06/2016. Imbolc Magazine curato da membri dell’OBOD
INDICE I LUOGHI DEL TEMPO Idee e proposte per ospitare il cammino dell’Anno.
p. 06
di Monica Zunica
in VIAGGIO di Luisa Lovari
p. 08
IL POTERE
DELLE STORIE Miti, Leggende e Divinità.
p. 12
di Daniela Ferraro Pozzer
LA MUSICA
DEGLI AINUR Un libro e un disco da portare nel Bosco Sacro.
p. 17
di Cristina Pedrocco
IL CANTO
DELLE MUSE Attraverso la Storia della Creatività.
p. 18 In copertina, indice, editoriale e nel numero Foto di Laura Villa
di Alessia Mosca Proietti
L’anIma
Delle pIante di Markus Juniper
La MAdIA Dell’OVATE di Ilaria Pege
p. 28
p. 21
p. 32 p. 36
TRIADe
ALTRI SENTIERI di Rudi Toffetti
di Damh The Bard
p. 1
Irbis Damh The Bard
I tre Altari
p. 37
in VIAGGIO
EISTEDDFOD
p. 26
IN CUCINA COL DRUIDO: IMBOLK! di Elisa Zanotto
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Il calderone
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EDITORIALE
I
mbolc, la Prima Luce: soprattutto il ritorno della ‘Certezza della luce’… oltre la speranza e gli ‘auguri’ di Yule, oltre l’accogliente Notte che ne ha cullato il seme. Una festività antica di origine pastorale che segna il punto mediano tra il solstizio d'inverno e l'equinozio di primavera e nel cui nome nasconde ancora l’antica radice irlandese che rappresenta l’essere nel grembo, in riferimento alla gravidanza delle pecore, alla nascita degli agnelli, ed alla conseguente produzione di latte. Il Latte, questo elemento di base, il primo nutrimento che ci accoglie nel mondo e che anche oggi, fra fautori ed osteggiatori, ci segue in varie forme per tutta la vita: abbiamo pensato di interessarcene osservandone i diversi significati, usi e simboli. Il Cibo e ciò che rappresenta la nutrizione saranno argomento di uno dei nostri sentieri.
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E la Ruota dell’Anno gira… alla luce delle Candele e del sorriso di Brigit e, sulle note crescenti dell’Awen che si trasforma in Musica, seguiamo il racconto della Storia dell’Opera Lirica in Italia, manifestazione tradizionale ed antica della Creatività dello Spirito del Luogo. Ed allo stesso ‘Genius loci’ è legato anche il racconto di una manifestazione tradizionale e simbolica che ancora si svolge nel centr’Italia, con tutta la propria carica di Energia che scorre nel tempo senza attenuarsi. Abbiamo voluto scrivere e mostrare la bellezza e la potenza di questa festa, anche se precede il tempo di Imbolc… ‘annunciandolo’ come promessa e come speranza nel Solstizio d’Inverno, perché il nostro ritmo di pubblicazione non coincide con alcuni importanti eventi che comunque sono troppo significativi per essere tralasciati! Come in ogni numero de Il Calderone abbiamo pensato anche ad un Viaggio… e questa volta le nordiche terre della Lapponia Finlandese saranno lo scenario per un breve sguardo sui luoghi sacri di quelle popolazioni. Imbolc, la Prima Luce: crediamo che ‘iniziare’ con il racconto di uno dei Miti più significativi e fondamentali della tradizione druidica sia essere nello spirito di questo Tempo ed è per questo che ci avvicineremo a Taliesin ed al Calderone dell’Awen, affrontandone qui, inizialmente, il lato storico/letterario, arricchito e reso vivo dalle parole di una bellissima canzone di Damh the Bard, che ha voluto donarci anche la sua Triade. Ma nell’Eisteddfod fra le chiome di Brigid, di cui a lungo abbiamo parlato nello scorso Giro di Ruota, e le Speranze di Imbolc, fra i suoni del vento freddo ed i primi sottili raggi di sole, ascolteremo anche le parole del Bardo che è in ogni Duido… in due poetiche ‘immagini dell’Awen’. Camminando lungo la Via che ci conduce dentro e fuori di noi, vogliamo soffermarci a parlare con la Dea nella sua triplice veste e poi continuare il viaggio… Una passeggiata nella Natura, fra le piante e i piccoli incontri di questo momento, come sempre ci aiuterà a sentirci parte di quei ritmi inconsapevoli che ci conducono, fluidamente ed inesorabilmente, oltre la soglia della parte luminosa dell’anno: il tempo del riposo, del dentro e della notte è finito, con la Benedizione di Brigid, rilucente di tutti i suoi significati, inizia il tempo del Fare! In questo numero vogliamo dare inizio ad una rubrica, Mischmasch, che in tedesco significa miscuglio, mescolanza… e quale luogo più indicato di un “calderone” per questo? Sarà una piccola zona dedicata all’eventuale segnalazione di libri, films, musica , ricette, incontri, seminari che in qualche modo abbiano incrociato la nostra strada e che possiamo ritenere interessanti da condividere. Se avete segnalazioni potete scriverci, come sempre,in redazione o inviarci direttamente una breve recensione.
Che la Luce appena nata illumini il nostro cammino e lo renda serenamente gioioso e ricco.
Daniela Ferraro Pozzer La partecipazione a questo Magazine dell’OBOD è sempre aperta a chiunque voglia condividere una propria, preziosa… scintilla di Awen! Scriveteci a ilcalderoneredazione@gmail.com
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I LUOGHI DEL TEMPO IDEE E PROPOSTE PER OSPITARE IL CAMMINO DELL’ANNO
di Monica Zunica Foto di Dario Basile
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gni terra ha i suoi misteri e le sue meraviglie. Il passaggio del tempo, dagli uomini, è stato misurato, celebrato e festeggiato in tanti modi diversi. Le spiritualità legate alla terra questo lo sanno benissimo e, nonostante le distanze geografiche, molte di loro nel corso dei secoli hanno mostrato affinità incredibili. Protagonista assoluto di tutte le mitologie e i culti più disparati è certamente il sole. Anticamente, quando le condizioni di vita erano meno facili rispetto a oggi la presenza o l’assenza del calore e della luce solare era fondamentale. Eppure ancora oggi, nonostante molti riti precristiani riferiti al sole siano stati estirpati o il più delle volte sostituiti, è rimasto nel cuore degli uomini la necessità di celebrare questo momento di passaggio. In Italia i luoghi in cui la Natura viene celebrata e onorata, secondo antichi culti, sono moltissimi e raccontarli tutti è impossibile. Io parto dal luogo
che mi ha accolta nonostante non gli appartenessi per diritto di nascita. Del resto l’idea del confine è un’invenzione umana e, sì certo, anche animale. Ma per un momento fingiamo che i confini non esistano e pensiamo al modo in cui gli uomini da sempre hanno sentito nel loro cuore i momenti di passaggio dettati dalla Natura. Per fare questo vorrei portarvi ad Agnone. Non è una terra incantata d’Irlanda o un luogo intriso della magia del Galles ma è una terra che si trova nel cuore del Molise. Una regione poco conosciuta dagli stessi italiani, un luogo poco frequentato e per questo, a mio avviso, ricco di antiche tradizioni ancora esistenti. In un precedente racconto di questa rubrica abbiamo raccontato la leggenda dell’uomo cervo, un evento straordinario, retaggio di antichissimi culti locali. Ebbene anche la Ndocciata di Agnone ha un fascino capace di portare indietro nel tempo e di rievocare antichi misteri. Oggi è considerata una festa come tante altre ma le sue radici pagane
raccontano qualcosa di più profondo. Il suo nome deriva dalla parola ndoccia che nel dialetto locale indica una torcia di grandi dimensioni. E’ un momento certamente sacro legato indissolubilmente al culto del fuoco. La Nodocciata cade ogni 8 dicembre ed è legato senza alcun dubbio a quello che comunemente viene indicato come il solstizio d’inverno. Quando cala l’oscurità della sera, uomini che indossano abiti antichi sfilano nel paese con centinaia di ndoccie (torce) per simboleggiare il ritorno della luce. La vittoria del fuoco sul gelo invernale. Nella tradizione contadina antica le scintille e i lampi delle fiamme fungono anche come mezzi di divinazione. Attraverso il comportamento degli scintillii, la direzione del vento e lo schioppettio delle torce era infatti possibile fare previsioni sul prossimo raccolto. Oggi certamente questo momento viene vissuto in maniera del tutto differente. La festa, il collegamento a motivi religiosi cattolici, le bancarelle e la folla di curiosi che sbirciano da ogni angolo. Eppure per arrivare ad Agnone bisogna attraversare una strada ricca di boschi incantati. Se percorsa all’imbrunire offre realmente la sensazione di una discesa nell’oscurità più profonda. Se si arriva in quel paese nella notte dell’8 dicembre, certamente ogni cosa cambia. Davanti a quella moltitudine di fuochi in cammino si ha la sensazione di essere altrove, lontano da tempo e spazio. E’ quasi possibile sentire nell’aria la magia di Alban Arthan, la natura trattiene il fiato davanti alla nuova luce nascente. E’ un momento di passaggio solenne perché nel trionfo massimo dell’oscurità il sole rinasce. Cresce il seme di una luce che porterà finalmente a una nuova primavera. La certezza indiscutibile che la vita procede e che nulla potrà fermare il cammino di Madre Natura.
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ccoci di nuovo qui, per proseguire il nostro viaggio alla scoperta di luoghi “magici e incantati” sia per inseguire le leggende alle quali molti di essi sono legati , sia per vivere “l’incanto e la magia”, appunto, della natura che li circonda, così carica di energia da poterne sentire il tocco fuori e dentro di noi. Ed è proprio in questa magica natura che vi voglio portare oggi, in un luogo che è entrato nel mio cuore in maniera prorompente, con le sue vibrazioni ed i suoi paesaggi: la Finlandia e, piu’ precisamente, la Lapponia. In prima battuta, la Lapponia per me è legata alla figura, antica come il Tempo e nel tempo rielaborata, di Babbo Natale ed alla sua casa a Rovaniemi: consiglio assolutamente di andarlo a trovare e scambiare quattro chiacchiere con lui, vi renderete conti che non è solo una leggenda…. Lui E’!!! Dopo questa piacevole sosta, proseguiamo verso la Lapponia Settentrionale della Finlandia, nella terra dei Sami, sulla “strada artica” ben oltre il Circolo Polare Artico, dove la Natura è da sempre l’unica padrona: in estate, con due mesi di sole, con il verde intenso dei prati e dei boschi di betulle e l’azzurro dei tanti laghi che si incontrano lungo il cammino, e nel lungo inverno, dove si insegue l’aurora boreale immersi in un paesaggio bianco di candida neve. Ed in questi luoghi nordici, tappa obbligatoria è il grande lago di
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Inari, a nord est della Lapponia, verso il confine con la Russia, dove in estate, con una piacevole escursione in barca, si puo’ raggiungere la piccola isola di Ukko, da piu’ di mille anni luogo sacro ai Sami ed in particolare ai pescatori del luogo. E qui ci immergiamo nella leggenda di “Ukko”, una delle figure piu’ importanti della mitologia ugro-finlandese (ungherese, estone e nordica): Dio del Cielo ed Essere Supremo per i finlandesi, con il suo potente martello (Ukonvasara, “Martello di Ukko”) e Dio del Fuoco e della Folgore per gli Estoni, con analogie con il Dio nordico Odino e con la divinità baltica del tuono Perkons. La leggenda narra che Ukko sposa Akka, considerata “Madre Terra”. A fare da cornice a queste antiche leggende è, ovviamente, la natura, in tutta la sua bellezza: acque limpide e azzurre che scorrono silenziose, boschi verdi e rigogliosi, una natura incontaminata e così vasta che ti fa sentire davvero piccolo ma che, se si riesce a liberare la mente e ad addentrarcisi solo con i pensieri, riesce a farti sentire in pace con te stesso ed in completa armonia con il tutto. La sensazione di armonia e unità con la natura è proprio uno tra i sentimenti più forti che gli esseri viventi, consapevolmente o meno, possono provare: la Lapponia fa provare questo sentire ad ogni singolo individuo…è una terra che va “sentita” oltre che vista, e un brivido ti corre lungo la schiena e si respirano sensazioni che non possono essere descritte con le semplici parole, mentre la vista di questa natura incontaminata si perde all’orizzonte. Una terra che mi è entrata dentro …e mi ha fatto sua, nell’anima e nello spirito… e, credetemi, la natura fa miracoli alle menti, soprattutto a quelle stanche e confuse. E mentre si è totalmente assorti, magari di notte sotto un cielo mai così pieno di stelle come in questi luoghi, ecco che una luce fluttuante, all’inizio piccola e timida, si fa spazio nel cielo e piano piano lo ricopre totalmente, lasciandoci veramente affascinati e senza fiato: l’Aurora Boreale!! L’aurora boreale è un fenomeno da sempre sospeso tra mito, leggenda e storia, o meglio tra meraviglia e realtà, e che da sempre affascina l’uomo. Per secoli è stata considerata un segno sovrannaturale che ha arricchito il patrimonio culturale dei popoli nordici, dando luogo a racconti leggendari in cui il reale si mescola alla meravigliosa fantasia. La sua corretta definizione in termini scientifici è durata ben 25 secoli. Per lungo tempo si pensò che il fenomeno 10
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fosse circoscritto all’emisfero boreale e pertanto venne nominato “aurora boreale” (il termine attribuito a Galileo Galilei XVII secolo). Oggi si sa che si verifica invece anche nell’emisfero australe ed è quindi più opportuno usare il termine generico di “aurore polari”. Solo a partire dal Novecento, con lo studio dell’atomo, gli scienziati hanno capito meglio la natura del Sole e le sue complesse interazioni con la Terra. Le aurore polari hanno una grande varietà di caratteristiche e compaiono nelle regioni polari sia nell’emisfero boreale (aurora boreale) sia in quello australe (aurora australe). Durante questo lungo periodo di studi, per dare un significato a questo fenomeno, sono sorte tantissime storie e leggende tradizionali. Ve ne racconto una, forse la piu’ popolare..
