Una casa ha bisogno di una nonna Luisa May Alcott
La Nonna Meccanica è il racconto leggero e coinvolgente di un periodo nero della vita di tutti noi. La scuola serra le porte per molte settimane, lasciando i ragazzi a casa. Unico legame con il mondo di prima: la didattica a distanza. Questo il contesto in cui si dipana la vicenda che coinvolge Luca, l’eroe di questa storia e Mita, la sorellina petulante, e i loro genitori. Il covid 19 scompone la famiglia, ne ridefinisce i ruoli e le relazioni. Luca diventa il centro del racconto. La sua fatica di stare dietro alla sorella, il peso di gestire le faccende di casa fanno sì che una ideona attraversi il suo cervello: creare una nonna virtuale sempre presente e che soddisfi ogni esigenza di Mita. Il gioco sembra facile e in parte riesce. Ma ogni medaglia ha il suo rovescio: troppo efficiente, troppo libera, troppo tutto! Nonna Mec sembra non volerne sapere di ubbidire ai comandi del programma elettronico. E così la nonna virtuale deborda dai suoi compiti: si permette di interferire nelle relazioni famigliari, critica il comportamento dei genitori e dei nonni veri. Insomma diventa ben presto un incubo e la sua onnipresenza sempre più insopportabile. Come farà Luca a liberarsene? Nonna Mec accetterà di buon grado di farsi da parte? Rinuncerà facilmente a prendersi cura dei due nipoti? Come sempre l’amore vincerà e sarà un bene per tutti. PROPOSTE DIDATTICHE Per molte pagine entriamo nella vita di Luca, Mita e di tutta la band del lockdown famigliare, ne comprendiamo i bisogni più autentici, le ambizioni piccole e grandi di ciascuno di essi, la psicologia, i desideri, la difficoltà di relazionarsi in una situazione così insolita.
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La lettura profonda e coinvolgente sarà possibile grazie all’utilizzo di una cassetta degli attrezzi che propone attività didattiche efficaci e strumenti di lavoro stimolanti. In particolare: • Esercizi di comprensione: Sul filo della trama. I questionari contengono domande aperte che servono a comprendere e ricostruire la concatenazione degli eventi principali. • Esercizi di approfondimento: Scanner – personaggi a tre dimensioni (parole, pensieri, azioni) Un personaggio si rivela attraverso i propri pensieri, le azioni e i comportamenti che egli mette in atto per raggiungere i propri obiettivi e infine attraverso le parole da considerarsi come spie e indizi della sua personalità e del suo mondo più intimo. • Esercizi di scrittura: Campioni di scrittura. Questa sezione contiene proposte di scrittura come mezzo per sviluppare riflessione e tecnica al fine di potenziare la capacità di trasferire su carta il proprio pensiero. • Propongo anche l’utilizzo di organizzatori grafici come strumenti che stimolano alcune capacità fondamentali quali la sintesi, la generazione e sviluppo di idee. BUON LAVORO!
La nonna meccanica
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Dicono gli scienziati (ammettendo che il mondo sia nato appena da ventiquattr’ore) che l’uomo è apparso soltanto negli ultimi cinque minuti. Addirittura nel nuovo giorno l’uomo potrebbe anche non esserci, mentre ottime possibilità di continuare la loro esistenza ce le avrebbero gli insetti, candidati a diventare la razza dominante perché si adattano a ogni clima e sopravvivono perfino a una catastrofe nucleare. Anzi, probabilmente gli insetti in tal caso si evolverebbero e direbbero: “un tempo su questa terra c’era la razza umana”, così come noi diciamo “un tempo su questa terra c’erano i dinosauri”. Che cosa c’entrino gli insetti con la storia che sto per raccontare è un mistero anche per me; in queste pagine di insetti non ne compaiono affatto, o, se c’erano, svolazzavano e pizzicavano mentre le vicende accadevano, non hanno contato alcunché, voglio dire che non c’è nessuno piccolo snodo, nessun filone, nessuna frase in cui si affaccino zanzare, mosche, tafani o giù di lì, anche perché la maggior parte di questa storia si svolge tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera. A dire il vero, non so neppure com’è che mi siano venuti in testa. L’unico, labile contatto tra gli insetti futura-razza-dominante, con quel che mi accingo a scrivere, è, in qualche modo, il concetto di “sopravvivenza”. Non che io sia sopravvissuto a una catastrofe nucleare, ma mi sento ancora un po’ scombussolato da quel che è successo, e ancora di più mi scombussola dover ammettere, dolorosamente, che la colpa di tutto è stata esclusivamente mia. Tuttavia, avrei voluto vedere voi al mio posto, e sapere come ve la sareste cavata. Due mesi in cui potevamo uscire solo sul terrazzo di dimensioni minime su cui affaccia la nostra cucina, per di più soffocato dalle piante che mia madre insiste a sistemarci, perché dice che, così,
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può illudersi di avere un giardino, e non un semplice terrazzo. Due mesi chiuso in casa a doppia mandata con mia sorella Margherita, detta Mita, sempre appiccicata addosso, Mita e i suoi perché, Mita e le sue lagne, Mita e le sue pretese, come se il fatto di avere cinque anni più di lei - che ne ha otto, ma a volte sembra quasi quasi da asilo nido - mi rendesse suo padre, sua madre, il suo maestro e il suo mago personale insieme. È facile sputare sentenze, scuotere la testa e bofonchiare “No, Luca, non avresti mai dovuto farlo, eri impazzito? Non hai calcolato i rischi a cui andavi incontro?”, perché tra il trovarsi fuori, e il trovarsi dentro una situazione, c’è una bella differenza. Quando ne sei fuori valuti, soppesi, decidi, tutto ti sembra chiaro e razionale. Non ho mai capito così bene il concetto di “contesto”, una di quelle cose noiose che i prof di Lettere adorano, come quando l’ho applicato a me stesso. Poiché mi sono già addossato la colpa, non