DANZA
Meg Stuart, Alain Platel, Kinkaleri & Co si danza la leggerezza dell’essere nografia di Jozef Wouters) che fungono sia da palco per i performer sia da seduta per gli spettatori. Le azioni sono diffuse e decentrate, i movimenti, soprattutto di mani e braccia, abbozzano un vocabolario di gesti misteriosi a cui il pubblico viene iniziato attraverso giochi di interazione sottili e mai invasivi. Nel secondo spazio, più ampio, lo spettacolo cresce progressivamente di intensità supportato dal live sound di Klaus Janek: impegnati in una serie di rituali imperscrutabili (il tentativo inutile di volo con un paracadute, il cospargere il corpo e il pavimento con polvere di caffè, frenetiche danze collettive), i performer sembrano tendere verso uno stato “altro”. Quando, infine, le porte si aprono e torniamo all’aperto l’impressione è quella di essere stati parte di un percorso iniziatico, misterioso, assurdo, inspiegabile ma che in qualche modo ci ha trasformati. Elena Basteri REQUIEM POUR L., regia, coreografia e scene di Alain Platel. Drammaturgia di Hildegard De Vuyst. Costumi di Dorine Demuynck. Luci di Carlo Bourguignon. Musiche di Fabrizio Cassol. Con 15 danzatori della Compagnia Les ballets C de la B. Prod. Les ballets C de la B, Gand (Be) - Festival de Marseille (Fr) Berliner Festspiele (De) e altri 12 partner internazionali. FESTIVAL TORINODANZA, TORINO.
PROJECTING [SPACE[, coreografia di Meg Stuart. Drammaturgia di Jeroen Peeters. Scene di Jozef Wouters. Costumi di Sofie Durnez. Luci di Sandra Blatterer. Musiche di Klaus Janek. Con Jorge De Hoyos, Mor Demer, Márcio Kerber Canabarro, Roberto Martínez, Renan Martins de Oliveira, Sonja Pregrad, Mariana Tengner Barros, Sigal Zouk. Prod. Meg Stuart/ Damaged Goods, Jeroen Peeters & Jozef Wouters, BERLINO. Una radura sulla riva dello Sprea in un quartiere periferico di Berlino, il crepuscolo e i contorni del paesaggio intorno che si sfuocano dando allo scenario post-industriale circostante un carattere ancora più surreale. È qui, nell’area delle Reinbeckhallen, una serie di capannoni un tempo adibiti alla
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trasformazione di energia elettrica e ora spazio per l’arte, che il teatro Hebbel am Ufer ha inaugurato la sua stagione teatrale con lo spet tacolo Projecting [Space[ della coreografa Meg Stuart, Leone d’Oro alla Biennale Danza 2018. Come suggerito dal titolo, lo spettacolo è un’esplorazione architettonica che attiva in parallelo un processo di immersione collettiva in uno spazio emotivo e fisico, permeato dalla presenza degli altri. Si comincia all’aperto dove i danzatori arrivano su un auto “vestita” di stoffe colorate in tenuta da clubbing underground (tutine argentate, pantaloni di pelo, slip glitterati) e interagiscono con quello che offre il paesaggio: una bicicletta, una ruspa, l’acqua del fiume. Ci si addentra poi in due spazi interni successivi. Il primo, più angusto, riempito di scaffali industriali (congeniale la sce-
La nostra società, tanto concentrata a vivere, pare aver accantonato la riflessione sulla morte, relegandola, in quanto assai disturbante, in un angolo oscuro. A ricordare quanto la morte non sia che il naturale esito dell’esistenza umana, giunge in Italia lo spettacolo-concerto di Alain Platel che, partendo dal Requiem di Mozart, costruisce una meditazione laica e anti-retorica, universale e sensitivamente razionale. Il musicista Fabrizio Cassol contamina l’opera incompiuta di Mozart con melodie africane e musica religiosa occidentale, eseguite dal vivo da un ensemble di musicisti e cantanti africani ed europei (percussioni, fisarmonica, chitarra e basso elettrico, likembe). Il corposo e mirabile ensemble, in abiti scuri e stivali di gomma, si muove all’interno di un labirinto di parallelepipedi/bare neri, di varie dimensioni, che ricorda il Museo dell’Olocausto di Berlino, a segnalare
la dimensione non solo privata della morte. Sul fondo del palco, uno schermo sul quale sono proiettati gli ultimi momenti di vita di L., amica di Platel, circondata dai propri cari. Un video in bianco e nero che, riprendendo forse involontariamente esperienze artistiche quali quella di Sophie Calle, non genera né pathos né angoscia, bensì mos tra un fa t to, un passaggio e sis ten z iale. Una tonali t à c he contraddistingue l’intero spettacolo, che utilizza l’armoniosa eterogeneità della musica, la danza fatta di movimenti semplici, eseguiti in gruppo, quasi rituali e lo spazio scenico, per ri-svelare l’essenza della morte, con il coraggio di guardarla negli occhi quelli di L. - e riconoscerne la certo dolorosa eppure naturale realtà. Platel articola un discorso rigorosamente non patetico né toccante, bensì razionale e stringente, che forse non emoziona superficialmente ma certo scava nel profondo dell’animo dello spettatore, costringendolo a mettere in discussione il proprio approccio alla morte, aldilà della religione come pure di un diffuso, spensierato edonismo. Laura Bevione DANÇA SINFÔNICA e GIRA, coreografie di Rodrigo Pederneiras. Scene di Paulo Pederneiras. Costumi di Freusa Zechmeister. Luci di Paulo Pederneiras e Gabriel Pederneiras. Musiche di Marco Antônio Guimarães/Metá Metá. Con la Compagnia Grupo Corpo. Prod. Grupo Corpo, BELO HORIZONTE (Br). La compagnia brasiliana Grupo Corpo si conferma una delle realtà internazionali più interessanti, grazie alla propria cifra stilistica che lega cultura alta e radici ataviche e ai suoi danzatori di altissimo livello e notevole presenza scenica. Nessuna barriera posta alla creatività e la capacità di coniugare colto e popolare portano la compagnia a un graduale e crescente successo internazionale, suggellato tra il 1996 e il 1999 con la residenza alla Maison de la Danse di Lione. Dopo oltre quarant’anni, la loro creatività non si è spenta. A dimostrarlo sono proprio i due titoli presentati al Teatro Comunale di Vicenza, entrambi su coreografia di Rodrigo Pederneiras, scenografie del fratello Paulo (autore anche delle luci insieme a Gabriel) e costumi di Freusa Zechmeister, creati