Volpi e montagne In finlandese, l’aurora boreale si chiama “revontulet”, termine che tradotto letteralmente significa “fuochi della volpe”. Il nome deriva da un antico mito secondo il quale l’aurora boreale (o luci del nord, come vengono comunemente chiamate nel Nord Europa) fosse in realtà causata da una volpe magica.
Secondo l’antica storia, la volpe, trovandosi in tremendo ritardo per l’annuale festival invernale, correva veloce fra le montagne imbiancate di neve quando, ad un tratto, si stancò di tenere in alto la coda. Successe così che ad ogni passo la coda della volpe, urtando la coltre di neve, provocava delle scintille che volando in alto verso il cielo diedero vita all’aurora boreale, o meglio, ai fuochi della volpe!
…Chissà che anche voi, se avrete la fortuna di vedere l’aurora danzare nel cielo, riuscirete ad immedesimarvi in essa e a rievocare la leggenda… non ponete limiti alla vostra immaginazione..e volate in alto , come le scintille della coda della volpe! 06/2016. Imbolc
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IL POTERE DELLE
STORIE MITI, LEGGENDE E DIVINITÀ
di Daniela Ferraro Pozzer
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TALIESIN E FIONN LE DUE FACCE DEL MITO IL
filo teso fra Lughnasadh ed Imbolc, che ha attraversato l’oscura e protettiva profondità della terra, riporta nel Calderone un argomento “antico ed ammaliante, sospeso fra leggenda e storia”: il racconto di alcuni dei più noti e simbolici Miti tratti dal MABINOGIN.
Taliesin: il canto dell’Awen
-La Storia Nel Tempo in cui il Mito, appunto, parlava agli uomini con la forza dei Simboli e dell’’esempio’ ,Taliesin, “fronte raggiante”, cantò le sue storie. Uomo, bardo, forse mago, di provenienza misteriosa e spesso associato a Merlino, Taliesin pare fosse vissuto ‘storicamente’ intorno al 500 come figlio
adottivo di Elphin, figlio di Gwyddno Garanhir,( Gwyddno Garanhir, cioè Gwyddno "Gambe lunghe" ) e nipote del re Maelgwn al quale, a soli tredici anni, profetizzò correttamente il modo ed il giorno in cui sarebbe morto. Fu proprio Elphin a dargli quel nome che divenne poi celebre di corte in corte. Questa versione storica non è supportata da alcuna prova, ma tuttavia in linea di massima non è improbabile, visto che tali avvenimenti non contrastano con quelli realmente accaduti in quel periodo. I poemi che gli vengono attribuiti indicano infatti che divenne bardo alla corte di Brochwel Ysgithrog re del Powys, intorno al 555, quindi del suo successore Cynan Garwyn ed infine presso il re Urien di Rheged e suo figlio Owain mab Urien. L'idea che Taliesin fosse anche il bardo di Re Artù venne elaborata in epoca più recente da autori diversi, alcuni di essi lo identificano addirittura con Merlino. Secondo la tradizione egli fu nominato comunque "Capo Bardo di Britannia" ed era perciò giudice delle competizioni poetiche tra tutti i bardi e in seguito, si narra, a seguito della sua Arte, divenne addirittura re del Ceredigion. una contea costiera del Galles centrale Taliesin è comunque il più antico poeta di lingua
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riguardo alla sua vita. Un manoscritto attesta i suoi natali a Llanhennock, cinque chilometri a nord-est di Newport (vicino Caerleon), come figlio di San Henkw. È menzionato, inoltre, assieme a Talhaern Tad Awen ("Padre della Musa"), Aneirin, Blwchfardd e Cian Gwenith Gwawd ("Grano di Poesia"), come uno dei cinque maggiori poeti della Britannia nella "Storia dell'Hen Ogledd (Antico Nord)", una sezione della Historia Brittonum, tradizionalmente attribuita a Nennio. La vita di Taliesin costituì nel XVI secolo, perfino il soggetto di un'opera mitologica d scritta da Elis Gruffydd, che prese probabilmente largo spunto dal folklore gallese. In ogni caso, la carriera storica di Taliesin ebbe apparentemente fine nella seconda metà del VI secolo, quando gli storici che argomentano l'esistenza di Re Artù datano la vittoria del Monte Badon; gli Annales Cambriae riportano il 532 come data della sua morte o della sua scomparsa nella Battaglia di Camlann, solo pochi anni prima della data del 542 riportata invece nella Historia Regum Britanniae di Goffredo di Monmouth.
“THE BOOK OF TALIESIN”
gallese del quale siano sopravvissute alcune opere. Il suo nome è spesso associato con il Libro di Taliesin, opera redatta, pare, attorno al x secolo o, al massimo nel Basso Medioevo (attorno al 1275) ma che probabilmente riportò tradizioni orali esistenti da molto tempo. Dal momento che tutta la poesia, ai tempi in cui il bardo viveva, era trasmessa oralmente, è plausibile infatti supporre che il materiale originale sia molto più antico e che sia stato messo su carta solo tre o quattro secoli più tardi. Fu Ifor Williams che ne pubblicò per primo il testo, prima corredato di note (Canu Taliesin, 1960) e poi in traduzione inglese (The Poems of Taliesin, 1968). Di tutta la produzione ritrovata,secondo lo studioso Ifor Williams, undici o dodici opere risalgono addirittura al VI secolo, e sono quelle che maggiormente rispecchiano, nella metrica e nella poetica, lo stile del leggendario Taliesin. La sua biografia è quindi quantomeno oscura e di difficile ricostruzione: oltre a ciò che è contenuto nelle sue stesse opere, sappiamo infatti molto poco 14
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Sembra che la sua tomba, Bedd Taliesin (La tomba di Taliesin), sia in cima ad una collina nel Ceredigion, e si dice che se un viandante incauto riposasse nelle sue vicinanze il giorno dopo si risveglierebbe o poeta o completamente pazzo. Il villaggio di Tre-Taliesin, situato ai piedi della collina sepolcrale, prese questo nome, in onore del bardo, nel XIX secolo Ma come spesso accade nel Tempo per tutte le figure più carismatiche del Mito, la storia della sua ‘nascita’ è stata raccontata e tramandata in una delle più profonde, suggestive e simboliche leggende della tradizione druidica: la Storia del Calderone di Ceridwen, che sarà bello ascoltare alla luce dei fuochi di Beltane e di cui anche Damh the Bard ci ha regalato un meraviglioso e poetico racconto in musica che pubblichiamo nella rubrica Eisteddfod in questo stesso numero.
Nel prossimo numero :
Fionn
e il Salmone della Saggezza -La Storia-
BEDD TALIESIN la tomba di taliesin 04/2015. 06/2016. Lughnasadh Imbolc
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LA MUSICA DEGLI AINUR UN LIBRO ED UN DISCO DA PORTARE NEL BOSCO SACRO
di Cristina Pedrocco
I
mbolc. I miei ricordi legati a questo periodo risultano sempre ghiacciati. Quando a scuola nevicava , i giardini freddi e grigi, tramonti aranciati di nebbie gelide. Quel freddo dove tutto è immoto, la grigia luce spettrale, il preludio. L'attesa dello sbocciare della vita. La luce bianca della speranza. Tutto questo rappresenta il mio Imbolc. E scervellandomi su cosa recensire ho pensato al Grande Nord, al buio, alle distese di ghiaccio. Sono arrivata con lo sguardo della mente in quei paesi nordici che incombono come mastodontici iceberg sulla cultura europea.
IL LIBRO
“Il figlio del Dio del Tuono.” di Arto Paasilinna
Diamo il benvenuto quindi ad un buffo scrittore finlandese, ironico e onirico se mi permettete il gioco di parole, Arto Paasilinna e il suo "Il figlio del Dio del Tuono." (Edizioni Iperborea). "Un tempo quando il mondo era abitato dai Finnici, il Dio del Tuono regnava su tutti gli esseri viventi. Ed era cosa buona. Ma poi i Finnici abbandonarono la fede ancestrale, lasciandosi fuorviare da religioni straniere e falsi idoli." Siamo in Finlandia, il nostro protagonista è Sampsa un agricoltore-artigiano sfortunatissimo e vittima della società. Un giorno per caso, il figlio del dio del Tuono, Rutja, decide di scambiarsi il corpo con Sampsa per passare inosservato e poter mimetizzarsi in mezzo agli umani. È qui per una missione di vitale importanza per la sopravvivenza del l'antico culto, ritrovare i propri adepti e poter così permettere agli dei antichi di tornare a comandare la Finlandia. Questo libro è davvero un gioiellino, è sarcastico, ironico, piacevole da leggere, mai infantile. Rutja affronterà avventure esilaranti come solo i grandi dei nordici potrebbero fare, senza perdere la mistica aurea e l'austerità imponente delle grandi saghe epiche mitologiche. Nonostante sia un libro nordico ambientato in un clima rigido, "vi farà scaldare dalle risate."
IL DISCO
“Debut” Bjork
Sedetevi sul divano, una tazza di tè fumante, la copertina e il gatto, aprite il libro di Paasilinna e ascoltate ciò che l'aria vi sussurra. Sarà sicuramente un album del 1993, della incontrastata regina elfo dei ghiacci: l'inimitabile Bjork e il suo album di debutto. (Debut appunto). Un disco inclassificabile. Una sorta di pop psichedelico, con accenti techno e suoni glaciali, grandi contrasti note calde e pezzi freddi, proprio come la terra da dove proviene. Sembra di camminare in una tundra trascorsa da fiumi di lava incandescente, boschi spettrali che nascondono mostri e fate luminose, vecchi caffè fumosi dove un'area risuona da ricordi ancestrali. Ballate come "big time sensuality" filastrocche magiche ("venus as a boy") suonate ossessive ("violent happy") momenti di pace ("human behaviour") e memento moris ("play dead"). L'album di debutto di Bjork fu un'autentica sorpresa all'epoca e ancora oggi riesce a stregare con le sue atmosfere cupe, gelide, fantastiche e contrastanti. Ogni pezzo un sogno lucido guidato dalla sua inconfondibile voce di regina elfo dei ghiacci. Se volete dare un'immagine alle sue oniriche ballate vi consiglio di guardare i suoi video.
