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L’He
Indice
N° 14 Quattordicesima Edizione 5 Aprile 2018
BEATI GLI ULTIMI………………………………………...PAG.3 MINI QUESTIONARIO PROUST……………..………PAG.4 CICLOCHARD..……………………….……………...…....PAG.5 STEVE MCCURRY………………………….………………PAG.7 IL CANTO DEGLI ITALIANI..………………………..…PAG.9 TRA POESIA E UMANITÀ………….………………...PAG.10 L’APOSTOLA FRA GLI APOSTOLI ….….………….PAG.12 Ονειρόφρων………………………….………………..….PAG.13
Giornalino degli studenti del L.S.S. Elio Vittorini
IGNOROSCOPO………………………….……………….PAG.14 GIOCHI………………………….……………………………PAG.15 EVENTI………………………….…………………………….PAG.19
Via Donati 5-7, 20146, Milano (MI) Italia
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Anno Scolastico 2017/2018 Terzo Anno
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LA REDAZIONE Filippo Gianoglio 4^A Giulia Ghirardi 5^C Enrico Maraboli 5^D Silvia Picca 2^E Riccardo Fidanzia 5^G Sabrina Lo Giudice 4^C Giulio Civitareale 1^F Giada Gaudioso 3^F
Eleonora Ciocca 5^D Lorenzo Ferrara 5^C Giulia Zanoletti 3^F Simone Montandon 3^F Elisa Montobbio 3^F Gabriele Celoria 3^F Silvia Gentilini 2^E Riccardo Grossi 3^F Claudia Gerardi 4^A Stampa a carico del L.S.S. Elio Vittorini 2
EDITORIALE
BEATI GLI ULTIMI Dunque, mentre Stephen Hawking si appresta, non senza difficoltà, a salire la scala verso il Paradiso, tentiamo di riassumere cosa è accaduto in questo mese. Al Vittorini nulla, tranne una simpatica competizione per scegliere il logo della scuola che, tuttavia, non andrà a rimpiazzare la odiata casetta, ma si limiterà a comparire sulle felpe. Allora lanciamo anche noi una competizione: mettiamo in palio la prossima copertina del giornale. Chiunque volesse inviare una fotografia o un disegno potrebbe vederla poi stampata sul numero di maggio, in copertina! Se poi quel chiunque riuscisse a convincere i propri compagni a comprare il maggior numero di copie possibili, la sua classe godrebbe di pane e nutella gratuiti a volontà alla Nutellata di fine
anno, il 26 maggio. Fatti i dovuti annunci commerciali, dedichiamoci, con maggiore serietà, a presentare questo numero, che abbiamo scelto di dedicare agli ultimi, coloro che, lontano dalla luce dei riflettori, hanno sofferto, soffrono e di cui nessuno si prende cura. Ci sono ultimi che hanno sfidato l’obiettivo: Eleonora e il cinema ci narrano, un’altra volta, con altri occhi, la storia di Maria Maddalena, mentre dall’altro lato abbiamo l’immagine statica: Giulia racconta Steve McCurry, colui che ha fatto della fotografia un mezzo per riportare sofferenze e vite distrutte. Una cosa hanno in comune i nostri ultimi è il nome. O meglio, non hanno un nome. Sono invisibili. Era invisibile la ragazza afghana prima di essere fotogra-
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fata, erano invisibili i personaggi di Spoon River prima che Masters e De André ce li raccontassero, nella speranza che le loro vite servissero da monito per migliorare le nostre. E effettivamente, qualcuno che ha colto il loro messaggio c’è. Da poco è nata a Milano l’associazione “Ciclochard”, che Riccardo ci racconta approfonditamente nelle prossime pagine. Un gruppo di ragazzi che, armato solo di buona volontà, ha deciso che i senzatetto, gli invisibili, dovessero avere l’opportunità di riprendere in mano la loro vita. Noi abbiamo tentato di accendere la luce, ora sta a te decidere se guardare. Filippo Gianoglio
INTERVISTA
MINI QUESTIONARIO PROUST Risponde Cristiano Dognini, prof. di Italiano, Storia e Latino Il tratto principale del suo carattere? L'orgoglio. Cosa cerca in uno studente? Curiosità e vivacità. E in un professore? Dedizione e autorevolezza. In che anno il primo bacio? In seconda media. Il suo alcolico preferito? Rum. Il suo peggior difetto? Sono indeciso fra l'orgoglio e l'iracondia. Il suo motto? Studiare senza meditare è inutile, meditare senza studiare è pericoloso. Quando ha deciso di diventare prof? Sin da bambino mi affascinava l'insegnamento, ma ho preso la decisione finale solo dopo aver vinto il concorso a cattedre, quando ho dovuto decidere se continuare a fare ricerca in università o insegnare al liceo. Il superpotere che vorrebbe avere? Nessuno, ne farei un cattivo uso. Autori preferiti? Eco, Manzoni e Tolkien. Viaggio dei sogni? Un lungo soggiorno in India. Parola che ripete più spesso? Non saprei, forse "cosa", visto che è in cima ai lessici di frequenza d'uso delle parole italiane. Materia scolastica preferita al Liceo? Latino. Quella più odiata? Scienze motorie, perché ne ero sempre esonerato per motivi di salute, sicché mi annoiavo. Genere cinematografico preferito? Gialli, thriller e film di spionaggio.
