L’He
Indice
N° 11 Undicesima Edizione 22 Dicembre 2017
SULLA VETTA TRA LE NUVOLE…………………pag.3 MINI QUESTIONARIO PROUST………………..pag.4 I FRUTTI DEL CAOS………………………………….pag.5 È COLPA DEI POLITICI?...............................pag.6 I PESCI COMBATTENTI……………………….……pag.7 D.D.L: L’ESSENZA DELLA PERFEZIONE……..pag.9 “WHAT HAPPENED MISS SIMONE?..……..pag.12 INTERVISTA A MARIANGELA BIZZARRI…..pag.13 Ονειρόφρων……………………………………..…..pag.15
Giornalino degli studenti del L.S.S. Elio Vittorini Via Donati 5-7, 20146, Milano (MI) Italia
OROSCOPO…………………………………….……pag.16 SPAZIO FANCAZZISTI……………………….…..pag,17 EVENTI………………………………………………..pag.19
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Anno Scolastico 2017/2018 Terzo Anno
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LA REDAZIONE Filippo Gianoglio 4^A Giulia Ghirardi 5^C Enrico Maraboli 5^D Silvia Picca 2^E Riccardo Fidanzia 5^G Sabrina Lo Giudice 4^C Giada Gaudioso 3^F
Eleonora Ciocca 5^D Lorenzo Ferrara 5^C Giulia Zanoletti 3^F Simone Montandon 3^F Elisa Montobbio 3^F Gabriele Celoria 3^F Riccardo Grossi 3^F Stampa a carico del L.S.S. Elio Vittorini 2
EDITORIALE
SULLA VETTA TRA LE NUVOLE "CHI PIU' IN ALTO SALE, PIU' LONTANO VEDE. CHI PIU' LONTANO VEDE, PIU' A LUNGO SOGNA". Con questa frase è ricordato il "re delle Alpi" Walter Bonatti, alpinista, esploratore, giornalista e scrittore italiano, ed è proprio con questa frase che vorrei presentarmi io quest'anno. Credo che in fondo, magari per qualcuno moltomolto in fondo, ognuno di noi sia un viaggiatore, e che, chi più e chi meno, ogni giorno compia dei viaggi, piccoli o grande che siano. Così quest'anno ho deciso di rendere il giornalino la mia montagna e spero che lo possa diventare anche per molti di voi. Mi ritrovo ad essere il vicedirettore del giornalino scolastico durante il mio ultimo anno di liceo quando di impegni ne ho già molti, lo studio è fin troppo e la maturità sempre più vicina. E chi te lo fa fare direte voi. Beh la risposta è
molto semplice. Ammettiamolo, questa scuola ha molte cose che non vanno, però credo, sono profondamente convinta che in questi ultimi anni sia migliorata davvero parecchio e credo che parte del merito si anche del nostro amatissimo "L'He". Mi sono resa conto di come la nostra redazione non sia solo un gruppo di ragazzi che si ritrovano una volta a settimana per organizzare le uscite successive del giornalino, ma un momento per confrontarsi su tutto ciò che succede intorno a noi, un posto dove creare solide amicizie e un'opportunità incredibile per chiunque sia interessato ad un futuro lavoro nel campo dell'editoria. Ho capito inoltre l'importanza che questo giornalino, che cresce ogni settimana un pò di più, ha all'interno del Vitto e che può avere per gli studenti; perchè, oltre a fornire un'ottima sezione di svago per le ore più pesanti, offre anche la possibi-
lità di poter avere un confronto con opinioni differenti dalla propria, di scoprire lati segreti di qualche professore e soprattutto di rimanere aggiornati su tutto ciò che succede all'interno della nostra cara scuola. Sono davvero contenta della nostra piccola ma appassionata redazione, che devo dire, per minacce, curiosità o semplicemente per voglia di partecipazione, si sta ampliando sempre di più. Ovviamente qualche manina in più farebbe sempre comodo, perchè i compiti sono molti e siamo sempre in cerca di qualche nuovo punto di vista. Quindi, se proprio tu che stai leggendo, hai capito che magari è giunto il tempo di fare qualcosa di nuovo e hai voglia di metterti in gioco, corri in qualche aula di donati 5 (la 1, la 5 non si sa mai: a Damiana piace cambiare i luoghi delle pulizie) ogni lunedì alle 13.30, le porte saranno sempre aperte. E poi, te lo dico, sei proprio fortunato, ormai siamo sotto Natale e ogni incontro troverai fantastici dolcetti ad aspettarti, giusto per cominciare le prove degli immensi cenoni natalizi. Spero quindi, in conclusione, di poter incontrare lungo questa meravigliosa scalata qualcuno di voi. Io, noi, ci siamo messi in cammino e stiamo salendo. Se non vi vedremo butteremo giù qualche sogno anche per voi. Giulia Ghirardi
Spazio Citazioni Prof “Ragazzi, la fuffa, il brodo, non allungatelo apposta.” 3
INTERVISTA
MINI QUESTIONARIO PROUST Risponde Aliona Veliasnitskaya, prof. di Matematica e Fisica Il tratto principale del suo carattere? La pazienza. In che anno il primo bacio? Alle superiori. Qual è il suo peggior difetto? Sono una spendacciona. Quando ha deciso di diventare professoressa? A 15-16 anni. Qual è il suo alcolico preferito? Sono astemia. Il superpotere che vorrebbe avere? Poter correre velocissima da un luogo a un altro. Il suo eroe? Mendel, per la pazienza che metteva negli studi. Cosa cerca in uno studente? Voglia di imparare. E in un professore? Serietà. Il suo motto? La matematica aiuta a organizzare e a gestire la mente.