"His wicked sense of humor Suggest exciting sex His fingers focus on her Touches, he's venus as a boy." Buon ascolto.
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L’opera ITALIANA dall’800
AD OGGI
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alute in questo tempo di Imbolc amici.
Mentre con calma, nel buio, ci prepariamo al ritorno del sole, col respiro ancora rallentato e tranquillo della natura ferma e a riposo, voglio cullarvi parlandovi ancora della storia della nostro più grande e riconosciuto genere musicale. Lasciandoci alle spalle i nomi dei grandi autori che diedero origine all'opera italiana, proseguiamo il nostro viaggio che porta in secoli più vicini a noi...
I primi anni dell'800 rappresentano un periodo di grandi sconvolgimenti storici: segnati dalla fine delle guerre napoleoniche e dell'età della Restaurazione, gettano ombre confuse e profonde sul teatro e sulla concezione dell'opera. In diciannove anni nasce e muore la sfolgorante meteora di Gioacchino Rossini, l'autore comico più amato e odiato
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persino ai giorni nostri che produsse pietre miliari mai dimenticate delle opere buffe (Il Barbiere di Siviglia, La Cenerentola, L'Italiana in Algeri, La Gazza Ladra...) e vediamo di nuovo capovolgersi il gusto e la sostanza della rappresentazione teatrale in musica. Alla fine del '700 avevamo assistito alla rivalsa dell'opera buffa, destinata nell'800 a tornare al proprio originario ruolo di non protagonista in teatro, perché gli anni di guerre e rivoluzioni hanno trasformato completamente il sentire dell'uomo, che tende ancora verso argomenti più seri, verso le profonde faglie di complicati sentimenti e drammi da inscenare e mettere in musica: basti pensare che Giuseppe Verdi, nella sua lunga carriera, diede vita ad una sola opera comica e ben lontana dalle farse rossiniane come stile e contenuto.
Con l'avvento del romanticismo, che in Italia e in Francia si sviluppano di pari passo, il centro dell'attenzione torna ad essere l'uomo: in Italia ci si avvia alla preparazione delle lotte risorgimentali e troviamo una radicata egemonia borghese che fomenta la libertà poetica, ma anche gli obblighi sociali ed il melodramma, decaduta la musica strumentale pura, incarna e concilia i bisogni della nuova epoca. Sulla scia del lavoro di Rossini, indubbiamente Vincenzo Bellini è il compositore rappresentativo del primo romanticismo, che ne rispecchia a pieno l'ideologia con la propria arte e con il proprio aspetto: dal librettista Felice Romani, Bellini viene descritto “... biondo come il grano, dolce come un angelo, giovane come l'Aurora...” ed il lirismo supremo e limpido ne fa ben presto un'icona di stile. Egli imprime poesia ed emozione anche al mero recitativo, che perde finalmente la funzione di unione delle arie e diviene canto e parte integrante della storia. Gaetano Donizzetti raccoglie il testimone di Bellini e, seppur restando fedele ai vecchi canoni della costruzione dell'opera buffa, la infonde talmente di passione ed esuberanza da creare opere perfettamente bilanciate tra regole ed enfasi romantica come
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L'Elisir d'Amore o il Don Pasquale.
Ma la vera stella indiscussa e dominante della cultura musicale italiana del XIX secolo è quella di Giuseppe Verdi, celebre per le idee compositive geniali e per il profondo legame con la società del suo tempo che lo amò e corteggiò come il più prezioso dei propri rappresentanti. D'altro canto Verdi metteva in musica le speranze patriottiche e gli stravolgimenti storici che viveva in prima persona in molte delle sue immortali creazioni, pur non partecipando attivamente alla vita politica: vediamo nel Nabucco la sofferenza del popolo ebraico invaso dai babilonesi, che calza alla perfezione le tensioni e le velleità del Risorgimento. La genialità di Verdi non sta tanto in particolari innovazioni strutturali allo scheletro dell'opera, quanto alla vitalità e all'epicità infuse ai personaggi delle sue storie: caratteri impetuosi che lottano contro le forze e i conflitti di potere che si oppongono agli ideali positivi. Così nascono le storiche coppie di giovani amanti, specchio di fantasie e memorie di un'epoca turbolenta e confusa che a stento escono indenni dal controllo della censura teatrale e guadagnano l'immortalità nell'immaginario collettivo. E chi di noi non ha mai canticchiato neanche una volta il “Va Pensiero”?
Per quanto riguarda la struttura di costruzione dell'opera, è vero che non è più composta secondo un rigido susseguirsi di recitativi ed arie, ma ancora non è del tutto libera e si basa su schemi formali numeri chiusi funzionali alle attese del pubblico, che amava ricompensare i cantanti con lunghi applausi che costellavano l'intera esecuzione. Giuseppe Verdi predilige comporre numeri chiusi che comprendono una specifica azione scenica e si reggono su quattro parti distinte che cominciano solitamente con una serie di dialoghi recitativi e si concludono con un intervento brillante e virtuosistico del protagonista, dove la coppia eroica ed innamorata era
IL CANTO DELLE MUSE ATTRAVERSO LA STORIA DELLA CREATIVITÀ
di Alessia Mosca Proietti 06/2016. Imbolc
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solitamente interpretata da soprano e tenore e i personaggi antagonisti (a livello politico o familiare) erano cantati dai registri bassi e medi di baritoni, bassi, mezzosoprani e contralti.
Dopo Verdi, in un periodo nel quale anche il melodramma italiano si volge allo studio del gran-opéra francese, cioè ispirazioni esotiche in chiave di estetismo decadente, si affacciano i compositori che segnano gli ultimi decenni dell'800 e gli inizi del nuovo secolo e, come “giovane scuola” si dedicano al melodramma verista: Mascagni, Leoncavallo, Puccini, Cilea e Franchetti. I soggetti dell'opera ormai trattano di tutto purché riescano a mettere in risalto la psicologia disgregata dell'uomo moderno parlando di fiabe, delitti, decadenti o intellettualistici. I libretti e la musica sono ormai talmente elaborati e raffinati da non somigliare più ai progenitori degli inizi del melodramma e anche la vocalità degli esecutori è votata all'esaltazione espressiva di ogni frase del canto. L'uso del Leitmotiv wagneriano, cioè l'associazione di un personaggio ad un preciso tema musicale, è ormai prepotentemente entrato nella tradizione operistica italiana.
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Giacomo Puccini è l'innovatore della concezione spazio-tempo nell'opera. Egli dilata e comprime le azioni allo scopo di rendere credibile una storia e dare la sensazione di una quotidianità mai vista in teatro, ricalcando le orme dello stile sviluppato dai romanzieri suoi contemporanei. Viviamo la percezione fugace del tempo e del consumo di ogni attimo con i giovani protagonisti di Bohème, ma anche l'attesa snervante ed infinita che la sposa giapponese Cho-Cho San vive, aspettando il ritorno del marito americano sposato incautamente in Madama Butterfly. Personaggi vividi, memorabili, semplici ma infusi di fascino senza tempo.
Ormai, l'opera è avviata verso la spettacolare trasformazione che ne vestirà un pezzo a festa per calcare i palcoscenici vestita da musical.... in attesa della prossima, sorprendente mutazione...
Il futuro riserva sempre le migliori sorprese. Felice Imbolc!
Consigli per l'ascolto: Norma – V. Bellini La Traviata – G. Verdi
La generazione post-Puccini prosegue sul questo cammino fino agli anni '30 del XX secolo, ma si abbandona ad eccessi sinfonici passando da atmosfere pompose al realismo delicato fino ad arrivare ai nostri giorni con le storie attuali di Giancarlo Menotti (nato a Varese nel 1911 e morto a Spoleto nel 2007) che fonde in un connubio piacevole i meccanismi drammatici hollywoodiani e l'ispirazione verista pucciniana.
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La Bohème- G. Puccini I Pagliacci – Leoncavallo The Telephone – G. Menotti
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IRBIS
DOVE SONO di Irbis (2013)
Passeranno le lune e la polvere dei nostri cuori si confonderà con quello dei sentieri abbandonati. Dove sono i fuochi della ruota dell’anno ? Non sento i canti delle sacerdotesse che celebrano la vita. Laceri brandelli di bianche vesti....danzano nel vento attaccati a scheletriche braccia degli antichi... Non odo il bramire del cervo nei crepuscoli invernali, ne il fiero cinghiale metter in guardia con i suoi grugniti. Il drago meccanico e freddo dell’egoismo ha generato draconiani dell’indifferenza . Il bianco è un sussurro portato dal vento, Il verde un ricordo amaro, Il Blu un canto muto verso un cielo di piombo...... Ma la ruota gira, ed una ghianda dimenticata reca con se il grandioso progetto di una quercia secolare ed un nuovo canto dipinto di bianco di blu e di verde forse rinascerà.......
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EISTEDDFOD
CANTO DI BRIGHIT di Irbis (2012)
Danza Bright la bella nella fiamma della forgia antica. Danza Bright la dolce nel petto del poeta, tra nubi invernali e squarci di sole. Danza avvolta nel suo manto di neve, osservando felice i suo ventre fecondo nella notte di plenilunio di primavera. Danza tra scriccioli e bucaneve, tra betulle e querce, nostra signora della medicina e della poesia. Danza ancora per noi, oh Brighit la dotta, affinchè si rinnovi per noi la magia del tempo antico e degli antichi saperi . 06/2016.Imbolc
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DAMH THE BARD CERIDWEN AND TALIESIN di Damh the Bard
http://store.paganmusic.co.uk/track/ceridwen-and-taliesin
Silver moonlight dances, From the mist of Tegid’s shore, A lady looks upon her son, Like many times before, A she touches his face, Fingers wet with the tears falling. Her daughter stands beside her, The fairest in the land, How her son became so cursed, She cannot understand. But this mother’s love is a strong, As her heart is beating, And she calls to the Earth, And the Earth hears her calling. High up in the mountains, Dinas Afferaon stands tall, All magic and all mysteries, Are held within these walls, So she walks to the door, As she does the door it opens, Teach to me the mystery, Of the Cauldron’s Brew, Let Utter Darkness give way to light, And be reborn anew, Then the Awen will shine, From the brow of the Eagle of the Sea, And all will know his name, From this land to the People of the Sidhe. The lady sets the cauldron’s fire, Tended by the hand, Of Gwion Bach the innocent, 24
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And Morda the blind man, Who reached out his hand, Place more wood, Keep the cauldron boiling. Then Morda he fell asleep, Alas he din’t see, Wood upon wood was added, The inferno was the key, To unlock the doors, Of the Awen’s greatest mystery, Three drops, burning skin, And it’s Gwion how gained the power to see. The cauldron cracks, the poison seeps, Slowly across the land, To kill the horses of Garanhir, by the lakeshore where they stand, Drinking and not knowing their fate, As a hare runs fast across the land. Ceridwen, Ceridwen, Lady of the Cauldron, Come see what they have done! Stolen your Cauldron’s power, And betrayed your only son! Eyes wide, lips curl, Anger on your face! Change your shape now lady! Be the hound, begin the chase! I shall be a running hair, With sorrow and with mickle care, Then I shall be a greyhound bitch, And tear you from your skin!
EISTEDDFOD Then I shall be a flying wren, The King of Birds, the King of Men, Then I shall be a falcon grey, And tear you from your skin! Then I shall be a salmon sleek, Darting through a shallow creek, Then I shall be an otter bitch, And rest you from your skin! I shall be a grain beneath the sun, And you will never know which one, Then I shall be a great black hen, And take you deep within! Now you may be forgiven to think, My tale is over and down, But nine moons later, She gave birth to a son, That she wanted to kill, But she placed in a coracle on the sea. Garanhir’s salmon weir, A catch was guaranteed, But on this day a baby boy, Cried out to be freed, A radiant brow, Shining bright for all to plainly see. Taliesin is your name, The greatest Bard that this land will ever see!