Risponde Luisa Pulsinelli, prof. di Diritto e Economia. Il tratto principale del suo carattere? Determinazione. Cosa cerca in uno studente? Serietà e senso di responsabilità. E in un professore? Collaborazione. In che anno il primo bacio? Avevo tredici anni. Il suo alcolico preferito? Vino rosso. Il suo peggior difetto? Sono petulante. Il suo motto? Non arrendersi mai. Il suo eroe d’infanzia? Quello attuale? Eroe d'infanzia mia mamma e oggi resta comunque lei. Viaggio dei sogni? Vorrei andare in Polinesia. Parola che ripete più spesso? Violante, il nome di mia figlia. Materia scolastica preferita al Liceo? Matematica. Quella più odiata? Greco. Genere cinematografico preferito? Thriller.
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ATTUALITA’
CICLOCHARD: UN IMPEGNO CONCRETO PER GLI ULTIMI DELLA SOCIETÀ Due ragazzi della nostra scuola, due normali ragazzi di quinta che come tutti noi vivono la loro vita fatta di gioie, divertimenti, sbronze (e ogni tanto studio), ci raccontano un’esperienza che vivono da quasi due anni e che di normale non ha nulla: si tratta del progetto “Ciclochard”, formato da un gruppo di ragazzi che si è posto come obiettivo quello di aiutare gli abitanti della strada a reimmettersi in un ambiente lavorativo. «Ciclochard nasce dalla volontà di reinserire in un contesto lavorativo delle persone senza fissa dimora – dice il primo, Enrico – e di conseguenza tentare di restituire loro una dignità sociale che, dopo lunghi anni di vita per strada, hanno perso. È un gruppo di ragazzi tra i 17 e i 25
anni, entrati in contatto col mondo dei senzatetto grazie all’esperienza del gruppo di volontariato Adelphoi della parrocchia di S. Maria del Rosario, che si occupa da qualche anno di fornire, una sera a settimana, assistenza a homeless nella zona di Piazza del Duomo, scambiandoci due chiacchiere e regalando loro una coperta, una bevanda calda ed un sorriso. Col tempo però questo non ci è più bastato, volevamo fare qualcosa di più concreto, e perciò abbiamo deciso di staccarci in parte dalle nostre “origini” e di fondare nell’autunno del 2016 Ciclochard, per poter regalare a questi ragazzi anche una speranza, una possibilità di riscatto. L’idea iniziale è venuta da una nostra amica, Chiara, ed è stata subito
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accolta da molti con entusiasmo, e la prima cosa a cui abbiamo pensato è stata quella di aprire una ciclofficina, una proposta non troppo difficile da realizzare: una passione che accomuna tutti quanti è infatti quella per le bici e, chi più chi meno, molti di noi si intendono di ciclomeccanica.» «All’inizio abbiamo incontrato comunque
ATTUALITA’
molte difficoltà – continua Filippo – la struttura dell’associazione non era minimamente quella che è adesso: c’era un primo spunto organizzativo definito dal primo statuto, ma fondamentalmente siamo partiti dal nulla (come per ogni bella idea, sottolinea Enrico). Il processo di organizzazione e definizione degli obiettivi da perseguire è stato molto lento, ma quello che ci ha spinto fin dall’inizio a crederci fino in fondo è stato l’entusiasmo e l’interesse sempre dimostrato non solo da noi ragazzi che l’abbiamo fondata, ma anche da tutti coloro che abbiamo raggiunto, col tempo, tramite il passaparola o l’utilizzo dei social. La cifra degli associati in costante aumento, il successo di visite ottenuto su internet dal video di presentazione sono stati “CICLOCHARD” “CICLOCHARD” www.ciclochard. org
CERCATELI IN COGESTIONE!!! poi un ulteriore sprono ad andare avanti, ci hanno dimostrato quanto un’idea tutto sommato semplice come la nostra possa aver fatto presa sulla curiosità delle persone, e tutto ciò ci ha reso molto fieri di ciò che stiamo pian piano creando con tanta passione.» «Al di là dei balzi compiuti quest’anno – conclude Enrico con una splendida riflessione – ciò che mi sprona sempre a continuare e a metterci impegno è il peso che questa esperienza di contatto col mondo dei clochard ha avuto nella mia vita e l’impatto che ha esercitato sulla mia crescita personale; andare a trovare queste persone ogni venerdì sera, immergersi nel loro mondo e conoscere anche solo qualche dettaglio delle loro vite, tentando di instaurare un rapporto di amicizia e fiducia. Io in fondo non vado lì a dar loro semplicemente un pezzo di focaccia o un caffè, sto cercando
di non far dimenticare loro il significato di una relazione sociale: perché il più grande nemico degli abitanti della strada è la solitudine, è l’indifferenza delle persone che li ignorano, o peggio li schifano (senza rendersi conto che chiunque può finire in una situazione simile, mi permetto di aggiungere). E a questi non resta che star lì, ad un angolo della strada facendo finta di non essere nulla ed arrivando a pensare di non valere nulla. E quindi l’instaurare con queste persone un rapporto e donare loro gioia e fiducia nell’umanità danno anche a me gioia, sono forse le gioie più vere. E anche da questi sentimenti nasce Ciclochard, dalla voglia di restituire dignità umana ai senzatetto attraverso un’attività lavorativa, e attraverso questa alimentare anche la fiducia che hanno di se stessi.» Riccardo Fidanzia
