20^ Edizione

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EDITORIALE Seppure siano passati già tre mesi, mi ritrovo ancora incapace di abituarmi a questa nuova routine scolastica. Non é solo svegliarsi presto ogni mattina (e ovviamente arrivare in ritardo ogni singolo giorno), l'ammontare continuo di compiti o l'ansia per le verifiche. E' proprio il concetto di andare a scuola, forse influenzato dai quasi due anni di DaD che abbiamo passato, che mi rende questo rientro ancora più difficile da digerire. Non nego che ci siano lati positivi: rivedere i propri compagni, le lezioni dal vivo, i panini della Angela (soprattutto i panini della Angela che, anche se quest'anno sono un po' freddi, sono comunque i migliori); tuttavia sto trovando questo inizio dell'anno particolarmente stressante e faticoso, perfino più degli anni scorsi, passati attaccati ad un computer ventiquattro ore su ventiquattro. E so che non sono l'unica: anche i miei compagni stanno attraversando la stessa situazione, ammettendo di essere più stressati degli anni scorsi e di aver avuto un enorme calo di concentrazione per quanto riguarda lo studio. Mia sorella (che tra l'altro è appena stata eletta rappresentante d'Istituto, forza Laura!) e suoi compagni sono nella stessa condizione, ma anche dagli altri

membri del giornale non se la stanno cavando benissimo. Ora, non sono qui per fare il discorso motivazionale: non è parte della mia personalità infondere ottimismo nell'animo altrui; anzi, è già un miracolo che io mi possa ritrovare ottimista riguardo al futuro. Posso solo dirvi cosa farò, a voi la scelta se seguirmi o meno: non trovando altre opzioni oltre a quella di arrivare a fine anno con un minimo di sanità mentale rimasta, da spendere completamente poi alla maturità (il quale metodo di svolgimento, tanto per non metterci ulteriori ansie, è ancora ignoto), anche perchè cambiare indirizzo al quinto anno è abbastanza infattibile, ho deciso di armarmi di caffè e antidepressivi e cercare di non impazzire per al-

meno questo trimestre. Piano che già sta miseramente fallendo (i miei compagni potranno confermare), ma che punto comunque a portare a termine. Spero comunque che per voi la situazione sia migliore della mia. Nel caso sia uguale o peggiore, avete il mio supporto morale, se mai possa valere qualcosa. Con questo concludo, spero possiate trovare accanto a voi qualcuno più positivo di me che vi possa motivare a passare bene questo anno scolastico. Nel caso vogliate invece sclerare come dei dannati, siete tutti i benvenuti nel giornale, dove la sanità mentale è più un'utopia che una solida realtà. Vi auguro una buona fine del trimestre.

Ma il microfono gli tiene la bocca?

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Giulia Solenghi


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Qualche mese fa abbiamo condotto uno studio durante le ore di educazione civica a tema "odio sui social". Quello che alla fine poteva essere considerato un esperimento consisteva nel cercare sotto ai post di persone popolari quanti più commenti negativi possibili. Il risultato fu sorprendente... Trovammo una quantità di odio smisurata che prima di iniziare io non avrei mai pronosticato. Commenti razzisti, insulti omofobi, auguri di malattie terribili e tanto altro ancora. Ora, io mi chiedo: perché tanto odio? È forse una questione di invidia? È forse una questione di razzismo? E anche se fosse razzismo la domande permane: come mai? Che senso ha insultare una persona solo per il colore della sua pelle o per la sua provenienza? Non siamo comunque tutti esseri umani? Come mai non ci si riesce a liberare di vecchi, anzi vecchissimi, batteri della società, come il razzismo o l'omofobia? Il problema sta forse nell'accettare che il mondo sta progredendo? O forse sta nel comprendere quanto siano stupide certe discriminazioni?

dar loro è molto semplice: godetevi i piaceri della vita, non ponetevi obbiettivi che non raggiungerete mai e siate sostanzialmente più concreti e realisti. La seconda categoria è quella dei cattivi. So che la parola è forte ma la uso comunque perché le cose vanno dette come stanno. Ci sono certe persone che per svariati motivi che non elenco neanche per via della loro moltitudine sono semplicemente cattivi. La cosa più drammatica delle persone cattive è che non rientrano sempre nello stereotipo di colui che fa senza conoscere le possibili conseguenze. Spesso chi agisce con cattiveria e rientra in questa categoria sa benissimo di poter ferire con ciò che dice,ma semplicemente se ne frega.