Risponde Alessia Pezzi, prof. di Matematica e Fisica Il tratto principale del suo carattere? Sono una timidona! In che anno il primo bacio? Correva il lontano 1980... Qual è il suo peggior difetto? Il mio peggior difetto è sicuramente l’egoismo. Quando ha deciso di diventare professoressa? In quinta liceo ho avuto una bravissima insegnante di fisica che era diventata il mio idolo e che mi ha incoraggiato nella scelta. Qual è il suo più grande rimpianto? Non essere riuscita a mantenere un’amicizia che mi ha cambiato la vita. Il suo alcolico preferito? Senza dubbio lo champagne, ma mi accontento anche di un prosecchino. Il suo viaggio dei sogni? Un mese in Australia. Condimento della pasta preferito? Carbonara. La parola che ripete più spesso? Dovrebbero dirlo i miei studenti. Cosa cerca in uno studente? La voglia di imparare e di mettersi in gioco. E in un professore? Il rispetto e la correttezza nei confronti di studenti e colleghi. Il suo motto? Vivi e lascia vivere!
Spazio Citazioni Prof “Non si capiva una beatissima, non beata: beatissima...tinca.” 4
ATTUALITA’
I FRUTTI DEL CAOS Il fenomeno dell’astensionismo in Italia è in crescita perenne. Utilizzando, infatti, semplicemente la statistica, si nota come fin dagli anni 70 la non-partecipazione sia cresciuta fino a raggiungere circa un elettore su cinque. Si sono identificate le cause del fenomeno, oltre a quelle dovute alla difficoltà di capire o di accettare le nuove modalità di voto, innanzitutto nel progressivo sfaldamento dei partiti e ad alle loro crisi di ideologia che hanno comportato l'assenza della mobilitazione degli elettori e quel senso di identificazione con il programma politico del partito di appartenenza che si traduceva in un'alta partecipazione al voto. Esiste però una parte di elettori che era abituata da sempre alla partecipazione alla vita pubblica e che ha scelto, da un po’ di tempo a questa parte, di disertare le urne. L’idealismo è incarnato nella storia d’Italia, la cronaca di questa nazione ne è profondamente segnata ma oggi un elettore ancora “ idealistico” non ha facilità a trovare casa sua sulla scheda elettorale. Per questo, si dovrebbe riflettere sul fatto che esiste una larga percentuale di votanti che semplicemente aspetta nostalgicamente di tornare a casa propria e che adesso più che mai questo problema è attuale poiché chi non riconosce più la strada di casa, non va neppure al seggio elettorale. Inoltre in Italia c’è una grande fetta di popolazione, se non addirittura dominante, che potrebbe essere significativamente chiamata “ degli indifferenti.” Tocqueville, ne “ La democrazia in America” aveva già intuito che l’uomo contemporaneo avrebbe
avuto bisogno di una estromissione coatta dalla vita pubblica, di una quiete privata che lo liberasse da qualunque peso psicologico ed esistenziale che riguardasse la funzione di cittadino attivo.
Dante, che per primo condannò pubblicamente gli ignavi, se si ritrovasse a passeggiare per il nostro tempo, probabilmente rabbrividirebbe nel vedere come l’uomo contemporaneo abbia scelto, nella profondità del proprio animo, di divenire un uomo senza diritto di parola. L’ignavia e l'indifferenza sono quindi uno dei fattori essenziali per comprendere a pieno il fenomeno dell’astensionismo. Rispetto ai primi anni della storia della Repubblica oggi il significato del voto è cambiato: ha perso quell'aura di "sacralità" legata alla conquista della libertà dopo la dittatura e l'espressione del voto si è concepita sempre più un diritto e non più anche come un dovere. Attualmente è considerato normale recarsi a votare, come il non farlo. Il traguardo del diritto di voto è il risultato di un lungo percorso di passione, rabbia ed orgoglio per la conquista della parità dei diritti, per la trasformazione della condizione, del ruolo e dell’immagine della donna dell'ultimo secolo.
Donne in rivolta, proletarie e benestanti, unite da un unico obiettivo: il diritto al voto, una rivolta come unica via al cambiamento. L'Italia appare sempre di più come un paese incerto, confuso, impacciato, disilluso, preso dal torpore, dove prevale un iperindividualismo che alimenta solitudine ed eleva a religione la cultura dell'ego, dove la perdita totale della concezione della polis ha portato ad un rigoroso ritiro narcisistico nella sfera privatissima. I giovani, spinti sempre di più verso una posizione passiva tendono a percepire di più i loro bisogni personali che con facilità trasformano in diritti, piuttosto che le necessità di carattere generale a cui si risponde col senso del dovere e della responsabilità. A chiedere oggi ad un giovane qual è il suo concetto di politica, di corresponsabilità, si corre il rischio di ottenere risposte deludenti. È complicato oggi aiutare i giovani a comprendere che la solidarietà e la corresponsabilità sono forme di educazione civile caratterizzata allo stesso tempo dall'esercizio responsabile dei diritti e dal rispetto dei propri doveri. È impegnativo, quasi impossibile, far loro riconoscere il primato dell'interesse collettivo su quello individuale. Ma in fondo credo che la confusione che essi provano, che proviamo, sia il piccolo frutto di un caos generale, che si ostina a scompigliare, rovesciare e ribaltare le nostre certezze. Che ci fa, sempre più, smarrire la via di casa.
