Il Calderone - Samhain 2014

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n 01 Samhain 2014


Il Calderone Magazine dell’OBOD, in lingua italiana, per tutti gli iscritti. Il Calderone è il luogo della Creatività, l’insondabile origine dell’Awen, il ‘magico’ contenitore archetipale in cui da sempre gli Elementi si mischiano con l’Esperienza, con lo spirito del Tempo e del Luogo e, unendosi in proporzioni continuamente diverse … creano! Quello che sentiamo, osservandolo dall’esterno, è un atavico senso di calore, la voglia di andare a sbirciarne il contenuto per rifletterci nello specchio della sua misteriosa superficie ed osservare le potenzialità che la nostra stessa immagine rimanda: le nostre infinite possibilità di essere. Ed è di queste nostre possibilità che ci arricchiamo anche solo osservandole perché l’Ispirazione creativa, l’Awen, è il primo passo per tutte le cose, sia nella nostra vita interiore che in quella materiale. Potremmo aspettare magari che “tre gocce” bollenti ci tocchino, spingendoci a portare alla labbra la mano colpita e risvegliare così involontariamente Taliesin, ma possiamo anche consapevolmente avvicinarci al Calderone ed aggiungere in esso qualcosa, e qualcosa volontariamente e liberamente prendere, in un movimento continuo che arricchisca il

suo contenuto e noi stessi: questo è quello che vuole essere questo nostro magazine… un modo per condividere la ricchezza delle singole esistenze, accrescendola in uno scambievole flusso di Creatività, informazioni, interessi, poesie, immagini, esperienze personali e quant’altro possa essere ben ‘amalgamato’! Abbiamo scelto il formato elettronico per evitare ogni tipo di spesa ed inutili sprechi di carta. Chiunque abbia voglia di versare nel Calderone una piccola goccia della propria creatività sarà più che ben accetto, basterà scrivere alla redazione, all’indirizzo sottostante. Chiunque sia interessato a ricevere tutti e quattro i numeri annuali del Calderone, non deve far altro che scrivere alla redazione per comunicare il proprio indirizzo email. Daniela F.P.


interviste


Intervista a Philip Carr Gomm

Capo scelto dell’Order of Bards Ovates an Druids Ciao Philip, innanzitutto grazie per averci donato il tuo tempo per questa intervista. Grazie a te Bran, sono contento che sia nata questa bella iniziativa che coinvolge così tante persone e che sperò diventerà presto una realtà solida e vibrante in Italia Cosa rappresenta per te il Druidismo? Il druidismo per me rappresenta un modo sano di vivere in un mondo che non è sano!

Cosa ti auguri per il Druidismo in Italia? Io spero e mi auguro che le persone trovino che esso offra la possibilità di esplorare la loro natura interna e allo stesso tempo il mondo della natura che ci circonda Puoi spiegarci in poche parole la circolarità del nostro Ordine e l’assenza di una vera e propria gerarchia? L’ OBOD è una comunità. Lavoriamo sia in cerchi, in squadre, in grup-

pi, sia individualmente. Abbiamo ovviamente dei leader: Io, ad esempio, sono il leader dell’ Ordine, I gruppi hanno al loro interno dei leader e cosi via. Questi però sono solo posizioni necessarie – in realtà lavoriamo con la grande forza rappresentata dal nostro tempo di adesso: il movimento dalla natura ego-centrata alla natura eco-centrata. Da ‘me’ a ‘noi’.


di tutti i giorCome vivi nella vita ll’ OBOD? ni gli insegnamenti de altro una posiLa filosofia è più che mportamento zione, una linea, un co to senso è inverso la vita – e in ques

visibile. modo in cui ti Essa è la somma del e con il moncomporti con te stesso ù dettagliato, do. Però in un senso pi izio fisico tutti medito, faccio l’eserc e ispiranti, mi I giorni, leggo filosofi tuali da tante approccio ad idee spiri i è necessario fonti diverse, questo m amente. per nutrirmi quotidian

aiuta negli Questa filosofia ti lla tua vita? aspetti quotidiani de sco ad essere Si, mi aiuta molto, rie con me stesso più calmo, più in pace i accada intore con qualsiasi cosa m no. a sintetizzare Infine, Puoi provare idismo come la tua visione del Dru Triade, utilizse questa fosse una si o parole? zando tre semplici fra Non è semplice: nel vento – Druidismo, un sussurro è li? – è li! La solida antica pietra – infatti è li! Relazioni più profonde


divinita - leggende


CAILLEACH L‘ANTICHISSIMA Leggende e racconti

C

on il lento avvicinarsi del Tempo della discesa nella Terra, tempo di Samhain, tempo d’Inverno, tempo di passaggio ad un nuovo Ciclo di Morte e Rinascita, una figura, potente ed eterna prende lentamente forma. E’ la Cailleach. La parola cailleach deriva dall’antico irlandese caillech (“[colei che] si cela con un velo”, “la velata”… da Caille , mantello o velo ) e proprio nella mitologia irlandese, così come in quella scozzese, la Cailleach (“Vecchia Donna”), anche nota come la Cailleach Bheur, è una strega divina, una divinità creatrice, la più antica delle divinità. Quello che questa potente figura attualmente evoca alle nostre emozioni è il residuo di tutte queste sensazioni archetipali: la Cailleach è SIGNORA DELLA MORTE, di quello che è stato prima, dell’Inverno, del gelo, del passaggio… E DELLA VITA, della Terra, della creazione, della pietra, dell’acqua, dell’ultima mietitura, del bestiame, dei cervi. Rees la chiama “ la figura più straordinaria nel mito gaelico oggi”. La Cailleach ha qualità universali

quindi: non è una dea della fertilità o di morte o di una qualsiasi cosa , ma una divinità che è al tempo stesso trascendente e immanente. Al di là degli aspetti attuali e spirituali che questo momento della Ruota ci ispira e di tutti gli approfondimenti, anche solo pensati ed ‘istintivi’, che la potenza di un simile personaggio evoca immediatamente, può essere interessante dare un breve sguardo ad alcune delle mille leggende, miti e racconti popolari, che riguardano l’Antichissima Dea per meglio comprenderne inizialmente la profondità e l’importanza… La Cailleach, essere primordiale e potentissimo, si chiamava anche Sentainne, “ Anziana “, in irlandese, cioè: “che ha superato sette periodi di giovani “. L’appellativo di “anziana “ pare essere inizialmente dovuto sia alla sua origine antichissima, per la quale nuove popolazioni in arrivo nelle terre in cui era già conosciuta la chiamarono Dea Antica.. e poi Anziana, Vecchia Saggia, ed anche per la sua caratteristica di emergere, nella Ruota dell’ Anno, dal luogo opposto alla “giovane” primavera, come dea dell’Inverno. E’comunque una dea talmente antica che le

sue origini si perdono nel tempo, in molti casi “creatrice” delle stesse terre in cui poi era onorata come madre di tutte le dee e di tutti gli dei. “Lei esisteva dalla lunga eternità del mondo. Una donna di Tiree una volta chiese alla Cailleach quanti anni avesse . Lei rispose che ricordava quando le rocce Skerryvore erano i campi in cui l’orzo è stato allevato e quando i laghi erano piccoli pozzi. La sua grande età era un segno di potenza, veramente venerabile e proverbiale : “ vecchio come il Cailleach Bhéarra . “[ MacKenzie , 1623 ]. Si diceva che ella si recasse alle Mountain Springs per rinnovare la propria forza vitale o per compiere i riti che portano al passaggio delle stagioni. Una tradizione scozzese racconta che la Cailleach era venuta nel cuore della notte per il bene della gioventù ( nei pressi di Loch Ba di Mull ) e bevuto “prima che alcun uccello avesse assaggiato l’acqua o che un cane fosse stato sentito abbaiare. “ La sua longevità incredibile è tratta quindi dall’Acqua della vita . Nel corso dei secoli in una versione di questa storia , un cane aveva abbaiato prima che la Cailleach si fosse piegata verso l’acqua, e lei lo aveva in


polverizzato. [MacKenzie ] Collegata in tutta la mitologia nordica con fiumi, laghi, pozzi, paludi, il mare e le tempeste, con le rocce , le montagne, i massi ,i templi megalitici e le “standing stones” a questa Dea fu riconosciuto un enorme potere, il potere femminile dell’accudire, del guidare, del sostenere durante la Vita… così come anche dopo di essa; non solo Dea del passaggio quindi, ma anche del prima e dopo, del passato e del futuro intesi però come momento presente, come ‘cammino attraverso’ durante il quale questa confortevole e materna figura ci protegge ed accudisce con i suoi doni e la sua guida. Gli scozzesi la chiamarono: la vecchia moglie del Tuono. La Cailleach, in quanto creatrice della Terra, è anche Signora degli Animali e in particolare è collegata ad alcuni di essi: a volte assume la forma di gabbiani, aquile, aironi (l’airone è anche collegato al dio del mare Manannan che in alcune leggende è considerato il marito della Cailleach.) e cormorani. Vola sulle colline seguita da truppe di cervi e cinghiali. Si diceva che durante la stagione invernale la dea si spostasse cavalcando un enorme lupo e saltasse dalla collina a collina. In Scozia, secondo le leggende, la Dea era protettrice dei cervi, animali magici per i celti, li accudiva e li difendeva dai cacciatori. A volte dettava delle nette condizioni ai cacciatori indicando loro quando e come cacciarli se era necessario. Esistono leggende scozzesi che parlano di streghe protettrici dei cervi che vivevano nelle foreste. Esse trattavano con i cacciatori per assicurarsi che cacciassero solo

quando necessario ed elargivano loro benedizioni e amuleti per aiutarli. Secondo alcuni studiosi queste streghe sono ciò che resta di un’antichissima tradizione di sacerdotesse devote alla dea Cailleach. La figura della Cailleach è stata ripresa anche in numerosi altri personaggi della mitologia irlandese (le Cailleacha), della mitologia scozzese (le Cailleachan) e dell’Isola di Man (la Cailleagh). Il termine ricorre in parole composte gaeliche come cailleachdhubh (“vecchia nutrice”) o cailleach-oidhche (“vecchia civetta”) da cui poi nell’irlandese cailleach feasa (“veggenti”) e cailleach phiseogach (“maghe”).Nella sua veste di protettrice delle fonti di nutrimento e quindi della vita, in Irlanda la dea ha come animale sacro la mucca. La dea stessa si occupava del suo bestiame e mungeva le sue mucche fatate ricavandone del latte magico che usava per ridare la vita ai morti. La Dea appare quindi sia come Signora della Morte che della Vita. La Cailleach Bhéara è stata anche la Vecchia Dea d’Irlanda, o Hag di Beare, chiamata appunto Boi, “ mucca”, un titolo che condivideva con altre antiche dee irlandesi. Numerose sono ovviamente le leggende che ci parlano di questa Dea e analizzandole possiamo evidenziare delle caratteristiche ricorrenti: - La Cailleach dà forma alla terra sia in modo volontario che involontario (il suo grembiule carico di pietre ritorna in moltissime leggende celtiche) creando laghi, colline, isole e costruzioni megalitiche. - Una costante associazione con l’acqua attraverso pozzi, laghi e fiumi di cui è spesso guardiana.

