Solaris #0 9
Serie di pubblicazioni di Hochparterre sull’architettura solare Giugno 2024
Da energia e postmodernismo nasce un nuovo standard pagina 2
Roger Boltshauser sulla tecnologia solare nel processo creativo pagina 24
Lo studio di architettura danes e C. F. Møller e le sue case s olari pagina 32
« Una farfalla fotovoltaica »
Roger Boltshauser, architetto, pagina 27
Editoriale
La facciata inclinata
Rispetto all’impianto su tetto, il fotovoltaico in facciata è più impegnativo e costoso. La strategia degli architetti di nascondere o dissimulare la tecnologia solare dietro uno strato di vernice o con il vetro strutturale non fa che rincararne il prezzo, a scapito dell’efficienza. Ma esiste anche una strategia architettonica più radicale: le facciate dotate di moduli fotovoltaici inclinati sono sempre più frequenti. L’inclinazione aumenta la superficie utile, ottimizza l’esposizione al sole e, oltretutto, protegge le facciate e le scherma dai raggi solari.
Al momento i moduli fotovoltaici inclinati verso l’esterno sono particolarmente in auge. Negli odierni progetti di concorso sono integrati come fasce di parapetto, pannelli per facciate, tettoie perimetrali e parapetti di balconi o portici. Marcel Bächtiger scrive nel suo contributo: « Ciò
Colophon
che sino a poco tempo fa era un segno di marcata sensibilità per il clima e, perciò, un elemento che spiccava soprattutto nei progetti più audaci di giovani studi di architettura, nell’arco di due o tre anni è diventato uno standard acquisito ». Quindi un nuovo stile solare ?
La presente pubblicazione si propone di approfondire la tendenza in maggiore dettaglio, dalle origini ad alcune sue espressioni più recenti, tra cui la ristrutturazione di un complesso residenziale di Lütjens Padmanabhan, l’insediamento Hofwiesenstrasse di Doscre e il risanamento di un complesso di uffici di C. F. Møller. Roger Boltshauser è tra coloro che da tempo cercano di affermare il valore architettonico della tecnologia solare. Deborah Fehlmann ha chiesto a lui e a Markus Durrer in che modo. Axel Simon
Casa editrice Hochparterre SA Indirizzo Ausstellungsstrasse 25, CH-8005 Zurigo, telefono 044 444 28 88, www.hochparterre.ch, verlag @ hochparterre.ch, redaktion @ hochparterre.ch Direzione Rahel Marti Concetto e redazione Axel Simon Direzione artistica Antje Reineck Layout Barbara Schrag Produzione Linda Malzacher Traduzione Weiss Traductions Genossenschaft, Zurigo Litografia Team media, Gurtnellen Stampa Stämpfli SA , Berna Editore Hochparterre in collaborazione con Svizzera Energia hochparterre.ch / solaris09 Ordinare la pubblicazione in tedesco, francese o italiano ( Fr. 15.—, € 12.— ), e-paper ISSN 2571 – 8401
Solaris #09, giugno 2024 Editoriale 1
Parapetti inclinati con fotovoltaico come standard acquisito ? Qui in una scuola progettata dagli architetti Bürgi Burkhard von Euw a Root.
Ilnuovostilesolare
I moduli fotovoltaici inclinati caratterizzano i progetti degli attuali concorsi di architettura. Se prima facciate orizzontali, tettoie o parapetti di balconi di questo tipo erano segno di una particolare sensibilità per il clima, oggi sono diventati lo standard.
Marcel Bächtiger
Solaris #09, giugno 2024 Il nuovo stile solare 2
Testo:
Lo sappiamo almeno dal modernismo in poi: le nuove tecnologie sono foriere di nuove architetture. Le ville bianche di Le Corbusier con le pareti sottili e le finestre a nastro non sarebbero state pensabili senza la scoperta del calcestruzzo, così come le torri dalle linee snelle di Mies van der Rohes senza le possibilità costruttive offerte dall’acciaio. Nelle fabbriche e nei silos di granaglie, nelle automobili e negli aerei, i pionieri dell’architettura moderna si appropriarono di un linguaggio formale che, privo di ogni ornamento sentimentale, era modellato sulle specifiche necessità del momento. La sua forza espressiva spianò la strada all’architettura del XX secolo: dai moderni materiali e programmi nasceva il lessico del Neues Bauen. La forma veniva dopo l’aspetto funzionale e costruttivo.
Nel corso di anni e decenni la soluzione modernista cadde prima in discredito e poi nel dimenticatoio. Tornarono allora a rifiorire gli stili del passato, nacque un nuovo interesse per la rappresentazione e il significato, si rimise in discussione tutto ciò che si appellava all’evidenza, vennero criticate le concezioni meramente funzionali, l’architettura era intesa come un insieme complesso di punti di forza sociali ed estetici. Tuttavia, al più tardi dall’anno climatico 2019, quando ampie fasce della popolazione e, dunque, anche la scena architettonica avvertono la crisi ecologica, si assiste a una rinascita della vecchia formula, seppure con premesse differenti.
La crisi climatica comporta una nuova emergenza: le scelte del materiale non sono più una questione di gusto, ma devono necessariamente basarsi su calcoli di bilancio. Lo stesso vale per criteri fondamentali quali la forma, il volume e l’orientamento delle costruzioni. La riduzione delle emissioni di CO2, gli effetti sul microclima e la produzione domestica di energia diventano fattori con un influsso decisivo sulla progettazione. La svolta ecologica dell’architettura si manifesta dapprima in strutture compatte e ben isolate, poi in un revival dell’architettura lignea e, infine, nella lavorazione di argilla, paglia o terra, interrogandosi sui modi di utilizzare questi materiali anche su una più ampia scala.
Tracce di storia degli stili
Nel frattempo, anche il fotovoltaico ha fatto il suo grande ingresso sulla scena della costruzione ecosensibile. A lungo inteso come una semplice installazione tecnica sul tetto, nascosto alla vista e ininfluente sul piano della resa estetica, il fotovoltaico negli ultimi anni è diventato un non trascurabile elemento compositivo. Il motivo è evidente: per avvicinarsi all’obiettivo climatico del saldo netto pari a zero anche nel settore edilizio e, così, compensare almeno in parte l’energia grigia nel processo di costruzione, l’approvvigionamento energetico e termico degli edifici deve fare a meno dei combustibili fossili. Ma i soli moduli fotovoltaici su tetto non possono soddisfare l’obiettivo, anche l’involucro dell’edificio deve contribuire alla produzione di energia solare. La necessità energetica diventa così un momento di rigenerazione architettonica. Basta guardare agli attuali concorsi di architettura per capire che è in atto la creazione di un nuovo linguaggio, di un nuovo stile. I moduli fotovoltaici posizionati in obliquo e inclinati si trovano nei progetti dei più svariati studi di architettura, integrati come fasce di parapetto, pannelli di facciate ad altezza piano, tettoie, parapetti di balconi o portici. Ciò che sino a poco tempo fa era un se -
gno di marcata sensibilità verso il clima e, perciò, un elemento che spiccava soprattutto nei progetti più audaci di giovani studi di architettura, nell’arco di due o tre anni è diventato uno standard acquisito. L’insediamento residenziale e commerciale Hofwiesenstrasse di Doscre a Zurigo o il complesso residenziale nell’area Zena ad Affoltern am Albis di Herzog & de Meuron, il complesso residenziale Walkeweg a Basilea di Parabase, il centro scolastico Sirius a Zurigo di Esch Sintzel, il nuovo edificio amministrativo Kreuzboden a Liestal di Buchner Bründler Architekten o, a Payerne, la nuova scuola professionale di Comamala Ismail: ovunque i moduli fotovoltaici sono l’elemento distintivo della facciata, ovunque la facciata verticale chiusa è sostituita da strutture leggere, dotate di elementi rivolti verso il sole.
