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Raccontami di te. Incontrarsi nelle storie

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Capitolo II

Capitolo II

perché troppo corti, troppo lunghi, troppo intimi…insomma troppo.

Molti, a dir la verità, il lavoro lo avevano completato, ma dato che ancora nessuno consegnava, ognuno cercava di proteggere il proprio scritto per non apparire frettoloso di esporsi o troppo ligio al dovere.

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Un giorno dei primi di marzo, quando la primavera iniziava a scalpitare desiderosa di impossessarsi di tutti i pensieri di quei giovani ragazzi che si affacciavano alla vita con le loro mille curiosità e insicurezze, la Righetti entrò in classe con passo sicuro.

In primavera era decisamente più bella, più leggera nell’espressione del viso e del portamento. Gli abiti tenuamente colorati, giusto qualche pennellata di bella stagione qua e là, le conferivano un aspetto più gioioso. La sua camicia disseminata di fiorellini azzurri si sposava bene con il cielo sgombro di nuvole di quel giorno. Esordì: - Ragazzi, ma state forse scrivendo una nuova versione della Divina Commedia? Sono quattro mesi, dico quattro, e ancora non vedo un lavoro sulla mia cattedra. Bene, il letargo è finito! È tornata la primavera, svegliatevi ragazzi cari! Lo strano è che la stessa cosa si sta ripetendo in tutte le mie classi.

Qualcuno per depistare la prof chiese timidamente: - Prof, ha visto al telegiornale questa brutta storia del VIRUS ASSASSINO? La Righetti ebbe uno strano movimento del labbro inferiore. - Infatti, ragazzi, ne dobbiamo parlare. La scuola non è separata dalla vita, la scuola è preparazione alla vita. Già da qualche giorno, con la preside, volevamo organizzare un momento di condivisione in aula magna per poterci scambiare informazioni e impressioni e, perché no, dubbi e preoccupazioni.

Gino, dall’ultimo banco, si nascose il viso con il libro e rise in silenzio. - Stupido! - lo rimproverò Luisella, la prima della classe - È una cosa seria. Tante persone stanno morendo …

Fu stabilito che il giorno dopo, terminata la ricreazione, ci sarebbe stata l’assemblea.

Capitolo VII

La professoressa Righetti era arrivata alla lettura di quasi metà dei lavori dei suoi ragazzi. Beh, sì, adesso si sentiva di chiamarli “suoi”, quei ragazzi. Perfino quelli del primo anno che non aveva avuto ancora il tempo di conoscere bene.

Con la DAD, in un certo senso, era entrata nelle case dei suoi alunni, ma ciò che la rendeva felice era il fatto che fossero entrati tutti nel suo cuore.

Avevano creato un gruppo su WhatsApp, dove venivano lasciati compiti e suggerimenti, o semplicemente richieste di spiegazioni e chiarimenti.

Riascoltandosi, all’inizio, provò fastidio all’irrompere della sua voce fredda, asettica e nasale che impartiva ordini, ma con il passare del tempo si accorse che il timbro si era addolcito. Non starnazzava più, modulava la voce secondo un ritmo emotivo costante.

Quella didattica a distanza tanto maltrattata, per lei si era rivelata una grande opportunità. Innanzitutto la DAD era stata l’unico sistema per assicurare la continuità educativa. Assistere all’entusiasmo con cui i ragazzi avevano risposto, dopo il primo sbandamento, non aveva eguali. Tutti presenti con il cuore e con la mente, ma soprattutto con il sorriso, che rimaneva la componente più importante di questi incontri virtuali.

Lo scenario in cui si operava era costellato di ipotesi e cambiamenti repentini. Le scuole erano state chiuse senza sapere cosa sarebbe successo dal giorno successivo, ma poi tutto si era aggiustato, tutto era tornato al proprio posto e, nel loro caso specifico, aveva funzionato a meraviglia.

Non di rado ci si dimenticava di non essere nell’aula scolastica e i rimproveri secchi dell’insegnante giungevano sino alla

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