Giulia Ghirardi 5
ATTUALITA’
È COLPA DEI POLITICI? "Piove, Governo ladro!" Ogni volta che sento questa frase mi viene in mente Di Maio sorridente, in piedi dietro a un comico in pensione che rappresenta il 30% dei miei connazionali, uniti in un grido di Vaffa verso i "corrotti" e che individua nei politici la colpa di tutti i mali del nostro paese. Forse è anche così, attraverso i maxi processi e scandali vari siamo tutti rimasti delusi da chi dovrebbe essere la nostra guida. Ma veramente si può fare a meno dei politici? Un Capo di Stato di un paese moderno deve conoscere tutti i suoi doveri e gli organi statali come le sue tasche, e questa esperienza è accumulabile solo attraverso anni e anni di gavetta. La carriera politica è quindi l'unico modo per accedere alle più alte cariche dello Stato sin dal Cursus Honorum dei Romani. Non basta essere brave persone e nemmeno avere un'ottima retorica per governare bene. Per questo motivo bisogna riconoscere il lavoro del politico come una professione che non può essere svolta da gente che ha fatto altro tutta
la vita. I più informati potranno citare come opposizione alla mia tesi Ronald Reagan, 40° Presidente degli Stati Uniti, ex attore ma comunque uno dei Presidenti più amati di sempre, con ottimi successi in campo di politica estera e politica economica. Tutto questo però l'ha ottenuto circondandosi di politici, a cominciare da Bush e Baker: egli infatti, seppur criticando le precedenti amministrazioni, non ha mai smesso di credere in chi svolge questa professione. Numerosi sono i casi di collusioni tra politici e mafia, i casi di corruzione, di abuso di ufficio… però il cambiamento sta nelle mani del cittadino che dovrebbe informarsi e valutare i programmi politici per poter votare almeno con senso critico e precisione. E’ vero anche che in certi casi la legge elettorale vigente può rappresentare un ostacolo all’appena citata precisione del voto e che un sistema elettorale a liste chiuse limita la possibilità di scelta degli elettori; l’aspetto appena presentato è tutt’altro che secondario e anzi può rivelarsi determinante, perciò bisogna prestargli molta attenzione. Un taglio critico utile al nostro discorso nella lettura di una
legge elettorale può essere quello di analizzare il bilanciamento tra la libertà di scelta dell’elettore e la complessità in sé della legge: una presenza elevata di entrambi i fattori può davvero essere indice di malapolitica. L’unico modo per combattere questa piaga è solo un uso (e ripeto, il fare uso) sapiente del proprio voto. Mi rendo conto che una società dove tutti abbiano piena coscienza dell’importanza del proprio voto e del proprio dovere di cittadino sia un'utopia, ma è la condizione necessaria per fermare (o, più realisticamente, limitare) il circolo vizioso che si sta formando: vengono elette persone poco affidabili, quindi la gente si arrabbia e smette di dare importanza al proprio voto e di conseguenza aumenta il rischio che questo venga speso male. La soluzione però sta tutta qui: riconoscere l’importanza di andare a votare e combattere l’astensionismo. I politici, quelli che sanno fare il loro lavoro, sono le uniche persone che possono cambiare direttamente la situazione e il voto, per quanto possa avere potere di scelta, il mezzo per dare loro il lavoro da fare. Simone Montandon
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INTERVISTA
I PESCI COMBATTENTI
Dopo aver guardato il meraviglioso cortometraggio di Riccardo Barlaam abbiamo potuto intervistare due nuotatori paralimpici, campioni a livello mondiale. Riccardo è giornalista del Sole 24 Ore, dove si occupa di politica estera. Ha fondato e dirige AfricaTimesNews, sito di notizie dall'altra parte del mondo curato da una rete di giovani reporter africani. Sul Sole 24 Ore cura anche il blog “Tutte le salite del Mondo”, che nasce dalla sua passione per gli sport di endurance, lo sport vissuto come terapia per il corpo e per l'anima. Ecco come Barlaam ci introduce al suo progetto: “Amo lo sport in tutte le sue
forme e lo pratico con costanza perché, soprattutto per quanto riguarda le discipline di resistenza, mi fa stare bene. A Varese ho conosciuto il coach Massimiliano Tosin e in vista delle mie gare gli ho chiesto se potevo allenarmi insieme ai suoi atleti paralimpici del progetto AcquaRio, in modo da ricevere qualche dritta. Ecco - prosegue Barlaam - non credevo di trovarmi di fronte ad una situazione del genere. Ho nuotato nella corsia accanto ad Arjola Trimi e dopo neanche cinque minuti io ero sfinito e non sono riuscito più a starle dietro, tant'è che mi sono fermato e lei ha continuato senza alcuna fatica la sua sessione. Nuotando accanto ad Arjola mi sono sentito io il disabile”. "Da lì è stato un attimo, un lampo improvviso, ho toccato con mano la loro disabilità e la loro strabiliante forza fisica, sono tornato a casa con un’importante lezione di umiltà e pochi giorni dopo ho deciso di intraprendere questo progetto. Al cortometraggio hanno partecipato sette dei ventuno azzurri della Nazionale di Rio”. “Questi ragazzi sono cam-
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pioni, sportivi veri, abituati a convivere ogni giorno con i propri limiti e a tentare di superarli ogni volta che entrano in acqua, con l'obiettivo di diventare i più forti, i migliori al mondo. Non finiscono sulle prime pagine dei giornali sportivi (e spesso neanche nelle meno importanti) anche quando vincono l'oro ai Mondiali e agli Europei o ritoccano con i loro tempi i Record mondiali di velocità. Non hanno sponsor milionari, non sono star da copertine patinate, ma campioni lo sono davvero. Guardare il loro esempio, ammirare la loro tenacia e capire il valore delle loro prestazioni fa riscoprire il senso dello sport, quello vero, ma anche il senso più profondo della vita, vissuta fino in fondo.