Certo, questa svolta senza precedenti nell’architettura svizzera – poco importa se ambita dai committenti o imposta dalla legge – è sospinta dalla forza degli obiettivi climatici. Ma anche se l’onnipresenza dei moduli fotovoltaici è il riflesso di pragmatici vincoli energetici, il nuovo stile solare non è nato dal nulla. Esiste una storia delle forme e degli stili alla quale le facciate solari elvetiche possono riallacciarsi. Le sue tracce riconducono, da un lato, all’effetto di metallica leggerezza della più recente architettura francese di Bruther o Studio Muoto e, da lì, all’architettura high-tech di un Richard Rogers: viene delineata un’estetica del bullone, del composito e del pieghevole, l’idea che un edificio sia uno scaffale aperto piuttosto che un corpo massiccio, non tanto una casa ancorata nel terreno ma più un’unità mobile, forse addirittura smontabile. L’altra linea di affinità rimanda agli esperimenti della forma di architetti postmoderni, quali John Hejduk o Venturi Scott Brown, la cui predilezione per le tettoie aggettanti a 45 gradi è facilmente riconducibile agli elementi inclinati delle attuali facciate solari. Anche la potenziale sequenza infinita di celle solari quadrate non si discosta molto dal linguaggio postmoderno. Si pensi all’iconico sistema a griglia con cui il gruppo di architetti e artisti italiani di Superstudio ha rivestito mobili e città tra gli anni Sessanta e Settanta. Osservando da una prospettiva odierna il loro collage ‹ Vita ( Supersuperficie ). Sunset › del 1972 s orge quasi spontanea l’immagine di un enorme modulo fotovoltaico trasformato in una piazza, con cablaggio in formato XXL incluso.
Il potenziale scultoreo
Le facciate solari sono un vincolo progettuale o il campo sperimentale di un nuovo linguaggio architettonico ?
Chi propende per il murario e la percezione aptica dovrà innanzitutto abituarsi ai moduli cablati e disposti a mensola su facciate dall’apparenza di scaffali. L’approccio sarà più facile per chi sente una certa affinità con i predecessori stilistici. Ne è un esempio il lavoro dello studio Lütjens Padmanabhan Architekten, il cui primo edificio, una casa bifamiliare a Rüschlikon ( 2010 ), aveva già manifestato un vivo interesse per le facciate a film sottile. Negli edifici successivi il gioco mimetico della compattezza muraria lascia il posto a rivestimenti sottili applicati a vista. Tutto ciò che può essere piegato e dispiegato, applicato, installato, che è sospeso e sporgente diventa la costante di un linguaggio architettonico ispirato esplicitamente ai succitati architetti del postmodernismo americano. Racconta Oliver Lütjens, che sin dagli inizi miravano a un’espressione scultorea priva di elementi pesanti e →
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massicci. A indicare la strada è stata l’emblematica tettoia sulla porta d’ingresso della loro casa plurifamiliare a Binningen ( 2014 ), che ricorda le costruzioni di John Hejduk per l’IBA di Berlino: gli elementi a vista, per lo più a 45 gradi e dai colori accattivanti, sono la caratteristica distintiva dei successivi progetti firmati Lütjens Padmanabhan. Le fasce dei parapetti, i parapetti dei balconi e i tetti non si integrano più verticalmente nella facciata, ma si dispiegano verso l’esterno, come se avessero sempre atteso il sole.
Di facile integrazione
A dire il vero, i numerosi modelli di grandi dimensioni nello studio di Lütjens Padmanabhan non lasciano subito intuire se nei progetti il fotovoltaico sia o meno utilizzato. Le scelte progettuali basilari e l’estetica architettonica rimangono invariate. Dopo un iniziale scetticismo, continua Oliver Lütjens, si sono accorti che i moduli fotovoltaici si integravano facilmente nella loro architettura. Infatti, le celle solari che caratterizzano il nuovo rivestimento dei balconi di un grattacielo in vetro anni Settanta nel quartiere di Hirzenbach a Zurigo-Schwamendingen vedi ‹ Il fascino della griglia ›, pagina 6 sono state aggiunte solo in corso di progettazione, senza alterarne la sostanziale espressione estetica: dall’iniziale griglia reticolare al vetro fotovoltaico a forma reticolare la strada è stata breve.
Lo stesso principio vale per i progetti del giovane studio di architettura Doscre. Anche qui i moduli fotovoltaici sono gli elementi di spicco della configurazione estetica, che si tratti del parapetto di un portico, delle tende da sole fissate alle finestre degli edifici abitativi nell’area Guggach a Zurigo vedi ‹ Vivere e produrre energia in modo semplice ›, pagina 5 o delle fasce di parapetto orizzontali dell’unità abitativa lunga 145 metri nell’area Volta di Basilea. I moduli si inseriscono in un linguaggio architettonico che predilige righe e quadrati, già esercitato nella messa in rilievo di singole forme geometriche.
In rapido sviluppo
Il fatto che pure gli studi di architettura meno affini al solare siano sempre meno riluttanti al suo utilizzo è dovuto anche allo sviluppo incessante dei moduli fotovoltaici. Il ritmo del progresso tecnologico è stupefacente. Nel 2018 l’edificio ‹ S olaris › a Zurigo realizzato da Huggenbergerfries, completamente rivestito di elementi fotovoltaici, vedi Solaris #01, gennaio 2018 era un progetto pioneristico. Ma la sua resa energetica è solo parziale: il vetro colato rossastro assorbe molta della luce che dovrebbe arrivare alle celle solari. Lo studio Jessenvollenweider ha affrontato problemi simili nel lavoro per il nuovo edificio dell’Ufficio dell’ambiente e dell’energia di Basilea vedi Solaris #06, marzo 2022 progettato in contemporanea alla costruzione di ‹ S olaris ›, ma completato solo nel 2022. Durante i lavori di progettazione lo sviluppo della tecnologia solare è stato così repentino da rendere necessaria la sostituzione delle previste celle policristalline dorate con celle monocristalline nere. Queste ultime sono molto più efficienti, ma scure e monocromatiche, il che a sua volta ha spinto Jessenvollenweider a inventare elementi in vetro fuso con punti d’oro decorativi. Il risultato è una facciata solare di maestria artigianale e originalità senza precedenti, ma con un dispendio altrettanto elevato in termini finanziari e di progettazione. Oggi, dopo due anni, simili esercizi di stile appaiono alle volte già obsoleti: grazie ai rivestimenti in-
novativi, gli attuali moduli solari sono ancora colorati ma privi di pigmenti, in modo tale che quasi tutta la luce sia libera di raggiungere le celle solari, con una resa energetica solo di poco inferiore.
Un elemento costruttivo tra i tanti ?