Ma tornando al tema principale: l'odio a cosa è dovuto? Ciò che io credo è che gli haters si possano dividere in diverse categorie: la prima categoria è quella degli insoddisfatti. Mi dispiace anche per chi fa parte di questa categoria in realtà parlando di persone non contente di ciò che hanno e che l'unico modo che conoscono per sfogarsi è di riversare i loro problemi su altre persone completamente estranee a tutto ciò. Beh, il consiglio che mi sento di

Poi c'è la categoria dei frustrati. Come la stessa parola suggerisce sono tutti coloro che si sfogano su altre persone perché la loro vita fa oggettivamente pena ed è spesso povera di tutto: di felicità, di riposo, di creatività e di tutto ciò che si possa desiderare. Sono simili agli insoddisfatti ma la differenza sta nel fatto che non hanno neanche la possibilità di essere insoddisfatti perché non hanno nulla. Mi spiace moltissimo per loro, veramente, ma

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HATERS SUI SOCIAL

riversare il proprio malessere sugli altri non è mai la scelta corretta.E poi soprattutto a che pro? È vero che portare qualcuno giù con sé stessi nel pozzo quando si cade è più facile che cadere da soli. Ma provate a immedesimarvi in coloro che devono essere portati giù. Siamo sicuri che per loro vada bene? Siamo sicuri che non siano contrari a questa cosa? Ma soprattutto: siamo sicuri che siano loro la persona giusta da portare giù? Per quanto sia sbagliato forse capirei di più se a essere portati giù fossero le persone che voi ritenete causa del vostro malessere non una qualsiasi celebrità di cui vi appare un post sulla home page di Instagram. La verità è che l'odio in qualsiasi forma è sempre sbagliato e sicuramente non aiuterà mai né chi odia né chi è odiato. Questo articolo ha lo scopo di far riflettere chiunque lo legga sul fatto che le nostre azioni hanno sempre ripercussioni sugli altri o almeno la maggior parte delle volte. Quindi come dice il caro e vecchio proverbio: "prima penso poi parlo perché parole poco pensate portano pena". Pietro Azzaretto


“LA VOCE DEL PADRONE” COMPIE 40 ANNI Il più grande successo del cantautore siciliano Franco Battiato, recentemente scomparso dopo essersi ritirato dalle scene nel 2019, spegne ben 40 candeline. Coloro che erano in piena età adolescenziale nelle estati dei primi anni ‘80 ricorderanno perfettamente questa pietra miliare del panorama musicale italiano, in quanto è stato il primo album a vendere oltre un milione di copie nel nostro paese. “La Voce del Padrone” fu pubblicato il 21 settembre 1981 dall’etichetta EMI, ed è figlio di una metamorfosi artistica dell’autore, iniziata nel 1972 con alcuni album di carattere elettronico e sperimentale, e conclusasi fra il 1979, anno di pubblicazione de “L’era del cinghiale bianco”, e il 1980, quando uscì “Patriots”, biennio in cui l’autore abbraccia la cosiddetta new wave, diventandone uno dei maggiori esponenti. Inizialmente l’opera non riscosse molti ascolti, ma nel marzo 1982 la situazione mutò drasticamente: il disco

raggiunse la testa delle classifiche, dominandole fino all’autunno, diventando così la colonna sonora estiva di quell’anno. La particolarità dell’album, e forse anche la chiave del suo successo, è stata quella di intrecciare testi formati quasi esclusivamente da citazioni colte affiancate l’una all’altra sulla melodia pop, consentendo a vocaboli aulici e concetti astrusi di scivolare sulla musica e rendendo ciò che è mistico e complesso leggero e ballabile. Battiato recupera argomenti e frasi da ogni ramo dell’arte, contemporanea e non: dalla cultura orientale (il misticismo di Georges Gurdjieff, filosofo armeno vissuto a cavallo fra il XIX e il XX secolo, e il famoso shivaismo, una corrente dell’Induismo, citato in Sentimiento Nuevo), passando per la musica messicana (Cuccu-ruccucù paloma, canzone del messicano Tomás Méndez del 1954), fino a giungere a ciò a cui l’ascoltatore medio italiano era all’epoca