Da qui l'idea di raccontare il loro percorso sportivo che da Milano li ha portati fino a Rio de Janeiro e fino alle medaglie olimpiche".
INTERVISTA
Intervista a Federico Morlacchi e Arianna Talamona
Come vi siete sentiti quando Riccardo vi ha proposto di fare il film? Arianna: “È nato tutto abbastanza per gioco, ci siamo divertiti; in molti casi non ci accorgevamo neanche di essere filmati. Ho partecipato con entusiasmo al progetto fin da subito: penso sia importante raccontare tutto ciò che c’è dietro una medaglia”. Le disabilità sono tante e molto diverse tra loro, come si risolve questo problema? Federico: “È necessario infatti suddividere le disabilità in categorie secondo la gravità e il tipo: le categorie vanno da S1 (disabilità più leggere) a S10, per i non vedenti invece le categorie sono S11 e S12 e S13 (sempre in ordine di gravità). In certe categorie ad esempio non è possibile praticare alcuni stili”. Perché avete scelto di dedicarvi all’agonismo? Arianna: “Io soffro di una malattia genetica fin dalla na-
scita. Da piccola è stato difficile conviverci ma crescendo ho imparato ad amarmi. Una gran parte del merito è del nuoto: in acqua mi sento libera, non sono vincolata a una sedia, solo io e il mio corpo. A sedici anni mi sono tatuata un pesce combattente, proprio per segnare la svolta che il nuoto ha dato alla mia vita. Ogni giorno è una nuova sfida: devi assecondare i bisogni del tuo corpo in quanto limitato ma allo stesso tempo non perdere efficacia”.
Federico: “Ho cominciato a nuotare quando avevo tre anni con altri bambini che non avevano disabilità: questo mi ha permesso di confrontarmi continuamente con persone facilitate rispetto a me ed è grazie a ciò che ho sviluppato l’immenso spirito competitivo che mi contraddistingue. L’acqua fa parte di me, è il mio elemento, siamo strettamente legati: senza l’acqua non c’è Federico e senza Federico non c’è l’acqua”.
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Inizialmente avreste mai creduto di riuscire a raggiungere tutti questi successi? Arianna: “Agli inizi sicuramente no, anche perché non conoscevo bene le opportunità che avevo nel mondo paralimpico. A mano a mano che sono venuta a conoscenza di questo mondo, però, ho cominciato a sperarci e a provarci sul serio”. Nella vostra professione le vacanze sono contemplate? Federico: “Ahahah! È un argomento delicato per me visto che ho saltato l’estate per i mondiali di Città del Messico (che poi non si sono neanche svolti a causa dell’uragano, sono stati rimandati a inizio dicembre). In realtà le vacanze sono flessibili, non è come in una comune professione in cui hai dei periodi fissi di stacco. Di solito ci alleniamo costantemente per mesi prima di una gara importante (2 allenamenti di nuoto da 2.30 ore e un allenamento in palestra al giorno); dopo la gara però è necessario un periodo di riposo, anche perché il fisico viene stressato molto nei mesi precedenti e continuare la pesante attività senza pause può rivelarsi controproducente”.
CULTURA
Per il futuro che obiettivi vi siete prefissati? Arianna: “Sicuramente i miei obiettivi futuri prescindono dal nuoto. Penso che nella vita ci siano dei periodi per ogni cosa: ora c’è il nuoto, e
me lo sto godendo al massimo. Mi sto per laureare in psicologia per intraprendere un altro tipo di carriera lavorativa in futuro; in ogni caso credo che tra i miei obbiettivi
ci sarà quello di avere una famiglia e una vita meno stressante”. Qual è la cosa peggiore della vostra grande passione? Federico: “Il tuffo in acqua alle 7.30 del mattino mi crea traumi anche se sono anni che nuoto.” Che consigli dareste a un ragazzino che ha appena subito un incidente e danni permanenti derivanti da esso? Federico: “Gli spiegherei che il mondo è pieno di opportunità, gli direi di guardarsi intorno e di scoprire la marea di cose belle che può fare anche con i problemi a livello fisico. Dovrà impegnarsi per trasformare il limite in un pregio sviluppando una determinazione non comune”. Elisa Montobbio
D.D.L: L’ESSENZA DELLA PERFEZIONE State correndo. Sentite distintamente l’asfalto duro sotto i vostri piedi, l’aria fredda del mattino che vi sferza il viso e il vento che vi scompiglia i capelli. I vostri sensi sono completamente svegli, ricettivi, pronti a percepire il più piccolo cambiamento attorno a voi. State correndo e davanti a voi non c’è che una lunga, deserta strada, ma nonostante a molti non risulti chiara la vostra meta, voi siete ben
consci del motivo del vostro sforzo. Eccola là, svolazzante, la solitaria bandierina a scacchi del traguardo che vi aspetta. Non dovete fare altro che raggiungerla. E’ sempre così. L’uomo lotta, cade, si dispera, si rialza e raggiunge un traguardo. Non importa quanto ambizioso sia il proprio obiettivo, per chi prova a raggiungerlo è sempre e comunque una sfida. Alcuni traguardi però sono decisamente 9
