Giuseppe Biasi

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Giuliana Altea

GIUSEPPE

BIASI


in copertina: LA CANZONE DEL PAPPAGALLO (1916-17 circa), particolare. a fronte: TETESEDDA (1918 circa), particolare.


Giuliana Altea

GIUSEPPE

BIASI


Grafica, impaginazione e fotolito: Ilisso Edizioni Referenze fotografiche: ARCHIVIO ILISSO: nn. 2, 6, 14-19, 21, 23, 26-27, 29, 37-38, 40-44, 54-58, 62, 64-68, 70-71, 77-78, 80-82, 84, 86-87, 90-120, 122-125 (foto Pietro Paolo Pinna, Nuoro); 5, 36, 51-52, 59-61, 63, 7276, 79, 85, 89, 121 (foto Nicola Monari, Cagliari); nn. 7-8 (Biblioteca dell’Archiginnasio, Bologna, foto Fornasini); nn. 20, 22, 69, 88 (Galleria Comunale d’Arte, Cagliari, foto Dettori); nn. 24, 32-33, 39, 45-50, 112 (foto Gianni Mari, Milano); n. 28 (Galleria d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, Venezia, foto Fotoflash); nn. 30, 54, 83 (foto Stefano Pugliese, Roma); n. 34 (Galleria d’Arte Moderna del Castello Sforzesco, Milano, foto Saporetti). Riproduzioni di foto d’epoca e originali a stampa gentilmente concessi in prestito: nn. 1, 126, 128130 (Archivio Biasi, Capena); nn. 3-4 (Giuliana Altea); nn. 9-13 (Paola Pallottino).

Periodico quindicinale n. 1 del 23-06-2004 Direttore responsabile: Giovanna Fois Reg. Trib. di Nuoro n. 2 del 27-05-2004

Tutti i diritti di copyright sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta, trasmessa o utilizzata in alcuna forma o con qualsiasi mezzo, senza l’autorizzazione scritta dell’editore. Ogni violazione sarà perseguita a termini di legge.

© Copyright 2004 by Ilisso Edizioni - Nuoro www.ilisso.it - e-mail ilisso@ilisso.it ISBN 88-89188-00-6


INDICE

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BIASI E L’INVENZIONE DELLA SARDEGNA

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LA VIA DELL’ILLUSTRAZIONE

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VIAGGI DI ESPLORAZIONE

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LA “SECESSIONE SARDA”

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MILANO: ARTE, PATRIOTTISMO E MONDANITÀ

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AFRICA, AFRICA

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TORNANDO A CASA

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LA CRISI DEI PRIMI ANNI TRENTA

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POLEMISTA E LIBELLISTA

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LA SECONDA STAGIONE DELL’INCISIONE

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VERSO UN NUOVO NATURALISMO

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DOVE VEDERE BIASI

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CRONOLOGIA



BIASI E L’INVENZIONE DELLA SARDEGNA

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iuseppe Biasi, senza dubbio il maggior pittore sardo del Novecento, è un personaggio contraddittorio e affascinante: artista di raffinata cultura internazionale, eppure attaccatissimo alle proprie radici; abituato alla mondanità dei salotti, ma perfettamente a suo agio tra i pastori, nella solitudine degli stazzi; ironico, cinico, disincantato, e al tempo stesso romantico fino al midollo; fortemente individualista, ma pronto, in situazioni difficili, ad assumere coraggiosamente un ruolo di guida nei confronti dei colleghi; insofferente del clima della dittatura fascista, e però capace, per motivi ideali, di schierarsi col Fascismo nell’ora della sua crisi, quella della Repubblica Sociale. Questa contraddittorietà di scelte e di atteggiamenti, la stessa originalità della sua opera, piuttosto difficile da inquadrare nel panorama artistico italiano del primo Novecento, hanno finito per danneggiarlo. La critica nazionale lo ha per lungo tempo dimenticato, e in Sardegna è stato spesso attaccato, molto discusso, molto amato, ma generalmente poco capito. Dato che la sua opera torna con insistenza su un unico tema, la vita popolare sarda, si è voluto vedere in lui solo il pittore del folklore, l’illustratore di costumi. Poiché dipingeva soggetti locali, se ne è dedotto che il suo orizzonte fosse limitato e provinciale. Ma Biasi non è un cantore del colore locale e del pittoresco da cartolina: è un artista modernissimo ed estremamente personale, che ha scelto di percorrere la sua strada pur sapendo di muoversi controcorrente rispetto alla pittura italiana del proprio tempo. Se ha dedicato la vita a rappresentare la tradizione e i costumi della Sardegna, lo ha fatto perché, come altri intellettuali sardi del primo Novecento – a cominciare dagli scrittori Grazia Deledda, Sebastiano Satta e Salvator Ruju –, si era assunto il compito di costruire una nuova identità per la sua terra, di aiutarla a liberarsi del peso di una lunga oppressione coloniale o semicoloniale. Come la Deledda o Ruju, si sentiva al bivio tra due mondi, diviso tra l’eredità ancora ben presente del passato contadino e pastorale e la modernità ormai alle porte. Di quel passato, che processi di trasformazione sociale e culturale sempre più rapidi minacciavano di cancellare per sempre, Biasi sentiva fortemente il fascino. Da intellettuale di città, subiva la seduzione di una civiltà infinitamente diversa da tutto quello cui era abituato, di luoghi dove il tempo pareva essersi fermato e dove ancora l’esistenza era scandita da ritmi immutabili, governata da riti e usanze antichissimi. Il mito del primitivo, 1. Giuseppe Biasi il sogno di un mondo non guastato dalla civiltà e dal proin una foto degli gresso ma vergine e intatto, ricco di energie vitali, è al centro anni Dieci. 7