abituato (Mina, Milva, Nicola Di Bari, Alan Sorrenti, Bob Dylan, Beatles); si potrebbe andare ancora avanti con l’elenco delle fonti di ispirazione di Battiato, ma un articolo di giornale non sarebbe sufficiente a raccoglierle tutte. La Voce del Padrone si è posizionato secondo nella classifica “I 100 dischi italiani migliori di sempre” redatta dalla rivista “Rolling Stone”, dietro Bollicine di Vasco Rossi. In effetti, in tutto il panorama musicale nazionale, non vi sono molti dischi che possano vantare l’impatto mediatico, il successo e l’originalità di questo album. Francesco Gennari

“prof mi sente?” “ma io cosa ne so se si sente”

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RECENSIONE BLACK WIDOW & SHANG-CHI Black Widow è un ottimo film che vede Natasha Romanof, la Vedova Nera, affrontare il suo passato. Ambientato dopo l’arco narrativo di “Captain America: Civil War”, questo film tratta, per la prima volta nell’MCU, le origini di questo amatissimo personaggio. Il film comincia con la rocambolesca fuga di Natasha da bambina con sua “sorella minore” Yelena e i suoi “genitori” Melina e Alexei dall’Ohio utilizzando un aereo, successivamente si scopre che quella non era la vera famiglia di Natasha, ma una copertura per gli agenti Melina e Alexei. Finita la copertura Natasha sarà prelevata e portata nella Stanza Rossa, dove verrà addestrata ad essere una vedova nera. Se volete sapere il seguito guardate il film, niente spoiler! La regia è stata affidata a Cate Shortland, seconda donna a dirigere una pellicola dell’MCU, che ha

diretto anche “Somersault”, “Lore” e “Berlin Syndrome in ostaggio”. La meritevole colonna sonora è stata scritta da Lorne Balfe, il quale ha partecipato alla scrittura di molti altri titoli tra film, serie TV e videogiochi. A interpretare Natasha e Yelena abbiamo Scarlet Johansson e Florence Pugh. Shang-Chi parla di un personaggio Marvel mai visto nell’MCU, e la visione merita molto. Partendo dal presupposto che “i dieci anelli” sono una delle armi più esteticamente belle che siano mai state viste usare in un film Marvel, i combattimenti sono spettacolari e la trama è intrigante ed ha ben due scene post credit. Wenwu è entrato in possesso dei 10 anelli agli albori dell’impero cinese ed ha fondato l’omonima organizzazione per comandare il mondo da dietro le quinte. Oltre ad essere delle armi spettacolari, i dieci anelli permettono al pro-

prio possessore di non invecchiare, cosa che fa si che Wenwu arrivi fino ai giorni nostri. Negli anni 90’, alla ricerca di un potere mistico, si dirige al villaggio di TaLo. Non sarà in grado di entrare, ma all’ingresso incontrerà Jiang Li, e insieme daranno vita a Shang-Chi. Alla morte della madre Shang-Chi decide di scappare in america e cambiare il suo nome in Shawn, ma il suo passato tornerà a perseguitarlo. Direi che vi risparmierò ulteriori spoiler, godetevi il film! Questo film, caratterizzato da un cast quasi interamente asiatico, è stato diretto da Destin Daniel Cretton ed ha come attore prota-gonista Simu Liu. Il compositore della notevole colonna sonora è Joel P. West noto per altri film come “Glass Castle”. Buona visione! Erra Antonio

