l’azienda fondata dal bisnonno nel 1923 e che nell’immaginario collettivo è uno dei brand italiani più autorevoli in fatto di abbigliamento da sci. Colmar - acronimo del fondatore Mario Colombo - inizialmente produceva tute da lavoro realizzate con un materiale iper resistente, adatto alla vita operaia: il resto è arrivato nel dopoguerra, quando gli italiani che iniziavano a frequentare la montagna per sciare, in mancanza d’altro, utilizzavano proprio le tute da lavoro.

"Da un punto di vista storico l’avvicinamento alla montagna è stata una questione di opportunità e di differenziazione del nostro business, ma da lì poi è diventata una grande passione. Come Colmar siamo stati tra i primi ad approcciare quel mondo e non lo abbandoneremo mai, perché fa parte della nostra essenza. Io, che sono nato qualche anno dopo, questo mondo l’ho respirato da sempre: perciò se mi chiedi qual è il mio rapporto con la montagna e con la neve posso solo rispondere che non so neanche qual è il mio “non rapporto”, la montagna per me è qualcosa di innato. L’anno scorso ho sofferto in modo particolare a non poter sciare: quando, lo scorso weekend, sono tornato sulle piste, pensavo di poter essere un po’ stranito dalla situazione, invece è stato come se non fosse passato un giorno. Probabilmente perché è qualcosa di fortemente radicato in me: stare lì, in cima alla pista, mi fa sentire solo bene."

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Quando hai realizzato veramente cosa comportava essere parte della famiglia Colombo? A 25 anni, quando sono entrato in azienda. Prima non è mai stato un qualcosa di eccessivamente trattato all’interno del nucleo familiare, né dal punto di vista delle pressioni, né delle aspettative, almeno dalle persone a me più vicine. Quelle le ho sperimentate più quando ho iniziato a lavorare: ho avuto un processo di ingresso molto particolare in cui sono entrato in un contesto, per me completamente nuovo, dove mi sembrava di non avere il diritto di fare domande, ma di dover subito dare delle risposte. Cos’hai portato di tuo in azienda? Sicuramente una mentalità generazionale diversa, che cerco ogni giorno di rendere credibile e applicabile, rispetto anche alle dinamiche pregresse. Ho un’età più bassa rispetto alla media delle persone in azienda


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che, quando sono entrato, si reggeva ancora molto sulle forti personalità di mio nonno e del fratello di mio nonno. Era un’organizzazione molto patriarcale, gerarchica e familiare: un tipo di impostazione che deresponsabilizzava tutto l’ambiente. Quello che ho cercato di portare è invece la responsabilizzazione di ciascun ruolo, e la possibilità per tutti di portare avanti idee o progetti. Quali insegnamenti ti hanno lasciato tuo padre e tuo nonno? Esempio e reputazione: l’azienda in questi anni si è sempre mossa in modo trasparente, pulito e corretto, sia nel mercato che nei rapporti con le persone. Questo per me è un patrimonio fondamentale di Colmar, a cui cerco di tendere in ogni gesto o decisione. Nel 2023 taglierete un traguardo importante: il centenario... Se tutto va bene, e malgrado le difficoltà dell’ultimo periodo, festeggeremo con dei bei progetti: non ci arriviamo come un brand che si è trascinato 100 anni, ma come una famiglia imprenditoriale la cui storia si intreccia con quella del paese. Dalla Seconda Guerra Mondiale all’emergenza sanitaria dovuta al Covid abbiamo attraversato tantissimi momenti: crisi, ripartenze, cambiamenti geopolitici forti, ma il fil rouge è sempre stata una governance al 100% familiare. Come marchio che affonda le sue radici nell’ambiente montano, che oggi è in pericolo, che azioni avete messo in cantiere al fine di proteggerlo? Uno dei focus per noi più importanti è la sostenibilità: siamo in un momento di transizione che porteremo avanti per i prossimi decenni. Questo significa che non si può cambiare dall’oggi al domani, perché servono interventi strutturali. Quello che noi oggi stiamo facendo in materia di sostenibilità, che è un territorio ricco e complesso, non si riduce all’impiego di fibre riciclate,

sarebbe riduttivo. Stiamo lavorando per avere una supply chain il più possibile certificata, quindi che utilizzi sia materiali che modalità di operare trasparenti, nel rispetto dell’ambiente ma anche delle persone impiegate. All’interno di Colmar Originals, il marchio del gruppo più lifestyle che abbiamo lanciato nel 2009, stiamo investendo molto nella linea The Recycled Essential, che impiega fibre riciclate e biodegradabili in tutte le componenti dei capi, dal logo alle zip. L’obiettivo è arrivare alla costruzione di capi che possano avere un ciclo di vita veramente circolare: perché altrimenti è qualcosa di fine a se stesso, gli step da fare invece sono tanti e tutti consequenziali. Il problema però è che le aziende seguono il mercato, e la domanda del singolo consumatore

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non è ancora così alta, ma se tutti siamo più coinvolti e responsabilizzati, sia dal lato della produzione che del consumo, allora si innesterà un circolo virtuoso. Non possiamo pretendere di diventare a impatto zero dall’oggi al domani, ma fare dei passi che ci permettano di diminuire l’impatto che abbiamo nel nostro esistere.

Uno dei focus per noi più importanti è la sostenibilità: siamo in un momento di transizione che porteremo avanti per i prossimi decenni.


THE PILL BRAND P H O T O S I LV I A G A L L I A N I

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Dynafit International Press Camp BY DAV I D E F I O R AS O

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n tuffo nei ricordi accende la mia giornata. Succede sempre così, ogni volta che inizio a costeggiare i frutteti della Val Venosta. Sufjan Stevens mi catapulta in un paesaggio che conosco fin troppo bene: Naturno e Val Senales, Trafoi e Passo dello Stelvio. Ho alle spalle almeno 20 anni di trasferte tra queste montagne. Ma questa volta è diverso. La Statale 38 mi abbandona a Gomagoi. Non ci saranno più i 48 tornanti del versante altoatesino, non ci sarà più la vista del Tibet. Seguirò quella scritta “Sulden” che campeggia a caratteri cubitali oltre il forte austriaco, che tante volte aveva ispirato una deviazione di percorso. Solda sorge nel cuore del Parco Nazionale dello Stelvio, a 1840 metri di altitudine, in una cornice di austera bellezza, ai piedi di alcune delle più maestose cime delle Alpi Orientali: Ortles, Gran Zebrù, Cevedale. 400 anime ed una lunga tradizione turistica risalente agli albori degli sport invernali. Ma la stagione della neve, per il momento, è ancora lontana. A spingerci qui oggi c’è l’International Press Camp di Dynafit e l’opportunità, colta al volo, di correre la tappa conclusiva della 16ma Transalpine Run, di cui il brand è partner e title sponsor fino al 2024. Una gara unica nel suo genere, uno degli eventi più spettacolari della catena alpina. 285 squadre provenienti da 40 diverse nazioni. 236 km e 13.400 m di dislivello positivo attraverso Austria, Svizzera e Italia. Sette emozionanti tappe, ognuna con una storia a sé.

i nostri prodotti». Mentre ascolto il suo benvenuto, non posso fare a meno di immaginarlo nella sua seconda veste, quella di alpinista e sciatore estremo dall’intensa attività atletica. Uno che ha fatto delle Alpi il suo parco giochi, della velocità e della resistenza il suo modo di vivere la montagna. Da scialpinista ha partecipato a tutte le grandi classiche (Adamello Ski Raid, Patrouille des Glaciers, Pierra Menta, Tour du Rutor, Mezzalama) e stabilito record sulle vette più alte del mondo: Gasherbrum II, Manaslu, Broad Peak, Muztagata. Uno che nello sport, così come nella vita lavorativa, pianifica meticolosamente i suoi obiettivi per realizzarli con passione e intransigenza. Non è un caso che Benedikt rispecchi tutto quello che Dynafit è oggi. Un brand che crea i suoi prodotti basandosi sulla performance e sulla competizione, da atleti di montagna per atleti di montagna. Leggerezza, velocità e tecnologia sono parametri che il brand ha interiorizzato e che caratterizzano ogni processo e ogni prodotto. Perché solo così si può raggiungere il massimo livello di prestazione. Mentre si attende l’apertura del nuovo quartiere generale di Kiefersfelden, in posizione strategica tra Salisburgo, Innsbruck e Monaco, Dynafit sta concretizzando la sua trasformazione da product supplier a system provider in grado di fornire kit completi focalizzati su precise categorie. Una fase che ha già avuto inizio nella collezione per lo scialpinismo e che nel trail running trova la propria espressione nelle linee della collezione 22/23: DNA (a forte vocazione racing), Sky (per la performance in salita), Alpine (per il training) e Ultra (dove si esalta il comfort).

Ad accoglierci c’è Benedikt Böhm, general manager di Dynafit: «È un piacere avervi finalmente qui, di persona, e darvi la possibilità di toccare con mano

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Ma con il nuovo giorno arriva il momento di allacciare le scarpe e gustare la nostra porzione di Transalpine Run. Le porte del van si aprono a Slingia, una delle frazioni più piccole del comune di Malles, in Alta Venosta. Da qui saliremo al Rifugio Sesvenna per raggiungere i concorrenti che arriveranno dall'Engadina svizzera e lanciarci verso il traguardo di Prato allo Stelvio. Percorro i primi km con Hannes Namberger, uno che questa gara l’ha vinta nel 2018. Tra giugno e agosto ha siglato la vittoria con record (12:02:12h) alla Lavaredo Ultra Trail e ottenuto un ottimo 6° posto all’UTMB, dietro all’inespugnabile quintetto francese capitanato da Francois d'Haene. Ora ha solo bisogno di un completo recupero. «La LUT è stata la mia miglior prestazione in assoluto, una gara in cui è andato bene tutto. L’UTMB invece mi ha prosciugato fisicamente. Il livello è stratosferico; devi essere in giornata, dare il massimo in ogni momento. Se vuoi fare risultato, non puoi concederti sbavature. Dopo il Grossglocker Trail mi sono reso conto di aver sovraccaricato un po' troppo. Ora mi ci vuole il giusto tempo per riprendermi». Ma a malga Schliniger inizia la salita, e ci rivedremo qualche ora più tardi. Spalanco gli occhi, rimetto in moto le gambe e vado a godermi quel sentiero 8 che taglia in quota le praterie alpine offrendo una vista spettacolare sulle Alpi Retiche occidentali. Un single track che toglie il fiato, di quelli che vorresti correre all’infinito. Lascio alle spalle Laudes, Glorenza, il castello di Mon-

techiaro, prima di ritrovarmi con i piedi a bagno nell’acqua gelida ed un trancio di pizza in mano. Ho un po' di sana invidia nei confronti di chi ha potuto godere di questi paesaggi per sette giorni consecutivi. È come vivere un sogno ad occhi aperti dove stanchezza e fatica passano in secondo piano di fronte a tanta bellezza. Insomma, il messaggio è chiaro. A settembre 2022 dovrò ritagliarmi spazio nel calendario. Nel frattempo ritrovo Benedikt e abbiamo il tempo per sederci a scambiare le ultime parole. «Ti parlo chiaramente. Essere partner della Transalpine Run è un sogno che si concretizza. Siamo un marchio internazionale, ma siamo nati nelle Alpi, il sistema montuoso più bello che abbia mai visto in tutti i miei viaggi. Ci piacciono queste lunghe competizioni che combinano luoghi, lingue, culture e cibi diversi». Nel 2019, con una traversata da Ruhpolding (Germania) a Kasern (South Tyrol), Benedikt ha sperimentato qualcosa di simile in modalità scialpinistica. 210 km e 10.500 metri di dislivello percorsi senza soste in meno di 29 ore. Oggi il suo sogno è anche questo: una Transalpine Run in versione invernale.

Ho un po' di sana invidia nei confronti di chi ha potuto godere di questi paesaggi per sette giorni consecutivi. È come vivere un sogno ad occhi aperti dove stanchezza e fatica passano in secondo piano di fronte a tanta bellezza. 62


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Sono le 7:30

e siamo soli, sul ghiacciaio BY CHIARA GUGLIELMINA

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ono le 7:30 del mattino e già stiamo pestando neve. Non è presto per l’orologio biologico della montagna, lo è per me in questo mattino d’autunno. Non solo perché, dal primo suono della sveglia al primo passo in ghiacciaio, sono passate ore; quello non mi pesa (in genere). Ma per una strana stanchezza, un’afflizione del corpo. Sono le 7:30 del mattino e siamo soli, oggi, sul Monte Rosa.

risultato di un errore di programmazione o di un esperimento mal riuscito. Dai, lo sapete no? “Silenziosi, questi montanari” si dice. Il Nik no. Lui parla. E menomale sant’Iddio, perché sono le 7:30 del mattino e abbiamo un ghiacciaio da ripulire. Inizialmente scelgo di seguire il Nik; se parla lui, posso evitare di farlo io, penso, risparmiando fiato e concentrandomi sulle fotografie. Poi è anche il più basso, insieme a me, farà passi più corti. Mai pensiero fu più sbagliato. Scorrazza che sembra un camoscio impazzito, il giovane Nik.

Michele, con quel suo tono fermo e il fare autorevole, diventa leader silenziosamente votato in ogni situazione. L’aria non è fredda, alle 7:30 del mattino, a 3.260 metri. La neve, seppur in ombra, non è ghiacciata. Al più, appena compatta in superficie. Nel camminare dietro le Guide Alpine ho imparato a stare al passo, a non lamentarmi e a non fare troppe domande, giusto le necessarie. Chiedere di fermarsi per bere, per intenderci, è sconsigliato. Non fraintendete però: le pause si fanno (quando lo dicono loro). Momento però, va precisato, per discolparli, che non sono qui come cliente, a loro due sorsi d’acqua li concedono, e anche un pezzo di cioccolato, magari pure di quello buono, al latte, in quell’involucro rosso a forma di palla. No, io sono qui per ripulire il ghiacciaio e scattare qualche fotografia. Quindi così sia: sto agli ordini. Ho sempre nutrito un bizzarro feticismo per la disciplina, una malsana idolatria verso il senso del dovere. Non sto a dirvi come mi hanno educata i miei genitori o a spiegarvi i perché e i per come: sono le 7:30 del mattino e abbiamo un ghiacciaio da ripulire.

Di poco sopra Punta Indren, verso i 4.046 metri della Punta Giordani, avanziamo sui resti di un Ghiacciaio quasi estinto; di cui resiste una sottile vena crepacciata. Solo di poco più in alto, sopra i seracchi vivi per miracolo, la Piramide Vincent si assicura che non facciamo stronzate essendo soli, quella mattina, alle 7:30 del mattino. Non camminiamo molto, a onor del vero camminiamo pochissimo, prima di incappare nei primi resti di una memoria sepolta. Cavi d’acciaio, testimonianza di un passato florido, sono ora intrappolati nel poco gelo rimasto. Scheletri di ferro per metà emersi, per metà infilati nelle voragini di crepacci ormai nudi, in questa mattina d’autunno. Per farla breve, ragazzi, sto rincorrendo il Nik mentre zampetta qua e là, armato di flessibile, per segare quella ferraglia semi emersa. Che sono le 7:30 del mattino mi pare di averlo già detto perciò mi capirete, se quasi ci lascio la vista nel fotografare la sua azione. Con un grandangolo, scelta discutibile, avevo la mano a dieci centimetri da quel marchingegno tagliente. E gli occhi a trenta dalle scintille roventi. “In questa zona ho fatto uno dei miei voli più grossi, figata.”,

Oltre a me e a Michele, ci sono Fabio e Nicola: il più giovane. Il Nik non la smette un attimo di parlare, sant’Iddio. Mi sta proprio simpatico. Pare il

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L’atto di ripulire è per noi un modo di dire grazie a quanto, in passato, il ghiacciaio ci ha donato. Riportarlo al suo stato naturale, intonso e per nulla antropizzato, significa tornare a farlo respirare. Restituirgli ossigeno. Riesumare ciò che è rimasto sepolto per decenni è far sì che non rimanga traccia di qualcosa che oggi, ahimè, non è nient’altro che ferraglia arrugginita mezza congelata.

afferma il Nik con la nonchalance di chi quasi si diverte, a cadere nei crepacci. Probabilmente per loro è normale come per me lo è spalmare il burro sul pane al mattino. Anche l’entusiasmo è lo stesso. “Nonna, in quel caseificio ho trovato uno dei burri più grassi della Valsesia, epico nonna!” Ecco, così parla il Nik. Con quella felicità del vivere che dovrebbe essere equamente distribuita per legge, specialmente alle 7:30 di un mattino in cui non ho avuto il tempo di mangiare pane e burro.

ma da bambino ti dice di non fare troppo casotto coi Lego che poi ti tocca riordinare ogni cosa. E poi perdi in giro i pezzi, etc. etc. Stessa logica. Il ghiacciaio di Indren, mangiato via in soli trent’anni, sciolto come un cono gelato in pieno agosto, costituiva un’importante risorsa turistica; veniva praticato lo sci, sia invernale che estivo. Nel 1997 ha chiuso i battenti. Da lì in avanti, il ghiaccio superstite si è sciolto come quel mio burro sul pane tostato, e degli skilift, sono rimaste le carcasse di ferro a sostenere il nulla, testimoni impotenti della fine di un’era.

E mentre si segano i cavi più spessi, io bado perlopiù a dove poggiare i piedi, almeno in quella linea bucata dove il Nik (che figata) ha fatto uno dei suoi voli più grossi. Io me la faccio sotto, a onor del vero, anche se non lo dico mai, alle Guide Alpine. Perché è un po’ da sfigati, farsela sotto. E inutile, dirlo alle Guide Alpine.

L’atto di ripulire è per noi un modo di dire grazie a quanto, in passato, il ghiacciaio ci ha donato. Riportarlo al suo stato naturale, intonso e per nulla antropizzato, significa tornare a farlo respirare. Restituirgli ossigeno. Riesumare ciò che è rimasto sepolto per decenni è far sì che non rimanga traccia di qualcosa che oggi, ahimè, non è nient’altro che ferraglia arrugginita mezza congelata. L’associazione benefica Cuore Attivo Monterosa (molto sensibile al tema) ha organizzato, prima di questa mattina d’autunno, altre giornate di pulizia che hanno permesso di raggruppare quintali di rifiuti che, oggi, uniremo al resto e rimuoveremo da quassù. Vecchi scarponi, pezzi di sci, frammenti di paletti e di travi di legno intrappolati tra roccia e ghiaccio.

Oggi sono con quattro di loro, tutte di Alagna, ma il progetto che stiamo seguendo ha storia lunga. L’operazione Monterosa Pulito nasce nel 2002 con l’associazione storica delle Guide di Alagna che, in collaborazione con l’associazione degli impianti, veri partner dell’iniziativa, decide di impegnarsi affinché della montagna, in montagna, rimanga solo quel che serve. Che poi, alla fine, è la mera montagna, per l’appunto. “L’allora amministratore era un figo pazzesco”, dice Michele mentre con la picca infligge colpi decisi alla sottile coperta vitrea che trattiene altri resti. “Ha dato un contributo fondamentale al progetto”, aggiunge continuando a colpire. “Merda, questo è bloccato ragazzi. Bisognerà tornare.” conclude issandosi come un vecchio. Voglio bene io, a Michele. Vederlo così attivo, nonostante una schiena spaccata da una vita vissuta quassù, dove tutto pesa di più, mi esalta. Quasi come quando il Nik racconta dei voli nei crepacci o la nonna mi porta il burro buono, quello bello grasso tendente al giallo.

Difficile e sbagliato immedesimarsi in epoche tanto dissimili dalle proprie, preferisco far prevalere la comprensione, al giudizio. Ora sono le 10:30 del mattino, e quel velo compatto delle 7:30, è già un groviglio di rigagnoli. Una coperta di lacrime lente, ma incessanti. È già salma. Abbiamo raccolto il possibile e mentre aspettiamo che l’elicottero venga a recuperare i rifiuti più pesanti, mangio una fetta di pane e burro infilata in tasca, nel buio prima dell’alba, alla bell’è meglio. E mentre io ingurgito i primi grassi, mentre il Nik non la smette di parlare, il ghiaccio non finisce di sciogliersi. Sant’Iddio.

Nel 2003, dopo l’estate torrida, il progetto è cresciuto. L’idea, in vent’anni ormai, è sempre stata la stessa: tenere pulito. Come quando la mam-

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Quel che resta del giorno BY M A R TA M A N ZO N I

Jaume Peiró Jaume inizia ad arrampicare con i suoi genitori e a 15 anni partecipa alle prime gare: si allena dal lunedì al venerdì mentre nei fine settimana è sempre in falesia. Poi vola in Spagna e in Nord Africa (Taguia e Oukaimeden), e in quel periodo trascorre molto tempo a fantasticare su nuove avventure, vie trad in giro per il mondo e uno stile di vita lontano da quello standard, anche se ancora non ha ben chiaro cosa desideri esattamente.

Álex González Da bambino Álex pratica molti sport: calcio, basket, hockey su prato, judo. Un giorno, per caso, prova ad arrampicare, e in un attimo capisce di aver trovato la passione della sua vita. Così, a dieci anni, inizia a frequentare una palestra di arrampicata e a 14 anni compie il suo primo viaggio a Chamonix, facendo l'autostop sul Monte Bianco insieme a un amico. Un anno dopo è in Yosemite, dove scala The Nose sul El Cap e la Regular Northwest Face, Half Dome. Poi scala in Giordania, la North Tower del Torres del Paine in Patagonia, e in Marocco... A 16 anni torna negli Stati Uniti, per scalare il Salathe Wall a El Cap. E ancora Bugaboos, British Columbia, e Squamish, a pochi chilometri da Vancouver, sulla costa canadese dell’Oceano Pacifico. Tocca anche la vetta del Monte Bianco e del Cervino.

Álex e Jaume Quando Álex e Jaume si incontrano decidono quasi subito di fare una vacanza insieme a Malta: si vedono all'aeroporto e il feeling è immediato. Così diventano compagni di vita e di cordata: viaggiano nelle Alpi, in Messico, in Perù e in Spagna. Scalano la cresta integrale di Peuterey, sul Bianco e aprono Big Fighter, una nuova via a Rurec, in Perù, che dedicano al fratello di Jaume e a tutti i bambini che combattono ogni giorno contro il cancro.

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Più che una via specifica è una rotta verso la quale navigare insieme. Il progetto che abbiamo in comune è continuare a viaggiare per il mondo cercando di lasciare il nostro granello di sabbia durante ogni spedizione.

Jaume, Álex, cosa significa scalare per voi? È uno dei punti di unione più forti della nostra relazione: è sempre stata la passione di entrambi da prima che ci incontrassimo e il fatto che il proprio partner sentimentale sia anche il compagno di cordata è super, anche perché non è facile trovare qualcuno con cui andare d'accordo... Passiamo molto tempo insieme, e in parete ci capiamo al volo.

