Attraverso i secoli - 6

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Capitolo VI Approfondimento: mezzi di diffusione della moda Quando si fa riferimento al costume e alla moda, la nostra mente crea un collegamento diretto con la necessità umana (correlata alla sopravvivenza) di coprirsi, mettendo in secondo piano gli svariati significati e funzioni che la moda racchiude in se.

A Venezia nasce la “Piavola de Franza”, anch’essa indossatrice dei modelli più ambiti. Queste bambole percorrono i secoli fino all’ Ottocento quando sono diventate poco pratiche per via della loro fragilità. Però, non sono uscite di scena, ma anzi, si sono trasformate in pezzi da collezione che la classe sociale élite ambisce ad avere nei propri castelli, da ammirare sugli scaffali. Una diretta parente di queste Poupèes è la moderna Barbie dei giorni nostri.

La moda viene considerata una forma d’arte da alcuni, frivola e superficiale da altri. Oggi giorno la possiamo cercare e trovare ovunque il nostro sguardo si posi: riviste, cinema, persone intorno a noi, internet. Ma attraverso quale percorso abbiamo raggiunto una diffusione così vasta da poterla assorbire e inglobare nella vita comune di tutti i giorni? Partiamo dal Cinquecento, secolo in cui nasce la divulgazione delle “Poupèes de mode”, bambole spesso di materiali diversi come legno, cera o porcellana, vestite secondo la moda in voga del proprio paese.

Sono riproduzioni in miniatura curate nei minimi dettagli che vengono utilizzate originariamente dai commercianti di abiti per potere offrire alle proprie clienti un vero e proprio strumento visivo per facilitarle nei loro acquisti.

Nata come giocattolo per bambine è arrivata ad aggiudicarsi il posto di icona di stile, modello di donna e vita sociale perfetta del XX secolo. Anche lei indossatrice di abiti lussuosi e infine bramata dai più avidi collezionisti. Come detto precedentemente, gli abiti presi in discussione erano riservati ad una clientela prestigiosa. Il lusso e lo sfarzo sono le parole chiave della moda di ogni secolo. “Far vedere ed essere visti” – una regola, uno stile di vita che accompagna per secoli la struttura gerarchica della società europea, la quale cerca di mantenere viva la netta suddivisione tra classi sociali. La moda è utilizzata come mezzo di comunicazione della propria ricchezza e del proprio potere.


In Italia, però, si è arrivati ad un punto in cui il lusso iniziava a creare problemi dato che i nobili, sia uomini che donne, non riuscivano a darsi un controllo, presi dalle meraviglie delle mode straniere. Ed è proprio in questo periodo, che hanno iniziato a prendere piede le leggi suntuarie: dispositivi legislativi che limitano il lusso nella moda maschile e femminile, o obbligano determinati gruppi sociali a indossare segni distintivi. Costituiscono documenti preziosi in quanto grazie ad essi possiamo venire a conoscenza delle mode di ogni tempo. Vi è un tentativo di limitare il lusso delle famiglie e la fuoriuscita di denaro dalle casse del comune, anche se vengono colpite più spesso la piccola borghesia e i ceti più bassi, in quanto le famiglie di classi più alte non subiscono tanti controlli quanto gli altri.

1793) regina di Francia ed Elisabetta I d’Inghilterra (1533 – 1603) che con le loro rappresentazioni, riescono a lanciare mode e gusti raffinati tra le molteplici corti. La vera e propria propagazione a livello di massa si ha con l’introduzione dei giornali di moda. Intorno alla seconda metà del XVIII secolo, diventano sempre più popolari riviste riguardanti appunto la moda, che si differenziano dalle solite per essere più leggere a livello di testo e con numerosi inserzioni di immagini.

Durante il Seicento, un ottimo metodo di diffusione della moda sono le feste, i viaggi, il teatro e i ritratti. E’ una completa rivoluzione che rende l’aggiornarsi sulle tendenze in voga completamente accessibile dalla maggior parte dei ceti, sia alti che medi. In questo periodo c’è un radicale cambiamento dello scopo stesso della moda: se prima la si usava per poter delineare forti divisioni tra classi, ora è una completa espressione individuale e soggettiva. Questo annullamento delle divisioni porterà tuttavia ad una grave crisi sociale che sfocerà nella Rivoluzione francese (1789 – 1799).