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CULTURA
STEVE MCCURRY MOLTO PIÚ CHE UN FOTOGRAFO
Fotografo: chi fa fotografie, in particolare chi le fa per professione | chi vende materiale fotografico. Questa è la definizione che ognuno di voi potrà trovare tra le pagine di un qualsiasi dizionario alla voce “fotografo”. Vera ma estremamente riduttiva. Da circa 30 anni, Steve McCurry è considerato uno dei più grandi maestri della fotografia contemporanea ed è un punto di riferimento per un larghissimo pubblico, soprattutto di giovani, che nelle sue fotografie riconoscono un modo di guardare il nostro tempo e, in un certo senso, “si riconoscono”. Nato nei sobborghi di Philadelphia, McCurry studia cinema e storia alla Pennsylvania State University prima di andare a lavorare in un giornale locale. Dopo molti anni come freelance, McCurry compie un viaggio in India, il primo di una lunga serie. Con poco più di uno zaino per i vestiti e un altro per i rullini, si apre la strada nel subcontinente, esplorando il Paese con la sua macchina fotografica. Dopo molti mesi di viaggio, si ritrova a passare il confine con il
Pakistan. Là, incontra un gruppo di rifugiati dell'Afghanistan, che gli permettono di entrare clandestinamente nel loro paese, proprio quando l'invasione russa chiudeva i confini a tutti i giornalisti occidentali. Riemergendo con i vestiti tradizionali e una folta barba, McCurry trascorre settimane tra i Mujahidin, così da mostrare al mondo le prime immagini del conflitto in Afghanistan, dando finalmente un volto umano ad ogni titolo di giornale. Da allora, McCurry ha continuato a scattare fotografie mozzafiato in tutti i sei continenti.
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I suoi lavori raccontano di conflitti, di culture che stanno scomparendo, di tradizioni antiche e di culture contemporanee, ma sempre mantenendo al centro l'elemento umano che ha fatto sì che la sua immagine più famosa, la ragazza afghana, fosse una foto così potente. E' sorprendente e allo stesso tempo straordinario l’attimo da lui descritto in cui “decise” che tipo di fotografo volesse diventare. Durante l’alluvione del 1983 a Porbandar, in India, McCurry racconta di essersi trovato nella posizione di non riuscire a fare alcuna foto per lui soddisfacente. Nessun punto di vista risultava essere sufficientemente d’impatto, né sui tetti, né dai balconi. In quella enorme distesa d’acqua in cui galleggiavano escrementi e cadaveri si stava consumando una triste catastrofe e lui come fotografo non riusciva a raccontarla, non trovava quell'esatta prospettiva che portasse con la delicata violenza di un terremoto la disperazione della realtà nei cuori delle persone. Fu così che decise di immergersi fino alle spalle in
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quel torrente putrido e fangoso per realizzare uno dei suoi scatti più famosi, quello che ritrae un sarto che immerso fino al collo porta in salvo tutto ciò che ha: la sua vecchia macchina da cucire. McCurry racconta che proprio in quel momento capì che tipo di fotografo voleva essere.
Un fotografo che non voleva vivere gli eventi da lui rappresen tati in maniera sterile e distante, comprendendo e quasi partecipando alle gioie e le sofferenze di chi gli stava intorno per riuscire a esprimere la sua fotografia e attraverso di essa la vita, di qualsiasi tipo essa fosse.
Per questo credo che l'appellativo di fotografo sia davvero riduttivo: nel suo impegno lento e costante di costruire una storia, nel raccontare qualcosa di importante egli costringe a farsi domande, a interrogarsi sul mondo, a cercare di scoprirlo nelle sue contraddizioni e nella sua spietata ferocia, il suo viaggiare senza confini nei luoghi del mondo dove si accendono i conflitti e si entra inevitabilmente in contatto con le difficoltà, la povertà, la fatica del vivere in quelle terre attraverso la vita che cattura riflessa negli occhi di migliaia di volti. E' la presenza umana che è sempre protagonista, questa umanità, questa vita, ci viene incontro con i suoi sguardi in una sorta di girotondo dove si mescolano età, culture, etnie, che McCurry ha saputo cogliere con straordinaria intensità perchè solo l'empatia e l'umanità delle sue foto fanno sì che le sue immagini siano indimenticabili, forti e rivoluzionarie. Per questo credo si possa considerare molto più che un fotografo. Un uomo che ha saputo fermare la bellezza dove di bello non c'era niente, che ha saputo creare arte ed è riuscito a rendere migliaia di volti dei bellissimi fiori, nonostante camminino sopra un inferno.