Siete sostenitori della comunità LGTBIQ+ e volete rendere visibile l'omosessualità nello sport. Il mondo dell'alpinismo e dell'arrampicata è molto legato alla performance e a valori machisti. Come lo vivete? Avete ricevuto discriminazioni? Cerchiamo di ‘fare educazione’ sull’omosessualità anche attraverso i nostri social, parlandone e postando foto insieme, senza alcun timore di ciò che pensa la gente. Evidenziamo le espressioni e i modi di dire che crediamo siano offensivi. Cerchiamo di rompere i pregiudizi che esistono nel fare alcune attività sportive.

Qual è la via di arrampicata che vorreste assolutamente fare insieme? Più che una via specifica è una rotta verso la quale navigare insieme. Il progetto che abbiamo in comune è continuare a viaggiare per il mondo cercando di lasciare il nostro granello di sabbia durante ogni spedizione.

A che punto siamo con il rispetto dei diritti LGTBIQ+? C’è ancora molta strada da fare in tutti i paesi del mondo, senza eccezioni: da nessuna parte sono garantiti gli stessi diritti, e una coppia eterosessuale non è vista nello stesso modo rispetto a una coppia omosessuale. In Spagna, recentemente, ci sono state aggressioni e persino omicidi di persone omosessuali. Ci sono ancora molti passi da fare, il cammino è lungo. Ci sarà eguaglianza solo quando sarà garantita la parità legale e quando non si dovrà dichiarare di essere omosessuale, perché sarà esattamen-

Vi è capitato che venisse data più importanza al fatto che siete una coppia gay piuttosto che ai vostri risultati sportivi? Sì, più volte. Vorremmo che le notizie sui media del mondo outdoor parlassero di più delle nostre esperienze sportive, ma oltre all’arrampicata ci impegniamo molto per il movimento LGTBIQ+ in montagna e in generale, e tutta la visibilità che viene data alla comunità è ben accolta.

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Quali sono i vostri progetti a medio e lungo termine? Vorremmo completare il progetto 24/24 della Pedriza, che consiste nello scalare le 24 cime della zona in 24 ore. Il prossimo inverno ci piacerebbe invece volare a Punta Arenas, e trascorrere due mesi in Patagonia: ci piacerebbe passare circa un mese a Torres del Paine e un mese a El Chaltén, con l'obiettivo di raggiungere la vetta della Torre Central del Paine e del Fizt Roy. A lungo termine abbiamo in mente diversi viaggi in tutto il mondo e, naturalmente, continueremo con l’attivismo per dare visibilità alla comunità LGTBIQ+.

te come essere eterosessuale. Non credo però che saremo ancora vivi quando arriverà questo momento. Fate parte del team Ferrino, che anche in Spagna è molto diffuso, come vi siete trovati con loro? Ferrino è un’azienda affidabile, sappiamo di poter contare su attrezzatura di alta qualità, che ci aiuta a raggiungere i nostri obiettivi durante le spedizioni, da subito ci siamo trovati molto bene con loro ed il distributore spagnolo Snow Factory, è come sentirci in una grande famiglia. Forse tra tutti i prodotti quello che ci ha colpiti di più è il sacco a pelo Duvet 1400, un prodotto incredibile. Cosa fate quando non arrampicate? La verità è che non abbiamo una routine, ogni giorno è diverso, e questo ci piace molto! Siamo un’ottima squadra, ci completiamo bene e, a seconda della giornata, ognuno porta avanti un compito specifico. Nei nostri giorni di riposo ci piace passare il tempo con la famiglia e gli amici, guardare le serie, fare passeggiate, uscire a cena e andare al cinema.

Evidenziamo le espressioni e i modi di dire che crediamo siano offensivi. Cerchiamo di rompere i pregiudizi che esistono nel fare alcune attività sportive.

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A prova di Himalaya BY I L A R I A C H I AVAC C I

The North Face ha lanciato un kit di prodotti che promette di essere rivoluzionario per l’alpinismo, parola di chi ha contribuito a idearlo e a testarlo, il re del Cervino Hervé Barmasse.

Ridefinire i contorni di ciò che è considerato possibile: l’alpinismo ha a che fare con la deformazione della realtà per come la conosciamo, è in grado di invertire la percezione di quello che è o non è fattibile. Il merito va a giganti della montagna come Hervé Barmasse, ma anche a chi investe in ricerca e sviluppo per ideare prodotti sempre più all’avanguardia. Con Advanced Mountain Kit, The North Face ha creato il set di prodotti per l’alpinismo più sofisticato al mondo: cinque tecnologie a strati che massimizzano la performance riducendo il peso. Per tre anni, i designer del brand hanno lavorato gomito a gomito con il proprio team di atleti per arrivare alla definizione di questo equipaggiamento: l’obiettivo era quello di creare una sinergia tra gli strati che fosse in grado di garantire impermeabilità, calore e, allo stesso tempo, fluidità e libertà di movimento anche alle altitudini più estreme.

Hervé Barmasse, alpinista, guida alpina, regista, produttore e atleta del global team The North Face, ha contribuito all’ideazione e alla fase di test dell’Advanced Mountain Kit insieme ad altri incredibili atleti: David Göttler e Andres Marin. Facevano parte del team anche Hansjörg Auer, David Lama e Jess Roskelley, travolti da una valanga sulla Howse Peak nelle Montagne Rocciose in Canada. “Siamo partiti in sei per creare qualcosa che non esisteva, qualcosa che per noi era un sogno: la nostra fantasia di alpinisti ci ha spinti a volere un tipo di equipaggiamento più leggero, più caldo e più performante. The North Face si è messa a disposizione per realizzare il nostro sogno sapendo che quello che avremmo contribuito a creare avrebbe dato a chiunque la possibilità di migliorare la propria prestazione in montagna.”

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Chi ha un ego smisurato crede che la natura possa essere piegata al volere dell’uomo, ma non è così. Solo che più esempi del genere ci sono in circolazione e più si continuerà a sporcare la montagna senza chiedersi quali e quanti danni stiamo veramente facendo. In cosa Advanced Mountain Kit fa la differenza nella performance? Nella storia dell’alpinismo ci sono prodotti che hanno completamente rivoluzionato il modo di andare in montagna: pensiamo anche solo al moschettone, ai ramponi o alla suola Vibram. AMK rappresenta una svolta altrettanto epocale perché è più caldo dei “tutoni” che si usano sull’Himalaya, ma molto più gestibile in termini di peso e di vestibilità: al di là dello stile di scalata, questo rappresenta un turning point.

sugli Ottomila, chiaramente in stile alpino, ovvero pulito, senza sherpa, senza ossigeno, senza campi pre-allestiti e senza corde fisse, che sono tutti elementi che sporcano la parete. Per quella che è la mia visione, su una cima o ci salgo con le mie forze e le mie capacità e la lascio pulita, oppure preferisco non farlo. L’unico modo di non lasciare traccia del proprio passaggio è quello di portare su e giù tutto il materiale di cui si ha bisogno per scalare. Purtroppo oggi il 99,9% degli alpinisti che sale sugli Ottomila non ha questa stessa visione. Chi ha un ego smisurato crede che la natura possa essere piegata al volere dell’uomo, ma non è così. Solo che più esempi del genere ci sono in circolazione e più si continuerà a sporcare la montagna senza chiedersi quali e quanti danni stiamo veramente facendo.

Su cosa hai insistito di più con il team di designer? Io sono ossessionato dal peso, chiedevo costantemente di ridurlo. In alpinismo si dice che, mentre stai scalando, 100 grammi pesano sulle spalle quanto un chilo: poterlo risparmiare fa una differenza enorme, soprattutto in situazioni limite come sull’Himalaya.

Messner, il re degli Ottomila, ti ha designato come suo erede... Al momento gli Ottomila li ho raggiunti solo una volta. Ma lui è sempre andato al di là del compimento di un obiettivo in sé, tanto che all’epoca non ne avevo ancora salito nessuno. Per Messner era importante come si fa alpinismo, e quello lo si può fare tanto sull’Himalaya quanto sulle Alpi: per lui era cruciale il concetto di avvicinamento alla montagna, la ricerca di nuovi obiettivi. Il miglior alpinista oggi non è quello che fa l’impresa epica, ma quello che rispetta l’ambiente. Una vetta non si giudica dall’altezza, ma dalle emozioni che ti lascia.

Ricordi una volta in cui la giusta attrezzatura ti ha salvato la vita? Sicuramente sarà successo, in montagna spesso sfiori la morte senza accorgertene. Nel 2017 ho scalato la parete sud dello Shisha Pangma con David Göttler, le previsioni ci davano una finestra di sole 24 ore: noi l’abbiamo salita in 13 in puro stile alpino, quindi senza portatori d'alta quota, senza corde fisse né bombole di ossigeno. Ci è sembrata una cosa incredibile e quel risultato è stato raggiunto anche grazie all’equipaggiamento, che all’epoca includeva anche la giacca Ventrix. La prossima sfida? La svelerò il 25 dicembre. Parlando di altissima quota mi piacerebbe aprire una nuova via

Guida alpina, regista, scrittore, alpinista. In quali di questi ruoli ti riconosci di più? Montanaro.

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Moncler Grenoble High Performance BY CHIARA GUGLIELMINA M O D E LS L I N DA E N Z I O & A N D R E A M AT TAS O G L I O LO CAT I O N C E RV I N I A

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Pare che la collezione Moncler Grenoble High Performance sia quella tecnicamente più elaborata: testarla con due professionisti, in una delle più note località delle Alpi, ci è sembrato doveroso. Agli oltre 3500 metri di Plateau Rosà, sulle due lingue di neve battuta tra i crepacci e i seracchi del ghiacciaio, proviamo materiali visionari con due maestri: Andrea per lo sci, Linda per lo snowboard. La giornata è fredda e soffia forte il vento, condizioni ideali per un test esigente. La settimana scorsa arrivano a casa tre pesanti scatoloni di cui uno alto e stretto. Invadono il mio piccolo studio capi di livello pazzesco. Sento in lontananza i miei calzini logori, conquistati a qualche fiera di paese, patire l’impareggiabile confronto. Per rispetto a loro e al brand che stimo, li tolgo. Mi ritrovo a piedi nudi, su un tappeto peloso e con un taglierino come arma per aprire pacchi incellofanati, a frugare tra giacche, pantaloni, caschi, occhiali e sci. Non scio da prima della pandemia. L’ultima volta ero ad Alagna, impegnata in uno spazzaneve rocambolesco in retromarcia, code chiuse e punte aperte, chinata a manovrare gli sci di una bimba pacioccona di quattro anni. Non sapevo che sarebbe stata la mia ultima sciata. Nessuno lo sapeva.

i tessuti sfilarmi tra le dita come fossero cristallo. Ne percepisco invece la robustezza. Ho letto molto, ultimamente, sui capi Moncler. Non sono i primi che fotografo e non si fotografa ciò che non si conosce. Ho letto che la linea Moncler Grenoble è stata lanciata nel 2010 nella Grande Mela, con il dichiarato desiderio di creare prodotti performanti per la montagna. So qualcosa anche di Sandro Mandrino, il visionario stilista italiano che in un’intervista svela gli elementi chiave della collezione: tecnicità, comfort e leggerezza. Un connubio di stile e attenzione alla performance trasforma per un pomeriggio il mio studiolo in un atelier di classe. Mandrino è il designer giusto al posto giusto; il suo background tecnico ne ha fatto l’interprete perfetto del DNA del brand dall’elevata tradizione e attitudine sportiva. Poggio ogni capo con cura sulla poltrona rossa all’angolo, vicino alla finestra.

Immergo le mani negli scatoloni con cura, lascio

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Come Linda e Andrea anch’io insegno a sciare nei weekend invernali quindi mi risulta impossibile non notare, nel mio maneggiare, design e funzionalità. Ma a colpirmi è l’audacia fashion che li distingue da ogni altro capo alpino. Li tratto con involontaria riverenza. Non resisto alla tentazione e m’infilo la giacca da donna, che mi fa subito sentire fiera di essere sciatrice. Preparo i capi per lo shooting, carico la macchina e punto la sveglia alle cinque del mattino; Cervinia è vicina ma lontana. La giornata è fredda e soffia forte il vento. Tolgo i guanti per aprire lo zaino e dare le giacche ai ragazzi. Andrea ha la Marnaz blu cobalto, Linda invece non avendo la fortuna di testare il Pallenc, per lo snow si sente più comoda con la Montgirod. Mentre con le mani congelate rallento la mia preparazione, i ragazzi si allontanano verso gli impianti. Da dietro la visuale è perfetta, li vedo sciare insieme verso il piccolo Cervino. In un contesto come questo l’ispirazione pionieristica è evidente. L’inconfondibile impronta Moncler spicca nei profili dei due; le silhouette slim scompaiono nel vento protette dalla membrana in Gore-Tex.

Raggiungo i ragazzi mentre ci allunghiamo per afferrare l’ancora presa centinaia di volte; quella che porta in cima. Salgo davanti a loro per rubare i primi scatti. Le proporzioni fuori misura del Gore-Tex 3 strati sul capospalla di Andrea si staccano dalla sagoma di Sua Maestà il Cervino, mentre il bianco indossato da Linda sembra fondersi con l’ambiente. Una volta in pista ci divertiamo, la collezione regge bene il freddo, i muscoli reduci dal letargo della pandemia meno. Dopo poco, la lente della macchina fotografica è fradicia di schizzi. Ho scordato il pannetto nello zaino a fondo pista, ma Andrea ne trova uno in una delle tasche della Marnaz. Sulla manica notiamo anche il ricettore antivalanga Recco. Ogni dettaglio è stato studiato meticolosamente per le esigenze dello sciatore. Più tardi il cielo si apre e noi ci spogliamo. Cambiamo outfit e ci godiamo un break al sole. Linda indossa un cardigan, e Andrea la Montgirod sopra un caldo turtleneck. Moncler mi stupisce ancora una volta, devo essere sincera. Una collezione che, come ogni sciatore che si rispetti, ricerca linee visionarie. Un abbigliamento che osa. Per chi osa.

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Discovering Alpi Apuane ITW DENIS PICCOLO PHOTOS FEDERICO ROMANELLO

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Tra un riding e l’altro senza limiti di terreno, Federico è fotografo e videomaker in ambito outdoor e boardsport. Applica tutte le sue conoscenze sul campo per curare la comunicazione della Federazione Italiana di skateboard, dagli shooting alla gestione dei social media. In questo modo può continuare a fare quello che ama di più: viaggiare, fotografare, vivere l’outdoor e gli sport da tavola. Nessuna pausa invece per Sara Caulfield. Viaggia da tutta la vita, saltando da metropoli a isolette sperdute. Nata a Roma, ha studiato a Tokyo e esplorato moltissime zone dell’Asia, sia per passione che per lavoro. Ora lavora a Milano come content creator, consulente di eventi e travel designer, continuando a viaggiare alla ricerca di avventure da raccontare ai suoi follower.

Cosa ci fanno insieme sulle Alpi Apuane? Entrambi collaborano con Vans da molto tempo, allora quale posto migliore per testare le nuove Vans Ultrarange Exo Hi Gore-Tex Mte 3, e conoscersi realmente lontano dai social? Viaggiate molto e viaggiate in posti incredibili. Qual è il posto che vi è rimasto maggiormente nel cuore? Federico. Di tutti i posti che ho visitato, quello a cui sono rimasto più affezionato è sicuramente il Giappone: l’unico posto in cui sono tornato per tre anni di fila, ogni volta rimanevo un paio di mesi. Dopo il primo viaggio mi sono inserito in una crew di freerider locali e Hokkaido è diventata una seconda casa. Due di loro sono anche venuti a trovarmi in Toscana! Inoltre, anche se è qualche anno che non vado in Giappone, so che lì c’è sempre qualcuno che mi aspetta a braccia aperte. Poi la neve è incredibile sia per la qualità che per la quantità, non si può non amare Hokkaido! Sara. Mi piace andare in posti alternativi e particolari, dove va poca gente e c’è molto da scoprire. Un viaggio che mi è rimasto nel cuore è stato in Georgia: durante la mia permanenza nel

paese ho fatto un trekking itinerante di quattro giorni dove ho dormito a casa dei georgiani tra montagne mozzafiato. Un altro posto magico è Svalbard, arcipelago norvegese ricco di isolette. Sono andata nel mese di maggio, periodo che mi ha permesso di assaporare la sensazione che si prova a vivere quando c’è il famoso sole di mezzanotte. Fede lo spot dove hai tracciato la curva più epica e lo spot dove hai droppato la tua onda più epica? La neve migliore l’ho trovata in Giappone e le discese più tecniche in Alaska ma la curva più epica l’ho tirata quest’anno sulle montagne dietro casa. L’onda più epica invece l’ho droppata a Noosa, in Australia. Sara, scusami, cosa vuol dire hardcore traveller? Mi definisco scherzosamente hardcore traveller perché viaggio letteralmente con un mood hardcore: tempi molto stretti, gran quantità di chilometri macinati, sveglia ad orari improponibili. Nei miei viaggi non prevedo pause caffè, sono sempre in moto e alla ricerca di luoghi inesplorati: amo far vedere alle persone che mi seguono posti diversi e poco conosciuti.

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Da tempo collaborate entrambi con Vans, cosa vi piace dei loro prodotti e della loro filosofia? Federico. Ho la fortuna di collaborare con loro da parecchi anni, prima in maniera più continuativa come team manager per lo skateboarding e ora come fotografo per alcuni progetti legati al surf e all’outdoor. Ho sempre adorato il brand, sia per l’heritage che per lo stile dei prodotti: provengo dalla scena hardcore e dallo skateboarding degli anni 90, le radici di Vans sono profonde in quell’ambiente. Apprezzo molto anche la filosofia che

Nei miei viaggi non prevedo pause caffè, sono sempre in moto e alla ricerca di luoghi inesplorati: amo far vedere alle persone che mi seguono posti diversi e poco conosciuti.


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Le Apuane sono le mie montagne di casa. Ho imparato a conoscerle, ne ho apprezzato la bellezza e ho cominciato ad esplorarle. I panorami vista mare sono senza prezzo e, al contrario dell’Appennino, la morfologia è alpina e l’ambiente austero.

portano avanti, vedo sempre meno brand nello skateboarding supportare rider e progetti nazionali: Vans è ancora lì, a sostenere le realtà locali e pro skater. Restituisce realmente qualcosa alla scena da cui proviene, risultando un enorme valore aggiunto alla qualità dei suoi prodotti. Sara. Porto scarpe e vestiti Vans da almeno 15/20 anni e sono molto contenta di poter collaborare con loro! Da fan sfegatata, sono sempre convinta nel consigliare Vans alle persone, come ho fatto per le UltraRange Exo dopo averle provate. Mi piace che l’azienda sia sul pezzo per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di CO2, anche perché io stessa cerco di fare la mia parte vivendo per quanto possibile nel rispetto della natura e sensibilizzando sull’argomento. Fede possiamo definire le Alpi Apuane uno dei tuoi home resort di riferimento. Per te invece Sara la prima volta? Federico. Le Apuane sono le mie montagne di casa. Ho imparato a conoscerle, ne ho apprezzato la bellezza e ho cominciato ad esplorarle. I panorami vista mare sono senza prezzo e, al

contrario dell’Appennino, la morfologia è alpina e l’ambiente austero. Ma il vero amore è nato l’anno scorso, con le uscite in splitboard. Ho scoperto una dimensione nuova: in quale posto in Italia si può fare snowboard e surf nello stesso giorno o scendere nella polvere a pochi chilometri dal mare? Sara. Non le avevo mai viste, il posto mi è piaciuto tantissimo! Il trekking è stato super impegnativo e la roccia era molto esposta ma ne è valsa la pena perché il panorama era pazzesco. In questo luogo avete avuto la possibilità di testare le Vans Ultrarange Exo Hi Gore-Tex Mte 3, feeling? Federico. Il primo impatto con le Ultrarange Exo è stato quello estetico: sono proprio belle! Mantengono lo stile classico di Vans con il giusto twist outdoor e trekking. Messe ai piedi il feeling è ottimo e la cosa che mi ha colpito di più è il grip: le ho testate in situazioni abbastanza critiche e hanno funzionato egregiamente. Non posso dire molto su quanto tengono caldo perché la giornata non era fredda, ma con l’imbottitura in PrimaLoft si va sul sicuro. Per la resistenza all’acqua invece, si sa che

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Gore-Tex è una garanzia. Sara. Le ho amate! Super comode e morbide, una sensazione unica. Nonostante ci fosse fango, tratti bagnati e scivolosi si sono comportate benissimo. Il grip è pazzesco, ha assicurato aderenza alla roccia facendomi sentire sempre al sicuro. La costra prossima meta? Federico. Mentre rispondo a queste domande sto andando a prendere un aereo per il Perù, sarà un viaggio di backpacking, trekking e surf. Lì si fa anche snowboard ma data l’organizzazione difficoltosa preferisco pensare solo al surf e concentrarmi sulla neve tra un mese, quando tornerò in Italia. I progetti per l'inverno invece sono tanti ma li vedrete a tempo debito sul mio profilo Instagram! Sara. A breve andrò a Siviglia, mi piace l’idea di vivere per un po’ di tempo immersa in un mood arabeggiante. Poco dopo andrò alle Canarie per una collaborazione e potrò utilizzare un’automobile per girare tutta l’isola di Gran Canaria, dove mi aspetta un sacco di trekking, non vedo l’ora!


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When Climate Changes Alpinism Simon Messner BY GIANLUCA GASCA

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“Traditional Alpinism” è la pellicola di Simon Messner che racconta una visione alpinistica, un modo di andare in montagna. Nulla di nuovo, è la storia, quel modo di salire verso l’alto che ha caratterizzato la scoperta della montagna. “L’alpinismo tradizionale è il mio modo di vivere l’alpinismo” ci racconta alla premiere che si è tenuta presso il Salewa Cube di Bolzano in una frizzante notte di fine ottobre. Mentre il cielo si accende di stelle sullo schermo va in scena un viaggio a ritroso nel tempo che accompagna gli spettatori su Black Tooth e Toshe III, in Karakorum, i due seimila inviolati che Messner ha salito nell’estate 2019. Stile alpino, pochi materiali nello zaino e una via da tracciare su un terreno ignoto, sconosciuto, mai calcato da nessuno prima. Ecco cos’è l’alpinismo tradizionale per il trentenne scalatore del team Salewa. “L’alpinismo ha una componente sportiva, devi essere allenato per gestire le salite, ma porta con se anche un grande bagaglio culturale legato alla storia delle montagne e delle genti che vivono alle pendici di queste. Quando vai in spedizione vivi tutto questo in un mix che ha il sapore dell’esplorazione”, soprattutto quando scegli di salire cime inviolate, di fare qualcosa di nuovo.