sto cercando delle scuse, ma vi assicuro che il contesto ha svolto la sua parte; la mia impazienza, e la volontà di rifilare Mita a qualcun altro, c’entrano, ma fino a un certo punto. Anche perché il contesto era di quelli che – sembra - si manifestano ogni cento anni: una pandemia, per la quale nessuno (che non fosse stato quantomeno centenario) era minimamente preparato. Bé, all’inizio è andata come è andata per tutti: le notizie del telegiornale cominciano ad angosciarti un po’, senti “paziente uno” e ti auguri di non essere il paziente “due”, e neanche il paziente “tre”; soprattutto, i tuoi genitori si guardano in silenzio, in quel modo tipico dei genitori di quando non vorrebbero spaventarti, eppure ti spaventano a morte, con un’efficacia sorprendente, perché è lo stesso modo con cui si guardano tra loro, scuotendo impercettibilmente la testa e sospirando, a farti presupporre che qualche tegola è in arrivo, e forse è in arrivo esattamente sulla tua testa. Suppongo che, se un domani avessi dei figli, eviterei come la peste di guardare la loro madre in silenzio, senza, all’apparenza, muovere un muscolo del viso, facendo passare tra me e lei una corrente così gelida e inquietante da far drizzare i capelli ai minori di diciotto anni, pur con l’intenzione di evitare loro
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qualsiasi trauma per mezzo delle parole: scordandomi, come fanno regolarmente i miei, che l’assenza di ogni suono - ma sostenuta da quello sguardo - è più impressionante dei fantasmi de La scala urlante di Jonathan Stroud. Insomma, per farla breve, nonostante - anzi, proprio a causa dei silenzi dei miei genitori ero ancora nella fase “che sta accadendo? I nostri nonni lontani si salveranno o si trasformeranno in mummie? E la nostra scienza che fine ha fatto, e a che servono tutte le formule che a scuola sono costretto a studiare?”, quando seppi che effettivamente le cose stavano andando malino, grazie, ma che sarebbe andato tutto bene se ognuno avesse fatto la sua parte standosene chiuso in casa, magari seduto sul divano, il che era possibile anche per quelli della mia età - ed ecco la notizia bomba - perché le scuole, dal giorno successivo, sarebbero state chiuse. Scuole chiuse? Di un tratto? Una voce lontana, davanti alla tv della cucina solo un attimo dopo mi accorsi che era la mia - emise un suono che assomigliava parecchio a una esclamazione di esultanza. Date le circostanze preferirei non soffermarmici troppo su, non volendo apparire cinico, né incosciente: solo sventato, forse, o sventatamente superficiale. Diciamo che la mia esultanza vorrei nasconderla tra le righe, perché era assolutamente fuori posto dato il contesto, la pandemia, il lockdown, ma cercherò di spiegarmi meglio. Voglio dire, sei così abituato a prepararti lo zaino la sera, e i vestiti per il giorno dopo, e a scattare come una saetta (si fa per dire) non appena la sveglia ti risuona nelle orecchie, che quando senti in televisione che la scuola, perciò compresa la tua, dal giorno dopo è chiusa, subito ti dici, “che meraviglia, non mi devo alzare alle sette, non devo prendere l’autobus, non devo ascoltare quattro o cinque ore di lezioni tutti i giorni, posso dedicarmi a quel che mi piace, sono libero”. Naturalmente anch’io avrei preferito che questa specie di vacanza fosse dovuta non a una pericolosa pandemia, bensì a: a) un miracolo; b) una nuova teoria pedagogica, improvvisamente adottata dal nostro governo, che prevedeva di dimezzare l’anno scolastico perché troppo stressante per i ragazzi; c) importanti lavori di ristrutturazio-
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ne delle scuole in tutta Italia per dotarle di piscina, solarium e campo di calcio, in modo, per l’appunto, da non stressare troppo i ragazzi. Ma le mie preferenze non contano e non contavano, sicché mi stavo ancora crogiolando nella prospettiva che finalmente avrei avuto un po’ di tempo per sviluppare una mia nuova APP, e che mi sarebbe stato possibile abbandonare, perlomeno momentaneamente, gli esercizi di grammatica italiana, quando subito dopo appresi, in chat, che avrei dovuto - anzi avremmo dovuto tutti e due, io e Mita - ascoltare le lezioni online, perché DAD non voleva dire papà in inglese, bensì “Didattica a distanza”. La cosa assurda era che, per di più, dal Ministro della pubblica istruzione fino agli insegnanti, sembrava che tutto questo fosse fatto proprio per noi ragazzi, perché altrimenti non avremmo saputo che cosa fare a casa, ci saremmo sentito abbandonati dai nostri prof, e, senza la loro guida, in breve avremmo preso praticamente a razzolare, a camminare a quattro zampe e a dimenticare perfino come si scriveva il nostro nome. E va bene, pensai, adattiamoci a sta’ DAD; anzi non andava bene per niente, ma chi ero io per andare contro il ministro e i miei prof? Ma non era ancora finita. Avevo da poco digerito la DAD allorché, a tavola, mia madre mi guardò intensamente negli occhi come solo la madre di un primogenito sa fare, per l’appunto ricordandogli, unicamente con lo sguardo, che ero il suo primogenito, e che questo comporta dei doveri. I miei genitori hanno un negozio di generi alimentari, la “Bottega del palato”, e lo conducono in coppia, in apparenza dividendosi i ruoli, ma soprattutto è mia madre a trattare con i clienti, sicché, in tanti anni, ha elaborato delle sue particolarissime tecniche di marketing. Prima di tutto, un modo molto personale e affascinante di sorridere. Con il suo sorriso la mamma ti fa sentire al centro del mondo, come se, per lei, contasse unicamente quel che dici e che vuoi tu, mentre, mentre, in realtà, si sta insinuando dolcemente e piacevolmente nel tuo cervello per portarlo verso quel che lei considera giusto, buono e vero: una tecnica ormai sperimentatissima, e infallibile.
