prima cordonatura obbligata sul margine del disegno
DE VEGA LA GATTOMACHIA
Il personaggio sul quale si concentra l’azione narrativa di questa storia umana, anzi umanissima delle passioni che muovono i gatti di una sperduta landa spagnola di molti, molti, molti anni fa, è l’hidalgo Marramachiz, nobile squattrinato e tracotante, borioso e aggressivo, che ostenta la sua appartenenza sociale senza però possederne il rango economico. Folle d’amore, rapisce la bella Zapachilda, la gatta più affascinante del quartiere, scatenando l’ira funesta del promesso sposo, il gatto Micifuf. La doverosa vendetta si trasforma in una guerra furiosa tra gatti andalusi e mici castigliani per ripristinare l’onore perduto. Ma il Fato spariglia le carte in un finale imprevedibile e amaro. Marramachiz persegue l’amore per Zapachilda in modo totale e senza cedimenti, compiendo azioni plateali e folli, a volte inaccettabili, che riempiono la scena, ma tutto sommato costituiscono un semplice sfondo a quello che è il vero tema della narrazione e cioè il sogno di amare e di essere amati e il bisogno di dare un senso alla propria vita.
Lope De Vega
La Gattomachia Le gesta del gatto Marramachiz nella riscrittura di Luciano Lima
Comprensione del testo Analisi dei personaggi Approfondimenti MiciAmo www.cosmoiannone.it
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a hi 7 ac 28om 01 tt 16- E Ga -5 ON LA 8-88 NN 7 A
9 788851 601287
I
Euro 9,00
iannone
ISBN 978-88-516-0128-7
Cosmo Iannone Editore
I preparativi del gatto Marramachiz Scheda p. 126
È la tarda primavera di una giornata calda e afosa, come solo si respira nella terra della Castiglia Spagnola nell’anno del Signore 1634. Mentre i valorosi e un po’ arroganti soldati spagnoli navigano tra i flutti dell’oceano, lassù, sul tetto della casa del giovane marinaio Lope Felicio, alcuni gatti ostentano una provocatoria indifferenza alle smanie di potere e di ricchezza dei loro padroni, impegnandosi piuttosto nelle avventure d’amore, trascorrendo le notti guardando le stelle come i loro padroni, ma non per cercare la rotta marina, bensì per sognare e cantare serenate alle loro donzelle. La più bella gatta del quartiere, una certa Zapachilda, si pavoneggia stando seduta sul punto più alto del comignolo e si guarda intorno come fosse la prima donna alla ricerca degli applausi. Si liscia il pelo e lo lucida con la sua linguetta rasposa, facendo brillare come fili di seta la peluria della coda e del petto, indugiando sui ciuffetti bianchi che dal petto salgono al mento, quasi a voler rimarcare la macchia bianca che segnalava la sua casta di appartenenza. Zapachilda era talmente vanitosa da costringere la vicina gazza ladra a tener ferma con il becco una scheggia di elmo rotto che fungeva da specchio e nel frattempo la tediava raccontandole di una certa parentela con i gatti del dottore confinante di tetto e proprietario della soffitta.
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Era ormai giunta la bella stagione e la primavera rigogliosa e prorompente di vitalità la si vedeva sui balconi fioriti di rose e violacciocche. Come solitamente accade, le gatte aristocratiche, dopo essersi lavate e bene adornate, si distendono sulle tegole calde e, godendo dei raggi del sole, fanno sfoggio delle loro doti canore, cantando la cosiddetta “solfa gattesca”, genere musicale che sa stordire persino le orecchie dei topi, che fuggono inorriditi nelle profonde crepe della terra o in mezzo al fieno. Le gatte aristocratiche, se oltre ad essere ben vestite e profumate sono anche belle e vanitose, quasi sempre diventano oggetto di pettegolezzo, genere letterario questo delle malelingue, caratterizzato da racconti malevoli di fatti e misfatti più immaginari che reali; espressione dell’invidia piuttosto che specchio giornalistico della realtà fattuale. Fatto si è che Zapachilda, avendo i requisiti di cui sopra, non poteva sfuggire alla “chiacchiera” del vicinato e di tutti i frequentatori del tetto. Una sera il gatto più pettegolo del vicinato, un certo Maulero, nativo della Mancia e scudiero del nobile Marramachiz, raccontò al suo padrone che Zapachilda tutto il giorno cantava disperata e zuccherosa perché voleva fidanzarsi. Marramachiz, hidalgo madrileno, non volle venir meno alla fama dei cavalieri di Castiglia e dunque decise di presentarsi alla bella Zapachilda per offrirle la sua protezione ed i suoi servigi che la casta gli imponeva. Il primo pensiero che venne in testa all’hidalgo fu di allestire i preparativi per presentarsi alla bella dama, come imponeva il costume e la tradizione nobiliare della famiglia. Chiamò la servitù perchè si ponesse a sua disposizione per indossare abiti ed accessori vari, indispensabili per suscitare