più lontani, ci appaiono sfocati, confusi, avvolti da quella nebbiolina grigia e densa che caratterizza il futuro, sempre troppo incerto per i nostri gusti. Alcuni di noi magari puntano a passare l’anno senza troppi debiti, o a vincere il campionato di calcetto, o magari a dichiararsi finalmente a quella bella ragazza dai capelli rossicci e dagli occhi color rugiada che ogni giorno sale sull’autobus insieme a loro
CULTURA
ma che non hanno mai il coraggio di avvicinare con un semplice “ciao”. Magari fra noi c’è qualcuno che sogna di diventare un rinomato dottore, oppure un musicista di strada o forse un giramondo accompagnato solo dal suo fedele zaino. Bravi, fate bene. I nostri sogni sono quello che ci definiscono e non dobbiamo mai smettere di crederci, non dobbiamo mai smettere di porci degli obiettivi, anche se all’inizio sembrano irraggiungibilmente lontani. La resa non è una possibilità, non possiamo rinunciare per paura di fallire o di cadere, soprattutto a questa età, l’età dove abbiamo ancora tutto per possibilità, l’età dove tutto è ancora intero, l’età dei nostri sogni. E come noi ce ne sono state a centinaia, a migliaia: folle di ragazzi e ragazze che avevano un sogno, avevano un obiettivo, avevano davanti a loro solamente una strada, quella da dove si intravede lo striscione
rosso fuoco del traguardo. E fra quei ragazzi ce n’era uno davvero speciale, uno che come sogno aveva l’eccellenza. Un giovane ragazzino inglese di origini irlandesi, dalla figura longilinea e dallo sguardo fiero, ha scelto: da
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grande farà l’attore. E a lui basta questo, non gli servono altre certezze. Intraprende inizialmente la carriera teatrale calcando le assi del vecchio Old Vic Theatre, per poi dedicarsi interamente al cinema. Debutta sul grande schermo nel 1982 sul set di “Gandhi” in un ruolo marginale al fianco del magistrale Ben Kingsley, ma il successo lo raggiungerà solamente due anni dopo grazie alla pellicola “Il Bounty”, seguita rapidamente da “Camera con Vista” e “My Beautiful Laundrette”. La fama mondiale arriverà però con “Il mio Piede Sinistro” (1990), grazie al quale otterrà il suo primo Oscar (come Miglior attore protagonista). Da questo momento la carriera di questo riservato ma preciso artista decollerà, e
CULTURA
negli anni a venire si susseguiranno grandi film tra cui: “L’Ultimo dei Mohicani”, “L’Età dell’Innocenza”, “Nel Nome del Padre”, “La Seduzione del Male”, “The Boxer”… La sua fama è ormai planetaria e tutta Hollywood non può che riconoscere il suo talento e la sua bravura, e i fan si trovano sia fra il pubblico sia fra la critica. Ma proprio ora che ha raggiunto l’apice, la vetta tanto agognata, dice basta. Stanco dei riflettori e dei red carpet l’attore inglese decide nel 1997 di abbandonare le scene per prendersi una lunga pausa che durerà fino al recente 2002. Tutti si chiedono il perché di questa decisione repentina e apparentemente senza motivo: i produttori e i registi urlano nelle stanze dorate e eccessivamente sfavillanti degli Studios, senza riuscire a decidere sul da farsi con i film in
cantiere e le riprese interrotte di punto in bianco; i paparazzi rovistano in tutti i bar, i locali e le spiagge più “in” del mondo; i fan aspettano dichiarazioni che non arrivano. L’attore inglese è semplicemente scomparso. Qualche anno dopo ritorna improvvisamente dal suo esilio volontario, liberandosi dal suo eremo misterioso che si scoprirà essere una piccola bottega di calzolai di Firenze dove ha trascorso nel pieno anonimato cinque lunghi anni, riscoprendo una vita semplice e modesta e lavorando come apprendista otto ore al giorno tra suole e chiodi. Parentesi chiusa. Si ricomincia a girare e nonostante la prolungata assenza dalle scene questo virtuoso artista è come se non se ne fosse mai andato; sfodera una dopo l’altra nuove incredibili collaborazioni con registi di
calibro mondiale come Martin Scorsese, Paul Thomas Anderson, Rob Marshall e Steven Spielberg, dando vita a nuovi, ricercatissimi personaggi tra cui si distinguono un cinico macellaio (“Gangs of New York”), un avido petroliere (“There Will Be Blood”, grazie al quale otterrà il suo secondo Oscar nel 2008) fino ad arrivare ad interpretare nel biopic del 2013 di Spielberg un Abraham Lincoln da Oscar nel bel mezzo delle Guerra di Secessione e della battaglia parlamentare (non meno ardua) per l’approvazione del Tredicesimo Emendamento. Ora, all’età di sessant’anni annuncia il suo ritiro dalle scene, con l’ultima pellicola che lo vedrà tra il cast in uscita nelle sale italiane a fine dicembre sotto il titolo di “Phantom Thread” (“Il Filo Nascosto”, secondo il titolo italiano). Perdita enorme è questa improvvisa scomparsa (stavolta definitiva si suppone) di un attore che verrà ricordato per la sua professionalità, per la sua serietà, per il suo talento, ma soprattutto per la sua infinita ricerca della perfezione in ogni gesto. Grazie Daniel. Eleonora Ciocca
Spazio Citazioni Prof “Gli arancini come li chiami? Little oranges?” 11