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“Senz’altro”, magari risponde alla cliente, “solo un etto di mortadella”, poi, mentre si trova a metà dell’affettatura, aggiunge, “è arrivato un prosciuttino nostrano, di un contadino nostro amico che fa le cose come si facevano una volta, un prosciuttino che si scioglie in bocca, praticamente privo di grassi, consigliabile in tutte le diete e anche nella sua (la mamma conosce personalmente quasi tutti i suoi clienti). Basta una fettina sottile attorno a un grissino ed è già una ghiottoneria, per non parlare di un formaggio fresco, prodotto sempre dallo stesso contadino, che alle sue pecore e alle sue capre ci parla, le chiama per nome, le accarezza, e loro - perché gli animali sono sensibilissimi all’affetto - per ringraziarlo delle sue attenzioni producono un latte sopraffino, insomma ci è arrivato un misto pecora-capra che a una donna di gusto come lei non può sfuggire, senza contare che gradirei moltissimo avere un suo parere per i prossimi ordini”. L’etto di mortadella non è ancora propriamente un etto, è ancora, sì e no, un settanta grammi, quando alla lista si sono, ovviamente, aggiunti il prosciuttino e il misto pecora-capra, con enorme soddisfazione della signora. D’altra parte la storia del contadino non è una storia, è tutto vero, il contadino in questione è un fanatico del biologico che ha lasciato il suo precedente impiego in banca e si è dato a coltivare e ad allevare secondo criteri così bio che, secondo me, ormai ci somiglia proprio, alle sue pecore e alle sue capre, e perfino odora dei suoi fiori, dei suoi ortaggi e anche dei suoi formaggi (il che non è un complimento, ammettiamolo). Il modo di fare di mia madre non cambia di molto neanche con noi. Ad esempio io non credevo assolutamente che avrei voluto imparare a stirare, però un giorno mi sono ritrovato con un ferro da stiro in mano e la mamma che mi spiegava come fare, e mi diceva “Visto che hai insistito tanto, Luca, ho deciso di accontentarti”. Indubbiamente la aiuta il fatto di possedere dei grandi occhi color nocciola, anche se lei li definisce “coda di visone”. Lei li usa molto al di là di quello per cui servono gli occhi, perché i suoi ti penetrano fin dentro al cuore; e la sua saggezza tattica (o forse dovrei dire scaltrezza?) le consente di scegliere
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anche i momenti più opportuni per scoccare dardi insidiosissimi, che finiscono esattamente là dove lei desidera, per mezzo di quelle sue pupille che mescolano il marrone e il giallo e, vi giuro, vi rimbambiscono. Ma ritorniamo al punto in cui eravamo arrivati: la scuola chiusa, l’inizio del lockdown, lo sguardo della mamma che mi ricordava che ero un primogenito e che questo comporta dei doveri, la cena tutti assieme al tavolo della cucina, l’atmosfera sospesa che si crea quando le tue certezze sembrano crollare, e cerchi un appiglio senza, ahimé, trovarlo, almeno nell’immediato. E la pizza. La pizza è il particolare fondamentale che depone a favore della mia teoria: che la mamma abbia un’abilità mai vista nello scegliere i momenti in cui il suo sguardo, generalmente micidiale, non manca un colpo e diventa addirittura infallibile. Era una pizza che grondava mozzarella, nereggiante di origano, succulenta, non troppo alta, coi bordi croccanti, con qualche olivetta, come piace a me. E la mamma la stava tagliando con la rotellina, e, mentre contemporaneamente mi guardava (non so come facesse), tagliava e deponeva con la paletta una ricca porzione nel piatto di ognuno di noi quattro, si rivolse direttamente a me, sebbene in apparenza parlasse a tutti i componenti della famiglia, perché lei non è solo multitasking, è ben di più: “In questa emergenza, visto che la gente potrà uscire solo per fare la spesa, credo sia un dovere civico, per me e per papà, dare il più possibile spazio alle esigenze delle persone, perciò io e papà abbiamo deciso (abbiamo?), di allungare l’orario del nostro mini-market, anzi, in alcuni giorni, di fare direttamente orario continuato, come nei supermercati”. La porzione di pizza riservata a me, con le sue luci rosseggianti, mi arrivò nel piatto, e un calore profumato mi investì senza togliermi il senso di aspettativa, perché di sicuro nel dovere civico dei miei genitori, date le premesse, c’era qualcosa che riguardava me.
