Carmelo Floris

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Marzia Marino

CARMELO

FLORIS


in copertina: MARIANNA, 1936, particolare. a fronte: “SU GHIONE” DI SAN COSTANTINO, anni Cinquanta, particolare.


Marzia Marino

CARMELO

FLORIS


Grafica, impaginazione e fotolito: Ilisso Edizioni Referenze fotografiche: Le riproduzioni fotografiche per questo volume, tutte appartenenti all’ARCHIVIO ILISSO, sono state realizzate da Donatello Tore, ad esclusione delle foto: nn. 8, 13, 16-17, 24, 27-30, 36-37, 40-43, 53, 64, 66, 77, 100-101, 157 (Pietro Paolo Pinna); nn. 11, 107, 158 (Nicola Monari); nn. 62, 111 (Industrialfoto); n. 161 (Luigi Moroni).

Periodico quindicinale n. 5 del 8-09-2004 Direttore responsabile: Giovanna Fois Reg. Trib. di Nuoro n. 2 del 27-05-2004

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© Copyright 2004 Ilisso Edizioni - Nuoro www.ilisso.it - e-mail ilisso@ilisso.it ISBN 88-89188-04-9


INDICE

7 UNA VISIONE INTIMA DELLA SARDEGNA

16 SULLA SCIA DI BIASI: LA FORMAZIONE E L’ESORDIO

22 GLI ANNI DELLA GUERRA E L’ESPLORAZIONE DELLA SARDEGNA

30 I RITRATTI

58 I PAESAGGI

100 LA GRAFICA E LA REINVENZIONE DELL’ACQUAFORTE

116 L’ULTIMA PRODUZIONE

121 CRONOLOGIA

126 DOVE VEDERE FLORIS



UNA VISIONE INTIMA DELLA SARDEGNA

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el panorama dell’arte sarda del Novecento, Carmelo Floris ricopre un ruolo per certi versi scomodo e spesso frainteso, per cui, inevitabilmente la sua pittura è stata per anni schedata in termini del tutto impropri. Inserito in quella corrente che ebbe in Giuseppe Biasi l’uomo di punta se non il capofila indiscusso, la semplicità di linguaggio e la spontaneità dei soggetti di Floris ne fissano una variabile più ingenua e paesana, meno intellettualistica ma realistica, caratterizzata da una potente espressività arcaica. Aggiornato sugli sviluppi della cultura artistica occidentale, Floris si dimostra un grande maestro, carico di suggestioni che hanno generato un particolare registro stilistico. Base fondata su un vigile ed intenso rapporto con quanto in Sardegna andava costituendosi attraverso Antonio Ballero, Felice Melis Marini, Giuseppe Biasi, Filippo Figari, Mario Delitala, Melkiorre Melis, Stanis Dessy, artisti che, con lui, hanno inventato e dato vita alla pittura sarda moderna. È all’interno del processo di definizione di una cultura personale che bisogna ricercare il contributo originale di Carmelo Floris, artista che ha saputo proporre in termini schiettamente pittorici quei motivi del folklore che altri rievocano senza farli propri, generando una visione intima della Sardegna, l’incarnazione di valori umani meno appariscenti ma diffusi, fedele rappresentazione dell’autenticità di un popolo. Alla radice della sua arte vi è il bisogno di contemplare la natura e le cose, l’amore per i suoi conterranei che traduce in esiti di sommessa poesia. Con naturale sincerità, Floris trae ispirazione dalla gente comune e da quegli aspetti ricercati nei centri interni dell’Isola, dal microcosmo dove anch’egli ha vissuto la sua vita appartata e solitaria, andando a respirare l’aria della grande città solo per brevi periodi. Una condizione, quella dell’isolano, che non ha costituito un limite ma piuttosto una posizione privilegiata per osservare la Sardegna e restituircela attraverso il linguaggio sublimato dell’arte. Il piccolo triangolo racchiuso tra Olzai, Ollolai e Gavoi, area nella quale usi e tradizioni si conservavano inalterati nonostante l’inesorabile marcia della modernità, hanno costituito per l’artista una continua ed inesauribile fonte di ispirazione, un mondo vergine, un paradiso solitario che non ha avuto bisogno di andare a ricercare altrove, perché è quello in cui ha vissuto sin da ragazzo e per tutta la vita. I fieri pastori, le donne in costume, i venditori ambulan1. Carmelo Floris ti, le montagne e la vegetazione non sono il frutto di una al torchio nel suo retorica primitivistica ma il risultato di una diretta osserstudio di Olzai, vazione della realtà. L’artista non è però animato dallo anni Cinquanta. 7