In particolare questi ultimi: il modo in cui sono stati ritratti gli aristocratici e le loro vesti, è un’ altra maniera di imporre la propria immagine e il proprio potere sugli altri. Un esempio esaltante sono Maria Antonietta d’Asburgo – Lorena (1755 –

Quest’ultima non è l’unica occasione nella quale la moda ha uno stretto contatto con avvenimenti storico – politici: dopo la Seconda Guerra Mondiale (1939 – 1945), le aziende e gli stilisti francesi prendono la decisione di avviare una campagna pubblicitaria a livello globale per mostrare che Parigi, nonostante l’occupazione tedesca, avesse ancora tutte le carte in gioco per poter


amministrare e sviluppare il mondo della moda. Affidata a Robert Ricci e Paul Caldaguès, i due progettarono una mostra (1945) di bambole vestite dai sarti francesi più popolari tra i quali Balenciaga, Hermès, Lanvin, Pacquin, Patou, Schiaparelli, Fath, Carvin, Madame Gres e Worth. Attraverso questi manichini creati con fili di ferro di circa settanta centimetri, si cerca di diffondere di nuovo lo splendore della creatività francese, come avevano fatto le famose Poupèes de mode quasi mezzo millennio prima. Nonostante le difficoltà incontrate durante il percorso, la moda ha comunque avuto un ruolo importante ed ha sempre ricevuto una forte richiesta di crescita durante i secoli. In particolare durante la seconda metà del Settecento, quando Jean Esnaut e Michel Rapilly iniziano a pubblicare “La Galerie des modes”, una serie di fascicoli composti da un preciso numero di tavole che raffigurano, sia a colori che in bianco e nero, abiti ed acconciature, principalmente femminili. Inoltre da citare, tra le riviste più diffuse ci sono Le Journal des Dames (Madame de Beaumer - 1759), The Lady’s Magazine (John Coote – 1770), La Mode (Émile de Girardin – 1829) e La Darnière Mode (Stéphane Mallarmé – 1847). In Italia ha un notevole successo Il Corriere delle Dame (Carolina Lattanzi – 1804), rivista che oltre a trattare di moda, inserisce articoli di attualità e politica allargando notevolmente il target di persone e fornendo così più informazioni di più generi. Ai giorni nostri i magazine di moda possiamo trovarli in qualsiasi edicola o supermercato, con mille e più varietà tra cui scegliere, come Vogue, Elle, Harper Bazaar e via dicendo. Con l’avvento di Internet e dei social network, la diffusione della moda è ancora più semplice: siti web, blog, pagine su Facebook e Instagram.

In particolare su quest’ultimo social network, ormai diffusissimo in tutto il mondo a portata di touch del proprio telefono, sempre più stilisti pubblicizzano le loro creazioni attraverso post, pubblicità o immagini di celebrità che le indossano. La semplicità nel cliccare “Follow” in modo libero e gratuito per seguire i propri stilisti preferiti a differenza di acquistare una rivista in edicola, rende questa forma di diffusione efficace e immediata. Infine anche il mondo del cinema contribuisce in parte nel creare un mondo fantastico sommerso nella moda che fa sognare le donne e uomini provenienti da qualsiasi parte. Pensando alle regine icone di stile del passato sono stati realizzati alcuni film che evidenziano in maniera a dir poco perfetta il loro buongusto. Alcuni esempi sono: “Marie Antoinette” di Sofia Coppola (2006), “Elizabeth” di Shekhar Kapur (1998), “Elizabeth: The Golden Age” di Shekhar Kapur (2007) e la trilogia de “La principessa Sissi” di Ernst Marischka (1955); in tempi più moderni invece possiamo fare riferimento ad alcuni telefilm, come “Sex & The City” (1998 – 2004) e “Gossip Girl” (2007 – 2012), i quali protagonisti favoriscono la notorietà di alcuni brand.


Al giorno d’oggi quindi i mezzi di diffusione della moda sono molteplici: si passa da un metodo più professionale come può essere una rivista ad uno più frivolo (come appunto Instagram), ma comunque efficace.