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Qualcosa di non piacevolissimo, ci avrei scommesso. Ma la mamma temporeggiò. Dopo aver rifornito con abbondanza anche il piatto di mio padre, gli domandò: “E tu sei sempre d’accordo, vero Lillino? Dobbiamo dare il massimo alla nostra clientela, pur con qualche sacrificio personale”. Mio padre si chiama Pasquale. Il diminutivo Lillino se l’è inventato mia madre, perché Pasquale non le piaceva (non che sia bello, ma comunque era un nome, ed era il suo). Lillino, cioè Pasquale, mio padre, è d’accordo con la mamma all’80%, e va tenuto in considerazione che il rimanente 20% riguarda il calcio e il ciclismo. Anzi, quando scrivo che Pasquale, cioè Lillino, è d’accordo con la mamma all’80%, sono molto generoso sulle sue capacità di non esserlo in materia calcistica e ciclistica. Il “privilegio di Eva”, l’ho sempre definito io dentro di me. Quello di far sciogliere gli altri - i maschi, per di più - con un battito di ciglia, un piccolo movimento delle labbra, un minuscolo arricciamento di naso. Il “privilegio di Eva” è tale perché si scontra, vincendo sempre, con il “Più grosso difetto di Adamo”: l’incapacità di resistere: perché noi Adami ci caschiamo come se niente fosse. Pasquale-Lillino-Adamo annuì, com’era facile da immaginare. “Saremo molto impegnati con il nostro grande dovere civico. Faremo consegne a domicilio agli anziani. Dovremo sanificare di continuo il negozio, andarci a rifornire più spesso”. A questo punto la mamma si sedette anche lei e inforcò la rotellina per dividere la sua porzione in pezzettini più piccoli, perché non le piace mangiare la pizza con le posate, le piace prenderla in mano anche quando chiunque altro si scotterebbe (ma lei ha le mani d’amianto). Ed ecco che il suo micidiale sguardo si posizionò di nuovo su di me: “Questo significa che il tuo dovere civico, Luca, sarà studiare, si capisce, ma anche provvedere alle basilari pulizie di casa - soprattutto quella delle vostre camerette - preparare il pranzo per
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quando io e papà ritorneremo dal lavoro, e badare a tua sorella, che ha solo otto anni”. La mamma aveva in effetti già stabilito tutto, con la stessa velocità con cui batte il conto in cassa. Badare è un verbo corto. È composto unicamente da tre sillabe, eppure contempla una quantità di faccende, che, nel caso mio e di Mita, si specificavano così: • • • •
Sveglia e preparazione mattutina (comprensiva di lavaggi) Colazione Allestimento di una posizione internet per Mita Sorveglianza e assistenza durante la didattica online (ovvio, contemporaneamente alla mia) • Sorveglianza durante la fase di gioco. Insomma mi si chiedeva di essere un baby-sitter, un cameriere e un maestro, nonché uno zio per i pupazzi e le bambole di mia sorella, che pretende di coinvolgermi direttamente e attivamente nelle sue rappresentazioni e nelle sue storie, e certe volte si arrabbia pure con me, “Ma come, Betty si è così ben vestita e tu non le fai neanche i complimenti?”. Gli psicologi dovrebbero indagare sullo stress dei primogeniti. E forse anche gli scienziati invece di perdere tempo con gli insetti, chi se ne importa se un giorno diventeranno la razza dominate, tanto è da presumere che, quel giorno, noi non ci saremo più. Io ero un primogenito anche da lattante, anche all’età di Mita, e i miei otto anni sono stati gli otto anni di un primogenito con sorellina di tre anni, insomma ero già grande, mentre la sua vita è tutta un PRIVILEGIO e una serie di DELICATEZZE “per la piccolina”, e, anche quando avrà la mia età attuale, Mita sarà la piccolina di casa. Intanto che io mi afflosciavo, sotto il peso dei miei nuovi doveri civici (si fa per dire) e della primogenitura, Mita si innalzava. Aveva appena finito la sua porzione di pizza che già ne richiedeva un’altra, ed era così felice, così soddisfatta, così trionfante che - si sarebbe detto - non aspettava altro che il lockdown per avermi totalmente a sua disposizione.
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Perché Mita ha dieci bambole, quattro dinosauri, una quantità imprecisata di pupazzi, di Play mobil e di giochi di società, ma il suo gioco preferito sono io, soprattutto perché respiro, mi muovo, parlo e, di tanto in tanto, sono costretto a risponderle. “Che bello!”, esclamò. “Posso essere felice, no? Tanto il lockdown non è una cosa brutta brutta, vero?”, chiese rivolgendosi a me, essendosi messa subito sotto la mia tutela ufficiale. Mentre io esitavo intervenne mio padre, che, quando vuole essere rassicurante, ti fa battere i denti come nei film horror. “Brutta brutta no, bruttina”, sussurrò, più bianco di uno straccio (presumo che la mamma gli stesse dando un calcio negli stinchi sotto il tavolo), “ma ce la caveremo e andrà tutto bene”, balbettò, dando l’acuta impressione che, al contrario, non ce la saremmo affatto cavata, e che tutto sarebbe andato storto. Difatti mi augurai che l’ Andrà tutto bene ormai un motto italiano, che girava sui social e si scriveva sugli striscioni che si appendevano ai balconi, non avesse la stessa valenza di quello di mio padre, perché altrimenti eravamo fritti.