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stupore e apprezzamento nell’anima della bella Zapachilda che, fin dal primo incontro, avrebbe dovuto capire e gioire dell’alto lignaggio di appartenenza dell’hidalgo Marramachiz. Dopo alcune prove, scelse di calzare scarpine ricavate dai ditali che usavano i mietitori per proteggere le dita, usando il falcetto nel taglio del grano. Indossò una cappa ricavata da pregiati pantaloni francesi e sulla testa infilò mezzo cedro rugoso di color giallo chiazzato, reso solenne da un pennacchio di color rosso e verde, trofeo pomposo della cattura di un pappagallo che parlava come fosse l’araldo del re, ma che alla fine fu azzittito da quel prepotente di Marramachiz. Alcuni servitori gli legarono sul dorso un farsetto, ritagliato da due mezzi guanti vellutati; il gatto maestro di eleganza addobbò meglio l’hidalgo guarnendo la nobile testa con un collettino di pizzo, tolto dal polsino di un abito della bimba del dottore. Alla fine la cerimonia della vestizione fu conclusa e ne venne fuori un gatto di altissimo rango sociale, degno rappresentante della nobiltà castigliana, guida illuminata dell’impero di Spagna e padrona dei mari. A questo punto Marramachiz, con voce altisonante e perentoria, ordinò di portare l’adeguato mezzo di trasporto, cioè una cavalcatura finemente bardata, con tanto di frange, fiocchi e sonagli. Pensò che avrebbe fatto una gran bella figura stando a cavallo non di un minicavallino, bensì di una scimmia, una di quelle che furono sconfitte e rese schiave dopo lo scontro della tribù dei gatti Castigliani e la compagnia di avventure e bisbocce delle scimmie del Marocco. Il tutto si concluse con un secco ordine alla volta di Maulero: «Portami la spada, scudiero, è tempo di agire!»
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Lo scudiero non se lo fece ripetere due volte. Si precipitò nel cassetto delle argenterie e ne trasse con solennità un bel cucchiaio da poco lucidato, porgendolo poi con ossequio e fermezza militare al suo hidalgo e signore. Marramachiz si mise a cavallo della scimmia e prontamente Maulero spalancò la porta della cucina per far uscire quella nobile figura che, oltre a far sfoggio dei vari orpelli posticci, effondeva un particolare fluido magnetico dai suoi occhi verde smeraldo, tale da affascinare tutti i curiosi che lo riverivano con il cappello in mano. Qualche gatta anziana, più colta e smaliziata delle altre, commentava: «Non c’è che dire, Marramachiz sembra proprio il paladino Orlando che va a corteggiare la sua bella Angelica!»
La scenata di gelosia di Marramachiz Scheda p. 145
La cura del dottore e soprattutto le carezze di Zapachilda furono efficaci, cosicchè in pochi giorni Marramachiz ritrovò le forze, nonostante fosse convalescente e pallido in viso. La gelosia lo rese ancor più sospettoso e lo costringeva a lunghi appostamenti dietro i comignoli, spiando le mosse e le amicizie di Zapachilda. Per alcuni giorni la gatta infedele usò molta prudenza nell’incontrare Micifuf, servendosi di amiche complici, ma poi non potè più nascondere i suoi veri sentimenti. La sua agitazione e la conseguente imprudenza si accentuarono quando Micifuf dovette assentarsi per ragioni di eredità. Tardando nel ritorno, Micifuf decise di mandare un regalo alla sua innamorata. Zapachilda, durante l’assenza, se ne stava sul balcone in ansia o passeggiava nervosamente sul cornicione del tetto, suscitando la curiosità di Marramachiz. Accadde l’inevitabile: quello che si temeva giunse inaspettatamente. Marramachiz scoprì la tresca e la verità venne a galla! Una mattina l’hidalgo, prima del solito, si nascose a ridosso di una tegola rialzata, dietro il comignolo, da dove poteva ben osservare tutte le mosse di Zapachilda che si sporgeva sul davanzale, sbirciando nelle varie direzioni della strada per cogliere eventuali segni del ritorno di Micifuf. Quella mattina l’angosciante ricerca della prova dell’infedel-
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tà dette i suoi frutti velenosi. Mentre Zapachilda frenava il cuore nel petto, vedendo giungere lo scudiero di Micifuf, Marramachiz si gonfiò di rabbia e a stento frenava lo sbuffo che rompeva gli argini della bocca e delle narici, ma volle guardare e si acquattò meglio, tenendo un occhio vigile fuori della superficie del comignolo. Vide l’odiato Garraf, di sangue meticcio che portava in mano un lussuoso vassoio. Ignaro dell’agguato, il servo di Marramachiz si avvicinò a Zapachilda, desideroso di consegnarle il ghiotto regalo del padrone, che le inviava anche un sentito omaggio poetico, con esplicite parole di dichiarazione d’amore eterno. Il romantico Garraf, interpretando meravigliosamente i sentimenti di Micifuf, si accingeva a declamare i versi lirici e, dopo aver deposto ai piedi della dama il ricco dono, si metteva in posa per meglio far sognare la bella Zapachilda. Costei purtroppo, deludendo il romanticismo di tutti i poeti, mostrò maggiore interesse per il vassoio e, con avidità, sollevò il coperchio. Ma a questo punto la sua vena romantica produsse le più sentite e autentiche espressioni d’amore disinteressato. Esclamazioni di gioia, espressioni d’amore, giuramenti di fedeltà sgorgarono come polla sorgiva dal suo cuore, toccato da tanto ardore. Mai gatto le aveva donato prima una così grande ricchezza; mai gatto era stato prima di allora così munifico e cantore delle sue grazie! Nel vassoio trovò di tutto: gioielli, vestiti nuovi, leccornie e cibi prelibati. C’era persino un pezzo di cacio con un contorno di uova e lardo, infarcito di gustosi pinoli!