Una questione di famiglia L’alpinismo tradizionale per Simon è una questione di famiglia. Suo padre, Reinhold, è stato uno dei maggiori promotori di questa forma alpinistica durante la sua carriera che l’ha visto grande protagonista in Himalaya e Karakorum. La prima esperienza a quota ottomila di Reinhold, nel 1970 sul Nanga Parbat, è la tragica rappresentazione di cosa significa ignoto, esplorazione, sopravvivenza. Termini che in qualche modo danno significato pratico e immediato al concetto di alpinismo tradizionale, classico. Ed è attorno a questa vicenda che si dipana il racconto di un ascendere che unisce due generazioni, padre e figlio. Montagne diverse, obiettivi diversi, ma la stessa passione e la stessa ambizione che spinge a cercare una linea pura lassù dove nessuno è mai andato.

Cambiano i tempi, cambiano le condizioni Esplorare oggi ha un sapore diverso. Abbiamo strumenti e attrezzature moderne, superleggere e super resistenti, che permettono, unitamente all’abilità degli alpinisti, nuovi e sorprendenti exploit. A complicare le cose ci pensa il clima, quello che si sta alterando per colpa dei cambiamenti climatici.

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“Bisogna imparare a coniugare la nostra esperienza con le nuove condizioni dovute ai cambiamenti in atto. Si tratta di un tema molto delicato e attuale, su cui ognuno di noi dovrebbe riflettere perché tutti ne siamo parte.” “In Karakorum forse bisognerebbe andare a settembre e non più a giugno o luglio” afferma Simon ricordando la sua ultima spedizione esplorativa: un tentativo al Praqpa Ri, Settemila inviolato nella zona del K2, finito con un nulla di fatto. “Io e Martin Sieberer ci abbiamo provato, ce l’abbiamo messa tutta, ma abbiamo trovato delle condizioni pessime” spiega. “Ha nevicato quasi ogni giorno e le temperature sono sempre state molto alte. Un clima umido, simile a quello nepalese”. Condizioni che poco hanno a che vedere con quella che dovrebbe essere l’estate nel Karakorum pakistano. Condizioni che hanno bloccato ogni tentativo di salita verso l’alto per i due scalatori. “Alla fine non siamo riusciti a superare i 6000 metri di quota, difficile parlare di un vero tentativo. La neve bagnata ha reso delicato ogni passo, così abbiamo preferito rientrare”. Stanno cambiando le condizioni ed è un dato di fatto ormai assodato da ogni alpinista. “Ho avuto modo di confrontarmi con Ralf Dujmovits e con altri alpinisti tedeschi, tutti sono concordi sul fatto che sia cambiato il periodo per riuscire in queste salite. Non è un caso che tutte le spedizioni presenti in Karakorum abbiano avuto problemi con le condizioni, succede laggiù come qua”. Si, perché quello del cambiamento climatico è un problema globale, che riguarda oceani, mari, pianure e montagne. “Molte pareti nella zona di Solda non vengono ripetute da anni perché manca il ghiaccio e la roccia è troppo friabile. In Marmolada ho visto con i miei occhi un aumento delle scariche di sassi. Qualcosa è sempre venuto giù, ma non come oggi”. Per questo gli alpinisti stanno modificando il loro periodo di azione, puntando molto sulla stagione invernale. “Con il freddo e il ghiaccio le vie un tempo salite in estate e oggi non più sicure si possono scalare”. Ghiaccio e basse temperature compattano la roccia, offrendo una superficie solida e affidabile dove con il caldo troveremmo solo sfasciumi pericolosissimi. “Bisogna imparare a coniugare la nostra esperienza con le nuove condizioni dovute ai cambiamenti in atto. Si tratta di un tema molto delicato e attuale, su cui ognuno di noi dovrebbe riflettere perché tutti ne siamo parte” afferma Simon. “La domanda da porci è: come risolverlo? Servono regole. Io sono contro le regole, ma in questo caso diventano fondamentali”.

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Home Lines

9 days of low environmental impact BY E VA TO S C H I P H OTO S DAV I D M A L AC R I DA

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Negli ultimi anni, vuoi per il Covid, vuoi per la crisi ambientale, alcune persone più sensibili di altre si sono guardate dentro e hanno cercato un modo più sostenibile di vivere gli sport outdoor. Abbiamo sempre dato per scontato che andare all’avventura significasse partire per un lungo viaggio e andare lontano da casa. E se invece si può vivere un’avventura sostenibile nelle montagne di casa? Quali sono gli elementi che caratterizzano quest’esperienza una volta annullato l’elemento “distanza”?

"Home Lines" è il cortometraggio scritto da David Malacrida, prodotto da Yucca Film e supportato da Picture Organic CLothing che racconta di un gruppo di ragazzi e ragazze che passano 9 giorni fra le Alpi francesi vivendo una vera e propria avventura a basso impatto ambientale.

Dall’idea alla realizzazione Oltre a pensare al progetto, David si è occupato di tutta l’organizzazione; dal trovare i compagni giusti, al coinvolgere dei partner, al pianificare la creazione di contenuti. Per lui l’avventura è iniziata molto prima della partenza e anche quello che si porta dietro non è solo l’esperienza in sé, ma l’intero processo a priori e posteriori.

Home Lines L’avventura di 9 giorni di cui racconta il film si svolge nel Beaufortain (Alpi francesi settentrionaliI), lungo i ripidi canaloni dell'Aiguille du Grand Fond Spire e sul terreno naturale dove i freeskier possono divertirsi ed esprimere pienamente la loro creatività. Il posto prescelto è perfetto per accamparsi, giocare nelle sfumature rosso-arancio al tramonto e partecipare a un'esperienza fuori dal mondo di bivacco sul posto.Il gruppo raggiunge questo luogo magico in treno, in navetta e poi sulle loro gambe, con zaini da trenta chili sulle spalle. Sci ai piedi, dopo non qualche difficoltà nel trasportare tutto il necessario, finalmente raggiungono la loro casa per i prossimi giorni. Una volta lì, il campo base

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temporaneo e autosufficiente ospita questo gruppo eterogeneo di appassionati di backcountry con abbastanza cibo e pannelli solari per rimanere fuori dalla rete per l'intera durata della spedizione. Questa utopica fuga nel backcountry tra le cime incontaminate e innevate del Beaufortain combina performance sciistiche, risate incontrollabili e cibo liofilizzato ad ogni pasto. Le rovine di una vecchia capanna di un pastore diventano la loro cucina, le tende diventano le camere da letto e il cielo aperto e limpido il soggiorno in cui esprimersi al meglio. La storia del film spiega anche in dettaglio cosa succede dietro le quinte, in modo che chi lascia la sala se ne vada a casa con la comprensione e la motivazione necessaria per intraprendere la propria avventura.


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Chiacchierando con David Malacrida Quali sono le caratteristiche per cui si è formato questo gruppo eterogeneo? Cosa avevano in comune oltre alla passione per lo sci? La riflessione sui protagonisti di una storia comincia dalla sua costruzione. È lo stesso per un progetto come questo, soprattutto quando il film consiste nel valorizzare questi protagonisti e documentare le loro azioni che sono, almeno per la parte sciistica, le loro proprie espressioni. Dato che il progetto consiste nell'esplorare una zona che permette la pratica di diverse discipline sciistiche, ci siamo affidati a specialisti in ogni campo e a sciatori versatili. Poi, dato che il film enfatizza l'interazione umana, abbiamo selezionato personaggi gioviali, amichevoli, estroversi. Ricordo quanto ero felice quando ho saputo che Leo avrebbe fatto parte dell'avventura. Infine, più prosaicamente, sono entrate in gioco questioni di strategia di marketing.

Un film ha un budget e quindi le legittime richieste dello sponsor. Un gruppo è sempre un insieme più o meno eterogeneo di persone. Quindi trae la sua forza dalle caratteristiche, dalle storie, dalle esperienze, dalle abitudini di ciascuno. Le differenze diventano punti di forza e si completano a vicenda non appena la storia comune è sufficientemente federativa. Prima di ogni passione, è la nostra umanità che ci lega, la nostra mortalità che ci rende concreti, i nostri desideri che ci fanno andare avanti. È questa nozione di storia comune che può fare la società ed è quello che abbiamo fatto creando una comunità effimera. Qual è stata la cosa più difficile nel vivere in natura per quei giorni e qual è stata la cosa inaspettatamente facile? "Vivere nella natura" sembra un'esagerazione per un'esperienza così breve. Lo scadere di una settimana di esperienza e l'evasione che offre rende sempre più dolci le difficoltà che si possono incontrare.

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Eravamo in montagna ma con tutto l'equipaggiamento necessario per una sopravvivenza molto piacevole. Quando si prepara per diversi mesi una sola settimana di vita, sembra che siamo sufficientemente equipaggiati. Il tempo che abbiamo avuto sul campo ha giocato una parte conseguente nell'esercizio della vita in piena natura. Il sole ci ha protetto dal freddo, il vento, quasi inesistente, ci ha risparmiato le notti ansiose in tenda e il calore di un tetto in lamiera ha sciolto abbastanza acqua per non passare il nostro tempo davanti alla stufa a guardare la neve che si trasforma in una fonte di vita. Ci sorprendiamo a cambiare ambiente per voler riformare una parvenza di vita quotidiana, una comodità di periferia inglese in un ambiente ostile. Così la vita si organizza in abitudini che rispettano i bisogni descritti nella piramide di Maslow. Cibo e bevande, protezione, incontro, sci e produzione di immagini completano il quadro.


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Che impatto ha la natura selvaggia sugli esseri umani e sulle relazioni? La sopravvivenza in un ambiente ostile, anche se qui eravamo solo in un surrogato fuso di quella situazione iniziale, spinge alla cooperazione per ragioni semplici: • Tutti abbiamo una parte da giocare nella massa quotidiana di gestione dei bisogni e delle risorse. • L'impossibilità di uscire dal gruppo per le sue caratteristiche protettive dell'individuo. Questo è un fatto che riguarda tutta l'umanità ma si perde quando la massa e la scelta permettono una volatilità più importante dell'individuo nei diversi ambienti che gli vengono offerti. Siamo stati estremamente fortunati in quanto non avevamo una rete telefonica nel campo ma solo a cento metri di distanza. Questo imponeva la comprensione cordiale o almeno

la comunicazione tra esseri che non avevano più un mondo aperto dove trovare altre interazioni virtuali di sostituzioni. Pensi che sarebbe sostenibile se sempre più sciatori iniziassero a fare avventure simili alle tue? Nessuna azione umana è davvero senza impatto e i numeri creano una massa critica. La natura non è scalabile e il modo in cui la esploriamo è tanto un omaggio quanto un affronto. Tuttavia, è ovviamente meno impattante fare una spedizione locale, sulla schiena degli uomini come abbiamo fatto noi, che prendere un aereo per cercare una polvere e consumare la fantasia all'eccesso. Questa esperienza collettiva può quindi essere un'ispirazione virtuosa ma anche una promessa insostenibile, quella di vendere a un gran numero di persone l'eccezionale, che per essenza, è parca di rarità.

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Nessuna azione umana è davvero senza impatto e i numeri creano una massa critica. La natura non è scalabile e il modo in cui la esploriamo è tanto un omaggio quanto un affronto. David Malacrida Coline Ballet Baz Jackie Paso Léo Taillefer Aurel Lardy Pierre CadotJake Holland Clément Robert.


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From LA to Trento

Noah Grynberg ITW FILIPPO CAON PHOTOS CAMILLA PIZZINI

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Siamo seduti davanti a una birra nel mio appartamento. Abbiamo ancora i polpacci sporchi di fango e la brina sui capelli. È una sera di autunno come tante altre, dopo una corsa a fine giornata per me, ad inizio per lui. Noah abita in fondo alla via, una trentina di civici più in là. Beviamo Pale Ale e sgranocchiamo nachos e salsa dip, mood da collina est. Qui c’è una forte tradizione di rocciatori, ma ultimamente sta nascendo una microcomunità molto coesa di persone che corrono lontano. Noah ha 36 anni, si è trasferito a Trento da Los Angeles, e ha iniziato subito a spianare i sentieri della Marzola per preparare la sua prima 100 miglia: Leadville 100, in Colorado, una delle più dure e storiche cento miglia degli Stati Uniti. Dai, raccontami la scena più assurda che hai visto a Leadville. Mi vengono in mente due cose: la prima è quando sono uscito dalla aid station di Twin Lakes e ho visto tutte quelle persone che erano lì da tutto il giorno a fare festa e assistenza, sempre attivi per un sacco di ore. Era una bella scena, soprattutto a quel punto della gara dove stavo abbastanza male. C’erano qualcosa come duecento persone a farmi il tifo per convincermi a rimettermi in piedi e ripartire verso Hope Pass. Poi ho mancato il cutoff della aid station successiva qualche ora dopo, ma non ci sarei mai arrivato senza tutto il supporto di Twin Lakes. La seconda, tutte le persone che soffrivano salendo verso Hope Pass (me compreso). Gente stesa sul fianco della montagna, mezza addormentata – ancora una volta, me compreso. Era un campo di battaglia.

belli che avessi visto. Negli anni ho poi capito che sarebbe stato anche un bel posto in cui vivere. Le Dolomiti sono davvero belle – stare nella natura fa bene all’anima, che sia correndo, camminando o sciando. Posso fare due passi dietro casa e trovarmi a correre in alcuni dei sentieri più belli di sempre. In più, la città in sé è bella – molto più piccola di LA, che mi piace, e comunque piena di cose. Come sei arrivato alla corsa, e all’ultrarunning? Correvo da bambino, ma poi quando ho iniziato il college ho smesso completamente. Una volta arrivato a Los Angeles, dopo la scuola di legge, ho provato a riiniziare, ma il lavoro ha iniziato a girare e non ha permesso di avere molta continuità. Poi mi sono infortunato un ginocchio durante una corsa su trail a fine 2019, e ho staccato per un altro anno. A fine 2020, a Trento, ho definitivamente deciso di riprendere. Il ginocchio mi faceva ancora un po’ male ma ci ho corso sopra (forse non era la cosa migliore da fare). Ho ripreso lentamente, che alla fine è stata una buona cosa per me – quando andavo a correre spingevo sempre troppo forte, ma l’infortunio mi ha obbligato ad avere un approccio più disciplinato, portandomi a costruire le andature e la distanza progressivamente, invece di provare a correre una maratona con solo tre settimane di allenamento, distanza che non avevo mai corso prima in vita mia (idea terribile). Avevo letto qualcosa su alcune famose 100 miglia americane, come Leadville e Western States, attorno al 2013 e ne ero rimasto completamente affascinato, ma non avevo mai avuto il coraggio di provarne una. Ma dopo l’infortunio, ero talmente grato di avere l’opportunità di correre che ho deciso di provarne una ed entrare nella lotteria per Leadville 100. Una volta entrato, ho sono trovato un coach straordinario, mi sono messo sui sentieri di Trento, e mi sono preso.

Com’è stato essere lì? Raccontami un po’ del Colorado, e delle Rockies. Man, Leadville è un posto bellissimo. Ti guardi attorno e le montagne sono abbastanza spaventose. Guardandole nei giorni prima della gara mi sentivo in soggezione. Il tempo è imprevedibile – può esserci il sole e fare caldo e un minuto dopo coprirsi di nuvole, diventare freddo e iniziare a piovere, soprattutto in quota sulle montagne. A parte le montagne in sé, l’altitudine si fa davvero sentire. Non è che puoi fare molto per prepararti a correre a 3000 metri di quota, se non andando in quota e correre. Leadville in sé è un bel posto da visitare – la città è piccola ma ha molta storia. Cibo buono, e tutti super disponibili durante la settimana prima della gara. Com’è che hai deciso di lasciare Los Angeles per venire qui, a Trento? Non so, forse è solo che ci affascinano sempre le cose lontane. La risposta breve è che la mia ragazza è di Trento e mi sono trasferito qui per lei. Ho iniziato a venire qui nel 2017 e ho capito subito che era uno dei posti più

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L’Italia ha alcuni dei posti più belli al mondo per correre, e le persone qui conoscono molto bene le montagne e sembrano molto impegnate nel costruire una comunità genuina, sono sicuro che la scena ultra continuerà a crescere. L’ultrarunning negli Stati Uniti ha una dimensione più locale e familiare, e il senso di comunità è molto sentito. Ad Hardrock 100, per esempio, non gli importa nulla che ci sia gente che viene da fuori, anzi. Come ti sembra la scena ultra qui in Italia? Cos’hai trovato? Mi piace un sacco la scena dell’ultrarunning in Italia. Il mio riferimento è per lo più limitato al Trentino, ma da quello che ho visto mi ricorda un po’ gli albori dell’ultrarunning, in senso buono – le persone organizzano corse e gare per il semplice gusto di farlo, senza sponsor, premi in denaro o cose del genere. È molto naturale. Con questo non voglio dire che la scena dell’ultrarunning in Italia sia acerba – ovviamente c’è tanta storia del trail e dell’ultarunning qui, e diversi ultrarunner fortissimi vengono dall’Italia. Ma almeno a Trento, sembra che gli ultrarunners stiano aprendo una loro propria strada, come se lo sport fosse una grande opportunità per costruire una comunità e essere parte della natura, e questo è il focus della community dell’ultrarunning. L’Italia ha alcuni dei posti più belli al mondo per correre, e le persone qui conoscono molto bene le montagne e sembrano molto impegnate nel costruire una comunità genuina, sono sicuro che la scena ultra continuerà a crescere.

un ritmo conservativo senza farmi prendere dal momento. Penso che la gara sia andata bene, nonostante abbia patito tantissimo nelle ultime due miglia, soprattutto sugli ultimi due ponti a Venezia. La gara è stupenda, soprattutto sulla Riviera del Brenta e ovviamente sul tratto del Ponte della Libertà che porta in città. Con che scarpe l’hai corsa? Con le Nike Alphafly Next%. È la mia scarpa preferita per le gare, e in generale per andare veloce: si prendono cura delle mie gambe quando accelero il ritmo. Grande ammortizzazione e reattività – volano davvero. Il posto più bello in cui hai corso negli Stati Uniti e quello più bello in Italia. Negli States, direi le montagne attorno a Leadville, mentre correvo Leadville 100. In Italia, corro principalmente sul Giro della Marzola qui a Trento, che offre una vista bellissima su montagne spettacolari e sulle valli attorno. Angeles Crest o la Maratona di Boston? Ah, questa è dura! Direi la Maratona di Boston, per la sua storia, e sceglierei una 100 miglia diversa. Per l’anno prossimo a cosa stai pensando? Sto pianificando una maratona in Europa per la primavera, forse Rotterdam, e poi qualche ultra. Vorrei fare una 50 miglia, una 50k, e/o una 100k verso fine primavera, o inizio estate. E poi, per il momento, penso che o tornerò a Leadville ad agosto o aspetterò qualche mese per fare Javelina Jundred a ottobre, in Arizona.

Qualche settimana fa hai corso la maratona a Venezia. Era la tua prima gara in Italia? Com’è andata? Era la mia seconda gara in Italia, dopo la mezza maratona di Trento un paio di settimane prima. Che dire, è stata una gran gara. Come ho detto, è la prima volta in cui mi approccio in modo disciplinato alla corsa, ed è la prima volta che sono seguito da un allenatore; quindi, mi sentivo molto più preparato che in passato. Penso di essermi prefissato un obiettivo realistico, sapendo a che punto ero con l’allenamento, e capendo che il miglioramento sarebbe venuto dando continuità nel tempo piuttosto che tutto in una volta solo con qualche mese di preparazione. Ho provato a partire con

Hai provato le Nike Pegasus 3 GTX sui sentieri di Trento… Le Pegasus sono perfette sui sentieri. Hanno una buona trazione e mi danno buona stabilità senza essere ingombranti. Sul piede le sento leggere e con un buon supporto. Ci ho corso in giorni molto piovosi e tengono bene l’acqua lasciando il piede asciutto. Penso siano delle ottime scarpe da trail e le userò un sacco sui sentieri quest’anno.

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La via più Difficile BY I L A R I A C H I AVAC C I

Se un 5.13+ può essere una via dura da scalare, crescere come persona non binaria è una strada altrettanto ostile. Il docufilm They/Them racconta la storia di Lor Sabourin, climber trans alle prese con la pareti di arenaria dell’Arizona e con il suo percorso di accettazione nella società.