Gesù ha un po’ di problemi con la Bibbia

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IL CIELO DEGLI EGIZI In molte culture antiche, le divinità avevano sembianze antropomorfe e poteri legati ad un elemento, come la terra, il sole e il mare. La cultura egizia non era da meno, infatti aveva una moltitudine di divinità ed esseri demoniaci: oggi mi concentrerò su, letteralmente, il cielo degli egizi e le divinità principali che lo componevano. Per gli egizi il cielo era qualcosa di molto importante, dato che veniva solcato dalla barca di Ra, il dio del Sole ed una delle divinità più importanti per loro. La divinità del cielo e dei corpi celesti, era la dea Nut, figlia di Shu, dio dell’aria, e di Tefnet, dea dell’umidità. Suo fratello, Geb, dio della terra, era anche suo marito. Al tramonto Nut inghiottiva il Sole che durante la notte attraversava il suo corpo per poi venir nuovamente da lei partorito, all’alba di ogni giorno. Lo stesso succedeva alla Luna. Le stelle che ricoprivano il corpo di Nut erano divinità e anime di defunti che nuotavano come pesci oppure navigavano

su barche a vela nell’immensità blu del cielo notturno, che gli Egizi immaginavano come una grande distesa di acqua. I capelli di Nut erano la pioggia, le sue mani e i piedi i punti cardinali. Tefnet, madre di Nut, era una divinità associata all'umidità, alla pioggia e alle nuvole, simboleggiava l'acqua ed il suo potere creatore, ed era citata come colei che dissetava i defunti. Shu, il padre di Nut, simboleggiava l'aria, ma anche la nebbia e le nuvole erano suoi elementi. Gli egizi credevano che le nubi fossero le sue ossa, ed era anche identificato con l'atmosfera e il vento. Il suo eterno ruolo era quello di tenere separati Nut e Geb, a causa dell'invidia di Ra. Insieme alla moglie e i due figli, formava i quattro elementi primordiali. Ra era il dio del Sole, che per gli egizi, era simbolo di luce, calore e prosperità. Le divinità solari erano particolarmente importanti, poiché il Sole era ritenuto il sovrano dell'intero creato. Ra era il padre di Shu, di Tefnet, di

Heket, la dea delle nascite che sorreggeva l'astro solare durante il suo passaggio nell'oltretomba, di Bastet, la dea solare della guerra e di Sekhmet, dea violenta e sanguinaria simboleggiante il calore mortale dei raggi solari. Ra rappresentava il Sole a mezzogiorno, ma era talmente importante che anche gli altri aspetti del sole erano adorati come sue diverse manifestazioni: Khepri, il dio del Sole che sorge; Harmakis, dio del sole all'alba e al crepuscolo; Ra Horakhty,dio del sole allo zenit; Atum, dio del sole che tramonta. Durante la notte, attraversava la Duat, l'oltretomba egizio, con l'ausilio della barca del Sole, accompagnato da varie divinità, che lo aiutavano nell'eterno combattimento con il serpente del Caos, Apophis. Quando si trovava nell'oltretomba, Ra si fondeva a Osiride, il dio dei morti, diventandone anch'esso sovrano. Khonsu era il dio della luna ed un accanito scommettitore di Senet, un gioco da tavolo molto popolare nell'antico Egitto. Thoth, spesso erroneamente paragonato alla Luna, era il dio dei geroglifici, della geometria e della saggezza e, durante quella che potremmo definire la creazione del mondo, vinse a Senet contro Khonsu così tante volte da ottenere abbastanza luce lunare da colmare cinque giorni, creando così gli ultimi cinque giorni dell'anno. Anna Monti