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“Mettetemi il video, ma non quello morto” 8
Giulia Ghirardi
CULTURA
IL CANTO DEGLI ITALIANI “Dell’elmo di Scipio/ s’è cinta la testa”. Fu così che iniziò la tragedia: l’Italia fascista arraffò senza farsi troppe domande l’antica armatura romana dallo scatolone in soffitta, che venne lucidata fino a diventare abbagliante; un’Italia accecata da questo splendore di cera iniziò a seguire il proprio Don Chisciotte. A questo punto sarebbe bello poter dire “qui poi sapete tutti come è andata” e liquidare il tutto in una solida cultura generale, ma purtroppo la memoria è corta, e un passato terribilmente vicino sembra già sprofondato nelle nebbie del tempo. Il sole mattutino accarezza la passeggiata della gente tra timide bandiere sui balconi, una tiepida sonnolenza sprofondata nel divano ci accompagna in un giorno che ci dicono essere di festa, il telegiornale acceso bla tera di guerre lontane, troppo
lontane per interessarci e troppo scomode per pensarci. La neve in quei giorni trafiggeva i soldati in ritirata, l’urlo di morte dei bombardieri toglieva il sonno alle città inginocchiate, una voce declamatoria dall’altoparlante parlava di spade e di aratri, di eroi, di vittoria… Questa fu la guerra, questi i segni dell’orrore che qualche nonno si porta ancora appresso sulla faccia scavata dalle rughe: le hanno stampate in fronte le serie di scalini scendendo di corsa al buio per ripararsi nelle cantine dalle bombe, eccome se le ricordano… E noi? Noi non abbiamo mai visto niente di tutto questo, ma il 25 aprile ci è stato dato semplicemente per contraddire la famosa frase “La terza guerra mondiale scoppierà quando saranno morti tutti quelli che hanno visto la seconda”. Sarà solo la consapevo-
lezza della memoria a preservarci dalla guerra e dal totalitarismo: forse faremmo bene a ricordarci oggi che ci furono giorni dove qualcuno coccolava le nostre opinioni e il nostro pensiero con la dolcezza del manganello, dove uomini rientrati a piedi dalla Russia trovarono la loro casa ridotta a un cumulo di macerie, dove ragazzi della nostra età riposero interamente il loro (e il nostro) futuro nel fucile che portavano sotto il braccio. La memoria della Resistenza è la sola garanzia della nostra libertà, una libertà che non venne da questa o da quella parte, ma dalla sola compattezza nazionale contro chi, come purtroppo vorrebbe fare qualcuno ancora oggi, appianò le differenze stroncandole. Rispettare la sofferenza e il sangue versato dai partigiani significa questo, continuare con la memoria ogni giorno a combattere per la piena attuazione di quello per cui hanno combattuto loro: la Costituzione della Repubblica Italiana, che nei suoi 70 anni di vita rimane il prodotto di una Nazione e di una volontà unita contro ogni tiranno. La Nazione è la Costituzione, e la Costituzione è il baluardo di tutte le nostre libertà: il 25 aprile è il giorno dove ognuno di noi è diventato davvero Italiano.
“Giuriamo far Libero il suolo natio Uniti, per Dio, chi vincer ci può?” Enrico Maraboli 9
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NON AL DENARO NON ALL'AMORE NÉ AL CIELO: TRA POESIA E UMANITÀ Lunedì 12 marzo, il musicista Marco Belcastro, voce e chitarra, e l’attore Christian Poggioni, voce narrante, hanno proposto un omaggio a Fabrizio De André attraverso la riproduzione del concept album “Non al denaro non all’amore né al cielo”. Tra il 1914 e il 1915 il poeta americano Edgar Lee Masters pubblicò sul "Mirror" di St. Louis una serie di epitaffi successivamente raccolti nell'Antologia di Spoon River. Ogni poesia racconta la vita di un personaggio: ci sono diciannove storie che coinvolgono un totale di 244 personaggi carichi di originalità. Masters si proponeva di descrivere la vita umana raccontando le vicende del paesino di Spoon River. La cruda umanità dei suoi personaggi deriva dal fatto che essendo morti non hanno più niente da perdere e possono rivelare tutte le fragilità non dette, i dolori nascosti, gli amori oppressi, raccontando la loro vita con brutale sincerità. E così cadono l’ipocrisia, il perbenismo, le maschere sociali; ed emergono i tradimenti, gli assassinii, gli aborti. Quando il libro fu pubblicato furono in molti a sentirsi denudati e offesi dalle poesie epitaffio di Masters. Gli intellettuali del tempo non apprezzarono il lavoro e i cosiddetti “neoumanisti” lo aggredirono come “iniziatore di una nuova scuola di pornografia e sordido realismo”. Meno di trent’anni più tardi, in Italia, una giovane scrittrice di