RECENSIONE
“WHAT HAPPENED MISS SIMONE?” ovvero: come fare un documentario Ho sempre provato un’avversione per i documentari, sapevano di scolastico, di palloso, di “spiegazione per bambini con deficit di attenzione”. C’è un tipo di documentario che mi ha smentito, ed è quello biografico, magari su una persona che sì, ok, so chi è, ma su cui non ho mai indagato a fondo, e che di colpo me la presenta, me la rende interessante, me la fa sembrare un amico di sempre. Ma anche in questo caso, alcuni risultano artificiosi, o frammentari, o un semplice elenco di fatti in ordine cronologico, tenuti insieme solo da un archivio ben fornito. Senna è un esempio di questo:
godibile, adrenalinico, ma si ferma a quello, finito il film, finita l’emozione. Poi mi sono imbattuto in questo. Questo è IL documentario, ovviamente Nina Simone si presta di più che un pilota automobilistico a speculazioni socio-filosofiche, ma in ogni caso è il come ci si arriva che mi ha ribaltato lo stomaco, e che mi porta a rivedere singole scene e a ridere (o piangere) da solo di fronte allo schermo, come se fosse un film, ancora oggi, a mesi dalla mia prima visione, consigliata dal diabolico algoritmo Netflix, che partorisce suggerimenti stupendi (assieme a
minchiate con Steven Seagal e Van Damme, ma amen ce li teniamo). Oltre a filmati e registrazioni inedite, il girato originale gioca con i testi dell’autrice inframezzandoli alla narrazione, sfruttando una grafica delicata e strizzando l’occhio alla fotografia spielberghiana. “What happened, Miss Simone?” non è solo un docufilm, è un’ora e mezza di emozioni, di immedesimazione in una donna che ha vissuto, ha sofferto, ha comunicato col mondo la sua vita ed è stata capita troppo tardi, e solo da pochi. Nina Simone non era una jazzista, non era una cantante, era una poetessa, una guerriera. Una moderna Saffo, che andrebbe studiata a scuola. Filippo Gianoglio
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INTERVISTA
INTERVISTA A MARIANGELA BIZZARRI Sei una consulente per i diritti umani, in cosa consiste esattamente tuo lavoro? Ho iniziato lavorando per un’agenzia delle Nazioni Unite chiamata “World Food Program”; lì mi sono occupata inizialmente di preparazione e risposta alle emergenze e poi sono passata alle questioni di genere dal punto di vista sia delle esigenze sia delle capacità di ricostruire dopo un disastro naturale. Successivamente sempre in quell’ambito ho cominciato a occuparmi della violenza di genere e della difesa dei diritti umani. Adesso lavoro per varie agenzie delle Nazioni Unite, come l’Alto Commissariato, sempre a progetto. Nei Paesi in cui hai lavorato quali sono state le difficoltà maggiori da affrontare? Nei Paesi africani soprattutto, è difficile trovare dei governi che siano sufficientemente strutturati per affrontare le emergenze e aiutare la popolazione. Inoltre c’è tantissimo da fare ma molto di quello che fai poi finisce nel nulla perché è talmente tanta la corruzione, talmente tanta l’incapacità o la mancanza di voglia delle persone di prendere in mano il proprio destino , perché ormai schiacciate da anni di guerra e di violenza, che la collaborazione diventa difficile. Perché hai scelto questo percorso? Nei miei studi mi interessava tantissimo l’idea, un po’ utopica e idealista purtroppo, che ci fosse un’organizzazione al di sopra degli stati che potesse far fronte alle esigenze delle gente
in vari modi. La realtà delle cose è un po’ diversa: le agenzie sono indipendenti rispetto al governo nel senso che hanno una loro competenza tecnica da mettere in gioco ma poi dipendono dai finanziamenti. Inoltre per operare in un paese qualsiasi, siccome c’è il diritto di sovranità nazionale e anche il governo più corrotto ha il diritto di decidere di quello che succede nel proprio territorio, a meno che non lo faccia abusando massivamente dei diritti di tutti, bisogna avere il benestare del governo. In più ci sono paesi con controversie molto forti anche a livello politico, come in Corea del Nord, dove si opera in condizioni molto restrittive e con il rischio che molti degli aiuti vengano poi manipolati. Cosa ti piace del tuo lavoro? Da dove deriva la scelta di occuparti delle altre persone, dei loro diritti e delle loro necessità? La mia lunga esperienza in campo umanitario mi ha consentito di entrare in contatto con realtà a volte inimmaginabili e di ascoltare storie di donne che, con orgoglio, mi hanno raccontato il loro disagio e le difficoltà che affrontano ogni giorno con coraggio e determinazione. È stato per me significativo l’incontro con una donna in Colombia durante un gruppo di lavoro. Al termine della sessione mi ha aspettato in lacrime per raccontarmi gli ultimi mesi di una vita segnata dalla violenza e dai soprusi. Mi ha parlato dei suoi figli e della forza che le 13
danno per continuare a lottare, giorno dopo giorno. Non mi ha chiesto nulla, ma io mi sono sentita investita di una responsabilità enorme.