Approfondimento: Guardinfante, Panier, Tournure

Faldia, Crinolina e

Da sempre l'abbigliamento cerca di manipolare la struttura fisica umana per renderla consona agli standard di bellezza di ogni tempo. Già nel XVI secolo le forme vengono esposte ed accentuate sulla base del modello spagnolo che propone un ideale estetico in cui le linee si allargano e la veste si allunga. E' proprio dalla Spagna che proviene il verdugale, conosciuto in Italia come faldia, un sostegno rigido che si presenta come una gonna di tessuto modesto con delle imbottiture di stoppa poste all'altezza dell'orlo dell'abito, che permettono un considerevole aumento dell'ampiezza delle gonne sotto le quali è portata. Alla fine del secolo, l'imbottitura viene sostituita da un'armatura speciale fatta con archi di ferro o stecche di balena, che conferiscono agli abiti un aspetto ancora più composto e rigido. Queste gonne complicate si caratterizzano nel gusto francese del "vertugadin a tambur", che aumenta la lunghezza sui fianchi e ammorbidisce le spigolosità tipiche del modello spagnolo. A causa della Guerra dei Trent'anni, il vestiario femminile non viene più irrigidito da armature o imbottiture e ciò determina, al di fuori della Spagna, la scomparsa del verdugale, la quale ampiezza viene raggiunta con l'impiego di numerose sottovesti. La foggia a campana del verdugale spagnolo viene sostituita dal guardinfante, un sostegno da indossare sotto la gonna confezionato in vimini o ossa di balena. La sua particolarità consiste nell'allargare enormemente i fianchi permettendo la creazione di molti drappeggi, che contraddistinguono il vestiario nobiliare anche di Francia ed Inghilterra. Nella moda francese la linea è enfatizzata dalla sovrapposizione di più sottovesti, la cui ampiezza viene aumentata da un rotolo di cuoio o di vimini posto attorno ai

fianchi. Numerose testimonianze iconografiche documentano l'uso in Inghilterra del grande guardinfante, che rende visivamente il dorso più lungo e le gambe più corte, ponendo il punto vita davanti molto più basso rispetto a quello dietro. Con la moda elisabettiana il corpo femminile raggiunge l'apice della mistificazione delle linee e delle proporzioni naturali. Nel 1630 il guardinfante raggiunge le sue massime dimensioni ma negli stessi anni inizia a scomparire, sorpassato dalla moda dettata dal sovrano francese Luigi XVI, che dal 1682 riunisce la totalità della corte all'interno della reggia di Versailles e imprime alla moda un carattere vistoso che tende all'esagerazione delle forme finché essa non raggiunge i limiti dell'assurdo. Durante l'epoca della Reggenza, periodo di transizione tra la moda del Barocco e quella del Rococò, cambia lo stile di vita all'interno della corte, ciò si riflette nel campo della moda che assume caratteri più naturali. Comincia il tramonto dell'abito rigido. Le donne iniziano a portare l'andrienne, veste larga soprattutto sul dietro, che si compone di una sottoveste chiamata panier, struttura rigida ottenuta da cerchi degradanti, metallici o di ossa di balena, in forma quasi circolare. Perde le sue dimensioni contenute e intorno al 1730 viene detto "à coude", avendo assunto una forma quasi ovoidale. Nel corso del XVIII secolo subisce moltissime trasformazioni: il paniere a cupola, ad esempio, è costituito da due semi cupole, tenute assieme da vari nastri, che si allargano talmente sui fianchi da permettere ai gomiti di essere appoggiati. Inizialmente utilizzati dall'aristocrazia come simbolo di appartenenza ad un rango sociale elevato, si diffondono nella borghesia quando il prezzo scende grazie ai nuovi sistemi sartoriali, ma quando giungono alla loro massima ampiezza, nel 1770 circa, si diffonde la tendenza a limitarne l'utilizzo solo per le cerimonie di gala.


In seguito alla caduta di Napoleone e con la restaurazione delle monarchie in Europa, lo stile Impero, diffusosi trasversalmente da Francia a Russia, viene soppiantato dal nascente Romanticismo. Tra gli anni 20 e 30 del XIX secolo, la verticalità della linea e la semplicità strutturale scompaiono in favore di gonne più voluminose che tendono ad allargarsi fino ai 10 metri di diametro, rendendo necessaria una struttura che le reggesse. Perciò, dal 1840 comincia ad essere prodotta la crinolina, sottogonna inizialmente confezionata con una stoffa di lino o seta intessuta di crine di cavallo. Questa ha una rigidezza tale da sostenere perfettamente le gonne in tessuto leggero utilizzate agli inizi dell'Ottocento. Verso la fine degli anni '40 la tendenza ad aumentare la larghezza della gonna rende la crinolina eccessivamente ingombrante. Nel 1855 Madame Millet brevetta una sorta di gabbia composta da cerchi metallici detta "cage crinoline". Una seconda versione di tale gabbia è quella di August Person, che progetta una struttura formata da cerchi uniti tra loro da dei cordoni, oppure passanti entro una sottogonna di tela di cotone; un altro brevetto della crinolina è quello della casa statunitense Thompson, dove la crinolina è composta da sottili cerchi di acciaio ricoperti di stoffa la linea tende ad essere nascosta da fogge austere e la vita torna al punto naturale, ma aumenta il volume della gonna. Worth e altri stilisti intuirono che la proporzione eccessiva della crinolina debba essere ridotta, e nel 1967 crea la "semi crinoline" schiacciata sul davanti e con uno sviluppo dell'ampiezza sul dietro. L'involuzione della crinolina segna l'avvento della tournure, cioè della linea "a sellino" che tende ad accentuare sulle reni drappeggi, volani pieghettati, nastri con grandi nodi e ogni sorta di ornamento che contribuisse a sottolineare la linea falcata. Il primo tipo di tournure presenta un rigonfiamento solo nella parte posteriore,