- L’associazione con la stagione invernale. - La sua mole gigantesca. - La sua antichissima età, essendo fatta risalire a uno dei primi esseri presenti sulla terra. - La sua funzione di guardiana di particolari animali come il cervo, la mucca e l’airone. - La sua capacità di trasformarsi ed assumere diverse forme come quella di fanciulla, airone e pietra. - La ‘bacchetta magica’ (SLACHDAN) della Cailleach La Cailleach porta un slachdan ( bacchetta di potenza) con cui plasma la terra e controlla il tempo. In una fiaba dell’isola di Skye ella colpisce il terreno con la bacchetta, indurendo la terra con il gelo. Ovunque la Cailleach scagli il potere dello slachdan non cresce più nulla. In primavera invece la Cailleach pone il suo slachdan nella radice dell’ agrifoglio e delle ginestre, piante simboliche dell’inverno ed a lei sacre. Durante il “grande sole” , la metà luminosa dell’anno, la dea si trasforma in un masso grigio che trasuda umidità.”[ MacKenzie ] . Narrano le leggende che la bacchetta della Cailleach abbia potere sia di guarigione che di Morte: colui il quale non sia gradito alla dea, viene colpito da lei con la sua Slachdan e per sempre resta immobile (pietrificato , gelato… morto) La Slachdan della Cailleach è come la bacchetta degli sciamani celtici. E’ di legno pioppo, a volte intagliata con caratteri Ogham. IL Glossario di Cormac la chiama una ‘bacchetta magica’. Un manoscritto di 1509 raccomanda il taglio del nome sulla


lapide di un uomo ucciso dalla magia sulla bacchetta con l’ Ogham. .. ed i sacerdoti proibivano di seppellire tali i morti in cimiteri cristiani [Wood- Martin , 305 ] . In molti luoghi le pietre (“standing stones”) in piedi si dice siano persone e animali che la dea ha trasformato . [O Hogain , 68 ]. Ma la slachdan della Cailleach assomiglia anche alle bacchette magiche dei Celti e dei norvegesi perché, oltre alla pietrificazione/ glaciazione ed alla morte, detiene anche un significato cosmologico: il Potere del freddo, della stasi, del buio e dell’inverno ma anche, paradossalmente, la “forza attiva” della Vecchia Dea che ne attiva il Potere ad ogni Giro di Ruota ricreando la potenzialità del movimento e della Vita. - La Cailleach: racconti delle origini, potere e materia Sarebbe stata La Cailleach, essere primordiale e gigante ( mito che si ricollega alla cosmogonia vichinga), a creare molte montagne e colline camminando a grandi passi e facendo cadere accidentalmente rocce dal suo grembiule. In altre leggende avrebbe creato le montagne intenzionalmente così come ha creato colline e vallate col suo maglio. Secondo altre leggende invece la Cailleach giunse in Scozia dalla Norvegia. Durante il suo viaggio la gigantessa trasportava delle enormi pietre all’interno del suo grembiule. I legacci del grembiule si ruppero e le rocce precipitarono sulla Scozia creando montagne, colline, laghi e fiumi. Il culto di questa dea si perde nella notte dei tempi, era considerata antica già quando i celti giunsero nelle terre in cui lei regnava.

La Cailleach è strettamente legata all’acqua sia come creatrice di laghi e fiumi sia come guardiana di pozzi e corsi d’acqua. Si credeva infatti che avesse il compito di mettere e togliere un’enorme pietra a mo’ di coperchio su pozzi e laghi in modo da sbloccare e bloccare la discesa di acqua nelle valli e nei villaggi. Secondo una leggenda scozzese, una sera la Dea, stanca per aver fatto pascolare le sue mucche magiche per le valli tutto il giorno, si addormentò esausta e si dimenticò di chiudere il pozzo di cui era guardiana. L’acqua sgorgò potente e fece affogare gli abitanti del villaggio e tutto il bestiame fino a fermarsi in una cavità nella terra, formando così il lago LochAwe. La Dea, distrutta dal rimorso e dal dispiacere per il suo errore fatale, si trasformò in pietra in segno di lutto. Nelle tante leggende sulla Cailleach ritroviamo spesso infatti la sua identificazione con pietre e massi considerati una sua vera incarnazione. Si diceva che queste giganti pietre potessero parlare, muoversi e influenzare il tempo per cui venivano riverite e accudite con grande cura e rispetto. Innumerevoli miti irlandesi raccontano anche di come la Cailleach abbia costruito enormi cumuli, megaliti, e torri in una sola notte. Alcuni di loro sono conosciuti infatti con nomi come “one - night’s - work”. [ Wood- Martin ] Nei miti scozzesi spesso la Cailleach è vista come “formatrice”del paesaggio, della Terra . Portava terra e pietre sulla schiena per fare le colline. A volte il cesto o il suo cinturino rotto facevano versare esageratamente il contenuto in modo da formare monti come il Ben

Vaichaird [ MacKenzie ]. “La Cailleach ha creato il Solco della Hag… mentre arava e durante l’aratura sul monte Schiehallion formò la collina fatata Caledoniana ( Il suo nome gaelico , Sìdh Chaillean , significa “ Bocca del tempo “. [MacKenzie ] In Altagore, contea di Antrim, c’era una pietra verticale chiamata la Shanven , “ vecchia “: gli abitanti del luogo la consideravano sacra e lasciavano lì pane e offerte di burro . Una storia dice che un tale, ignorante del potere della pietra, un giorno la spostò per usarla come ferma porta. La mattina dopo la pietra era tornata al suo vecchio posto . [ Wood- Martin] La storia di Shanven assomiglia ai racconti francesi di rimozione delle “ Vergini nere “ e del loro miracoloso ritorno ai rispettivi santuari montani. La memoria popolare irlandese si riferisce anche alla pratica medievale di prendere statue e pietre sacre da pozzi e campi e di inserirli nei portoni e pareti di chiese , monasteri e castelli. - Cailleach: Regina dell’Inverno Come “ figlia del piccolo sole “ ( perché riprende potere appena le giornate si accorciano e il sole corre, appunto, basso nel cielo) la Cailleach è un potere elementale dell’ Inverno e porta con sé freddo, vento e tempeste. La Cailleach infatti ha molti tratti di una personificazione dell’Inverno. In Scozia, per esempio, la Cailleach è anche nota come Beira, Regina dell’Inverno: pascola cervi, combatte la primavera e il suo bastone gela il suolo. E’ dotata della famosa bacchetta magica che è in grado anche di ricoprire tutto di neve e ghiaccio,


e in oltre è in grado di scatenare tempeste usando la tecnica magica ‘dei nodi e delle corde’. La Cailleach ha un grande potere sui cambiamenti climatici e sugli elementi, in particolare sulle forze atmosferiche legate all’acqua e all’inverno come la pioggia, la neve, i fulmini e i tuoni. In Scozia le Cailleachan, sacerdotesse della Dea, sono note anche come le Streghe delle Tempeste e sono viste come la personificazione degli elementi della Natura specialmente nel loro aspetto distruttivo. Si dice che siano particolarmente attive nell’alzare le tempeste di vento primaverili durante il periodo detto A’ Chailleach. Sulla costa ovest della Scozia la Cailleach esce d’inverno per lavare il suo grande plaid nel Gorgo di Corryvreckan (scozzese: Coire bhreacain, “Calderone del plaid”). Il lavaggio durerebbe tre giorni, durante i quali il rumore della tempesta imminente viene sentito fino a 32 km nell’entroterra. Quando finisce, il plaid è bianco e la terra è coperta di neve. Assieme alla dea Brìghde la Cailleach è vista quindi anche come una divinità o uno spirito delle stagioni: Cailleach governa la stagione invernale, tra Samhain (1º novembre) e Beltane (1º maggio), mentre Brìghde governa la stagione estiva, tra Beltane e Samhain. Alcune versioni le mostrano entrambe come due aspetti della stessa dea. In alcune leggende la Cailleach si trasforma in roccia a Beltane e riacquista forma umana a Samhain. A seconda delle condizioni climatiche locali, l’avvicendamento tra la dea dell’inverno e la dea dell’estate è festeggiato tra Là Fhèill Brìghde (“Santa Brigida

d’Irlanda”, 1º febbraio), Latha na Cailliche (25 marzo) o Beltane. Le feste locali prendono nome o dalla Cailleach o da Brìghde/Brigit. In Scozia e in Irlanda il primo coltivatore che termina il raccolto del grano ricava dall’ultimo covone un pupazzo detto Carlin o Carline che rappresenta la Cailleach. La figura viene poi gettata di volta in volta nel campo del vicino che non ha ancora finito il raccolto. L’ultimo coltivatore che finisce il raccolto si prende la figura che deve conservare con cura per un anno e sfamare ed ospitare la strega per tutto l’inverno. I coltivatori fanno a gara per evitare di mantenere la Cailleach… che in pratica è rappresentata da una anziana donna del paese la quale, abbandonata a se stessa, non riuscirebbe a sorpassare l’inverno. Nelle leggende la Cailleach ha insegnato gli irlandesi come trebbiare: utilizzando un flagello di bacchette di agrifoglio ( a lei sacro) ed attaccandoci un legno di nocciolo. Là Fhèill Brìghde è anche il giorno in cui la Cailleach raccoglie la legna per il resto dell’inverno. Secondo la leggenda se vuole far durare ancora a lungo l’inverno, renderà il 1º febbraio una giornata soleggiata per poter raccogliere legna sufficiente per i freddi mesi successivi. Quindi se il 1º febbraio il tempo è pessimo, significa che la Cailleach dorme e quindi l’inverno sta per finire. Nell’Isola di Man, dove è nota come Caillagh ny Groamagh ( “ Gloomy Old Woman “ , chiamata anche il Caillagh ny Gueshag , “Vecchia delle Magie” ) si dice che appaia nel giorno di Santa Brigida sotto forma di un uccello gigantesco che trasporta