VIAGGI DI ESPLORAZIONE

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a “scoperta della Sardegna” compiuta da Giuseppe Biasi nei primi anni del Novecento rappresenta anche un’intensa esperienza esistenziale. A partire dal 1906 circa, l’artista intraprende una serie di escursioni nei paesi dell’Isola che, date le condizioni dei luoghi e lo stato delle comunicazioni dell’epoca, assumono i contorni di veri e propri viaggi di esplorazione in territori sconosciuti. Insieme con l’amico e collega Mario Mossa De Murtas percorre quasi tutta la regione, dalla Barbagia al Sulcis: il villaggio di Teulada, dove si reca verso il 1910, lo colpisce a tal punto per la bellezza esotica dei suoi abitanti, vestiti di

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fantastici costumi di foggia spagnolesca, che per circa quindici anni ne adotterà il nome in aggiunta alla propria firma (lo stesso farà De Murtas). Ospite di parroci di villaggio o di umili dimore contadine, raccoglie in questo periodo un’enorme quantità di materiale sulla vita e le tradizioni popolari sarde per mezzo di disegni e di fotografie. Il suo atteggiamento è però ben diverso da quello, scientificamente distaccato, dell’antropologo. Come abbiamo detto, Biasi vede il mondo sardo sotto una luce di leggenda; quel popolo di pastori appare ai suoi occhi come una stirpe fiera e aristocratica, circondata dall’aura di un passato millenario. Non lo interessano lo spirito di documentazione etnografica, la precisione veristica con cui pittori come gli spagnoli Eduar- 17-19. GRANDE FESTA (1910-11) do Chicharro e Antonio Ortiz Echagüe avevano poco CAMPESTRE olio su tela, cm 102 x 236, prima rappresentato la vita sarda; neppure lo interessa coll. Regione Sardegna.

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L’EROICA E LA XILOGRAFIA La xilografia è un tipo di incisione che si ottiene intagliando un blocco di legno (matrice) con uno strumento appuntito (bulino) o un coltellino a lama curva (sgorbia), inchiostrando l’immagine incisa e stampandola su un foglio di carta, a mano o per mezzo di un torchio. Largamente usata nell’Ottocento come tecnica di riproduzione dell’immagine, ai primi del Novecento viene riscoperta dagli artisti, soprattutto nell’ambito del Postimpressionismo francese e dell’Espressionismo tedesco. In Italia è la rivista L’Eroica, diretta a La Spezia da Ettore Cozzani, a farsi promotrice del risveglio della xilografia d’arte, a partire dal 1912. Il gruppo dell’Eroica, che sostiene un tipo di xilografia semplice e sintetica in contrasto con quella di tono classicheggiante diffusa dal pittore e incisore Adolfo De Carolis, si fa animatore anche di un’associazione, la Corporazione degli Xilografi, del cui direttivo Biasi viene chiamato a far parte.


