8 minute read

“Bada a ... come scrivi”

Next Article
L’

L’

Alcuni spesso mi chiedono come faccio a scrivere i miei articoli, o meglio, che metodo uso per esprimere le mie considerazioni. Rimangono un po’ delusi dalla mia risposta, in quanto io non seguo un vero e proprio procedimento, ma cerco semplicemente di interiorizzare dentro di me il percorso da intraprendere per arrivare a suscitare l’interesse di chi ha la pazienza di seguirmi. Se non provo prima io nessuna emozione, non potrò mai sperare di suscitarla in chi mi legge. In un certo senso posso ipotizzare che ci sia come un rispecchiamento tra la parte sensoriale e quella comunicativa che, seppur animati dallo stesso intento, ovvero trasmettere delle emozioni, viaggiano su due binari indipendenti; se da una parte prevale il desiderio dall’altra vi sono le regole, che in questo caso sono quelle grammaticali e sintattiche che dovrebbero rendere i concetti più chiari e comprensibili. Se prima non comprendo io il discorso nella sua interezza, non potrò mai riuscire a strutturare in modo netto e coerente l’insieme delle parole, per poter elaborare i concetti e trasferirli a chi ha la bontà di leggerli. Infatti la comunicazione ha successo quando si vuol dire qualcosa e il destinatario riconosce senza fraintendimenti quella cosa. Tengo bene in mente alcune regole che aiutano molto a raggiungere questo risultato, in primis essere pertinenti e rimanere sull’argomento senza divagare troppo, cercando di scrivere solo quello che serve; dopodiché evitare di dire cose di cui non si ha certezza sulla loro attendibilità cercando di essere anche ordinati nell’esposizione. In pratica oltre che alla sostanza dell’argomento bisogna curare anche l’estetica, che unita alla punteggiatura rende la lettura più fluida e comprensiva. È quest’ultima che rende più ritmato il discorso, infatti la punteggiatura è come se suggerisse anche l’intonazione alle parole. Possiamo quindi affermare che anche le parole, se scritte bene, hanno un “tono di voce” che da un senso al testo. Facciamo degli esempi. Se scriviamo la frase “sono felice, oggi!” con una virgola e un punto esclamativo , non ci sono dubbi sul fatto che oggi sono molto entusiasta e felice. Se invece dicessimo “sono felice...oggi?” con puntini di sospensione e punto interrogativo il tono diventa un po’ incerto, quasi che forse oggi non sono proprio al massimo. Se invece i punti interrogativi sono due “sono felice? Oggi?” il tono diventa scandalizzato. È più che possibile che in un futuro prossimo la punteggiatura venga sostituita dalle EMOTIC (EMOJI), ovvero questo modo alternativo di suggerire un tono di voce attraverso queste faccine con varie espressioni. Le usiamo

Se non provo prima io nessuna emozione, non potrò mai sperare di suscitarla in chi mi legge

Advertisement

Infatti la comunicazione ha successo quando si vuol dire qualcosa e il destinatario riconosce senza fraintendimenti quella cosa spesso per contestualizzare quanto scriviamo, per rafforzarlo o per attenuarlo. Di per sé sembra innocuo il suo utilizzo, mentre invece quando inseriamo una faccina nel messaggio, questa ha la capacità di orientare l’interpretazione del testo e di condizionare la parte emozionale della sua interpretazione. Ma ritorniamo alla premessa iniziale: scrittori si nasce o si diventa? Dobbiamo ammettere che un po’ tutti sentiamo di avere qualche storia da raccontare ma poi difronte ad un foglio bianco la nostra penna si arrende. Bisogna insistere, non mollare, ma deve essere chiara da subito la domanda: “quale storia voglio raccontare?” perché bisogna avere ben presente fin dall’inizio dove si vuole arrivare. Riflettere, pensare......immaginare. Perché è vero che all’origine di una storia c’è l’emozione di chi scrive e che alla fine c’è l’emozione di chi legge, ma tra una e l’altra c’è tanto, tanto lavoro di immaginazione che ciò che scriverai possa raccontare anche la storia di chi legge, dei suoi destini, delle sue scelte, delle sconfitte e delusioni. Ma come funziona l’immaginazione? Come possiamo stimolarla? Spesso qualcuno che ha la pazienza di leggermi mi chiede: ma come ti è venuto di pensare a quello che hai scritto? Semplicemente osservando la realtà che mi circonda e il desiderio di immaginarla diversamente, o meglio, l’immaginazione nasce dal conflitto tra ciò che si desidera e la realtà. Più c’è un rifiuto delle cose così come stanno e più cerco di immaginarle ordinate in maniera diversa, poiché come diceva una citazione: “non c’è niente da capire, basta guardare”. Comunque la capacità di trasferire su un testo i propri pensieri esige una particolare cura per poterli raccontare con stile, chiarezza ed eleganza ma, soprattutto, avere delle buone conoscenze