e lascia quindi quella anteriore piatta. Però a differenza della demi-crinoline, la sua struttura è rotondeggiante e questa forma è data da una sola cinghia circolare, che sostiene il davanti e termina sul retro, e da alcune stecche semicircolari presenti solamente nella parte anteriore. Sovente, in questo tipo di capo è presente un "traine", cioè un pesante strascico drappeggiato che tocca terra. Con lo sviluppo della tournure si inaugura un modello più funzionale dotato dello "strapontin", un meccanismo di cerchi che permetteva di sedersi agevolmente in quanto raccoglieva lo strascico. Questo crea un volume sui fianchi e sulla parte posteriore in netto contrasto con il busto esile, che privilegia una forma sempre più stretta e slanciata. La tournure sparisce verso la fine dell'Ottocento, per tornare brevemente nel primo decennio del Novecento sotto forma di imbottitura, aggiunta ai busti della Bellé Epoque, della "cul de Paris".


Approfondimento: il corsetto L’uso del corsetto ha inizio intorno la metà del XVI secolo, derivante da un busto metallico con una punta molto allungata sul davanti nato in Francia; nel corso del tempo questo modello viene abbandonato soprattutto per la scomodità e il peso che aveva quando veniva indossato e successivamente sostituito con un modello irrigidito con stecche di metallo o di legno, collocati tra la fodera e il tessuto del corsetto. Le prime donne ad indossarlo sono italiane. La nascita del corsetto porta anche un cambiamento del punto vita; si passa dalla camora, abito del XV secolo , con fascia bassa e seno scoperto, al primo corpetto dove le forme e il seno vengono quasi appiattite. La produzione di questo busto viene affidata ad un fabbro per la pesantezza e la forza che richiede il modellarlo. Al di sotto del corsetto si usa indossare una camicia bianca per evitare che la pelle venga danneggiata dallo sfregamento continuo. Dal XIV alla fine del XVIII secolo si ha una continua evoluzione e miglioramento del corsetto, che muta attraverso i secoli seguendo le tendenze dei vari paesi in cui poi diventa indumento. A partire dalla Spagna, dove la moda vuole alterare le naturali caratteristiche del corpo della donna, l’abito è costituito da un rigido corsetto e da una gonna a campana; la punta del corsetto si prolunga di molto sul davanti e appiattisce la forma del corpo di chi lo indossa, la scollatura viene coperta dalla gorgiera, poiché la visione della donna che ne deve emergere é quella di una figura controllata e protetta. Questo tipo di abbigliamento, rigido, che altera la postura e impedisce un movimento fluido, è riservato solamente alla nobiltà che non ha compiti lavorativi o domestici da svolgere. In Francia, la moda segue l’abito di gusto tradizionale detto “robe“, costituito da un ampia veste aperta sul davanti, dal corsetto terminante a punta e dalle

maniche a imbuto rivestite con pelliccia o tessuto. Nella seconda metà del secolo la moda francese viene reinterpretata, portando il corsetto ad essere ornato da una “collaretta di pizzo“ rialzata dietro la nuca a forma di ventaglio. In Inghilterra invece la moda guarda la moda germanica, dove il corsetto è esternamente rivestito di pizzo, la linea della vita è posta leggermente alta con molteplici ornamenti sul petto. Con l’ascesa al trono di Elisabetta I l’abito cambia, si ha uno slancio della figura in senso orizzontale che porta ad un cambiamento innaturale del corpo della donna; il corsetto, pur mantenendo la sua forma originale, subisce un allungamento della punta che giunge molto sotto la linea vita. Nel corso del XVII secolo, il corsetto nella moda spagnola rimane molto attillato e secondo le sue forme tradizionali. In Olanda si ha un cambiamento della figura della donna data dalla cosiddetta “linea a botte”, ottenuta tramite la sovrapposizione di sopravvesti e da cuoio posto attorno ai fianchi. Qui, il corsetto è dapprima aderente e terminante a punta, successivamente la punta viene arrotondata sulla parte davanti e ricoperto da ricami di seta, fili d’oro e perle. In Inghilterra l’abito femminile è composto dal corsetto, aderente in vita e terminante a punta e un’ ampio scollo quadrato. L’Italia ha una moda che tendenzialmente ancora si attiene alle caratteristiche del secolo precedente, il “giuppone“, corsetto abbottonato sul davanti, si caratterizza per la punta arrotondata che termina al di sotto della linea vita. In Francia, la moda è dettata dalla corte di Versailles, verso la metà del XVII secolo lo scollo del corsetto, passa da rettangolare a ovale, in modo che vengano messe in evidenza anche le spalle; esso diventa molto attillato grazie ad un busto provvisto di lunghe stecche che dal seno giungono fino all’addome. Sempre in Francia, durante il periodo della Reggenza (1715 – 1730) si divulga l’uso di abiti dalla forma più sciolta,