Prendilo giallo pipistrello

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INTERVISTA A PAOLO NESPOLI P: Emanuele, grazie, buonasera, come andiamo? E: Bene, grazie, lei? P:Non c’è male, grazie… Quindi vorresti fare un’altra intervista, una cosa così? E:Sì, vorrei fare un’altra intervista, questa volta per il giornalino della scuola P:Okay, va bene, hai tempo adesso, per farla adesso, c’è tempo? E: Io avrei tempo adesso, sì P:Va bene, dai, facciamo adesso, così è fatta e così non ci pensiamo più. E: Perfetto, grazie mille. E: Anzitutto, grazie mille per aver accettato. P: Prego, prego, prego, prego. E:La prima domanda che volevo chiederle è: lei come ha fatto… perché è diventato astro-nauta? Cosa l’ha ispirata? P: Eh, beh, il diventare astronauta è una cosa diciamo complessa, non tanto perché è difficile ma perché ci sono poche possibilità per fare l’astro-nauta e tante persone che vorrebbero farlo, e quindi… e quindi, vabbè, sì, naturalmente bisogna essere tecnicamente capaci, parlare le lingue, tutte queste cose così, però diciamo che c’è tanta gente, tante persone che vorrebbero farlo e quindi c’è una competizione tanto agguerrita per questo posto e per riuscire a farlo uno deve avere una perseveranza, un modo…

determinazione quasi fuori dal comune, un po’ come dire… un po’ come fare una maratona, uno non è che arriva al 15° chilometro e dice non ce la fa più, probabilmente è così, probabilmente al 25° chilometro non ce la fai più ma devi arrivare a 40, quindi, quindi è così, sicuramente avere un sogno, prendere, seguire un sogno perché è una cosa che veramente vuoi fare e ti piace, non solo per prestigio o per qualcosa così, crederci e… e ultima cosa, non demordere quando le cose non vanno bene perché comunque, come dico sempre, se poi uno fa un errore o uno sbaglio c’è sempre il modo di imparare per non rifarlo o si da per vinto e non fa più niente o altrimenti impara e riprova, cercando di non fare gli stessi errori. E: Perfetto, grazie mille. Un’altra domanda è: cos’è che dell’astronautica non viene spesso considerato, per esempio dai giornali… da quelli che ne parlano? P: Io direi che l’astronauta di oggi… oggi si lavora… gli astronauti lavorano ormai da anni sulla stazione spaziale internazionale, e… è difficile… la gente pensa che si va quasi in

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vacanza ma non è proprio così, io direi che è quasi una fabbrica metalmeccanica, si comincia a lavorare alle sette di mattina e si finisce alle sette e mezza di sera, seguendo un programma stretto, non puoi cambiare niente e se fai un errore o se c’è un problema sbatti su tutta una serie di cose complesse, quindi devi… devi lavorare con attenzione, con dedizione e devi fare quello che ti chiedono di fare, non è che tu arrivi, ti svegli la mattina e dici “cosa faccio oggi? Questo esperimento o quest’altro esperimento?” no, ti trovi la pianificazione lì davanti e devi fare esattamente quello che ti dicono di fare nel tempo che ti danno per farlo, perché il tempo a bordo è la cosa più preziosa, a bordo della stazione spaziale è il tempo astronauta. Certo costa tutto tanto, ma un’ora di lavoro di astronauta è la cosa più preziosa che c’è lì sopra. E: Capisco. Questo mi porta alla mia prossima domanda: una giornata tipo sulla stazione spaziale internazionale, com’è che si svolge? P: Mah, direi che una “giornata tipo” non esiste, però diciamo che di solito si comincia intorno alle sette e mezza di mattina quando si fa un… un momento


di colloquio con tutti i centri di controllo a terra, quindi Houston, il centro in Alabama, il centro di Monaco, il centro di Tsukuba in Giappone, il centro russo di Mosca, insomma, si parla con tutti i centri per fare un po’ il punto della situazione, per… al fine da dirti, ricordarti le cose che ti devono ricordare. Dura di solito un quarto d’ora, venti minuti- mezz’ora massimo, e poi si comincia a lavorare, di solito sono delle attività che possono essere degli esperimenti o delle attività di lavoro come riparare un pezzo rotto o fare manutenzione sulla stazione, lì dipende da cosa serve in quel momento. Diciamo che nell’ambito della giornata si fa… in media si fanno circa il 50-60% di attività scientifiche, un 30% di attività di manutenzione della stazione e poi un 10% di altre attività che potrebbero essere attività educative. Inoltre in queste 12 ore ci sono circa due ore, due ore e mezzo di attività fisica, perché sulla stazione sei in microgravità e quindi i muscoli si debilitano e quindi devi fare tutti i giorni due ore e mezza di attività fisica che viene fatta o sul cicloergometro o sul tapis roulant, o altrimenti c’è una macchina che è stata disegnata specificamente dalla nasa dove si possono fare degli esercizi che equivalgono al sollevamento di pesi che si fa sulla terra, però in assenza di gravità sollevare un peso non… non funziona, quindi c’è un macchinario che ti fa provare questa sensazione per sollecitarti i muscoli. E: Per i pasti inveceP: Poi alle sette e mezza di sera c’è di nuovo un contatto con i centri di controllo e poi si può andare a mangiare, a cenare. C’è un break di solito di un’ora a pausa pranzo se si fa, perché poi gli americani va a finire che