bastoni nel suo becco. Si diceva anche che il clima riflettesse l’umore della Cailleach. Secondo alcune tradizioni la Cailleach regnava da Samhain a Beltane per poi trasformarsi in roccia nella stagione estiva e riacquistare forma umana con l’arrivo della stagione fredda. Il tema ricorrente dell’antagonismo fra due divinità, caldo e luce/freddo e buio, di cui una è ‘imprigionata’ in qualche modo fino all’arrivo del giusto Tempo della propria rinascita è presente in quasi tutti i miti. Per esempio anche Il Uragaig Cailleach , dell’Isola di Colonsay , in Scozia , è uno spirito dell’Inverno che tiene una giovane donna prigioniera all’interno di una montagna : al rilascio della sposa , la primavera viene al mondo. Secondo altre leggende la Cailleach stessa teneva prigioniera la giovane Dea Bride (che incarna lo spirito della primavera e della giovinezza) nei mesi invernali in cui lei regnava sovrana finché la giovane Dea non veniva salvata da un eroe che la liberava e permetteva alla primavera di sbocciare. Secondo altre leggende ancora la Cailleach stessa si trasformerebbe in Bride a Imbolc o a Beltane bevendo da un pozzo magico, che dona la giovinezza, e determinando così l’arrivo della primavera. Queste leggende ci raccontano l’eterno alternarsi delle stagioni in questa danza-lotta tra l’anziana Dea dell’Inverno e la giovane Dea dell’Estate. La trasformazione della Cailleach in giovane fanciulla la ricollega,in alcune leggende, alla Dama Ripugnante presente nei racconti arturiani ( in essi La Dea simboleggia la Sovranità che l’eroe saggio e meritevole deve


saper guadagnare vedendo al di là dell’aspetto esteriore e rispettando la donna in quanto incarnazione della Terra stessa. Anche la Dama Ripugnante è legata all’inverno e in particolare al Solstizio). Questo “passaggio” fondamentale fra le stagioni ha fatto della Cailleach anche la Custode del Portale: da fuori a dentro. Dall’attività all’immobilità, alla Morte. Dalla Luce all’Oscurità. Dal Presente all’Eterno passato della Terra: ciò che c’era all’inizio e che solo Lei può raccontarci ed insegnarci. Per alcuni aspetti ci ricorda la dea germanica e dell’arco alpinoPerchta/Berchta/Holle/Holda per il suo aspetto che cambia da anziana a fanciulla e il suo legame con le streghe, la tessitura, l’inverno e l’acqua Con l’avvento delle società patriarcali e le influenze religiose cristiane, la Cailleach è stata man mano descritta, lontano dalle sue origini, come una vecchia triste e portatrice di morte dimenticando, o tentando di far dimenticare, quello che invece

rappresentava: un essere di grande antichità che è in grado di rinnovare la sua vitalità nei pozzi e nelle sorgenti e che sopravvive a generazioni di discendenti, la cui età non è vergognosa, ma riverita, e che gioiosamente crea i massi e le forme della Terra . [ Kuno Meyer] – Un’ultima breve Storia… Esiste una bellissima storia che ha origine in Scozia, a Glen Lyon. Lì si trova “TighnaCailliche”, la casa della Cailleach, una piccola casetta o tempietto coperto di paglia e giunchi. Al suo interno vi sono tre grandi pietre lisce, rozzamente modellate a ricordare delle figure umane. La più grande è chiamata Cailleach , mentre l’altra più grande è conosciuta come Bodach (Vecchio Uomo), e la terza pietra più piccola è la Nighean (‘Figlia’). La leggenda racconta che un giorno di neve e tempesta, una coppia di persone dalle proporzioni enormi si presentò nella valle. Cercavano

un riparo dalla tempesta e la gente del villaggio fu subito disponibile ad aiutarli. La coppia si trovò così bene che decise di stabilirsi nel villaggio. Gli abitanti della valle gli costruì una casa e nel corso degli anni la donnagigante ebbe una bambina. Durante quegli anni il tempo fu sempre clemente con gli abitanti del villaggio, i raccolti erano abbondanti e il bestiame prosperava. Un giorno la famiglia di giganti decise che era il momento di andare via ma promise ai buoni vicini che avrebbero sempre avuto inverni miti ed estati calde se nella valle avessero sempre mantenuto vivo il loro ricordo. Ci sarebbero sempre state pace ed abbondanza se le persone del villaggio si fossero sempre occupate di tenere in ordine il piccolo tempietto e se avessero portato fuori all’aperto le tre pietre in estate a Bealltainn e le avessero riportate al caldo nella casetta a Samhainn. Daniela F.P.


Gli scozzesi avevano molte canzoni fatate da canticchiare per la Cailleach: Cailleach Beinne Bric, horó! Bric horó! Bric horó! Cailleach Beinne Bric, horó! Hag of the fountain high! I ne’er would let my troop of deer, Troop of deer, troop of deer; I ne’er would let my troop of deer, A-gathering shellfish to the tide. Better liked they cooling cress, Cooling cress, cooling cress; Better liked they cooling cress, That grows beside the fountain high. Cailleach Beinne Bric, Horo! Horo Bric! Horo Bric! Cailleach Beinne Bric, Horo! TRAD: Cailleach Beinne Bric, Horo! Horo Bric! Horo Bric! Cailleach Beinne Bric, Horo! Strega della fonte alta! Io non lascerei mai la mia truppa di cervi, Truppa di cervi, branco di cervi; Io non lascerei mai la mia truppa di cervi, per la raccolta dei frutti di mare alla marea. Di più è piaciuta loro la rinfrescante erba La rinfrescante erba, la rinfrescante erba Di più è piaciuta loro la rinfrescante erba Che cresce accanto alla fontana alta. Cailleach Beinne Bric, Horo! Horo Bric! Horo Bric! Cailleach Beinne Bric, Horo! Fonti: http://www.suppressedhistories.net/secrethistory/crones.html http://www.ilcerchiodellaluna.it/central_Dee_Cailleach.htm http://www.thaliatook.com/AMGG/cailleach.php http://it.wikipedia.org/wiki/Cailleach MacKenzie, Donald, Scottish Folk Lore and Folk Life, Blackie, London, 1935 Ogain, Daithi, Myth, Legend, and Romance: An Encyclopedia of the Irish Tradition, Prentice Hall, New York, 1991Wood-Martin, W.G., Pagan Ireland: An Archaeological Sketch, Longmans, Green & Co, London, 1895


CAILLEACH L‘ANTICHISSIMA Poesia “Temimi ma impara ad Amarmi disprezzami ma prova ad abbracciarmi perchè io sono questo eterno contrasto e poi sono… molto altro ancora.... Accettami come la voce della fine l’ultima nota sussurrata dall’eco della vita io sono il salto, io sono le fede, l’espressione del regno oltre il confine prima che tutto ritorni all’Aria che respiri... Odiami pure ma accarezzami... perche’ io sono Colei che dovrai amare e abbracciare per intessere d’emozioni le tue azioni e farne un Canto in questa vita.... Fai l’amore con me mentre credi che tutto sia finito... perchè in realtà è solo un nuovo inizio Io sono e sarò l’aspetto oscuro della vita la forza e l’istinto che muove l’andata e il ritorno... . Io sono in te turbamento e rabbia ma posso essere per te...Pace e Amore perchè è con l’amore che io nutro la partenza... e con l’amore ti accompagno nel tuo Viaggio… Amami infine con le lacrime lacrime d’addio, lacrime d’arresa, Lacrime di ritrovo.. una sfumatura di Pace, Compassione e Amore ... Amami....Affidati....” Stefano Alessi / Aeothin


salute e benessere


Torta di mele

P

arlare di alimentazione non è così semplice come si potrebbe pensare. Dietro al cibo si nascondono stati emotivi, blocchi, consuetudini, tradizioni e molto altro. Spesso quando facciamo notare a qualcuno che non sta mangiando proprio così bene la prima reazione è di chiusura, di discussione, e spesso otteniamo l’effetto contrario di quello che avremmo sperato. Per questo motivo per parlare di cibo ho deciso di partire da una ricetta. Non un pomposo articolo su come sia corretto alimentarsi, cosa mangiare e cosa no, ma un momen-

to piacevole in cui ci si incontra in cucina e si mettono le “mani in pasta”. Il druidismo è una via pratica, una via della Terra, e così si può essere druidi anche in cucina. Uno dei principali aspetti sul quale si lavora quando si inizia un percorso spirituale è la ruota dell’anno, tornare a danzare con il fluire del tempo. Però può succedere, ad esempio, di continuare a mangiare le fragole a dicembre, e i pomodori in inverno!! Atteggiamento abbastanza ipocrito celebrare spiritualmente le festività e poi non radicare la nostra pratica in uno dei gesti più semplici e quotidiani che compiamo tutti i giorni:

mangiare. Per armonizzare anche il nostro palato con questo momento della ruota dell’anno ho deciso di presentarvi una ricetta di una torta di mele, frutto per eccellenza di Samhuinn. Ma non la solita torta, nel descrivervi la ricetta cercherò di insinuare in voi qualche piccolo dubbio per cercare di realizzare un dolce che sia il più genuino possibile, perché anche in cucina si può essere “naturali”, ricercando gusti semplici che esaltino il sapore degli ottimi prodotti. Rimbocchiamoci allora le maniche e mettiamoci ai fornelli!


a fare la spesa

B

analmente crediamo che una ricetta inizi quando ci mettiamo ai fornelli, invece prende avvio dal momento in cui facciamo la spesa, cioè quando scegliamo i nostri ingredienti. Questa società ci ha fatto creder per troppo tempo che siamo semplicemente dei consumatori, in realtà

noi, come dice bene Carlin Petrini, siamo dei Co-produttori. Possiamo, attraverso le nostre scelte, orientare il mercato. Scegliere quindi prodotti biologici non fa bene solo a noi, per la mancanza di trattamenti chimici o l’utilizzo di ogm, ma anche al pianeta vista l’attenzione che viene messa nella loro produzione e coltivazione. Quindi nel momento in cui sce-

glieremo le mele per la nostra torta possiamo accontentarci di una mela qualsiasi, o preferirne una biologica o magari di un’antica varietà coltivata un produttore che abiti vicino a noi che possiamo andare a vistare nel fine settimana approfittando così della situazione per immergerci nella natura.