Si p otrebbe quindi presumere che un elemento tecnico, integrato tale e quale nella facciata, col passare del tempo si affermi sempre più come materiale da costruzione con – al pari di tanti altri – differenti forme, sistemi di installazione e fornitori. L’attuale stile solare sarebbe allora un fenomeno circoscritto nel tempo, espressione di una fase di transizione in cui il nuovo spinge chiaramente verso la superficie prima di dissolversi nella vasta gamma delle sue possibili manifestazioni e, dunque, diventare un elemento costruttivo tra i tanti. Nella stessa direzione punta il progetto per il complesso residenziale Göbli a Baar, sempre firmato Lütjens Padmanabhan. In questo caso le bande orizzontali a 45 gradi, caratteristica distintiva dello studio, dovrebbero essere realizzate con pannelli in lamiera su un lato dell’edificio e con moduli fotovoltaici sull’altro. Gli architetti hanno scelto moduli fotovoltaici lisci con riflessi grigio argento, che da lontano si confondono con il rivestimento in lamiera. La sfida decisiva non consisteva tanto nel combinare facciate solari con facciate non solari, spiega Oliver Lütjens, quanto piuttosto nel riuscire ad articolare in termini architettonici le loro sottili differenze. Tuttavia, sebbene gli sviluppi tecnici ed estetici dei moduli fotovoltaici offrano sempre nuove possibilità di integrazione sul piano architettonico, i capisaldi del nuovo stile solare non cambiano: l’esposizione dei moduli verso il sole, una costruzione votata alla luce, alla leggerezza, alle forme elementari e sospese, il persistente e visibile aspetto funzionale delle celle solari. Non si può tornare comodamente a quanto già noto. Le facciate solari dell’attuale panorama architettonico svizzero non sono un fenomeno temporaneo ma l’istantanea di uno sviluppo continuo. Quel che deve stare al sole non può essere invisibile. ●
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Vivere e produrre energia in modo semplice
I due edifici dell’insediamento Hofwiesenstrasse nel quartiere Guggach a Zurigo Unterstrass sorgono su un terreno di proprietà della città di Zurigo: 111 abitazioni di pubblica utilità con aree commerciali, una scuola dell’infanzia, una scuola con due palestre e un parco di quartiere. Il sodalizio professionale di Donet Schäfer Architekten e Tanja Reimer con Weyell Zipse Architekten di Basilea e Atelier Loidl Landschaftsarchitekten di Berlino è risultato vincente in un concorso selettivo rivolto all’intera area. Lo studio Donet Schäfer Reimer Architekten ( Doscre ) si o ccupa di progettazione di edifici residenziali e commerciali ; il committente è la fondazione Einfach Wohnen [ ‹ Vivere in modo semplice › ] che ha acquisito il terreno in virtù del diritto edilizio. Il nome della fondazione è già un programma: i due edifici ospiteranno appartamenti a prezzi accessibili organizzati secondo il principio della sobrietà. L’insediamento offre spazio per svariate tipologie di abitazioni, dal monolocale al grande appartamento di 10 ½ locali. Gli spazi di collegamento sono stati ridotti al minimo o eliminati del tutto. Con alcuni stratagemmi, nella ridotta superficie abitativa si ottiene una fluida configurazione dello spazio. Non da ultimo, l’obiettivo della semplicità ed economicità si esprime nell’utilizzo di moduli solari convenzionali il più possibile adatti all’integrazione diretta nella struttura architettonica. Per i due edifici i progettisti propongono una strategia differenziata: nell’edificio porticato i parapetti dei portici sono rivestiti sull’intera lunghezza con moduli solari a vista, mentre la costruzione angolare accanto presenta i pannelli fotovoltaici posizionati come tettoie sopra le finestre allineate con ordine. Dall’interno sembrano tende da sole a proiezione che, di lato, lasciano libera la vista sulla strada. Marcel Bächtiger
Insediamento Hofwiesenstrasse, 2024
Hofwiesenstrasse, Zurigo
Proprietà del terreno: Città di Zurigo
Committente: Fondazione Einfach Wohnen, Zurigo
Architettura: Donet Schäfer Reimer ( Doscre ), Zurigo
Tipo di mandato: concorso con procedura selettiva, 2018
( 1 ° premio con Weyell Zipse, Basilea )
Gestione della costruzione: HS SP, Zurigo
Progetto fotovoltaico: IBG, Winterthur
Realizzazione impianto fotovoltaico: Planeco, Münchenstein
Realizzazione sottostruttura: Iromet, Alpnach Dorf
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I moduli solari sono integrati come tettoia e come parapetto.
Sezione di dettaglio dei moduli solari come frangisole nell’edificio anteriore.
solare traforata.
Dall’interno i moduli solari appaiono come una schermatura
Il fascino
della griglia
Nel quartiere Hirzenbach a Zurigo-Schwamendingen la cooperativa edilizia Eigengrund possiede un complesso residenziale di nove piani e 81 appartamenti degli anni Settanta. Nel 2020 lo studio Lütjens Padmanabhan ha vinto il progetto per l’ampliamento della struttura abitativa con balconi e un gazebo da giardino adibito a spazio comune. Inizialmente, il nuovo rivestimento lamellare dei balconi, profondi 2,5 metri, era stato concepito come una struttura aperta in acciaio zincato a caldo, con parapetti a griglia aggettanti. In corso di progetto il committente ha chiesto di sfruttare il rivestimento del balcone per la produzione di energia solare. Gli architetti e i progettisti hanno quindi sviluppato un modulo fotovoltaico per le fasce di parapetto anteriori che corrono lungo tutta la costruzione, lasciando i parapetti laterali, come previsto, dotati di griglie. I singoli moduli presentano una matrice di celle solari scure a forma reticolare ricoperta in fibra di vetro opaco translucido. L’originaria struttura a griglia, ora con funzione di supporto dei nuovi moduli, trova il suo corrispettivo estetico nella loro geometria reticolare dall’effetto chiaroscuro. Marcel Bächtiger
Ampliamento balconi complesso residenziale e nuova costruzione spazio comune insediamento Hirzenbach, 2024
Hirzenbachstrasse 7 / 9 / 11, Zurigo
Committente: Cooperativa edilizia Eigengrund, Zurigo
Architettura e progetto generale: Lütjens Padmanabhan, Zurigo
Tipo di mandato: procedura di scelta del mandatario, 2020
Direzione dei lavori: Rebo & Partner, Zurigo
Ingegneri edili: SJB Kempter Fitze, Frauenfeld
Archittetura del paesaggio: Bischoff, Baden
Progetto elettrico: Gutknecht, Au Fisica della costruzione: 3-Plan, Winterthur
Ingegneri HVAC: Böni, Oberentfelden
Progetto fotovoltaico: CIPV, Zurigo
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I moduli solari danno un tocco scultoreo al complesso residenziale.
Tema delle facciate sono i quadrati bianchi e neri.
Sezione del nuovo balcone con parapetto rivestito da moduli solari.
Un aspetto rurale
Studio Märkli ha sviluppato il masterplan dell’area
Zwhatt di Regensdorf per la fondazione d’investimento Turidomus. Una passeggiata fiancheggiata da alberi attraversa il nuovo quartiere urbano, collegando i luoghi peculiari del paesaggio. Il suo percorso costeggia i due principali spazi esterni: una piazza e un prato. Nell’area lo studio di architettura ha progettato tre nuove costruzioni: un grande volume trasversale con appartamenti e, di fronte, un grattacielo di 24 piani e un edificio a logge che ospita una doppia scuola materna. Il grattacielo accoglie 165 appartamenti da 2 ½ e 4 ½ locali, nonché una terrazza comune sul tetto. Al pian terreno è previsto un servizio di ristorazione. Il secondo grattacielo, progettato da Boltshauser Architekten, sarà pronto già nel 2025 vedi ‹ Inclinare per raddoppiare ›, pagina 29 Il grattacielo G presenta luminose finestre a nastro intercalate da parapetti di colore grigiorosso. Leggermente inclinate rispetto al piano verticale, le fasce dei parapetti richiamano falde di tetto sovrapposte, simili ai tetti spioventi delle costruzioni storiche nelle aree rurali. Lo stesso senso di ruralità viene evocato dalle logge degli appartamenti rivestite in legno bianco. I moduli fotovoltaici sono integrati nei parapetti di due facciate contigue: il sole splende più a lungo sui lati sud-ovest e sud-est, anche perché gli spazi liberi antistanti sono più ampi. I moduli sono integrati, ma senza l’intento di essere nascosti alla vista. Una lamiera trapezoidale rossa in alluminio verniciato a fuoco incornicia in alto e lateralmente le sottili superfici nere dei pannelli, creando nell’insieme delle facciate un elemento visivo per il quale gli architetti si sono ispirati alle geometrie di Piet Mondrian. Axel Simon
Grattacielo G, 2026
Area Zwhatt, Regensdorf ( ZH )
Committente: Fondazione d’investimento Turidomus, rappresentata da Pensimo Management, Zurigo Architettura: Studio Märkli, Zurigo
Progetto generale: GMS Partner, Zurigo
Tipo di mandato: mandato di studio parallelo, 2019
Statica: Jauslin Stebler, Basilea
Ingegneri HVAC: Böni, Oberentfelden
Fotovoltaico: Megasol, Deitingen
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La staffa in lamiera si sovrappone al modulo del parapetto.
