2 minute read
L’Avvocato risponde
La responsabilità della struttura nosocomiale, per infezione del paziente, che ne causa il decesso e risarcimento dei danni subito dai prossimi congiunti. Questo mese affrontiamo una tematica attuale, oggetto di un notevole contenzioso giudiziale, ossia la responsabilità dell’ospedale, per decesso del paziente, dovuto ad una infezione. In particolare, la natura della responsabilità della struttura nei confronti dei congiunti ed il conseguente onere probatorio. L’azione che i prossimi congiunti devono proporre deve qualificarsi, come azione di responsabilità extracontrattuale proposta iure proprio. Infatti, il rapporto contrattuale tra paziente e struttura sanitaria non produce effetti protettivi in favore dei terzi (prossimi congiunti), con la conseguenza che l’autonoma pretesa risarcitoria vantata dai congiunti del paziente, per i danni ad essi derivanti dall’inadempimento dell’obbligazione sanitaria, rilevante nei loro confronti come illecito extracontrattuale, si colloca nell’ambito della responsabilità aquiliana. Per tale ragione i prossimi congiunti potranno agire in giudizio contro la struttura sanitaria, per ottenere il risarcimento del loro personale danno patito a causa del decesso del loro congiunto, soggiacendo alla disciplina della responsabilità extracontrattuale ed all’onere probatorio ad essa collegato. Ricade, quindi, sui congiunti, che agiscono in giudizio per l’ottenimento del risarcimento dei danni subiti, l’onere di fornire la prova di tutti gli elementi costitutivi della responsabilità aquiliana della struttura sanitaria; vale a dire il fatto colposo, (es. mancata individuazione dell’esistenza di una infezione, da parte della struttura sanitaria, e conseguente man- cata applicazione delle terapie antibiotica e inadeguata sorveglianza sulla sterilità della struttura ospedaliera); il pregiudizio (nel caso nostro il decesso); il nesso causale tra il fatto colposo e il danno. Dovrà, dunque, essere provato che il parente defunto veniva ricoverato presso la struttura sanitaria (per un intervento programmato), che al momento del ricovero il paziente non presentava condizioni di alterazione fisica, che durante il ricovero il paziente veniva attinto da una infezione non immediatamente accertata e curata, che solo a seguito di tempo i sanitari si rendevano conto dell’infezione e la terapia veniva somministrata in ritardo e non scon- giurava la morte dello stesso, che non risultavano altre cause patologiche che ne avrebbero potuto causare il decesso. Il nesso causale deve essere provato in termini probabilistici e non di certezza della possibilità di evitare il danno a fronte di un comportamento diverso. Il giudice deve limitarsi a verificare, sulla base delle prove fornite, se possa o meno ritenersi più probabile che non che sia derivata la morte del paziente imputabile alla responsabilità della struttura sanitaria. Accertato il nesso causale, la struttura sanitaria per esimersi dalla imputabilità della responsabilità del decesso del paziente dovrà dare prova di aver adottato tutte le cautele prescritte dalle vigenti normative, anche speciali, al fine di prevenire l’insorgenza di patologie infettive; ovvero di dimostrare di aver applicato i protocolli di prevenzione delle infezioni. Dunque, nel caso in cui ad agire sia il paziente nei confronti della struttura ospedaliera, la natura della responsabilità è contrattuale, in virtù di quel contatto sociale tra paziente e struttura/medico, e l’onere della prova ad aver agito nel rispetto della normativa vigente ricade sulla struttura sanitaria, ovvero dei sanitari. Invece, come nel caso di specie, quando il paziente sia deceduto e ad agire siano i prossimi congiunti per un loro personale danno, per perdita del rapporto parentale, la natura della responsabilità è extracontrattuale e su di loro ricade l’onere di provare il fatto colposo, il pregiudizio e il nesso causale tra il fatto colposo ed il pregiudizio.
Quando subentra la responsabilità di un Ospedale in caso di infezione e decesso del paziente? E quando si ha diritto al risarcimento?
Advertisement
Avv. Antonio Aquino