Preparazione della base tempo: 30 min. preparazione | 40 min. cottura | dose Per 6 persone

iologica i farina b d r g 0 0 3 nkir pietra di E a a t a in c ma o iso biologic r i d o lt a m - 60 gr di ais erme di m g i d o li o i - 150 ml d biologico gico di uva biolo o c c u s i d - 60 ml in vaniglia bio e a ll e n n - ca piacere polvere a

Solitamente la base di una frolla prevede quattro ingredienti canonici: farina, uova, burro e zucchero. È possibile fare un’impasto altrettanto buono, ma più leggero, naturale e salutare attraverso una scelta differente degli ingredienti. Il primo cambiamento lo si può fare sulla farina: anziché la solita bianco 00, estremamente raffinata un prodotto “morto”, possiamo scegliere un’altro cereale. Nelle ricetta vi propongo l’Enkir, un antichissimo cereale molto gustoso e ideale per le crostate, ma può andare bene anche il farro. Ovviamente le migliori sono le farine biologiche e soprattutto integrali e macinate a pietra, così che mantengano tutte le parti del chicco, tutti i nutrienti. Provare una farina di questo tipo ci fa assaporare gusti che stanno scomparendo, genuini, il vero gusto dei frutti della terra. Come potrete vedere non ho utilizzato zucchero nella ricetta. Lo zucchero bianco è uno dei grandi problemi di oggi legato a molte delle attuali malattie e il consumo che se ne fa è sempre maggiore. Se pensiamo al passato per moltissimo tempo l’unico dolcificante utilizzato dall’uomo era il miele o la frattura secca. Scoprire l’uso di dolcificanti alternativi è un’esperienza davvero profonda. È anzitutto un percorso di riscoperta e rieducazione del proprio gusto. Se non si è già abituati il primo passo che si può fare è il pas-


saggio dalla zucchero bianco a quello di canna, per poi lentamente arrivare a scoprire altri dolcificanti come il malto. Io per i dolci consiglio quello di riso dal sapore più delicato. Lo stesso discorso vale per il burro. Di certo un burro di qualità usato raramente non è un grande problema, soprattutto se si è in salute. Il vero problema è che oggi consumiamo moltissimi grassi di origine animale e oltretutto di pessima qualità. I dol-

ci non sono più un momento raro di celebrazione, ma un’abitudine insana. Quindi per i dolci si può usare l’olio di mais che in questo caso lascerà un gusto più neutro alla vostra crostata rispetto, ad un migliore, ma più inteso olio extravergine di oliva. Una volta scelti con cura i nostri ingredienti possiamo procedere alla preparazione del nostro impasto. Mischieremo in una ciotola tutti gli ingredienti

solidi: le farine, il sale e le spezie (io ho utilizzato vaniglia e cannella, ma ognuno può scegliere ciò che preferisce, come scorza di agrumi, chiodi di garofano o altro). In un’altro contenitore i liquidi: olio, succo di uva e malto, miscelandoli con cura. Dopodiché si procede a mischiare lentamente i liquidi alle farine, impastando velocemente. Una volta realizzata la palla dell’impasto la si lascia riposare in frigo per almeno una mezz’ora.

Preparazione della Torta Intanto che il nostro impasto riposa in frigo noi possiamo iniziare a sbucciare le mele. Per far si che non anneriscano una volta tagliate a fettine, non troppo spesse, le lasceremo in acqua fredda. Si prende poi l’impasto e si stende su carta da forno, aiutandosi con un matterello, formando un disco della grandezza di una tortiera a cerniera del diametro di circa 24 cm. Una volta posizionato il disco di pasta nella tortiera si può versare la composta di mele, che a piacere può essere aromatizzata con spezie o aggiunte di frutta secca (pinoli, mandorle, nocciole, uvetta). Si procede poi a disporre le fette di mela, precedentemente scolate con cura dall’acqua, realizzando cerchi concentrici. A questo punto si può infornare la nostra torta in forno caldo, anche ventilato, a 180 gradi per un quaran-

tina di minuti circa. Una volta cotta possiamo lucidare la nostra torta, appena sfornata, mischiando due cucchiai di malto con uno di acqua calda, aiutandoci poi con un pennello da cucina. La nostra torta è pronta da gustare, magari insieme ai nostri amici, accompagnata ad una buona tisana o un bicchiere di idromele. Alessio Cotena

- 4 me le biolo giche di med ia gra ndezza - 1 bar attolo di compos ta al 100% mela b io


Labradorite

I

l tempo di Samhuinn ci avvicina ad una delle grandi ed antiche cerimonie della Ruota dell’ anno. Questo è un tempo di passaggio, di divinazione e di riconnessione con i nostri avi e di conseguenza con le nostre radici. Questa rubrica è nata con l’intento di trovare un collegamento tra le varie festività della Ruota dell’ anno e, per ciascuna di esse, individuare il cristallo che, al meglio, possa rappresentare le caratteristiche proprie di ognuna di esse. L’ associazione tra la labradorite, un feldspato che si forma nelle pegmatiti o nei magmi basici e il periodo di Samhuinn è giunta quasi inevitabile. Essa infatti funge da potente alleato, adatto a riconnetterci con i poteri più profondi e radicati della terra e,

di conseguenza, con i talenti insiti in ognuno di noi. La labradorite ci riconnette con le nostre radici più profonde, con i nostri avi, siano essi appartenenti alla nostra linea di sangue che al nostro lignaggio spirituale. Il suo aiuto ci porta ad entrare in profondità dentro di noi e, con delicatezza ci spinge a prendere coscienza del nostro scopo sulla terra. E’ un potente mezzo di riconnessione che, soprattutto se abbinato alla meditazione, può indicarci la via da seguire per realizzare noi stessi ma, anche e soprattutto, ci spinge a riconoscere i tempi più adatti per agire o per fermarsi. La capacità di individuare, in modo intuitivo il tempo del raccoglimento, sapendolo distinguere da quello dell’azione è una di quelle caratteristiche che, in maggior misura, ci possono armonizzare na-

turalmente con il ciclo della Ruota dell’ anno. Secondo la tradizione, la labradorite ci mette in sintonia e ci apre alle nostre capacità d’intuizione e di medianicità, permettendoci quindi di sviluppare la nostra sensitività, riguardo ai vari aspetti del sacro che ci circonda e che, nel contempo, è presente dentro ciascuno di noi. Essa facilità la riemersione dei ricordi più profondi e ancestrali, promuove una naturale profondità di sentimenti, stimola la fantasia ed inoltre, aiuta a renderci contemplativi e centrati, risvegliandoci al potere del raccoglimento e dell’ introspezione, spingendoci dolcemente a rivolgere lo sguardo alla nostra interiorità. Per un uso più efficace di questo cristallo sarebbe necessario, come scritto in precedenza, abbinarlo ad una pratica meditativa che ne amplifichi le naturali intrinseche capacità. In alternativa può semplicemente essere indossato o portato con noi. Ricordiamoci però che è l’ intento e la piena consapevolezza a rendere significativo e “carico” un oggetto che portiamo addosso o un azione che ci apprestiamo a compiere.

Tuo nella Pace della Radura Bran Paolo Veneziani


luoghi


Cornovaglia Insolita

Q

uesta mia rubrica nasce per consigliare itinerari di Viaggio che comprendano percorsi alla ricerca dei luoghi del Mito, con tutto il carico di mistero, di magico e di fascino che essi rappresentano. Spesso si tratta di itinerari in terre sicuramente già note per le loro bellezze naturali ma qui vorrei raccon-

tarvi dei particolari di viaggio che riguardano anche ‘altro’al di fuori dei normali circuiti turistici per scoprire da vicino, a volte nascosto dietro la facciata di viaggio culturale classico, l’antico Spirito di questi luoghi. Il primo itinerario che vi propongo è una “Cornovaglia insolita: sulla Via di Merlino ”. Per meglio assaporare i luoghi proposti, ho pensato di dividere questo

percorso in quattro parti, una per ogni notte. Riporto l’intero itinerario per dare comunque un’idea della sua totalità, ma lo scoprirete giorno per giorno… Poiché organizzare viaggi è il mio lavoro da oltre vent’anni, il mio schema di viaggio sarà forse un po’ professionale ma sicuramente molto pratico…ed è esattamente quello che io ho già vissuto!

LONDRA - STONEHENGE (143 km) - GLASTONBURY (70 km circa) GLASTONBURY -

TINTAGEL (240 km)

TINTAGEL - DARTMOOR FOREST (70 km circa) DARTMOOR FOREST -

LONDRA (330 km circa)


Sulla via di Merlino Un itinerario breve ma ricco di fascino, natura e famose leggende. Quattro notti per assaporare questa terra meravigliosa che mi ha sorpreso a catturato, circondandomi dei suoi colori forti e della magia e intensità delle sue leggende: il verde

brillante delle colline e dei boschi, il blu intenso del mare che a tratti si incontra con il nero delle rocce che a strapiombo vi si tuffano, il rosa, il rosso, il bianco dei fiori affacciati ad ogni finestra di deliziose casette di altrettanti deliziosi villaggi, il grigio

nebuloso di località e siti misteriosi…. Il tutto condito da un buon bicchiere di birra che mai dovrà mancare durante il vostro viaggio! Bene.. si parte!

ce, passeggiare lungo la “Serpentina” di Hyde Park o tra gli alberi di Regent Park, dopo aver fatto un salto da Madame Tussauds (si consiglia di prenotare in precedenza per evitare file interminabili…). Inizio dell’itinerario con sosta (e come non si potrebbe!) a Stonehenge (pietra sospesa, da “stone”, pietra, ed “henge”, che deriva da hang, sospendere: in riferimento agli architravi).

STONEHENGE è il più noto monumento megalitico del mondo, probabilmente il più visitato e sicuramente il più misterioso. Si trova nel cuore dell’Inghilterra meridionale, immerso nella campagna del Wiltshire, una zona particolarmente ricca di siti megalitici. Ma che cosa sono i megaliti? Si tratta di enormi pietre a volte informi, a volte squadrate, che le antiche culture nord europee erigevano per scopi non ancora del tutto chiari. Questi antichi

1°. giorno Arrivo a Londra mattina abbastanza presto e ritiro dell’auto a noleggio. Suggerisco di arrivare in aeroporti fuori Londra, per evitare di trovarsi bloccati nel traffico della metropoli e poter, invece, iniziare subito il viaggio alla scoperta della Cornovaglia. Nulla vieta, ovviamente, di fermarsi a Londra per qualche giorno, all’inizio o alla fine del viaggio..è sempre così affascinante passeggiare a Oxford Street, guardare il Cambio della Guardia a Buckingham Pala-


monumenti (forse i più antichi del mondo) si trovano isolati nella campagna, allineati in interminabili file, come a Carnac in Bretagna o disposti a cerchio come a Stonehenge. I popoli che li hanno eretti migliaia di anni fa non hanno lasciato testimonianze scritte e solo l’archeologia moderna consente in parte di far luce su questo mistero. I Druidi, per secoli, hanno utilizzato luoghi sacri come Stonehenge per armonizzare gli elementi e quindi il corpo, la mente e lo spirito. L’energia particolare di questi luoghi e la conoscenza del ruolo che gli elementi ricoprono nella composizione della nostra coscienza individuale, fanno si che il nostro benessere interiore ne riceva giovamento.