Mock-up
Vista dalla passeggiata nell’area Zwhatt: la lamiera circonda i moduli anche nell’aspetto complessivo.
È nata una nuova grande era
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1 B uchner Bründler Architekten, nuovo edificio amministrativo Kreuzboden, Liestal ( BL )
2 M alte Kloes Architekt*innen, Centro di formazione e perfezionamento professionale San Gallo
3 P arabase, costruzione di abitazioni a Walkeweg, Basilea
4 L ütjens Padmanabhan ArchitektInnen, insediamento Göbli, Baar ( ZG )
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5 E sch Sintzel Architekten, centro scolastico Sirius, Zurigo
6 S tudio W, Stadtweiher Sempach ( L U )
7 B ürgi Burkhard von Euw, centro scolastico Dorf, Root ( L U )
8 F arquet Architectes, Barbara Thüler Architektur e Davis Manz, scuola primaria Walkeweg, Basilea
9 D ürig, scuola Leimbach, Zurigo
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10 D oscre, Volta, Basilea
11 H erzog & de Meuron, area Zena, Affoltern am Albis ( Z H )
12 op arch, complesso residenziale Altwiesen / Dübendorfstrasse, Zurigo S chwamendingen
13 ATP Architekten Ingenieure, Energie Kreuzlingen ( TG )
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14 S olanellas Van Noten Meister, Schliengerweg, Basilea
15 Tocchetti Architetti e Ingegneri, centro scolastico, Lugano
16 C omamala Ismail Architectes, scuola professionale, Payerne ( VD )
17 Atelier d’architecture, espaces & env ironnement, HDV 7, Le Locle ( N E )
18 B lättler Dafflon Architekten, scuola media Telli, Aarau
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Una‹PrairieHouse›sullagodiZurigo
Un grande edificio per uffici degli anni Settanta si presenta come nuovo. Le sue tettoie perimetrali garantiscono apertura, energia pulita e un impatto sorprendente.
Testo: Axel Simon, Fotografie: Goran Potkonjak
Un « campionario di architettura contemporanea », così la NZZ ha definito la serie di costruzioni del dopoguerra lungo le sponde del lago a Zurigo-Riesbach: l’elegante edificio Alusuisse realizzato da Hans Hofmann nel 1956, la suggestiva ‹ Piramide › di Justus Dahinden del 1971, l’e dificio per uffici affacciato sul lago di Eduard Neuenschwander del 1973 con bordatura del tetto piantumata. Chiude le danze la costruzione ben più ampia di Walther Niehus per i 700 dipendenti dell’azienda energetica Elektrowatt, eseguita nel 1974 dopo un concorso del 1961. Soltanto la sua realizzazione ha imposto il sacrificio di otto ville del XIX secolo.
Diversamente oggi: l’edificio è stato conservato e completamente risanato, anche perché una nuova costruzione non avrebbe più potuto sfruttare lo spazio di utilizzo esistente. Su tutti i lati, il corpo costruttivo centrale di sette piani si protende verso l’ambiente circostante, simile a un parco, lungo quattro bracci la cui altezza digrada progressivamente. La pianta cruciforme ben si adatta « all’articolazione degli spazi in sezioni di tipi e dimensioni
differenti », questo il commento della rivista ‹ Werk › a lavori ultimati. La forma e lo sviluppo longitudinale della facciata « consentono una migliore disposizione degli spazi orientandoli in funzione del loro utilizzo ». L’aspetto più rilevante dell’attuale risanamento è proprio la compenetrazione tra spazio esterno e interno.
Protezione solare senza protezione solare
Nel portafoglio di Allreal dal 2004, grazie al risanamento l’edificio sarebbe dovuto diventare « di gran pregio architettonico, oltre che innovativo in termini energetici ». Il mandato di studi parallelo è stato vinto dallo studio C. F. Møller di Cop enhagen, l’unico non elvetico tra i sei studi di architettura invitati a partecipare. Perché ? Il partner dello studio Borgen Hasløv risponde sorridendo: « Perché non eravamo svizzeri ». Rispetto a qui, aggiunge, in Scandinavia è lo storytelling a fare la differenza vedi ‹ La facciata racconta una storia ›, pagina 32. Il suo studio infatti ha prima raccontato una storia e solo in seguito, nella seconda →
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Le parti superiori e inferiori delle tettoie sembrano uguali, ma sono di materiali diversi.
Oggi, sebbene il volume sia pressoché immutato, l’edificio per uffici del 1974 sul lago di Zurigo sembra una nuova costruzione.
Risanamento edificio per uffici Bellerivestrasse, 2024
Bellerivestrasse 36, Zurigo Committente:
Allreal, Zurigo
Architettura: C. F Møller, Copenhagen
Tipo di mandato: concorso su invito, 2019
Pianificazione esecutiva:
Burckhardt Architektur, Zurigo
Direzione dei lavori:
Allreal, Zurigo
Progetto delle strutture portanti:
Gruner Wepf, Zurigo
Progetto HVAC / sanitari: PZM, Zurigo
Progetto elettrico: IBG, Baar
Architettura del paesaggio:
Uniola, Zurigo
Progetto della facciata: Emmer Pfenninger
Partner, Münchenstein
Progetto fotovoltaico e di sostenibilità:
Basler & Hofmann, Zurigo
Costo complessivo ( CCC 1 – 9 ): circa fr. 50 mio
Certificazione sostenibilità:
Minergie e LEED Platinum
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Piano terra
1 ° piano superiore
Sezione longitudinale vista dal lago.
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3 ° piano superiore
5 ° piano superiore
In basso il lago di Zurigo, a sinistra la ‹ Piramide› di Justus Dahinden.
2 ° piano superiore
6 ° piano superiore
Piano attico
20
Solaris #09, giugno 2024 Una ‹ Prairie House › sul lago di Zurigo
Le tettoie rendono superflua la schermatura solare esterna, ma non impediscono alla luce di penetrare.
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L’intervento spaziale più ampio del risanamento: l’apertura verticale dell’atrio di collegamento. Fotografia: Alain Granwer
Composizione tettoia
1 M odulo fotovoltaico, 1188 × 1 840 mm:
celle PERC ; supporto: vetro strutturale, stampa a colori
2 Pannello in alluminio anodizzato, verniciato
3 S truttura portante con profili in acciaio zincato
fase del concorso, ha realizzato un progetto articolato. La storia ha convinto giuria e committenza. Questa la sintesi: l’edificio si ramificava in tutte le direzioni integrandosi nel contesto verde, ma l’effetto era di relativa chiusura, in particolare nelle ore di sole con le tapparelle abbassate. La nuova costruzione doveva dunque trasmettere un senso di apertura anche con il bel tempo. Hasløv parla di un « gazebo nel parco ».
→ pagne, la nuova facciata si fonde con il vicinato. In un primo momento, data la gamma limitata, si è deciso il colore del rivestimento in alluminio. In seguito, con il produttore Megasol, è stata adeguata la tonalità di colore della vernice da applicare sui moduli fotovoltaici. È vero che adesso è difficile distinguere le due superfici, ma lo strato colorato dei moduli riduce di quasi il 20 % la pro duzione di energia elettrica. Quest’ultima copre comunque poco più della metà del fabbisogno dell’edificio, dove attualmente possono lavorare sino a 450 persone.