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GLI ESORDI XILOGRAFICI DI BIASI Le prime incisioni xilografiche datate di Biasi risalgono al 1912, con Veglia a un morto, capolavoro di sintesi, carico di suggestioni “primitive”. Del 1914 è l’ingresso dell’artista nel direttivo della Corporazione degli Xilografi dell’Eroica. Le sue ricerche – di volta in volta dominate da un accento espressionista o decorativo – lo vedono in sintonia col fronte più innovativo dell’incisione italiana degli anni Dieci. Indifferente all’etica del “legno originale”, per cui tanto il disegno quanto l’intaglio della matrice dovevano essere eseguiti dalla stessa persona, Biasi incide personalmente solo Veglia a un morto e La preghiera, avvalendosi poi di collaboratori.

29. VEGLIA A UN MORTO, 1912 xilografia, cm 10 x 22,6, coll. Regione Sardegna. 30. MATTINO A ITTIRI (1912-15) xilografia, cm 10 x 22,5. 31. VISI DI DONNE (1912-15), xilografia, cm 16,7 x 16,9.


IL DÉCO Il Déco, o Art Déco, è lo stile che prende il nome dall’Esposizione Internazionale delle Arti Decorative di Parigi del 1925, che doveva segnare il culmine della sua prima fase. Contraddistinto da forme geometriche e semplificate, da colori vivaci e contrastati, da composizioni simmetriche, il Déco fonde alcuni aspetti delle avanguardie cubiste, futuriste ed espressioniste – interpretati in chiave ornamentale e privati dei loro aspetti più trasgressivi – col gusto per l’esotico e per il primitivo, alimentato in quegli anni anche da fenomeni di costume come il successo parigino della soubrette nera Joséphine Baker e la diffusione della musica jazz. In alcune opere del suo periodo “africano”, Biasi si muove spesso in sintonia con questo stile; d’altronde, non a caso, l’artista fu premiato con una medaglia d’oro all’Expo del 1925 per una serie di figurini per il teatro, esposti nel padiglione Ricordi.

Georges Lepape, copertina di Vogue, 1 gennaio 1925. Abito di Sonia Delaunay. Joséphine Baker nel 1926.

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LA STAZIONE DI TEMPIO All’inizio degli anni Trenta, Biasi realizza una serie di in- 91-92. Tempio Pausania, terventi decorativi: la sala degli specchi nella Villa Argen- stazione ferroviaria, esterno e sala d’aspetto-biglietteria. tina dei conti Sant’Elia a Viareggio, pastiche orientalista ispirato alle miniature persiane (1930), la sala consiliare 93. FESTA PAESANA (1931-32), olio su tela, del Comune di Sassari, iniziata nel 1931 e mai finita (a cm 164 x 974, causa di un’inattesa revoca dell’incarico che sfociò in Tempio Pausania, stazione una lunga diatriba giudiziaria) e la stazione ferroviaria di ferroviaria. Tempio. Quest’ultima, commissionata nel 1930 e porta- 94. FESTA PAESANA ta a termine in dieci mesi, tra l’ottobre del 1931 e il lu- (1931-32), olio su tela, 161 x 376, glio seguente, rappresenta l’unico esempio di decorazio- cm Tempio Pausania, stazione ne pittorica di Biasi oggi accessibile al pubblico. Inseriti ferroviaria. sopra la pannellatura in legno che riveste le pareti, i dipinti corrono tutt’intorno alla sala della biglietteria come un lungo fregio. I temi sono quelli più volte trattati dall’artista: le donne di Osilo, i bevitori e (in una tela oggi scomparsa) le donne che prendono il caffè. Sulle vaste superfici di Tempio, Biasi ha lavorato un po’ al risparmio, mettendo a punto un linguaggio adatto all’occasione. Ampie stesure di tinte unite, passaggi risolti velocemente nelle zone periferiche e – a ravvivare il tutto – una serie di punti focali sapientemente distribuiti: qui un incisivo ritratto per riscattare la genericità delle molte comparse, là una natura morta che anima una zona di colore pittoricamente neutra. L’insieme è di sicuro effetto, grazie all’efficacia ornamentale e alla robusta caratterizzazione di alcune figure. Concluso il lavoro, il pittore faticò a farsi pagare: «ho sempre lottato coi debiti ora lotto coi crediti», confidava a un amico nel dicembre 1932.