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Predisposi un elenco, sulla base di quello che conteneva i bisogni essenziali di Mita, di quel che mi occorreva per creare il profilo di una nonna virtuale perfetta: • Conoscenza di favole & aneddoti • Senso dell’umorismo • Bravura nell’inventare giochi con bambole & pupazzi • Eccezionali doti d’ascolto • Abilità nei giochi da tavola • Virtù vecchie (abilità in cucina, con l’uncinetto, l’origami e delle cose così) • Virtù nuove (abilità con lo smartphone e il tablet, per eventuali ricerche su internet) • Premura, dolcezza, attenzione e, soprattutto, tanta, tanta pazienza Per quanto riguarda l’aspetto fisico, se avessi seguito le mie inclinazioni l’avrei fatta bella come Sharon Stone, ma poi ci riflettei su: a Mita una nonna così attraente, così protagonista, così raffinata, perfetta e anche un po’ glacialina, non sarebbe piaciuta affatto. Per lei ci voleva del calore mediterraneo, ci volevano delle fattezze familiari e tranquillizzanti, sicché pensai a un mix tra le nostre due nonne, nonna Carmela di Palermo e nonna Ida di Bologna. Dunque la progettai bassetta (Mita indubbiamente ha preso dalle nostre nonne), robusta ma non grassa, vestita con moderata eleganza - diciamo con sobrietà - preferibilmente con gonna, maglietta e cardigan di lana sottile color pastello; quanto ai capelli, glieli feci tagliati corti, castani come via di mezzo tra le nostre due nonne perché nonna Carmela è bruna e nonna Ida è bionda, con un timbro di voce caldo, capace di abbassarsi
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nei momenti di tenerezza (per esempio, per quando si sarebbe rivolta a lei con “Mita, nipotina mia, sei un vero tesoro”) e di innalzarsi, all’occorrenza, ma con dolcezza, nel momento delle raccomandazioni (ad esempio, “Mita, nipotina mia, sei stata un po’ trascurata con la storia, ieri. Vieni, che la ripetiamo insieme”). A questo proposito, aggiunsi provvidenzialmente alle caratteristiche della nonna Mec: • Conoscenza approfondita di tutte le materie di studio di Primaria e Secondaria di Primo grado • Ottima padronanza dell’inglese. Insomma, mi dissi, estremamente appagato, che il Curriculum della mia Nonna meccanica era uno schianto, e che chiunque l’avrebbe assunta per affidarle i propri figli. Restava la parte più complessa e impegnativa: renderla il più autentica possibile, cioè tridimensionale, anzi fare in modo che potesse uscirsene dallo schermo ed essere vista e ascoltata da Mita in dimensioni naturali, sotto la forma di ologramma. Dopo una settimana di duro lavoro (a nove giorni dall’inizio del lockdown), commosso, quasi, e soprattutto esaurito dalle mie mansioni, che non vedevo l’ora di scaricare sulla mia creatura, annunciai a Mita che, per fare i compiti, o per vivere qualche ora di relax, per colorare con i pastelli o, che so, imparare come fare un nuovo vestito all’uncinetto per la sua bambola Betty, oltre che per rinnovare il fiocco all’orso Barillone, da ora in poi ci sarebbe stata la nonna Mec. “Hai capito? Avrai una nuova nonna. La nonna Mec”. Mita se ne stava semisdraiata sul suo solito tappeto rosa di peluche, in modalità “ho un fratello maggiore odioso, e glielo faccio pesare”. È facile farlo pesare: basta guardarsi attorno con un’aria seccata, tenere le labbra strette e il broncio, e lei ci riusciva benissimo, un’arte innata. Girò la testa in modo aristocratico dopo il mio annuncio, piegò il labbro sinistro all’ingiù, mi squadrò da capo a piedi e disse:
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“Nonna Mec sarai tu, stupido!”, e poi, senza nessuna consequenzialità, “Ma che cosa vuol dire, Nonna Mec?”. Io non stavo fermo sui piedi per l’eccitazione. Tirai fuori il suo vecchio tablet, resettato, riformattato e perfino lucidato, da dietro la schiena dove l’avevo nascosto. “L’ho chiamata Nonna meccanica perché la parola deriva dal tardo latino mechanica, che a sua volta deriva dal greco…”. “Eh?”. Le risparmiai quella dotta introduzione che era solo per lo show, e in effetti serviva essenzialmente ad accrescere il mio Ego, già proiettato all’ennesima potenza. “Avrai un’altra nonna, Mita. Subito, qui a casa nostra, accanto a te, ovunque andrai, sempre a tua disposizione, perché l’ho inventata, l’ho creata appositamente per te, sono un inventore, oltre che un informatico. Si chiama Nonna meccanica, confidenzialmente nonna Mec, perché meccanico è ciò che si fa o si compie per mezzo di una macchina, in questo caso il mio PC. Nostra nonna Mec non ha niente di meno di una “vera”, dissi con enfasi. Con un gesto plateale accesi il tablet, mentre entrambe le sopracciglia di mia sorella si sollevavano istantaneamente a denotare curiosità, ma soprattutto diffidenza. Lo schermo si accese e sul desktop comparve un’icona: un viso stilizzato di nonna, con un’espressione simpatica e arguta che mi era costata non poco lavoro. “Dai, chiamala”, invitai Mita, “così potrai farlo ogni volta che vorrai. Clicca sull’icona, forza”. Mita sciolse con degnazione le gambe dalla intricata posizione che assume quando si accoccola sul tappetino rosa, e si levò. Scrutò lo schermo, poi prese il tablet in mano e cliccò sull’icona Nonna Mec. Fece un salto all’indietro, perché in un attimo, come se il tablet fosse la zucca di Cenerentola che si trasforma in un batter d’occhio in carrozza, come se fosse un cerino che si sfrega e che subito produce una fiamma, la nonna Mec fu davanti a noi. Wow! Fantastico, incredibile, ancora meglio della prova genera-
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le che avevo fatto chiuso in camera mia, quando ancora non le avevo inserito il sonoro. La mia creatura era una donna, a tutti gli effetti, tridimensionale, pazzamente simile a una donna vera. Ebbi il timore che Mita si impaurisse un po’- un po’, lo confesso, mi impaurii anch’io. La nonna Mec era così… viva! Era alta all’incirca un metro e cinquantacinque, con i capelli castani che sembravano freschi di piega, una gonna beige e un comodo maglioncino da casa, le ciabattine con il ciuffetto di pelliccia sulle punte, il mezzo tacco e quell’aria tanto naturale! Faticavamo entrambi ad articolare una parola, un qualunque saluto, ma la nonna Mec ci prevenne: “Salve, nipoti, ben trovati”, disse con fare abbastanza deciso per essere (informaticamente, e come ologramma) una neonata. “Ciao, tesoro”, aggiunse rivolta a Mita, facendole l’occhiolino. “Ho tante cose da chiederti e da raccontarti!”. Mita sorrise. Compresi che la nonna Mec le era piaciuta. “Uhm… avevo l’intenzione di giocare un po’ con te - io notai, tutto fiero, che come ologramma era in forma, agile e scattante - e magari di raccontarti una di quelle belle fiabe dei fratelli Grimm, i miei preferiti perché ci sono cresciuta anch’io, ma mi pare di vedere che qui attorno c’è una bella confusione, nipotina mia, e tu capisci bene che due signore come noi non possono davvero divertirsi se intorno a loro c’è disordine”. “Dimmi da dove devo cominciare, nonnina Mec”, trillò Mita, entusiasta, al che la nonna Mec le scoccò un bacio sulle punta delle dita, e le indicò il pavimento dove giacevano tutte le mutandine che mia sorella, forse per fare un dispetto a me - che avrei dovuto sovrintendere anche alla sua camera - forse per noia, aveva disseminato e sparpagliato alla rinfusa. “Adesso, tesoro mio, le raccogliamo, poi le suddividiamo per modello e per colore, e poi facciamo una gara per stabilire quali sono le più carine, quelle da mettere la domenica!”. “Oh, sì, nonnina Mec, che bello!”. Stavo per andarmene e lasciare, finalmente, tutto lo spazio che desideravano alle due signore, allorché la nonna Mec si girò dalla mia parte, additando l’orologio da parete.