“Ho trascorso la maggior parte della mia vita con la sensazione di dover nascondere chi ero.” Chi sta parlando non è unə fuggitivə ma Lor Sabourin, unə climber non-binary. Con queste parole inizia They/Them, il docufilm prodotto da Patagonia che lə vede protagonista e che vuole porre l’accento sulla tematica dell’identità di genere nell’outdoor. La questione è chiara già a partire dal titolo: un pronome neutro che in inglese è utilizzato per riferirsi a tuttə quellə che non si riconoscono in un genere specifico. L’evolversi della società, dei suoi bisogni e delle coscienze degli individui pone costantemente nuove esigenze, linguistiche e di rappresentazione, in ogni aspetto della vita, sport incluso. Ecco perché Patagonia ha voluto porre l’accento sulla storia di Lor, che ha imparato ad accettarsi e a mostrarsi al mondo per quellə che è anche grazie all’arrampicata. Perché se è vero che lo sport può essere elemento di divisione, con la polarizzazione delle discipline, considerate ora “da maschio” ora “da femmina”, è altrettanto vero che il mettersi costantemente in discussione relativamente ai propri limiti e alle proprie capacità è un ottimo strumento di introspezione e affermazione di sé. Per Lor l’arrampicata

è stata proprio questo: una risorsa per capire meglio sé stessə, la sua identità e il modo in cui presentarsi al mondo. Perché se riuscire a scavare a fondo in sé stessi e lottare per affermare chi abbiamo scoperto di essere è dura, mettersi alla prova in uno sport in cui si è costantemente costretti a spingersi oltre i propri limiti, sia fisici che mentali, lo è altrettanto. They/Them ripercorre quindi il percorso e la progressione di Lor tanto nell’arrampicata quanto nella società: l’accettazione del suo essere trans e il suo sentirsi sicurə di mostrarsi al mondo è una via non meno dura del 5.13+ da 5 tiri a cui Lor si è dedicatə per un’intera stagione. The Cousin of Death è una via di quasi 200 metri nel nord dell’Arizona composta da 5 tiri che è stata aperta nel 2020 da due amici e mentori sportivi di Lor, Blake McCord e Joel Unema. “Ero rimastə affascinatə dai loro racconti: tiri molto tecnici, superficie quasi liscia e la manovra da infarto sulla cima stuzzicavano la mia immaginazione di climber, ma ciascuno dei cinque tiri era al di sopra delle mie possibilità anche per salite redpoint (in gergo da falesia significa al secondo, terzo, quarto tentativo): legarli tutti insieme in un’unica giornata era un obiettivo veramente ambizioso per la stagione.” Lor ha

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quindi spacchettato la salita: prima ha chiuso ciascuno dei tiri esercitandosi per più giorni sullo stesso tratto e poi, una volta chiusi tutti, li ha uniti in un’unica salita. They/Them ripercorre quindi in parallelo sia la vita di Lor che la preparazione della salita a The Cousin of Death cogliendo gli aspetti più challenging del percorso di crescita, sia come atleta che come essere umano, raccontati da Lor stessə e dagli affetti della sua vita: filmati del suo passato, interviste frontali e le incredibili immagini della zona di Sedona in Arizona confezionano un film dal forte impatto, sia fotografico che emotivo. “Quando ero una bambina sono stata introdotta come prima cosa agli sport tradizionali, ho iniziato ad arrampicare a 12 anni e ho subito sentito la forza dello stare nella natura” racconta Lor. "Combinando questo aspetto alla necessità di trovare delle strategie di problem solving, che l’arrampicata per forza impone, col tempo ho capito che risorsa incredibile fosse questo sport per imparare a gestire lo stress, uscire dalla propria comfort zone e, in generale, tirare fuori le risorse di cui si ha bisogno. Adesso che principalmente lavoro come mental training coach, sia con atleti sia con persone che fanno lavori altamente stressanti, insegno loro ad usare


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l’arrampicata come risorsa per gestire la pressione e capire come riuscire al meglio in ogni area della vita, non solo nel lavoro o nello sport. Il mio obiettivo è quello di rendere l’arrampicata uno spazio sicuro per le persone, sia a livello fisico che mentale ed emozionale, specialmente per tutti quelli che faticano a vedere se stessi in un contesto legato al mondo dell’outdoor.” Per Lor uscire dalla propria comfort zone è significato cimentarsi in una via 5.13+, ma anche dichiararsi al mondo come persona non binaria. “Quando ero piccola non avevo molti riferimenti di figure femminili nel mondo dell’outdoor e quello che purtroppo succede ancora oggi con persone LGBTQ+ è che non ci sono molti modelli a cui ispirarsi o storie da cui trarre conforto, non solo nello sport, ma in generale in tutti gli aspetti della vita. Voler disperatamente cambiare la propria identità come persona trans è una sfida incredibile dove si hanno due alternative: scegliere di non mostrare questa parte di sé e vivere tacitandosi costantemente, oppure farlo e conseguentemente affrontare la discriminazione. Questo non può non succedere perché la società, per come la conosciamo noi, crea gruppi “in” e gruppi “out”: nella maggior parte dei casi noi ubbidiamo a regole che sono basate sulla discriminazione delle persone LGBTQ+, tanto nella lingua quanto nelle abitudini, e nessuno si rende quasi mai conto di quanto queste rendano dura la vita alle persone che non si riconoscono nella classificazione binaria" specifica Lor. “Ecco perché è importante educare i bambini ad essere delle persone più inclusive, per far sì che il mondo sia uno spazio sicuro per tutti a partire da aspetti più soft, come la lingua o la presenza di opzioni per le persone trans, fino al rigetto della violenza e della discriminazione nei loro confronti. La cosa più difficile per una persona trans è riconoscere a sé stessə il diritto di essere al mondo, ed è una cosa che difficilmente trova conferma in una realtà fondata sul binarismo di genere. In questo documentario ho provato a tirare fuori come lo sport possa aiutare una persona che è alle prese con una forte pressione nella sua vita, come possa regalarle un senso di sicurezza a proposito di sé stessə

e del proprio corpo. L’arrampicata in questo senso offre una grande opportunità per tracciare la strada da seguire anche in altri sport.” In They/Them vediamo Lor in difficoltà su una parete che sembra perfettamente verticale, la vediamo soffrire, arrabbiarsi per non riuscire a trovare la soluzione per andare avanti e alla fine arrendersi per riprovarci il giorno dopo. Il senso della progressione nel climbing è una buona metafora di quello che succede nella vita: difficilmente le più grandi difficoltà si superano senza la giusta predisposizione mentale e il giusto sforzo, ma riconoscere il problema e studiare una soluzione per risolverlo o aggirarlo è una delle grandi lezioni che possiamo trarre da questo docufilm. Ancora: Lor racconta di come, seguendo il metodo Warrior’s Way, è riuscita a minimizzare la paura di cadere. Sapere cosa ti aspetta e imparare a gestirlo è utile per concentrarsi sul gesto atletico senza venire distratti dalla paura di cadere. Paura che per Lor rimane costante anche nella vita: nonostante sia molto avanti nel percorso di accettazione non nasconde che, essere trans nel 2021, è ancora difficile, dentro e fuori la sua comunità di climber. “Essere la persona che ha creato tanta visibilità sulla rappresentazione trans nel mondo dell’outdoor può anche essere molto doloroso: la verità è che io sperimento un qualche tipo di violenza tutti i giorni. Tempo fa è uscito un articolo su di me che mi identificava come lə primə climber trans a chiudere un 5.14 e, a corollario del post, c’erano tantissimi commenti di scherno e offesa nei miei confronti: un discorso d’odio che mi ha ferito particolarmente proprio perché arriva dal cuore della mia comunità.” Il dibattito, in Italia e nel mondo, è caldo e, nel momento in cui scriviamo, il Ddl Zan, che introdurrebbe nel nostro ordinamento misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità dopo essere passato alla

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Camera, è stato del tutto abortito in Senato con la cosiddetta “tagliola”. Con questa speciale procedura del nostro ordinamento la maggioranza dei senatori ha approvato la proposta di non passaggio all'esame degli articoli del Ddl Zan avanzata da Lega e Fratelli d’Italia. Storie come quella di Lor si inseriscono alla perfezione nel dibattito proprio perché sono esempi di come il tema della rappresentazione sia cruciale. Nel documentario, che racconta non solo il modo in cui l’atleta ha affrontato la via in parete più difficile della sua vita, ma anche la sua evoluzione come essere umano, emerge chiaramente come, per tutte le persone che non si identificano nella classificazione binaria uomo/donna sia un problema anche solo il fatto di avere pochi modelli, pochi esempi in cui riconoscersi e attraverso i quali imparare ad accettarsi. Il binarismo in senso stretto è frutto della cultura di stampo patriarcale che, attraverso la netta divisione tra uomo e donna, impone dei ruoli rigidi. Una specie di gabbia che, oltre ad imprigionare chi in questi ruoli non si riconosce, è anche il fondamento degli stereotipi di genere che introiettiamo fin da piccoli e che possono degenerare in odio e violenza. Ecco perché la decostruzione degli stereotipi di genere è importante o, per dirla con le parole di Lor:

“Vorrei che le persone che guardano questo film si alzassero chiedendosi cosa possono fare per rendere questo mondo più inclusivo, non solo per le persone trans, ma per chiunque. Non si tratta di comportarsi perfettamente, ma di essere curiosi, di domandarsi come poter rendere il mondo migliore anche per chi è diverso dalla maggior parte di quelli che ci circondano.”


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A lesson to (re)learn M O N T B L A N C D U TAC U L 45°51'24"N 6°53'16"E

2 0 - 2 1 J U LY 2 0 2 1

BY M AT T EO PAVA N A

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“Chi ha tempo non aspetti tempo”. Mamma lo diceva sempre e lo ripeteva a mio fratello Marco fino allo sfinimento. In prossimità di una verifica gli diceva di non aspettare l’ultimo momento per prepararsi. Ma Marco aveva la testa dura. Lui preferiva fare di testa sua. E proprio per questo i voti non gli davano mai ragione. Questa è stata una delle prime vere lezioni che ho imparato da bambino: tergiversare raramente migliora certe situazioni. Ciò che invece non mi ha insegnato mia mamma, crescendo, me lo ha insegnato la montagna; e in montagna sappiamo bene tutti quanto “essere preparati” sia sinonimo non solo di risultato, ma anche, e soprattutto, di sicurezza. Quindi, se è vero che in quanto essere umano, di natura imperfetto, sono programmato per sbagliare, la montagna è la seconda mamma sempre pronta a ricordarmi ciò che dimentico; a rinfrescarmi ripetutamente la memoria.

“Ti sei allenato un pochino con i ramponi? Hai fatto almeno una giornata in quota quest’anno?” Il Faletti sa benissimo che l’ultima volta che ho messo i ramponi è stata con lui in cima Tosa. Era aprile. “Potevi ben farti due uscite in Ortles e fare un pò di quota”. Di quella ormai lontana giornata di primavera sono rimaste invariate soltanto le temperature. Decisamente troppo alte, decisamente fuori dal normale. Sempre di quella ormai lontana giornata di primavera, proprio a causa di queste temperature esagerate, è rimasto invariato anche il mio sproporzionato tasso di sudorazione, sempre più vicino a quello di un ippopotamo africano. Stiamo fiancheggiando i Satelliti proprio per verificare le condizioni della terminale del canale che attaccheremo domani. “No Matte. L’ultima volta che ho messo i ramponi è stato in Tosa, non ricordi? Poi da quando ho iniziato il corso di parapendio lo sforzo maggiore è stato sedermi in una mutanda volante.” Riprendo un attimo fiato. “Comunque parlare di acclimamento mi sembra esagerato! Dobbiamo salire sul Tacul mica fare una prima salita in Himalaya!”.

Mando in vacca la conversazione. So di aver torto marcio, ma è troppo tardi per poter anche solo pensare di piangere sul latte versato.

inizia a bussarmi la testa, ho un pastiglione nello zaino. Abbiamo tutto il tempo di fare un lavoro come si deve. Toh, guarda. Si vede il canale”.

Aggiungo. “Sono con te. E se sono con te mi sento tranquillo”.

L’attacco del canale è okay. Concordiamo entrambi sul fatto che se questa notte ci sarà un buon rigelo, domani voleremo come missili. Giriamo i tacchi ramponati in direzione del Rifugio Torino. Solo ora, rivolgendomi nuovamente verso la Vallée Blanche, realizzo di essere immerso tra le affilatissime guglie del Bianco.

È vero. Se avessi dovuto legarmi con un’altra persona è molto probabile che mi sarei fatto degli scrupoli, ma col Matte mi sento in una botte di ferro. Lui probabilmente sarebbe giustificato a nutrire qualche dubbio in più, ma questa è un’altra storia. Il Matte, all’anagrafe Matteo Faletti, è una guida alpina esperta e un alpinista stracazzuto. Come me, lui vive a Povo, un paesino sulla collina di Trento. È una persona generosa e alla mano. Lo considero un amico. Se gli ho chiesto di accompagnarmi qui è perché mi fido di lui. Domani lui penserà al nostro avanzamento rapido e sicuro in cordata, mentre io avrò il lusso di concentrarmi solamente sulle fotografie. Ecco, se ve lo steste ancora domandando, il Matte e io non ci troviamo qui per divertirci. “Comunque domani danno alta pressione tutto il giorno”. Gli dico, come per autoconvincermi. “Non abbiamo fretta e, se proprio

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Almeno la metà delle montagne che ho visto in vita mia sono state con una macchina fotografica nello zaino. L’ultima e unica volta che sono stato in Monte Bianco è stata sempre per un servizio fotografico: due giorni memorabili sull’Aiguille d’Entreves e l’Aiguille de Rochefort assieme al Luchino e all’Alepì. Le notti sono state altrettanto memorabili. In tenda sul ghiacciaio e ovviamente attrezzati alla bell’e buona. Roba da reumatismi pesanti. Lo shooting che mi aspetta domani sarà su una delle creste più estetiche e famose dell’intero arco alpino, la cui storia si riconduce alla figura altrettanto memorabile dell’alpinista francese Armand Charlet.


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Armand Charlet, nato nei primi mesi del 1900, è stato senza dubbio uno degli alpinisti più importanti della sua epoca, in un periodo in cui, quello di pace tra i due conflitti mondiali, gli alpinisti europei si concentrarono nelle salite degli ultimi e più difficili “problemi” della Alpi. Armand Charlet, nato nei primi mesi del 1900, è stato senza dubbio uno degli alpinisti più importanti della sua epoca, in un periodo in cui, quello di pace tra i due conflitti mondiali, gli alpinisti europei si concentrarono nelle salite degli ultimi e più difficili “problemi” della Alpi. Parliamo in questo caso di puzzle alpinistici del calibro delle pareti nord di Cervino, Grandes Jorasses e Eiger. Il nome di Armand è stato associato per più di cinquant’anni alle salite più dure della catena del Monte Bianco. La bibliografia afferma che ha compiuto oltre tremila salite e che fosse affezionato in particolar modo alll’Aiguille Verte, salita e scesa un centinaio di volte per 18 diversi itinerari, di cui 7 nuovi. Inoltre Armand Charlet è ricordato anche per essere stato il primo alpinista ad essere riuscito nella prima traversata di tutte e cinque le Aiguilles du Diable al Tacul.

Non riesco a smettere di pensare a domani. E se davvero avessi sottovalutato il contesto e avessi, come naturale conseguenza, cagato fuori dal vaso? Il dubbio non è altro che un tarlo che si sfama del proprio senso di insicurezza e cresce in agitazione.

Era il 4 agosto 1928. Assieme a lui c’erano la guida G. Cachat e i clienti Robert Underhill e Mary O’Brien. Questo itinerario prende il nome di Arête du Diable. A poco meno di un secolo di distanza ho la fortuna di poter ripercorrere e fotografare il capolavoro alpinistico di Charlet.

Spesso l’agitazione che provo è auto-indotta. Ne sono consapevole. Crescere non implica maturare. E maturare non per forza rende saggi. La considero una sorta di poetica dell’inadeguatezza. In fotografia, la mia fotografia, mi piace non sentirmi all’altezza. È un istinto che muta da necessità a istigazione. È un tipo di spinta che solitamente mi porta a esperienze intense e risultati inaspettati. Per esempio fare un servizio fotografico su un terreno alpinistico come l’Arête du Diable è tutt’altro che sempli-

Rientriamo al rifugio Torino che il sole è ancora alto. Ordino due birre per placare la sete. Neanche il tempo di ordinare il secondo giro che è già quasi ora di cena.

“Matte sono un pò agitato”, dico. Poi, “Spero di riuscire a fare tutto e farlo bene. Per essere sicuri direi di mettere la sveglia alle 01:30”. Il Faletti mi guarda come se lo stessi prendendo per il culo. “Ellamadonna! Non credi che sia esagerato alzarsi così presto?” Adesso sono io che credo mi stia prendendo per il culo. “Domani voglio essere al Col du Diable con il buio. Voglio avere il tempo di guardarmi attorno prima di scattare. Sai come diceva mia mamma? Chi ha tempo…” “…non aspetti tempo”. Controbatte il Matte.

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ce. Esistono difficoltà oggettive e soggettive. Le difficoltà oggettive nell’organizzare un photo shooting in un ambiente tecnico a 4000m sono minime, ma fondamentali: le previsioni meteorologiche, la difficoltà dell’itinerario, la disponibilità delle persone coinvolte. Le difficoltà soggettive invece sono, per l’appunto, soggettive. Dal mio punto di vista è solo una questione di scelte. Come fotografo ho sempre voluto rifiutare la soluzione comoda. La semplicità paga e mette al sicuro, ma di certo non soddisfa. Non sempre almeno. E soprattutto non me. Ho sempre voluto adattare me stesso - e di conseguenza la mia fotografia - alla montagna piuttosto che il contrario. Sono convinto che l’abilità del fotografo del sapersi muovere in montagna non sia più importante dell’etica del fotografo stesso. Provo a spiegarmi meglio. Nel momento in cui il fotografo cerca di catturare delle immagini in un certo tipo di attività si dà per scontato che quel tipo di attività la sappia fare, entro il range personale di limiti mentali e fisici. Il come decide di catturare quelle immagini è forse un aspetto molto più importante e sottovalutato. Io ho deciso di darmi delle regole da seguire sul modo in cui scatto e su quello che voglio trasmettere. Non si tratta solamente di dare valore al proprio lavoro, ma anche e soprattutto di dare valore al proprio essere. Fotografare sarà anche il mio


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"Scattare in montagna deve rappresentare nella sua totalità l’esperienza del fotografo e quella dei soggetti. Se c’è chi crede nella fotografia perfetta, io preferisco prestare fede alla perfezione del fotografare". lavoro, ma mai e poi mai voglio che si riduca a una mera attività di sostentamento economico. È il solito equilibrismo esistenziale: realizzare in maniera compiuta la propria visione. La mia è la seguente. La fotografia è il risultato di un’esperienza. Io pretendo da me stesso che il risultato visivo di quell’esperienza sia il più prossimo possibile alla verità. Scattare in montagna deve rappresentare nella sua totalità l’esperienza del fotografo e quella dei soggetti. Se c’è chi crede nella fotografia perfetta, io preferisco prestare fede alla perfezione del fotografare. La perfezione nell’atto di fotografare non si raggiunge spesso. Anzi, capita raramente. Ma quando capita è una figata. Nel momento in cui non sono in grado di garantire la verità nel ritratto di un’esperienza cerco il compromesso fintanto che esso risulta accettabile. Soprattutto in questo momento storico - e per sempre nel futuro - la montagna non ha bisogno e non merita finzione. “Oh, ma la Ming e il Leo dove minchia sono fini…” Neanche il tempo di finire la frase e mi bussano alla spalla. “Oh Pavana guarda che è da mezzora che ti chiamo!”. È la Fede il cui viso è solcato da un sorriso che pare stanco. “Scusateci per il ritardo, ma le doppie sono state un calvario. Il Leo si sta cambiando. Avete già mangiato?”. Il Matteo ed io annuiamo. “Si avevamo troppa fame! Però vi facciamo compagnia al tavolo se volete”.

Domani ci saranno anche la Fede e il Leo. Fede ormai la conosco da qualche anno. Abbiamo lavorato assieme parecchie volte. La cosa che più mi piace di lei è la sua disponibilità e la voglia di lavorare bene. A differenza di molti atleti con cui ho lavorato in questi anni, Fede capisce la fiducia che le aziende ripongono non solo nella figura del fotografo che scatta, ma dell’atleta stesso che va a farsi fotografare. Lei rispetta il mio lavoro di fotografo e io rispetto la sua immagine di atleta. E il rispetto, come ben sapete, è alla base dell’amicizia. Leo invece l’ho conosciuto neanche un annetto fa a Ceresole, sempre assieme a Fede, sempre per qualche fotografia in parete. Leo è sempre motivato, sorridente, con una gran voglia di fare. E questo per la buona riuscita di un servizio fotografico è fondamentale. Condividiamo un genepì un attimo prima che spengano le luci. Abbiamo tutti e quattro una gran voglia di dormire. “Vi va bene la sveglia alle 01:30?” La Fede subito mi guarda storto. “E dio Pavana quanto vuoi metterci ad arrivare al colle?!” continua, “facciamo alle 02:00”. “01.45. Ultima offerta.” Le faccio gli occhi dolci e la faccia da stupido. “Va bene, dai. Ma solo perché ti voglio bene”. Lo dice poco convinta, mentre Matteo e Leo non dicono niente. Riesco a percepire i loro affettuosi vaffanculo telepaticamente.

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Chiudo gli occhi. Ed è già ora. Neanche 5 ore di sonno. Praticamente uno starnuto. Questa cosa che la quota rarefa il tempo oltre che l’aria proprio non me la spiego. Ci alziamo come marionette e recuperiamo zaini e materiale come ninja maldestri. A colazione non siamo soli, anzi, è la mostra dei ritratti di Modigliani: facce allungate sformate dalla stanchezza, occhi incastonati per sbaglio in sguardi totalmente assenti, le mandibole in modalità pilota automatico. Tutti attingono al calderone del caffè nella speranza di godere di una rapida e indolore tappa al bagno prima di partire. Siamo pronti. Sprofondiamo nel mattino notturno con ancora il retrogusto del caffè amaro in bocca. La notte è così nera da rendere invisibili i Satelliti. La processione di frontali sulla Kuffner al Maudit è una preannunciata decorazione natalizia e un buon punto di riferimento per l’imbocco del canale che si trova sul versante opposto del Cirque du Maudit. Sfrecciamo sull’ottimo rigelo notturno con una veloce rullata sbilenca. Tempo una ventina di minuti e siamo già all’attacco. Ci spogliamo e ripartiamo veloci. Fisicamente mi sento bene, ma sento anche che è la prima volta in tutta l’estate che metto i ramponi. Tecnicamente fatico sugli appoggi di misto e il Faletti per sdrammatizzare mi prende in giro. “Stai dritto con quella schiena! Mi sembra di vederti camminare sulle uova!”. Ha maledettamente ragio-


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ne. Avrei potuto prepararmi un minimo, non serviva poi molto, giusto una o due uscite per riprendere confidenza con gli attrezzi del mestiere. Il proverbio materno è una cicala nel cervello: “Chi ha tempo, non aspetti tempo”, direbbe. Io penso solamente una cosa, “fanculo!” Fortunatamente in queste situazioni il buio diventa tuo alleato e annienta la componente psicologica del vuoto. Progrediamo in conserva su un pendio mediamente ripido. Fede e Leo sono poco sopra di noi e si muovono come due animali selvatici nel loro ambiente: eleganti, silenziosi, sicuri. Arrivati al colle, ci accorgiamo di essere in movimento da meno di due ore. “Bella raga! Quasi quasi potevamo dormire mezz’oretta in più!”, dico scherzando. Mi guardano storto, ma poi scoppiamo tutti quanti a ridere. “Vai a cagare, mona!”, rincalza il Faletti. Dal Col du Diable si apre una finestra incredibile sulla parte orientale del gruppo del Bianco, dal Dente del Gigante fino a quasi tutta la linea della traversata delle Grandes Jorasses e oltre. Sta albeggiando. Ho fretta di salire velocemente al Corne du Diable, la prima guglia, per studiare senza

fretta i primi scatti, quelli che farò con la luce più bella. Proseguo col Matte a velocità costante. “Oh Matte”, gli faccio “forse oggi siamo in pochi a farla”. E aggiungo riprendendo fiato per un secondo “Per le foto è una figata non avere gente che ti rovina l’inquadratura”. Mi sento felice, al posto giusto al momento giusto. Purtroppo quella sensazione leggera dura il tempo di un niente, perché aggirando l’ennesimo pilastro roccioso troviamo le prime cordate incolonnate. Il Faletti non sa se ridere o piangere. “Per fortuna che eravamo in pochi oggi, eh?” La mi risposta esce spontanea: “Merda! Dobbiamo darci una mossa”. Scatto le prime immagini, giostrandomi con le lenti in maniera tale da non avere troppo disturbo nell’inquadratura. L’alba è meravigliosa e con la giusta calma porto le prime immagini al sicuro. È inutile a dirsi, ma, fotograficamente parlando, la calma gioca un ruolo fondamentale in momenti come questo. L’Arête du Diable si accende e si scalda assieme alla neve, la quale, tuttora, decora la cresta a stagione inoltrata. I passaggi di roccia sono bellissimi, aerei e tutt’altro che

banali, specialmente con gli scarponi. Le calate invece sono sempre lunghe ed esposte. Scatto solamente dove ritengo ne valga veramente la pena, perché il sole comincia presto a batterci sulle tempie e il forte caldo a seccarci la gola. È un lento progredire, il cui ritmo è un elastico tra attesa, azione e battibecchi con le altre cordate. Le fotografie vengono comunque da sole, perché è oggettivamente impossibile mancare la bellezza dell’ambiente in cui ci troviamo. Proseguiamo comunque in maniera sicura, fluidi su quella buccia rocciosa, fino alla cima. La croce di vetta è sommersa dalla neve, mentre noi ci sentiamo come aggrediti dall’immensità del Monte Bianco. Dopo 7 o 8 ore in movimento cominciamo tutti e quattro a provare una certa stanchezza. L’abbraccio in cima è veloce, la voglia di farci coccolare in rifugio tanta. Come qualsiasi rientro, quello tra i profondi crepacci della Mer de Glace sembra infinito. Immensa è anche quell’insana e insensata voglia di rivivere una giornata simile il prima possibile; rimane soltanto l’agrodolce e nostalgica necessità di dare tempo e spazio al corpo e alla mente. Qui Siamo. E siamo felici.