riservando gli abiti più rigidi a cerimonie e occasioni importanti. Tra le vesti più in voga ci sono “nègligèes” o “dèshabillès”, abiti dalla linea morbida, con scollo quadrato e maniche abbellite con pizzo. Tra questi, l’abito più significativo della moda francese in tutto l’arco del secolo è l’“andrienne “, caratterizzato da un busto aderente con ampia scollatura e da un pannello a pieghe aperte poste sul dietro, terminante con un lungo strascico. Come si è detto prima, gli abiti più rigidi e scomodi venivano riservati alle cerimonie. Infatti, il corsetto degli abiti da gala terminante a punta sul davanti, è aderentissimo e rinforzato con stecche di balena. La sua produzione richiede massimo sforzo e grande precisione. Con l’avvento dello stile Rococò (1730 – 1770), la moda francese vuole dare un’immagine più leggiadra e raffinata alla donna; l’abbigliamento femminile mantiene come vesti l’ “adrienne“, oltre che la “robe volante“ e la “robe à plìs watteau“. Gli abiti femminili possono anche essere composti da un corsetto aderente a punta e una sovrapposizione di due gonne, una aperta a triangolo sul davanti per far vedere la gonna sottostante. Il corsetto viene confezionato con stecche di balena cucite tra il tessuto e la fodera terminante a punta sul davanti. E’ dotato di ampia scollatura quadrata e ha una pettorina triangolare, chiamata “piece d’estomac” composta da diversi fiocchi disposti in ordine decrescente dall’alto verso il basso. Nel periodo neoclassico, l’abito femminile in Francia subisce un mutamento, collocato nel corso del Direttorio, con la scomparsa del “panier” (sottogonna di forma rotondeggiante o ellittica, costituita da cerchi metallici o stecche di balena, in modo da rendere la gonna più ampia e rigida); la variazione del corsetto che diventa sempre più attillato e viene modellato con stecche di balena. Nasce un nuovo abito, definito “à l’anglaise”, che domina la scena a partire dal 1780, si compone di un corsetto

allacciato sul davanti, composto da stecche di balena, terminante a punta sul dietro, il tutto completato da una profonda scollatura sul davanti. Verso la metà degli anni Ottanta si diffonde l’uso dell’abbigliamento di gusto maschile, per esempio la “redingote”, composto generalmente da un corsetto attillato con l’allacciatura sul davanti, spesso a doppio petto, con falde spostate sul dietro e uno o più colletti esso è realizzato in seta e non sempre prevede il gilet sottostante. Con il Consolato (1799 – 1804), la moda francese femminile subisce un mutamento, la linea dell’abito si sviluppa ancora secondo uno slancio verticale con lo scollo ampio e quadrato, sebbene il corsetto venga tagliato dalla gonna in modo da aderire perfettamente al corpo. Parallelamente in Italia la moda rimane quella tradizionale; anche se dopo il 1721 l’ ”andrienne” chiamata “andriè” entra in uso e rimane in auge fino a fine secolo. Le caratteristiche di questa veste sono simili a quelle francesi: busto aderente, ampia scollatura quadrata, maniche lunghe fino al gomito e ampia gonna sostenuta dal “panier” . Questa moda, la moda Rococò, mette in evidenza le caratteristiche del corpo femminile date dall’ampia scollatura, dalla vita sottilissima, avambracci scoperti e le sottane allargate sui panier, ma leggermente più corte in modo da mettere in evidenza le scarpe. Il corsetto assume un’importanza fondamentale, è confezionato con stoffe abbinate al sottanino, con ampia scollatura che mette in evidenza il seno. La “pièce d’estomac”, chiamata in Italia “pettorina”, è di un colore diverso dall’abito e addirittura ricamata o stringata, con lacci di cordoncino o nastri di velluto. Verso il 1885 si sviluppano i corsetti a punta allungati sul davanti, così da ottenere una deformazione del busto e una vita sottilissima, essi diventano così stretti da far prendere al corpo della donna una forma a clessidra. Nel XIX secolo infatti, la donna era racchiusa in un busto che doveva farle