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Avrebbe voluto dare inizio alle libagioni ma, ricordando la buona educazione ricevuta dal padre, disse: «Garraf, sono commossa, non riesco a parlare. Leggi, per favore, le parole del mio amato Micifuf!» Finalmente Garraf potè esprimere tutto il romanticismo di cui spesso si vantava e lesse i versi che il suo padrone aveva scritto e firmato con la sua zampetta. Dolce signora, tu che sei l’anima mia, che io possa averti in perenne compagnia. Manda a Garraf un segno d’amore e io placherò il mio furore. Intanto accetta questo pasticcio e questo cacio come fossero una carezza e un dolce bacio. I nastri di madreperla che t’invio sono la prova certa dell’amor mio
Zapachilda, nonostante la scarsa attitudine ad ascoltare poesia, non potè fare a meno di commuoversi, probabilmente eccitata dall’odore del cacio e del lardo. Socchiuse gli occhi sognanti per inviare un bacetto di riconoscenza a Micifuf, ma a questo punto accadde l’evento temuto: Marramachiz andò su tutte le furie e reagì con la violenza e la velocità di una folgore scagliata da Giove. Con un balzo rabbioso si precipitò addosso a Garraf. Nel volo afferrò il foglio della poesia, riducendolo in pezzettini svolazzanti nell’aria. Con l’altra zampa ghermì in maniera rapace il pasticcio ripieno di uova e lo infilzò con gli unghioni come se lo stesso Micifuf avesse subito la metamorfosi culinaria ed espiasse finalmente la colpa di tanto disonore.
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La rabbia si accentuò quando si rese conto che la sofferenza inferta al pasticcio non poteva essere trasferita al donatore. Garraf era tramortito a terra, incredulo, con l’espressione dell’ebete, sorpreso da eventi incomprensibili. Ma nonostante la sua pietosa e commiserevole condizione, le sue disgrazie non erano finite. Marramachiz, privo di ogni cortesia o di signorile self-control, ignorando per di più l’antico proverbio – ambasciator non porta pena –, sferrò con le zampe posteriori un violento calcione nel deretano dell’incredulo scudiero spedendolo nel cielo e facendolo volteggiare come fosse la palla nel gioco classico della pelota. Lo scenario divenne ancor più movimentato perché l’agitazione si diffuse e quei gatti curiosi che, fino ad allora, se ne stavano nascosti, desiderosi di diffondere poi le notizie senza nulla rischiare, si precipitarono fuori dai nascondigli e, in un fuggi fuggi impazzito, si nascosero nei buchi più impensati, quasi volessero coabitare con i sorci. Zapachilda, la più compromessa perché era venuta meno alla promessa di fedeltà, volò letteralmente dal terrazzo fin sul cornicione del tetto attiguo e, come fosse un uccello, trovò riparo nel vuoto di un coppo che già fu nido di passeri. Marramachiz si era parzialmente vendicato ma aveva fatto terra bruciata dietro di se perché da allora in poi moltissimi gatti si allontanarono terrorizzati e la stessa Zapachilda aveva promesso a se stessa che mai più avrebbe concesso amicizia ad un tale folle e violento marrano. La solitudine e l’isolamento di Marramachiz gli consigliarono di rivolgersi ad un saggio gatto che aveva ascoltato talvolta le conversazioni della sua padrona, malata d’isteria, con la psicologa e dalle sedute aveva tratto anche lui buoni consigli, che ora
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offriva ai suoi simili per una zampa di pollo. Questa volta Marramachiz concluse che il rifiuto o il tradimento d’amore non avrebbero meritato la sua depressione fisica o psichica.