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DOVE VEDERE BIASI Fertilia: Sassari:

1. Chiesa di San Marco, mosaico absidale 2. Museo Nazionale G. A. Sanna, Pinacoteca (fig. 23) 3. Palazzo di Giustizia, mosaico dello Scalone 4. Palazzo della Provincia (figg. 40 e 107) 5. Palazzo Ducale, collezione comunale 6. Camera di Commercio (figg. 68 e 71) Tempio: 7. Stazione Ferrovie Complementari della Sardegna, Sala d’aspetto (figg. 91-94) Nuoro: 8. MAN, Museo d’Arte della Provincia di Nuoro (figg. 86 e 95) Oliena: 9-10. Hotel Ristorante Su Cologone (figg. 97 e 43 e nucleo di oltre 30 opere fra dipinti e incisioni) Cagliari: 11. Villa Devoto, Presidenza del Consiglio Regionale 12. Università degli Studi di Cagliari, Raccolta Piloni 13-14. Galleria Comunale d’Arte: Pinacoteca (figg. 69 e 88 e nucleo di 42 disegni) e Raccolta Valle (nucleo di 31 incisioni) Oristano: 15. Palazzo Civico, collezione comunale Milano: Galleria d’Arte Moderna (fig. 34) Venezia: Galleria d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro (fig. 28) Piacenza: Galleria Ricci Oddi, tre oli Il nucleo più ricco di opere fra quelli in collezione pubblica (con oltre 250 fra oli, tempere, pastelli, disegni a china e stampe) è quello della Regione Autonoma della Sardegna, attualmente in attesa di una sistemazione espositiva permanente.

PER UN APPROFONDIMENTO SULL’OPERA DI GIUSEPPE BIASI:

Giuliana Altea - Marco Magnani

G. U. Arata, G. Biasi, Arte Sarda, Treves, Milano, 1935. AA. VV., Biasi nella Collezione Regionale, ISRE, Nuoro, 1984. M. E. Ciusa, M. Cao Volpi, L’isola nelle correnti, Scheiwiller, Milano, 1985. G. Altea, M. Magnani, Pittura e Scultura del Primo ’900, Ilisso, Nuoro, 1995. G. Altea, M. Magnani, V. Sgarbi, Giuseppe Biasi, Ilisso, Nuoro, 2001. Il più completo volume monografico: G. Altea, M. Magnani, Giuseppe Biasi, Ilisso, Nuoro, 1998.

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CRONOLOGIA 1885 Giuseppe Biasi nasce a Sassari. 1901-04 Pubblica caricature sui fogli umoristici sassaresi e si dedica alla pittura. Nel dicembre 1904 parte per Roma. 1905 Durante il soggiorno romano, il poeta sassarese Salvator Ruju lo introduce nella redazione del quotidiano in lingua francese L’Italie e del settimanale socialista Avanti della Domenica. In primavera è a Sassari per proseguire gli studi in Giurisprudenza. In ottobre tiene al Politeama Verdi di Sassari una personale di caricature. 1906 Vince un concorso indetto per le copertine del Giornalino della Domenica. Comincia la sua collaborazione al Giornalino, che continuerà regolarmente fino al 1910. 1907 Intraprende il primo di una serie di viaggi nei paesi della Sardegna. Alle escursioni nei villaggi vicini a Sassari faranno presto seguito quelle nell’interno dell’Isola. 1908 Consegue la laurea in Giurisprudenza. 1909 Inizia la collaborazione con la scrittrice Grazia Deledda: le sue illustrazioni vengono pubblicate sul Giornalino della Domenica, quindi su note riviste come L’illustrazione italiana e La lettura. L’acquarello Processione nella Barbagia di Fonni viene accettato alla Biennale di Venezia. 1910-12 Diviene fulcro del “Cenacolo” sassarese, formato da artisti e intellettuali. Col pittore e illustratore Mario Mossa De Murtas si reca a Teulada, villaggio dell’estremo meridione dell’isola; entrambi ne aggiungeranno il nome per diverso tempo alla propria firma. 1913 Con la partecipazione alla I Secessione romana, comincia a farsi conoscere sulla scena artistica nazionale. 1914 È presente alla II Mostra della Secessione romana e alla Biennale di Venezia. Entra in contatto con Ettore Cozzani e con il gruppo degli incisori dell’Eroica, divenendo

126. Giuseppe Biasi in una foto degli anni Trenta.

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