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Corte di Giustizia: “l’abbattimento” dei limiti al subappalto Lorenzo Bolognini

Corte di Giustizia: “L’ABBATTIMENTO” DEI LIMITI AL SUBAPPALTO

Come sappiamo, negli appalti pubblici, il ricorso al subappalto non è illimitato. In particolare, l’art. 105 del Codice dei Contratti Pubbli ci (d.Lgs. n. 50/2016 e s.m.i.) stabilisce una soglia pari al 30% “dell’importo complessivo del contratto” che, per effetto della legge n. 55 del 14.6.2019 (legge di conversione del c.d. Decreto Sblocca Cantieri, n. 32 del 2019) è stata solo recentemente innalzata al 40%. È pur vero che, quando parliamo di gestione di im pianti sportivi, normalmente, ci riferiamo ai contratti di concessione per i quali la norma di riferimento è il successivo art. 174 dello stesso Codice, ove non si trova uno specifico limite al subappalto. Tuttavia, nella prassi, viene ordinariamente applicato anche nelle concessioni il suddetto limite stabilito dall’art. 105 per gli appalti. La tematica, naturalmente, non ha valenza solo teorica: il gestore di un impianto sportivo che non intenda gestire direttamente alcune attività (per esempio, manutenzioni, pulizie, servizio di assistenza ai bagnanti, attività correlate alle attività sportive ecc.) può affidare tali attività in subappalto a terzi, dovendo comunque osservare la soglia massima imposta dalla legge. Di ciò occorre necessariamente tenere

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La disciplina in materia di subappalto è destinata ad essere modificata nel senso dell’abbattimento delle barriere al subappalto.

conto quando viene impostata la partecipazione ad una gara per la gestione di impianti sportivi, atteso che il relativo programma gestio nale ed il proprio assetto organizzativo andranno pianificati tenendo conto di quanto sopra. È importante rilevare, però, che la disciplina in materia di subappalto è destinata ad essere modificata nel senso dell’abbattimento delle barriere al subappalto. Ciò per effetto di una sentenza del la Corte di Giustizia (CGUE, sez. V, 26 settembre 2019, causa C-63/18), investita della questione dal TAR Milano che ha posto il quesito ine rente la compatibilità tra il citato art. 105 del Codice italiano rispetto ai principi generali del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Euro pea e rispetto alla Direttiva 2014/24/ UE in materia di appalti pubblici, che non prevede limitazioni quantitative al subappalto. La Corte di Giustizia ha ricordato, innanzitutto, che la disciplina comunitaria è orientata a “garantire che l’aggiudicazione degli appalti pubblici sia aperta alla concorrenza”, specificando che “è interesse dell’Unione che l’apertura di un bando di gara alla concorrenza sia la più ampia possibile” e che “Il ri corso al subappalto, che può favorire l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, con tribuisce al perseguimento di tale obiettivo”. La Corte, poi, replica alle argomentazioni del Governo italiano, volte a sostenere la norma interna indi rizzata a garantire la massima trasparenza e, conseguentemente, a limitare il coinvolgimento eccessivo di soggetti terzi (i subappaltatori)

Fra i servizi subappaltabili, le pulizie - ph Caio Christofoli da Pexels

che, non avendo partecipato alla gara per l’affidamento del contratto pubblico, non sono stati puntualmente verificati dalla stazione appaltante. Nel sostenere tali argomentazioni, il Governo evidenzia la peculiare situazione dell’Italia ove il subappalto risulta essere spesso occasione di infiltrazione mafiosa: “Limitando la parte dell’appalto che può essere subappaltata, la normativa nazionale renderebbe il coinvolgimento nelle commesse pubbliche meno appetibile per le associazioni criminali, il che consentirebbe di prevenire il fenomeno dell’infiltrazione mafiosa nelle commesse pubbliche e di tutelare così l’ordine pubblico”

Il gestore che non intenda gestire direttamente alcune attività, può affidarle in subappalto a terzi, dovendo comunque osservare la soglia massima imposta dalla legge

Come si diceva, tuttavia, la Corte replica a tali argomentazioni precisando che: “anche supponendo che una restrizione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere considerata idonea a contrastare siffatto fenomeno, una restrizione come quella di cui trattasi nel procedimento principale eccede quanto necessario al raggiungi mento di tale obiettivo”. In sostanza, si mette in evidenza che il diritto italiano già contiene numerose norme finalizzate a contrastare le infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici e che l’introduzione di un limite quantitativo all’appalto è uno strumento inidoneo che non può essere ritenuto compatibile con il diritto comunitario. Con la sentenza della Corte di Giustizia oggetto di commento, alcune stazioni appaltanti, ritenendo applicabile in via diretta i relativi disposti nell’ambito dell’ordinamento italiano, stanno già pensando di pubblicare bandi di gara che non prevedano più il limite quantitativo al subappalto (alcune potrebbero averlo già fatto). Al di là di tali prassi, c’è da aspettarsi che le disposizioni del Codice dei Contratti Pubblici saranno adeguate alle indicazioni di fonte comunitaria.

Secondo la Corte di Giustizia l’introduzione di un limite quantitativo all’appalto è uno strumento inidoneo che non può essere ritenuto compatibile con il diritto comunitario

Sunto

La Corte di Giustizia interviene sulla normativa dell’Ordinamento italiano che fissa un limite quantitativo alla possibilità di subappaltare a terzi prestazioni oggetto di un contratto pubblico affidato (oggi, tale limite è al 40%) dichiarandone l’incompatibilità con il diritto comunitario. Questo dovrebbe dare spazio ad assetti organizzativi della gestione di un impianto sportivo pubblico che possano contare maggiormente sul supporto di soggetti terzi specializzati nell’ambito di determinate prestazioni.

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