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“Io direi che è l’ora di apparecchiare, Luca, la tua sorellina è già impegnata. Esattamente tra dieci minuti ti ricorderò di accendere il fornello e di sistemarci sopra la pentola con l’acqua della pasta”. Mi congratulai con me stesso: nel profilo della nonna Mec avevo inserito anche una descrizione minuziosa delle abitudini di famiglia e degli ambienti di casa nostra. “Però, se non sbaglio”, proseguì lei, melliflua, “non hai ancora sciacquato le tazze della colazione, e non hai svuotato la lavastoviglie, giovanotto”. Sobbalzai: come faceva a saperlo, visto che era una neonata, e non si era ancora mossa dalla camera di Mita? Che sciocco che ero, pensai: avevo inserito nel suo profilo anche una descrizione minuziosa dei vizi, dei difetti e dei pregi di tutti i componenti della nostra famiglia, visto che, sebbene virtualmente, lo sarebbe diventata anche lei. “Obbedisco”, avrei voluto risponderle, ma mi limitai ad annuire. Obbedisco a che?, pensai razionalmente, mentre abbandonavo il campo, obbedisco a un ologramma di mia creazione? Sei tu che obbedisci a me, mia cara nonna Mec!, mi dissi, compiaciuto, intanto che socchiudevo la porta di quella specie di gineceo che era diventata la cameretta di Mita. Mi sono superato Comunicai a Ludovica su Whattsapp. Credo che prima o poi mi daranno un Nobel per l’informatica Lei mi rispose in tempo reale: Non esiste il Nobel per l’informatica. Però esiste il Premio Turing per l’Informatica, che è considerato equivalente del Nobel Non ebbi alcun dubbio:
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Allora io vincerò il Premio Turing e lo dedicherò a te La quantità di cuoricini che mi arrivò da Ludo fu un autentico balsamo per il mio cuore, dopo la figuraccia del “moriremo tutti”, il cui ricordo mi faceva ancora arrossire.
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Schede
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CAPITOLO 2
Questo capitolo offre qualche dettaglio in più sul carattere di Luca e di Mita. I particolari, colti dai loro battibecchi, aiutano a disegnare meglio la personalità dei due ragazzi. Intanto un altro personaggio – Ludovica, detta Ludo – si aggiunge alla comitiva e sarà determinante per la conclusione di tutta la vicenda. Sul filo della trama 1.
“Non sono il tuo schiavo e poi ho la mia vita, io.” Questa frase è pronunciata da Luca ed è rivolta alla sorella. Esprime una certa tensione e forse una paura di come andranno le cose. Che ne pensi? Quale timore ha Luca rispetto alla sorella?...................................................................... ......................................................................................................................................... .........................................................................................................................................
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La giornata appare faticosa fin dai primi momenti. Ma accade un evento inaspettato che prende Luca di sorpresa e lo distrae per un po’ dal suo dovere civico: la sua compagna di scuola Ludovica – detta Ludo –, che abita al quarto piano, bussa alla sua porta. Luca è sorpreso, impacciato e contento. Evidenzia sul testo i gesti e le parole che esprimono il suo stato d’animo. Trascrivi o riassumi negli spazi vuoti. ......................................................................................................................................... ......................................................................................................................................... ......................................................................................................................................... .........................................................................................................................................
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“Sono come una casetta costruita sull’argilla che alla prima scossa di terremoto si sfascia”. Questa frase di Luca descrive molto bene la sua fragilità di ragazzino che si trova a vivere un’età difficile. In più deve farsi carico di una situazione famigliare che lo chiama a un impegno gravoso in una situazione generale di grandi difficoltà nella quale si perdono gli abituali e rassicuranti punti di riferimento. La scuola è uno di questi. La scuola è luogo di relazioni, di confronti. Il non averli rende più fragili, più insicuri. Se ne accorge anche Luca. Le sue riflessioni sulla scuola, sulla didattica a distanza ce lo dicono. Raccoglile in un breve testo: ......................................................................................................................................... ......................................................................................................................................... ......................................................................................................................................... ......................................................................................................................................... ......................................................................................................................................... ......................................................................................................................................... ......................................................................................................................................... ......................................................................................................................................... ......................................................................................................................................... ......................................................................................................................................... .........................................................................................................................................
Campioni di scrittura
La curva narrativa: un grafico multiuso Scrivere un riassunto può essere noioso. Come riassumere allora un brano, un capitolo o addirittura un intero racconto senza annoiarsi? Esiste una via d’uscita? Sono sicuro di sì. Ma dobbiamo prenderla un po’ alla lontana. Hai mai sentito parlare di curva narrativa? Nooo?! Allora è il caso che io ti spieghi brevemente in cosa consiste. Si tratta di un grafico, una specie di collina che riporta le fasi più importanti di una narrazione. In realtà la curva narrativa serve a molte cose. Ma qui la utilizziamo anche per fare un riassunto.