assumere la forma di un “vitino da vespa” per darle ancora più femminilità e leggerezza. Questi corsetti sono talmente stretti che non permettono alle donne di respirare adeguatamente provocando continui svenimenti e rottura delle costole. A fine del secolo, il corsetto si allunga oltre la vita stringendo anche una parte dei fianchi, la figura della donna ottiene così una forma ad “S”, costringendo il petto di molto verso l’alto e inarcando i reni all’indietro. Le nobildonne necessitano di un corsetto per ogni abito del guardaroba, con trine nastri e tessuti pregiati. Ma come nascono i corsetti? Nel Medioevo le donne indossano corsetti di pizzo strettissimi irrigiditi da una colla che controlla e appiattisce la figura. Alla fine secolo, i viaggi alla scoperta dell’Atlantico portano nuove conoscenze nel campo del tessile con sete e velluti e si intensifica la pesca di balene, le quali ossa vengono utilizzate per modellare i corsetti e vestiti. L’osso di balena, detto “fanone”, non è affatto un osso, ma è un materiale fatto di cheratina il quale è molto robusto e flessibile. Questo materiale viene inserito nel rivestimento degli indumenti esterni, creando vesti che modellano il torso in una forma a V, rigida e conica. Nel XVII secolo, questi corsetti composti da ossa di balena diventano strutture separate che prendono il nome di “sostegni”. La produzione si intensifica in Francia e in Inghilterra. Con lo sviluppo sempre più intenso di questi centri di produzione, vengono adottati dei metodi scientifici per misurare le proporzioni del corpo cosicché i sarti iniziano ad introdurre le “schede di misurazione”. I sostegni, definiti “half-boned”, usano una tecnica di supporto che utilizza pochi ossi di balena, ma posizionati in modo molto efficace. I creatori capiscono che non conta tanto il numero di ossa di balena posizionate all’interno di un corsetto, ma la direzione che le si da; vengono così concentrate nelle cuciture sagomate. I sostegni si

compongono di otto parti, modellate con buckram e seta damasca foderate con lino. Dopo che gli ossi di balena vengono posizionati orizzontalmente nel busto, vengono modellati della forma che si desidera con un ferro caldo per ottenere una forma ovale solida; così la schiena assume una posizione rigida e piatta. I lacci del corsetto, che conferiscono più o meno aderenza al corpo, sono legati attraverso gli occhielli. Dal 18esimo secolo, i produttori di sostegni comprano strisce di ossa di balena già tagliate per poi inserirle negli involucri prima di imbastire le ossa insieme e passarle con un ferro caldo per dare la giusta incurvatura desiderata. In un secondo momento, gli occhielli vengono perforati e legati, le spalline aggiunte e viene aggiunto anche del nastro cucito intorno ai bordi per legare le ossa. Alla fine, un’aggiunta opzionale è quella di usare il modello originale per creare una copertura di materiale pregiato e un rivestimento di cotone morbido. Sotto i sostegni viene sempre indossata una veste che protegge la pelle dallo sfregamento contro il duro materiale di cui è composto il corsetto. I sostegni fissati dietro, divisi in 8 pezzi, sono composti di lino, alto dietro e basso e largo davanti, le ossa di balena sono addensate, cucite a mano nelle direzioni che davano la cosiddetta forma a “cono” tipica della moda del secolo; i due pannelli sul davanti sono cuciti insieme nella parte terminante, ma rimangono aperti con un elemento decorativo a forma di fiocco. Le ossa di cui si compongono i sostegni sono accuratamente tagliate in pezzi di larghezza 3mm. In Francia, la produzione del corsetto si intensifica sempre di più dalla comparsa della macchina da cucire e, dal 1870 in poi, il corsetto è in pieno sviluppo. Nonostante la sua complessità nella realizzazione, quest’indumento fa nascere delle vere e proprie industrie, inoltre vengono introdotti dei


miglioramenti nella produzione dati dalle macchine da cucito, macchine da plissettatura, tracciatrici e macchine per cucire su ganci ed occhielli.