Tra le numerose leggende associate a questo famosissimo luogo, ce ne una che racconta la sua costruzione per opera di Merlino. Egli aveva chiesto al padre di Artù, Re Uther Pendragon, di costruire un giusto memoriale per suo fratello Ambrosius e i “Signori della Guerra” di Bretagna, tutti sconfitti a causa del tradimento dei Sassoni nel massacro conosciuto come “ La Notte dei Lunghi Coltelli”. Merlino viaggiò verso l’Irlanda in cerca della leggenda del “Giant’s Dance”, un cerchio di rocce che si credeva avesse proprietà curative se l’acqua in cui erano state lavate fosse stata usata per curare il malato. Dopo una grande battaglia, Merlino portò le pietre magiche sulla spiaggia e le trasportò sulla zattera attraverso

la Bretagna, mettendole in seguito sulla piana di Salysbury. È stata supposto che questa storia abbia delle radici in una teoria sulla costruzione di Stonehenge. Secondo questa teoria le rocce scavate dal Prescelly Mountains furono portate dal mare e attraverso il Fiume Avon portate nell’entroterra. Dalla riva poi vennero trasportate su un grande rullo di legno fino all’attuale sito. Numerose teorie sostengono che Stonehenge può essere definito un antico osservatorio o un tempio dei Driudi ma in realtà si sa molto poco sulla sua vera origine e lo scopo di questo imponente e caratteristico cerchio di rocce.

Si prosegue alla volta di Glastonbury, dove ci si fermerà 1 notte (consiglio di pernottare presso l’ Hawthorns Hotel, in pieno centro http://www. hawthornshotel.com ). A Glastonbury è difficile dire cosa sia storia e cosa leggenda: certo è che una magica atmosfera aleggia nell’aria, e tutto appare un po’ speciale. In questo suggestivo contesto non potevano mancare fate e folletti a popolare le vetrine di negozietti spesso bellissimi del piccolo centro storico insieme a pietre, minerali e cristalli, simboli magici e una vasta quantità di piccolo artigianato.

Un luogo incantato e antico, tra i più misteriosi del mondo. Naturalmente tutti conosciamo la storia della mitica Isola di Avalon, l’isola leggendaria di Re Artù: Avalon è spesso identificata con Glastonbury. Ancora oggi Glastonbury rimane uno dei luoghi più misteriosi del Regno Unito e forse del mondo inte-

ro: solo visitandola ci si può rendere conto di quanto sia percepibile l’atmosfera di magia e antichi misteri, e di quanto siano evidenti gli indizi che ricollegano non solo al mito di re Artù ma anche ad altre storie e leggende che proprio a Glastonbury sono ambientate. La collina Glastonbury Tor rimane

GLASTONBURY- a poco più di 200 km da Londra storia e leggenda si fondono nella piccola cittadina di Glastonbury: le sorgenti miracolose, l’Isola di Avalon ed il sepolcro di Re Artù, Giuseppe D’Arimatea ed il Sacro Graal.


esattamente sulla Michael Ley Line, la linea di energia che nel Regno Unito passa anche da Avebury. Secondo la leggenda Giuseppe d’Arimatea visitò Glastonbury insieme a Gesù quando questi era ancora un fanciullo, e a Glastombury lo stesso Giuseppe d’Arimatea fece ritorno

GLASTONBURY TOR La prima cosa che, come tutti, ho notato, all’arrivo a Glastonbury è la figura della Glastonbury Tor che in celtico significa “collina conica” e su cui ancora sorge la St. Michael’s Tower, ciò che rimane dell’antica chiesa distrutta da un terremoto nel 1275. La Glastonbury Tor è l’epicentro di molte leggende, ed è proprio qui che si dice si trovasse la mitica Avalon, e sempre qui si narra che venne nascosto il Sacro Graal. La visita a Glastonbury può iniziare proprio con la salita a piedi della collina lungo gli stessi itinerari percorsi dall’uomo già in epoca preistorica. Glastonbury Tor, che svetta visibile per miglia e miglia sul piatto paesag-

dopo la morte di Cristo fondando la prima chiesa cristiana sull’isola britannica, chiesa dove era custodito il Graal. Sempre secondo la leggenda, giunto a Glastonbury Giuseppe piantò a terra il suo bastone che fiorì miracolosamente nel Biancospino di Glastonbury (“Spina Santa”). Que-

gio del Somerset, è stato da sempre considerato come un ingresso per l’ Altromondo (Otherworld) e, nei racconti del folklore, dimora delle Fate. Gwynn ap Nudd, Signore del Popolo Fatato (e più tardi anche degli Inferi) della tradizione Gallese, si dice dimori sotto la collina. La sua leggenda nel corso dei secoli si è spesso amalgamata con i racconti riguardanti San Collen, che pare si fosse ritirato come eremita sul Tor. La storia racconta che San Collen abbia sentito alcuni popolani parlare di Gwynn e del suo palazzo sulla collina. Il santo rimproverò i popolani perché, secondo lui, si trattava solo di sciocche superstizioni e inganni diabolici, e i buoni cristiani non

sto ibrido cresce ancora oggi solo nella zona intorno a Glastonbury e fiorisce due volte l’anno, in primavera e nel periodo di Natale. E’ la storia a raccontare di come la Spina Santa sia stata mèta di imponenti pellegrinaggi in tutto il medioevo.

dovevano prestargli fede. I popolani però gli consigliarono di stare molto attento a quello che diceva, perchè Gwynn ap Nudd non era solito lasciar correre un simile insulto. Più tardi infatti, un messaggero di Gwynn si recò dal santo, riferendo che il Re delle Fate voleva incontrarlo nel suo palazzo. Per tre volte Collen rifiutò l’invito, ma alla quarta decise di seguire il messo armato solo di una fiala di acqua santa. Gli venne mostrato un ingresso nascosto sul tor, che conduceva nelle viscere della terra, fino ad un salone maestoso dove Gwynn stava seduto su suo trono dorato. Gwynn offrì a Collen un po’ di cibo, ma egli rifiutò saggiamente, visto che il cibo delle Fate ha il potere di imprigionare un mortale per sempre. Dopo un breve colloquio il santo, spazientito, decise di averne abbastanza e cosparse Gwynn di acqua santa. Immediatamente il salone e tutto il resto sparirono magicamente e San Collen si ritrovò da solo sulla cima della collina. Dalle profondità della collina scorrono le due sorgenti, ovviamente miracolose per i cristiani e comunque innegabilmente piene di un’antica Energia, palese per chiunque si accosti ad esse, bagnandosi o bevendone l’acqua: la sorgente rossa e quella bianca (White Spring e Red Spring).


WHITE SPRING Oggi per poter accedere alla sorgente bianca, che un tempo scorreva all’aperto, è necessario entrare nel tempio dedicato a Brigid, dea celtica del fuoco. Da questo punto in poi il mix tra simbologia cristiana e pagana diventa sempre più evidente e ci si trova immersi in una straordinaria

atmosfera, resa ancora più suggestiva dai canti e dai mantra che spesso vi vengono intonati. L’apertura del tempio, gestita da volontari, avviene solitamente nei giorni del fine settimana o in presenza di particolari ricorrenze: è bene informarsi prima di partire. Il buio del tempio è rotto solo dalla tenua luce

delle candele che appena illumina le immagini di alcune divinità poste nelle piccole cappelle, riflettendosi nelle vasche in cui scorre l’acqua della sorgente. Il nome White Spring è dovuto al calcio di cui la sorgente è ricca, e che lascia una scia di bianco lungo il suo passaggio.

GLASTONBURY ABBEY L’abbazia di Glastonbury risale almeno al 7 ° secolo ma la leggenda vuole che fosse stata fondata da Giuseppe d’Arimatea nel 1 ° secolo. Del ricco e potente monastero resta ben poco in quanto l’abbazia venne soppressa e distrutta per responsabilità del solito Enrico VIII intorno al 1530 e l’ultimo abate, che resistette alla sua spogliazione, venne impiccato e squartato come un traditore. L’area occupata dalla struttura è molto vasta e le rovine sono ancora visitabili. Girando tra le mura rimaste in piedi ci si imbatte nel punto dove si dice fu sepolto Re Artù: dopo il 1100, a 5 mt di profondità, venne trovato un tronco di quercia contenente due scheletri e sulla croce di piombo la scritta ‘Hic jacet sepultus Arthurus rex inclitus in insula Avalonia’, ‘Qui giace sepolto il famoso re Artù sull’ Isola di Avalon’. Gli stessi monaci dell’abbazia hanno sempre riconosciuto Glastonbury come la mitica Avalon.


2. giorno Dopo una meravigliosa ed abbondante colazione inglese ( consiglio il bar in piazza che fa angolo), si lascia la cittadina di Glastonbury alla volta di Tintagel, ma senza abbandonare l’alone di fascino di questo luogo e di tutti i suoi antichi misteri… Tappa obbligatoria lungo il percorso è sicuramente Nectan’ s Glen (Cascata St Nectan), descritto come tra i dieci più importanti siti spirituali del paese, un luogo di straordinaria bellezza naturale. E’ raggiungibile con una bellissima passeggiata in mezzo al bosco, con ruscelli e ponticelli, dove l’armonia con la natura è vibrante e tangibile. Una buona tazza di cioccolata calda, al piccolo luogo di ristori in mezzo al bosco, ha accompagnato il mio cammino. ST NECTAN’S GLEN La cascata a St Nectan Glen, o Kieve di San Nectan, è una delle gemme nascoste di Tintagel. Sperduto nella Rocky Valley, a pochi passi da Tintagel, si estende il bosco di Trethevy, luogo di enorme interesse naturalistico, e di antico pellegrinaggio religioso. Addentrandosi nel fitto bosco, attraversato dal fiume Trevillet, si raggiunge la San Nectan’s Glen, uno tra i posti di maggiore spiritualità della Gran Bretagna. Questa meraviglia naturale è assolutamente incantevole e magica. Un flusso di acqua cade sulla roccia e scende verticalmente in un bacino di pietra (la ‘Kieve’). Il bacino si è formato nel corso dei millenni con le rocce erose dall’acqua, acqua che ha creato delle cascate che, attraverso un arco, si riversano nella piscina sottostante. L’effetto è così bello e

meraviglioso che i quasi ci si sente ipnotizzati …. . Per molte persone, la cascata è un luogo spirituale. Non si può stare alla base di quel getto e non sentire nulla, mentre goccioline di umidità riempiono l’aria e la vegetazione verde scuro aggiunge misticità e sacralità a questo luogo. Secondo la tradizione celtica, Nectan, di origini irlandesi, era il Dio dell’acqua e il guardiano del pozzo sacro, fonte di infinita conoscenza. La sacra fonte era conosciuta solo a lui, e si dice che chiunque fosse riuscito a vedere l’acqua sacra scorrere avrebbe istantaneamente perso la vista. Per questo motivo il pozzo era protetto da un arco di pietra e due pesanti porte di legno chiuse con un lucchetto. Un giorno nove nocciole caddero dall’albero magico che sorge in prossimità del pozzo, e Fintan, un mutaforme sopravvissuto all’incantesimo grazie alla sua capacità di tramutarsi in falco, mangiò una di queste nocciole, mentre era sottoforma di salmone. Fintan divenne il Salmone della Sapienza e acquisì la conoscenza di ogni cosa, ma il caso volle che fosse catturato da Finn

MacCool il Gigante a pesca di salmone. Non appena il gigante ebbe toccato il pesce acquisì il dono della chiaroveggenza e della guarigione. Secondo la leggenda cristiana, invece, Nectan partì nel V secolo DC dal sud del Galles e giunse nella foresta dell’Hartland dove rimase come eremita. Un giorno fu decapitato da alcuni fuggiaschi che si erano addentrati nel bosco per trovar rifugio dopo aver saccheggiato il castello. Secondo il racconto, Nectan avrebbe raccolto il capo e si sarebbe incamminato in direzione di un pozzo, che oggi porta il suo nome, dove avrebbe deposto il capo prima di morire e poi sepolto da due sorelle che vivevano in quei luoghi, donne che le leggende locali credono potessero essere streghe o sagge…. gocce di sangue scuro (depositi ferrosi) sono visibili oggi su molte delle pietre in acqua…. Un’altra leggenda narra che i cavalieri di Re Artù, prima di partire alla ricerca del Santo Graal, si dovessero prima purificare a Glen St Nectan per preparare il loro cammino spirituale. Luisa Lovari

Lasciando questo luogo così intenso e magico si prosegue alla volta di Tintagel ...

foto di Luisa Lovari


il calderone


Casa dell‘Awen Ovvero

la cerca benedetta.