se succede qualsiasi cosa la prima cosa che salta è la pausa pranzo, però va bene, diciamo che formalmente c’è un’ora di pausa pranzo. E: Okay. Un’altra domanda: lei nel corso della sua ha eseguito anche una missione con lo shuttle, giusto? P: Giusto. E: In cui ha partecipato attivamente alla costruzione della stazione spaziale? P: Beh diciamo che come equipaggio quella a cui ho partecipato era una missione di costruzione della stazione spaziale, dove abbiamo fatto due attività importanti per la stazione: la prima quella di portare un modulo sulla stazione, quindi un modulo che era nella stiva dello shuttle, lo abbiamo sganciato dalla stiva e lo abbiamo agganciato alla stazione e l’abbiamo lasciato, e poi un’altra cosa, abbiamo spostato un gruppo di pannelli solari, che è stata una cosa complessa e anche difficile e pericolosa, però l’abbiamo fatto. E: Come… come si è sentito a tornare sulla stazione spaziale in seguito, dopo che è stata completata? P: Beh, un conto è fare una missione sullo shuttle che dura quindici giorni in totale, un conto è stare sei mesi sulla stazione spaziale. Devo dire che stando sulla stazione spaziale per così tanto tempo diventi proprio un “extraterrestre”, nel senso che ti abitui a quest’assenza di gravità, ti abitui al trantran giornaliero… guardi la terra e vedi cose che nei primi giorni non vedevi, direi che se sei sulla stazione spaziale e ci stai per lungo tempo è completamente diverso che andarci solo per

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qualche giorno e lavorare freneticamente alle attività che devi fare. E: Lei ha mai avuto nostalgia della terra quand’era in orbita? P: Sì e no, nel senso che... questa è una domanda un po’ dico strana, perché mi chiedono sempre se ho… se quando sono in orbita ho nostalgia della terra e quando sono a terra ho nostalgia dell’orbita, io rispondo sempre che sarebbe stupido se sei in orbita, che è una cosa eccezionale, aver nostalgia della terra, perché è molto meglio focalizzarsi su quello che hai, cioè una vista incredibile, e lo stesso quando sei a terra, è quasi stupido pensare che ti manca lo spazio, quando invece dovresti gioire del fatto che hai potuto fare quest’esperienza, quindi ho sempre cercato di guardare il bicchiere mezzo pieno che il bicchiere mezzo vuoto. E: Capisco. Un’altra domanda: lei nel corso delle sue missioni gliene saranno capitate di ogni, ha qualche aneddoto interessante che potrebbe interessare i lettori del giornalino? P: mah, sto pensando… diciamo che è interessante la differenza con cui i russi approcciano il volo spaziale sulla navicella Sojuz e gli americani il volo spaziale sullo shuttle, gli americani sono molto precisi, puntuali, esatti, i russi sono un pochettino più spannometrici, e sono tra l’altro molto superstiziosi, per cui vanno a rivedere, a rifare le cose che ha fatto che ne so Yuri Gagarin, solo per superstizione, mentre in America se parli di superstizione ti guardano con l’occhio storto, mentre in Russia è così, per cui per esempio ci siamo fermati mentre andavamo sulla piattaforma di lancio per


essere lanciati, ci siamo fermati per, una cosa un po’ così, “fare la pipì”, perché era quello che aveva fatto Yuri Gagarin prima di andare sulla navicella, quindi adesso si fermano tutti e fanno la pipì. Che è una cosa un pochettino strana, io pensavo fosse uno scherzo e invece no, ci siamo fermati davvero a fare la pipì.

massimo una decina d’anni andremo su Marte, ma vedremo.