Approfondimento: biancheria intima, intimo o lingerie In francese, il termine deriva da: “linge” che significa “di lino”. Il suo scopo non è solo di salvaguardare il pudore, ma anche e soprattutto di conferire al corpo una silhuette che si confacesse alle linee in voga al momento, spesso modificando in modo non naturale le forme del corpo. La storia dell’intimo maschile è completamente diversa rispetto a quella dell’intimo femminile. Per gli uomini ci sono solo canottiere e mutande. Mentre le donne hanno una vasta gamma di articoli, tra cui: mutande, canottiere, reggiseni, corsetti, reggicalze, per dirne solo alcuni. Questo perché la donna è sempre stata definita a confronto del suo apparire e della sua sessualità. Già nei primi capi di abbigliamento intimo della storia, si nota la principale funzione che hanno nel corso dei secoli e che si portano dietro fin tutto il XIX secolo: nascondere, comprimere ed appiattire le forme. Per la loro natura gli indumenti intimi rappresentano nella storia qualcosa da celare e da non nominare e per questo sono relegati per tanti anni alla sola sfera privata. La biancheria nel senso moderno del termine, è ancora sconosciuta nel Medioevo, ma c’è ugualmente una tendenza presso le famiglie nobili ad indossare capi più fini sotto gli abiti, per separarli dal diretto contatto con la pelle. La biancheria intima nasce nell’antico Egitto, quando le donne nobili cominciano a fare uso di tuniche, antenata della camicia, a diretto contatto con la pelle sotto quella esterna, come una sorta di sottoveste, che verrà poi indossata anche dalle donne greche. Il popolo romano utilizza un pezzo di lino, passato tra le cosce e allacciato intorno

alla vita, usato soprattutto da ballerine e atleti, mentre matrone e senatori non indossano nulla sotto la tunica. Compaiono capi simili al moderno reggiseno, il cosiddetto mamillare, era una fascia di cuoio che serviva per appiattire e contenere la crescita e per appiattire il seno. Questo perché gli uomini non tollerano la vista dei seni femminili troppo grandi o, peggio ancora, flosci e cadenti (che gli ricordano i costumi delle donne barbare). Nelle popolazioni germaniche, i cosiddetti barbari, avevano usi e costumi molto rudi e arcaici. Per quel che riguarda la biancheria intima di questi popoli, in genere non portano nulla che assomigli alle odierne mutande, perché, visto che usano i pantaloni, le giudicano superflue. I Goti indossano a pelle, una tunica bianca, mentre risulta che i Longobardi usino un indumento a protezione dei genitali e, addirittura, camicie per la notte. Nell’ età del gotico i giovani uomini utilizzano le calzebrache e come la donna una camicia. Nel Rinascimento le camicie diventano gli indumenti intimi per eccellenza, indossate da uomini e donne indistintamente, così come i mutandoni o brachesse, lunghe fin sotto al ginocchio e volute dalle autorità per una questione di pubblico decoro. Caterina de’ Medici introduce l’uso dei mutandoni, ma il termine mutande, mutuato dal latino: significa “ciò che si deve cambiare”. I mutandoni, caduti in disuso nel XVII secolo. Ne XVI secolo per le donne è in voga il corpetto d’acciaio, ben presto sostituito con busti irrigiditi con stecche di metallo o di legno, collocati tra la fodera e il tessuto del corsetto. Nel XVII secolo si vede lo sviluppo del corsetto o busto, una specie di guaina che avvolge il corpo della donna da sotto il seno fino al ventre. Per gli uomini c’è l’utilizzo della just-au-corps, abito aderente al corpo, poi in seguito


trasformata in marsina. Nel XVIII secolo i membri delle corti principesche portano qualche cosa di simile a delle mutande. Inoltre compare il panier (una gabbia di cerchi di vimini posta intorno alla vita), il guardifante (che serve per esaltare la parte posteriore del corpo) ma soprattutto avviene lo sviluppo delle sottogonne usate una sopra l’altra per gonfiare le gonne. Inoltre con l’abito à la polonaise, composto da una veste con corsetto aderente, gonna e sopragonna suddivisa in tre parti, si giunge ad un intimo già combinato. Nel XIX secolo c’è un cambiamento socio economico che permette un cambiamento vestiario, influenzando la biancheria intima fino ai giorni d’oggi. L’intimo ottocentesco viene utilizzato solo dalle persone benestanti (nobili e borghesi), verrà utilizzato poi nell’XX secolo da tutti. Siamo nel cosiddetto secolo del busto, indumento intimo per eccellenza, e tra le donne dilaga la moda del “vitino da vespa”. La vita così si stringe all’inverosimile, il corsetto viene indossato sopra le camicie e chiuso dietro da nastri o gancetti e le stecche di balena provvedono a comprimere e a dare forma alla vita. Tornano i mutandoni, scomparsi prima, lunghi fino alle caviglie per poi ridursi sempre più fino a diventare calzoncini. In tutte queste epoche viene sempre utilizzata la sopravveste, caratterizzata da tagli e forme del momento, con differenti nominativi. Il bianco rimane il colore caratterizzante dell’intimo e ad esso, nel corso del secolo, si associa il concetto di pulizia, di igiene e di salute ma anche di decoro e di bellezza. Per il desiderio di vivere in modo più naturale, l’uso del busto è messo in discussione dai medici, questo perchè il suo scopo è di comprimere il torace.