Lavoro principalmente con le donne e per le donne sfollate e rifugiate, quelle che troppo spesso non hanno voce per far valere i propri diritti e vivere una vita libera da ogni tipo di violenza. È un lavoro faticoso ma anche stimolante e motivante: sai che quello che fai, ogni parola o virgola che scrivi verrà beneficiato da chi ne ha più bisogno. Servirà per dare a queste donne, ma anche agli uomini, la possibilità di ricominciare e di andare avanti con le proprie forze per costruirsi la vita che desiderano. Credo che il mio sia un piccolo contributo che, sommato a quello di altre persone e in primis a quello delle persone che beneficiano del nostro lavoro, possa davvero fare la differenza. Nelle situazioni di emergenza la donna con quali tipi di violenze può entrare a contatto? Spesso nei contesti di rifugiati accade che, se magari c’è un
INTERVISTA
partner tendenzialmente violento, in una situazione di grande stress e difficoltà dove si creano molte tensioni , l’uomo può diventare spesso e volentieri aggressivo nei confronti della compagna. Ci sono poi le violenze occasionali, molti infatti, in questi casi, si approfittano del fatto che le donne sono fisicamente più vulnerabili e sostanzialmente si comportano come più gli aggrada senza rispetto alcuno. E ci sono infine le violenze strutturate , quelle perpetrate dai gruppi armati, compreso l’esercito, che utilizzano la violenza e lo stupro come tattica di guerra per umiliare, di solito, gruppi etnici minoritari. Quest’ultima in particolare è una violenza che lascia un segno indelebile, immagina: donne che vengono violentate davanti ai loro mariti o davanti ai loro figli, magari ripetutamente, da gruppi armati con il solo obiettivo di imporre la propria forza. Dopo un abuso del genere, come fa una donna a ricominciare a vivere serenamente? Come donna e per quello che ho visto in questi contesti posso dire che le donne hanno davvero una capacità di rimettersi in gioco, anche rispetto a tutte queste violenze, che è davvero incredibile. In Afghanistan, ad esempio, ho intervistato una donna la cui storia mi ha molto colpita: era
scappata dal suo paese e aveva vissuto da rifugiata in Pakistan per vent’anni, non so neanche bene in quali condizioni. Quando l’abbiamo incontrata, lei e i suoi figli, erano da poco rientrati perché il governo aveva deciso di chiudere tutti i campi di rifugiati e le persone erano state costrette a rimpatriare. Si trovava in un contesto in cui non aveva più familiari, il suo villaggio era stato completamente distrutto, non aveva più punti di riferimento e il suo stesso paese le era estraneo. Nonostante ciò ,con le sue sole risorse, aveva trovato lavoro in un progetto per l’allevamento delle api e, se da un lato era molto orgogliosa perché aveva iniziato a produrre il miele e a venderlo, riuscendo così a mantenere la sua famiglia, allo stesso tempo era spaventata. Per fare tutto ciò infatti, doveva togliersi il velo e mettersi la maschera e i guanti da apicoltrice, cose che nella sua cultura non erano proprio ben viste. Aveva trovato il suo modo di sopravvivere e correva il rischio di essere minacciata dai concittadini pur di essere indipendente e dare una vita dignitosa ai suoi figli. Ti capita spesso di lavorare a stretto contatto con profughi e migranti, soprattutto nell’Africa settentrionale; secondo te, esiste la possibilità per queste persone di tornare nel loro paese d’origine?
Partiamo dal presupposto che non è che la gente scappa perché vuole, non stiamo parlando di immigrazione per motivi economici, si tratta di una migrazione forzata: persone a cui hanno distrutto le case, incendiati i campi, i cui familiari sono stati aggrediti o sono scomparsi e per le quali l’unico modo per sopravvivere è andarsene. Bisognerebbe investire nei paesi in modo che diventino un’attrattiva anche per tornare, molti sono infatti quelli che vorrebbero rimpatriare ma non hanno né prospettive né tantomeno risorse. Dove bisogna investire e in che modo allora? Intanto è chiaro che mandare i soldi e non avere poi la capacità di monitorare come vengono utilizzati i fondi è molto rischioso; è solo lavorando a stretto contatto con il governo, cercando di fare molta sensibilizzazione, collaborando con la popolazione che poi le cose in qualche modo cambiano. Per tanto tempo un grande problema del sistema della Comunità Internazionale è stato che ogni volta che si interveniva, si andavano a creare strutture che operavano parallelamente al governo o lo sostituivano, ma questo ha un tempo limitato, alla fine la responsabilità dei diritti dei cittadini è del governo. Giulia Zanoletti
Spazio Citazioni Prof “A person pushes non vuol dire che una persona fa il pusher.” 14
RACCONTO
Ονειρόφρων Il combattente di sogni Il signor Ferré si guarda intorno. La notte e le case che lo circondano ormai gli sono familiari, come il solito orologio che segna l’ora esatta: le 87:51, minuto più, minuto meno. Ora attraversa il dedalo di vicoli che si ripiegano su di lui con una relativa facilità, sbucando nell’enorme pianura della palude: è come si ricorda, desolata e putrida, cogli stagni riempiti di un’acqua nera e opaca e i radi arbusti muniti di lunghe spine, lucide come una lama affilata. Una greve solitudine si impossessa di lui mentre piccoli aghetti di gelo gli attraversano la pelle e la carne, piccoli tagli gli si formano sulla pelle; il signor Ferré ora sta cercando la pianta che lo può salvare, i tagli si stanno allargando in squarci profondi e il sangue inizia a fuoriuscire in modo non indifferente: le sue forze si stanno indebolendo e la pianta non si fa trovare. Lotta, cerca di andare avanti, si accascia, rantola; in un ultimo guizzo i suoi occhi distinguono quelle che sembrano le foglie giuste e afferrandole con uno sforzo im-
menso le usa per coprire le ferite. Quasi magicamente, dopo aver applicato le foglie il freddo, il dolore e la solitudine scompaiono, finalmente il signor Ferré tira un sospiro di sollievo e può provare a rialzarsi. Nonostante punti mani e piedi e usi tutto il vigore che nel frattempo sta tornando a livelli normali, il signor Ferré non riesce ad alzarsi, come se la gravità fosse aumentata di colpo, e mentre constata questo un lembo di acqua nera si allunga come un tentacolo stringendolo nella sua viscida presa: il signor Ferré non riesce a muoversi né a parlare ed è in preda al terrore, mentre lo stagno si avvicina sempre di più. L’acqua lo porta giù con sé in un abisso di oscurità, ma curiosamente non appena viene sommerso del tutto si accorge di poter respirare benissimo: l’umidità sembra essere scomparsa, mentre il manto d’acqua che lo ricopre assume un colore bianco pallido insieme alle pareti; le dimensioni della nuova sistemazione sono però tutt’altro che confortevoli, anzi sembrano fatte su misura per il signor
Ferré, ora sdraiato supino in un sarcofago di marmo candido. L’aria nella tomba si fa pesante nel tentare di spostare il pesante coperchio e il respiro affannoso del signor Ferré non fa che peggiorare la cosa: al mancare dell’aria, infine viene meno anche lui. Buio. Luce. La giornata al lavoro stranamente non fu più pesante del solito e ancor più stranamente passò in fretta, forse per la presenza del nuovo assunto o forse perché aveva la mente altrove. Stavolta la prova imposta dal sogno risultava molto più difficile, ma il signor Ferré era determinato a chiudere una storia che si protraeva ormai da troppo tempo. Giunto a casa ebbe l’idea risolutiva: si mise subito a cercare un corso di apnea, e si meravigliò molto al notare che tutti i corsi relativamente vicini a lui venivano offerti da una scuola proprio nella cittadina del cartello sgualcito e dell’orologio. La curiosità lo spinse più della voglia di liberarsi dell’incubo, e così il signor Ferré iniziò a preparare il suo viaggio.