Gli architetti hanno quindi s ostituito le fasce di parapetto esistenti con tettoie perimetrali a sbalzo che, seguendo su ogni piano la linea orizzontale delle facciate, rendono superflua la schermatura solare esterna. Una sporgenza di 1,8 metri protegge gli spazi interni dai raggi diretti del s ole. All’interno, gli avvolgibili in tessuto servono unicamente a proteggere dal bagliore della luce le persone che lavorano. Le parti inferiori e superiori delle tettoie risultano omogenee, anche se, in realtà, sono fatte di materiali molto diversi tra loro: pannelli in alluminio sotto e moduli fotovoltaici in fibra di vetro nella parte superiore inclinata. Grazie all’inclinazione di 24 gradi la neve non si ferma sul vetro strutturale leggermente profilato e la pioggia lava via lo sporco. Entrambi, pannelli in alluminio e moduli fotovoltaici, sono installati su robusti supporti triangolari in acciaio zincato non visibili.
I colori del paesaggio
Gli architetti hanno scelto il tono di colore delle facciate durante le passeggiate sul posto e d’intesa con l’Ufficio di urbanistica. Il progetto di concorso mostrava ancora una costruzione artificiosa argentea – « come di un altro pianeta », così Hasløv. Realizzata invece di colore cham-
Le tettoie della nuova facciata mettono in risalto la linea orizzontale dell’edificio, che sfuma i confini tra architettura e ambiente esterno, un principio costruttivo che osserviamo, ad esempio, nella ‹ Prairie Hous e › di Frank Lloyd Wright. Oltre a incidere sull’aspetto esterno le tettoie modificano la percezione dall’interno verso l’esterno: la loro linea incornicia la vista su lago e quartiere, la nuova apertura crea un flusso di spazio tra i luoghi oltre le rientranze e le parti dell’edificio più basse. Le terrazze piantumate sono destinate alle pause lavorative. L’elegante scala a chiocciola di un nuovo atrio incassato al centro della costruzione collega i cinque piani inferiori. Gli ospiti di questo edificio per uffici di rappresentanza sono accolti in una reception comune, mentre il ristorante è riservato ai collaboratori. L’innovazione energetica rimane con discrezione sullo sfondo. ●
Solaris #09, giugno 2024 Una ‹ Prairie House › sul lago di Zurigo 23
Montaggio. Fotografia: Zeljko Gataric
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nascondere,
Roger Boltshauser Roger Boltshauser si è laureato in architettura all’ETH di Zurigo nel 1995. Dopo un anno ha fondato il suo studio di Zurigo, che oggi impiega ben 75 collaboratori. Ha inoltre lavorato prima come assistente di ricerca e di progettazione, poi come docente e visiting professor presso diverse università svizzere e germaniche. Dal 2018 è docente all’ETH di Zurigo.
Markus Durrer Markus Durrer è membro del Comitato direttivo di Boltshauser Architekten dal 2017. Ha assolto un apprendistato come disegnatore del genio civile e muratore per poi formarsi come capomastro a Sursee. Dopo diversi anni di esperienza pratica ha conseguito la qualifica di direttore di cantiere. Dal 2010 al 2014, parallelamente al lavoro, ha studiato architettura alla Scuola universitaria professionale di Zurigo.
«Invecedinascondere,mostriamocosac’è»
Il carattere estetico dell’elemento fotovoltaico: questa la scoperta degli architetti Boltshauser. Roger Boltshauser e il membro del Comitato direttivo Markus Durrer ci spiegano il suo significato per la loro architettura.
Intervista: Deborah Fehlmann, Fotografia: Annick Ramp
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→ Progettare nuove costruzioni sostitutive, grattacieli, palazzetti del ghiaccio e piscine è una consuetudine per gli architetti di Boltshauser. Il capo dello studio di Zurigo, Roger Boltshauser, parla al riguardo imperterrito di ecologia, efficienza, risparmio energetico. La domanda se di fronte alla crisi climatica sia ancora opportuno costruire ex novo non sembra irritarlo. Il suo linguaggio architettonico comprende il ‹ come ›, ma non il ‹ se › ed è proprio la ricerca di soluzioni sempre più innovative e migliori a mantenerlo attivo.
Da alcuni anni, all’argilla, grande costante dell’opera di Boltshauser, si sono unite le strutture portanti in legno a sostituire, ovunque possibile, il calcestruzzo, più dispendioso in termini di risorse. Gli impianti fotovoltaici sono sempre più spesso una componente del concetto dell’impiantistica. Dapprima nascosti sui tetti e integrati in modo poco evidente sulle facciate, i moduli solari standard ben visibili sono diventati l’elemento compositivo determinante nei più recenti progetti di facciate firmati Boltshauser. Con il grattacielo H 1 nel quartiere zurighese di Regensdorf vedi ‹ Inclinare per raddoppiare ›, pagina 29 lo studio di architetti realizza un progetto che sancisce il connubio di tutte queste strategie, la cui forma estetica non convenzionale è una sfida.
« Ogni progetto è un passo avanti per meglio comprendere questi temi. »
Roger Boltshauser
La vostra architettura continua a evolversi negli anni. Il vostro percorso si focalizza su pochi temi di rilievo, che approfondite e portate avanti con spirito pioneristico. In che misura per voi costruire significa anche fare ricerca ?
Roger Boltshauser: Le nostre prime costruzioni, le casette per attrezzi in terra battuta del centro sportivo Sihlhölzli a Zurigo, risalenti a 20 anni fa, erano già progetti di ricerca. Allora, il produttore di argilla Martin Rauch giudicò il nostro primo progetto « non realizzabile ». Edifici di questo tipo non esistevano ancora, per cui con Rauch sviluppammo dettagli e temi e infine progettammo anche la sua abitazione come casa innovativa. Anche per lui è stata una tappa fondamentale nella costruzione in argilla. Allo stesso tempo, la struttura doveva essere il più possibile autosufficiente. Abbandonammo l’alta intensità energetica per realizzare circuiti di ventilazione naturale e zone climatiche intermedie e installammo celle solari. A quel punto non potevamo essere altro che innovativi. I temi di questo edificio si ripresentano su larga scala nelle nostre odierne costruzioni, si pensi al clima intermedio dell’atrio interno piantumato del pianificato Centro di odontoiatria di Zurigo vedi ‹ Un filtro luce produttivo ›, pagina 31 Ogni progetto è un passo avanti per meglio comprendere e radicalizzare questi temi. Con quale obiettivo ?
Roger Boltshauser: Dimostrare che sono scalabili, un modo per farli diventare di rilevanza strategica per la costruzione sostenibile. Quando la casa di Rauch fu ultimata,
in molti dicevano: « È il solito architetto idealista che realizza facciate strambe, va bene per una casetta di campagna monofamiliare, ma nulla di più ». Parole che ci hanno infastidito. E quindi ci siamo dati da fare per dimostrare il contrario. È interessante notare come, nel caso di materiali e tecniche simili, la scalabilità conduca dritto a un nuovo linguaggio architettonico. A oggi il punto massimo è stato raggiunto con il centro sportivo di Zurigo-Oerlikon vedi ‹ Sistema autarchico ›, pagina 30. Il progetto raccoglie tutti i nostri temi unendo elementi massicci e raffinati, carattere arcaico e tecnica.
Nei vostri lavori funzionalità tecnica e forma estetica si fondono in una costruzione architettonica quasi omogenea. Come fate a trovare un equilibro tra queste due esigenze in fase di progettazione ?
Roger Boltshauser: È tutto subordinato alle nostre aspirazioni architettoniche. Materiale, spazio, orientamento, qualità delle zone di incontro e così via, sono tutti temi per noi fondamentali. Dal punto di vista della creazione, la sfida è di combinarli con una facciata solare liscia, dura e non necessariamente allettante. Si inserisce qui la dialettica tra ecologia e questioni sociali che, a loro volta, condizionano l’architettura: il bisogno di protezione delle persone, di punti di riferimento adeguati, di una casa su misura. Anche se alcuni conflitti di fondo non potranno mai essere del tutto eliminati, dobbiamo comunque poter garantire che i singoli elementi impiegati realizzino ciò che promettiamo. Le colonne in calce trass del centro sportivo di Oerlikon, ad esempio, strutturano l’edificio enfatizzando la forza imponente degli spazi. Al contempo sono parte integrante dell’impiantistica. Nel concorso siamo riusciti a dimostrare la funzionalità tecnica di questi elementi estetici, altrimenti non avremmo avuto alcuna possibilità di vincere.