SULLA SCIA DI BIASI: LA FORMAZIONE E L’ESORDIO

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ra i pittori che operano in Sardegna nella prima metà del secolo, Carmelo Floris è senza dubbio il più vicino a Giuseppe Biasi, di cui non solo con orgoglio si dichiara discepolo ma sembra, a volte, farsi continuatore completandone l’opera e dimostrando, anche più dello stesso maestro, l’attaccamento alle radici della sua gens. Nato a Bono nel 1891, trascorre parte della sua infanzia ad Ollolai, presso la casa dello zio parroco. È proprio qui che il pittore Giuseppe Biasi scopre le sue doti artistiche: «Questo ragazzo è nato pittore» e ancora «Dipingi Carmele’ non fare altro». Da questo momento Biasi diviene un riferimento costante per Carmelo Floris; sotto la sua guida compie i primi passi nel campo dell’arte e, grazie al suo consiglio, nel 1909, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Roma. Il clima artistico della Capitale, a cavallo tra il primo e il secondo decennio del Novecento, è molto frizzante: una città viva che cerca di aggiornarsi sugli orientamenti artistici del resto d’Europa, aperta ai continui apporti dei diversi linguaggi e delle culture straniere. Lo stesso Biasi, in questi anni, moltiplica ripetutamente i suoi soggiorni romani: qui c’è Grazia Deledda, c’è il pittore Camillo Innocenti che, in seguito ad un suo viaggio in Sardegna nel 1908, ha stretto ottimi rapporti con gli artisti isolani. Proprio Innocenti, insieme ad Arturo Noci e Giacomo Balla, è uno dei principali animatori della Secessione romana: una trentina di giovani artisti che, sulla scia delle altre esperienze europee, specie quella viennese (la cui scioccante presenza nell’Esposizione romana del 1911 era stata una salutare doccia fredda), all’inizio del 1912 creano una vera e propria frattura all’interno della Società degli Amatori e Cultori di Belle Arti. I secessionisti si dimostrano insofferenti nei confronti delle tendenze conservatrici del vecchio sodalizio, ai cui vertici si detiene il pieno controllo dell’attività artistica romana, responsabile, il più delle volte, dell’esclusione dei giovani dalle mostre e dell’impossibilità di una totale apertura alle esperienze internazionali ormai incalzanti. Quando nel marzo del 1913 si apre la prima mostra della Secessione, Carmelo Floris è a Roma. L’esposizione non è una rassegna di tendenza, rispecchia piuttosto la situazione italiana del momento, l’emergere dallo stanco accademismo ottocentesco di moderate novità di orientamento simbolista, espressionista-sintetista e primitivista. Già in questa edizione sono numerose le presenze internazionali che solo l’anno successivo, nel 1914, si arricchiscono delle opere di Paul Cézanne, Gustav Klimt ed Egon Schiele. 16


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12. PASTORE DI OLLOLAI, ante 1914 olio su cartone, cm 41 x 35. La datazione, spesso incerta nei lavori di Floris, è per quest’opera motivata dal fatto che il dipinto appartenne all’avvocato e poeta nuorese Sebastiano Satta, scomparso nel 1914.

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43. FANCIULLA DI OLLOLAI, 1933 olio su tela, cm 60,1 x 50,2. L’opera fu presentata da Floris, corredata di cornice in legno intagliato su suo disegno, alla mostra del Sindacato fascista del 1933, ospitata alla Galleria Comunale d’Arte ai Giardini Pubblici di Cagliari, inaugurata per l’occasione. 44. RAGAZZA DI OLLOLAI (1933) olio su tela, cm 38 x 29.