nome Fernanda Pivano racconta: «Ero una ragazzina quando vidi per la prima volta l'Antologia di Spoon River: me l'aveva portata Cesare Pavese, una mattina che gli avevo chiesto che differenza c'è tra la lettura americana e quella inglese. L'aprii proprio alla metà, e trovai una poesia che finiva così "mentre la baciavo con l'anima sulle labbra, l'anima d'improvviso mi fuggì". Chissà perché questi versi mi mozzarono il 10
fiato: è così difficile spiegare le reazioni degli adolescenti». Per una giovane cresciuta in un'epoca dominata dall'epicità a tutti i costi, i versi di Masters e la loro scarna semplicità furono una rivelazione. Per conoscere meglio i personaggi, Fernanda iniziò a tradurre in italiano le poesie. Incredibilmente riuscì a evitare la censura del ministero della cultura popolare cambiando il titolo in «An-
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tologia di S.River» e spacciandolo per una raccolta di pensieri di un quanto mai improbabile Sam River. Nel 1971 Fabrizio De André pubblicò l'album "Non al denaro non all'amore né al cielo", liberamente tratto dall'Antologia di Spoon River. De André scelse nove delle 244 poesie e le trasformò in canzoni facendo un lavoro straordinario: rendere quelle poesie attuali cambiandone il senso profondo. «Spoon River l'ho letto da ragazzo, avrò avuto 18 anni. Mi era piaciuto, e non so perché mi fosse piaciuto, forse perché in questi personaggi si trovava qualcosa di me. Poi mi è capitato di rileggerlo, due anni fa, e mi sono reso conto che non era invecchiato per niente. Soprat
tutto mi ha colpito un fatto: nella vita, si è costretti alla competizione, magari si è costretti a pensare il falso o a non essere sinceri, nella morte, invece, i personaggi di Spoon River si esprimono con estrema sincerità, perché non hanno più da aspettarsi niente, non hanno più niente da pensare. Così parlano come da vivi non sono mai stati capaci di fare.» Due sono i temi di fondo dell’album: l'invidia, come molla che spinge gli uomini alla competizione e alla discordia; e la scienza, come contrasto tra l'aspirazione del ricercatore e la repressione del sistema. De André tenta un'indagine sulla natura umana, attraverso la voce di otto personaggi. Il matto (smanioso di esprimersi a parole come gli
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altri ma che presto viene internato in un manicomio), il giudice (coltiva una sete di potere e vendetta tutta la vita che lo porta ad umiliare chi lo ha umiliato) e il blasfemo (un esegeta dell'invidia che ne cerca le origini in Dio) sono coloro attraverso cui Fabrizio denuncia il sentimento umano in cui si rispecchia maggiormente il clima di competitività, il tentativo dell'uomo di misurarsi continuamente con gli altri, di imitarli o addirittura superarli per possedere quello che lui non possiede e crede che gli altri posseggano. Il malato di cuore rappresenta l’alternativa all'invidia, perché pur essendo nelle condizioni ideali per essere invidioso decide di vivere di amore e di abbandonare il rancore. L’amore diventa quindi motore necessario di vita e felicità, tema che Fabrizio approfondisce ulteriormente grazie al suonatore Jones. Il tema della scienza viene invece affrontato dal medico (i cui buoni propositi vengono schiacciati dal sistema), dal chimico (tanto preso dalla scienza e dalla ricerca di un ordine perfetto da essere incapace di amare) e dall’ottico (che desidera trasformare la realtà e mostrarcene un'altra “più vera”). Marco Belcastro e Christian Poggioni sono riusciti a rendere ancora più poetico lo spettacolo con la recitazione di poesie e testi indipendenti dall’album ma collegati a esso nel profondo significato. Alda Merini, nella poesia “Pensiero”, personifica il turbine folle dentro la sua testa, per poterlo interrogare sulla sua natura. La poesia si collega al matto di De André, perché racconta ciò che il matto non è riuscito a capire durante la sua vita:
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il pensiero non conosce tempo, limite, prigionia; per questo, con le parole non si riuscirà mai a spiegarlo. Perciò, se il matto potesse leggere la poesia capirebbe di lasciare da parte l’invidia e la sua affannosa corsa al linguaggio, e di lasciare libera la mente di viaggiare ed esser serena. Particolarmente toccante il collegamento tra la poesia di Leopardi “Alla luna” e la canzone “Un malato di cuore”. Leopardi sviluppa il tema del piacere e del dolore evocati dal ricordo nell’uomo. Anche il malato di cuore ricorda, con dolore nella prima parte e con una malinconia dolce nella seconda. Leopardi, allo stesso modo, sente una dolce malinconia nel ricordo della luna, alla quale si confidava. Ci sono altri due riferimenti spettacolari che vale la pena citare; Belcastro e Poggioni hanno deciso costruire un interessante collegamento tra due poesie di intellettuali molto ammirati da De André (“L’Urlo” di Allen Ginsberg e “La Bomba” di Gregory Corso) e le canzoni “l’ottico” e “il chimico”. “La Bomba” rappresenta un’amara denuncia sociale che diventerà l’ennesimo manifesto della Beat Generation. La forza ironica e a volte comica con cui è scritta la fa sembrare quasi un inno d’amore alla bomba;