Come si realizza un progetto del genere all’atto pratico ?
Markus Durrer: Nell’ambito di un processo integrativo in cui 20 – 30 specialisti sviluppano il progetto in parallelo, talvolta già in fase di concorso. Riteniamo importante collaborare durante l’intero periodo con progettisti che ci conoscono. Per chi vuole essere sempre innovativo la strada è comunque lunga e faticosa. È necessario avvalersi di un team affiatato, che si muova nella stessa direzione. Roger Boltshauser: Nel team molte questioni sono oggetto di controverse discussioni. Perché questo o quell’elemento ? Vale la pena ? Cosa occorre per farlo diventare un buon edificio e qual è il momento del capovolgimento ? In assenza di riferimenti, spesso lavoriamo con modelli e mock-up. Ci avviciniamo ai temi affrontandoli uno alla volta e sempre con spirito esplorativo, ogni tanto anche con una certa titubanza. Tutto ciò richiede apertura, è stimolante e mantiene la mente fresca.
I vostri primi progetti vivono di massa e strutture murarie. Con il fotovoltaico sembra che abbiate scoperto una nuova leggerezza.
Markus Durrer: In passato abbiamo più che altro realizzato immagini. Oggi diamo maggiore rilievo al flusso di forze, alla tecnica e via dicendo. Invece di nascondere, mostriamo cosa c’è, riuscendo così, ad esempio, a integrare moduli solari standard nel progetto.
Roger Boltshauser: La nostra prima facciata solare per l’edificio infrastrutturale e amministrativo dell’acquedotto di Zugo, completato nel 2021, era concepita per lo più in
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modo arcaico. La robusta struttura delle facciate sembrava quasi inghiottire i moduli fotovoltaici rivestiti in vetro strutturale. Più o meno nello stesso periodo dall’argilla siamo approdati alla costruzione in legno. Il tema dell’energia di esercizio diventava inoltre sempre più impellente. All’improvviso l’architettura muraria ha dovuto confrontarsi con elementi tecnici sottili e delicati. Attualmente, su scala più ampia, stiamo traducendo la combinazione di questi temi nel grattacielo dell’area Zwhatt di Regensdorf vedi ‹ Inclinare per raddoppiare ›, pagina 29.
« L’aspetto fondamentale è integrare i singoli elementi nel grande insieme. »
Roger Boltshauser
Qui avete scorporato per la prima volta i moduli fotovoltaici dalla superficie della facciata. Come mai ?
Roger Boltshauser: Nel progetto di concorso l’impianto solare era ancora installato verticalmente in facciata. In fase di progettazione abbiamo pensato a una schermatura che proteggesse dal sole le finestre, ma non i moduli fotovoltaici dei parapetti. Da lì è nata l’idea di utilizzare gli stessi moduli solari come frangisole. Ci siamo accorti che in questo modo potevamo integrare una quantità di fotovoltaico due volte e mezzo superiore, coprendo il fabbisogno energetico di una buona metà degli appartamenti. In più, sentivamo che stava nascendo qualcosa di particolare: in basso un basamento arcaico in argilla, in alto una farfalla fotovoltaica. Come unire questi elementi ?
Oggi avete trovato una risposta ?
Roger Boltshauser: L’aspetto fondamentale è integrare i singoli elementi nel grande insieme. L’impianto fotovoltaico messo in mostra, ad esempio, ci ha fatto optare per condutture Sprinkler lasciate a vista anche all’interno. Mostrare gli elementi così come sono significa creare un dialogo tra spazi interni ed esterni. Gli innumerevoli modelli ci danno la certezza che quanto da noi pensato sia bello, oltre che fattibile nella pratica. Inoltre, i collaboratori del nostro studio hanno l’esperienza necessaria per trovare soluzioni adeguate dal punto di vista costruttivo e tecnico. L’impianto solare orizzontale sulla facciata del grattacielo Zwhatt sarà il primo del suo genere. Quali sono le difficoltà di attuazione ?
Roger Boltshauser: La prima difficoltà è e conomica. Una facciata ventilata con moduli fotovoltaici a vista costa più di una facciata piana con il fotovoltaico che funge anche da rivestimento. Si aggiungono questioni di tipo estetico: la facciata doveva esprimere omogeneità. Ma vale davvero la pena dotare di fotovoltaico tutte le facciate su tutti i piani ? E se così non fosse, utilizziamo i moduli ciechi ?
L’edificio per fortuna non ha una facciata completamente esposta a nord, per cui il fotovoltaico può rendere su tutti i lati. E poi c’è la realizzazione tecnica: i moduli stanno praticamente in orizzontale. Per evitare che l’acqua defluisca in avanti con la conseguente formazione invernale di
ghiaccioli, abbiamo sviluppato un particolare costruttivo con grondaie per convogliare l’acqua sul retro. La stessa cosa è prevista per il centro sportivo di Oerlikon.
Markus Durrer: Nonostante la nostra esperienza, le sorprese non mancano mai. Nel centro sportivo di Oerlikon ho da poco scoperto che persino i sottili cavi d’acciaio possono provocare ombreggiamenti significativi. Si aggiungono sempre cose nuove. A ogni modo, più l’impianto solare è integrato nell’architettura, maggiore è il peso che assumono tali aspetti.
Le specifiche dei moduli fotovoltaici sono in continua evoluzione. Come affrontate il fatto che i prodotti che avete utilizzato non saranno più disponibili ?
Markus Durrer: La stessa domanda si pone anche nel caso di molti altri elementi che utilizziamo nella costruzione. Ma siamo d’accordo: la tecnologia fotovoltaica si evolve con una tale rapidità che è lecito chiederci se tra 20 anni troveremo ancora dei prodotti simili. Forse non saranno cambiate solo le dimensioni dei moduli, ma l’intero sistema tecnologico. Nel caso di sostituzioni parziali o di risanamento, probabilmente dovremo far uso di dimensioni speciali. Ma grazie ai processi di produzione più agili, credo sia altrettanto possibile che, a quel punto, le dimensioni standard saranno comunque acqua passata.
« Nonostante la nostra esperienza, le sorprese non mancano mai. »
Markus Durrer
Forse anche le future facciate fotovoltaiche si orienteranno verso il sole, come da voi suggerito –sebbene senza successo – nel c oncorso per il grattacielo della BRI di Basilea vedi ‹ Il movimento che ripaga ›, pagina 28 Possiamo dire che la facciata fotovoltaica mobile è la prossima innovazione a cui state lavorando ?
Roger Boltshauser: Per noi è tuttora un’idea stimolante. La facciata per il grattacielo della BRI è stata progettata assieme ad Arno Schlüter, professore di Architettura e Sistemi della costruzione all’ETH di Zurigo. Nell’ambito del mio incarico di insegnamento all’ETH, siamo soliti svolgere insieme semestri di progettazione dedicati al fotovoltaico. Con lo spin-off Solskin, Schlüter ha sviluppato una facciata solare mobile tridimensionale in cui ogni modulo è comandato singolarmente. La facciata per la sede centrale della BRI, invece, doveva muoversi soltanto in due direzioni ed essere facile da manovrare: si pensi a una serra dove 20 vetri si sollevano o si abbassano contemporaneamente sopra una traversa. Il sistema è di fatto low tech, ma il risultato è una resa energetica nettamente superiore. Se un progetto dovesse richiederlo, la facciata solare mobile potrebbe tornare a essere oggetto di discussione. ●
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Il movimento che ripaga
La ‹ torre della BRI › è un punto di riferimento nel paesaggio urbano di Basilea. Firmata dall’architetto Martin Burckhardt, dal 1977 ospita la sede centrale della Banca dei Regolamenti Internazionali ( BRI ). La sua sagoma ricorda una torre di raffreddamento, mentre la facciata in alluminio e il basamento dalla linea curva rivelano l’epoca di costruzione. Da allora i suoi impiegati sono più che raddoppiati, motivo per cui, nel 2011, la BRI ha indetto un mandato di studio parallelo per un ampliamento edilizio.