M

i muovo silenziosamente tra i miei pensieri, cercando di non inciampare su vecchie idee accantonate da tempo, in fatto di Awen. Mi riprometto sempre di svuotare quella parte del cervello che è convinta di sapere...eppure rimane sempre un angolino oscuro, dove ho messo quegli scatoloni su cui ho scritto “DA BUTTARE”! Mai procrastinare nessun tipo di repulisti! Ed oggi è proprio il giorno giusto per concludere questo genere di faccende! La prima volta che sentii la parola Awen, ebbi una reazione di rifiuto, perché mi ricordava “Amen”. Non tanto la versione cattolica, ma quella del parlar comune veneto, che suona in modo ambivalente sia come “arrangiati” che “abbiamo finito di parlare”. Passarono alcuni anni, e anche se cantavo l’Awen ogni tanto, avendone compreso il significato dal Gallese, non mi convinceva del tutto. Cambiai notevolmente idea quando praticando yoga e meditazione, ebbi la possibilità di seguire una lezione sul significato e sulla tecnica di pronuncia del suono sacro “OM”. Lavorando in particolar modo sulla respirazione e sull’impostazione dei

muscoli addominali e della lingua. Ovviamente non appena arrivai a casa provai a ripetere l’esperimento, “druidicizzandolo” ed ottenni l’effetto di una dolce e prolungata vibrazione che si espandeva lungo tutto il corpo. Mi piacque molto ed ancora oggi, questo crossover indoeuropeo, accompagna la mia vita. Ma quali sono gli effetti reali, e che differenza fa, nella vita di tutti i giorni cercare l’Awen? I druidi antichi lo conoscevano o è un’invenzione utile solo a noi sclerati del 21º secolo? L’Awen è una parola, ma il suo significato va ben oltre i suoni ed i simboli. Racconta di come la vita accade, di come nessuna predisposizione mentale può prepararci completamente alle emozioni, e ancora meno alle esperienze del corpo. Tre gocce di Awen sul dito del piccolo Gwion, lo fanno morire e rinascere tre volte. Mentre come bambini, ci perdiamo nelle meraviglie del suo racconto, come adulti, cominciamo a soffermarci sui singoli eventi. Tre morti, prima di tre rinascite, significa proprio tre morti...separazione quindi, senso di distacco e caduta. Vuoto, perdita di volontà e zero controllo. È da qui che parte l’Awen, per dirla con un francesesismo, proprio quando siamo nella merda.

E non ci sono mezzi termini o paroline auliche, per addolcire la pillola. L’Awen è legato ad Abred, questa fettina di multiverso su ci siamo seduti, è un mondo di necessità. Ed è proprio quando abbiamo bisogno che scatta il programma ” mi predispongo all’Awen “, o più semplicemente siamo maggiormente disposti all’ascolto di noi stessi e dei messaggi che ci vengono dal mondo. Questa considerazione apre molte valutazioni, per esempio che anche la miglior disciplina “Peacemaker” non causa un flusso di idee innovative e non è la soluzione ai problemi che abbiamo. È uno strumento facilitatore, che aiuta e favorisce, ma non è e non sarà mai la causa per cui l’Awen si manifesta in noi. Un’altro punto interessante riguarda la volontà e il riconoscimento dei bisogni. Se Awen è quell’energia che scaturisce dall’unità tra i piani del nostro essere ( spirito, mente, emozioni e corpo ) un momento di pura esistenza senza se e senza ma, allora è anche la visione chiara di quello che siamo. Come i figli gemelli di Ceridwen, Creidwy e Afagddu, luce ed oscurità, bellezza e orrore. Proprio ad Afagddu, era destinata la pozione dell’Awen, come dire, che la natura ( la Dea Ceridwen ) segue sempre


un percorso ottimizzante, migliorativo in termini di miglior uso delle risorse disponibili nel suo contesto complessivo. Quindi Afagddu non era un problema per sua madre, ma era distonico per la comunità degli Dei ( anche se nei miti Gallesi, non usano proprio il termine di Dei o semidei come in quelli Irlandesi, sembrano più che altro una compagnia di nobili coinvolti in avventure prodigiose, perché hanno una taglio narrativo decisamente più medioevale e cristianizzato). Insomma nonostante tutta la buona volontà della natura, questo Awen, non è andato a sistemare l’orribile faccia di Afagddu e nemmeno a dargli la conoscenza per compensazione, è andato ad uno sfigatissimo ragazzino che se ne stava in compagnia di quel pezzentone di Morda, quindi è andato all’umanità, o meglio alla Tribù, per citare il buon Kondratiev. Ma guardiamola bene sta umanità, troppo Giovane o troppo Vecchia, per sapere dove andare. Per avere una chiara volontà e per riuscire a mantenerla nel tempo. Gironzola a caso per la foresta ( che potremmo para-

gonarla all’inconscio ), fa qualche lavoretto, ma stenta a sopravvivere e soprattutto ha un casino di problemi sulle spalle, soprattutto fisici. La Dea/Natura, se li trova davanti e ingaggia sti poveracci, senza chiedere loro se sono predisposti, senza fare un concorso pubblico e nemmeno con tanto preavviso, li molla nella capanna a rimestare il calderone e a tenere il fuoco acceso. Apparentemente da loro un compito umile, da donne, ma in realtà... gli mette in mano il frutto del suo lavoro. Vi ricordate la storia, mica c’aveva la pozione dell’Awen nel ricettario di casa, tra gli Arrostici di agnello e i Brownies al triplo cioccolato...anche Ceridwen fatica per ottenere l’Awen. Ma per lei è più facile arrivarci, perché la sua volontà è chiara, ed il suo bisogno, quello del figlio. Per noi arrivarci, è abbondantemente una questione di culo. Ma essendo che per me la fortuna non esiste, perché non esiste il caso, il perché ed il percome si arriva a quel momento di incredibile serendipità, è un mistero, inteso come la meravigliosa combinazione di un indefinito numero di condizioni favorevoli. E la cosa pazzesca la volete sapere, è che tutti a modo loro prima o poi sperimentano l’Awen, come un momento di comprensione profonda, di chi si è, e non di chi si vorrebbe essere. Di cosa si vuole realmente e di come raggiungerlo. È qui che comincia la vera caccia. La caccia a se stessi, con una sola regola, non è finita, finché non è finita veramente. Fino all’ultimo espiro, ed io sospetto anche ben oltre. Questa cerca della vera volontà è una

scoperta, un continuo micro adattamento al presente. Infiniti tentativi per ricordare forse cosa significano per noi quelle tre gocce benedette. Bernardino Del Boca, un Teosofo del ‘900, padre spirituale del ramo Valdostano del Druidismo Italiano, parlando delle ere dell’uomo, sostiene che i Druidi vivevano nell’Età dell’Ariete in cui l’esigenza per l’umanità era quella di vivere il conflitto per imparare a manifestare la propria volontà. Il conflitto era esteriore e di gruppo in quell’epoca, migrando attraverso l’Età dei Pesci, è diventato personale, incarnando il Mito del Sacrificio Volontario, fino all’attuale Età dell’Acquario, in cui è soprattutto interiore e con lo scopo di rivelare una volontà suprema e liberatrice. Trovo interessante questa teoria, perché presuppone che ci sia una relazione tra il tempo e la conoscenza che la razza umana raggiunge, che in termini simbolici potrebbe ancora trattarsi della relazione tra Dea e Awen. Ma questo, a tutti gli effetti è quello che accade dopo, che l’Awen ci coglie, e quindi è un’altra storia, intanto vi lascio con questo pensiero: Essere una creatura ispirata, significa essere prima di tutto e permettere che la Vita accada con noi e con la nostra volontà. Ogni conflitto genererà separazione, ci riporterà nella foresta, ma non è un problema, basta non perdersi troppo a lungo! Briga delle Colline


LE VOCI DEI QUATTRO un breve viaggio fra antichi strumenti musicali

L

a musica (dal greco “moysa”musa) è l’arte più effimera praticata dall’essere umano e, al tempo stesso, la più connessa all’aspetto spirituale e meditativo. Mentre abbiamo testimonianze scritte o tramandate oralmente di tutte le altre arti, è quasi impossibile ricostruire con esattezza la storia della musica a partire dall’età preistorica: abbiamo solo la possibilità di ipotizzare un percorso grazie ai reperti archeologici relativi ai primi strumenti musicali, cioè ad oggetti costruiti con materiali di uso quotidiano, quali ossa, conchiglie e pezzi di legno o pietra, destinati a produrre suoni specifici. Perché, così indietro nel tempo, nasce il bisogno di fare musica? Possiamo supporre che le popolazioni primitive tentassero di riprodurre i suoni della natura, cioè degli spiriti che per loro erano il perno su cui ruotava l’intera esistenza, e che l’esecuzione di tali suoni fosse riservata ad occasioni sociali importanti quali rituali e preghiere: il ciclo dell’anno influenzava fortemente la

sopravvivenza dell’essere umano e ne decretava la vita e la morte, perciò è semplice intuire l’importanza che i popoli davano al susseguirsi delle stagioni ed è altrettanto facile comprende perché e per cosa pregavano. E’ ovvio che gli strumenti musicali fabbricati derivassero da materiali naturali facilmente reperibili che assumevano, una volta trasformati, valenze magiche e poteri psicotropi durante i rituali: in questo articolo, che sarà ripartito in quattro brani, desidero presentare altrettanti strumenti che ci riporteranno indietro nel tempo. La scelta, da operare fra vasta gamma di oggetti che la creatività dell’uomo è riuscita a generare,

non appariva semplice; poi ho deciso che non c’era nulla di più adatto del connettere ogni strumento ad uno dei quattro elementi legati ai punti cardinali e alle festività maggiori della Ruota dell’Anno... la matassa si è dipanata velocemente. Per rendere tutto più chiaro propongo nell’immagine a seguire la ripartizione sulla quale mi sono basata Siamo a Samhain, la fine dell’anno, nasce il primo numero de “Il Calderone” che rappresenta il nostro ultimo raccolto ed il nostro viaggio comincia nel Nord, con i piedi ben saldi sulla terra di questa fine del ciclo. La terrà parla con la voce del...