prende di mira gli uomini, così attenti a mostrare odio nei confronti della bomba e non, invece, per le smisurate e terribili quotidiane violenze consumate dall’uomo stesso. Se viene amata, la bomba, non può fare male, perché ad uccidere davvero l’umanità è l’odio, prodotto dagli stessi uomini, che prende forma nei suoi mezzi crudeli. In questo si trova un acceso collegamento con la storia del chimico, e ciò che si propone di denunciare. Il chimico fugge dall’uomo, dall’odio, dall’amore, si fida solo di ciò che riesce a capire: le reazioni tra elementi. L’uomo è il vero artefice della sofferenza, per quanto cerchi di incolpare bombe e armi, che altro non sono che strumenti. Ginsberg, nella poesia Urlo, ci trasmette un forte senso di smarrimento e di impotenza di fronte all’autodistruzione. Uno sfondo psichedelico, un fiume di parole che si intrecciano e confondono, un mare di cruda verità che annienta il lettore. De André denuncia lo stesso sconforto per un mondo sbagliato in modo più dolce e meno crudele, attraverso il personaggio dell’ottico. Egli vuole infatti vendere lenti nuove, diverse, che permettano di vedere una realtà più luminosa e viva. L’ottico sogna, come Ginsberg, un mondo diverso, di amore e poesia. Si
trova anche un non troppo sottile collegamento con gli allucinogeni, di cui i giovani insofferenti della Beat Generation hanno abusato per anni: troviamo lo stesso bisogno di evasione, di colore, di psichedelia anche nell’ottico. Il suonatore Jones è l'unico in questa raccolta di poesie a cui De André lascia il nome. Infatti, mentre nelle poesie originali di Edgar Lee Masters ogni personaggio ha un nome e un cognome, i titoli delle canzoni di De André sono generici (un giudice, un medico) per sottolineare che le storie di questi personaggi sono esempi di comportamenti umani che si possono ritrovare in ogni epoca e in ogni luogo. Il suonatore Jones, il personaggio con cui l'album si chiude, invece è unico, rappresenta l'alternativa alla vita vista come lotta per raggiungere i propri scopi. Egli ha vissuto di passione, coltivando la libertà e scappando dall’agonismo lavorativo tipico della nostra società. Ha scelto il gioco, il riso, per questo muore senza rimpianti. Senza dubbio il suonatore Jones era anche il personaggio al quale De André si ispirava. Per Jones la musica non è un mestiere, è una scelta di libertà. Elisa Montobbio
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“Se muoio, la vita continua, cioè in realtà no, però…”
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RECENSIONE
L’APOSTOLA FRA GLI APOSTOLI: LA STORIA DI MARIA DI MAGDALA Garth Davis (il regista) in questa sua seconda opera (“Lion-La Strada Verso Casa” del 2016 era stato il suo esordio dietro la cinepresa) ci propone una domanda: “Cosa si prova ad essere uniti a Dio?” Maria Maddalena, probabilmente la figura femminile più controversa dell’intera Cristianità che nel 2016 fu rivalutata con la definizione “Apostola fra gli apostoli”, ci darà la sua risposta: Acqua. Immersione. Consapevolezza. Libertà. Di cosa parla questo film? Sicuramente non parla di Dio, o della religione o di qualsiasi tipo di chiesa. No, questo film parla di una donna, una donna a lungo criticata, derisa, accusata. Una donna che però ha segnato la storia. La donna che ha visto risorgere Cristo. Il film inizia riportandoci indietro nel tempo, fino al 33 d.C. a Magdala, piccolo paese nei pressi di Gerusalemme, dove incontriamo Maria, giovane ragazza modesta e umile, dedita al lavoro, alla famiglia e a un credo (quello ebraico) che però non le basta, una fede in un dio lontano, imperscrutabile e diverso. Diverso da lei, dagli uomini e dalle donne che la circondano. Diverso dalla natura dove è cresciuta e da quell’unica realtà che conosce e che chiama vita. Preghiere ritmate a suon di voci roche e sempre uguali, cantilene eterne e ripetitive sono quelle degli uomini del tempio, chiusi dietro ai loro lunghi mantelli e chini, in preghiera, a sacrificare agnelli e capretti, quasi a volersi comprare il perdono di un dio
che non vedono e che non capiscono. I templi come mercati, i sacerdoti come venditori ambulanti. Quella non è la casa di Dio. Quello non è ciò in cui voglio credere. Io voglio fidarmi di lui. Voglio seguire quell’uomo da poco arrivato a Magdala e che presto ripartirà con i suoi “apostoli”, i suoi fedeli fratelli. Voglio seguirlo, imparare, conoscerlo.