E: Volevo sapere se potesse spiegarmi…

E: Ah. Beh, sarebbe bello vedere l’uomo su Marte.

P: Diciamo che è stata una direttiva del presidente degli stati uniti, che voleva avere un volo sulla luna entro il 2024, però il presidente è cambiato adesso quindi… quindi sì, vorrebbero tornare sulla luna, a dir la verità vorrebbero andare anche su Marte, però vabbè, questo lo si dice da cinquant’anni quindi… vabbè sì, in teoria sì.

P: Incomprensibile.

P: Beh, quello è stato un momento eccezionale perché normalmente sulla stazione si mangia tutto cibo confezionato e siccome ho un po’ scherzato con il project manager a terra, nel primo veicolo che è arrivato su dopo hanno mandato il materiale per fare una pizza, quindi abbiamo fatto una pizza tutti assieme e ce la siamo mangiata. Devo dire che era anche buona, forse perché aveva un sapore diverso, ma era buona.

E: Scusi?

E: Come avete fatto a cuocerla?

P: Pronto?

P: Beh, lì ci siamo dovuti accontentare nel senso che ci hanno mandato su una base che era sostanzialmente una piadina e su quello ci abbiamo messo il sugo e le altre cose, l’abbiamo scaldata un po’ ma tutto lì.

E:Secondo lei tra quanto potremmo vedere l’uomo tornare sulla luna?

Cade la linea

P: Se fosse stato rieletto Trump probabilmente avrebbero fatto in modo di andare per il 2024, adesso che Trump non è più presidente cambieranno, immagino che slitteranno se non cancelleranno il programma, perché dipende tutto dai costi alla fine, quindi… prima Trump trovava i fondi ora bisogna capire quanto e se il nuovo presidente continua a trovare i fondi, ma sono più confidente che ci potranno andare o sulla luna o addirittura su Marte i privati, perché gli stati dipendono dalla politica, i privati dipendono da quello che vogliono fare loro, e se c’è gente come Elon Musk o Jeff Bezos che sono molto spinti per fare queste cose vuol dire che si andrà, io mi aspetto che tra

P: Okay, ci sono.

E: Capisco. Un’altra domanda: ora la nasa ha deciso che vuole tornare sulla luna, lei cosa ne pensa?

P: Beh sì, sarebbe finalmente un nuovo passo forte che sono tanti anni che si dice che vorremmo fare. E: Un’altra domanda: Io guardando su internet ho trovato una sua foto a bordo dell’ISS col resto dell’equipagio che mangiavate una pizza?

E: Pronto, mi sente? P: Pronto? E: Pronto, lei mi sente?

E: E' caduta la linea.

E: Mi sente? P: Sì. E: Perfetto, volevo sapere, allora, cercando su internet mi sono imbattuto in una sua foto a bordo dell’Iss con il resto dell’equipaggio che, secondo la didascalia, stavate organizzando una serata pizza? P: Non ho capito, una serata cosa?

P: Beh, quello che dico sempre a tutti i ragazzi è di puntare in alto, cioè di avere degli obiettivi quasi irraggiungibili perché le cose irraggiungibili sono irraggiungibili all’inizio, poi diventano improbabili, poi diventano probabili e poi alla fine diventano obbligatorie, quindi fare questo percorso, puntare in alto e non demordere, perché si possono fare le cose impossibili.

E: Una serata col pasto a base di pizza.

E: Grazie mille per il suo tempo, grazie mille per aver accettato di rispondere alle mie domande, buona giornata.

P: Sì.

P: Grazie, altrettanto. Emanuele Landolfa 15

E: Ah capisco. Io in realtà avrei finito le domande, un’ultima cosa, volevo sapere se avesse un messaggio per i lettori del giornalino.


SUDOKU lv.1

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SUDOKU lv.2

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LABIRINTI

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