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Ecco un esempio: disponiamo lungo tutta la curva le fasi narrative (vedi Legenda)
Legenda a. Situazione iniziale: situazione ordinaria, abituale, presentazione del protagonista e dei personaggi, tempo – spazio, enunciazione del problema del protagonista (eroe) b. Evento scatenante: evento improvviso e/o inaspettato che interrompe la quotidianità; un evento che mette in moto la narrazione, scompiglia le carte...fa muovere il protagonista, gli fa fare gesti importanti/ prendere decisioni. c. Peripezie: a questo punto inizia l’avventura, il protagonista parte da un bisogno e cerca di raggiungere un obiettivo, durante il percorso vede complicarsi la situazione, aumentano i pericoli da affrontare, sale la tensione, si presentano molti ostacoli da superare. d. Climax: detto anche momento di massima tensione; il protagonista vive il momento di maggiore difficoltà, di pericolo mortale; è il momento decisivo di tutta la storia. e. Scioglimento: dopo il climax la tensione gradualmente cala, progressivo avvio verso la soluzione dei problemi f. Situazione finale: la tensione si scioglie, si crea un nuovo ordine, probabilmente alcune cose sono cambiate, forse lo stesso protagonista è cambiato.
PROVIAMO A SCRIVERE INSIEME. Il riassunto del capitolo secondo, con la guida del grafico. Ecco: a. situazione iniziale: Luca e Mita battibeccano come al solito. b. evento scatenante: Ludovica – detta Ludo – si presenta alla porta di Luca e Mita.
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c. peripezie: nel tentativo di rassicurare Ludo, Luca finisce col dare spiegazioni che allarmano ancora di più la ragazza che se ne torna a casa sua, al piano di sopra, terrorizzata; anche Mita non è convinta dalle spiegazioni stravaganti di Luca. d. climax: la surreale discussione tra Luca e Mita si conclude con uno schiaffo sulla faccia di Luca. e. scioglimento: i due ragazzi ritornano alle loro faccende, la tensione cala fino a scomparire. f. Situazione finale: si è ristabilito l’ordine con qualche cambiamento rispetto alla situazione iniziale. Riassunto All’inizio del secondo capitolo troviamo Luca e Mita alle prese con uno dei soliti battibecchi che costellano la loro giornata, soprattutto ora che sono costretti dal Covid 19 a una lunga convivenza forzata (situazione iniziale) A dare una svolta alla giornata c’è un evento inatteso: Ludovica, detta Ludo, la compagna di scuola di Luca, bussa alla loro porta (evento scatenante). Luca, innamorato della ragazza, la riceve impacciato e quasi tremante. Non riesce a tranquillizzare la ragazza venuta da lui per ricevere conforto circa la pandemia e le sue conseguenze. Anzi, la terrorizza ancora di più con ragionamenti strani e apocalittici. La ragazza se ne torna a casa e lui rimane con Mita che ora si impunta perché vuole sapere a tutti i costi e con domande insistenti se c’è pericolo per i nonni. E qui Luca si infila in una discussione che si attorciglia intorno a spiegazioni pseudoscientifiche esilaranti. (Peripezie). L’insoddisfazione di Mita è totale e il loro dialogo si conclude con uno schiaffone sulla faccia di Luca (climax) La scena si chiude con i due ragazzi che tornano ognuno alle proprie faccende (situazione finale) Questo è solo un esempio di riassunto. Adesso proponi il tuo riassunto. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. ..................................................................................................................................................
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CAPITOLO 3
Ogni protagonista – eroe ha un problema da risolvere. Meglio: ogni eroe vive un conflitto, una fragilità che lo pone in contrasto con se stesso e con gli altri. Luca, il nostro eroe, cercherà di superarlo accettando sfide, pericoli, sconfitte e rivincite. Sul filo della trama 1.
Il capitolo precedente si chiude con la disfatta di Luca. Il ragazzo perde su tutti i fronti: con Ludo, perché non riesce a rassicurarla ma anzi la terrorizza ancor di più; con la sorella Mita con la quale guadagna un bel ceffone nel viso. Insomma, un disastro! Prova a descrivere lo stato d’animo di Luca a partire dalle parole utilizzate dall’autore (sostantivi, aggettivi, verbi, figure retoriche...) ......................................................................................................................................... ......................................................................................................................................... ......................................................................................................................................... ......................................................................................................................................... .........................................................................................................................................
2.
Luca si sente inadeguato. Nelle relazioni umane non eccelle. Questa è la sua fragilità. Ma c’è un “luogo”, uno “spazio” in cui si sente al sicuro, la sua comfort zone in cui si sente completamente a suo agio. È il mondo informatico. Da che cosa lo capisci? ......................................................................................................................................... ......................................................................................................................................... .........................................................................................................................................
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3.
Luca ha da badare a sua sorella Mita e non è una impresa da poco! Il computer lo aiuta a stilare una lista di cose necessarie a soddisfare le esigenze della ragazzina. Ma lui si sente del tutto inadeguato a rispettarla in ogni singolo elemento. A questo punto, ideona! Racconta brevemente. ......................................................................................................................................... ......................................................................................................................................... .........................................................................................................................................
SCANNER 1.
A questo punto possiamo costruire un identikit di Luca, mettendo in evidenza i dati più importanti della sua personalità. Utilizza la tabella sottostante. Indicatori di personalità
Elementi della personalità
Carattere
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Rapporto con gli altri
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In che cosa è bravo
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Come utilizza la sua competenza
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Qual è il suo problema interno (con se stesso)
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Qual è il suo problema esterno (con gli altri)
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CAMPIONI DI SCRITTURA 1.
A partire da questa tabella precedente, scrivi un breve testo di presentazione del personaggio, mettendo in evidenza il conflitto interiore e quello esterno di Luca.