C’è sempre una lezione da imparare, dicono. Ognuno ha la sua. Può essere quella di allenarsi in maniera adeguata prima di un’uscita, quella di crearsi il proprio piccolo mondo sul filo del rasoio, o quella di credere nell’importanza dei valori di fiducia e di amicizia. Una lezione da imparare può essere anche banalmente informarsi sulla storia dell’itinerario che si andrà a ripercorrere. Vi confido che nel momento in cui il Matte mi ha raccontato la storia delle Aiguilles du Diable e di Armand Charlet, la mia risposta è stata spontanea: “Eccchimminchia è Armand Charlet?” C’è sempre una lezione da imparare. Le altre invece, se capita di dimanticarle, capita anche di rimpararle.

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Calümer The angel of Grigne T E STO I L A R I A C H I AV I C C I FOTO ACHILLE MAURI

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Se ogni escursionista può affrontare una cima sapendo che, qualsiasi cosa accada, qualcuno che tenterà di salvarlo c’è, è grazie a persone come il Calümer, al secolo Giuseppe Orlandi, soccorritore alpino che ha dedicato la sua vita alla montagna. «Quand che se va in montagna, prima roba, bisogna andar via presto la mattina». Questa è una delle tante sentenze lapidarie con cui il Calümer insegna come ci si comporta in montagna. Giuseppe Orlandi è il soccorritore alpino a cui è dedicato, appunto, Calümer, lo short movie diretto da Achille Mauri e realizzato grazie al contributo di Vibram che, per una volta, mette al centro della narrativa outdoor non un atleta a caccia di record, o un esploratore intento in un impresa da prima pagina, ma una persona della montagna, un uomo che alle Grigne, le montagne lecchesi, ha dedicato la vita. Capelli ancora folti, barba lunga e baffoni: Orlandi la montagna la porta dentro e te ne accorgi da come muove in fretta gli occhi scuri e penetranti. Ha iniziato a salire in Grigna a sei anni, per recuperare le pecore e le capre che scappavano, e da quel momento non ha mai smesso. Il suo rapporto a doppio filo con quelle cime brulle che si affacciano sul lago di Como ha radici profonde. Quelli che sono sentieri abbastanza impegnativi su cui avventurarsi per Orlandi sono casa, e proprio perché li conosce così bene, è in grado di mettersi al servizio degli altri come soccorritore, salvando moltissime vite. Il soccorso alpino è un ser-

vizio cruciale in montagna, soprattutto in un momento storico in cui sempre più persone stanno riscoprendo la bellezza e il piacere di trascorrere delle giornate in ambiente alpino. Noi non abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo direttamente, ma qualcosa in più su questo personaggio così carismatico lo abbiamo appreso dal regista di Calümer, Achille Mauri «Mio padre ha sempre fatto parte del soccorso alpino, quindi io ho avuto a che fare fin da piccolo con questa attività di volontariato: tornava sempre a casa con delle storie assurde, che ogni tanto raccontava e ogni tanto si teneva per sé, ma che hanno creato in me una sorta di fascinazione per queste persone che, in maniera incondizionata, andavano a salvare chi era in difficoltà in montagna». Continua il regista «Mano a mano che il tempo passava si formava in me un’idea sempre più precisa di che tipo di persona fosse il soccorritore. In quel caso c’era mio padre, ma in generale, quando hai a che fare con un soccorritore alpino, ti sembra un po’ una figura mitologica: qualcuno che, in una situazione in cui tu sei messo malissimo, arriva a salvarti mettendo se stesso in una situazione di pericolo».

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In dialetto Calümer sta per figlio del Calimero: chiamavano così suo padre e lui ne ha preso il soprannome, ma sull’origine vera e propria del nome non si è spiegato un granché. Giuseppe Orlandi per tutta la vita ha fatto proprio questo: mettere a repentaglio la sua stessa vita per prestare soccorso a chi si era andato a mettere nei pasticci in montagna: la consapevolezza di ciascun escursionista nel sapere che qualsiasi cosa succeda non si è soli ha un valore enorme, e tutti quanti lo dobbiamo a personaggi come il Calümer.

off e quelli che, come il Calümer, alla montagna hanno dedicato la loro vita e sono purissimi nel loro modo d’essere. Volevo raccontare qualcosa di diverso rispetto a questi personaggi “No limits” concentrati appunto solo sul superamento dei propri limiti, dell’abbattimento dei tempi di percorrenza, della conquista della cima inviolata. Giuseppe Orlandi ama la montagna e ha, nei suoi confronti, un approccio più autentico: è la persona che ti ricorda che i limiti ci sono. Ho paura che sempre di più questi soggetti vadano a scomparire nel mondo d’oggi: il riciclo generazionale gentrifica le persone verso le città, svuotando i paesini. Per me è una missione personale quella di raccontare questi personaggi, che sono stati forgiati dalle asperità della montagna. Persone come Orlandi, oltre ad avere un immenso carattere, portano con sé tradizioni e tenacia: il Calümer ha 74 anni, è figlio del dopoguerra, di un tempo decisamente più difficile del nostro.

Achille, com’è nata l’idea di fare un film su Giuseppe Orlandi? La storia nello specifico è nata durante il secondo lockdown, lo scorso novembre: io ho una casa ai Pian dei Resinelli, in provincia di Lecco, dove per caso si trovavano un altro regista, Pietro Coppolecchia, e Stefano Verbin, Steno, che di mestiere fa il direttore della fotografia: per una coincidenza incredibile, in un periodo in cui non ci si poteva muovere, ci siamo ritrovati in tre mestieranti del mondo del cinema a vivere un periodo in un paesino minuscolo di montagna. Nell’unica strada di Pian dei Resinelli vedevamo Orlandi passare tutti giorni, sempre vestito da alta montagna sopra al suo Suzuki Jimmy: lui mi salutava perché conosceva mio padre, e gli altri hanno iniziato ad essere incuriositi dalla sua figura. Vedendo l’interesse che Orlandi suscitava in due persone totalmente avulse dal contesto della montagna ho capito che potenziale potesse avere il suo personaggio, e così nell’arco di 24 ore abbiamo allestito una produzione a casa mia e abbiamo iniziato a girare per tre giorni filati.

Cosa vuol dire Calümer? In dialetto sta per figlio del Calimero: chiamavano così suo padre e lui ne ha preso il soprannome, ma sull’origine vera e propria del nome non si è spiegato un granché. A proposito di insegnamenti da tramandare ai giovani: cosa vi ha trasmesso Orlandi in questi tre giorni di riprese? Sicuramente la sua devozione per la montagna, che durante le riprese ci ha manifestato in maniera purissima. In alcuni momenti gli abbiamo chiesto di meditare e si percepiva proprio come fosse immerso nel suo ambiente nella maniera più totale: questo ha dato grandissima forza alla crew nel voler rappresentare un uomo così puro nel suo essere. Spesso ci veniva da staccare gli

Un soccorritore alpino è una scelta insolita rispetto alla filmografia outdoor che va per la maggiore adesso… I protagonisti della montagna si dividono in due tipologie: quelli delle grandi performance e dello show

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Lui è uno che dice tantissimo anche solo con i fatti, anche perché è una persona di pochissime parole, ma è uno di quelli che, con una frase, una sentenza, ti dà degli estremi di comportamento, delle grandissime regole. Con questo suo modo di dare le sentenze è capace di porsi subito in una posizione di leadership nella sicurezza in montagna. Dette in dialetto poi sono ancora più efficaci… Glielo abbiamo chiesto noi di parlare in dialetto, non volevamo si perdesse l’autenticità del personaggio. Lui le cose importanti le dice nella sua lingua. Anche per me era significativo sentirlo parlare in quella che è anche la mia lingua d’origine, durante le riprese, poi, è diventato evidente che anche per gli altri risultasse più efficace sentirlo parlare così.

occhi dalla macchina da presa per osservare quanto fosse immerso nei suoi pensieri: la sua voglia di essere lì, e in nessun altro posto, era qualcosa di estremamente poetico, è stata una fortuna poter assistere a questi momenti. E a livello di sicurezza in montagna? Avete imparato qualcosa? Lui è uno che dice tantissimo anche solo con i fatti, anche perché è una persona di pochissime parole, ma è uno di quelli che, con una frase, una sentenza, ti dà degli estremi di comportamento, delle grandissime regole. Con questo suo modo di dare le sentenze è capace di porsi subito in una posizione di leadership nella sicurezza in montagna. “Andare in montagna vuol dire alzarsi presto la mattina”, che è una cazzata, ma detta dal Calümer assume il tono di una specie di comandamento. Oppure ancora: “Andare in montagna vuol dire coprirsi e sapere benissimo dove stai andando, non si parte sprovveduti”. Tutte cose banali, ma che dette da quella personalità e con quel tono di voce arrivano in maniera ancor più forte e diretta. Volevo che fosse evidente il contrasto della saggezza di un personaggio come Orlandi contrapposto a tutte quelle persone più concentrate sulle performance che sulla sicurezza.

Con delle musiche alla Quentin Tarantino sotto poi... Le musiche sono di Tamburi Neri, un duo che vede un producer milanese accostato a chi, venendo dalla Val di Mello, la montagna ce l’ha nel DNA, che è un po’ la stessa dicotomia che c’è tra me e il direttore della fotografia: il montagnino che lavora gomito a gomito con chi è cresciuto, anche artisticamente, in città. Il risultato è stata la volontà di allontanarci il più possibile dalla cinematografia outdoor classica, scostarci da quella narrazione della montagna che invade un po’ tutte le nostre piattaforme, dalla pubblicità al cinema, dove il focus è il dinamismo, reso con cambi di scena continui, dove viene messo in secondo piano quello che è l’effettivo godimento della montagna.

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Jérémy Prevost Genius and awareness BY CHIARA GUGLIELMINA PHOTO FABIEN MAIERHOFER

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La dedica 6 ottobre 2021. Una nuova filosofia di vita a cui Black Diamond, l’azienda statunitense che supporta l’atleta da anni, ha deciso di dare voce. “Ten” è il titolo del video-omaggio, realizzato a dieci anni dal podio al Freeride World Tour, che racconta l’evoluzione di Jérémy, come atleta e come persona. Il 2011 ha infatti rappresentato per rider il momento topico della sua carriera. Una stagione indubbiamente gloriosa seguita, tuttavia, da un periodo di piccoli e grandi insuccessi che lo hanno portato non solo a ritirarsi, ma a prendere le distanze da una disciplina che per lui era più di uno sport. Ora, circa 3650 giorni dopo, Jérémy si è riconciliato alle “assi di legno” che tanto ama. Il tempo, come fa con tutte le cose, lo ha plasmato, cambiando non solo la sua personalità, ma anche e soprattutto il suo approccio alla montagna, al freeride, alla sciata. Un lungo periodo di riflessione a conferma dell’intelligenza sottile di un atleta che, all’audacia di azzardare le più belle e folli linee, affianca la saggezza di chi sa pensare anche quando sgancia gli attacchi: un genio ribelle con una consapevolezza adulta e un entusiasmo rinnovato.

Quando scivolano verso il basso, su pinnacoli gonfi e dune di neve, la gravità, insieme alla loro mente, si prende una pausa. Non sono trascinati verso il basso con la brutalità di un sasso lanciato nel fiume, ma accompagnati in uno spettacolo pirotecnico silenzioso, fatto di polveri fredde. La perdita di quota è solo la naturale conseguenza di una coreografia ben eseguita. In fase di curva, come fuochi d’artificio, i fiocchi più leggeri s’infilano in una fessura d’aria via via più ampia, un crescendo che precede l’apice di un gesto tecnico sublime, esplodendo in una nube leggera e talvolta scintillante. Ora il performer quasi sparisce, apre la bocca per assaggiare la consistenza del suo palcoscenico, mentre il resto del corpo sprofonda, con fare insieme elegante insieme pornografico, nel proprio elemento. Il fumo che ne rimane è testimonianza di una danza coraggiosa fatta di salti, acrobazie e bellezza di linee. Un silenzio irreale dopo il gran finale. Chissà cosa significa saperle scendere così le montagne. Non essere schiavi di forze o inerzie, ma protagonisti indiscussi della propria personale e irripetibile esibizione. Noi, nel dubbio, l’abbiamo chiesto a Jérémy.

Glielo abbiamo chiesto.

Il curriculum S E G N I PA R T I C O L A R I : DISCIPLINA:

Cosa significa sciare pendii tanto ripidi, discese vergini? Cosa si prova? Sciare su pendii ripidi e discese vergini per me rappresenta sicurezza e libertà. Sei completamente solo, devi affrontare ogni curva al meglio, calibrare ogni salto. A volte non puoi permetterti di cadere e per questo è importante conoscere i tuoi limiti. Si tratta di un vero e proprio gioco di equilibrio! La sicurezza è data dal fatto di conoscerti e sapere bene quello che puoi fare. La libertà è essere in sintonia con te stesso. Tenere sotto controllo ogni tua azione e nel frattempo interpretare la natura. Amo questo aspetto, questa unione tra la natura e la parte più intima dell’essere umano.

Black Diamond Ambassador

Sci freeride – Sci estremo

R E S I D E N Z A AT T U A L E :

Meribel Resort

HIGHLIGHTS IN CARRIERA: 2 0 1 0 - 2 0 1 1 ( I L P I Ù G I O VA N E R I D E R D E L T O U R ) :

3° al Nissan Freeride World Tour Overall 1° a Kirkwood - FWT 2° a Verbier - Finale del FWT 7° a Chamonix & St Moritz 2011-2012:

Cosa hai imparato dai momenti più difficili della tua carriera? Ho imparato che la vita va avanti! Ora posso dirlo. 10 anni fa mi sentivo spesso arrabbiato e deluso perché vivevo solo per la competizione. Ma ora per

5° a Revelstoke (BC) FWT 6° agli Xtreme Verbier - Finale del FWT

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Un momento preciso, della tua carriera, che vorresti rivivere? Quando mio padre è venuto ad assistere al mio primo Verbier Xtreme. Normalmente non ho mai voluto che i miei genitori mi vedessero gareggiare. Ma mio padre è arrivato durante la finale e mi ha visto sul podio. È stato incredibile! Avere una parte della mia famiglia con cui condividere un momento del genere è semplicemente indescrivibile.

me sciare e la montagna rappresentano più che una semplice carriera sportiva. Voglio sciare fino all’ultimo giorno della mia vita. Incontrare nuove persone, condividere bei momenti con la mia famiglia e i miei amici e portare avanti sempre nuovi progetti. Ogni sfida non è altro che un modo per andare avanti e godersi la vita. Credi che lo sport professionistico sia in grado di fornire gli strumenti per aiutare ad affrontare anche la vita “comune”, il quotidiano? Come? Certamente! La vita è fatta di sfide. Ogni giorno è diverso, a volte vinci, a volte perdi. E quando succede devi rialzarti, guardarti intorno, capire che non sempre puoi andare avanti da solo, devi essere in grado di adattarti in molte situazioni ed essere sempre pronto a tutto quello che può succedere.

L’episodio più spaventoso che hai vissuto? Con e senza gli sci ai piedi. Assolutamente le valanghe. Vedere alcuni amici o me stesso sotto una valanga… Andiamo sugli sci tutti i giorni e cerchiamo di farlo in modo intelligente ogni volta. Fortunatamente, questi episodi sono rari. Alcuni anni fa ero con degli amici e sono stato investito da una grossa valanga. Per fortuna, mi sono fermato prima che la neve raggiungesse gli alberi, altrimenti le conseguenze non sarebbero state le stesse. Senza sci ai piedi, temo la caduta di sassi in montagna. Quando arrampichi, non è mai bello avere delle rocce che ti cadono addosso.

Quando hai iniziato a sciare? Quanti anni avevi quando hai messo gli sci fuoripista la prima volta? Ho iniziato a sciare 30 anni fa. I miei genitori mi hanno messo sugli sci a 2 anni e quando avevo 5 o 6 anni ho scoperto il fuoripista. Facevo parte di uno ski club ma quando non mi alleavo andavo a sciare con loro.

Oggi com’è una tua giornata ideale? Dipende dai giorni, spesso mi va di uscire da solo in montagna con gli sci, so che non è l'idea più saggia ma mi piace. Il vero giorno perfetto però è quello passato con i miei amici o la mia famiglia. Mi piacciono le giornate di fresca, dove si può sciare tutto il giorno senza interruzioni. Alla fine della giornata è bello condividere qualcosa da mangiare e un buon drink. Un momento felice in cui ripercorrere tutte le emozioni della giornata.

Qual è la cosa che in assoluto preferisci dello sci? Semplicemente sciare! Amo davvero ogni genere di disciplina. Mi piace cercare di comprendere le varie condizioni e adeguarmi di conseguenza. Cerco sempre di adattarmi alla natura che mi circonda. La tua run preferita in assoluto? Una discesa che ti è rimasta particolarmente impressa? In gara il Bec des Rosses e nella vita…. È difficile da dire. Ho avuto la possibilità di sciare in tanti luoghi diversi nel corso degli anni, ma amo anche esplorare le montagne di casa. C’è tanto da scoprire in zona.

Che consiglio daresti a un ragazzo che si approccia al freeride? Gli consiglierei di prendersi il proprio tempo. È importante sciare ogni giorno in ogni condizione e sapere come funziona l’equipaggiamento di sicurezza. Inoltre è consigliabile uscire solo con una persona di cui ci si fida. Inoltre gli consiglierei di non focalizzarsi su una sola disciplina, ma provare tutte le diverse sfaccettature che gli sci possono offrire. Ma soprattutto è fondamentale divertirsi il più possibile!

Quanto peso ha avuto per te la tua carriera nel freeride? Credi che saresti comunque orgoglioso della tua vita? Ho conosciuto tante persone e esplorato diversi posti nel mondo, tutto questo mi ha aiutato ad essere più sicuro di me. Ogni giorno faccio quello che amo di più, sciare! Sono fortunato perché ogni giorno mi sveglio con il sorriso.

Come vedi il futuro della montagna e, in particolare, del freeride? Penso che i confini tra le diverse discipline si stiano assottigliando. Già oggi si vedono freerider fare scialpinismo un giorno e il giorno dopo andare in pista. L'attrezzatura è in continua evoluzione, con un solo prodotto si possono fare tante cose. In futuro ci saranno sicuramente sempre più persone in montagna perché è bello viverla con calma e solitudine, seguendo le proprie linee. L'avventura fa sognare e la gente vuole divertirsi sugli sci.

Se tornassi indietro nel tempo, di almeno dieci anni diciamo, vedresti o vivresti le competizioni in modo diverso? No. Forse non sempre ho fatto le scelte migliori, spesso non sono riuscito a gestire lo stress, ma la mia vita ai tempi ruotava attorno alle gare, dovevo vincere. Non ho nessun rimpianto, sono andato avanti e ora cerco di godermi al massimo la vita.

Grazie Jérémy. Dieci anni dopo spacchi ancora.

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The true story of Barbanera

*Based on real events BY CHIARA GUGLIELMINA

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Cinque minuti al chilometro. Che non corro seriamente saranno ormai cinque anni. Intendendo con “seriamente” sei allenamenti a settimana con un lungo di diciotto-venti chilometri nel mezzo. Pochi sanno che correvo con una certa costanza, la corsa è sempre stata una cosa mia. Non ho mai avuto un gran passo, 5 minuti al chilometro di media, secondo più secondo meno. Ero però discreta nei dislivelli, nel salire montagne. Felice quando infilavo qualche chilometro a

4 minuti, per intenderci. Ho mollato per l’università prima, per il lavoro poi, per accidia oggi. Parlare con Ivan mi ha stimolato e ho le vecchie Nike bianche in mano, ora, in questo momento in cui scrivo. Non esiste corridore valsesiano, professionista o amatore, che non conosca la storia di Ivan, che poi è quella di Agnese, che poi diventa quella del Franceschino. Che può essere quella di ciascuno di noi.

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Un sassolino e un mormorio. Un pensiero stupido mi fa alzare le dita dalla tastiera per farle scorrere sulla geometria delle suole sporche. Che bello toccare le cose. Un sassolino appuntito, incastrato tra la gomma consunta, mi fa lasciare la sedia in favore dell’asfalto. Qui, in questo pomeriggio dal quale vi scrivo, abbandono la penna per ritrovare il mio passo. Per quanto tempo un frammento così tagliente può stare incastrato nella gomma morbida senza mai uscirne e senza mai tagliarla? A metà tra la voglia di restare e quella di fuggire. Quanti di noi sono il sassolino? Quanti la gomma? Quanto siamo superficiali nelle cose. Quando Ivan si è ammalato l’ho saputo da voci di paese, quelle grevi che godono nell’essere le prime a divulgare tragedie. Chiacchiere che fremono per raccontare drammi piuttosto che raccogliersi nel rispetto di un silenzio. Solo per essere

i primi a fare rumore. Ricordo, in quei giorni prima del Natale, un vociare sempre più indiscreto. Anche un mormorio può diventare assordante.

Per quanto tempo un frammento così tagliente può stare incastrato nella gomma morbida senza mai uscirne e senza mai tagliarla? A metà tra la voglia di restare e quella di fuggire. Quanti di noi sono il sassolino? Quanti la gomma?