TAMBURO A CORNICE

S

i tratta di uno strumento musicale a percussione, cioè che produce suono quando colpito con le mani o con appositi attrezzi (con una stecca nel bodhràn irlandese, ad esempio): è costituito da un’unica pelle fissata su un anello di legno e, per amore della precisione, possiamo dire che ogni tamburo che possieda una profondità minore del suo stesso diametro viene definito “a cornice”. La traccia più antica che abbiamo, relativa all’esistenza di questo strumento, ci conduce fra le civiltà mesopotamiche che abitavano la zona della mezzaluna fertile del 6000 a.c: si diffuse ampiamente in tutto il bacino del mediterraneo e nei millenni è cambiato ben poco per tecniche di costruzione. La cornice del tamburo veniva realizzata sottoponendo una fascia di legno (molto spesso si trattava di legno di rosa) a fasi di lavorazione che la rendevano deformabile grazie a umidità e calore, sulla quale si fissava una pelle conciata e bagnata che, seccandosi, raggiungeva un livello di tensione tale da produrre il suono ricercato. Se oggi alcuni costruttori prediligono, per varie ragioni, l’utilizzo di pelli sintetiche, nell’antichità quasi ogni animale serviva allo scopo: mucche,asini, capre, pecore, cani, gatti, cammelli, cavalli, rettili e addirittura pesci! Più la pelle era spessa e grezza, più il suono prodotto risultava grave e cupo: di conseguenza, pelli più fini e lavorate permettevano di ottenere suoni acu-

ti e chiari. Non di rado, erano i sacerdoti e le sacerdotesse a consacrare gli alberi dai quali trarre il legno per la cornice e a scegliere l’animale che avrebbero apportato poteri specifici allo strumento che essi stessi avrebbero utilizzato in molte cerimonie. Nella Grecia e nella Roma antiche, ad esempio, il culto misterico delle Melisse, sacerdotesse protettrici delle api e delle nascite, si serviva di numerosi tamburi a cornice per mezzo dei quali riproducevano il battito del cuore dell’Ape Regina e il ronzio dell’alveare durante le danze celebrative. Ma perché il tamburo può essere rappresentativo della terra? La Terra è elemento “madre” per eccellenza perché nel proprio ventre oscuro e protettivo ospita il seme che potrà riposare nel lungo inverno e germinare per ritrovare il sole a primavera. E’ l’essenza e il teatro del Cerchio della Vita e possiamo immaginarla dotata di un cuore caldo, forte e pulsante. Ecco che il tamburo diviene voce di questo cuore, voce che riconduce l’uomo alle proprie radici! Non a caso i tamburi a cornice venivano usati come strumenti fondamentali dei rituali dall’uomo dell’antichità: venivano spesso decorati con sonagli metallici, di legno o di conchiglia per aggiungere suono al suono. Anche le pelli potevano essere dipinte con raffigurazioni importanti per le celebrazioni ed i riti di passaggio. Per alcune popolazioni, il legame che si creava tra la voce del tamburo e quella del sacerdote (o sa-

cerdotessa) officiante era così forte e speciale che, alla morte dell’uomo di fede, la pelle dello strumento veniva tagliata! La semplicità e il potere evocativo che questo tipo di strumento esercita sulla spiritualità umana ha fatto si che l’uso del tamburo non si perdesse nei secoli, ma si sviluppasse in tutte le culture e si legasse a tutte le tradizioni musicali popolari: parlando della nostra terra, l’Italia, possiamo dire che non esisterebbero Tarantella o Tamurriata senza tamburello. Nonostante i tamburi a cornice siano composti da una singola pelle, in alcune zone geografiche abbiamo la possibilità di ascoltare frame drums dotati di doppia pelle, cioè chiusi da entrambi i lati: è questo il caso del pandeiro galiziano. In Irlanda i balli tradizionali sono sempre accompagnati dalle forti e potenti pulsazioni dei bodhràn e i dervisci persiani eseguono la loro ipnotica danza roteante accompagnati dai daf, ancora oggi come nei secoli indietro. La Voce della Terra ha parlato... Alessia Mosca Proietti


UNA GITA IN MONTAGNA una giornata calda. Mia madre sistema le borse in macchina. Mio padre è già al posto di guida. Stiamo andando al paese di zia Mariuccia, quella che non vedo mai perché abita troppo lontano. Lasciamo la città e in poco tempo ci troviamo sull’autostrada. Mi annoio, il tempo sembra non finire mai, poi finalmente qualcosa cambia. Ci troviamo in una stradina piccola e senza pavimento. Non ci sono altre macchine, non ci sono altre voci. Mio padre è completamente immerso nel suo satellitare e mia madre prova a chiamare qualcuno per farsi indicare la strada. Poi, terrorizzati all’idea di essersi persi, decidono di fermarsi. Esco dalla macchina. Mi guardo intorno e penso che l’aria sembra essere diversa ma non saprei dire in che modo. Per qualche minuto resto attaccato alla macchina. Penso che se mamma e papà hanno paura dovrei averla anche io. Invece, non mi sento impaurito, solo più leggero. Sì, come un palloncino. Guardo il cielo e mi sembra di non averlo mai visto così grande. Dicono che posti come questo sono

E’

belli perché silenziosi. Qui, però, non c’è silenzio ma tanti suoni che messi insieme fanno una musica. Un cane in lontananza, il vento che fa cantare le foglie, un vocio soffuso di uccelli, lo strisciare e lo sgambettare di animali che non conosco. E una pioggia di ghiande che, cadendo, dettano il ritmo a tutto il resto. Guardo i miei genitori, ancora litigano. Allora vado a sedermi sotto un grosso albero. A guardarlo per intero, piegando la testa all’indietro, mi accorgo che i rami non sono esattamente come sembrano. Sì, hanno proprio l’aria di essere braccia. Forti abbastanza da afferrare i miei pensieri e sorreggerli. Le foglie sono mani delicate che, in pochi minuti, hanno raccolto ogni mia paura. Hanno preso la mia tristezza e l’hanno portata altrove. Immagino, forse, in un posto lontano. Un posto che non tutti possono conoscere. Tutto d’un tratto mia madre, che pare essere sempre più arrabbiata, ci fa sapere che il gruppo è partito già da tempo. Siamo in ritardo per la processione della Madonna e siccome il tutto si svolge attraversando un bosco non c’è modo di comunicare con nessuno dei partecipanti. Quando iniziano a litigare, cercando di capire di chi fosse la colpa del ritardo, io li guardo silenzioso e mi

chiedo perché mai mia madre voglia vedere questa statua della Madonna. In fondo a Napoli ce ne sono a centinaia. Ogni due palazzi c’è una chiesa, più o meno. Respiro forte e glielo domando. - Come dici? Che domande fai? E’ importante perché… perché è una cosa sacra. Ecco, adesso hai capito? Bisogna che tu impari a vedere la differenza tra ciò che è sacro e ciò che non lo è. - E che cosa vuol dire sacro? Le dico io. - Vabbè, adesso te lo spiego. Tanto pare che qui non ci sia niente altro da fare. Sacro è qualcosa che rende la vita più leggera e importante. Qualcosa che non appartiene al nostro mondo. Qualcosa che non possiamo vedere nella nostra vita di tutti i giorni. Per questo facciamo cose che non si spiegano facilmente. Proprio come la gita di oggi. - Quindi siamo venuti qui per vedere il sacro? Rispondo io sempre più confuso. - Certamente. Era proprio questo quello che volevo fare. Farti fare una esperienza sacra. Purtroppo però… Mio padre la interrompe e lei immediatamente mi lascia per andargli incontro. Allora la seguo sperando di ascoltarla ancora ma non c’è niente da fare. Mio padre ha fame.


E quando il suo stomaco brontola tutto deve fermarsi. Mia madre cerca in rete il ristorante più vicino ma, siccome non riesce a trovare una connessione internet, dice che dobbiamo spostarci. Io, veramente, non vorrei andare via. Mi pare sia durata troppo poco questa esperienza del sacro. Anche se a dire il vero ancora non ho capito bene di cosa si tratti. Dunque, ricapitolando, deve essere qualcosa che non appartiene al nostro mondo, che non possiamo vedere tutti i giorni e che rende la vita più leggera e importante allo stesso tempo. Ma certo come ho fatto a non capirlo prima. E’ per questo che siamo venuti qua. Certo che se mamma non mi avesse spiegato la faccenda del sacro non avrei mai immaginato che per lei quest’albero gigante fosse così importante. Perché deve essere questa la cosa sacra che voleva farmi conoscere, non ci sono dubbi. Quello che ancora non mi è chiaro è la faccenda della Madonna. In fondo, però, a mia madre piace tanto andare in chiesa. Forse aveva voglia di un’altra chiesa, di statue diverse. Del resto anche io amo moltissimo il mio parco giochi ma ho sempre voglia di vederne di nuovi. - Tesoro andiamo. Dobbiamo assolutamente metterci in cerca di un ristorante. E’ tardissimo. - Vengo mamma. Saluto l’albero e vengo. - Saluti cosa? Va bene, va bene ma cerca di fare in fretta. Mi avvicino al tronco e lo tocco con la mano aperta. Gli parlo. Mi preparo a lasciare il suo mondo pieno di foglie colorate e torno nel mio.