TRADUZIONE DANIELA F.P. Danze al chiaro di luna d'argento, dalla nebbia della costa di Tegid, una donna osserva suo figlio, come molte volte ha già fatto prima. Tocca il suo viso, e ha le dita bagnate di lacrime. Sua figlia sta accanto a lei, la più bella del paese. Come suo figlio nacque così sfortunato, non riesce a comprendere. Ma l'amore di questa madre è forte, Batte come il suo cuore, E lei chiama la Terra, E la Terra ascolta il suo richiamo. In alto, sulla montagna, Dinas Afferaon si erge, Tutta la magia e tutti i misteri, sono conservati tra queste mura, Così lei va verso la porta, ed al suo avvicinarsi la porta si apre “Insegnami il mistero, della pozione magica del Calderone, Lascia che tutte le tenebre vengano scacciate dalla luce, E che rinasca di nuovo, Poi l’Awen brillerà, Dalla fronte dell'Aquila del Mare,
E tutti conosceranno il suo nome, Da questa terra al popolo del Sidhe.” La signora accende il fuoco sotto il calderone, assistita dalle mani, dell’innocente Gwion Bach, e da Morda il cieco, che tese la sua mano. Aggiunsero più legna, mantennero l'ebollizione del calderone, poi Morda si addormentò. Ahimè egli non vide: aggiungendo legna su legna, si è scatenato l’inferno, e si sono sbloccate le porte, del più grande mistero del Awen. Tre gocce, bruciore della pelle, ed è Gwion che ha acquisito il ‘potere di vedere’. Crepe nel Calderone, il veleno filtra lentamente attraverso la terra, e arriva ad uccidere i cavalli di Garanhir, in riva al lago, dove sostavano per bere, non conoscendo la loro sorte. Come una lepre corre veloce attraverso la terra, Ceridwen, Ceridwen, Signora del Calderone, Vieni a vedere quello che hanno fatto! Hanno rubato il tuo potere del Calderone e tradito il tuo unico figlio! Con gli occhi spalancati, le labbra contorte, rabbia sul tuo viso! Cambia la tua forma ora signora! Sii tu il cane, e dai inizio alla caccia! “Sarò una lepre che corre, col cuore triste ma farò molta attenzione.” “Allora io sarò una femmina di levriero, E ti strapperò dalla tua stessa pelle!” “Allora io sarò uno scricciolo in volo, Il re degli uccelli, il Re degli Uomini” “Allora sarò un grigio falco, E ti strapperò dalla tua stessa pelle!” “Allora sarò un elegante salmone, Sfrecciando attraverso un sottile torrente!” “Allora io sarò una lontra, E ti libererò della tua pelle!” “Sarò un grano sotto il sole, E non saprai mai quale,” “Allora sarò una grande gallina nera, E ti porterò all’interno della mia profondità!” Ora tu puoi essere perdonato e pensare “La mia storia è finita e andata giù.” Ma nove lune più tardi, lei dette alla luce un figlio, che dapprima avrebbe voluto uccidere, Ma che poi collocò in un cesto ed adagiò sul mare. Con la diga del salmone di Garanhir era stato garantito un freno alle acque, ma quel giorno un bambino gridò per essere liberato: una fronte radiosa, Brillante, luminosa, tutti lo videro chiaramente: Taliesin è il tuo nome, Il più grande Bardo che questa terra potrà mai vedere!
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IN CUCINA COL DRUIDO
IMBOLK!
L’
Di Elisa Zanotto, Naturopata e Cuoca Vegana
inverno è la stagione che sento forse meno vicina, sono troppo freddolosa e specie nel periodo caldo immaginare di rivivere l’inverno mi inquieta. Ma è una di quelle cose che creano più frastuono prima di viverle, quando ti ritrovi a ripensarle, che quando ci sei dentro.
Passeggiare nell’ora di pranzo con questo sole tiepido, i colori caldi tiepidi, aranciati ma soffusi…Gli scoiattoli che si arrampicano sugli alberi alla ricerca di cibo e grazie alle foglie secche alla base degli stessi puoi sentirli e vederli…L’aria frizzante che ti sveglia, ti fa sentire viva. Quindi forse, amo l’inverno, è solo che grazie al mio “meccanismo” mi credo un’amante della primavera e dell’estate. Ma mi sa non sia proprio così… Io che adoro la cucina amo usare il forno in questo periodo per giunta, diciamocelo, è più appagante cucinare in questa stagione, il calore della cucina e i profumi si espandono in tutta la casa . E’ l’energia di ImbolK, quella legata alla grazia, alla purezza, alla rinascita. ImbolK infatti è luce che è nata al Solstizio di Inverno e che comincia a manifestarsi all’inizio del mese di febbraio, dove le giornate si allungano. Comunque la temperatura è ancora piuttosto gelida, ma si sente che nell’aria qualcosa sta cambiando. Ci sono quindi i primi segni che annunciano anche il ritorno della Primavera. La stagione invernale secondo la medicina cinese è collegata all’Acqua, elemento che parla di Morte e di Rinascita. L’acqua fluidifica e scorre, genera il cambio di forma, di stato e di consapevolezza. Ama la solidità e la stabilità ed infatti questo elemento è collegato all’apparato scheletrico. In Inverno tutto sembra immobile, in realtà tutto è in movimento, ma assistiamo ad un movimento più introspettivo, un movimento che permetterà di rinascere, quindi è un silenzio prezioso, dinamico….Nella natura l’energia si eclissa, la notte è protagonista, il colore nero gli è collegato, ed il freddo….Nella vita dell’uomo non siamo di certo nelle stagioni più yang, (primavera ed estate) in cui è tutto più espansivo, superficiale. Ora abbiamo grande profondità, intimità..L’acqua ha come caratteristiche la forza di volontà ( l’acqua che con ogni piccola goccia, scava la roccia con grande tenacia), la fine dell’esperienza e la paura. L’organo collegato all’elemento acqua è il rene, e il viscere la vescica. L’elemento acqua corrisponde all’estrema interiorizzazione dell’energia, rappresenta un punto in cui l’energia è in grado di mutare completamente la sua forma. Il rene è la radice della vita. Tutti gli organismi son mossi dall’esigenza di sopravvivere, di proteggere se stessi e di riprodursi ed è attraverso i reni che si manifesta l’impeto verso queste pulsioni. L’elemento acqua distribuisce nutrimento energetico in tutto il corpo.
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Ma la stagione di Imbolk non è totalmente in inverno, si apre alla primavera e quindi all’elemento che in medicina cinese è il Legno: legato alla primavera, alla salita dell’energia, al vento, al colore verde del primo germogliare . E’ quindi la forza iniziatrice dopo la morte, e dopo la rinascita, collegata alle fasi iniziali della vita, al dinamismo e all’organizzazione. Gli organi collegati all’elemento Legno sono Il Fegato, ed il suo viscere è la Coleciste, quindi essendo comunque un’energia che dal basso inizia a salire verso l‘alto è importante iniziare a sostenere bene questi organi. Il fegato, fisicamente ed analogicamente elimina ciò che non è utile però solo dopo aver valutato e riconosciuto ciò che è utile. Acqua grande energia femminile, Legno grande energia maschile. Se anche con l’alimentazione cerchiamo l’equilibrio tra questi due meravigliosi elementi, li sosterremo completamente. Come e cosa mangiare quindi per sostenere questa grande energia di rinascita? Il salato è il sapore collegato all’acqua, perché ammorbidisce, inumidisce, porta verso il basso e verso l’interno, concentra, fa evacuare ed è purgativo. Il sapore acido è invece collegato all’elemento Legno, che contrae, trattiene i liquidi, è astringente, rassoda i tessuti,ed è purgativo. I cibi che vanno più a sostenere il Rene, organo protagonista dell’elemento acqua sono il grano saraceno, le alghe, gli azuki, il miso. Per dare un tocco di iniziale energia legno nella ricetta che propongo ho inserito il limone e il porro ( energia che va verso l’alto). Il piatto che propongo è un piatto caldo, energizzante. Utilizzo come protagonisti proprio il grano saraceno e gli azuki. Il Grano saraceno viene prodotto soprattutto in Siberia, in Russia, in Polonia e in altre regioni dell’Europa o dell’Asia centrale, anche perché tra le sue proprietà c’è quella di generare calore nel corpo e di conferire energia e vigore fisico, specialmente nelle stagioni fredde. Esso non ha nulla a che vedere col grano. Non è un cereale, appartiene alla famiglia delle Poligonacee ( piante erbacee come il rabarbaro) e si distingue per l’elevato potere biologico delle sue proteine, visto che contiene in proporzione ottimale gli 8 aminoacidi essenziali, a differenza per es. del grano che contiene poca lisina. Venne introdotto in occidente dalla Siberia e dalla Manciuria nel Medioevo, probabilmente dai turchi. Anche in Giappone è ben noto. In Italia era una coltura molto tradizionale nella Valtellina, ma purtroppo dal dopoguerra ha subito un declino. I chicchi di grano saraceno hanno una forma triangolare, sono teneri e croccanti, si cuociono in 20 minuti. Bene tostarlo prima di lessarlo perché rimane più saporito. E’ un alimento altamente equilibrato, con un alto indice di sazietà e ricco in particolare di minerali importanti come il calcio, ferro, magnesio, fosforo, zinco, vit. Del gruppo B, e vit. E. Ha un’azione rivitalizzante sui reni, sul cuore e sulle ghiandole sessuali. E’ privo di glutine quindi adatto anche per i celiaci. Fa molto bene alle persone che hanno problemi intestinali, diverticoli, colon irritabile. Grande alleato di
cuore, vasi sanguini e reni. Molto ricco di antiossidanti è utile contro malattie degenerative come Parkinson, sclerosi multipla e artriti reumatoidi. Da un grande sostegno anche i reni soprattutto nel periodo invernale. Il grano saraceno è indicato in inverno soprattutto perché riscalda molto. I fagioli azuki sono legumi ricchi di nutrienti, molto utili per la salute di reni ( ne hanno la stessa forma), cervello, ossa, fegato e sistema immunitario. In Cina e in Giappone i fagioli azuki sono considerati portafortuna e, per questo motivo, non mancano mai sulle tavole delle feste. I fagioli azuki hanno proprietà depurative e sono dunque un toccasana per i reni. Sono più digeribili di altri legumi e contengono isoflavoni, fitoestrogeni in grado si preservare la salute di ossa, cervello e sistema immunitario. Si cuociono in circa 60 minuti, meglio con un pezzetto di alga kombu. Io in dispensa ne tengo sempre qualche scatola di precotti biologici, solamente perché necessitando di ammollo e cottura prolungata alle volte non mi organizzo e non ho in mente il giorno prima cosa preparerò per cena. Oppure comunque per fare aperitivi sfiziosi velocemente si possono preparare delle creme come quella che propongo qua, o un humus in alternativa a quello classico di ceci. Sono ottimi per tutti ma, grazie alle loro qualità nutrizionali, acquistano una valenza particolare per chi non mangia carne. I fagioli azuki contengono molti minerali e oligoelementi, in particolare potassio, molibdeno e zinco. Sono ricchi di fibre e di proteine e sono, al contrario, poveri di grassi. Vantano un buon contenuto di acido folico e vitamine B1, B2, B3 e B6. Le principali proprietà dei fagioli azuki sono correlate alla loro ricchezza di oligominerali. Ma veniamo alla ricetta!