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Duemilaottocento D+ Nel frattempo, ho spento anche il computer e infilato le Nike bianche, non le ricordavo così leggere. Come il resto della mia persona, nemmeno i piedi sono cresciuti. L’evoluzione fisiologica del mio corpo è sicuramente anticonsumista. Afferro i lacci e li lego stretti, che fascino bene il piede. La calzata dev’essere ben aderente, anche Ivan la pensa così. Muovo i primi passi imbalsamati e i piedi non spingono, ricadono pesanti sulla strada grigia. Chissenefrega, il timbro di Ivan mi distrae. Ho vivo in me il pomeriggio del giorno prima, i quattro passi per le vie di Alagna e la birra con Agnese che divora patatine. Lei che vedete nelle foto è la moglie di Ivan. Ed è magra anche se divora patatine perché nel tempo libero si diverte a infilare ultratrail da 55 chilometri con 2.800 metri di dislivello positivo. Stando sotto le

sei ore. Cinquantacinque chilometri. Duemila ottocento metri. Bello scriverli come andrebbe fatto i numeri. Belli i numeri. Terrificanti i numeri. Ivan ha misurato la sua vita da runner con loro, ma anche la sua vita da malato. Quanti di noi sono il sassolino? Quanti la gomma? Dopo trecento metri mi sento già stanca e questa domanda mi perseguita.

Il polso inizia a vibrare come a volermi incoraggiare, dovrei aver percorso il primo chilometro. Le gambe vanno istintivamente avanti, la memoria istintivamente indietro.

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La maestria. Una settimana prima del pomeriggio di birra e patatine, da buoni atleti, siamo andati a sgambettare insieme nella zona di Stofful. Un declivio ormai ambrato ci divide dalla sagoma petrolio del Tagliaferro. Ivan non può spingere come un tempo, non ancora. Eppure i passi sono leggeri, la schiena ritta, la falcata fiera. Non ho dinnanzi un uomo spossato, ma responsabile. La voglia di sfogarsi è palpabile, eppure lui si contiene. Quanti possono dire di saper fare lo stesso? Essere l’ex campione e correre come la Guglielmina piccola? Come una

suola in gomma minacciata da un sassolino fermo, ma estremamente tagliente. Quanti di noi sono il sassolino? Quanti la gomma? Ivan è senza dubbio la relazione tra i due, vittima di un meccanismo bastardo, nelle mani del fato. I bordi del sasso potrebbero squarciare la gomma a ogni passo e l’opzione di vivere la vita sul divano non è proibita. Eppure lui sceglie la corsa, a ogni passo. Qui la maestria: l’abilità di mettere un piede davanti all’altro senza tagliarsi. Portando a casa la suola da uomo saggio. Da uomo nuovo.

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Eppure lui sceglie la corsa, a ogni passo. Qui la maestria: l’abilità di mettere un piede davanti all’altro senza tagliarsi. Portando a casa la suola da uomo saggio. Da uomo nuovo.


Birra, gargarozzi e maleducazione. Passano sei o sette giorni e siamo a casa loro, in quattro intorno al tavolo in legno della baita, oltre a me ci sono Ivan, la moglie Agnese e Lorenzo, amico di una vita. “Il Franceschino dorme”, mi sussurra Agnese all’orecchio. Ivan intanto apre le birre, Agnese le patatine, e il Lorenz pensa ai convenevoli mentre io, per deformazione professionale o semplice maleducazione, curioso tra le foto appese, i giocattoli del Franceschino e i peluche ordinati dietro il divano. Lascio che qualche centilitro di birra scorra nel gargarozzo di tutti prima di fare la mia mossa. Le prime chiacchiere sono più leggere, ne approfitto per notare i dettagli. C’è un frigo rosso che spunta lucido dietro la testa di lei, non distrae ma si nota. Così come si notano i peli bianchi nella barba del Barbanera. [ Ah ragazzi, intanto io qui sono al secondo chilometro e il cardiofrequenzimetro scivola sotto il seno per l’imbarazzo. ] È così che lo chiamavano gli amici alle gare: “Il Barbanera”. La barba non è più nera ma il soprannome è rimasto. Ho voglia di dirgli che tutte le donne intelligenti sono affascinate

dall’uomo brizzolato, ma mi mordo la lingua. Già sono maleducata, non voglio essere inopportuna. L’unità di misura che prendo a riferimento è il livello delle patatine nella ciotola a centro tavola. Quando sarà piena per solo un terzo vorrà dire che saranno state deglutite sufficienti quantità di luppolo per osare. Agnese corre tanto e forte, questo l’ho già detto. Probabilmente deve consumare molto. E puntualmente, ogni volta che la ciotola è quasi al livello che mi serve, solleva con due mani le patatine formato famiglia e rabbocca la scodella fino all’orlo. [ Probabilmente è un’illusione ma, superato il muro dei tre chilometri (ognuno ha i propri muri), il mento si alza e i polmoni si riempiono. Smetto di guardare le Nike bianche e continuo a testa alta, ho preso il ritmo. ] Anche in baita la conversazione ha preso il suo flusso. Se aspetto che le patatine finiscano rischio che l’effetto del malto frizzante svanisca. “Ivan?”, attacco con difficoltà. “Non so come chiedertelo ma mi racc…” “Certo, te la racconto volentieri.”, viene in soccorso lui.

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La storia vera di Barbanera.

Leucemia mieloide acuta.

Non posso mettere nero su bianco la sua storia, non mentre sto correndo nella zona industriale di Roccapietra. Non nel limite di diecimila battute. Ho un progetto più degno, pensato nel ritmo dei passi ritrovati, che voglio dedicare a Ivan. Sentirete parlare di nuovo, di Barbanera. Ha a che fare con il midollo, la preghiera, il coraggio e la maleducazione, la birra, i numeri e la corsa, con la vita insomma.

Vi basti sapere che il giorno prima si stava allenando con le pelli con Agnese e la notte l’ha sorpreso una febbre da cavallo: leucemia mieloide acuta. Vi basti sapere che aveva il 95% di cellule malate nel sangue e che doveva rientrare nel 5% per poter tentare la via del trapianto. Vi basti pensare che tra un devastante ciclo di chemioterapia e l’altro concepì, con Agnese, il Franceschino. Vi basti sapere che combattendo contro la morte ha messo al mondo una vita. Che ha trascorso la notte di nozze, celebrate in ospedale, con il suo compagno di stanza. “La prima notte con un uomo!”, racconta ridendo lui. Vi basti sapere che combattendo è arrivato al trapianto. Che la mamma, compatibile al 50%, gli ha dato la vita una seconda volta. Vi ba-

[ Intanto qui ho incredibilmente superato i dieci chilometri dopo anni di stop. ]

Ha a che fare con il midollo, la preghiera, il coraggio e la maleducazione, la birra, i numeri e la corsa, con la vita insomma.

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sti sapere che ha contratto e superato anche tubercolosi e covid19. Vi basti sapere che sta tornando a correre. Che sta ancora combattendo. Sentirete parlare di nuovo, di Barbanera. Perché uno con due palle come le sue se ne fregherà sempre del sassolino tagliente pericolosamente incastrato. E mentre i più, fra noi, saranno attenti a non graffiare la gomma, lui correrà più forte di prima. [ Il polso qui trema ancora e il cuore non rallenta, ma è la lacrima sul viso a dirmi che non è la corsa la causa. Grazie Ivan. Per sempre “Il Barbanera”; anche se brizzolata è più fiera. ]

*seguono aggiornamenti


Cansiglio Classic Tour

A Gravel Bike Trip BY DAV I D E F I O R AS O PHOTOS CAMILLA PIZZINI WITH KOMOOT

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«Ciao Davide. Sono di passaggio dalle tue parti ed ho una mezza giornata libera. Dove mi porti?». Il posto ce l’ho. L’idea pure. Mi manca una traccia che concretizzi realmente distanza, superficie, dislivello e durata, che sia in grado di accontentare quella voglia irrefrenabile di scoprire posti nuovi, anche in un territorio potenzialmente già esplorato. Del resto, non è questo il desiderio che accomuna la maggior parte di noi? Voglio un anello da risolvere in qualche ora, che mi appaghi fisicamente e mentalmente, che metta in risalto l’esperienza, non la performance. Apro komoot, fisso il punto di partenza e in un batter d’occhio mi gioco tutti gli Highlight del Tour Planner. «Ce l’ho. Ti condivido la traccia. È un vero superclassico, ti piacerà».

Il luogo prescelto si chiama Cansiglio, un altopiano delle Prealpi Carniche posto a cavallo tra le provincie di Belluno, Treviso e Pordenone; una sorta di piattaforma concava che sovrasta la pianura veneta. A nord è delimitato dalla regione dell’Alpago, su cui si staglia il gruppo montuoso del Col Nudo-Cavallo, mentre ad ovest, oltre il Millifret ed il Pizzoc, precipita sul ripido versante della Val Lapisina. A fare da corona a questa caratteristica forma a catino l’omonima foresta, una delle risorse ambientali più importanti dell'intera regione Veneto. Un polmone naturale costituito da 7.000 ettari di boschi, sito di interesse comunitario che gode di uno speciale regime protezionistico. La Foresta del Cansiglio,

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per noi che abitiamo qui, è un santuario spirituale in cui immergersi per evadere dalla quotidianità del mondo esterno. Un luogo in cui le nostre anime si fondono con una delle massime espressioni della natura.

La Foresta del Cansiglio, per noi che abitiamo qui, è un santuario spirituale in cui immergersi per evadere dalla quotidianità del mondo esterno. Un luogo in cui le nostre anime si fondono con una delle massime espressioni della natura.


L’appuntamento, in una fredda mattina di novembre, è presso l’Ex Rifugio San Osvaldo, emblema della lotta ambientalista su queste terre, simbolo di quel processo di privatizzazione, voluto dal governo regionale, che significherebbe la rottura di una integrità fin qui conservata. Una leggera brina ricopre la prateria di Pian Cansiglio. In questa conca, più che in altri luoghi, l’aria fredda che scende dai versanti interni ristagna dando origine ad una forte inversione termica. Ci sarà tempo e modo di scaldare le nostre ossa. Salviamo il percorso in modalità offline e lo sincronizziamo con i nostri dispositivi GPS per la navigazione. La traccia ci guida in direzione Nord, pochi chilometri e siamo già a Pian Osteria. Sede di un insediamento cimbro ricostruito dopo l'ultimo conflitto mondiale, ospita oggi il Museo Regionale dell'Uomo in Cansiglio che raccoglie documenti e testimonianze sul suo rapporto con queste terre, dalla Preistoria fino all’arrivo della comunità cimbra giunta alla fine del XVIII secolo dall’Altopiano di Asiago. Fortemente legati alla lavorazione del legno, i cimbri avevano sviluppato una fiorente attività artigianale di costruzione di scatole destinate a dare forma ai prodotti caseari. Pieghiamo a destra, in direzione est, fino ai pascoli della Valmenera, una delle tre grandi depressioni che caratterizzano la zona. Qui, fino a 10.000 anni fa, giungeva una lingua

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dell’antico e vasto Ghiacciaio del Piave. Lasciamo alla nostra sinistra la grande lama, un ambiente umido che ospita piante palustri uniche nel loro genere e in cui sostano germani reali, alzavole, marzaiole e pavoncelle. Il percorso confina con la Riserva Naturale Pian di Landro-Baldassare, un'area di indubbia bellezza, dove non è raro imbattersi in rapaci come la poiana e il gheppio. Giusto il tempo di svincolarsi tra ginestri e depositi torbosi e alla congiunzione con la Candaglia è ora di salire a Pian Rosada, area particolarmente colpita dalla furia della tempesta Vaia del 2018. Le piante abbattute o compromesse dalle fortissime raffiche di vento ammontano a diverse migliaia di metri cubi di legname. L’Agenzia Regionale, subito dopo la tempesta, ha avviato operazioni di rimboschimento introducendo una speciale novità, una sorta di laboratorio a cielo aperto: recinzioni sperimentali “a prova di cervo” per la protezione delle giovani piante. Sì perché tra i padroni segreti di questa vasta area demaniale, dove la caccia è bandita da tempo, c’è prima di tutto lui. Caprioli e cervi sono i mammiferi più facili da avvistare, soprattutto all’imbrunire. Un fenomeno in continua espansione, legato principalmente alla mancanza di predatori naturali. Nonostante, negli ultimi anni, si sia fatta sempre più importante la presenza del lupo.


In rapida successione, con uno dei primi strappi in salita, raggiungiamo il villaggio cimbro di Pian Canaie, fondato nell’anno 1894 da membri della famiglia Gandin. Da qui partiva il sentiero per la Palantina e il Monte Cavallo, meta, in quegli anni, di alpinisti di fama mondiale come Tuckett o Whitwell. Uscendo dal bosco siamo avvolti dai caldi raggi del sole. Felci e acetoselle, fin qui protette dalle fronde del sottobosco, lasciano ben presto spazio ai rilievi dell’Alpago, in un ventaglio che si apre dalla Sella di Fadalto e in cui spiccano i monti Do-

lada, Col Nudo e Teverone. È un primo assaggio di civiltà che si snoda tra piccoli nuclei abitativi, caratteristiche casere in pietra con tetto a gradoni e rari esempi di architettura nobile. Raggiungiamo Col Indes e Malga Pian Grant, ai piedi del Guslon, punto di ritrovo per le innumerevoli scialpinistiche su queste montagne. Siamo al giro di boa di un piccolo anello che tra Pian delle Mosche, Sgurloi e Tambre ci riporterà nella frazione di S. Anna, nel regno di Diego e dei suoi bovini da latte. Ma qui esiste anche una delle cose più curiose e singolari che si

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possano trovare: la Casa dei Libri, una casa-museo interamente scolpita nel legno dall’artista veneziano Livio De Marchi. Una scultura fiabesca che sembra uscita da un racconto dei fratelli Grimm, ricca di particolari e dettagli straordinari. Centinaia di libri scolpiti decorano le pareti esterne, il tetto è un enorme libro aperto mentre il camino è sostituito da una grande penna stilografica. A comporre la staccionata una lunga fila di matite colorate e un grande paio di occhiali come cancello.


Salutiamo definitivamente l’Alpago percorrendo la stretta agro-silvo-pastorale che ci collegherà alla provinciale 422 fino a Campon, uno dei principali solchi vallivi dai quali si accede alla conca del Cansiglio. Un pugno di abitanti, due osterie e i resti di una piccola ferrovia costruita dalle truppe austriache durante la Prima Guerra Mondiale. Campon era luogo di incontro dei cimbri diretti alla Madonna del Runal, che qui sostavano a consumare il tipico piatto di trippe nel giorno di festa. Per noi è il punto di svolta sulla tanto attesa Strada del Taffarel, l'affascinante pista forestale che ci accompagnerà fino alla rotabile del Monte Pizzoc. È ora di spingere sulle gambe e salire questi 6 km del Col Mazzuc, superare la deviazione per Malga Mezzomiglio ed entrare nella Riserva Naturale di

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Pian Parrocchia - Campo di Mezzo. È qui che, grazie agli Highlight di komoot, i consigli lasciati da altri membri della community, scopriremo la “Casetta dello Scozzese”, una piccola baita di taglialegna che per qualche anno è stata mantenuta in ordine da un ragazzo delle Highlands affezionato a questi luoghi.

Un pugno di abitanti, due osterie e i resti di una piccola ferrovia costruita dalle truppe austriache durante la Prima Guerra Mondiale.


Siamo nuovamente nel cuore della Foresta del Cansiglio, l'antica Foresta dei Dogi, fortemente caratterizzata da una faggeta dai fusti colonnari, che varia in splendidi colori con il mutare delle stagioni. Abbassandosi di quota il faggio si associa all’abete bianco e all’abete rosso, formando un bosco misto che alla fine dell’inverno viene pervaso dall’intenso profumo del fior di stecco. Ma siamo in pieno autunno, e pedaliamo su un tappeto di foglie che crepita e si solleva al nostro passaggio. 14 km di un magnifico segmento che serpeggia tra dossi e valloncelli. Nel 1548 la Repubblica di Venezia stabilì qui il Gran Bosco de Reme, i cui alberi ad alto fusto furono riservati per la produzione dei remi che muovevamo le grandiose galere veneziane, enormi imbarcazioni temute dalle flotte dell’intero Mediterraneo. L'attacco del sentiero che si infossa nel vallone di Vallorch segna l’ennesimo check point, ancora poco e intercetteremo la strada asfaltata che

ci porterà in direzione La Crosetta, punto di riferimento geografico che nei weekend addensa frotte di ciclisti. Alla vista delle prime auto storciamo il naso, ma sarà solo una breve parentesi. Per chiudere in bellezza manca ancora l’ultima perla: è la Strada della Candaglia, una forestale su fondo misto e regolare che si articola sul versante orientale. Il sottobosco qui è in stretta relazione alla quantità di luce che filtra attraverso la chioma degli alberi. È un bosco maturo, caratterizzato da tagli selvicolturali che ne favoriscono la naturale rinnovazione. Intercettiamo il Sentiero degli Slipari, superiamo l’ingresso al Bus de La Lum e dopo 60 km siamo nuovamente al punto di partenza. È l’ora di pranzo e la Piana, nel frattempo, si è popolata di turisti mordi e fuggi. È l’altra faccia di un territorio vulnerabile dove il legame con la comunità umana si affievolisce o si rinsalda a seconda di logiche, obiettivi,

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politiche. Oggi, per qualche ora, abbiamo abbandonato la comodità, siamo fuggiti dalle strade ampie e affollate, ci siamo affidati ad una traccia che ci ha fatto scoprire nuovi tesori, siamo diventati parte di una grande bellezza. Non ci resta che fare questo, condividere la nostra piccola avventura con la comunità di komoot, dando valore a terre spesso sconosciute o dimenticate. Perché i luoghi, ogni luogo, parla di noi, è il nostro specchio, conoscerlo e averne cura significa occuparci di noi stessi, della nostra stessa vita. Sono certo che chi andrà alla ricerca di questi ambienti, sulle proprie gambe, sarà intrinsecamente interessato a preservarli. Difendere il Cansiglio come bene comune non significa necessariamente metterlo sotto una campana di vetro. La vera tutela devono essere le persone come noi, che frequentano con responsabilità la natura che ci circonda e che salvaguardano un capitale culturale, sociale e ambientale.


TA M B R E

COL INDES

CAMPON

PIAN ROSADA

VALMENERA

HIGHLIGHT C A S E T TA D E L LO S C OZ Z E S E PIAN CANSIGLIO STRADA DEL TA F FA R E L

F O R E S TA D E L C A N S I G L I O

CANDAGLIA

L A C R O S E T TA

TEMPO

3:12 D I STAN Z A

59,6km V E LO C ITÀ

18km/h D I S LIV E LLO SALITA

1.190m DISLIVELLO DISCESA

10KM

20KM

30KM

40KM

50KM

1.200m ACCEDI QUI ALL A TRACCIA DEL PERCORSO SUL PROFILO KOMOOT D I TH E PI LL OUTDOOR

1.200M

1.100M

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The Pill European Store List 963 selling points 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49. 50. 51. 52. 53. 54. 55. 56. 57. 58. 59. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. 71. 72. 73. 74. 75. 76. 77. 78. 79. 80. 81. 82. 83. 84. 85. 86. 87. 88. 89. 90. 91. 92. 93. 94. 95. 96. 97. 98. 99. 100. 101. 102. 103. 104. 105. 106. 107. 108. 109. 110. 111. 112. 113. 114. 115. 116. 117. 118. 119. 120. 121. 122. 123. 124. 125. 126. 127. 128. 129. 130. 131. 132. 133. 134. 135. 136. 137. 138. 139. 140. 141. 142. 143. 144. 145. 146. 147. 148. 149. 150. 151. 152. 153. 154. 155. 156. 157. 158.

ITA BIKE SPORT ADVENTURE ITA SALEWA OUTLET ENNA ITA STILE LIBERO ITA BOULDER & CO ITA SALEWA OUTLET PALMANOVA ITA PEAK LAND ITA ALAGNA OUTDOOR ITA BASE CAMP ITA MOUNTAIN HOME ITA BORDINO FRANCO ITA SPORTLER ALBIGNASEGO ITA ARCO SPORT ITA SPORTRAGE ITA C.ELLE SPORT ITA SPORT HUB ALMENNO ITA FOTO SPORT BANAL ITA ACTIVITY PEOPLE ITA ALPSTATION ANDALO ITA SPORTLAND ANTEGNATE ITA SALEWA AOSTA ITA ALPSTATION AOSTA ITA CRAZY BY VERTICAL ITA MEINARDI SPORT ITA GAL SPORT ITA JOE SPORT ITA EVIVA SPORT ITA LARINO ALBINO ITA CLIMBING VILLAGE ITA G ARCO ITA LA SPORTIVA ARCO ITA RED POINT 1 ITA RED POINT 2 ITA ROCK & ICE ARCO ITA SALEWA ARCO ITA ALPSTATION ARCO ITA KARPOS STORE ARCO ITA ARCO CLIMBING ITA ART ROCK ITA VERTICAL WORLD SPORT ITA GOBBI SPORT ITA RED POINT 2 (MABB 90) ITA VERTICAL SPORT ARCO ITA THE NORTH FACE ARESE ITA ALPSTATION AREZZO ITA BALLONI SPORT ITA EXUM ITA MASTER SPORT ITA CLIMBAP ITA PESAVENTO MOUNTAIN STORE ITA UNY STORE ITA SPORTLAND ASOLA ITA RRTREK GRAN SASSO ITA MATIS SPORT ITA ALPSTATION LAVAREDO ITA DEGNI SPORT ITA BSHOP AVIGLIANA ITA TREKKING SPORT ITA FINISH LINE ITA SALEWA OUTLET MANTOVA ITA AFFARI & SPORT BALLABIO ITA TONINO SPORT ITA CARAVELLA SCOUT ITA LA SORGENTE ITA MAROCCO SPORT ITA ALPSTATION BASSANO ITA DF SPORT SPECIALIST BELLINZAGO ITA MAZZARONA SPORT ITA ROBI SPORT ITA SU E GIU' SPORT ITA B-STORE ITA GREAT ESCAPES BERGAMO ITA CAI BERGAMO ITA DF SPORT SPECIALIST BEVERA ITA FRANCO SPORT ITA NUOVI ORIZZONTI BOLOGNA ITA ITA PATAGONIA BOLOGNA ITA VILLA 1928 ITA THE NORTH FACE BOLOGNA ITA IL GALLO ITA MOUNTAINSPIRIT ITA SALEWA WORLD BOLZANO ITA CMP BOLZANO ITA MONTURA BOLZANO ITA THE NORTH FACE BOLZANO ITA SPORTLER BOLZANO ITA CAVALLO CENTRO SPORT ITA MASSI SPORT ITA TEMPO LIBERO ITA PATAGONIA BORMIO ITA MOUNTAIN & RUNNING ITA CRAZY STORE BORMIO ITA SKI TRAB ITA GIALDINI ITA BLOCCO MENTALE ITA ROMEO SPORT ITA ROSSIGNOL BRESCIA ITA MAD CLIMBERS PALESTRA ITA SPORTLAND BRESCIA ITA KLEON SPORT ITA SPORTLER BRESSANONE ITA BERTHOD SPORT ITA MOUNTAIN SHOP CERVINIA ITA UAINOT MOUNTAIN SHOP ITA PATAGONIA BRUNICO ITA ALPSTATION BRUNICO ITA OUTFIT SPORT MODE ITA SPORT MODE SCHOENHUBER ITA THOMASER ITA SPORTLER ALPIN BRUNICO ITA SPORTLER BRUNICO ITA STILE ALPINO ITA SPORTLER CALALZO ITA VERTICAL SPORT SARCHE ITA NENCINI SPORT ITA PROROCK MOUNTAIN STORE ITA MOUNTAIN SHOP TUBRIS ITA SPORTLIFEE ITA AMPLATZ SPORT ITA SPORT AMPLATZ ITA PUNTO RUNNING ITA RADAELLI SPORT ITA BIG WALL ITA NUOVI ORIZZONTI CARPI ITA THE NORTH FACE CARUGATE ITA UNDER ARMOUR CAROSELLO ITA CAMPO BASE BERGAMO ITA MANCINI ITA SPORTLAND CASTEL GOFFREDO ITA ALPSTATION BISMANTOVA ITA CRAZY STORE CASTIONE ITA OLGA SPORT ITA LA SPORTIVA STORE CAVALESE ITA LARCHER SPORT ITA UN SESTO ACCA - 1/6H ITA FREETIME ITA MAXI SPORT CERNUSCO ITA MAXI SPORT MERATE ITA BASE CAMP SSD ITA PASSSPORT CESIOMAGGIORE ITA DELFINO SPORT ITA MARISPORT ITA ROUTE RAMEY 33 - THE SHOP ITA X-TREME ITA ZECCHIN SPORT ITA SPORTLAND CHIARI ITA L'ARTE DI SALIRE IN ALTO ITA ASPORT’S MOUNTAIN CHIES ITA MAIUK SPORT ITA SALEWA SONDRIO ITA GRIMPEUR ITA CPR FREE SPORT ITA MOLINARI SPORT ITA ALCHYMYA ITA ITA SALEWA CLES ITA ALPSTATION CLES ITA SPORT EVOLUTION ITA CASEROTTI SPORT ITA BETTINESCHI SPORT