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IL CICLO DI CASA SIVIERO Le 12 lunette sopraporta dipinte nel 1933 per Casa Siviero, palazzo signorile sulla via Dritta, il corso di Oristano, costituiscono il primo ciclo decorativo realizzato da Floris e si inseriscono tra i progetti più impegnativi da lui affrontati. L’impresa comprende anche la progettazione e la realizzazione degli intagli lignei che incorniciano i dipinti. Le scene, tutte corali, rappresentano una sorta di esaltazione epica del popolo sardo tramite la narrazione di quelli che, nel corso dei mesi dell’anno, sono i momenti più suggestivi e significativi della sua vita sociale e religiosa. Ciascuna composizione, severa e scenografica insieme, conferisce ai quadri un tono solenne mentre l’impianto grafico e la scelta di tinte accese impongono la potenza plastica delle figure umane che si stagliano come assolute protagoniste sullo sfondo. Una celebrazione che evoca i ritmi austeri e misurati dei cortei in scene come Processione del Corpus Domini (fig. 57) e culmina nei festeggiamenti de L’Ardia di San Costantino (fig. 56), frenetica cavalcata ripetuta annualmente a Sedilo.

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55. VENDEMMIA, 1933 olio su tela, cm 140 x 148,5. 56. L’ARDIA DI SAN COSTANTINO (1933) olio su tela, cm 132,8 x 140. 57. PROCESSIONE DEL CORPUS DOMINI (1933), olio su tela, cm 125 x 138. 58. PASTORI (1933) olio su cartone, cm 140 x 148, Cagliari, Credito Industriale Sardo. 59. ATTORNO AL FOCOLARE, 1933 olio su tela, cm 130 x 140. 60. ALLA FONTE (1933) olio su tela, cm 137,1 x 140,5.

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122. DUE UOMINI (1951) monotipo su carta, cm 17,5 x 13. Questo monotipo, esempio di una serie realizzata in bianco-nero, vicino alle ricerche luministiche delle incisioni di Rembrandt, anticipa i modi di certe acqueforti che Floris realizzerà nel corso degli anni Cinquanta. 123. DONNA DI ORGOSOLO, primi anni Cinquanta, monotipo su carta, cm 27,3 x 22,1. 124. COLLOQUIO DI PASTORI, 1950 monotipo su carta, cm 26,3 x 21,8. L’impostazione dell’opera richiama la classicità di Masaccio, il grande maestro del Quattrocento fiorentino. 125. RITRATTO DI GIOVINETTA, primi anni Cinquanta, monotipo su carta, cm 29 x 20,6.

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LA GRAFICA E LA REINVENZIONE DELL’ACQUAFORTE

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armelo Floris, come molti altri artisti, giunge all’incisione attraverso l’illustrazione: dai primi fregi realizzati nel 1914 per la rivista del caro amico Attilio Deffenu Sardegna, ancora venati di simbolismo di impronta secessionista, alle illustrazioni pubblicate nel 1920 su Rivista Sarda tra le quali spicca Ballerine di Baronia (fig. 16), così vicina per tematica e stile alle stilizzazioni biasesche. In particolare le tre ballerine nella sagoma e nella descrizione dei costumi paiono una trasposizione in bianco e nero di certe figure dipinte da Mario Mossa De Murtas in quegli stessi anni. Per Floris si tratta della possibilità di confrontarsi con la realtà editoriale che, vista la specificità del linguaggio, può non risultare congeniale a tutti gli artisti. A tale linguaggio si adatta perfettamente per essenzialità ed eleganza compositiva durante la sua collaborazione con Il giornalino della Domenica iniziata nel 1921: stupisce la semplicità con la quale l’artista, rivitalizzando quegli influssi secessionisti che in pittura aveva abbandonato ormai da tempo, riesce a

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126. BANCHETTO NUZIALE, 1928 xilografia, cm 18,2 x 22,5.