QUADROTTI DI SARACENOTTO CON ZUCCA RIPIENI DI CREMA DI AZUKI Ingredienti Per 4 persone:
200 gr. grano saraceno 200 gr. di zucca mezzo porro 1 limone biologico olio evo azuki ( secchi da ammollare oppure una confezione di precotti da 240 gr) tahin senape capperi curry sale e pepe rucola e semini di sesamo per decorare
Per prima cosa cuocere il grano, dopo averlo accuratamente lavato sotto acqua corrente, mettendolo in pentola a tostare per qualche minuto. Aggiungere poi il doppio del suo volume di acqua. Accendere il fuoco ( vivace ) finchè bolle, poi abbassarlo fino a cottura ( con pentola coperta) per 20 minuti. Sarà pronto quando avrà assorbito tutta l’acqua. A metà cottura aggiungere sale q.b.
Nel frattempo preparate la zucca, mettendo il porro tagliato a pezzettini piccoli con olio e acqua a rosolare in padella, poi aggiungetela zucca a dadini piccoli . Cuocere finchè la zucca si ammorbidisce, aggiungere curry, sale e pepe e la buccia grattugiata di mezzo limone.Quando il grano è pronto aggiungetelo alla padella con la zucca e mescolate. Prepariamo la crema di azuki mettendoli dopo averli cotti in un frullatore con un cucchiaio di tahin ( crema di sesamo), un cucchiaino di senape, un cucchiaino di capperi, sale, pepe, olio evo , qualche goccia di succo di limone, ed infine acqua finchè il composto diventa cremoso. Impiattare utilizzando un coppa pasta, mettete grano riempiendolo a metà, farcite con un paio di cucciavate di crema, poi aggiungete il resto di grano con zucca. Trovo che se si riesce a tenere la cremina di azuki in frigo per un’oretta, è piacevole poi farcire il grano caldo con la crema fresca, in bocca mangiandolo si ha un bel contrasto! Decorare il piatto con rucoletta e semini di sesamo. Bon appétit!
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MESSAGGERI
DELLA PRIMAVERA UNA PICCOLA CAMMINATA FRA BOSCHI E CAMPAGNE
L’
inverno non se ne è andato, ma in questo periodo sta cambiando l'energia nella natura. Sempre piu forti sono i segni della fine del freddo, il tempo di luce aumenta e il sole riscalda di piu. Questi cambiamenti li sentono anche le piante e gli animali che piano piano si svegliano e diventano piu attivi. In questo numero del Calderone per Imbolc voglio invitarvi ad uscire con me nei campi, prati e nel bosco. Una piccola camminata immaginaria! Fuori della porta, ancora vicino casa, dove il sole viene preso dai muri e riflette il calore, possiamo trovare la Veronica (Veronica persica), quella pianta che non sparisce per niente nell'inverno, magari dorme piu o meno nei periodi piu freddi ma appena l'aria si riscalda ricomincia a crescere e ad aprire i suoi fiorellini azzurri con le venature viola e il centro bianco. Piccoli occhi che ti guardano – in un dialetto tedesco si chiamano occhi delle fate. Striscia tra le fughe dellle pietre e colonizza la terra aperta in poco tempo. È una Neofita, uscita nel novecento dall'orto botanico di Karlsruhe in Germania e si è distribuita velocemente in tutta l'Europa. Se torniamo piu tardi in primavera possiamo trovare i suoi semi a forma di cuore!
Piu avanti lungo il sentiero verso i campi e prati, dove qualcuno ha appoggiato delle pietre raccolte nei campi, possiamo trovare una altra pianta piccola, la Draba (Erophila verna). Questa piantina spesso non viene notata ma in questo periodo puo essere vista perche è una delle poche piante che sono in fiore alla fine dell'inverno. Usando posti riscaldati piu facilmente dal sole, riesce a aprire i suoi piccoli fiori bianchi. Spesso la troviamo in gruppi numerosi anche lungo le massicciate ferroviarie o lungo le strade in suoli poveri. Possiamo portarci a casa le sue foglie piccole per metterle nell'insalata: danno un aroma fresco e un pò piccante simile al Crescione (Nasturtium officinale).
terreni aperti e prepara l'ambiente per una copertura boschiva. Viene usato anche per fermare delle frane e stabilizzare le discese. Cresce veloce, però ha una vita corta: 60-65 anni al massimo. Come anche altre specie di salici, la corteccia è ricca di glicosidi come salizina e la populina. Nel corpo umano la prima viene trasformato nel adico salicilico e può abbassare la febbre, dolori e diminuire i reumatismi. Nell'antichità i rami, con i primi amenti, venivano usati per decorare le porte di casa e le stalle per salutare la primavera. Nel cristianesimo anche per la festa delle palme.
Il verde dei prati sembra che sia cambiato dopo un alcune giornate di sole, ha preso un aspetto piu lucido, pronto a svillupparsi. Si sta attivando la fotosintesi per raccolgere energia. In un modo simile succede anche a noi, la nostra pelle riceve i raggi del sole e sentiamo piu voglia di attivarci. Lì, vicino alla pozza dove bevono le pecore, un albero basso attira la nostra attenzione! Le sue gemme sono decorate con un pelo d'argento, un velluto morbido sta uscendo piano piano. È il Salicone (Salix caprea), una pianta che offre presto il suo polline giallo e il nettare alle api e altri insetti. Quest'albero ama i terreni freschi e nelle zone calde cresce solo vicino a fonti d'acqua. Nel mediterraneo preferisce poi la media collina fino in montagna. Un pioniere che riesce a radicare nei
Camminando verso il bosco al suo bordo verso sud vediamo spuntare i primi Bucaneve (Galanthus nivalis) e forse dei Piè di gallo con le sue foglie molto incise che gli danno il nome. I fiori di queste due piante si possono spesso gia presagire e piu in là, nel mese di febbraio e all'inizio di marzo, si aprono pienamente. Queste due specie si sono inselvatichite anche in posti dove non
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erano originarie per il loro uso ornamentale nei giardini. Sono simboli per l'arrivo della primavera, il Buca neve specialmente per Imbolc, e resistono anche alle gelate e alla neve. I cristiani dedicavano il Bucaneve a Maria, che in tanti sensi sostituisce la Dea Bianca e Brigit. *** Entrando nel bosco, sembra tutto molto invernale, gli alberi sono privi di foglie e anche in terra non ci sono segni che la natura si svegli. Ma piu avanti il nostro
importante nella fitoterapia popolare ma per i suoi effetti collaterali viene usato oggi solo in omeopatia (disturbi renali). Per celti, romani e greci era una pianta importante anche per rituali ed era uno degli ingredienti per la famosa pomata delle streghe. Su altri tipi di terreni e climi si possono trovare specie diverse: per esempio la Rosa di natale (Helleborus niger) o l'Elleboro verde (Helleborus viridis). Tutti fioriscono alla fine dell'inverno e all'inizio della Primavera.
occhio viene preso da una pianta che è molto verde, avvicinandosi vediamo anche i suoi fiori, verde chiaro, con un bordino rosso bordaux. Il suo nome è Elleboro (Helleborus foetidus) che infatti diffonde un odore strano di animali morti o funghi marciti. Le sue foglie basali di colore verde scuro sono palmate divise e sembrano grandi mani. Alto fino a 50 cm circa, sta approfitando della luce che ancora penetra tra i rami degli alberi spogli. Facendo parte delle Ranunculacee, anche questa specie contiene sostanze velenose in tutte le sue parti. Questa pianta aveva un posto
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Il bosco è silenzioso in questo periodo dell'anno, per questo notiamo adesso un canto breve che sembra un fischio... con un arabesco attacato. È la Tordela che nel silenzio marca il suo territorio. Chiama la primavera con la sua breve melodia malinconica. Presto comincerà a costruire il suo nido che dentro è fortificato con l'argilla
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nelle diramazioni degli alberi alti. Questo membro dei tordi si nutre adesso molto delle bacche del vischio, sia di quello bianco (Viscum album) che di quello giallo (Loranthus europaeus). Per questa esigenza speciale popola i boschi di querce con la presenza di vischio. Avvicinandosi a un piccolo torrente, che adesso è vitale e mormora piu forte nutrito dalle acque invernali, vediamo una altra pianta che non dorme più: il nocciolo (Corylus avellana) è decorato con delle piccole ghirlande gialle che sono i fiori maschili. Il vento distrubuisce il suo polline giallo in piccole nuvole verso i fiori femminili degli altri cespugli. Sono poco visibili ma guardando bene sembrano un miracolo della natura! Rossi – rosa, di colore e di aspetto delicato, in realtà sopportano abbastanza il freddo, i venti e pure la neve. I fiori maschili e femminili fioriscono sulla stessa pianta in momenti diversi, cosi evitano la autoimpollinazione. Forse per questi segni di forza e fertilità e la sua crescità vigorosa con rami dritti e lunghi, il nocciolo crea una atmosfera speciale, degli spazi dentro il bosco. Anche i nostri antennati sentivano questa magia e cosi si sono svillupate tante storie e leggende intorno a questa pianta. Fino al secolo scorso si piantavano questi cespugli intorno
case e stalle per protezione contro i fulmini ma anche contro gli spiriti malvagi. I suoi rami venivano usati per rituali e anche nella vita quotidiana. Ancora oggi i rabdomanti preferiscono la forcella di nocciolo. Un mito che interessa anche il nord dell'Italia è quello del verme gigante sotto il nocciolo. Il suo colore è giallo e qualche volta si sente il suo pianto che ricorda quello di un bambino piccolo. Secondo la regione in cui si narra la leggenda, ha diverse forme ma sempre è simbolo della saggezza. In un prossimo numero del Calderone racconterò la sua storia... Il nocciolo è anche simbolo dell'amore: un modo di dire in tedesco per fare l'amore è „andare nelle nocciole“ e di un bambino con padre sconosciuto si dice in Alto adige che è „saltato dalle nocciole“. Possiamo sentire questo tipo di atmosfera ancora oggi se ci mettiamo seduti sotto la pianta, magari toccandone il tronco. *** Uscendo dal bosco al ritorno verso casa troviamo un altro cespuglio con dei segni primaverili. Le sue gemme verdi fanno appena vedere un po' di giallo, piu tardi la pianta sarà coperta di fiori e visitata da tanti insetti.E' il corniolo (Cornus mas) , uno dei primi che fa apririe i fiori e che presto sará coperto di un velo giallo limone. Diffonderà un profumo di miele, dobbiamo tornare! In autunno maturano i suoi frutti rossi a forma di olive. Queste „corniole“ vengono usate per marmellate e liquori. Il suo legno prezioso e molto duro viene usato per manici e bottoni. Anche questa pianta simbolizza protezione. La leggenda dice che Romulus fondando Roma ha piantato un bastone di corniolo nella terra di una delle colline romane.
Cotterell, A., Storm, R. (2007): The ultimate encyclopedia of mythology. London (GB) Gottwald F.-T. & Rätsch, Ch. (2000): Rituale des Heilens. Aarau (CH) Humpries, C., Gerrad, I.+Press, H.: Der Kosmos-Baumführer. Stuttgart (D) Lucie-Smith, E. (2001): Blumen. Köln (D) Macchi, V. (1995): Langenscheidts Taschenwörterbuch. Italienisch-Deutsch, Deutsch-Italienisch. Berlin (D) MacCoitir, N. (2008): Irish wild plants. Cork. (IR) Rätsch, Ch. (2005): Der Heilige Hain. Aarau (CH) Rätsch, Ch. (1995): Pflanzen der Liebe. Aarau (CH) Schmeil, O. (1988): Flora von Deutschland und seinen angrenzenden Gebieten. Heidelberg (D) Spohn, M.+R. (2011): Guida agli alberi d'Europa. Roma (I) Spohn, M.+R., Aichle, D. (2011): Che fiore e questo? Roma (I) Storl, W.-D. (2000): Pflanzen der Kelten. Aarau (CH)
Arricchiti di impressioni del risveglio della natura, possiamo pensare anche ai nostri „semi“ personali. Dando energia a idee e progetti, che si possono svilluppare nel giusto periodo della Ruota dell'Anno.
