Antonio Di Martino: «I grandi oboisti del Novecento», edizioni IkonaLiber

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I MOVIMENTI DEL SUONO

antonio di martino

i grandi oboisti del novecento

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collana I movimenti del suono



antonio di martino

i grandi oboisti del novecento

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Indice

Introduzione 13 Capitolo I Storia dell’oboe moderno 15 Le origini 15 21 L’epoca d’oro L’oboe moderno 22

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Capitolo II La scuola francese e tedesca 24

Capitolo III I primi grandi esecutori del Novecento 25 Leon Goossens Evelyn Rothwell I celebri interpreti della scuola francese 26 Prima generazione Pierre Pierlot Heinz Holliger Maurice Bourgue Seconda generazione Thomas Indermühle Hans Elhorst I celebri interpreti della scuola tedesca 29 Prima generazione Lothar Koch Ingo Gorizki Seconda generazione Hansjörg Schellenberger


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Capitolo IV La scuola americana 33 Marcel Tabuteau Alvin Derald Etler Josef Marx Cecil Effinger Stili Ray Harold Gomberg John De Lancie Robert Bloom I professori attuali della Julliard 36 Nathan Hughes Elaine Douvas Capitolo V La scuola inglese Peter Greame Janet Craxton Terence Mac Donagh Roger Lord Sidney Suttliffe Neil Black Andrew Knights Sarah Francis Antony Camden Douglas Boyd Gordon Hunt I professori attuali del Royal College Music di Londra Gareth Hulse Juliana Koch John Anderson Olivier Stankiewicz

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Fabien Thouand

Capitolo VI La scuola spagnola Eduardo Martínez Caballer Cayetano Castaño Robert Silla Cristina Gómez José Antonio Masmano Lucas Macías Navarro Ramón Ortega Quero

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Capitolo VII La scuola russa 46 Ivan Pushechnikov Alexei Utkin Ivan Paisov Eugene Izotov Olga Tomilova Alexei Ogrintchouk Dmitry Bulgakov Ivan Podyomov Capitolo VIII L’oboe viennese 54 La storia 54 Capitolo IX Gli oboisti del panorama italiano Giuseppe Tomassini Pietro Borgonovo Omar Zoboli

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Carlo Romano Paolo Pollastri Paolo Grazzi Alfredo Bernardini Luca Vignali Alessandro Baccini Alberto Negroni Paolo Grazia Francesco Di Rosa Domenico Orlando

Capitolo X L’oboe barocco 69 I progenitori dell’oboe 69 Origine dello strumento e della sua nomenclatura 71 Meccanica dell’oboe barocco 72 Sviluppi sulla meccanica dell’oboe barocco 76 Ricapitolando brevemente 78 L’uso odierno dell’oboe barocco 78 Paul Dombrecht Giuseppe Nalin Pier Luigi Fabretti Capitolo XI L’oboe nell’ambiente jazz 82 Capitolo XII Gli oboisti attuali di maggior rilievo Albrecht Mayer Francois Leleux Lucas Macias Navarro

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Christoph Hartmann Altri oboisti da menzionare

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Capitolo XIII Salto nel passato: i celeberrimi dell’800 92 Fernand Gillet Louis Bleuzet Antonino Pasculli Franz Wilhelm Ferling Capitolo XIV I concorsi per oboe 95 Capitolo XV Le orchestre piú importanti attualmente 97 Conclusione 101 Bibliografia 103

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Introduzione L’oboe moderno possiede delle caratteristiche meccaniche che si sono definite in gran parte come risultato delle migliorie progettuali, di lavorazione e di fabbrica del xx secolo. In secondo luogo il modo di suonare è cambiato in base al periodo storico e alla zona territoriale; basti pensare al suono dell’oboe che negli ultimi anni è divenuto di gran lunga piú scuro rispetto a quello di qualche decennio fa o, ancora, al fagotto francese che ha un suono tuttora piú nasale rispetto a quello della restante Europa. La mia ricerca è diretta ad analizzare il retroterra culturale, quindi le scuole e i pensieri, che hanno portato alla situazione attuale. Molto si è speculato sulle due principali scuole di oboe: la Scuola Tedesca e la Scuola Francese. Intenzione di questo lavoro è quindi, dopo aver introdotto sinteticamente la storia di questo strumento, scoprire quali caratteristiche effettivamente accomunano e contraddistinguono le suddette scuole e analizzarne in particolar modo le grandi personalità.