Colui che non ha scorto in me una folle, una donna impossessata dal demonio. No, lui che ha visto in me semplicemente un essere umano, spinto dalla virtù verso la conoscenza, verso un credo, verso una verità. Pochissime sono le battute pronunciate in questo film. I veri dialoghi sono infatti composti da sguardi, espressioni e sorrisi, a volte timidi, a volte sornioni, a volte semplicemente malinconici che attraverso le loro piccole (quasi impercettibili a volte) sfumature racchiudono la semplicità del segreto di un amore fra un uomo e una donna. Un 13
sentimento quasi fraterno per la sua dolcezza e innocenza è l’amore che lega un Gesù già trentatreenne (Joaquin Phoenix) a Maria Maddalena (Rooney Mara). Un amore ostacolato sia dalla famiglia di Maria sia dagli stessi apostoli, che riconoscono in questa figura non una sorella ma quasi una minaccia, un pericolo per il loro caro Messia. Ma lei non è mai stata una tentazione per Cristo. E’ stata un’amica, una sorella, una compagna, l’unica che, nonostante le belle parole di Pietro o le promesse di Giuda, è stata al suo fianco fino alla fine, che non si è nascosta come una ladra nei sotterranei mentre Lui stava andando a morire. A lei si affianca un Cristo silenzioso, solitario e riflessivo, che sembra avere molto più del divino che dell’umano, ma che comunque trema all’idea di lasciare una vita che, seppur semplice, è impregnata di una bellezza armoniosa e primordiale, elegante come il profilo di un colle nella penombra della sera e profumata come una spiga di grano matura. Una domanda: “Cosa si prova ad essere uniti a Dio?”. Una risposta: Dio è l’onda che ti abbraccia quando ti immergi in un lago, è l’acqua che ti avvolge e ti circonda, è la consapevolezza di esistere in quel momento e la libertà del tuo pensiero che è finalmente, seppur per pochi istanti, slegato dal corpo e in grado di fluttuare, come il corpo nell’acqua, nel Regno dei Cieli. Eleonora Ciocca
RACCONTO
Ονειρόφρων Il combattente di sogni Dopo un primo momento di imbarazzo anche il signor Emanuele riconobbe il signor Ferré e per rompere un po’ di più il ghiaccio, finita la lezione, si recarono al bar del paese. Chiacchierarono a lungo sotto la veranda a righe bianche e blu del bar, il signor Ferré aveva preso una bottiglia di gazzosa, che centellinava per farla durare il più possibile, mentre il signor Emanuele non ci aveva messo tanto a finire il suo Martini; parlarono poco delle loro attività attuali, del resto la monotonia del lavoro del signor Ferré non rendeva certo il racconto entusiasmante e il signor Emanuele aveva un banalissimo negozio di articoli di pesca, dove per arrotondare aveva messo in piedi la sua scuola per sommozzatori. Richiamarono piuttosto alla
loro mente i ricordi di quando erano ragazzi e delle loro giornate sulla spiaggia: erano in un piccolo gruppetto di ragazzini, una di quelle compagnie di amici a cui prima o poi è necessario dare vita o aggregarsi per non patire giornate intere sdraiato sotto un ombrellone a leggere, e facevano tutti parte dello stesso albergo. Si ritrovavano quasi in ogni momento della giornata, sia di mattina che di pomeriggio in spiaggia, cenavano insieme e uscivano la sera per quel poco tempo che avevano prima del coprifuoco imposto loro dai genitori; la loro attenzione però, come è normale per dei ragazzini non ancora maturi, era rivolta per l’altro gruppo presente all’interno dell’albergo, quello dei ragazzi più grandi di loro, che da perfetti adolescenti erano
molto più casinisti e sembravano avere tantissime libertà in più di loro. Parlarono delle loro nuotate, delle loro opere ingegneristiche con la sabbia, mai concluse a causa degli scherzi dell’altro gruppo, e delle loro piccole bravate, che viste a distanza di così tanto tempo oggettivamente non erano altro che piccole cose, nonostante la visione di grandi gesta come le presentava il ricordo. “A parte quella volta in cui l’abbiamo fatta grossa” disse il signor Emanuele. Uno sguardo interrogativo si dipinse sul viso arrossato dal sole del signor Ferré e il signor Emanuele, con una risata benevola, aggiunse un misterioso “Vieni che ti porto sul luogo del misfatto!” Stava giungendo intanto la sera, che faceva piccole palline di nubi scure nel cielo con le sue lunghe dita variopinte di tramonto, e i due si erano recati verso la fine del paesino, in una zona paludosa creata dal mare poco distante dal vecchio albergo dove andavano una volta: qualche ricordo evanescente gli sfiora la coscienza, ma poi non si fa più sentire, l’immagine della palude però viene riconosciuta nettamente dal signor Ferré, è la palude di quel maledetto sogno che da così tanto lo perseguita. Enrico Maraboli
Spazio Citazioni Prof “L'idea di Kant è di arrivare a Jurassic Park" 14
SVAGO
IgnOroscopo del mese Ariete
Toro
Gemelli
Devi assolutamente trovare il tuo equilibrio, usare anche l’altro braccio per la masturbazione potrebbe aiutare. Settimana ottima per l’amore, la benzina sta calando e il tuo giro in statale dovrebbe costare meno.