Il progetto di Boltshauser Architekten amplia il basamento della costruzione esistente e, di fronte, sull’altro lato della parcella, colloca un altro grattacielo. La torre, alta 125 metri, a pianta rettangolare e dal profilo rastremato verso l’alto, è formalmente indipendente, mentre il completamento funzionale del basamento propone una veste più attuale. Dietro una facciata in vetro la struttura portante in legno è a vista. Ispirata agli iconici grattacieli in acciaio come il John Hancock Center di Chicago, la torre è priva di nucleo portante. I carichi orizzontali sono assorbiti da controventi e soffitti in legno, quelli verticali da supporti in legno.
La facciata in acciaio e vetro poggia come un filtro sulla sua struttura in legno. I sottili bracci a sbalzo reggono i moduli solari mobili che, disposti per piani sulla stessa linea, formano vele ombreggianti allineate intorno all’edificio. Durante il giorno, ruotando intorno all’asse longitudinale, seguono la luce del sole. Ciò dovrebbe garantire una resa energetica giornaliera e annuale più stabile e una produzione di elettricità maggiore del 25 % rispetto a un convenzionale impianto in facciata. Il team di concorso ha dimostrato che con i suoi 6500 metri quadrati di superficie modulare l’impianto sarebbe in grado di coprire il 37 % del consumo energetico di tutto l’edificio. Ma, per ora, la facciata solare mobile è musica del futuro: il concorso è stato vinto da un altro progetto. Deborah Fehlmann
Progetto ampliamento per la sede centrale della BRI, 2021 / 22
Centralbahnplatz, Basilea
Committente: Banca dei Regolamenti
Internazionali ( BRI ), Basilea
Architettura: Boltshauser, Zurigo
Tipo di mandato: mandato di studio parallelo, 2021 / 22
Statica: Conzett Bronzini Partner, Coira
Concetto struttura portante in legno: ETH Zurigo, Prof. Andrea Frangi
Concetto fotovoltaico: ETH Zurigo, Prof. Arno Schlüter
Impiantistica e fisica della costruzione: Amstein + Walthert, Zurigo
La torre con facciata in fotovoltaico amplia il complesso BRI di Basilea ( progetto ).
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L’impianto fotovoltaico segue il percorso giornaliero e annuale del sole.
I bracci a sbalzo in acciaio sostengono i moduli mobili.
Inclinare per raddoppiare
Situata nel comune zurighese di Regensdorf, l’azienda Gretag, un tempo produttrice di apparecchi per lo sviluppo di fotografie, è fallita nel 2002. Dopo 14 anni, su mandato della fondazione d’investimento Turidomus, Pensimo Management ha acquistato l’area Gretag adiacente alla stazione ferroviaria. Qui il gruppo Pensimo ha dato vita a ‹ Zwhatt ›, il nuovo quartiere che ha sviluppato negli anni successivi e che quest’anno accoglierà i suoi primi residenti e commercianti.
Il primo dei due grattacieli dell’area Zwhatt sarà pronto a metà 2025. Alta 75 metri, la torre in legno con nucleo in cemento armato e facciata in metallo ospita 156 appartamenti da 1½ a 5½ locali. Nei piani del basamento rivestiti in calcestruzzo, dietro enormi pilastri e una facciata in calce trass rossa, il grande atrio, un bistrot e delle aree di coworking. All’interno della torre la struttura portante è a vista: gli spazi sono caratterizzati da pilastri e travetti in legno di faggio svizzero. Sottili lastre in calcestruzzo rivestono le campate intermedie, mentre i pavimenti e le pareti sono coperti da rivestimenti spatolati e intonaci in argilla e calce.
La facciata a griglia riflette la tecnica costruttiva modulare formata da elementi prefabbricati. Le tettoie in moduli fotovoltaici che circondano ogni piano e il rivestimento metallico di colore rosso donano alla facciata un aspetto a metà tra la vivace leggerezza e la freddezza tecnologica. Nel progetto di concorso del 2019 l’impianto fotovoltaico si presentava ancora integrato nella superficie della facciata. Con i pannelli inclinati la superficie utile per la produzione di elettricità è più che raddoppiata. Inoltre, i moduli fotovoltaici aggettanti ombreggiano gli spazi interni e proteggono l’edificio dal caldo estivo. Deborah Fehlmann
Grattacielo H 1, 2025
Area Zwhatt, Regensdorf ( ZH )
Committente: Fondazione d’investimento Pensimo, rappresentata da Pensimo Management, Zurigo Architettura e progetto generale: Boltshauser, Zurigo
Tipo di mandato: mandato di studio parallelo, 2019
Statica: Consorzio ingegneri B 3 Kolb, Romanshorn, e Schnetzer Puskas, Basilea
Ingegneri HVAC: Waldhauser + Hermann, Münchenstein
Progetto della facciata: Feroplan, Zurigo Fotovoltaico: BE Netz , Lucerna ; IBG Engineering, Winterthur
I moduli solari che sporgono orizzontalmente fungono anche da frangisole.
Il grattacielo nell’area Zwhatt a Regensdorf è realizzato in gran parte in legno.
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Le grondaie evitano la formazione di ghiaccioli sui bordi dei moduli posizionati in orizzontale.
Sistema autarchico
A Nord della città di Zurigo, proprio accanto all’Hallenstadion e alla Fiera, la vista si apre su un mosaico di campi da calcio, campi da tennis e una pista per il pattinaggio artistico. Fa parte del complesso sportivo anche la piscina coperta di Oerlikon, ormai di quasi cinquant’anni. Nei prossimi anni la città intende sostituire la piscina, bisognosa di ristrutturazione, con una più grande e ampliarne l’offerta. Al contempo la piscina, l’impianto sportivo su prato e la vicina pista da pattinaggio dovrebbero essere collegati in un unico centro sportivo. Oggi la superficie della futura costruzione a pianta quasi quadrata ospita due campi da calcio. Tuttavia, l’attrattività del centro sportivo non è dovuta alle sue dimensioni ma alla sua configurazione estetica: davanti alle facciate in vetro del cubo, su ogni lato si ergono due colonne cilindriche di 20 metri in calce trass battuta intorno a cui si sviluppano le scale antincendio in acciaio. Sopra le colonne poggia, come una passerella sospesa nell’aria, una struttura in acciaio e fotovoltaico che circonda tutto il volume, a formare una corona. L’architettura eloquente è espressione di un sofisticato concetto impiantistico, grazie al quale l’edificio dovrebbe essere autosufficiente a livello termotecnico. In inverno, il calore recuperato dalla produzione di ghiaccio riscalda la piscina, mentre in estate la macchina del freddo funge da pompa di calore, alimentata dall’elettricità fotovoltaica. I grandi serbatoi d’acqua all’interno dei cilindri in calce trass fungono da accumulatori termici: assorbono il caldo o il freddo in eccedenza per distribuirlo all’occorrenza.
Per ora il nuovo tempio dello sport di Oerlikon è ancora un’opera in divenire. La votazione popolare sul credito d’opera dovrebbe svolgersi a inizio 2026. Se l’elettorato della città di Zurigo approverà la considerevole somma prevista di 370 – 400 milioni di franchi, i lavori di costruzione della durata di quattro anni inizieranno poco dopo. Deborah Fehlmann
Centro sportivo Oerlikon, dal 2026 Wallisellenstrasse, Zurigo
Committente: Città di Zurigo, rappresentata da Immobilien Stadt Zürich
Architettura e progetto generale: Boltshauser, Zurigo
Tipo di mandato: concorso di progetto con prequalifica, 2020 / 21
Architettura del paesaggio: Andreas Geser, Zurigo
Statica: Schnetzer Puskas, Basilea
Impiantistica: Gruner Gruneko, Zurigo ( concorso ) ; Amstein + Walthert, Zurigo ( progettazione e realizzazione )
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Il nuovo centro sportivo Oerlikon sarà autarchico dal profilo della termotecnica.