Bibiliografia Brandolin Chiarababba, S. (Editrice) (1984): Dizionario di Botanica. Milano (I)
Nocciolo Fiori Maschili
Buff, W., Von der Dunk, K. (1981): Giftpflanzen in Natur und Garten. Augsburg (D)
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la madIA dell’ ovate Pensieri e riflessioni, per stili di vita piÚ sani e consapevoli. Nuovi e antichi strumenti per il benessere, da usare con buonsenso e quando serve. Una vera dispensa di nutrimenti per il profondo.
di Ilaria Pege 32
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LA VERITA SUL LATTE (E DErIVATI)
I
l sapore di Imbolc è quello del latte. Un biancore diffuso, amore incondizionato liquido, tra madre e prole. Bianco come la neve e come il primo bucaneve. Tutto parla della forza della vita in essenza, una sintesi di informazioni che trasportano il massimo del risultato in potenziale. Il legame tra Imbolc e il latte è risaputo, la festa ne prende il nome ed è una memoria viva dell'importanza dell'allevamento e della pastorizia nel cammino evolutivo della razza umana, mettendo le basi anche al concetto di patrimonio stesso, in modo particolare tra le popolazioni celtiche, come si evince delle Brehon Irlandesi, antiche leggi, in cui il prezzo di un uomo in caso di offesa o omicidio era fissato in capi di bestiame. Di strada da allora ne abbiamo fatta parecchia, e forse proprio per questo si devono rimettere in gioco le motivazioni che ci spingono a consumare latticini e derivati, in modo smisurato, come se fossero un elemento indispensabile alla nostra alimentazione. Il latte per Imbolc può essere usato per benedire lo spazio sacro, cerca un piccolo allevamento di mucche ( 5/10 capi per stalla ) nelle tue vicinanze, informati su cosa mangiano e chiedi se nella bella stagione le mucche stanno al pascolo in libertà. Compra latte e formaggio, sostenendo il piccolo mercato dei produttori virtuosi, che sono interessati alla qualità di quello che vendono, ma anche alla vita degli animali! Quel latte è speciale, è cibo per l'anima della terra!
In altre epoche i formaggi a lunga stagionatura in modo particolare, costituivano uno dei pochi cibi trasportabili e conservabili anche in condizioni climatiche ed igieniche sfavorevoli. Il cibo del viaggiatore era spesso un pezzo di formaggio, un tozzo di pane, vino e frutta secca. I formaggi freschi o poco stagionati erano tipici della stagione primaverile ed estiva e venivano consumati nell'arco di poche ore dalla fermentazione e sicuramente in un ambiente ristretto e casalingo. Solo dalla seconda metà degli anni 60 in poi, in Italia si iniziarono a commercializzare e diffondere in quantità notevoli questo genere di preparati a base di latte, che se da un certo punto di vista soddisfacevano le esigenze di gusto e curiosità di un mercato in crescita, da un altro, imponevano nuove regole e necessità agli allevamenti, chiedendo di aumentare la produzione di latte e quindi per effetto rebound anche la coltivazione dei cereali con cui venivano allevate mucche, ovini e caprini. Le prime pratiche sistematiche di allevamenti e coltivazioni intensive arrivarono in Italia sul finire degli anni 70, direttamente dall'esperienza delle multinazionali farmaceutiche americane, che già all'epoca cercavano nuovi territori per sperimentare concimi e mangimi ad altissima densità nutrizionale, a scapito ovviamente della qualità del prodotto finale. Le esigenze del consumatore, essendo la materia prima di buona qualità ( terreni e bestiame ) non erano minimamente prese in considerazione, anzi lo sforzo in toto è stato dedicato all'aumento della capacità di stoccaggio dei prodotti finali,
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arrivando oggi ad una contraffazione, del prodotto finale, tramite additivi, che "costruiscono" il prodotto ottimale, secondo standard estetici ( colore, odore e forma ) e di marketing ( collocamento del prodotto nelle miglior condizioni di appetibilità per la presunta categoria d'acquisto ).
Confronto consumi annuali di formaggio procapite dati ISTAT in kg 1961= 9kg per persona 1970 =10,6 kg/pp 2014= 26,54 kg/pp
Fortunatamente i consumatori non sono completamente addormentati e molte informazioni cominciano a circolare, anche grazie agli sforzi di molti, tra cui ricordo il Dottor Champbell ed il suo "The China Study" in cui al termine di 50 anni di ricerca sul cancro e sulle recidive, è arrivato a dimostrare che gli zuccheri e i latticini, sono oggi due cause esogene di notevole incidenza.
Il fatto stesso che tra i mammiferi siamo gli unici a nutrirci di latte, molto dopo la nascita, dovrebbe con un poco di buon senso metterci nella condizione di riflettere sull'argomento. Pensare in oltre che il latte di mucca è destinato ad un vitello che necessita di aumentare la massa fisica di alcuni quintali nell'arco di pochi mesi, dovrebbe chiarire definitivamente che il consumo andrebbe non andrebbe fatto con tanta leggerezza, è l'ormone della crescita presente nel latte infatti, che aumenta a dismisura la proliferazione cellulare, anche nell'uomo. Oggi la scelta di consumare Latte e derivati, da allevamenti intensivi, alimenta questo mercato e non solo sostiene la commercializzazione di prodotti di infima qualità, ma anche finanzia lo sfruttamento degli animali, tenuti in condizioni strazianti ben oltre il lecito; se il latte compare con il parto, per mantenere la produzione costante, una mucca deve partorire almeno due volte all'anno, in un allevamento di media grandezza. Al parto viene sottratto il cucciolo e la madre messa in produzione, questo snervamento causa malattie di ogni sorta, che vengono curate con antibiotici a largo spettro, dati nel mangime a priori. Il latte ed il formaggio possono essere davvero sacri, una fonte di energia notevole e soprattutto un modo per contattare una memoria profonda del nostro essere stati bambini, ma senza consapevolezza, come tutte le cose, sono concime per questa macchina umana, che al di fuori del singolo, si muove per macro interessi.
Davvero non ci riguarda?
La Rubrica sulla salute e sul benessere non intende fornire diagnosi e prescrizioni su casi specifici, né può sostituire la consultazione medica o veterinaria. I rimedi contenuti nel testo devono essere considerati solo come indicativi. L’autore e l’editore declinano ogni responsabilità per un uso indiscriminato di questi rimedi quando non avallato da prescrizione medica o veterinaria. 34
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TRIADE di Damh the Bard
Cos’é per te il druidismo?
*** Sentire il suono infinito delle onde dell’Oceano, ascoltare la musica della Natura e vedere la meraviglia delle Stagioni. ***
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ALTRI SENTIERI
I TRE ALTARI di Rudi Toffetti
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ALTRI SENTIERI In questa parte di emisfero, nonostante i riferimenti climatici stagionali ci stiano spesso disorientando, il sistema rigenerativo della natura si rapporta con le radianze solari, in ordine di tempo e intensità. Il periodo dell’anno che intercorre tra il Solstizio d’Inverno (Alban Arthan) e la celebrazione di Imbolc è per sua natura un tempo sotto l’egida implacabile dell’aspetto femminile della Divinità, quello di Madre dormiente, custode del seme di Vita. Spietata la sua difesa in favore di quella piccola luce in fondo al buio siderale, terribile e devastante la sua forza se messa in atto per dissolvere e purificare in grazia al mutamento, come neve e gelo che mondano la terra da parassiti e morbi ulceranti. In sostanza le forze di Padre cielo vengono meno, sono in questo periodo latenti, il “calore” deve essere sufficiente a mantenere in vita ma non a fecondare un grembo che è ora totalmente rivolto verso l’interno, verso le profondità abissali della terra-introspezione. E quindi il tempo della Dea, il tempo delle Dee. Già nei primi giorni di Dicembre questo influsso fa la sua comparsa e diventa il percettibile inizio di una lunga gestazione autofecondata che porta la concretizzazione della materia, anticipata dalla discesa-risalita che la germinazione prevede, uno stato che viene accolto in un puro e immacolato terreno fecondo. La dedicazione cristiana dell’Assunta-Immacolata (8 Dicembre) ci suggerisce come spesso avviene, perché ce lo fa ricordare a livello inconscio, quelli che sono i frammenti dispersi dell’antica religione. Con qualcosa di “immacolato” si palesa infatti l’aspetto della luce spirituale ripulita da qualsiasi tipo di memoria (cellulare) o condizionamento pregresso, è una luce nuova, perché compare nella terra provenendo direttamente dalla sorgente generante. Essa ha necessità di essere incubata, protetta e di stabilire una nuova dimensione terrestre e umana. Un nuovo seme sacro e integrale che dovrà
invariabilmente però adattarsi alle condizioni ambientali che incontrerà. Con questo “dono-seme-luce” lo Spirito offre all’uomo e alla donna ancora una volta una possibilità di perfezionare se stesso, come novella brace che alimenta la fucina in cui forgiare gli strumenti necessari alla sopravvivenza, il nostro laboratorio alchemico è per ora celato in grotte inaccessibili, misteriose e profonde, dove colano e si fondono natura umana e divina. Vero è infatti che in questo giorno si celebra il concepimento di Maria da parte di S. Anna, e non come molti sarebbero portati a credere un avvenimento direttamente collegato al Salvatore. Questa circostanza, espressa in un contesto sacralizzato, non fa altro che ricordarci che la linea matrifocale persiste nonostante tutto, anche per il Figlio nato senza fecondazione umana, e la scintilla che illumina la terra e i meandri della nostra anima provengono dalla Madre-Dea, ed è da essa generata, condensando le trame dell’oscurità. Quel mantello trapunto di stelle che spesso appare nell’iconografia mariana. “Quando un’anima si converte viene chiamata Maria”…“e diviene un’anima che spiritualmente genera Cristo” “Sant’Ambrogio: De Virginitate”, 4,20 PL 16, 271 “La verità è nata dalla Vergine Maria” Sant’Agostino Per la cristianità come per la maggioranza dei culti continentali antecedenti, la Dea-Maria è il contenitore che accoglie metafisicamente il Logos, il Suono, l’Awen, così come la terra preserva e nutre le sementi durante l’inverno. …Nei testi alchemici, la Vergine viene citata come “terra interiore”, pura ed incontaminata, che deve essere fecondata dal seme spirituale che l’alchimista riesce a far giungere fino a
lei, o come vera Madre del Filius Philosophorum, e viene identificata con il Sale alchemico o con la terra che lo contiene… “il Sale va estratto da quella terra virginale e pura che è contenuta nel centro di tutti gli elementi compositi, vale a dire nella loro profondità”. Blaise De Vigenere:“Trattato sul fuoco e sul Sale” Nella sua “Storia delle credenze e delle idee religiose” Mircea Eliade scrive: “La teologia di Maria, della Vergine Madre, riprende a perfezione le antichissime concezioni asiatiche e mediterranee della partenogenesi (capacità di autofecondazione) delle grandi dee (Hera, Cibele). La teologia mariana rappresenta la trasfigurazione dell’omaggio più antico e più significativo che si sia mai reso, dalla preistoria, al mistero religioso della femminilità: la Vergine Maria verrà identificata, nel cristianesimo occidentale, con la figura della Sapienza divina, mentre la chiesa di Oriente svilupperà accanto alla teologia della Teokotos, la Madre di Dio, la dottrina della sapienza celeste. Sophia, nella quale si manifesta la figura femminile dello Spirito Santo”. Nel druidismo, come avviene in altre filosofie e spiritualità native, la divinità può assumere in funzione dei cicli cosmici e della ruota dell’anno, un aspetto maschile o femminile anche contemporaneamente, o di infante o anche androgino, nonché animale. Le popolazioni antiche dell’Europa hanno così plasmato nei millenni numi funzionali alle loro strutture sociali, o meglio sarebbe affermare che le Divinità hanno plasmato le popolazioni e le culture in funzione di un gradiente evolutivo proprio di quell’epoca storica, questa sola affermazione potrebbe fornire un valido spunto di riflessione su quale sia il gradiente che la società contemporanea massificata utilizza per “connettersi ed evolversi”, che sia forse la tecnologia?
