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Capitolo I

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Capitolo III

Capitolo III

cucina, da dove, guardinga, la mamma sbirciava per capire se il colpevole fosse suo figlio.

La Righetti seppe, proprio grazie alla DAD, che Giorgio doveva dividere la sua piccola stanza con altri quattro fratelli e che Ginevra si collegava dalla casa della vicina perché non aveva internet e, ancora, che Ludovico era costretto a studiare tra le urla dei suoi fratellini piccoli.

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Certo, vide anche l’arredamento ricercato del salone di Laura e, con infinita simpatia, conobbe Athos, il pastore abruzzese di Camilla, che per nulla al mondo si sarebbe perso una sua lezione.

Non immaginava nemmeno quanto anche i suoi ragazzi avessero imparato a conoscerla e a comprendere meglio anche le sue impennate, un tantino acidule, di quando erano ancora a scuola. Ad esempio, si erano resi conto di quanto la casa della signorina Righetti fosse piccola, praticamente un monolocale, e che il divano che s’intravedeva alle sue spalle probabilmente veniva aperto la sera per diventare il suo letto, che i coinquilini della prof erano quei simpatici pupazzetti di peluche che spuntavano da dietro i cuscini e che lei beveva tisane al posto del caffè. In particolare Bruno aveva considerato che, tutto sommato, la Righetti non era brutta per niente, anzi, in quella versione casalinga, con i capelli arrotolati sulla testa e senza trucco pareva molto più giovane.

Finalmente erano spariti quegli odiosi tailleur monocromatici per far posto a magliettine colorate e perfino spiritose. La prof, mentre spiegava attraverso il computer, era solita arrotolarsi una ciocca di capelli che sfuggiva alla sua crocchia avvolta malamente, e poi lasciarla all’improvviso per creare un ricciolo lungo e ribelle che somigliava ad un fusillo. Sì…un fusillo, uno di quelli che la mamma affoga nel ragù e seppellisce sotto una cascata di parmigiano.

La professoressa non seguiva un ordine preciso nel leggere i racconti dei suoi alunni. Ogni sera ne estraeva uno dal mucchietto poggiato sulla scrivania e iniziava a entrare, piano, pia-

no, con cautela e rispetto, nell’intimità di quelle confessioni, ancora acerbe nella forma, ma profonde e sincere nel contenuto.

Spesso evitava di conoscere prima della lettura l’autore dello scritto. Le piaceva provare a indovinare chi fosse ed esultava di gioia, come una ragazzina, se ci riusciva.

Sera dopo sera la Righetti cominciò a sentirsi una di loro, una dei suoi alunni, rivivendo le stesse emozioni tenere, ma importantissime, proprie di quell’età. Si rivide magra e allampanata varcare la soglia della scuola che l’accolse dopo la primaria e riemerse quel sentimento di inadeguatezza che ancora l’accompagnava.

Tutte le altre ragazzine le parevano sicure e spigliate, mentre lei s’inceppava nel parlare e si nascondeva dietro quegli enormi occhiali da miope. Li aveva voluto grandi, erano il suo paravento contro gli imprevisti abituali della vita ed erano anche utili a nascondere l’acne che le aggrediva il viso senza pietà.

Scosse la testa quasi a voler scacciare quei pensieri spiacevoli e continuò a intrufolarsi nella vita di quei piccoli scrittori in erba.

Affetti Internazionali

Buongiorno, sono Isabella, tredici anni e due mesi, classe terza, secondo banco, prima fila partendo dalla porta.

Sono una ragazzina normale, né troppo alta, né troppo bassa, né troppo magra, né troppo grassa. Una semplice adolescente con una famiglia formata da una mamma, un papà, un fratellino da pannolino e una sorella da brufolo in faccia.

Normale, come vi dicevo, niente di che.

A proposito, ho anche due nonne e un nonno. Perché non ho due nonni? Perché mio nonno Piero, il papà del mio papà, non c’è più, è volato in cielo prima che io nascessi, perciò non posso dire che sono triste per lui... non lo conosco, mai conosciuto!

Le mie nonne sono una parte importante della mia vita. Hanno aiutato i miei genitori a crescermi, dato che entrambi

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