Colonne in calce trass con cisterne integrate sostengono l’impianto fotovoltaico.
Un filtro luce produttivo
Alla fine di quest’anno l’Ospedale pediatrico di Zurigo si trasferirà dalla sua sede tradizionale, nel quartiere Hottingen, al nuovo edificio di Herzog & de Meuron, situato nella zona periferica di Lengg. Subito dopo il Cantone intende abbattere il vecchio ospedale pediatrico per costruirvi il Centro di odontoiatria ( ZZM ).
Intorno all’ampio e piantumato cortile a lucernaio del nuovo edificio universitario si sviluppano gli spazi per la ricerca di eccellenza, l’insegnamento e l’attività pratica. Lo spazio climatico intermedio collocato al centro, a tutta altezza dell’edificio, e concepito come luogo d’incontro sociale, è il tratto distintivo di questa costruzione in legno dall’involucro di vetro e dai moduli fotovoltaici trasparenti, che filtrano la luce proveniente dal tetto a shed.
Anche in facciata il fotovoltaico è onnipresente: una sorta di cornicione formato da moduli fotovoltaici posizionati in orizzontale funge da copertura superiore dell’edificio. Ai piani inferiori le tettoie fotovoltaiche inclinate proteggono gli spazi interni dal sole senza tuttavia ostruire la vista verso l’esterno dalle finestre a tutta altezza. Il fissaggio a bracci a sbalzo in acciaio e le aste verticali suggeriscono che i moduli fotovoltaici sono inclinabili. Se questo sarà davvero il suo aspetto per ora non è dato saperlo: la progettazione è ancora in corso. Deborah Fehlmann
Centro di odontoiatria, dal 2025
Steinwiesstrasse 75, Zurigo
Committente: Università di Zurigo, rappresentata dall’Ufficio edile del Canton Zurigo
Architettura: Boltshauser, Zurigo
Tipo di mandato: concorso con prequalifica, 2020 / 21
Gestione dei lavori: Drees & Sommer Schweiz, Zurigo
Statica: Schnetzer Puskas, Basilea
Impiantistica: Waldhauser + Hermann, Münchenstein
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I moduli solari del cornicione sono orizzontali, quelli sottostanti sono inclinati.
Le fasce perimetrali in fotovoltaico ombreggiano gli spazi interni della struttura in legno.
Il nuovo Centro di odontoiatria con cortile a lucernario visibile dall’esterno.
Thue Borgen Hasløv si unisce a C. F. Møller nel 2011 e, da allora, è il responsabile del reparto concorsi dello studio di Copenhagen. Dal 2016 collabora in qualità di partner associato, nel 2022 diventa partner.
Il danese C. F. Møller fonda il suo studio nel 1924, dal 1928 al 1942 lo gestisce con il partner Kay Fisker. Attualmente i dipendenti di C. F Møller Architects sono circa 350, distribuiti tra la sede centrale di Aarhus e le filiali di Copenhagen, Aalborg, Oslo, Stoccolma, Malmö e Berlino.
« La facciata racconta una storia »
Lo studio danese C. F. Møller realizza case s olari in tutta Europa. Thue Borgen Hasløv parla della difficoltà di realizzare una bella architettura con le facciate in fotovoltaico.
Qual è il ruolo della tecnologia solare nei progetti di C. F. Møller ?
Thue Borgen Hasløv: Quasi tutti i grandi progetti che abbiamo in cantiere integrano l’elemento fotovoltaico, senza dimenticare che la Scandinavia ne impone l’utilizzo, sul tetto o come parte della facciata. La tecnologia solare incide sulla sostenibilità visiva di un edificio. Certo, sul tetto rende di più, ma sulla facciata ci racconta una storia. In quali progetti la tecnologia solare ha un ruolo architettonico ?
Stiamo progettando un grande palazzetto dello sport nella parte settentrionale della Norvegia, dove in estate il sole splende da tutti i lati, anche da nord. A Berlino, invece, realizziamo due edifici, rispettivamente per il Ministero federale e per una banca. La stretta collaborazione progettuale con il committente e il produttore di fotovoltaico ci consente di dare forma alle nostre idee. La cosa deve convincere a livello estetico.
Per lungo tempo costruire facciate in fotovoltaico di qualità era quasi impossibile a causa dei costi. Oggi è diverso ?
Sì. Ma i costi rispetto ad altre facciate sono ancora alti, il committente va quindi interpellato per tempo e deve volerlo, e non sempre è il caso. Noi, dal canto nostro, cerchiamo di promuoverle come obbiettivo di un’agenda verde. Molti produttori non sono orientati al fotovoltaico personalizzato, il che complica le cose. In Bellerivestrasse a Zurigo, ad esempio vedi ‹ Una ‹ Prairie House › sul lago di Zurigo ›, pagina 16 la quantità di moduli che installiamo è relativamente esigua. C’è quindi bisogno di produttori specializzati come la ditta Megasol, che vanta un proprio reparto di produzione e la capacità di collaudare i prototipi. È difficile fare architettura con gli odierni prodotti solari ?
Sì, trovo che sia difficile. Il fotovoltaico offre una gamma di possibilità molto limitata. Devi metterti alla ricerca e devi essere così bravo da fare appassionare il committente alla tua idea. La Copenhagen International School ( 2013 – 2017 ) rappresenta il nostro primo tentativo di facciata solare. Il prodotto lo abbiamo scoperto in Svizzera: un modulo fotovoltaico con rivestimento nanotecnologico che cambia colore a seconda della luce e della direzione dello sguardo. Far arrivare il prodotto in Danimarca è stato difficile e il committente ha dovuto correre un rischio, perché non era mai stato sperimentato. Da allora qualcosa è stato fatto.
Avete degli esperti di solare nello studio ?
È lo stess o studio a essere diventato esperto. Ormai tutti noi siamo sensibili al tema. Il grande successo del progetto per la Copenhagen International School significa molto. Può spronare altri ad affrontare un tema che un tempo forse non avrebbero preso in considerazione. Comunque sia, devono aumentare i progetti che sondano le possibilità e i limiti di questo materiale.
C. F. Møller opera in molti paesi.
Quali sono le differenze ?
Abbiamo decis o di lavorare in mercati che siano affini tra loro. Costruire in Svizzera non è poi tanto diverso dal farlo in Danimarca nel senso che, rispetto ad esempio alla Cina, possiamo svolgere il nostro lavoro senza troppi vincoli. Committente pubblico o privato, non fa una grande differenza. Dalle nostre parti oggi c’è una grande sensibilità per la costruzione sostenibile. È un aspetto importante per i committenti, ma anche per i locatari che adesso, in Bellerivestrasse, lavorano in un edificio trasformato e visivamente sostenibile. In futuro tutto ruoterà intorno all’architettura verde. La consapevolezza c’è. Ora si tratta solo di metterla a frutto. Intervista: Axel Simon ●
Solaris #09, giugno 2024 « La facciata racconta una storia » 32
La facciata in fotovoltaico della Copenhagen International School è di quasi 6000 metri quadrati. Fotografia: Adam Moerk
La facciata inclinata
Aumenta sempre più l’inclinazione dei moduli fotovoltaici sulle facciate. Le fasce dei parapetti, le tettoie o i parapetti dei balconi che generano energia diventano un nuovo standard: le esigenze tecniche impongono un nuovo stile architettonico. Come si esprime ? Cosa c’è dietro ? La pubblicazione raggruppa progetti e protagonisti.
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