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ALTRI SENTIERI Nella cerimonia di Imbolc si ha quindi l’enfatizzazione e la sublimazione del potere del femminile con la presenza della Dea nel suo triplice aspetto. Le fonti storiche e teologiche in ambito celtico sono concordi nell’attribuire alla figura di Brighid-Brida il ruolo principale nelle ritualità legate a questa festività. Tanto che in Irlanda il nome originario della celebrazione (Oìmealg) è caduto nell’oblio per essere sostituito con “La Fheile Bride” (giorno della festa di Brigida), essa infatti è la figura femminile celto-cristiana che più di tutte rappresenta la Luce collegata al sacro fuoco. Assai noto e documentato è il modo in cui Santa Brigida di Irlanda ha sostituito nell’immaginario popolare tutte quelle funzioni e poteri che erano esercitati dall’antica Dea Bianca.
Tali caratteristica di natura ispirante, tutelare e taumaturgica richiamano a come la società celtica era suddivisa nelle tre grandi funzioni: sacerdotale, guerriera e produttiva. Ella è infatti “Brigit be legis” dea dei guaritori, “Brigit be goibnechta” dea dei fabbri (artigiani), “Brigit be filid” dea della fertilità e della poesia. Di conseguenza nell’energia collegata a Brighid coabitano altri archetipi ternari fondamentali, i tre stadi della vita: nascita, esistenza, morte, e i tre stati sessuali della donna: vergine, amante, madre. Fino a giungere ad una inevitabile e consequenziale concezione di questi
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aspetti con quelli di origine bio-fisica ed energetica sottile: sfera biofisica-eterica, sfera emozionale-eterica, sfera spirituale-divina. In quanto Brighid rappresenta la Terra, è indicata come “Madre di tutti gli Dei” o “Grande Madre” assumendo il compito sia di genitrice, di sposa e di sorella non solo di tutti gli Dei ma anche di tutto il popolo. Nella tradizione irlandese da lei nascono i “Tre Dei di Dana”, altro netto riferimento ad un’ulteriore triplice funzione dell’emanazione figliare. Nella leggenda appare agli uomini con il volto per metà bellissimo e per metà orribile, volendo indicare che tra i suoi poteri ci sono sia quelli di risanamento che quelli capaci di infliggere malattie, ma la sua ambivalenza rispecchia ancora una volta l’eterna inscindibile dualità tra vita e morte, buio e luce. Per riconoscere meglio la triplicità delle energie femminili, così come veniva vissuta e tramandata dai nostri antenati, può essere utile paragonare il corpo umano (campo aurico totale) come una tribù in cui una parte delle risorse e delle informazioni alimentano il corpo e tutto il sistema biochimico ( artigiani-agricoltori), una parte alimenta tutto ciò che è connesso con le sfere emozionali-emotive-psichiche e psicologiche (guerrieri) che come risultato hanno quello di modificare il campo eterico, quest’ultimo inteso come interfaccia tra il piano della materia e quello del non visibile. Una terza parte (sacerdoti) alimenta il mondo spirituale, il Se superiore in diretto dialogo con le forze cosmiche, occulte ed elementali. Seguendo questa linea interpretativa e sperimentale è così possibile comporre la triade di Imbolc all’insegna totale dell’emanazione femminile. Aggiungendo alle caratteristiche principali di Brighid che sono la purificazione, la benedizione e la guarigione attraverso il Fuoco (Luce spirituale) e l’acqua (liquido amniotico, mare infinito della trasmutazione) prerogative della funzione sacerdotale, altre due derivazioni della stessa sostanza.
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Morrigan (lett. Grande regina o Regina fantasma) è colei che presiede i campi di battaglia e può favorire o inficiare il destino dello scontro, manifestazione della Dea legata alla morte, quindi al fato, ma anche alla sessualità. La connessione con le funzioni e l’indole attribuibili alla casta guerriera sono più che mai evidenti, difesa, attacco, onore, gloria, tutti patos di natura emozionale e cardiaca. E infine nella figura di Keridwen (la porta divina o città di Dio) risiedono gli elementi legati alla terra di fecondità, produttività e abbondanza, sia abbondanza di beni di sussistenza, sia abbondanza di doni spirituali (funzione produttiva: artigiani-agricoltori) con le peculiarità ad ogni modo correlate, di trasformazione e rinnovamento. A questo punto può risultare interessante rivolgere lo sguardo diverse migliaia di chilometri più ad Est, esattamente in quella che è la culla della radice ariano-celtica, l’India vedica. Sono inaspettatamente molte le similitudini che è possibile scoprire tra le tre divinità femminili del pantheon celtico prima elencate, e alcune rappresentanti della “Shakti”, l’energia femminile, del complessissimo mondo indù. Si può affermare senza scrupolo che le radici delle popolazioni celtiche affondano anche in quella porzione di territorio che sta tra le catene montuose afgane, le pendici himalayane e la Valle dell’Indo. Oggi infatti si è in grado di stabilire una serie di comuni denominatori in ambito filosofico, spirituale e dogmatico. Il primo e più rilevante è sicuramente l’inciso che i Druidi credevano fermamente che l’anima sopravvivesse al corpo, e dopo la morte, per un periodo più o meno breve, essa venisse richiamata ad abitare un nuovo essere. Per questa società, tanto per quella induista, i cicli di morte e rinascita sugellati dalla reincarnazione costituivano una realtà profonda.
ALTRI SENTIERI Possiamo trovare inoltre altre assonanze, per esempio riferendoci alle ritualità collegate al fuoco, alla suddivisione in caste (guerrieri, sacerdoti, agricoltori, etc.) e all’avvicendarsi delle dominazioni di divinità di genere femminile o maschile con tanto di animali di potere al seguito, durante le ricorrenze annuali e culti connessi. Tutto va chiaramente preso e pesato con le dovute attenzioni del caso, ma i punti in comune rimangono, indubbiamente ci sono nella religione vedica svariati pezzi mancanti di quello che era la teologia e la ritualità druidica e di cui abbiamo perduto parte del senso e della memoria. Sono passati millenni da quando è avvenuta la separazione che ha portato alcuni popoli di ceppo ariano a prendere la via dell’Europa continentale verso ovest e a confondersi con le nuove etnie incontrate sul cammino, mentre altri si dirigevano più a sud. Oggi dei primi, di ciò che erano e di quello in cui credevano, non rimane che qualche lieve traccia, tracce del loro passaggio se non della loro stessa esistenza, ostacolati, trasformati, occultati come barbari ignoranti portatori solo di credenze blasfeme. Gli altri invece hanno potuto espandersi e non soltanto demograficamente, in oltre 4.000 anni hanno espresso forse la più raffinata e completa forma di spiritualità esistita a memoria d’uomo. Sostanzialmente nell’induismo, anche moderno, non vigono regole religiose, ma scuole iniziatiche plasmate sull’esigenza del singolo di esplorare un determinato aspetto dell’Assoluto. E così in parte dovevano apparire 2.000 anni fa le scuole in cui aspiranti bardi, ovati e druidi sperimentavano il sacro attraverso la conoscenza o l’esperienza di uno o più maestri e Vie, prediligendo in base alle loro inclinazioni quelle entità che risuonavano più di altre con il proprio tempio interiore. I numi femminili prima elencati (Morrigan, Keridwen, Brighid) trovano a Imbolc la loro sostanza
spirituale, espressione energetica e congiunzione, esse sono di fatto emanazioni dello stesso flusso originale. Prendendole come riferimento e punto di partenza diventa un’opera gratificante identificare nel panorama induista le similitudini con altrettante essenze. Ponendo anche attenzione sulla pratica esoterica che le vede, nel caso, protagoniste. Quest’opera di ricongiungimento non è solo agire nella sfera speculativa, ma permette di affondare le mani e la testa nel sacro calderone della Tradizione. Ricomponendo ciò che era in origine e in purezza, riassaggiando tre gocce di quella famosa pozione. Molte sono oggigiorno le guide spirituali nel continente indiano che definiscono il loro operato sotto la benedizione del Sanatana Dharma, Ordine cosmico – Ordine eterno, o “religione universale” dove per religione non è inteso un complesso dogmatico, ma la “verità suprema ed eterna” ciò che sostiene tutto, senza i condizionamenti umani. Ma anche questa contestualizzazione correrebbe il rischio di essere fine a se stessa, nel puro campo ideologico e dottrinale se non si tentasse un piccolo salto nell’ignoto della ritualità pura, ovvero se una volta conosciuta per sommi capi una identità energetica dello Spirito non la facessimo nostra, facendola entrare tra pelle e cuore. Questo può avvenire in maniera totalizzante solo su un punto di forza della terra, uno di quei tanti luoghi sacri che gli antichi nativi hanno venerato come dimora delle loro più care aspirazioni di comunione con la Divinità, nelle sembianze che i cicli cosmici metamorfizzano via via che le stagioni si alternano. Questo è il caso di un antico luogo sacro esistente in Valchiusella (TO), che in questa circostanza viene descritto molto brevemente. In esso sono presenti delle caratteristiche tali da indurre immediatamente il ricercatore a portarsi sulla via della triplice emanazione, che sia essa legata prevalentemente al femminile (Imbolc) che al maschile (Solstizio d’Estate) o ad entrambi (Beltane).
Concepito nella cultura spirituale celtica affonda le sue radici in un tempo assai più remoto. Si tratta di un’area sacra posta all’incrocio di due importanti Linee Sincroniche (in rosso) e diversi corsi d’acqua sotterranei (in blu), in cui tre rocce altari (in nero) sono state posizionate su punti di massima energia, ogni altare ha una sua particolare emanazione e svolge una diversa funzione sia rispetto all’ambiente che al corpo umano. Nel rilievo geobiologico riportato e nell’immagine è possibile capire come sono state utilizzate le forze telluriche e cosmiche per dare ai sapienti del tempo la massima relazione possibile con le entità dell’astrale e della terra. Tra le più importanti ritualità del calendario vedico c’è la celebrazione di Navaratri, letteralmente le “Nove Notti”, viene festeggiata due volte l'anno, nel mese di aprile-maggio e nel mese settembre-ottobre, nei due periodi importanti di cambiamento della natura: l'inizio della primavera e l'inizio dell’autunno. Momenti catartici in cui le forze del cosmo di preparazione all’attività-fecondità (fase che precede la primavera) e al riposo-conservazione (fase che precede l’autunno) devono essere invocate sull’esistenza e sulla psiche umana. Il calcolo esatto per officiare viene stabilito di anno in anno in base alle lunazioni e alla levata di determinati pianeti e costellazioni, così come avveniva per le quattro celebrazioni del fuoco nel calendario celtico. Così come ad Imbolc, ma con modi e tempi diversi, a Navaratri si invoca l’aiuto dello Spirito in forma di energia femminile adorandola come Shakti, cioè il potere onnipotente di Shiva nell’universo. In ognuno dei nove giorni di celebrazioni il ricercatore spirituale onora un aspetto particolare della Madre Divina (Durga). Quasi tutte le divinità indù hanno una controparte, poiché ogni principio superiore può di fatto esistere solo attraverso la combinazione di maschile e femminile, inseparabili e contrari, Shiva e Shakti. Shiva è pura Coscienza,
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ALTRI SENTIERI ciò è più che mai vero e palesato nella tradizione induista, ma altrettanto in quella delle saghe del mondo celtico, che però hanno purtroppo subito gravi perdite sia in termini di quantità che di capacità di essere sottilmente interpretate. Detto ciò potrebbe essere importante, come è stato già evidenziato, rassembrare questo puzzle con pezzi che seppur di un'altra scatola, rappresentano la stessa figura finale. A queste considerazioni va però aggiunto il fatto che in occidente molto del sapere esoterico antico, anche di derivazione druidica, non è stato perso ma incamerato in tutti quei filoni ermetici delle varie società segrete, in cui comunque si predilige una certa crescita personale e una realizzazione alchemica alla semplice devozione religiosa.