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Storia dell’oboe moderno

È Parigi, nella metà del Seicento, il luogo in cui l’oboe è nato: nella corte di Luigi xiv (il “Re Sole”) musicisti e artigiani hanno dato forma ai primi, preziosi esemplari di un nuovo strumento ad ancia doppia. A oltre tre secoli di distanza l’oboe conserva ancora intatta l’impronta aristocratica di quelle origini. Manufatto elegante e raffinato, è tuttora il prodotto di un artigianato finissimo, incompatibile con i tempi e le modalità della lavorazione industriale. La sua pratica, tecnicamente molto impegnativa, è la meno diffusa fra gli strumenti a fiato. Infine, nonostante qualche tentativo, l’oboe non è stato mai impiegato in ambiti diversi da quello “classico” della musica colta occidentale. Al carattere elitario dello strumento corrisponde una connotazione simbolica in apparente contraddizione. Sin dalle origini l’oboe è stato associato all’idea di natura e di campagna, al mondo sonoro dei contadini e dei pastori. È ciò che ha spinto Beethoven, per esempio, ad affidargli la danza rustica dell’“Allegra riunione di campagnoli”, terzo tempo della sinfonia “Pastorale”; ma i paesaggi agresti evocati dall’oboe sono quelli ideali della tradizione arcadica: con le zampogne e le ciaramelle popolari l’oboe condivide tutt’al piú il principio acustico dell’ancia doppia. Il timbro patetico ed espressivo, le sonorità nasali e penetranti lo hanno reso protagonista di pagine memorabili della letteratura musicale di ogni tempo. LE ORIGINI L’oboe attuale deriva in linea storica dal cialamello europeo: strumento ad ancia doppia in voga in epoca medievale e rinascimentale. Costruito in un unico

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II

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Scuola francese e tedesca

Gli oboisti del passato avevano la tendenza a essere divisi tra la scuola francese e la scuola tedesca. La scuola francese è caratterizzata da un suono per certi versi sottile ed esile di tono. La musica di questo pensiero di suonare risulta elegante e i musicisti studiano per ottenere risultati migliori in termini di facilità: far sembrare che suonare l’oboe sia facile anche se non lo è. La scuola tedesca al contrario ha un tipo di suono diverso: certamente piú rotondo e pieno ma allo stesso tempo può rivelarsi a volte goffo e con poco o nessun vibrato. Inizialmente gli oboisti del nostro secolo hanno guardato con molta attenzione al colore del suono, al suo spirito interpretativo, alla freschezza e agilità tecnica, al suo vibrato. Un po’ come per altri legni (flauto e clarinetto, per esempio) anche la storia delle scuole oboistiche piú grandi ha ruotato in gran parte intorno alla Francia, da lí snodandosi in tutti i continenti. I frutti didattici di un oboista come Fernand Gillet (francese, appunto) sono approdati non solo nelle scuole europee, ma anche negli Stati Uniti. Harold Gomberg, americano, primo oboe solista della New York Philharmonic Orchestra e professore alla Juilliard School, studiò con Marcel Tabuteau che, allievo di Fernand Gillet, fu espressamente ingaggiato a Parigi alla Juilliard School per ricercare un timbro d’oboe che fosse peculiare della Scuola Americana.


III

I primi grandi esecutori del Novecento

Solo recentemente l’oboe sta divenendo uno strumento (relativamente) conosciuto, visto per esempio il diffondersi in Italia di scuole medie e licei a indirizzo musicale e le attività di enti e società che propongono lezioni-concerto per far conoscere a gruppi di persone strumenti non noti all’ordine del giorno. Gli oboisti del xx secolo non hanno certo raggiunto le grandi masse di pubblico come i pianisti o i violinisti. Per questo c’è un’evidente ragione culturale. In passato l’oboe non era conosciuto da chiunque e per lo piú lo si ascoltava a teatro, in orchestra, o raramente all’interno di bande musicali; non era cosí diffusa la passione per l’oboe solista e, di conseguenza, non era noto neppure il suo repertorio. Pochissimi erano i musicisti che dallo studio giungevano alla carriera concertistica. Questo strumento, tuttavia, ha avuto nel xx secolo grandi esecutori che lo hanno portato sui palcoscenici dei teatri e nelle sale d’incisione. Pensiamo a Leon Goossens. Leon Goossens è nato nel 1897 ed è stato un oboista inglese; è stato il primo a registrare, su un disco a 78 giri (a quei tempi furono necessari tre dischi), il Concerto per oboe e piccola orchestra di Richard Strauss. Resta sicuramente un’incisione storica, non solo dal punto di vista discografico, ma soprattutto per quanto riguarda l’interpretazione di Goossens, per il suo stile. Ha studiato al prestigioso Royal College of Music di Londra; ne è divenuto poi docente e successivamente ha insegnato alla Royal Academy della stessa città. Interessante sapere che sono state commissionate o dedicate a lui varie composizioni da autori come Benja-