Enrico Maraboli
Spazio Citazioni Prof “Fate quel cavolo che volete, soprattutto cavolo.”
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SVAGO
IgnOroscopo del mese Ariete
Toro
Gemelli
Letto
e divano stanno diven-
Fare tutte ste storie per un 3
non sia stato dei migliori, potrai consolarti con il tour del venerdì sera, sì, sappiamo dove vai, tranquillo, manterremo il segreto.
tando i tuoi migliori amici, e Natale è alle porte. Sicuro di non voler iscriverti in palestra?
non è da te, Gemelli. Ma poi educazione fisica non è nemmeno una materia, cosa te ne frega.
Cancro
Leone
Vergine
Sebbene
questo
dicembre
Usa questo Natale per rimet- Non
è certo il momento di
Odio dovertelo dire Vergine,
terti in sesto, non hai idea di fossilizzarsi sui fallimenti cosa ti attenda. dell’anno, inizia a guardarti intorno con occhi diversi, purché non siano come quelli di Marotta.
ma quello sgarro ai salernitani avrà le sue conseguenze, inizia a pregare Francuzzo perché ti mandi la scorta.
Bilancia
Sagittario
Scorpione
E’ ormai lampante che stai sul Scorpione
caro, ho control-
Intorno
a te i mercatini di
cazzo a tutti, quindi completa lato scrupolosamente il tuo fuil tuo curriculum trasforman- turo e posso dirti solo una doti nel direttore di questo cosa: attento dietro. giornale.
Natale si moltiplicano con la stessa velocità dei partiti di centro, occhio a non spendere troppo, o ti ritroverai come Padre Pio.
Capricorno
Acquario
Pesci
Sei
Che il tuo andronte più pilmo- L’ultima volta che sei andato a
ormai grande, devi sa-
perti giustificare. C’è chi è tico ti sia folvente in questo un mercatino di Natale eri in riuscito a giustificare 27 uti- momento così intimo come il vacanza in Germania, a te la lizzi mentula canis di un aereo Santo Natale. scelta. di Stato.
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SVAGO
Cruciverba
Spazio Citazioni Prof “Adoro gli agnelli e i capretti, chi non li adora? Poi con certe ricette…” 17
SVAGO
Sudoku
Rompicapo Riesci a unire tutti i 9 punti con solo 4 segmenti? Attenzione però non puoi mai staccare la penna dal foglio. Ti lasciamo 3 possibilità . (Consiglio: puoi uscire dalla figura)
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Eventi e spettacoli IL VITTO ORGANIZZA - GRUPPO DI LETTURA
È attivo un gruppo di lettura che propone di discutere e condividere liberamente emozioni e sentimenti suscitati dai libri, secondo criteri diversi da quelli dell’analisi scientifica del testo. Il gruppo si riunisce ogni 15 giorni, in biblioteca ed ogni incontro accosterà al piacere della lettura la degustazione di una dolce merenda. Gli interessati sono pregati di lasciare i propri dati in biblioteca. L’ARTE IN CITTÁ
Take Me. I’m Yours, presso l’hangar Bicocca: una mostra davvero originale in cui diventa possibile ciò che è vietato fare in un museo: toccare e intervenire sulle opere, persino mangiarle. 50 artisti che permettono, con le proprie opere, di giocare a vere lotterie, indossare vestiti e appendere biglietti su un Wish Tree. Fino al 14 gennaio con ingresso libero. Toulouse-Lautrec, presso Palazzo Reale: il pittore francese della Belle Epoque che ritraeva prostitute, locali e balli delle classi alte. ERANO GLI ANNI ‘60
Da Londra, la mostra "You Say You Want a Revolution?” arriva a Milano e offre uno squarcio dei Sixties, tra oggetti musicali di culto, abiti di scena, strumenti e manifesti di protesta pacifisti, dai Beatles al festival di Woodstock. Presso la Fabbrica del Vapore. DON’T FORGET
● 13 dicembre: uscita al cinema del film “Star Wars: gli ultimi Jedi” ●19 dicembre: Concerto d’addio di Elio e le storie tese
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Buone Feste dalla redazione de L’He
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