ADRANO AGIRA AGORDO AGRATE BRIANZA AIELLO DEL FRIULI ALA DI STURA ALAGNA VALSESIA ALAGNA VALSESIA ALBA ALBA ALBIGNASEGO ALESSANDRIA ALESSANDRIA ALLEGHE ALMENNO SAN SALVATORE ANDALO ANDALO ANDALO ANTEGNATE AOSTA AOSTA AOSTA AOSTA AOSTA AOSTA APPIANO SULLA STRADA APRICA ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARCO ARESE AREZZO ASCOLI PICENO ASCOLI PICENO ASCOLI PICENO ASCOLI PICENO ASIAGO ASOLA ASOLA ASSERGI ATINA AURONZO DI CADORE AVEZZANO AVIGLIANA AVIGLIANA BADIA POLESINE BAGNOLO SAN VITO BALLABIO BALME BARI BARZIO BARZIO BASSANO DEL GRAPPA BELLINZAGO LOMBARDO BELLUNO BELLUNO BELVEDERE BERGAMO BERGAMO BERGAMO BEVERA DI SIRTORI BIELLA BOLOGNA BOLOGNA BOLOGNA BOLOGNA BOLOGNA BOLZANO BOLZANO BOLZANO BOLZANO BOLZANO BOLZANO BORGO SAN DALMAZZO BORGO SAN DALMAZZO BORGOSESIA BORMIO BORMIO BORMIO BORMIO BRESCIA BRESCIA BRESCIA BRESCIA BRESCIA BRESCIA BRESSANONE BRESSANONE BREUIL CERVINIA BREUIL CERVINIA BREUIL-CERVINIA BRUNICO BRUNICO BRUNICO BRUNICO BRUNICO BRUNICO BRUNICO CAGLIARI CALALZO CALAVINO CALENZANO CAMAIORE CAMPO TURES CAMPODENNO CANAZEI CANAZEI CANTÙ CANZO CARMAGNOLA CARPI CARUGATE CARUGATE CARVICO CASTEL DI SANGRO CASTEL GOFFREDO CASTELNOVO NE’ MONTI CASTIONE ANDEVENNO CATANIA CAVALESE CAVARENO CAZZAGO CENCENIGHE AGORDINO CERNUSCO LOMBARDONE CERNUSCO LOMBARDONE CESENA CESIOMAGGIORE CETO CHAMPOLUC CHAMPOLUC CHAMPOLUC CHIAMPO CHIARI CHIAVARI CHIES D'ALPAGO CHIESA VALMALENCO CHIURO CIRIÈ CISANO SUL NEVA CIVEZZANO CLAUT CLES CLES CLUSONE COGOLO COLERE

159. 160. 161. 162. 163. 164. 165. 166. 167. 168. 169. 170. 171. 172. 173. 174. 175. 176. 177. 178. 179. 180. 181. 182. 183. 184. 185. 186. 187. 188. 189. 190. 191. 192. 193. 194. 195. 196. 197. 198. 199. 200. 201. 202. 203. 204. 205. 206. 207. 208. 209. 210. 211. 212. 213. 214. 215. 216. 217. 218. 219. 220. 221. 222. 223. 224. 225. 226. 227. 228. 229. 230. 231. 232. 233. 234. 235. 236. 237. 238. 239. 240. 241. 242. 243. 244. 245. 246. 247. 248. 249. 250. 251. 252. 253. 254. 255. 256. 257. 258. 259. 260. 261. 262. 263. 264. 265. 266. 267. 268. 269. 270. 271. 272. 273. 274. 275. 276. 277. 278. 279. 280. 281. 282. 283. 284. 285. 286. 287. 288. 289. 290. 291. 292. 293. 294. 295. 296. 297. 298. 299. 300. 301. 302. 303. 304. 305. 306. 307. 308. 309. 310. 311. 312. 313. 314. 315. 316. 317. 318. 319. 320. 321. 322. 323. 324. 325. 326.

ITA SPORT PESCOSTA ITA SPORT POSCH ITA PRANTNER ITA SPORT LIFE ITA MAURIZIO SPORT ASPORT’S MOUNTAIN CORDENONS ITA ITA VISONÀ SPORT ITA SPORTMARKET ITA MILLET SHOP ITA MOROTTO SPORTS EQUIPMENT ITA THE NORTH FACE CORTINA ITA DUE & DUE CORTINA ITA LA COOPERATIVA DI CORTINA ITA QUOTA 1224 ITA LA SPORTIVA CORTINA ITA PATAGONIA CORTINA ITA ROCK & ICE CORTINA ITA SALEWA CORTINA ITA CORTINA 360 ITA TECNICA OLYMPIA ITA SPORT ALFREDO ITA SPORT KOSTNER ITA 4810 SPORT ITA ARDI SPORT ITA LA SPORTIVA COURMAYEUR ITA PATAGONIA COURMAYEUR ITA LES PYRAMIDES ITA ULISSE SPORT ITA SALEWA CUNEO ITA VIALE CALZATURE ITA ALPSTATION CUNEO ITA CRAZY BY VERTICAL ITA THE NORTH FACE CUNEO ITA BIGUP ITA NOCH SHOP ITA FALETTI MOUNTAIN STORE DF SPORT SPECIALIST DESENZANO ITA ITA MOUNTAIN GARAGE ITA OUTSIDER ITA SALEWA DOBBIACO ITA KRALER SPORT ITA ALPSTATION BRIANZA ITA POSSA SPORT ITA SPORT EXTREME ITA MOSONI SPORT ITA ERCOLE ITA OUTDOOR & TREKKING STORE ITA HOLIDAY SPORT ITA SPIT SPORT OUTDOOR ITA LINEA VERTICALE ITA IL DADO BOULDER ITA PENNENTE OUTDOOR ITA ALPMANIA ITA ERREGI SPORT ITA DEVA WALL ITA CRAZY STORE FINALE LIGURE ITA LA SPORTIVA FINALE LIGURE ITA SALEWA FINALE LIGURE ITA MONTURA FINALBORGO ITA OUTPOST MONTAINEERING ITA RIDE & RUN CRAZY STORE ITA ROCKSTORE ITA CLIMB ITA NEVERLAND ITA PESCI CAMPING STORE ITA SPORT CLUB ITA THE NORTH FACE FIRENZE ITA OBIETTIVO MONTAGNA ITA BALANTE SPORT ITA CAPO NORD ITA GIMELLI ITA 3.30 RUNNING STORE ITA ROSSIGNOL FORMIGLIANA ITA FREES SPORT ITA SPORTIFICATION ITA ITA SURF SHOP ITA SPORT MAX ITA ALL4CYCLING ITA BM SPORT ITA SALEWA GENOVA ITA BONI SPORT ITA BONI SPORT ITA CENTRO CANOA ITA HOBBY SPORT ITA MOISMAN ITA REPETTO SPORT ITA BOULDER FACTORY ITA MONTAGNARD SPORT ITA SONEGO ITA RUNNING LIFE ITA SPORTWAY GRAVELLONA ITA BERGLAND ITA 099 OUTDOOR ITA SPORTLAND GUSSAGO ITA GRAZIA SPORT ISEO ITA ALPSTATION ISERA ITA ALTA QUOTA ISERNIA ITA 38° PARALLELO ITA MOUNTAINWORLD ITA SALEWA AQUILA ITA BLOCKLAND ITA TREKKING L’AQUILA ITA ORNELLA SPORT ITA SPORT 203 ITA SPORT TONY ITA IMPULS SPORT ITA SPORT HUB LECCO ITA AFFARI & SPORT LECCO ITA GREAT ESCAPES LECCO ITA MY WALL ITA BOTTERO SKI ITA DF SPORT SPECIALIST LISSONE ITA MAXI SPORT LISSONE ITA CENTRO HOBBY SPORT ITA CRAZY STORE LIVIGNO ITA I’M SPORT ITA LAPPONIA ITA MOUNTAIN PLANET ITA PUNTO SPORT ITA SILENE SPORT ITA SPORT EXTREME ITA THE NORTH FACE LIVIGNO ITA SALEWA OUTLET SCALO MILANO ITA SPORTLAND LONATO ITA SALEWA LONGARONE ITA IL CAMPIONE LUCCA ITA VIVISPORT ITA CRESPI SPORT ITA SPORT MODE STEGER ITA OLIMPIONICO SPORT ITA SPORT 3 TRE ITA SPORT TENNE ITA CINQUE TERRE TREKKING ITA PEIRANO SPORT ITA JANE SPORT ITA MUD AND SNOW ITA BREMA SPORT ITA MEGA INTERSPORT ITA MOUNTAIN STORE ITA THE REVIVE CLUB ITA HUTTER SPORT ITA SPORTLER ALPIN MERANO ITA SPORTLER MERANO ITA MAXI SPORT MERATE ITA NARDELLI SPORT ITA PATAGONIA MILANO ITA RUNAWAY ITA SALEWA MILANO ITA VIBRAM MILANO ITA WHY RUN ITA ALPSTATION MILANO ITA CANADA GOOSE MILAN ITA CARTON ITA ITA DF SPORT SPECIALIST MILANO ITA KIM FORNITURE SCOUT ITA KOALA SPORT ITA LA MONTAGNA SPORT ITA SAVE THE DUCK MILANO ITA SAVE THE DUCK MILANO ITA SEASE ITA THE NORTH FACE MILANO ITA VERDE PISELLO ITA UNDER ARMOUR MILANO ITA UNDER ARMOUR MILANO ITA DON KENYA RUN ITA MANGA CLIMBING ITA SPORTING SAN LORENZO ITA FREE SOLO

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COLFOSCO COLFOSCO IN BADIA COLLALBO COLOMBIERA MOLICCIARA CONDINO CORDENONS CORNEDO CORNUDA CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORVARA IN BADIA CORVARA IN BADIA COURMAYEUR COURMAYEUR COURMAYEUR COURMAYEUR COURMAYEUR COURMAYEUR CUNEO CUNEO CUNEO CUNEO CUNEO CUNEO DARFO BOARIO DARFO BOARIO TERME DESENZANO DEL GARDA DESIO DIMARO FOLGARIDA DOBBIACO DOBBIACO DOLZAGO DOMODOSSOLA DOMODOSSOLA DOMODOSSOLA DUEVILLE FAENZA FALCADE FANO FELTRE FELTRE FERMO FERRARA FERRARA FERRARA FINALE LIGURE FINALE LIGURE FINALE LIGURE FINALE LIGURE FINALE LIGURE FINALE LIGURE FINALE LIGURE FIRENZE FIRENZE FIRENZE FIRENZE FIRENZE FIRENZE FIUMALBO FORLÌ FORLÌ FORMIGINE FORMIGLIANA FOSSALTA DI PIAVE FOSSANO FRABOSA SOTTANA FROSSASCO GAZZADA SCHIANNO GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GIAVENO GODEGA SANT'URBANO GRADISCA D’ISONZO GRAVELLONA TOCE GRESSONEY-SAINT-JEAN GROSSETO GUSSAGO ISEO ISERA ISERNIA IVREA L'AQUILA L’AQUILA L’AQUILA L’AQUILA LA THUILE LA VALLE AGORDINA LA VILLA LANA LECCO LECCO LECCO LEVATA LIMONE PIEMONTE LISSONE LISSONE LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LOCATE DI TRIULZI LONATO LONGARONE LUCCA LUCCA LUINO LUTAGO MADONNA DI CAMPIGLIO MADONNA DI CAMPIGLIO MALLES VENOSTA MANAROLA MANTA MANTOVA MARANO SUL PANARO MARTELLAGO MARTIGNACCO MATELICA MEOLO MERANO MERANO MERANO MERATE MEZZOLOMBARDO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MIRANO

327. 328. 329. 330. 331. 332. 333. 334. 335. 336. 337. 338. 339. 340. 341. 342. 343. 344. 345. 346. 347. 348. 349. 350. 351. 352. 353. 354. 355. 356. 357. 358. 359. 360. 361. 362. 363. 364. 365. 366. 367. 368. 369. 370. 371. 372. 373. 374. 375. 376. 377. 378. 379. 380. 381. 382. 383. 384. 385. 386. 387. 388. 389. 390. 391. 392. 393. 394. 395. 396. 397. 398. 399. 400. 401. 402. 403. 404. 405. 406. 407. 408. 409. 410. 411. 412. 413. 414. 415. 416. 417. 418. 419. 420. 421. 422. 423. 424. 425. 426. 427. 428. 429. 430. 431. 432. 433. 434. 435. 436. 437. 438. 439. 440. 441. 442. 443. 444. 445. 446. 447. 448. 449. 450. 451. 452. 453. 454. 455. 456. 457. 458. 459. 460. 461. 462. 463. 464. 465. 466. 467. 468. 469. 470. 471. 472. 473. 474. 475. 476. 477. 478. 479. 480. 481. 482. 483. 484. 485. 486. 487. 488. 489. 490. 491. 492. 493. 494.

NUOVI ORIZZONTI MODENA THE NORTH FACE MODENA LIVIO SPORT SPORTMAN SPORTLAND MONIGA PATAGONIA MONTEBELLUNA ROSSIGNOL MONTEBELLUNA VIBRAM MONTEBELLUNA SALEWA OUTLET MONTEBELLUNA ROCK & WALLS PURE NATURE WILD PROJECT THE CHANGE PATAGONIA MORBEGNO WHATSAPP SPORT HUB MORI MICARELLI STORE LAB8 ARBITER UNTERHOLZNER GRANDE GRIMPE PERICO SPORT SPORTLAND TORINO ETNA WALL SERVOLARE 17 RUNWAY SPORT SPORT LAURIN ALBY SPORT DF SPORT SPECIALIST OLGIATE SALEWA ORIO CENTER DF SPORT SPECIALIST ORIO THE NORTH FACE ORIO UNDER ARMOUR ORIO AL SERIO MAMMUT ORTISEI SPORT GARDENA SPORT SCHMALZ SPORTLAND ORZINUOVI FREE TIME STORE SPORTLAND OSPITALETTO BIG WALL ABBÀ LA COCCINELLA SALEWA PADOVA ACTIVE CREMA SPORT INTELLIGHENZIA PROJECT SESTOGRADO SPORTLAND PALAZZOLO GENCHI SPORT PER CORRERE PELLISSIER SPORT PIRCHER GUNTHER 46° PARALLELO MOVE MOUNTAIN LOVERS ALPSTATION PARMA FREE SPORT SEVEN SUMMITS FERRARI SPORT SPORTWAY NOVARA OLIUNÌD MILANO UKU PACHA MONDO VERTICALE SPAZIOUTDOOR KING LINE STELLA ALPINA ALTA QUOTA PESCARA FRANCO SPORT RRTREK PESCASSEROLI OUTLANDERS L'ALTROSPORT DF SPORT SPECIALIST PIACENZA SPORT IN MONTAGNA OUTDOOR LIFE VERTICAL SPORT PIETRAMURATA PIANETA SPORT ASPORTSTATION STIMM ZAMBERLAN ONBOARD ARIAPERTA M.C.RUNNING EUROSPORT SPORT HUB PINZOLO SPORTLAND PISOGNE SELMI TECHNOSPORT VALLEE SPORT PEAK PERFORMANCE STORE AMORINI OUTDOOR SPORTWAY PONTE KAPPAEMME SPORT MOUNTAIN SHOP BERGAMO TOFFOLI SPORT SPORTLER PORDENONE MIVAL SPORT LA SPORTIVA POZZA DI FASSA BLOSSOM SKI IL CAMPIONE PRATO RUNOUT SALEWA PREDAZZO V10 BERGFUCHS MORASSI ETTORE OUTDOOR & TREKKING STORE ROSSIGNOL UDINE REGGIO GAS GINETTO SPORT A1 CLIMBING MONTAGNA VERTICALE SALVATORI SPORT THE NORTH FACE RIMINI PERTINGER VERTICAL SPORTSWEAR MOUNTAIN SICKS SPORT NATURA CAMPO BASE ROMA CAMPO BASE ROMA OUTDOOR EXPERIENCE PATAGONIA ROMA ROSSIGNOL PARMA RRTREK ROMA ALP3 MONTAGNA CLIMBER STORE GEOSTA LBM SPORT MONTURA ROMA ONE RACE ONERACE THE NORTH FACE COLA DI R. THE NORTH FACE ROMA THE NORTH FACE ROMA MIZUNO ROMA ALTA QUOTA ROMA ROCK IT STAR WALL URBANSTAR OMNIA SPORT SPORTLAND RONCADELLE SHERPA ATLANTE MONTELLO MAKALU' SPORT CABAS SPORT MONTURA ROVERETO BLOCK3 SPORTLIFEE SPORT JOCHER MACIACONI PIÙ SPORT ANIMA SPORTIVA ALPSTATION AOSTA PAPIN SPORT SPORT HOLZER SPORT HUB CHIAVENNA LAGAZOI SPORT MILESI SPORT SPORTLAND SAN LEONARDO GODI SPORT TURNOVER SPORT SPORTLER SAN MARTINO SLALOM SLALOM SPORT SAN MARTINO SPORT PARETI WEGER UNICO SPORT ALPSTATION BRESCIA NEW VIAGGIANDO GIUGLAR LAB IS SPORT

ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA ITA

MODENA MODENA MOENA MONDOVÌ MONIGA MONTEBELLUNA MONTEBELLUNA MONTEBELLUNA MONTEBELLUNA MONTESACRO MONTESILVANO MONTESILVANO MORBEGNO MORGEX MORI MUCCIA NAGO TORBOLE NAPOLI NATURNO NEMBRO NEMBRO NICHELINO NICOLOSI NICOLOSI NOICATTARO NOVA LEVANTE NOVALESA OLGIATE OLONA ORIO AL SERIO ORIO AL SERIO ORIO AL SERIO ORIO AL SERIO ORTISEI ORTISEI ORTISEI ORZINUOVI OSIMO OSPITALETTO OSTERIA DEL GATTO OULX OVINDOLI PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PALAZZOLO SULL’OGLIO PALERMO PALERMO PAQUIER PARCINES PARMA PARMA PARMA PARMA PAVULLO NEL FRIGNANO PERGINE VALSUGANA PERNATE PERO PERTOSA PERUGIA PERUGIA PESCARA PESCARA PESCARA PESCASSEROLI PESCASSEROLI PIACENZA PIACENZA PIACENZA PIANCOGNO PIANELLA PIETRAMURATA PIETRASANTA PIEVE D’ALPAGO PIEVE DI SOLIGO PIEVE DI TORREBELVICINO PINEROLO PINEROLO PINEROLO PINZOLO PINZOLO PISOGNE PISTOIA PLAN FELINAZ PONT SAINT MARTIN PONTE DI LEGNO BS PONTE FELCINO PONTE NELLE ALPI PONTE SELVA DI PARRE PONTERANICA PORDENONE PORDENONE POVE DEL GRAPPA POZZA DI FASSA PRATA CAMPORTACCIO PRATO PRATO PREDAZZO QUARTU SANT’ELENA RASEN-ANTHOLZ SÜDTIROL RAVASCLETTO RAVENNA REANA DEL ROJALE REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA RIETI RIETI RIMINI RIO DI PUSTERIA RIVAROLO CANAVESE RIVAROLO CANAVESE ROCCA DI MEZZO ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMAGNANO SESIA RONCADELLE RONCO BRIANTINO RORETO DI CHERASCO ROVERETO ROVERETO ROVERETO ROVERETO RUFFRE' - MENDOLA S. ANDREA S. CRISTINA SACILE SACILE SAINT CHRISTOPHE SAN CANDIDO SAN CANDIDO SAN CASSIANO SAN CASSIANO SAN GIOVANNI BIANCO SAN LEONARDO IN PASSIRIA SAN MARTINO BUON ALBERGO SAN MARTINO BUON ALBERGO SAN MARTINO BUON ALBERGO SAN MARTINO DI CASTROZZA SAN MARTINO DI CASTROZZA SAN MARTINO DI CASTROZZA SAN PANCRAZIO SAN PAOLO SAN VENDEMIANO SAN ZENO NAVIGLIO SANSEPOLCRO SANT'AMBROGIO SANT’AGOSTINO


495. 496. 497. 498. 499. 500. 501. 502. 503. 504. 505. 506. 507. 508. 509. 510. 511. 512. 513. 514. 515. 516. 517. 518. 519. 520. 521. 522. 523. 524. 525. 526. 527. 528. 529. 530. 531. 532. 533. 534. 535. 536. 537. 538. 539. 540. 541. 542. 543. 544. 545. 546. 547. 548. 549. 550. 551. 552. 553. 554. 555. 556. 557. 558. 559. 560. 561. 562. 563. 564. 565. 566. 567. 568. 569. 570. 571. 572. 573. 574. 575. 576. 577. 578. 579. 580. 581. 582. 583. 584. 585. 586. 587. 588. 589. 590. 591. 592. 593. 594. 595. 596. 597. 598. 599. 600. 601. 602. 603. 604. 605. 606. 607. 608. 609. 610. 611. 612. 613. 614. 615. 616. 617. 618. 619. 620. 621. 622. 623. 624. 625. 626. 627. 628. 629. 630. 631. 632. 633. 634. 635. 636. 637. 638. 639. 640. 641. 642. 643. 644. 645. 646. 647. 648. 649. 650. 651. 652. 653. 654. 655. 656. 657. 658. 659. 660. 661. 662.