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VIII L’oboe viennese

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L’oboe viennese, anche chiamato Wiener Oboe, è un tipo di oboe moderno sviluppato nel 1880 da Josef Hajek. Il design del Wiener Oboe mantiene il foro essenziale e le caratteristiche tonali dell’oboe storico. Il Wiener Oboe prende il nome dal luogo della sua origine: Vienna (in tedesco: Wien) e, oltre al piú comune oboe, oggi è l’unico altro tipo di oboe moderno in uso. Il Wiener Oboe è un ibrido di design tedeschi e austriaci. Ha una cameratura interna piú ampia; l’ancia è piú corta e ampia e la diteggiatura è leggermente diversa da quella dell’oboe europeo. Nel loro lavoro storico L’oboe, Geoffrey Burgess e Bruce Haynes hanno scritto: «Le differenze sono piú chiaramente indicate nel registro medio, che è piú pungente, e il registro superiore, che è piú ricco di armoniche sull’oboe viennese». Guntram Wolf lo descrive cosí: «Dal concetto del foro, l’oboe viennese è l’ultimo rappresentante degli oboi storici, adattato per l’orchestra piú grande, dotato di una meccanica complicata. Di suo grande vantaggio è la facilità di emissione, anche nel registro piú basso. Può essere suonato in modo molto espressivo e si mescola bene con gli altri strumenti». L’oboe viennese è (con il corno viennese) forse il piú distintivo fra gli strumenti della Filarmonica di Vienna. Il moderno Wiener oboe è piú comunemente realizzato in grenadilla (legno proveniente dall’Africa), anche se alcuni produttori fanno anche oboi con il materiale europeo bosso (legno proveniente dal Nord America). LA STORIA L’oboe in uso a Vienna nei primi anni e nella metà del xix secolo era in origine un progetto chiamato oboe


Koch/Sellner. Nel 1825 l’oboista viennese e docente Joseph Sellner ha scritto una sorta di manuale sull’oboe (Theoretische-Praktische Oboeschule), che include un grafico con la diteggiatura illustrata. L’oboe associato a questi materiali è stato prodotto da Stefan Koch (1772-1828). Questo strumento è stato molto ben considerato in Europa centrale. Oltre a un meccanismo modernizzato con un massimo di 13 tasti, l’oboe Koch/Sellner assomigliava all’oboe europeo in quanto aveva un foro stretto e un suono simile. Come strumento musicale relativamente avanzato ha soddisfatto le esigenze di musicisti viennesi fino alla fine del xix secolo. Un costruttore di strumenti ebbe dei progetti che erano andati nella direzione opposta: a utilizzare un design a foro largo, è stato il produttore tedesco altamente considerato Karl Friedrich Golde (1803-1873) da Dresda. Il suo suono ideale conteneva una profonda, ricca, calda tonalità: «una profondità potente e un suono pieno sarà raggiunto, […] [non] un sottile, suono nasale, come gli oboi francesi e viennesi [Koch]». Ironicamente, pochi anni dopo la sua morte, il suo progetto avrebbe soppiantato l’oboe Koch e sarebbe divenuto il nuovo Oboe Viennese del xx secolo. Nel 1880 l’oboista Richard Baumgärtel (1858-1941) ha portato il suo oboe Golde con lui a Vienna, dove il design essenziale è stato successivamente adattato da Josef Hajek (1849-1926) per poter suonare nel “normale diapason” messo a punto di A = 435 (utilizzato nell’Impero Austriaco). Hajek, e successivamente altri produttori come Hermann Zuleger (1885-1949), ha creato un nuovo strumento con modifiche e miglioramenti soprattutto per il meccanismo delle chiavi. Il nuovo