Certo dal mio balcone non potrei mai vederlo ma la distanza poco importa. Io non avevo mai conosciuto la parola “sacro” ma adesso che lo so posso finalmente dare un nome a quello che sento. Del resto è proprio a questo servono le parole, a dare un nome a ogni cosa. Anche a quelle difficili da capire. Monica Zunica


triadi

che cosa e‘ il druidismo


Il druidismo e:

“Il Calderone, l’Albero e l’Awen “ Il Calderone ci collega al nutrimento spirituale ed al nostro passato mitico; L’Albero ci connette all’energia del mondo naturale ed al rapporto di tutti gli esseri viventi; e l’Awen scintilla e si accende nei nostri esseri attraverso il nostro servizio e la comprensione dei primi due Insieme, questi rapporti creano un Druidismo ‘vivo’. Benedizioni, Penny


Il druidismo e:

“Amare gli spiriti Rispettare la terra Onorare gli antenati” Caitlín Matthews


Il druidismo è: “Consapevolezza, Creatività

e Condivisione. ”

La Consapevolezza è la base: è sentire sempre di più “quello che tu sei”, la tua unicità, conoscere i tuoi mutamenti e, di conseguenza cosa vuoi sperimentare o evitare per vivere quanto più “felicemente” ti sia possibile. La Creatività è l’idea, la spinta, l’entusiasmo che ti illumina la Via, sono le vibrazioni dell’Awen in tutta la sua potenza, l’Energia, quella forza vitale che riusciamo ad attingere da noi stessi quando il “contatto” fra il nostro mondo dentro ed il nostro mondo fuori è sereno ed aperto. La Condivisione con il Tutto è la Realtà fisica e spirituale dentro cui questo si svolge. Daniela F.P.


eistedfodd


Il Calderone Alza il coperchio la mano sapiente Controlla vigile l’occhio saggio La mano che stringe il mestolo nodoso Un pizzico di unione,una manciata d’umiltà La ricetta e’ antica,i commensali moderni Possa il passato indicare la via Possa il presente tracciare il futuro L’antro fumoso accolga i progetti Dai vapori colorati nasca l’ispirazione Ogni bolla sia idea,ogni scoppio energia Il calore della fiamma inondi le coscienze Il sorriso beffardo plachi gli eccessi Giovani,vegliardi,donne uomini specchino il loro animo sulla superficie misteriosa Nessuno impugni la mannaia che recide Che il filo dell’insieme possa intessere le trame Il percorso e’ lungo,il bosco e’ misterioso,la strada e’ maestra percorsa in armonia... Unire,costruire amare e rispettare Un nuovo orizzonte si dispiega L’infinito può essere luminoso Gli artefici non possiamo che essere noi La mano sapiente ha aggiunto le dosi L’occhio ha vigilato e la via e’ stata tracciata Il calderone e’ pronto a gorgogliare...

Emiliano Duir Savoia


Ai confini del mondo Ai confini del mondo ho trovato un varco Ho guardato oltre abbandonando il mio arco Al di la di quello c’era un piccolo ruscello E io l’ho raggiunto per essere parte del suo animo bello Nell’acqua limpida era sommerso un calderone E io l’ho afferrato come un marinaio con il suo timone L’ho riempito di acqua che scorre E della mia anima chiusa in una torre Passato, presente e futuro sono caduti nel calderone E il mio silenzio è riemerso da un profondo burrone Quando la mistura ha iniziato a bollire La mia anima segreta ha provato a fiorire.

Monica Zunica


La Promessa di Samhain… Foreste avvolte nell’abbraccio della nebbia la porta tra i mondi inizia ad estende il suo canto… il Tempo di Samhain….è giunto! Il coro delle Anime s’intreccia al nostro… uniti con Noi in questo tempo di confine in questo giorno non giorno….sospesi nel tempo.. il Tempo di Samhain….è arrivato! La morte del Vecchio e la nascita del Nuovo l’eterna Verità da ricordare in questa lunga notte… Come una foglia che cade coprendo tutto ciò che è.. custodendo il ritmo segreto di tutto ciò che ancora sarà… Samhain… raccontaci il tuo segreto! Sotto la Luce dorata del sole d’autunno raccolgo i frutti del pensiero e dell’azione Canto le trame di un destino, tra le pieghe del tempo… Avanzando e retrocedendo, fluendo e tornando ad essere… Samhain… portaci la Visione!


E mentre i giorni cedono luce alle stelle le notti si fan lunghe e il freddo inverno canta nelle mie ossa.. Nel focolare lavoro per costruire un Io migliore Per ogni anima che incontrerò e per quelle che già ho salutato… Samhain… il viaggio è iniziato! Soffia..soffia forte il Vento del Nord che freddo taglia il mio pensiero.. Ascolto il grido della Vecchia Oscura l’urlo nei cieli sconfinati dell’essere Selvaggio.. Soffia saggezza e giunge la Fine, in una mano la mia scelta e nell’altra il dono di Samhain… la Vita della Terra riposa adesso sicura… Nell’eco del cielo in tempesta, nel silenzio del temporale all’orizzonte nella stella più luminosa del freddo inverno scorgo i presagi di una promessa… La promessa di Samhain! Stefano Alessi/ Aeothin


Niente dura per sempre Niente dura per sempre nel tempo, ma ciò che esiste è al di fuori del tempo. In eterno adesso esistiamo come più di una semplice idea? Non è quello che sai, ma che cosa porti della tua conoscenza che segna il nostro viaggio dell’anima e dirige il nostro percorso Nella fiamma più dolce e nella polla più silenziosa Si trova la porta della pace Mi trovo di fronte alla Quercia Mi trovo di fronte alla Quercia E divento la foresta Muovo un passo nel fuoco Le mie scintille sono le stelle Io salto E divento il vento sacro Shaun


appuntamenti


Appuntamenti MEDITATION, INNER JOURNEYING and the ART of RITUAL a cura di Henk e Marjorie

OBOD WORKSHOP 15 - 17 Maggio 2015

H

enk e Marjorie ci invitano ad unirci a loro per un fine settimana residenziale in cui ci offriranno la loro conoscenza delle celebrazioni dell’ OBOD e delle sue attività. Sarà un meeting esperienziale, un laboratorio pratico che ci aiuterà ad accompagnare ed approfondire il materiale offerto dai gwersu. Durante questo fine settimana ci saranno dati gli strumenti e le tecniche che ci consentiranno di viaggiare in modo sicuro nel mondo interiore, di metterci in contatto e in dialogo con gli esseri interiori e nel contempo ci aiuteranno a praticare in modo più efficace sia le celebrazioni che il nostro spazio rituale. L’obiettivo di questo primo workshop è quello di consentire di avvicinarsi sia alla Meditazione che al Rituale con maggiore fiducia, chiarezza e creatività. Il workshop è accessibile e aperto a tutti gli Obodies, Bardi, Ovati e Druidi.

Il programma sulla meditazione pratica e sul cammino interiore ci offrirà un’introduzione alle tecniche essenziali del lavoro interiore. Gli argomenti trattati includono “il Corpo di Luce”, l’approfondimento e la scoperta della nostra saggezza interiore, il cammino con gli esseri interiori e con i nostri alleati e guide. Nell’arte di rito scopriremo i modi in cui il rituale funziona includendo in esso ogni aspetto di noi stessi e ci offrirà offre un’opportunità per sviluppare la nostra creatività e il no-

stro potenziale. Lavoreremo con il cerchio, il centro, la voce, i quattro quarti, l’ apertura, la chiusura, e la creazione del rito stesso Il gruppo si riunirà il Venerdì sera, e il workshop si concluderà nel pomeriggio di Domenica. Sabato sera festeggeremo con un Eistedfodd, quindi, se avete qualche canzone o qualche storia da condividere, siete pregati di portarla con voi.


Dettagli completi e maggiori informazioni saranno trasmessi tra poco. Per ulteriori informazioni, inviare un e-mail a: obodworkshoprituale@ gmail.com Ecco alcune osservazioni dei partecipanti ai precedenti workshop: “Questi due giorni mi sono serviti effettivamente per approfondire la mia pratica individuale” “Il workshop mi ha dato più fiducia nei rituali e nelle cerimonie” “E ‘stato molto piacevole incontrare compagni e amici che pensano e vivono il Druidismo al mio stesso modo approfondendo il nostro senso di connessione con lo Spirito e la semplicità del lavoro con il nostro cammino interiore”

Facilitatori: Marjorie è laureata in psicologia ed è una terapeuta olistica. Il suo coinvolgimento nel Druidismo dell’ OBOD è iniziato nel 2000 Attualmente organizza il ciclo di laboratori “Figlie del Fuoco” con Thea Worthington. Nel 2007, viene nominata facilitatore e insegnante nei workshop sul Rituale e la Meditazione per gli studenti OBOD dei Paesi Bassi con Henk. Marjorie divide il suo tempo tra il suo lavoro come consulente aziendale, facilitatore nei seminari, volontariato, incentrato alla conservazione forestale e i suoi interessi creativi.

Henk J.Eggink ha conseguito un Master of Science in Business Administration ed è un trainer di gestione con uno dei principali istituti di formazione olandese sullo sviluppo della leadership. E interessato alla spiritualità pagana e sciamanica da oltre 20 anni. E ‘entrato nell’Ordine nel 1997 ed è stato tutor coordinatore per il corso OBOD olandese dal 2010 Dal 2000 organizza varie le attività in giro per il mondo, meeting, workshop e festival per la comunità OBOD


L’Obod in Italia GroveS e Seed GroupS Il cerchio di arth (Torino)

Silver Wolf Circle (Piacenza)

Il cerchio di anu (Trento/Lodi)

La Radura di Bright (Trento)

Bosco dell’Awen (Biella)

La Tor (Friuli)

L’’Iperico (Molise)

Il COnciliabolo Celtico Toscano (Toscana)

Il Biancoscpino (Roma)

La Quercia (Roma)

Per maggiori informazioni sui Grove e seed group: www.druidry.org/community Dal Novembre 2010 l’Ordine Druidico Italiano - Bosco dell’Awen e’ distributore ufficiale del corso OBOD in italiano, suddiviso nei gradi Bardo, Ovate e Druido, completamente tradotti e fedeli agli originali inglesi. Le iscrizioni possono essere fatte in ogni periodo dell’anno sul sito www.druidry.it


Faccia da Druido hanno collaborato a questo numero... Daniela F.P.

Ilaria Pege

Fata Betulla

Briga delle COlline

Paolo Veneziani

Stefano Alessi

Bran

Aeothin

Emiliano Savoia

Alessio Cotena

Duir

Bradhan

Monica Zunica

Luisa Lovari

LAURA VILLA

Alessia Mosca Proietti


Colophon Il Calderone Rivista italiana di druidismo dell’OBOD (The Order of Bards, Ovates and Druids) Numero 01 di Samhain 2014

Redazione Daniela, Fata Betulla Paolo Veneziani, Bran Alessio Cotena, Bradhan

Hanno collaborato a questo numero: Stefano Alessi, Aeotin Davide Armentano (Grafica e impaginazione) Daniela, Fata Betulla Alessio Cotena, Bradhan Luisa Lovari Markus Juniper (traduzione dall’inglese ) Ilaria Pege, Briga delle Colline Franco Pozzer (marchio della rivista) Emiliano Savoia, Duir Paolo Veneziani, Bran Laura Villa Monica Zunica

Chiunque fosse interessato a partecipare o a ricevere gratuitamene la rivista, può prendere accordi con la redazione inviando una mail a: ilcalderoneredazione@gmail.com La partecipazione e la diffusione della rivista è aperta a tutti. A questo link la rivista sfogliabile: http://issuu.com/ilcalderone/docs/il_calderone-samhain_2014/1


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