Schede didattiche
Le schede didattiche sono divise in quattro sezioni: Comprensione del testo. ANALISI DEI PERSONAGGI. Propone esercizi di approfondimento circa la psicologia dei personaggi, anche attraverso analisi comparative tra i diversi protagonisti delle storie narrate. APPROFONDIMENTI. In queste schede ci sono delle sotto sezioni intitolate Geostoria, Box grammaticale, Lessico e nuvole. Sempre all’interno di questa tipologia sono proposte attività di produzione scritta soggettiva, ricerche individuali o di gruppo miciAmo. Notizie dal mondo gattesco. Sono schede che forniscono brevi informazione sui felini. Lessico e Nuvole è uno spazio in cui trascrivere in sintesi il significato di alcuni vocaboli di uso non frequente che si incontrano nel testo.
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L’innamoramento di Micifuf
L’hidalgo castigliano si è ormai dichiarato e Zapachilda sembra apprezzare. Ma la situazione si complica, quando appare sullo scenario un altro gatto che possiede il rango e il fisico giusti per insidiare il prestigio e l’autorevolezza di Marramachiz, limitandone così le possibilità di far colpo sulla gattina. Con l’arrivo dell’imprevisto rivale, il triangolo amoroso si fa tragico, perché innesca un conflitto che vedrà schierati, nientemeno, i gatti castigliani contro i gatti andalusi e il duello amoroso si trasformerà in uno scontro di civiltà. Intanto, conosciamo questo nuovo personaggio di nome Micifuf.
COMPRENSIONE DEL TESTO Che cosa Zapachilda apprezza di Micifuf?
Come si propone Micifuf all’attenzione di Zapachilda?
Come risponde Zapachilda alle avances amorose di Micifuf?
Micifuf e Zapachilda sono oggetto di commenti velenosi da parte dei gatti del quartiere. Su che cosa si appuntano i pettegolezzi malevoli?
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I gatti difendono Marramachiz, mettendone in evidenza le qualitĂ . Che cosa apprezzano del nobile castigliano?
ANALISI DEI PERSONAGGI Profilo di Micifuf Il gatto Micifuf si contraddistingue per alcune caratteristiche fisiche e comportamentali. Quali?
PerchĂŠ Micifuf viene visto con sospetto dagli altri gatti?
Differenze tra Marramachiz e Micifuf Il comportamento Nel modo di corteggiare
Marramachiz
Micifuf
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LESSICO E NUVOLE
Camuso Altezzoso
Altero Lacchè Livrea Lezioso Affettato
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Follie d’amore
Lo scontro tra le due gattine innamorate continua anche durante la detenzione dei loro spasimanti. Il destino le fa incontrare, anzi scontrare ancora una volta e non senza conseguenze.
COMPRENSIONE DEL TESTO Nei confronti dei due gattini detenuti viene emanata una sentenza. Quale? In quale circostanza le due gatte si scontrano?
Come si conclude lo scontro della gelosia?
Provvidenziale per la loro salvezza fu l’intervento di chi? Come si svolge la forzata convivenza delle due gattine miracolosamente salvate?
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BOX GRAMMATICALE Considerando il brano del capitolo IX, da ‌si guardavano senza riconoscersi a ‌graffiandone il collo, individua le voci verbali in esso contenute e precisa modo e tempo verbale. Voce verbale
Modo
Tempo
LESSICO E NUVOLE
Increscioso
Vigente
Detenzione
Disvelamento
prima cordonatura obbligata sul margine del disegno
DE VEGA LA GATTOMACHIA
Il personaggio sul quale si concentra l’azione narrativa di questa storia umana, anzi umanissima delle passioni che muovono i gatti di una sperduta landa spagnola di molti, molti, molti anni fa, è l’hidalgo Marramachiz, nobile squattrinato e tracotante, borioso e aggressivo, che ostenta la sua appartenenza sociale senza però possederne il rango economico. Folle d’amore, rapisce la bella Zapachilda, la gatta più affascinante del quartiere, scatenando l’ira funesta del promesso sposo, il gatto Micifuf. La doverosa vendetta si trasforma in una guerra furiosa tra gatti andalusi e mici castigliani per ripristinare l’onore perduto. Ma il Fato spariglia le carte in un finale imprevedibile e amaro. Marramachiz persegue l’amore per Zapachilda in modo totale e senza cedimenti, compiendo azioni plateali e folli, a volte inaccettabili, che riempiono la scena, ma tutto sommato costituiscono un semplice sfondo a quello che è il vero tema della narrazione e cioè il sogno di amare e di essere amati e il bisogno di dare un senso alla propria vita.
Lope De Vega
La Gattomachia Le gesta del gatto Marramachiz nella riscrittura di Luciano Lima
Comprensione del testo Analisi dei personaggi Approfondimenti MiciAmo www.cosmoiannone.it
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