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127. I VIANDANTI, 1932, xilografia, cm 9,9 x 12,8. 128. I TAGLIALEGNA (I BOSCAIOLI), 1932 circa, xilografia, cm 17,9 x 14,4.

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CRONOLOGIA

1891 Carmelo Floris nasce a Bono (Sassari). 1896-98 Viene trasferito a Ollolai per essere affidato alle cure di uno zio materno, il parroco Carlo Nonnis, mentre la madre, rimasta vedova, si reca a Nuoro per lavorare. In questi anni conosce Biasi, ospite nella casa dello zio. 1899-03 Raggiunta la madre, termina la scuola elementare a Nuoro: qui ha come maestro il noto “Mastru Predischedda”, che stimola le doti artistiche del ragazzo. 1904-07 La madre lavora come sarta per la famiglia Deffenu. Carmelo frequenta il ginnasio. 1908 La famiglia si trasferisce a Olzai, accettando l’invito del vecchio parente don Agostino Satta, che offre loro ospitalità in cambio di assistenza. 1909-10 Interrotti gli studi classici, si reca a Roma per frequentare l’Accademia di Belle Arti. A Roma abita in una soffitta con Melkiorre Melis; assieme seguono i corsi della Scuola Libera del Nudo e dell’Accademia di Francia. 1914 Grazie all’amico Attilio Deffenu, pubblica alcune illustrazioni sulla rivista Sardegna. 1915-18 Si arruola nella Brigata “Sassari”. Combatte per tre anni sull’altopiano di Asiago e sul Piave. Continua a dipingere e alcune sue caricature vengono esposte alla I Esposizione Artistica Sarda, tenutasi a Sassari nel settembre del 1916 per la mobilitazione civile. Il 29 gennaio 1918, a Col D’Echele, viene insignito della Medaglia d’Argento al valor militare, per il coraggio dimostrato in battaglia. Tornato a casa, aderisce all’Unione dei Combattenti prima e al Partito Sardo d’Azione poi.

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1919-20 Con Mario Delitala inizia ad esplorare i paesi della Barbagia, spingendosi fino alle zone costiere. Probabilmente in questo periodo è ospite a Desulo del poeta Montanaru (Antio- 159. Carmelo Floris giardino della sua co Casula). Nel 1920 collabora con alcune illustrazioni nel casa a Olzai nei primi alla Rivista Sarda, edita a Roma. anni Cinquanta. 121


DOVE VEDERE FLORIS Nuoro:

1. Cattedrale di Santa Maria della Neve 2-3. MAN, Museo d’Arte della Provincia di Nuoro (figg. 37, 42, 121)

Olzai:

4. Casa Studio, collezione comunale 5. Parrocchia di San Giovanni Battista

Cagliari:

6. Università di Cagliari, Collezione Piloni (fig. 66) 7. Galleria Comunale d’Arte 8. Galleria Comunale d’Arte, Raccolta Valle, nucleo di 46 incisioni

Iglesias:

9. Comune, Aula Consiliare

Arborea: 10. Villa del presidente della Società Bonifiche Sarde (fig. 53) Seneghe: 11. Parrocchiale, Cappella del S.S. Sacramento (in collaborazione con il pittore Giovanni Ciusa Romagna) Bosa:

12. Raccolta Permanente A. Atza

PER UN APPROFONDIMENTO SULL’OPERA DI CARMELO FLORIS: Carmelo Floris, a cura di E. Piras, Chiarella, Sassari, 1980. Carmelo Floris, a cura di E. Piras, Chiarella, Sassari, 1991. G. Altea, M. Magnani, Pittura e Scultura del Primo ’900, Ilisso, Nuoro, 1995. Salvatore Naitza Maria Grazia Scano

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FLORIS ILISSO

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Il più completo volume monografico: M. G. Scano, S. Naitza, Carmelo Floris, Ilisso, Nuoro, 1992.


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