Elencando i pezzi principali della biancheria intima utilizzati prima e durante il XIX secolo, sono mutande, sottogonne, camicie, camicie da notte, sottovesti, solitamente decorati con merletti e ricami in bianco. Dopo la Rivoluzione Industriale del XX secolo, cambiano i principi e i valori delle persone, si desiderano tessuti capaci di far respirare la pelle poiché è riconosciuta l’importanza della salute. Inoltre è l’anno dove tutti, ricchi e non, possono possedere della biancheria intima. Dopo la produzione industriale di massa, il cotone viene a sostituire il lino. Sono accantonati i principali indumenti che rendono il corpo della donna costretto: si perde l’uso del busto, degli stringiseno, giarrettiere e mutandomi. Nel 1914 compaiono i primi reggiseni più simili ai nostri, l’intimo abbandona le pesantezze di tessuti coprenti e scopre trasparenze e tessuti leggeri. Nasce negli anni venti, il body. Negli ultimi anni l’intimo donna ha continuato la sua evoluzione. Ora l’intimo fa mostra di sé, i più importanti stilisti creano intere collezioni e lo fanno sfilare in passerella come un qualsiasi capo di abbigliamento. Nella cina antica, ci sono nove dinastie: Qin( 秦 ) .Han ( 汉 ) .Jin ( 晋 ) Sui(隋).Tang(唐).Song(宋).Yuan (元).Ming(明).Qing(清) A causa di queste diverse dinastie la storia dell’abbigliamento intimo cinese è differente. La dinastia Qin, costruttrice della grande muraglia, è la prima. In questa dinastia le donne sono senza biancheria intima, solo con un panno avvolto intorno al petto. La dinastia Han è la seconda dinastia, qui per le donne appare per la prima volta la biancheria intima. L’intimo si chiama “Xin Yi”, e con il passare degli anni acquisisce il nuovo nome “Bao Fu”.


I tue tipi di biancheria sono quasi simili, con la differenza che nel “Bao Fu” sulle spalle viene usata della corda mentre nel “Xin Yi” sulle spalle usano della forcella. I due capi sono uguali sul retro, lasciando la schiena scoperta. Sono di seta e hanno dei ricami legati al tema dell’amore. Nella dinastia Jin viene utilizzata della biancheria di nome “Liang Dang”, ma è molto simile alle due tipologie viste in precedenza. L’unica differenza è che ci sono due strati di tessuto con cotone medio. Nella dinastia Tang, cambia il modo di vedere la donna. L’intimo si chiama ‘‘He zi” e ha la particolarità di mostrare metà del corpo. La donna utilizza molti nastri, drappeggi e trasparenti filati. Il materiale che viene utilizzato è molto prezioso, si chiama “zhi cheng” è un tessuto flessibile ed elastico. Con la nobile dinastia ‘‘Song’’, la biancheria intima si chiama “mo xiong”, il suo significato è “coprire il petto”. I ricami di questa biancheria seguono il tema dei fiori, dell’ acqua e dell’erba. La dinastia Yuan indossa un intimo di nome “He Huan Jin”, dove la schiena rimane nuda, viene solo collegato il pezzo davanti da un lato all’altro con un nastro. In generale il materiale del “He Huan Jin” è la seta e il colore più usato è il viola. Nella dinastia Ming le donne cominciano a concentrarsi sulla figura del corpo, la vita comincia a stringersi e questo grazie al ‘‘Zhu Yao”. La figura di ‘‘Zhu Yao’’ è metà aperta, entrambe le parti hanno tre corde e nelle spalle ce ne sono due per collegare ed annodare il capo. Nella dinastia Qing la biancheria intima si chiama “du dou”, generalmente è decorata con diamanti. Alla vita ci sono due corde per poterlo chiudere dietro, la sua forma è a triangolo rovesciato, per poter coprire l’ombelico. Generalmente prodotto in seta o cotone, la corda per legarlo non è solo tessuto, ma può anche essere in catena. In esso sono presenti molti ricami e il suo colore generalmente è il rosso, perché è il

colore della fortuna. Alla fine della dinastia Qing, avviene anche la fine del feudalesimo cinese. Tra il 1920 e il 1930 nasce il ”Ma Jia” un intimo molto stretto, per poter mostrare le curve, piccolo, metà aperto, con bottoni, solitamente in seta o cotone. Il “MaJia” non è popolare per lungo tempo, perché con l’arrivo del reggiseno in Cina, essendo più comodo, si perde l’uso.


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