incondizionata e trascendente, è la divinità della mente , egli può diventare attivo solo quando l'energia della Shakti gli dà forza (potenza-creatività), senza di essa Shiva diventa Shava , ossia un corpo senza vita. Questa antica celebrazione si compie attraverso elaborati riti del fuoco, la yaghia. In una fossa debitamente allestita e di forma geometrica particolare (quadrato, ottagono, triangolo, etc.), e a seconda del contesto rituale e del lignaggio iniziatico, viene alimentato un fuoco in cui vengono offerte sostanze sacralizzate come burro chiarificato, miele, yogurt, latte, noci di cocco, frutta, e molto altro ancora. Ogni elemento offerto al fuoco (la bocca della Madre Divina) rappresenta un aspetto o un dono spirituale cui l’astante aspira. Ad est è posto lo yoni-lingam, un pietra oblunga inserita in una forma aperta a rappresentare i due attributi del maschile e femminile nell’unione perfetta e senza separazione, su di esso vengono sversate alcune di queste sostanze liquide nella prima fase del rito. Alle spalle dello yoni-lingam, sempre ad est, può aver posto la “murti” della divinità che viene onorata nella celebrazione,
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ovvero un’immagine consacrata che la rappresenta sotto forma di statua o icona stampata. Durante il Navaratri a differenza di altre cerimonie a tutti i partecipanti è consentito fare offerte al fuoco durante la recita dei mantra, quest’ultimi sono inni salmodiati in sanscrito in cui vengono declamati ed onorati gli attributi della divinità in questione, affinché le stesse qualità possano cogliere benevolmente chi partecipa al rito. Il fuoco consacrato, posto di solito su di un luogo di potere, le offerte, i mantra recitati di regola da un iniziato e i canti sacri (bajan), producono l’elevazione del rito e la relazione con l’entità. Spesso avviene che a più riprese si venga colti da ondate di pura energia che a seconda dei momenti alterano la sfera fisica, emozionale o psichica. Potrebbe essere scontato ribadire il concetto che nei sistemi sapienziali delle culture antiche gli episodi mitici e mitologici altro non sono che metafore per evidenziare stati dell’essere, un metodo di insegnamento efficace che sostiene più livelli di lettura e possiede margini di riflessione in cui il narratore può muoversi, proprio per dare a seconda di chi lo ascolta e della sua preparazione, molteplici letture. Tutto
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I primi tre dei nove giorni sono dedicati a Kali, dea della distruzione e della ricreazione e consorte di Shiva, viene invocata affinché possa proteggere la pratica spirituale (sadhana) dalle facili distrazioni e dai numerosi ostacoli, e per fare piazza pulita delle impurità residue, aiutando così il ricercatore a rafforzare la volontà di perseguire i propri obbiettivi. Come divinità guerriera è facilmente assimilabile alla Morrigan. In entrambe le raffigurazioni le due divinità hanno un aspetto terribile, sono armate, la loro sessualità è attiva e strabordante, sono la furia della battaglia. I colori, il rosso e il nero identici a evidenziare il sangue e la tenebra suprema che divora tutto ciò che esiste, il tempo che distrugge i mondi. Ad un successivo livello di lettura dell’archetipo, il campo di battaglia in cui i temibili guerrieri celtici si confrontavano non è solo un luogo reale, ma uno stato dell’esistenza e ciò che può aggredirci può non essere nella natura delle cose reali, la Morrigan può rappresentare pertanto quella potente forza femminile a cui attingere per difenderci, per sbaragliare il “nemico-ostacolo” e per far pulizia della sua presenza in noi. Kali possiede una cintura di braccia umane e una collana fatta di 50 teste mozzate, a ricordare al devoto la capacità
ALTRI SENTIERI all’azione e il risultato che ciò comporta in termini spirituali, come perdere l’identità a favore dell’unione con il tutto. I trofei di Morrigan sono invece infilzati su delle picche così come vuole la tradizione. Sono le teste dei guerrieri più nobili, i feticci a cui rivolgersi nel dubbio, nella divinazione, sono lo specchio di ciò che potrebbe essere, se il fato si opponesse. I corvi, messaggeri del mondo di sotto, smembrano, spellano, scavano, riportando l’essenza dell’anima in superfice per quella che è in realtà, dove sarà rivelata al suo sguardo terribile. Nei tre giorni successivi il devoto ormai purificato dall’intenso lavoro è pronto per ricevere, egli è in cerca di abbondanza, sia spirituale che materiale. Abbandonando le vecchie abitudini ora c’è posto per prosperità, amore, bontà e tutto ciò che necessita per creare le condizioni adatte al percorso di vita. È il culto di Lakshmi che concede tutto ciò, dea consorte di Vishnu, apporta inesauribile ricchezza a patto che non ci sia attaccamento alla materia e si considerino le sue concessioni come strumento e non come fine. Il rischio è che tutte quelle zavorre psico-fisiche, che è stato domandato alla Kali-Morrigan di debellare si ripresentino, ancorando nuovamente alla materia pesante colui che cerca la liberazione. In questa divinità si esprime la generosità della Madre Divina, è rappresentata come una fanciulla bella e autorevole. Che sostiene un contenitore, una pentola-cornucopia da cui fuoriescono monete e preziosi, accorda la bontà d’animo, spirito caritatevole, la pazienza e la costanza indispensabili sul sentiero della ricerca, queste ultime due qualità vanno acquisite dall’interno invocando quella Luce, emanazione propria del Femminile nel suo potere più profondo di accoglienza e non giudizio. Anche nella figura di Keridwen risiedono questi elementi, dea della
natura, offre il cibo spirituale e il nutrimento fisico attraverso il potere del Calderone, così come avviene con la pentola di Laksmi, simboli del principio femminile e rappresentazioni metaforiche delle sue illimitate capacità. Suo il ruolo di custode dei raccolti, perché da lei proviene la forza per farli prosperare. Nella storia di Taliesin, grazie a lei e alla conoscenza contenuta nel suo calderone, l’iniziando raggiunge le sue mete e trova l’illuminazione, che poi porterà simbolicamente sulla fronte. I tre giorni conclusivi di Navaratri sono indetti a favore di Sarasvati, nella triade dell’emanazione della polarità maschile (Shiva, Visnu, Brama) a lei è collegato Brama il creatore. Attraverso la devozione e il suo culto l’individuo progredisce spiritualmente ottenendo poteri spirituali (siddhi) e la piena conoscenza del Sé, la tradizione vedica dice che portando questa consapevolezza nel punto più alto sarà finalmente in grado di uscire dalla ruota delle rinascite. Come Brighid anche Sarasvati è patrona delle arti, della poesia, del canto della musica, nell’iconografia è intenta a suonare un sithar (strumento a corde) seduta o accompagnata da un cigno, quest’ultimo anch’esso presente nella simbologia della dea celtica come emblema di purezza e di connessione con il mondo dello Spirito. Anche l’acqua è presente per ambedue in forma di fiume che scorre scendendo da pendii nevosi, richiamando nei suoi vari stati tutte le funzioni di questo elemento. La fiamma perenne di Brighid la ritroviamo nell’aureola lucente posta alle spalle di Sarasvati, è un sole ormai sorto e nel pieno potere, simboleggia un maschile ancora lontano che protegge passivamente ma che incede inesorabilmente.
ha meriti cantare le tue lodi e ricevere la grazia della devozione oh mia Dea, venerata nella triplice forma.” Soundarya Lahari, Versi 1 - 20
Conclusioni Ho avuto l’occasione di celebrare Imbolc alcuni anni fa proprio nel luogo dei tre altari, in compagnia di altre persone anch’esse portate verso un tipo di spiritualità legata agli elementi e al sapere tradizionale antico. Ciò mi ha arricchito enormemente, sui rispettivi altari, come su troni di pietra, ho visto le tre dee sedute, Brighid in mezzo, la Morrigan e Keridwen ai lati. Ognuna aveva dei doni da offrire, doni di purificazione, trasformazione e guarigione, sono stato accolto e accettato nella mia piccola forma umana, umana e al contempo sacra. Le tre dame si sono poi fuse in un’unica regina che è apparsa nella sua grandiosità a poca distanza dagli altari, nei pressi di un’ansa del fiume che scorre li vicino. Ho partecipato diverse volte al Navaratri, mi ha insegnato la devozione nei confronti della Grande Madre, mi ha fatto sentire il suo calore e il suo abbraccio e la sua potenza e mi ha ricordato da dove vengo, arricchendo il mio percorso sulla Via Verde, con molta calma cerco di ricostruire una memoria perduta, e attraverso i luoghi e le celebrazioni riemergono i frammenti perduti.
Rudi Toffetti
“Il Signore Shiva poté creare questo mondo grazie alla Shakti, senza di muoversi,
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IL CORSO DELL’ORDINE DEI BARDI OVATI E DRUIDI OBOD La pratica di Druidismo era da sempre limitata a coloro che potevano imparare visitando un “Grove” o entrando in contatto personalmente con un druido. Ma nel corso degli anni l'Ordine ha sviluppato un corso basato sull'esperienza che può essere seguito ovunque si viva. Migliaia di persone di ogni età e grado di istruzione seguono oggi questo corso, che lavora con le idee e le pratiche di Druidismo in un modo completamente pratico, ma anche profondamente spirituale.
Il corso, che viene pubblicato per l'Ordine dalla Oak Tree Press, comprende l'appartenenza all'Ordine ed è diviso in tre fasi, o gradi, corrispondenti alle tre divisioni tradizionali dei Druidi: quelli dei Bardi, degli Ovati e dei Druidi. Ogni grado può essere vissuto da soli o con altri in un “boschetto”( grove o seed-group).
Il grado Bardico, quello iniziale, ci porta in un viaggio attraverso il ciclo dell'anno e presenta tutti i concetti di base di Druidismo - mostra un “modo di vita” che può essere praticato nel mondo attuale donando un maggiore senso di connessione con tutta la Natura e con il patrimonio antico del druido: la saggezza tradizionale.
Il Corso dell’OBOD è distribuito sia in Inglese (dall’Oak Tree Press) che in Italiano (dal Bosco dell’Awen). Per informazioni sul corso in lingua inglese: office@druidry.org Per informazioni sul corso in italiano: info@boscodellawen.org Per informazioni e richieste che riguardino il sistema di tutoraggio: mentors.it@druidry.org ( referente Paolo Veneziani)
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L'obiettivo del corso è quello di aiutare il Bardo a far fiorire, o rifiorire, la propria vita - aiutando lo spirito personale ad esprimersi pienamente nel mondo. Questo si può ottenere seguendo il Sentiero fino alle le fonti del Potere Creativo di ciascuno, facendo così in modo che i doni da esso ricevuti possano scorrere completamente nella nostra vita. Il corso, inoltre, insegna le competenze fondamentali e le tecniche della spiritualità del Druido: l'uso del rito, il concetto di spazio sacro, il cerchio, le direzioni e gli elementi. Queste conoscenze aiutano a sintonizzarsi con il mondo naturale, ai ritmi della terra e della luna, del sole e delle stelle… e mentre lo fanno, favoriscono l'accesso al proprio sé profondo - quella parte di noi che si sente tutt’uno con la Vita. Tratto da http://www.druidry.org/join/membership-orders-trainingcourse
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FACCE DA
DRUIDO Hanno lavorato alla realizzazione di questo numero...
06/2016. Imbolc
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la reDA ZIO NE
Daniela Ferraro Pozzer
Alessia Mosca Proietti
Ilaria Pege
Cristina Pedrocco
Monica Zunica
Markus Juniper
Andrea Vernucci
COLLA BORA TORI Laura Villa
Rudi Toffetti
Damh the Bard
Irbis
Elisa Zanotto
Luisa Lovari
OBOD seed groups
& GROVES ITALIANI SILVER WOLF CIRCLE IL CERCHIO DI ARTH
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LA RADURA DI BRIGHT Trento
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BOSCO DELL’AWEN Biella
IL CONCILIABOLO CELTICO TOSCANO Toscana
IL BIANCOSPINO E LA QUERCIA Roma
L’IPERICO Molise/Puglia
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