Lo so, lo so, Spotify ti ha tradito. Ma nessuno ti impedisce di rifartelo inserendo la carta di credito di tuo papà. Meglio abbonarsi a quello intenzionalmente che a sexxxygirls.com per sbaglio, non credi?
La tua situazione sentimentale è stata sottoposta ad un team di psicanalisti e si sono impiccati tutti. Le tue due personalità ti permettono di ricevere il doppio degli insulti ma continua sulla tua strada.
Cancro
Leone
Vergine
Primavera tempo di sorrisi: non guastarti le gengive con l’eroina, passa a qualcosa di più fantasioso, che so, l’ipomoea violacea.
Se posso predirti una notevole fertilità per il mese seguente, non posso anche prenotarti il biglietto per il Messico.
Grandi soddisfazioni in campo scolastico e sentimentale, ma mercoledì prossimo muori.
Bilancia
Scorpione
Sagittario
Le stelle sono dalla tua parte, ma non i portoricani: rapimento parenti previsto per questo mese, poi circa tre mesi per la richiesta del riscatto. Chiama la banca per capire quanto puoi offrire.
Scorpione, mi meraviglio di te, tutto perfetto! Certo, se avessi disattivato il backup del telefono non avremmo quelle tue foto, sì, quelle.
Una settimana ricca di impegni non ti impedirà di alcolizzarti nel week-end. Ricorda: quando il tuo viso assume un colorito vicino al grigio chiaro inizia a cercare un pronto soccorso.
Capricorno
Acquario
Pesci
Hai presente quella strafiga che hai visto ieri in corridoio? È la tipa di Dognini, quindi giù le mani.
Stanno tornando le Black Panthers, se non vuoi rogne, compra un poster di Carlo Conti e appendilo all’ingresso.
Molto bene con la fortuna, tre mesi dall’inizio dell’anno e non si vedono denunce all’orizzonte.
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LABIRINTO
Enrico Maraboli 16
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SUDOKU
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Milano Città – Eventi & Spettacoli "Viaggio nel manicomio di Mosca”, sabato 7 Aprile alle ore 15, in Auditorium 7: i ragazzi del Laboratorio teatrale Avanzato del nostro liceo vestiranno i panni dei matti del manicomio di Mosca nella rappresentazione de "Il Maestro e Margherita", in un grande spettacolo dove alla risata farà sempre compagnia un piccolo formicolio di fiato sospeso... Spettacolo aperto a tutti gli studenti e professori. Fortemente consigliato! “Frida Kahlo, Oltre il mito” fino al 3 giugno presso il Mudec: una mostra, con dipinti anche inediti, che vuole andare oltre le analisi finora più accreditate dai critici d’arte e che vuole sfatare l’opinione che vede la sua produzione artistica inestricabilmente legata alla sua vita (anni d’immobilità totale a causa di una frattura alla colonna vertebrale, in seguito ad un incidente stradale). È quindi una mostra che non indaga una Frida Kahlo solo con il suo dolore e la sua frustrazione per il suo impossibile desiderio di maternità, ma la inquadra anche nell’ambiente messicano che la circonda e nel clima socio-politico del Messico post-rivoluzionario e soprattutto mostra Frida Kahlo come donna che fa del proprio corpo e della propria femminilità un manifesto, attenta a distinguere l’opera dalla vita. “Miart, in cerca delle storie del presente”, dal 13 al 15 aprile presso Fieramilanocity: fiera di arte contemporanea, arte moderna e design che tra passato e presente va alla scoperta della creatività, grazie a gallerie internazionali, una collezione che va dall'arte dell'inizio del secolo scorso fino alle opere delle generazioni più recenti, sezioni curate, un ricco programma di premi e una serie di talk aperti al pubblico. “Leonardo 39” fino al 6 maggio presso il Museo della Scienza e della Tecnica: In occasione dei 500 anni dalla morte di Leonardo Da Vinci, che cadranno l'anno prossimo, la mostra ripercorre l'esposizione del 1939 attraverso molti dei suoi dipinti, disegni e codici e un’enorme quantità di modelli di macchine tratte dai suoi disegni. Tale esposizione diventa inoltre l'occasione per raccontare al pubblico la nascita del museo stesso, dedicato proprio a Leonardo. “Il museo dell'innocenza” fino al 24 giugno presso il Museo Bagatti Valsecchi: Nel romanzo “Il museo dell'innocenza” lo scrittore turco Orhan Pamuk racconta la storia d'amore impossibile fra un ricco collezionista, che nel libro ama e frequenta il museo Bagatti di Milano, e una donna povera e di classe sociale inferiore ambientato a Istanbul. Pamuk ha realizzato davvero questo museo radunando oggetti, opere d'arte, cimeli e fotografie per raccontare la storia d’amore dei due protagonisti, dando vita ad un dialogo Milano/Istanbul e realtà/finzione in cui il visitatore si troverà a calcare le orme dello stesso protagonista. Un'idea poetica che diventa installazione artistica.
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Prossima Riunione Lunedì 9 Aprile Aula n°5
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