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Wiener Oboe ha mantenuto il foro interno dell’oboe classico, cosí come le caratteristiche esterne classiche elegantemente semplificate come la balaustra e il pinnacolo. Le conseguenze della seconda guerra mondiale hanno testimoniato l’acquisizione dell’oboe europeo e una graduale eliminazione dell’“oboe tedesco” in Germania. In Austria il Wiener Oboe ha affrontato un periodo di declino generale, e con la morte di Zuleger nel 1949 le fonti di strumenti di qualità sono diventati scarsi. Questa situazione insoddisfacente è solo peggiorata col passare del tempo. Nel 1980, tuttavia, la società Yamaha in Giappone ha iniziato a fabbricare nuovi modelli di Wiener Oboe, creando una fornitura finora senza precedenti di strumenti di qualità. Con la rinascita di interesse per la musica antica nel tardo xx secolo, il Wiener Oboe è emerso come alternativa all’uso di oboi o oboi barocchi, mantenendo la tonalità dei primi strumenti ma non le limitazioni significative. In anni piú recenti, siccome l’interesse e l’uso del Wiener Oboe è lentamente aumentata, questi oboi sono ora in fabbricazione da un certo numero di produttori come André Constantinides, Karl Rado, Guntram Wolf e Christian Rauch.


IX

Gli oboisti del panorama italiano

Guardando alla generazione piú giovane degli oboisti italiani ci sono personalità di rilievo che sostengono un ruolo di primo piano in campo solistico e discografico, e bisogna sottolineare che il livello tecnico, professionale e artistico degli oboisti si è elevato decisamente anche nel nostro Paese, grazie sicuramente all’apertura nei confronti dello studio all’estero, in paesi come la Francia, la Germania o la Svizzera e al talento musicale dei nostri musicisti. 57

Luca Avanzi, ex prima parte alla filarmonica scaligera, ha registrato per Stradivarius; Marco Ambrosini suona nell’Orchestra di Bergamo e Brescia; Gianfranco Bortolato è attualmente primo oboe dell’Orchestra dei Pomeriggi Musicali; Giuseppe Falco, ex primo alla Scala, e De Angeli sono due ottimi oboisti dei Solisti Veneti; Diego Dini Ciacci, docente al Conservatorio di Verona, si esibisce spesso da solista; ancora in Veneto, Paolo Brunello nell’Orchestra da Camera di Padova, Rossana Calvi, attualmente 1° oboe alla Fenice a Venezia; in Sardegna è da segnalare Ettore Arcais. E poi il giovanissimo Paolo Mandelli, bresciano, che è prima parte nell’Orchestra Verdi di Milano. Ma sicuramente i piú affermati nel panorama italiano sono: Pietro Borgonovo, Omar Zoboli, Carlo Romano, Paolo Pollastri, Paolo Grazzi, Alfredo Bernardini, Luca Vignali, Alessandro Baccini, Alberto Negroni, Paolo Grazia, Francesco Di Rosa e Domenico Orlando. Uno dei caposcuola dell’oboe in Italia fu Tomassini. La vedova Tomassini dice sempre che se suo marito fosse ancora vivo non permetterebbe mai di intitolare un concorso a suo nome.


XIII Salto nel passato: i celeberrimi dell’800 Al giorno d’oggi tutti gli oboisti studiano sul Gillet o sul Bleuzet, libri di tecnica i cui autori furono dei grandi perché riuscirono a capire le difficoltà dello strumento e a fare dei libri di studi incentrati sulle capacità dell’oboista di governare lo strumento.

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Fernand Gillet (1882, Parigi – 1980, Boston) è stato un oboista americano di origine francese che viene ricordato soprattutto per essere stato oboe principale della Boston Symphony Orchestra dal 1925 al 1946. Egli è soprattutto noto per il suo lavoro di insegnante di strumenti a fiato presso diverse istituzioni di primo piano negli Stati Uniti e in Canada. I suoi esercizi Sur les Gammes, les Intervalles et le Staccato è ancora un libro didattico ampiamente usato per gli oboisti presso università e conservatori. L’Internazionale Double Reed Society organizza un concorso annuale di musica nominato a lui e a un fagottista ben noto: la Fernand Gillet-Hugo Fox International Competition. Nato a Parigi, Gillet ha iniziato a studiare al Conservatorio di Parigi all’età di 14 anni. Il suo docente principale presso il Conservatorio era suo zio, l’oboista francese Georges Gillet (1854-1920). All’età di 19 anni divenne oboista principale della Lamoureux Orchestra, e all’età di 20 è diventato oboista principale dell’Opera di Parigi. Ha occupato quel posto fino allo scoppio della Prima guerra mondiale . Durante la guerra è stato pilota nell’aeronautica francese. Nel 1925 Gillet si trasferisce negli Stati Uniti per diventare oboista principale della Boston Symphony Orchestra sotto la direzione di Serge Koussevitzky . Ha ricoperto questo posto per 21 anni, in particolare facendo diverse registrazioni con l’orchestra. È diven-