Perché è vero che all’origine di una storia c’è l’emozione di chi scrive e che alla fine c’è l’emozione di chi legge, ma tra una e l’altra c’è tanto, tanto lavoro di immaginazione delle regole grammaticali. Da una recente ricerca, i bambini delle scuole elementari commettono errori di ortografia cinque volte più di frequente rispetto ad alcuni anni fa. Questo dovuto sicuramente all’avvento dei social che ne hanno compromesso la loro attitudine all’esercizio, supportato anche dal fatto che la velocità sta condizionando le regole della scrittura: quanto più è urgente e immediato comunicare, tanto più si semplificano le scritture. Vorrei ora alleggerire l’argomento riportando alcuni modi di dire particolarmente diffusi che sarebbe meglio evitare, sia per non apparire “antiquati” o peggio per non saper essere originali.

Li elencherò in ordine alfabetico:

AFFERMATIVO: usato di solito al posto di SI, è sbagliato!

ALLA GRANDE: esclamazione vecchia che può essere sostituita con più originalità!

ASSOLUTAMENTE: di moda per indicare il più semplice si!

CANNONATA: molto abusato impropriamente, senza senso!

CHE STORIA: modo popolare di stupirsi, usato solitamente da chi non riesce a descrivere sensatamente una situazione

CIOE’: si abusa di questa parola in maniera eccessiva che serve a chi con questo termine deve riempire vuoti di pensiero

COME DIRE: vale come il cioè precedente, tipico di chi ha difficoltà a trovare le parole giuste per esprimersi.

ESTREMAMENTE: gli estremismi, di questi tempi, non sono proprio auspicabili. Basta con questo avverbio infilato ovunque.

NELLA MISURA IN CUI....: molto usato ma termine pesante che complica il discorso.

NIENTE: intercalare da non usare, ha tutt’altro significato.

NON ESISTE: usata per indicare dissenso è in realtà senza fondamento rispetto a un discorso!

NON HO PAROLE: peccato!

PIUTTOSTO CHE ...: nonostante sia diffuso è scorretto!

TRA VIRGOLETTE: fa sembrare chi parla una persona che non conosce abbastanza vocaboli. Terribile quando poi la parola è accompagnata dal movimento delle due dita.

UN ATTIMINO....: fate voi.

Antonio Guido

Più c’è un rifiuto delle cose così come stanno e più cerco di immaginarle ordinate in maniera diversa, poiché come diceva una citazione: “non c’è niente da capire, basta guardare”

Perché ingrassiamo?