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La lista. Luca scrive una lista dei bisogni di Mita per chiarire a se stesso quale impegno comporta accudire la sorellina. La utilizza come semplice e pratico strumento per concentrarsi su un obiettivo. Compilare una lista può avere anche altre funzioni quali: • resettare il cervello, svuotarlo scaricando su carta pensieri, ricordi... • riordinare le idee e/o renderle più chiare anche a se stessi • appuntare ricordi o desideri • fare un elenco di cose che ci piacciono/non ci piacciono • altro... LA MIA LISTA DEI BISOGNI Scrivi la tua lista, quella dei tuoi desideri. Per ciascuno di essi fornisci qualche spiegazione su come intendi realizzarli. a ...................................................................... b ...................................................................... c ......................................................................
3.
Disegna una mappa della tua confort zone (casa, stanza, giardino, soffitta...). Luca si sente a proprio agio nella sua cameretta tra oggetti familiari e spazi noti che lo fanno sentire al sicuro. Qual è la tua comfort zone? Qual è l’area della tua casa nella quale ti senti te stesso, in cui sei concentrato a riflettere/immaginare/sognare? Nello spazio vuoto fai una mappa del tuo spazio casalingo preferito. Non è importante essere bravi in disegno!
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DISEGNO LA MIA COMFORT ZONE
elenco di cose... Ma soffermati su alcuni oggetti che hanno per te un particolare significato. Per descrivere utilizza la tecnica dei cinque sensi. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. ..................................................................................................................................................
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CAPITOLO 4 – 5
A partire da questi capitoli si entra gradualmente in un mondo parallelo: da una parte c’è la vita normale dei ragazzi con i genitori, Ludovica, la DaD. Dall’altra un ologramma, nelle sembianze di una nonna, si insinua sempre più attivamente nella vita della famiglia, scompiglia le relazioni famigliari e si impone con dolcezza, per ora, pretendendo autonomia e ubbidienza. I sentimenti di Luca sono contrastanti: orgoglio per l’impresa riuscita e sconcerto per il comportamento di nonna Mec. Vedremo come andrà a finire! Capitolo 4 1.
Per creare la nonna virtuale Luca decide di ispirarsi a quale modello? Per quale motivo fa questa scelta? ......................................................................................................................................... ......................................................................................................................................... .........................................................................................................................................
2.
La prima reazione di Mita alla notizia dell’arrivo di una nonna meccanica aggiunge qualche altro dettaglio sulla personalità della ragazzina. Per esempio? ......................................................................................................................................... ......................................................................................................................................... .........................................................................................................................................
3.
Luca poteva essere davvero molto contento dei risultati ottenuti: un ologramma perfetto, scattante e incredibilmente somigliante a una donna vera. Una nonna vera a portata di click. Quali sono le prime
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SCANNER FACCIAMO IL PUNTO! LA FRAGILITÀ DI LUCA ..................................... ..................................... .....................................
LUCA VIVE UN CONFLITTO
INTERNO ............................. .............................
OBIETTIVO DI LUCA .............................. .............................. ESTERNO .............................................. .............................................. ..............................................
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Campioni di scrittura Riflessioni scritte sull’esperienza della lettura Mita e Luca non amano leggere. Tuttavia restano affascinati dalla storia di Pollyanna raccontata oralmente da nonna Mec. Non ti sembra strano? Perché le storie ad alta voce sì, lette su carta stampata no? Ascoltare qualcuno che legge ad alta voce evidentemente è molto più coinvolgente. Con i bambini funziona moltissimo e anche con i grandi ha un effetto sicuro. La voce umana, sonora ed espressiva, consente di immedesimarsi con più facilità nelle vicende dei personaggi, permette di entrare in sintonia con la storia con maggiore profondità. Da bambino ti hanno mai letto storie ad alta voce? Avevi delle preferenze? Quale storia ricordi in particolare? A scuola l’insegnante è solito leggere ad alta voce racconti e poesie? È un’esperienza che ti piace oppure la trovi noiosa? Racconta e condividi con la classe le tue riflessioni. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................. ..................................................................................................................................................
vera? Un ectoplasma può avere un cuore d’oro? Ma poi, questa nonna evanescente risulterà davvero un’idea brillante? Leggi e saprai!
FABBRI LA NONNNA MECCANICA
Quando arriva una pandemia, la vita si complica per tutti. Luca, il protagonista di La Nonna meccanica, è bloccato in casa dal Covid 19 insieme alla sorellina Mita. Riceve dai suoi genitori, sempre fuori casa per lavoro, una consegna precisa. Deve, in ordine: accudire alla pestifera Mita, rassettare casa, preparare il pranzo per tutta la famiglia, senza ovviamente trascurare mai le lezioni a distanza. Davvero troppo per un ragazzino di tredici anni! Ad alleviare il peso di questi giorni faticosi non basta Ludo, la compagna di scuola di cui è innamorato. Ci vorrebbe una nonna! Sì, una nonna multitasking che sia sempre e immancabilmente presente alle mille richieste di Mita. Insomma una nonna meccanica. Detto fatto! Con le sue arti da maghetto informatico, Luca dà vita a nonna Mec. Ma que-
La cassetta degli attrezzi lettori gli strumenti più idonei alla comprensione profonda del testo. La nostra cassetta degli attrezzi per un vero e proprio laboratorio comprende strategie, tecniche e strumenti che stimolano domande, suggeriscono connessioni, formulano ipotesi sui personaggi e sulla trama, con costante ancoraggio al testo. In particolare: • Domande aperte per stimolare risposte non standardizzate • sonaggi • Proposte di scrittura a ricalco con schemi e tabelle di supporto • Approfondimento lessicale (comprensione e utilizzo) Buon lavoro!
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