tato un cittadino degli Stati Uniti nel 1933, attraverso la Corte Distrettuale degli Stati Uniti per il distretto del Massachusetts di Boston. A partire dal settembre 1942, per oltre trent’anni ha insegnato presso il New England Conservatory di Boston. Per molti anni ha insegnato contemporaneamente alle facoltà del Conservatoire de musique du Quebec di Montreal e alla Boston University. Ha continuato a insegnare fino agli ultimi anni della sua vita. I suoi allievi piú notevoli furono Robert Freeman, Eugene Lacritz, Jean Northrup, Pierre Rolland, Raymond Toubman, e Allan Vogel. Gillet ha ricevuto una laurea ad honorem DMA. L’oboista francese Louis Bleuzet (1874-1941) ha studiato al Conservatorio di Parigi con Gillet, dove ha vinto il primo premio per Oboe. Divenne un virtuoso dello strumento stesso e fece numerosi libri su studi per migliorare la tecnica dell’oboista studente. La sua carriera lo ha portato a diventare solista all’Opera di Parigi, nonché professore di oboe al Conservatorio di Parigi. Pubblicato nel 1937, The Technique of the Oboe è stato scritto dal compositore verso la fine della sua vita. Il terzo volume dà privilegio allo studio degli arpeggi e allo staccato, con varietà di ritmi. Con istruzioni dettagliate in inglese, francese e tedesco, questo libro di studio è altamente versatile e indispensabile per la progressione della tecnica di qualsiasi oboista. L’introduzione del suo libro è sintomatica: «We strongly recommend to study every day […] scales, arpeggios […]». Antonino Pasculli (1842-1924) è stato un oboista e compositore italiano.

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© Edizioni ikonaLíber, 2019 via Lago di Lesina, 15 • 00199 Roma tel. 06 • 86.32.96.53 ikonaliber@ikona.net ikonaliber.it

Tutti i diritti riservati. Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore. È vietata ogni duplicazione, anche parziale, se non autorizzata.

ISBN: 978-88-97778-61-5

Collana I movimenti del suono.

Progetto grafico: Fabrizio M. Rossi. Impaginazione: studio Ikona [www.ikona.net]



«L’oboe moderno possiede delle caratteristiche meccaniche che si sono definite in gran parte come risultato delle migliorie progettuali, di lavorazione e di fabbrica del xx secolo. […] La mia ricerca è diretta ad analizzare il retroterra culturale, quindi le scuole e i pensieri, che hanno portato alla situazione attuale. Molto si è speculato sulle due principali scuole di oboe: la Scuola Tedesca e la Scuola Francese. Intenzione di questo lavoro è quindi, dopo aver introdotto sinteticamente la storia di questo strumento, scoprire quali caratteristiche effettivamente accomunano e contraddistinguono le suddette scuole e analizzarne in particolar modo le grandi personalità» [dall’Introduzione]. Un agile prontuario che contiene anche una panoramica dei principali oboisti contemporanei, con particolare attenzione nei confronti degli italiani, oltre che un elenco delle principali orchestre e dei piú importanti concorsi per l’oboe.

Antonio Di Martino, nato a Guardiagrele (CH) nel 1993, a tredici anni intraprende lo studio dell’oboe. Dopo essersi diplomato nel 2014 al corso Tradizionale di Oboe al Conservatorio “Luisa D’Annunzio” di Pescara, si è laureato nel 2017 presso lo stesso Conservatorio al Corso Accademico di II livello in Discipline Musicali – Oboe col massimo dei voti, lode e menzione d’onore. Successivamente si è perfezionato al Conservatorio Superior “Salvator Seguí” di Castellòn de la Plana in Spagna, all’Accademia di Santa Cecilia di Roma, alla Scuola di Musica di Fiesole e all’International Oboe Academy di Udine. Attualmente svolge una intensa attività professionale collaborando con numerose orchestre; ha all’attivo piú di duecento concerti tra produzioni sinfoniche e cameristiche. Come solista con l’orchestra ha eseguito i concerti di Mozart, Vivaldi (RV 454), Molique e Marcello. Affianca la sua attività concertistica a quella didattica, insegnando Oboe nella Scuola Secondaria.

ISBN 978-88-97778-61-5

9 788897 778615

€ 3,99


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