GI-SPORT KRATTER FAMA SPORT ALPSTATION SARZANA 3.30 RUNNING STORE BESSON SPORT GIUGGIA SPORT MOUNTAIN EXPERIENCE MAX SPORT VALLI SPORT ALPSTATION SCHIO PIANETA CICLO ART CLIMB PALESTRA BRUNO SPORT ACTIV SPORT SPORT WALTER CABOT COVE OUTDOOR CAFÈ SALEWA OUTLET SERRAVALLE KINIGER SPORTMODE MAXI SPORT SESTO S.G. XL MOUNTAIN IL MARATONETA SPORT RONDIRO PASSSPORT SIGNORESSA SPORTLER CLIMBING CENTER SPORTLER TREVISO DF SPORT SPECIALIST SIRTORI ALTERNATIVA SPORT ALPIN SPORT MODE ALPIN SPORTS K&K SPORTS SALEWA OUTLET VERONA FIORELLI SPORT SONDRIO CENTRO SPORT SPORTLAND SONICO VI BLOCK CAMPO BASE SPILAMBERTO BERGER SCHUKE SPORTLAND STEZZANO ALPSTATION TARVISIO SPORTLER TAVAGNACCO ZANI SPORT PIÙ SPORT VERTIGINI SPORT IOCORRO! MONTURA FIEMME SPORT VENTURA CRAZY STORE TIRANO TECNICAL SKI BSHOP BRACCINI BSHOP RAVINA FERRINO STORE TORINO FRESH STORE JOLLY SPORT JOLLY SPORT MIZUNO STORE ORIZZONTI VERTICALI RONCO ALPINISMO SALEWA TORINO ALPSTATION TORINO BSIDE CLIMBING VILLAGE CUORE DA SPORTIVO GRASSI SPORT TORINO MONTURA TORINO ORIZZONTI VERTICALI PASSION SPORT SALA SPORT THE NORTH FACE TORINO ASD BOULDER BAR SASP PALESTRA CLIMBING READY TO RUN GULLIVER TORRE PELLICE SPORTLER VICENZA LEZARD CATTI SPORT LA SPORTIVA TRENTO ROCK & ICE TRENTO SHERPA3 PATAGONIA VERTICAL SPORT TRENTO MONTURA TRENTO TECNOSCI SPORTLER ALPIN TRENTO SPORTLER TRENTO MAGNITUDO LE BLOC SHOP ALPSTATION TRIESTE AVVENTURA DUE SPORTLER TRIESTE FIASCARIS K2 SPORT SPORT CENTER FIORELLI SPORT VALMASINO SPORT CORONES LAYAK SPORT MODE MARIA SALEWA OUTLET VALMONTONE SKICENTER LODO SPORT VERNAZZA SPORT CAMPO BASE VERONA MONTURA VERONA ROSSIGNOL VERONA THE NORTH FACE VERONA MARATONANDO OLIUNÌD LDR PALESTRA GILIOLI SPORT MONDO MONTAGNA VERTICAL NO LIMIT DHO SPORT ROSSI SPORTLAND VILLANUOVA AFFARI & SPORT VILLASANTA BAROLI SPORT CALZATURE BAROLI HERBERT PLANK SPORT RUNNER HELLWEGER INTERSPORT LA SPORTIVA ZIANO DI FIEMME TIRABOSCHI SPORT QUOTA 362 CRAS TABIA SPORT SALEWA STORE SALZBURG SPORTLER ALPIN LOACKER BERGFUCHS ALPSTATION INNSBRUCK BLACK DIAMOND INNSBRUCK PATAGONIA INNSBRUCK SPORTLER WITTING THE NORTH FACE INNSBRUCK ROCKNROLL MOUNTAIN STORE HIGH LIFE HANDELS SPORTLER BERGSPORT ZIMML ALPINAUSSTATTER BASE CAMP THE ALPINE STORE SALEWA OUTLET PARNDORF SALEWA STORE SAALFELDEN SALEWA STORE SCHLADMING SPORT4YOU PETE SPORT BERGWERK SALEWA STORE WIEN STEPPENWOLF ONSIGHT BERGSPORT HAVEN DE ZWERVER HAVEN TRANSA BASEL TRANSA BERN BÄCHLI BERGSPORT STILE ALPINO LUGANO PLANET ENDURANCE TRANSA LUCERNE DF SPORT SPECIALIST LUGANO SALEWA STORE PONTRESINA STILE ALPINO SAMEDAN BOOSPORT TRANSA ST. GALLEN MONTAIN-AIR BAYARD SPORT MILLET SHOP SALEWA STORE ZERMATT THE NORTH FACE ZERMATT THE NORTH FACE ZURICH TRANSA ZURICH BÄCHLI BERGSPORT MOUNTAIN-SPORTS

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SAPPADA SARONNO SARZANA SASSUOLO SAUZE D’OULX SAVIGLIANO SAVIGNANO SUL RUBICONE SCHIO SCHIO SCHIO SCOPPITO SEDICO SELVA GARDENA SELVA VAL GARDENA SELVA VAL GARDENA SENIGALLIA SERAVALLE SCRIVIA SESTO SESTO SAN GIOVANNI SETTIMO VITTONE SIENA SIENA SIGNORESSA SILEA SILEA SIRTORI SISTIANA SIUSI SIUSI SIUSI SONA SONDRIO SONDRIO SONICO SPESSA SPILAMBERTO ST. NIKOLAUS ULTEN STEZZANO TARVISIO TAVAGNACCO TEMU TERAMO TERNI TERNI TESERO TESERO TIRANO TOLMEZZO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORRE BOLDONE TORRE PELLICE TORRI DI QUARTESOLO TRADATE TRAVERSETOLO TRENTO TRENTO TRENTO TRENTO TRENTO TRENTO TRENTO TRENTO TRENTO TREVISO TRIESTE TRIESTE TRIESTE UDINE UDINE VAL DI VIZZE VAL MASINO VALDAORA VALDRAGONE VALLES VALMONTONE VARNA VERMIGLIO VERNAZZA VERONA VERONA VERONA VERONA VIAREGGIO VICENZA VIGNOLA VIGNOLA VILLAIR VILLANOVA MONDOVI VILLANOVA MONDOVI VILLANUOVA SUL CLISI VILLASANTA VILLENEUVE VILLENEUVE VIPITENO VITERBO WELSBERG-TAISTEN ZIANO DI FIEMME ZOGNO ZOLA PREDOSA ZOLA PREDOSA ZOLDO ALTO BERGHEIM BEI SALZBURG BLUDENZ GÖTZIS GRAZ INNSBRUCK INNSBRUCK INNSBRUCK INNSBRUCK INNSBRUCK KIRCHDORF IN TIROL KLAGENFURT AM WÖRTHERSEE KUFSTEIN LIENZ LIENZ LINZ PARNDORF SAALFELDEN SCHLADMING SÖLDEN ST. ANTON AM ARLBERG STEYR WIEN WIEN ZAMS ANTWERPEN HERENTALS KNOKKE BASEL BERN BERN-BREITENRAIN CANOBBIO ECUBLENS LUCERNE LUGANO PONTRESINA SAMEDAN SIERRE ST. GALLEN VERBIER ZERMATT ZERMATT ZERMATT ZERMATT ZURICH ZURICH ZURICH-OERLIKON ANSBACH

663. 664. 665. 666. 667. 668. 669. 670. 671. 672. 673. 674. 675. 676. 677. 678. 679. 680. 681. 682. 683. 684. 685. 686. 687. 688. 689. 690. 691. 692. 693. 694. 695. 696. 697. 698. 699. 700. 701. 702. 703. 704. 705. 706. 707. 708. 709. 710. 711. 712. 713. 714. 715. 716. 717. 718. 719. 720. 721. 722. 723. 724. 725. 726. 727. 728. 729. 730. 731. 732. 733. 734. 735. 736. 737. 738. 739. 740. 741. 742. 743. 744. 745. 746. 747. 748. 749. 750. 751. 752. 753. 754. 755. 756. 757. 758. 759. 760. 761. 762. 763. 764. 765. 766. 767. 768. 769. 770. 771. 772. 773. 774. 775. 776. 777. 778. 779. 780. 781. 782. 783. 784. 785. 786. 787. 788. 789. 790. 791. 792. 793. 794. 795. 796. 797. 798. 799. 800. 801. 802. 803. 804. 805. 806. 807. 808. 809. 810. 811. 812. 813. 814. 815. 816. 817. 818. 819. 820. 821. 822. 823. 824. 825. 826. 827. 828. 829. 830.

CONDITION STEIGENBERGER BERGSPORTHÜTTE STADT LAND FLUSS BERGSPORT GEISTALLER CAMP 4 GLOBETROTTER BERLIN MONT K PATAGONIA BERLIN THE NORTH FACE BERLIN UNTERWEGS BIELEFELD GLOBETROTTER BONN UNTERWEGS BONN UNTERWEGS BREMEN UNTERWEGS CELLE DER SKANDINAVIER GLOBETROTTER DRESDEN UNTERWEGS DUISBURG GLOBETROTTER DÜSSELDORF SACK & PACK UNTERWEGS ERFURT FREILAUF BERGSPORT MÜHLBAUER UNTERWEGS FLENSBURG GLOBETROTTER FRANKFURT SALEWA STORE FREIBURG SPORT KIEFER DOOROUT.COM NORDWAND SPORTS ALPINSPORT BASIS BERGSPORT WN ALPIN SPORT CONRAD GARMISCH BERGZEIT GLOBETROTTER HAMBURG GLOBETROTTER HAMBURG UNTERWEGS HAMM BSZ BERGSPORTZENTRALE ADVENTURE COMPANY BERGZEIT UNTERWEGS HÖXTER UNTERWEGS JEVER BASISLAGER SPORT HANDELS SCENIC SPORTS BERGSPORT MAXI UNTERWEGS KIEL GLOBETROTTER AUSRÜSTUNG GLOBETROTTER KÖLN SPORT GRUNER ALPINSPORTZENTRALE ALPEN STRAND THE NORTH FACE LEIPZIG UNTERWEGS LEIPZIG BIWAK EISELIN SPORT ALPIN OUTDOOR LADEN OUTDOORTRENDS MAGIC MOUNT GLOBETROTTER MÜNCHEN GOLDWIN PATAGONIA MÜNCHEN RUMRICH STONE PROJECTS SCHUSTER SPORTHAUS DERU THE NORTH FACE MUNICH UNTERWEGS MÜNSTER SPORT CONRAD MURNAU TRAVEL & TREK BASTIAN SALEWA STORE OBERSTDORF UNTERWEGS OLDENBURG DER OUTDOORLADEN SPORT CONRAD PENZBERG GIPFELSTÜRMER SALEWA STORE REGENSBURG MONTAGNE-SPORT BERGWERKER STUTTGART GLOBETROTTER STUTTGART GLOBETROTTER HARZ SCHNEIDER RAD+SPORT VIKING ADVENTURES BIWAKSCHACHTEL GLOBETROTTER ULM UNTERWEGS WESEL SPORT CONRAD WIELENBACH UNTERWEGS WILHELMSHAVEN SALEWA OUTLET ZWEIBRÜCKEN EVENTYRSPORT NATURLIGVIS OUTDOOR OUTDOOR XPERTEN TRAILXTREM ALCOBENDAS EL REFUGIO DEPORTES DIAGONAL ALMERIA VILADOMAT ALP SPORTS BARRABES CAMP BASE INTERPERIE CAMP BASE NUS CERCLESPORTS CUYLÁS BARCELONA EQUIPA'T GROWOLD SALEWA STORE BARCELONA SHARMA CLIMBING THE NORTH FACE BARCELONA VÈRTIC BARCELONA BARRABÉS RÍOS RUNNING BERGA SERAC SPORT MONTAÑA Y DEPORTES HAMAIKA MOUNTAIN THE NORTH FACE BILBAO ZONA GR ARMERIA Y AVENTURA SUMMIT MOUNTAIN ESPORTS ROC VERTICAL AL COXINILLO MACHAPUCHARE ARISTARUN GOMA 2 TECNIC ESPORTS ANDORRA TRAMUNTANA ESPORTS LUDO AVENTURA ESPORTS NABES DEPORTES SHERPA GRANADA ILLA SPORTS DEPORTES CHARLI JACA BLACKISARD MOUNTAIN K2 PLANET CUYLÁS MADRID DEPORTES KOALA DEPORTES MAKALU OUTDOOR SIN LÍMITE THE NORTH FACE MADRID DEPORTES LA TRUCHA RÍOS RUNNING MANRESA VÈRTIC MANRESA VÈRTIC SABADELL EVORUNNER FACTOR 2 CARVING ESPORTS CAMP BASE C17 LA SPORTIVA RODELLAR CAMP BASE SANT CUGAT AGOSTI XTREME SPORT PEREGRINOTECA.COM DEPORTEMANIA ESPORTS K2 TANGOSENLAROCA.COM DEPORTES AITANA L’AVENTURA THE NORTH FACE VALENCIA DEPORTES ALVARADO TERRA DEPORTE AVENTURA SALEWA OUTLET VILADECANS CAMP BASE VITORIA DEPORTES GAIKAR KIROLAK SCANDINAVIAN OUTDOOR PARTIOAITTA LAHTI PARTIOAITTA ROVANIEMI SCANDINAVIAN OUTDOOR AU VIEUX CAMPEUR ALBERTVILLE MILLET SHOP ALPE D'HUEZ PICTURE SNOWLEADER ANNECY THE NORTH FACE ANNECY CHULLANKA ANTIBES MILLET SHOP BASTIA PEYTAVIN SPORT SPORTS AVENTURE AU VIEUX CAMPEUR CHAMBÉRY

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ASCHAU AUGSBURG BAD TÖLZ BERCHTESGADEN BERLIN BERLIN BERLIN BERLIN BERLIN BIELEFELD BONN BONN BREMEN CELLE COBURG DRESDEN DUISBURG DÜSSELDORF DÜSSELDORF ERFURT ERLANGEN FELDKIRCHEN WESTERHAM FLENSBURG FRANKFURT AM MAIN FREIBURG FREIBURG FULDA FÜSSEN GARMISCH-PARTENKIRCHEN GARMISCH-PARTENKIRCHEN GARMISCH-PARTENKIRCHEN GMUND-MOOSRAIN HAMBURG HAMBURG HAMM HANNOVER HEILBRONN HOLZKIRCHEN HÖXTER JEVER KARLSRUHE KAUFBEUREN KEMPTEN KIEL KÖLN KÖLN KONSTANZ LANDSBERG AM LECH LANDSHUT LEIPZIG LEIPZIG LIMBURG LÖRRACH MAINZ MARKTOBERDORF MENDEN MÜNCHEN MÜNCHEN MÜNCHEN MÜNCHEN MÜNCHEN MUNICH MUNICH MÜNSTER MURNAU NÜRNBERG OBERSTDORF OLDENBURG PADERBORN PENZBERG RAVENSBURG REGENSBURG ROSENHEIM STUTTGART STUTTGART TORFHAUS (HARZ) TRAUNSTEIN TRIER TÜBINGEN ULM WESEL WIELENBACH WILHELMSHAVEN ZWEIBRÜCKEN AARHUS FREDERIKSBERG HOLSTEBRO MADRID ALICANTE ALMERÍA ANDORRA BARCELONA BARCELONA BARCELONA BARCELONA BARCELONA BARCELONA BARCELONA BARCELONA BARCELONA BARCELONA BARCELONA BARCELONA HUESCA BARCELONA CASTELLÓ HUESCA BILBAO BILBAO GIRONA MURCIA BURGOS ANDORRA VALENCIA MADRID CÓRDOBA TARRAGONA ANDORRA VALENCIA ASTURIAS GIRANA GRANADA BARCELONA HUESCA GIRONA LEÓN MADRID MADRIS MADRID MADRID MADRID MÁLAGA BARCELONA BARCELONA BARCELONA MADRID MURCIA ANDORRA BARCELONA HUESCA BARCELONA CANTABRIA LUGO SEVILLA TARRAGONA VALENCIA VALENCIA VALENCIA VALENCIA VALENCIA PONTEVEDRA BARCELONA ARABA ARABA HELSINKI LATHI ROVANIEMI VANTAA ALBERTVILLE ALPES D'HUEZ ANNECY ANNECY ANNECY ANTIBES BASTIA BAYONNE BORDEAUX CHAMBÉRY

831. 832. 833. 834. 835. 836. 837. 838. 839. 840. 841. 842. 843. 844. 845. 846. 847. 848. 849. 850. 851. 852. 853. 854. 855. 856. 857. 858. 859. 860. 861. 862. 863. 864. 865. 866. 867. 868. 869. 870. 871. 872. 873. 874. 875. 876. 877. 878. 879. 880. 881. 882. 883. 884. 885. 886. 887. 888. 889. 890. 891. 892. 893. 894. 895. 896. 897. 898. 899. 900. 901. 902. 903. 904. 905. 906. 907. 908. 909. 910. 911. 912. 913. 914. 915. 916. 917. 918. 919. 920. 921. 922. 923. 924. 925. 926. 927. 928. 929. 930. 931. 932. 933. 934. 935. 936. 937. 938. 939. 940. 941. 942. 943. 944. 945. 946. 947. 948. 949. 950. 951. 952. 953. 954. 955. 956. 957. 958. 959. 960. 961. 962. 963.

EKOSPORT ARC’TERYX CHAMONIX MILLET SHOP CHAMONIX SNELL SPORTS SNOWLEADER CHAMONIX THE NORTH FACE CHAMONIX HAGLOFS CHAMONIX PATAGONIA CHAMONIX COQUOZ SPORTS / SALOMON D'AVENTURE EN AVENTURE MILLET SHOP COURCHEVEL MILLET SHOP DIJON ENDURANCE SHOP EPINAL S'CAPE FONTAINEBLEAU ESPACE MONTAGNE APPROACH GAP ALTITUDE SPORT OUTDOOR AU VIEUX CAMPEUR GRENOBLE MERCI DISTILLERY MILLET SHOP LA CLUSAZ MONTAZ AU VIEUX CAMPEUR LABÈGE ESPACE MONTAGNE MILLET SHOP LES ARCS MILLET SHOP LES DEUX ALPES AU VIEUX CAMPEUR LYON MILLET SHOP LYON SNOWLEADER LYON THE NORTH FACE LYON AU VIEUX CAMPEUR MARSEILLE CAP RUNNING MILLET SHOP MERIBEL CHULLANKA MERIGNAC CHULLANKA METZ THE NORTH FACE NANTES ALTICOOP AU VIEUX CAMPEUR PARIS MILLET SHOP PARIS THE NORTH FACE PARIS THE NORTH FACE PARIS OPERA THE NORTH FACE PARIS SPORT MONTAGNE PERPIGNAN ENDURANCE ESPACE MONTAGNE AU VIEUX CAMPEUR SALLANCHES BERNINA SPORT COLMAR MILLET SHOP SAINT LARY MILLET SHOP NICE AU VIEUX CAMPEUR STRASBOURG THE NORTH FACE STRASBOURG AU VIEUX CAMPEUR THONON CHULLANKA TOULOUSE MILLET SHOP VAL D'ISÈRE MILLET SHOP VAL THORENS TERRE DE MONTAGNE BEVER ALMERE BEVER AMERSFOORT BEHIND THE PINES BEVER AMSTERDAM BEVER AMSTERDAM CARL DENIG KATHMANDU AMSTERDAM MONK AMSTERDAM THE NORTH FACE AMSTERDAM BEVER APELDOORN BEVER ARNHEM BEVER ASSEN BEVER BREDA BEVER DEN HAAG BEVER DEN HAAG HUNA OUTDOOR SHOP BEVER DEVENTER BEVER DOETINCHEM BEVER EINDHOVEN MONK EINDHOVEN BEVER ENSCHEDE RENÉ VOS OUTDOOR BEVER GRONINGEN SOELLAART BEVER HENGELO BEVER HILVERSUM BEVER HOUTEN BEVER NIJMEGEN KATHMANDU NIJMEGEN OUTDOOR & TRAVEL OUTFITTERS BEVER ROTTERDAM BEVER S-HERTOGENBOSCH BEVER STEENWIJK BEVER TILBURG BEVER UTRECHT KATHMANDU UTRECHT THE NORTH FACE UTRECHT ZWERFKEI OUTDOOR NATURKOMPANIET NARTURKOMPANIET ADDNATURE CITY ALEWALDS NATURKOMPANIET ALEWALDS OUTNORTH SNOW+ROCK BIRMINGHAM SNOW+ROCK BRIGHTON THE NORTH FACE BRISTOL SNOW+ROCK CHERTSEY SNOW+ROCK DARTFORD SNOW+ROCK DIDSBURY SNOW+ROCK WIRRAL THE NORTH FACE EDINBURGH SNOW+ROCK EXETER SNOW+ROCK BRISTOL SNOW+ROCK GATESHEAD THE NORTH FACE GLASGOW THE NORTH FACE GUILDFORD SNOW+ROCK HEMEL SNOW+ROCK KENSINGTON NEEDLE SPORTS SNOW+ROCK LONdDHARRODS SNOW+ROCK LEEDS COTSWOLD OUT ISLINGTON COTSWOLD OUT PICCADILLY ELLIS BRIGHAM MNT SPORTS SNOW+ROCK LONDON SNOW+ROCK COVEN GARDEN SNOW+ROCK LOND MONUMENT SNOW+ROCK LOND MOORGATE THE NORTH FACE COVT GARDEN THE NORTH FACE LONDON THE NORTH FACE VICTORIA PATAGONIA MANCHESTER SNOW+ROCK MANCHESTER SNOW+ROCK PORT SOLENT SNOW+ROCK ROMFORD THE NORTH FACE MEADOWHALL

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LAST WORD BY DAVIDE FIORASO

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"Sono nato alle soglie dell'inverno, in montagna, e la neve ha accompagnato la mia vita." Questo Last Word è un omaggio ai 100 anni dalla nascita di Mario Rigoni Stern, uno scrittore che ha fatto della storia, della natura e dell'impegno etico il fulcro della sua intera opera. Uno dei pochi capaci di parlare di cose importanti senza farsi prendere la mano dall'enfasi retorica della memoria, convinto della necessità, per gli uomini, di capire che la natura ha un limite, raggiunto il quale scomparirà la vita. "Il bosco è sì il bene di tutti, ma non è da tutti. Le luci che filtrano dall’alto, i fruscii, i suoni, gli odori, i colori sono mezzi per far diventare preghiera le tue emozioni […] Forse da qui sono nate per la prima volta nell’uomo l’idea, il pensiero, la riflessione."

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