olte mie pazienti mi chiedono spesso per quale motivo tendono ad ingrassare. La risposta a questa domanda può essere, al tempo stesso, molto semplice ma anche molto complessa. Capire come funzionano i meccanismi un po’ “perversi” che ci fanno accumulare rapidamente grasso e a perderlo solo molto lentamente (quando e se ci riusciamo), può aiutarci a gestire meglio la nostra alimentazione. Ovviamente si ingrassa perché mangiamo troppo, mangiamo male e facciamo poca attività fisica. Ma i motivi per cui tendiamo a mangiare più del dovuto sono molteplici. Occorre tener conto infatti che noi, come specie, siamo il prodotto di centinaia di migliaia di anni di evoluzione, che ha selezionato tra i nostri discendenti, quelli che avevano una spiccata capacità ad accumulare rapidamente grasso. Infatti, per tutta la lunga storia della umanità, il problema fondamentale è stato quello della scarsità di cibo. I nostri antenati erano cacciatori raccoglitori che solo occasionalmente avevano la possibilità di mangiare. Non vi erano possibilità di conservare il cibo, quindi solo quelli che erano in grado di immagazzinare il cibo in eccesso in prezioso grasso sopravvivevano ai lunghi periodi di digiuno e si potevano riprodurre. Il grasso era così importante per la sopravvivenza che le rarissime donne che avevano la “fortuna” di essere obese, erano venerate come divinità, le cosidette veneri paleolitiche dette anche veneri steatopigie (da steatos= grasso), come dimostrano le statuette che sono state rinvenute dagli archeologi. Un primo passo in avanti è stato fatto circa 10.000 anni fa quando siamo passati da raccoglitori cacciatori ad agricoltori allevatori ed il cibo è iniziato a divenire più abbondante, ma la vita media rimaneva ancora paurosamente bassa e raramente si arrivava a superare i 20 anni. Solo negli ultimi due millenni la vita media si è allungata oltre i 40 anni e solo a partire dalla seconda meta del secolo scorso (il dopoguerra in Italia), il cibo è diventato veramente abbondante. Non deve quindi sorprendere che fino agli anni 50-60 l’ideale di bellezza femminile era decisamente diverso dal nostro, basti pensare a come erano formose le nostre bellissime attrici di quei tempi. Un po’ di grasso in eccesso era considerato ancora un segno di “salute” e di fertilità in quanto i nostri nonni sapevano benissimo quanto era importante per i periodi di carestia o di malattia. Ma oggi le cose sono completamente diverse, la vita media si è allungata, la qualità dei cibi è peggiorata e l’attività fisica che permetteva quasi a tutti di” bruciare” gli abbondanti pasti della nostra tradizione alimentare è ormai limitata a pochissimi mestieri. Troppi cambiamenti sono avvenuti in periodi di tempo molto breve. La nostra genetica impiega centinaia di migliaia di anni per adattarsi alle condizioni ambientali; quindi, oggi ci troviamo ancora

“geneticamente” predisposti ad accumulare grasso come nel paleolitico, ma senza la scarsità di cibo che caratterizzava di questo periodo.

I risultati sono stati devastanti per gli opulenti paesi occidentali.

Gli Stati Uniti si stanno trasformando in un paese di obesi e noi stiamo seguendo a ruota libera la loro tendenza. Nel paleolitico la vita media era inferiore ai 20 anni mentre oggi, supera gli 80, ma non per tutti. I tanti ragazzi e ragazze obesi già dalla adolescenza, come gli adulti con un girovita da sindrome metabolica, vedranno ridotte enormemente le loro aspettative di vita per problemi cardiovascolari e per varie patologie su base alimentare, come il diabete che ormai è diventata una malattia endemica ed altamente invalidante. I genitori debbono quindi tenere sotto controllo il peso dei loro figli e curare la loro educazione alimentare. Purtroppo, come vi ho appena spiegato, il nostro organismo è riluttante ad inviare segnali di sazietà. Siamo ancora programmati per accumulare grasso, quindi dobbiamo contare sulla nostra cultura e sulla nostra intelligenza per cercare di mantenere un pero adeguato e dobbiamo farlo non per motivi estetici (che sono i più futili), ma soprattutto per motivi di salute, per prolungare la nostra vita e per mantenerci sani e quindi felici. Siamo sopravvissuti fino a raggiungere il vertice della catena alimentare grazie alla nostra intelligenza, non certo per le nostre capacità fisiche. Se vogliamo continuare a sopravvivere alla abbondanza di cibo che questa posizione di offre da pochissimi decenni, dobbiamo continuare ad usare la nostra intelligenza e seguire programmi di educazione alimentare che ci permettano di gestire i segnali che il nostro corpo e soprattutto la nostra mente ci mandano. Vietiamo la vendita di stupefacenti e di sostanze tossiche ma incentiviamo con mille messaggi pubblicitari la vendita di cibi e bevande che finiranno per distruggere il nostro organismo e la qualità della nostra vita. La nostra biologia si è completamente disincarnata dalla nostra moderna cultura che è del tutto insostenibile, non solo dal punto di vista ecologico, ma anche dal punto di vista della nostra fisiologia. Moderni “sciamani” in cerca di facili profitti, propongono infallibili metodi per dimagrire basati su articolari combinazioni di alimenti, diete dissociate, chetogeniche, persino “paleolitiche”, ecc. ma l’unica “dieta che funziona” è nella nostra testa, nella qualità dei cibi che consumano e nella moderazione, ovvero in quella che comunemente si chiama “educazione alimentare” fondata sulla nostra meravigliosa dieta mediterranea, dichiarata “Patrimonio Immateriale dell’Umanità” dall’UNESCO.

Monica Grosso - Biologo nutrizionista

Se volete contattare l’Autore di questo articolo rivolgetevi al 3208942854 monicagrosso1@tiscali.it

This article is from: