Ottobre 2014 - Anno 1 N. 0
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Il Mancino
Il Giornalino degli Studenti del Veneto NUMERO ZERO
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a qui parte il progetto de “Il Mancino”, sulle fondamenta delle esperienze come questa che tante città del Veneto hanno attraversato. “Il Mancino” è il giornalino degli studenti e delle studentesse del Veneto, cha da qui, dal numero zero, vuole crescere costruito dalle mani di tutti gli studenti di questa regione. Come Rete degli Studenti Medi del Veneto abbiamo ideato e promosso questo progetto negli anni, avviandolo anche nelle singole città, per creare un vero spazio studentesco autogestito di informazione e confronto. Gli articoli che troverai qui dentro possono parlare di scuola, cinema, teatro, integrazione, notizie nazionali e territoriali, solidarietà, politica, musica… Possono essere scritti dal tuo compagno di banco, dal tuo rappresentante di istituto, da un ragazzo di una città in cui non sei mai stato, così come possono essere scritti da te. “Il Mancino” è un mezzo che permette agli studenti di fare informazione mettendosi in gioco per primi, esprimendo la loro libera opinione e aprendosi così ad un confronto più ampio possibile sui più disparati temi che si vanno a toccare. Speriamo che anche tu voglia cominciare questo percorso con noi, leggendo e magari partecipando attivamente, inviandoci i tuoi articoli via mail a redazione. mancino@gmail.com. Quindi ora, per questo numero zero, buona lettura. Speriamo di divertirti, farti riflettere, incuriosire, informarti su tematiche nuove e soprattutto farti venire la voglia di partecipare e costruire i prossimi numeri insieme, creando il vero giornalino degli studenti del Veneto.
10 Ottobre: perché scendiamo in piazza Il 10 Ottobre noi studenti italiani torneremo nelle piazze di tutto il paese per gridare che la Grande Bellezza Siamo Noi. Anni di tagli all’istruzione e nessuna riflessione sul ruolo di scuola università e ricerca nel paese hanno determinato una situazione per cui noi studenti siamo stati assuefatti alla stessa idea di lezione frontale, all’interno di scuole che hanno fisicamente subito la crisi economica, ... segue a pagina 3 La Palestina ai tempi di Gesù Youtube Hong Kong lotta per democrazia e libertà Oramai da qualche giorno leggiamo delle proteste della popolazione di Hong Kong contro le restrizioni volute dal governo cinese per le prime elezioni democratiche e a suffragio universale che avrebbero visto impegnato il distretto per il prossimo 2017. ...segue a pagina 14 Scuole del Mondo a Confronto L’istituzione scolastica è un sistema molto articolato e complesso che si sviluppa in diversi modi nei vari luoghi del mondo, a seconda delle disponibilità, delle necessità e delle attitudini del posto. Nonostante ciò, si può trovare nello scopo unico dell’apprendimento l’elemento che accomuna tutti gli stati in una rete in cui questi possono trarre esempio l’uno dall’altro. ...segue a pagina 11
Luglio 2014. Tra i tanti bollettini di guerra che i nostri tg ci riportano quotidianamente si aggiunge, nuovamente, quello proveniente dalla Palestina. Intenti a seguire anche altri conflitti, quello in Ucraina e quello in Siria, i 2136 morti palestinesi e i 69 israeliani non hanno fatto poi così scalpore. ... segue a pagina 8
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Antifascismo, un valore morale di Alvise Ceccato
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agazzi, visto gli eventi degli ultimi tempi a me sta affiorando alla mente una domanda, ma voi lo sapete cos’è il fascismo ? Vista l’esaltazione che ultimamente vedo in tutta Italia della figura del Duce e del partito fascista credo sia giusto prendersi un attimo per riflettere e capire cosa realmente sia il fascismo, partiamo da questa definizione: “Fascismo: forma di governo totalitarista, nazionalista e razzista, incentrata sulla violenza e l’esaltazione della patria.” Io credo che già dopo i primi tre aggettivi una persona asennata capisca che questa non è un’ideologia politica ma una bestemmia, un insulto a chi combatte ogni giorno per la democrazia, per la parità dei diritti, un insulto alla costituzione. “Ideologia incentrata sulla violenza”: io mi chiedo come oggi, noi italiani, possiamo inneggiare a un ritorno del duce o di un movimento politico che come base non ha il confronto democratico di idee ma la violenza, violenza contro chiunque, contro chi non la pensa allo stesso modo, contro chi magari ha il colore della pelle diverso, contro chi crede in un altro dio, insomma violenza contro chiunque non condivida tale ideologia. Ma oltre alla definizione diamo un’occhiata anche alla storia, che come si suol dire “sbagliando si impara” e quindi cerchiamo di non sbagliare più. Il fascismo prese il potere marciando su Roma in modo totalitarista e autoritario, prima di questo le simpatiche brigate nere distruggevano le sedi dei giornali e dei partiti che si opponevano all’ideologia fascista, aggredivano i manifestanti, gli operai che scioperavano, i contadini che protestavano contro gli agrari, insomma impedivano che le persone potessero esprimere il loro parere e quando presero il potere passarono dalle botte agli omicidi, Matteotti, incarcerazioni, Gramsci, olio di ricino e torture. Si passò poi all’alleanza con Hitler che non è stata come molti dicono il suo unico errore, ma solo uno dei tanti. Vennero poi promulgate le leggi razziali, una delle cose
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più riprovevoli mai viste, poi si entrò in guerra dove il fascismo mandò milioni di persone a morire per seguire i pazzi sogni di un uomo che voleva rifondare un impero morto da secoli. Spero di non avervi annoiato, ma ho detto tutto questo per arrivare a una domanda essenziale: vogliamo veramente che si ritorni a quell’oscuro ventennio? Perché a me questi nuovi movimenti di estrema destra fanno paura, mi fa paura il seguito che hanno, mi fanno paura le idee che portano avanti e mi fa ancora più paura che non ci sia un’opposizione totale da parte di noi giovani. Una volta si diceva che il fascismo fosse morto, oggi forse si potrebbe dire che non è il fascismo a essere morto ma è l’antifascismo che è privo di vita. Molti considerano il fascismo una cosa morta, un fantasma del passato più oscuro del nostro paese, e questi sono indifferenti a ciò che accade. A voi io riporto una citazione di uno dei più importanti scrittori italiani, Antonio Gramsci: “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.“
Ieri Partigiani Oggi Antifascisti!
Essere donne oggi
di Giulia Bersani
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siste un altro modo per essere donne oggi? È questo il più grande interrogativo a cui rispondere in una società dipendente dai media. La bella ma stupida, la seducente, l’accattivante e la sottomessa casalinga. Queste sono le varie facce che delineano la donna tipo di oggi. Ma è davvero questo quello che siamo diventate dopo anni di emancipazione? L’immagine di uno stereotipo o di un pregiudizio? No. Noi siamo donne e questa verità non deve costituire il fondo sul quale si baserà ogni altra affermazione. Non dobbiamo più essere etichettate bensì dobbiamo imparare a competere: non in quanto donne, in quanto esseri umani. Competere con una società sessista e con i pregiudizi atavici attuali che paragonano la donna ad un oggetto. Ebbene si. Basta accendere la televisione per cogliere i messaggi non più tanto impliciti delle pubblicità. Le rappresentazioni che se ne ricavano sono quelle di un’apparente emancipazione che impedisce la parità tra i sessi. Infatti analizzando la società di oggi malgrado si parli di pari opportunità con un’insolita enfasi che sembra esprimere una chiara sicurezza ci si accorge con un’ estrema facilità di come non sia ancora stato raggiunto un equilibrio. Possono i messaggi veicolati dai mezzi di comunicazione di massa avere un effetto sul nostro comportamento? In particolare, nel corso dell’ultimo decennio si è assistito ad una crescente diffusione di modelli femminili oggettivati in molti programmi della televisione italiana; nello stesso periodo, nel nostro paese sono pericolosamente aumentati gli episodi di molestia sessuale e di violenza contro le donne. E’ possibile che i due fenomeni siano in qualche modo causalmente associati? Ebbene si; i programmi televisivi e le insegne pubblicitarie creano un “contesto che legittima la violenza”. L’immagine della donna risulta infatti sempre sottomessa sia psicologicamente che fisicamente. Ormai non si tratta più di una lotta in cui un sesso deve prevalere sull’altro per “vincere”: si tratta della dignità e del rispetto di un essere umano, di una donna.
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Il Mancino
10 Ottobre: perché scendiamo in piazza
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l 10 Ottobre noi studenti italiani torneremo nelle piazze di tutto il paese per gridare che la Grande Bellezza Siamo Noi. Anni di tagli all’istruzione e nessuna riflessione sul ruolo di scuola università e ricerca nel paese hanno determinato una situazione per cui noi studenti siamo stati assuefatti alla stessa idea di lezione frontale, all’interno di scuole che hanno fisicamente subito la crisi economica, senza stimoli provenienti dalle nostre città o dai nostri centri aggregativi. La crisi ha distrutto i nostri spazi, imbruttito i luoghi in cui viviamo, dalle nostre scuole alle nostre città e scavato distanze profonde tra noi studenti, le nostre famiglie, i nostri insegnanti: la nostra comunità. Il 10 Ottobre scenderemo in piazza ancora una volta per gridare che per cambiare questa situazione e combattere il degrado e l’esclusione è necessario prima di tutto investire sulle bellezze di questo paese: la sua istruzione e i suoi studenti. La scuola deve cambiare, tornare inclusiva, combattere le diseguaglianze e unificare realmente un paese che la crisi ha sfilacciato, diviso sempre più tra nord e sud. Combattere la dispersione scolastica è la
vera sfida verso il 2020. Come può un paese parlare di ripresa economica se i dati sulla dispersione toccano il 20 per cento?
i cicli stravolti con l’introduzione di un biennio unitario e il potenziamento dei raccordi tra scuola e università.
Chiediamo per questo una legge quadro nazionale e attenzione al tema del diritto allo studio, per combattere l’esclusione e garantire eguaglianza a tutti.
Chiediamo che la scuola diventi un posto in cui le lezioni siano vive, stimolino curiosità e creatività, non un luogo triste e noioso. Cambiare la didattica e il sistema della lezione frontale è prioritario per questo motivo.
Chiediamo scuole aperte il pomeriggio per studiare, stare insieme, imparare nella nostra comunità con le associazioni, gli studenti migranti, le cooperative che guardano alla disabilità. Chiediamo che rappresentanti d’istituto e di classe siano il vero centro della governance degli istituti e che la loro rappresentanza sia equiparata a quella di tutti gli altri attori della scuola. Chiediamo che la scuola rimanga pubblica, libera e laica e che rimanga esclusa dall’ondata di privatizzazioni che hanno sommerso la politica negli ultimi anni. Chiediamo che l’obbligo scolastico sia innalzato a 18 anni per combattere la dispersione, la disillusione, il lavoro sotto pagato e in nero, la disoccupazione giovanile.
Le linee guida presentate dal governo sulla “Buona Scuola” prevedono cospicui finanziamenti per l’assunzione di migliaia di precari. Una misura giusta, ma vuota di uno sguardo ampio sulla direzione che il paese, con la sua scuola e i suoi studenti, deve intraprendere. Il 10 0ttobre saremo in piazza per dimostrare che le nostre mobilitazioni possono essere portate avanti proprio da noi: oltre al corteo ripittureremo le scuole abbandonate, ridaremo vita a discussioni negli spazi pubblici degradati, ricominceremo a vivere le periferie del paese. La Grande Bellezza Siamo Noi.
Chiediamo che la scuola venga cambiata,
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Il Mancino
di Giacomo Mazzariol
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I Veneti Scozzesi
cozia nasce come nazione indipendente nell’anno 843. Nel 1314 riconquista l’indipendenza dopo che nel XIII sec torna sotto l’Inghilterra. Seguono quattro secoli di sovranità, fino al 1707 quando, approfittando delle difficoltà economiche in cui riversa la Scozia,l’Inghilterra riesce a unirsi e nasce la Gran Bretagna con un solo parlamento e un solo governo. Dopo aver sconfitto Napoleone e affrontato due guerre mondiali, devono fare i conti con la crisi postbellica che crea migliaia di lavoratori impoveriti che porta al dilagare del nazionalismo sociale. Nel 1970 la Scozia vota a sinistra mentre a Londra governano i conservatori. Con il ventennio Thatcheriano i rapporti si infiammano e gli scozzesi si sentono cittadini di serie B, tra tasse ritenute ingiuste e la fine di un vero servizio sanitario nazionale. Nel 1999 il referendum sulla devolution. Vota a favore il 74% e dopo quasi tre secoli rinasce il parlamento scozzese. Ma a molti non basta perché il governo britannico mantiene il controllo della politica estera, della difesa, dell’immigrazione, del commercio e dell’industria. Il partito nazionale scozzese, guidato da Alex Salmond, fa dell’indipendenza uno dei suoi cavalli di battaglia. “Più democratici, più ricchi, più equi” è lo slogan della campagna del referendum per l’Indipendenza. Il 18 settembre 2014 i cittadini si sono espressi alle urne. La Scozia ha detto No all’indipendenza dal Regno Unito. L’affluenza è stata un record assoluto, nei seggi si è recato oltre l’85 per cento degli scozzesi, si erano iscritti alle liste in 4,2
milioni. Il 55 per cento di loro ha messo la croce sul No. Il Regno resta unito. E da questo noi abbiamo molto da imparare. Analizzando i motivi di questa fervi da richiesta d’indipendenza, si parte come abbiamo visto dalla storia e di quello che è stato il nazionalismo di Scozia legato a un passato indipendente. L’altro motivo è presto ben visibile ed è quello socio-culturale di un’identità scozzese mai spenta e sempre distinguibile. Dal punto di vista politico, la Scozia non condivide molte opinioni inglesi, a partire dall’europeismo, e non sente di aver voce in molte scelte. E poi si può parlare del petrolio scozzese, delle centrali nucleari non volute, diritti dei lavoratori, sanità e così via. Tutte circostanze prese bene in considerazione dalle due parti e invitati certamente dalla regina che si è espressa solamente dicendo “Pensateci bene”. Ma quello che ci interessa si gioca in Italia, ma soprattutto in Veneto. Questo spirito separazioni sta ha incoraggiato i partiti indipendentisti che cercano di creare azzardati parallelismi tra il Veneto e la Scozia. Non giochiamo con queste cose. Un referendum sull’indipendenza è possibile quando tutte le parti in causa lo vogliono: in Scozia ora, in Cecoslovacchia nel 1993. Altrimenti si chiama secessione: e diventa un guaio. La storia è piena di guerre cominciate così: si può pensare alla guerra civile negli Stati Uniti. In Italia non faremo nessuna guerra, ovviamente. Ma perderemmo molto tempo. E anche questo non va bene. Oltre alle palesi differenze tra scozzesi e veneti che non stanno certamente in una gonna, chi ha uno sguardo globale capirà
anche che bisogna avere una visione d’insieme e più nazionale, se siamo ancora una nazione, e calare il tutto nel nostro contesto di crisi. Salvini manda Renzi a lezione di democrazia. Forse a volte la democrazia non è solamente lasciare un partito decidere completamente le sorti del territorio, ma è anche da parte del partito di guardare agli interessi del popolo, e non solo di una parte. Non critico nessuna scelta politica, ma invito a valutare e osservare a pieno le differenze e analogie con la tanto bramata Scozia, che per ora rimane ancora in Gran Bretagna. Vale davvero la pena spendere tempo nel togliere una parte di stivale quando il povero stivale logoro sta per essere gettato nella spazzatura? “È difficile essere patrioti quando lo stomaco è vuoto.” (Vera Cruz) Forse è il momento di sopportare qualche piatto di risi e bisi in meno. E il whisky lasciamolo ad altri.
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Cos’è la Rete
di Enrico Capparelli
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ata nel 2008 a Frascati (Lazio), dall’unione di tre realtà politiche studentesche, la Rete degli Studenti Medi è un sindacato studentesco, ed ha il compito di tutelare i diritti degli studenti. I primi passi mossi dall’associazione furono in contrapposizione al progetto scolastico proposto dall’allora ministro dell’istruzione Maria Stella Gelmini, ma al cambio di governo il lavoro e l’impegno non si sono fermati. I diritti di uno studente sono quelle condizioni che gli permettano di studiare (quindi di compiere il suo dovere) nel clima più favorevole: edifici scolastici non fatiscenti, dotati di laboratori e strumenti di approfondimento; insegnanti preparati e capaci di rispondere a classi di adolescenti, che spesso non è un compito facile indi per cui necessita di controlli; possibilità di scoprire i propri interessi e le proprie attitudini senza il rischio di essere riassunti in codici che non identificano ma semplicemente ordinano gli studenti. Da quel momento in poi le campagne della Rete hanno affrontato i disagi presenti nell’edilizia scolastica (per la quale l’associazione quest’anno ha ottenuto lo sblocco di 20 milioni di euro destinati all’edilizia regionale), hanno fornito gli strumenti agli studenti per sapere quando una valutazione di un professore sia ingiusta o quando venga invasa la libertà personale di un alunno. L’Associazione si è poi unita nel corso degli anni anche a manifestazioni di diverso ambito, partecipando a percorsi di memoria storica in concomitanza con al-
tre associazioni antifasciste (come ANPI e ANED) e organizzando in varie scuole assemblee d’istituto sulla giornata della memoria e sulla liberazione. Lo scorso autunno inoltre, in risposta all’esplosione del movimento dei forconi, ha proposto una campagna a scopo informativo che portasse luce sul movimento dapprima misterioso. Per Il percorso offerto dall’associazione non si ferma poi alle scuole superiori, ma prosegue a livello universitario sfociando nella “sorella” UDU (Unione degli Universitari), con cui condivide le battaglie. Ciò che di più bello si può guadagnare grazie alla Rete non sarà un’Italia rovesciata, sgomberata dai despoti che si vogliono imporre su chi ha personalità più deboli; non sarà un’Italia senza crisi o senza difficoltà. La storia insegna che i “cattivi” saranno sempre presenti nel mondo, ma chi conosce e frequenta la Rete, con la giusta e curiosa voglia di scoprire e capire, acquisirà una capacità invidiabile di vivere nel mondo: quest’associazione infatti insegna che anche in contesti difficili è sempre possibile provare a guadagnarsi lo spazio necessario a stare bene nel rispetto degli altri, perché l’associazione non è che una catena infinita di braccia che si reggono a vicenda per scalare le montagne delle difficoltà. La rete degli studenti medi insegna che esistono modi costituzionalmente corretti per ribellarsi contro ciò che opprime, che richiedono certamente più pazienza, ma sono un’arma potentissima per abbattere giorno per giorno le barriere che ci impediscono di vivere tutti bene, nello stesso posto che si chiama mondo.
SOS Studenti Veneto
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n tuo diritto non viene rispettato? Non ti concedono l’assemblea di classe o di istituto? Ti vengono valutate le prove INVALSI? Vieni bocciato o rimandato ingiustamente? SOS Studenti è ciò che fa per te. Cos’è SOS Studenti? E’ un servizio di pronto intervento che la Rete degli Studenti Medi offre a tutti gli studenti che hanno bisogno di consulenza, informazioni, assistenza legale per risolvere eventuali problemi nel corso di esami, scrutini, valutazioni di condotta, corsi di recupero e quant’altro riguarda il complicato mondo della scuola. Perchè offriamo questo servizio? Abbiamo deciso di attivare questo servizio perché troppo spesso siamo vittime innocenti di un mondo della scuola che non dà spazio alla voce degli studenti. Nei meandri della burocrazia molto spesso siamo noi studenti ed i nostri diritti rimetterci; è per questo che la Rete degli Studenti Medi mette a tua disposizione uno sportello sindacale e consulenza legale. Cosa vogliamo? Pretendiamo una scuola nella quale crescere e apprendere. Una scuola dove essere valutati non significa essere imputati ad un processo o diventare dei numeri su un registro, ma un modo per comprendere i propri limiti e le proprio mancanze. Merito non vuol dire mandare avanti chi ce la fa e chi può e lasciare indietro chi è in difficoltà. Merito per noi è impegnarsi a scuola autonomamente dai risultati che possono dimostrarsi con numero e tabelle. Se pensi di avere subito qualsiasi tipo di ingiustizia non esitate a contattarci! Potete scrivere a questa pagina, al profilo facebook della Rete Studenti Medi Veneto o della vostra città, altrimenti per mail a sostudenti.veneto@gmail.com o chiamate, sms o whatsapp a 3485272576 (Enrico) Sempre dalla stessa parte, la tua!
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Essere vegetariani fa bene a tutti di Giulio Quarta
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’ opinione comune che la scelta di seguire un’alimentazione vegetariana o vegana, ovvero escludere in parte o del tutto le proteine animali dalla propria dieta, sia dettata unicamente dal non voler uccidere o provocare sofferenza agli animali. Ma è molto più di questo (almeno per alcuni). Ci sono molte ragioni, condivisibili o meno, per cui diventare vegetariani, tra le quali per esempio salute e etica. L’articolo non tratterà di questi, e in caso vi stiate domandando se sopravvivere senza carne sia possibile, ci sono migliaia di fonti online e cartacee per documentarsi a proposito. Ma c’è un motivo per abbandonare le bistecche, forse il più importante, che è ignorato dalla gran parte della popolazione (e da parecchi dei vegetariani stessi). E il motivo è questo. Dire no alla carne è l’azione individuale più efficace che si possa scegliere di fare se si vuole dare un contributo reale nella lotta all’inquinamento e alla salvaguardia della terra dal punto di vista ambientale. Perché? Perché il processo di produzione della carne inquina. Ok, ma tutto inquina di questi tempi, direte voi… Verissimo, ma l’industria della carne di più. Quanto di più? Resterete (s)piacevolmente sorpresi. Secondo studi recenti, nel mondo sono circa 70 miliardi gli animali allevati a scopo alimentare, per 7 miliardi di persone (superfluo dire
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che solo una piccola percentuale della popolazione beneficia di tutta questa carne). C’è una faccenda a cui nessuno pensa o che comunque viene sottovaluta enormemente. Questi animali producono escrementi. Una marea (si, è poco poetico, ma rende l’idea). E questi liberano nell’atmosfera metano e ossidi di azoto, rispettivamente 80 e 300 volte più dannosi della famosa CO2, in cifre che sono difficili da credere. Si calcola che tale produzione di gas serra sia maggiore di quella di tutte le automobili, navi, treni e aerei messi insieme. Quindi quando vi sentite bravi ambientalisti perché al supermercato ci siete andati in bici e non in macchina (magari per comprare i wurstel), sappiate che un vegetariano col SUV “inquina” molto meno di voi. Ma non è finita qui. Gli animali con cui ci nutriamo ovviamente vanno nutriti. Bevono e mangiano. (Tanto). Soffermiamoci sull’allevamento delle mucche, che si aggiudica senza dubbio il primo posto nella gara al danneggiamento dell’ambiente. Attualmente un MILIARDO e mezzo di mucche sono allevate per fornire bistecche all’ occidente. Ci lamentiamo che non c’è più spazio su questa terra e che dobbiamo fare meno figli però un miliardo di mucche non sono un problema ovviamente. Questi bovini consumano 180 miliardi di litri d’acqua all’anno e 70 miliardi di chili di cibo. Sono numeri grandi ma
che dicono poco fuori contesto. Iniziano a far riflettere se pensiamo che ora come ora l’umanità consuma 20 miliardi di litri d’acqua e mangia per 10 miliardi di chili. E sarebbe bello poter dire che tutti nel mondo mangiano e bevono abbastanza per sopravvivere, ma non è così. Ed e’ colpa dell’hamburger? Sarebbe eccessivo metterla in questo modo. Ma capiamo che se un terzo delle terre coltivabili servono a sfamare gli animali che mangiamo mentre 2 miliardi di persone muoiono di fame, c’è quanto meno un problema di priorità che va risolto. Si calcola (sono sempre studi confutabili, certo, ma basta pensarci e ha senso) che con le risorse impiegate per sfamare gli animali da allevamento si potrebbero nutrire 4 miliardi di persone. Essendo realistici e’ impossibile che tutta l’umanità diventi vegetariana, ma farebbe una grande differenza anche mangiare un quinto della carne che viene consumata attualmente in media da europei e americani (non si muore, tranquilli). I problemi del consumo degli animali della vecchia fattoria non sono certo finiti qui, ma questi bastano per riflettere. E’ giusto fare la predica ai bambini affinchè dal piatto non avanzi niente perché “ci sono bambini che muoiono di fame”, quando una delle cause di questo è proprio il piatto occidentale traboccante di carne?
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La dipendenza dai Social Network di Jacopo Zambello
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a diffusione su ampia scala e lo sviluppo di Internet e dei Social Network hanno determinato anche la comparsa dei problemi correlati alla loro facile accessibilità: la dipendenza dalla rete, in particolare da Facebook e da altre piattaforme cosiddette “sociali”. Internet ha fatto la sua comparsa alla fine degli anni 90 e da allora non ha mai allentato la presa, diventando anzi parte integrante e in alcuni casi persino sostitutiva di ciò che fino a quel momento era il comune modo di relazionarsi tra le persone. E’, in fondo, l’idea di poter comunicare con chiunque in tempo reale in qualsiasi punto del globo, l’essere connessi a tutto, il poter spendere e guadagnare, l’informarsi, il poter esprimere la propria opinione. E’,
magari, ascoltare musica, giocare e divertirsi… basta questo a catturare anche la più refrattaria delle menti. E’ una rete in cui le personalità più fragili possono finire avviluppate, e tutta quest’attività che surroga la vita, può sfociare nella dipendenza. La dipendenza dai Social Network è diffusa soprattutto tra gli adolescenti, che trovandosi in una fase del loro sviluppo a volte poco definita e priva di certezze, trascorrono la maggior parte del loro tempo sul web, perdendo così ogni contatto con la realtà. Soltanto in Italia, 5000 ragazzi sono ad alto rischio, mentre 8 ragazzi su 10 passano almeno tre ore al giorno su account online. Nel 2008, in Italia, Facebook ha avuto un tale boom d’iscrizioni da risultare al primo posto in una classifica mondiale per l’incredibile portata delle nuove adesioni.
Quando entrare in uno stadio è anti islamco
di Giada Nora
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o scorso giugno nell’iraniana città di Teheran, alla cosidetta “altra metà della società” é stato proibito entrare nell’ Azadi Stadium dove si sono svolti, in tre giornate diverse, i tornei di volley maschili che vedevano protagonisti Iran, Brasile, Italia e Polonia. “Un primo schiaffo, un secondo schiaffo, e un terzo inconcepibilmente l’ ho ricevuto in faccia e, circondata da 10 agenti in borghese uomini e donne, sono stata picchiata e tirata a terra duramente verso un furgone della polizia,” la giornalista del quotidiano Shargh Fatemeh Jamalpou ha scritto sulla sua pagina di Facebook. Era andata lì per documentare le proteste delle donne nei confronti del divieto. Questo divieto risale alla Rivoluzione Islamica del 1979, quando alle donne vengono tolti molti, forse troppi diritti. tra questi appunto, quello di non poter assistere a giochi dove le squadre sono miste o dove
gli uomini, sono vestiti in modo sconveniente per la condizione delle donne islamiche. Ciò che ha mosso le autorità britanniche é stato l’arresto di una studentessa anglo-iraniana alla vigilia della partita Iran-Italia. Ghoncheh Ghavami, 25 anni, é stata arrestata dopo aver srotolato uno striscione sul quale era stata riportata la protesta contro il divieto di partecipazione ai Mondiali di Teheran per le donne. Rilasciata dopo poche ore, la ragazza é stata nuovamente arrestata dopo 10 giorni da agenti in borghese che l’hanno prelevata da casa per portarla nel conosciuto carcere di Evin, dov’é stata lasciata in isolamento per 41 giorni. Subito il boom sui social con gli hashtag #FreeIranianFemaleVolleyballFan e #FreeGhonchehGhavami, dopo l’appello lanciato dai famigliari, inizialmente rimasti in silenzio con la speranza di un rilascio nel giro di pochi giorni, i quali chiedono il rilascio della ragazza dopo due mesi di
L’appagamento che si ricava da Internet, deriva da un maggior rilascio di sostanze psicoattive nel cervello durante lo svolgimento delle attività in rete, finendo a volte col ripetere sempre gli stessi schemi che portano a una vera e propria assuefazione, e in caso di astinenza a delle vere e proprie crisi. Volendo tralasciare i danni a lungo termine, va tuttavia sottolineato i soggetti dipendenti tendono a perdere interesse per i rapporti sociali diretti, arrivando persino a trascurare la propria igiene personale e l’alimentazione, per non parlare del sonno. Pur esistendo ormai in tutto il mondo svariati centri di recupero la cui finalità consiste nel recupero delle patologie da web, il problema dovrebbe essere risolto alla radice per impedire ai giovani di cadere vittime di meccanismi illusori che sostituiscono la realtà con una dimensione artificiale che non fa che aumentare l’isolamento e la solitudine di cui già soffrono, e questo è possibile solo attraverso la cultura, l’arte, il vivere la vita in tutti i suoi aspetti.
carcere. Quasi 17mila adesioni alla campagna lanciata da Amnesty e Change.org, pagine e profili Facebook per liberare la giovane detenuta insieme ad un’altra dozzina di ragazze con l’accusa di “propaganda contro lo Stato”. La polizia iraniana non si é movimentata di fronte all’accaduto, anzi. Il capo di essa, Esmail Ahmadi Moghaddam ha dichiarato all’agenzia Fars che: “Al momento, la questione della promiscuità maschile e femminile negli stadi non è di pubblico interesse. La posizione presa dalle istanze religiose e dal leader supremo resteranno invariate e come tutori dell’ordine vieteremo l’ingresso delle donne allo stadio”. La questione dunque, rimane sospesa, come la vita della povera ragazza. Questo non é un movimento come quello del novembre 1979 che raccolse migliaia di persone, ma é di uguale importanza se si pensa che nonostante siano passati 35 anni, le donne vengano ancora discriminate per la loro religione e/o per il loro sesso.
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La palestina ai tempi di Gesù Youtube di Alberto Rosada
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uglio 2014. Tra i tanti bollettini di guerra che i nostri tg ci riportano quotidianamente si aggiunge, nuovamente, quello proveniente dalla Palestina. Intenti a seguire anche altri conflitti, quello in Ucraina e quello in Siria, i 2136 morti palestinesi e i 69 israeliani non hanno fatto poi così scalpore. Oltre qualche servizio dei telegiornali e qualche programma di approfondimento, la notizia è stata circondata da un bel po’ di confusione, e non credo di essere l’unico ad essersi chiesto il perché di quei duemila morti. In fondo, chi sa veramente come stanno le cose in Palestina? Sarà anche risaputo che questo confitto si trascina da oltre 60 anni, ma perché la situazione non è stata ancora risolta e ancora oggi si continua a sparare e lanciare missili? Cercare di approfondire seguendo i tg sarebbe voluto dire rimanere perennemente nell’ignoranza, quindi, un bel giorno, navigando su YouTube, mi sono imbattuto in un video intitolato “La storia del conflitto tra Israele e Palestina in 12 minuti”. Beh, perché non provare? Ammetto che è stato un po’ stupido sperare di comprendere un tema così complesso attraverso video caricati in rete, ma almeno mi è servito per capire la cosa più importante.
Questo video avrebbe dovuto miracolosamente farmi diventare un esperto della questione arabo-israeliana in meno di un quarto d’ora, dicendomi “verità che purtroppo non vi diranno al telegiornale” come recitava la descrizione. In effet-
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ti quei 12 minuti hanno divelto qualsiasi mia precedente convinzione sulla situazione palestinese. La morale del video? Gli sporchi e cattivi palestinesi hanno sempre rifiutato le generosissime offerte di terri-
torio da parte dei nostri poveri israeliani, che non possono vedere realizzato il loro sogno di avere uno stato proprio, senza essere quotidianamente attaccati dagli spietati guerrafondai arabi; la guerra prosegue solamente per colpa della testardaggine dei leaders palestinesi, che non vogliono scendere a compromessi e che hanno come primo obiettivo delle loro vite l’annientamento di Israele. Sicuramente è una tesi interessante, ma basta un QI di una sedia per capire che il video in questione è leggermente di parte. Quindi, abbastanza scosso, aspetto i suggerimenti di YouTube per ‘rifarmi’ con un altro video. “Israele e Palestina: la storia di due stati - Una sintesi delle vicende storiche che hanno caratterizzato la situazione israelo-palestinese. Un video semplice che permette a chi non sa nulla della questione di farsene un’idea.”.. Non sembra poi così di parte, vada per questo. Come è andata? Beh, per 9 minuti mi sono sentito ripetere quanto gli israeliani siano spietati con i palestinesi, di quanto aggressiva sia la politica israeliana e di quanto soffra la popolazione palestinese. Ovviamente nessun riferimento al fatto che gli arabi hanno sempre rifiutato le proposte di pace e di suddivisione del
territorio da parte di Israele. A questo punto era moralmente inaccettabile non andare ad informarsi decentemente sulla questione. Articoli di giornale, e altri video (fortunatamente ne esistono anche non schierati) mi hanno portato ad una conclusione più equilibrata: è legittima la creazione di uno stato ebraico, ma non deve sorge su sangue e macerie palestinesi. Alla fin fine, si tratta di due giuste ragioni che si vanno a scontrare in una guerra asimmetrica. E a convincermi
di questo sono stati anche due bambini, in un intervista doppia realizzate da ‘Le Iene’. Da una parte Daniel, israeliano nel suo quartiere ha un parco giochi in cemento armato dove rifugiarsi in caso di bombardamento, dall’altra Abdalla, palestinese non ha più nemmeno una casa, vive in una baracca a causa dei bombardamenti israeliani. “Abdalla, perché c’è la guerra?” “Dicono che da noi c’è il terrorismo che si chiama Hamas, ma non si vendicano contro Hamas ,ma contro persone, piante, case” E con questo è superfluo ogni altro commento.
Quello che alla fine mi ha insegnato YouTube, o meglio Abdalla, è che non contano trattati, confini e offensive. Non serve schierarsi, l’importante è non perdere di vista quel briciolo di umanità, che, ad essere ottimisti potrebbe portare ad una soluzione pacifica, o, senza pretendere troppo dalla diplomazia, potrebbe porre termine del massacro di Gaza e di tutti i palestinesi. “Stay human, stop bombing Gaza”
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Il calore del deserto
di Davide Travaglini
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engono reclutati tramite i social network, alcuni di loro sono musulmani di seconda o terza generazione che scelgono di abbandonare l’Europa per schierarsi al fianco dell’Is
appoggiando la causa della jihad proprio come è successo a Ismar Mesinovic, operaio originario di Doboi (Repubblica Srpksa) residente ormai da molti anni a Longarone, nel bellunese morto il 27 agosto scorso in Siria mentre combatteva al fianco del regime di Bashar al-Assad. Mentre in Europa e in territori ideologicamente lontani dalla causa della “guerra santa’’ è in atto una vera e propria campagna di reclutamento, Amnesty International accusa i militanti jihadisti dello Stato Islamico di aver messo in atto un’azione di pulizia etnica di dimensioni storiche conto le minoranze etniche stanziate nel nord dell’ Iraq trasformando la regione settentrionale dello Sinjar in un vero e proprio “campo della morte’’. Diverse sono le esecuzioni di massa cominciate ad agosto dove centinaia di persone sono state sequestrate e uccise (per di più uomini e ragazzi). La vice Alta Commissaria Onu Flavia Pansieri accusa lo stato islamico di perseguitare le minoranze etniche in territorio iracheno e annuncia che l’Organizzazione delle Nazioni Unite invierà una squadra di osservatori per indagare sulle possibili violazioni dei diritti umani che stanno portando alla morte di migliaia di persone (1420-ultima fonte). Pulizie etniche che
ricordano le violenze da parte dei militari serbi durante la guerra della Bosnia i Herzegovina dove, come in Iraq, le minoranze culturali erano costrette a vivere in situazioni disumane nei campi profughi. Una tragedia dove le vittime non sono solo cristiani, ma anche i musulmani moderati
e i terroristi non sono da classificare come fondamentalisti religiosi, bensì mercenari e militari incivili che nascondono i propri massacri dietro quella che loro chiamano “Guerra Santa’’, ma che coi santi a poco a che fare. Spostandosi a 2600 km dalla nostra città, un’altra grave situazione che colpisce il medio oriente in questi ultimi tempi risulta essere la “Questione Palestinese’’, cominciata in completo silenzio vista la grande importanza che gran parte dei media e della popolazione ha attribuito alle finali dei mondiali di calcio 2014 a causa del rapimento di tre giovani israeliani rapiti in Cisgiordania. Guardando il bilancio delle vittime (2136 morti e quasi 11 mila feriti almeno 491 bambini sono rimasti
uccisi sul versante palestinese, mentre sul versante israeliano sono 64 i militari caduti e 5 i civili) si fa fatica a chiamarlo conflitto tra israeliani e palestinesi visto che sembra quasi una guerra che i raid aerei americano-israeliani combattano contro un nemico che assiste quasi totalmente inerme all’esplosione delle proprie case e all’uccisione dei propri fratelli. E proprio in questi ultimi nostri giorni di vacanza, il territorio palestinese viene ancora ridotto di 400 ettari con lo scopo di costruire nuovi insediamenti israeliani. “Si tratta della più grande appropriazione di terra in Cisgiordania degli ultimi trent’anni’’ afferma l’associazione Peace Now “questa decisione pugnala alla schiena il presidente Mahmud Abbas e tutti i palestinesi che lottano ideologicamente per la pace nei territori attorno la striscia di Gaza’’. In questo modo il premier israeliano potrà più che perpetuare, come lui stesso afferma, la memoria dei tre giovani ebrei uccisi lo scorso giugno proprio in quella zona ribadendo ancora una volta la sua linea ultranazionalista e anti palestinese annunciando che non ci saranno rese finché il territorio non sarà liberato dagli “occupanti palestinesi’’. Pure qui la storia si ripete senza troppi complimenti e anche Moni Ovadia, attore di origini ebree, si schiera a favore del popolo palestinese con le parole <<Proprio perché sono ebreo sono solidale con il popolo palestinese, noi ebrei dovremmo ricordare cosa abbiamo subìto durante l’Olocausto per non commettere ciò che alcuni di noi stanno commettendo nei confronti del popolo palestinese>>. Il Medio Oriente soprattutto in questi ultimi anni sta attraversando momenti difficili che vengono alimentati dal fondamentalismo, ma che con la religione non hanno nulla a che fare e ne sono testimonianza le numerose manifestazioni che a livello mondiale stanno sostenendo da una parte i musulmani iracheni e dall’altra il popolo palestinese.
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Scuole del mondo a confronto di Beatrice Di Padua, Martina Morotti, Angela Rossi, Sara Mazzarotto
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’istituzione scolastica è un sistema molto articolato e complesso che si sviluppa in diversi modi nei vari luoghi del mondo, a seconda delle disponibilità, delle necessità e delle attitudini del posto. Nonostante ciò, si può trovare nello scopo unico dell’apprendimento l’elemento che accomuna tutti gli stati in una rete in cui questi possono trarre esempio l’uno dall’altro. In Italia, come negli altri paesi, la scuola ha dei pregi e delle pecche. In questo spazio vogliamo farli emergere ponendo a confronto il sistema scolastico italiano con quelli inglese, tedesco, olandese, polacco e neozelandese basandoci sulle esperienze all’estero e sulle amicizie di alcune studentesse.
Materie
In Inghilterra, non ci sono materie obbligatorie ed ogni semestre ci si iscrive a cinque corsi con una possibilità di scelta molto vasta. Arte, fotografia, recitazione sono considerate materie a tutti gli effetti, ma il punto di forza sta nelle materie scientifiche (chimica, biologia, fisica), che prevedono prevalentemente attività di applicazione pratica nei laboratori dotati di tutto l’occorrente. Le ore settimanali totali sono 25, ma la scuola resta aperta fino a sera per le attività extrascolastiche ed il potenziamento. Valutazione: i test sono prevalentemente scritti a crocette, ma sono gli esami finali che determinano la promozione all’anno successivo. Non esiste sistema debiti, e durante il periodo scolastico si tengono corsi di recupero. I voti assegnabili sono sei: dalla A alla F dove A è il migliore e F il peggiore. Attività extrascolastiche: dagli extra di teatro (che è già materia mattutina), ad attività sportive, all’aiutare gli studenti delle classi inferiori, al volontariato con gli anziani. In Nuova Zelanda, l’opportunità di scelta delle materie è molto vasta: vanno dalle più teoriche alle più pratiche che, a differenza dell’Italia, vengono valorizzate mol-
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to. Questo è possibile perché è la scuola a fornire tutti i materiali necessari agli studenti come ad esempio il legno per falegnameria, i colori per le materie artistiche, fogli e tutto ciò di cui si potrebbe avere bisogno. Non ci sono materie obbligatorie per i primi 3 anni, al contrario del biennio finale, durante il quale le materie scelte devono rimanere le stesse. In Polonia, nelle classi corrispondenti alle nostre primarie e secondarie di primo grado, le materie obbligatorie sono tali e quali alle nostre, ma in aggiunta studiano Conoscenza della Società. La scelta delle lingue straniere è tra tedesco, russo, spagnolo e italiano. Le superiori prevedono quattro indirizzi che prevedono tutti le materie base più Management, Conoscenza della Società ed Educazione alla Sicurezza. Gli indirizzi sono: Umanistico, Scientifico, Biologico, ed Economico. Esistono poi le due Scuole Specialistiche di musica e di sport. Gli studenti trascorrono dalle otto alle dieci ore a scuola anche il sabato, con la possibilità di fermarsi per studiare. Valutazione: l’anno scolastico è diviso in due pentamestri. Le prove sono per lo più scritte, gli orali sono rari anche se delle volte occorrono, magari per recuperare. Se il voto in qualche materia è insufficiente, si possono ripetere dei compiti e/o preparare materiale aggiuntivo. Attività extrascolastiche: le scuole nelle grandi città hanno più possibilità di organizzare attività fuori dall’orario scolastico rispetto a quelle nei villaggi. Vanno da discipline sportive come danza (classica, barocca, hip-hop, zumba, latino), arti marziali, triathlon, maratona, nuoto, a scacchi, attività nei mini-zoo, recitazione e giornalismo.
Docenti
In Inghilterra, l’età media dei docenti è sotto i quarant’anni, molti neolaureati. Esiste un sistema di valutazione dei docenti che viene misurato attraverso la somministrazione di questionari due volte l’anno agli studenti, tanto che lo scatto di carriera avviene per merito. I docenti comunicano variazioni di orario e corre-
zione dei compiti tramite email. Esiste la figura del tutor, uno specializzato in psicologia a cui ogni studente ha il diritto di chiedere un colloquio un’ora a settimana per chiedere consiglio, parlare, tenere sotto controllo il proprio stato mentale. In Nuova Zelanda, i docenti considerano gli studenti in maniera completamente diversa rispetto a come accade in Italia: la relazione studente-insegnante è molto più informale, senza mai tralasciare il rispetto. I docenti conoscono gli studenti e tengono a loro, e durante l’anno gli studenti hanno la possibilità di valutare i loro insegnanti da due punti di vista: insegnamento e capacità di relazionarsi. Ogni studente neo zelandese ha un docente ‘Roopu’, un docente che non insegna loro nessuna materia ma che li vede ogni giorno (a ricreazione, roopu appunto) e che li conosce dal primo anno di high school. Questo consente loro di avere un supporto non solo nella scelta delle materie e dell’università/ settore lavorativo, ma anche un aiuto in un periodo complicato, o semplicemente per un consiglio. Il docente Roopu è a conoscenza della situazione scolastica dei ragazzi che segue e per questo è la prima figura alla quale ogni studente si rivolge. In Germania, materie particolarmente interessanti che vorremmo in Italia sono Politica ed Economia. Come in Italia, le tipologie di scuole superiori sono Gymnasium (Liceo a vari indirizzi), istituti tecnici ed istituti professionali. Valutazione: il sistema dei voti prevede valutazioni dall’1 al 6, dove 1 è il migliore e 6 il peggiore, con anche mezzi voti. Non esiste un sistema di recupero debiti, anche perché in estate le vacanze sono solo sei settimane, ma si è ammessi all’anno successivo anche con una materia insufficiente. Gli ultimi due anni del Gymnasium i voti non vanno più dall’1 al 6, bensì un punteggio dall’1 al 15, e andranno ad influenzare l’”Abitur” (esame di maturità). In Polonia, l’età dei docenti varia, più o meno come in Italia: va dai neolaureati fino ai sessant’anni di età. Esiste la figura dello psicologo. Lo stipendio varia in base alla loro qualifica di studi ed anche in base all’esperienza misurata in anni di insegnamento, ma si trova tra gli ultimi posti nei salari del paese.
Spazi e servizi
In Inghilterra, i laboratori sono tutti funzionanti e dotati della strumentazione necessaria. La biblioteca funge da aula studio per tutti gli studenti, tanto che nelle
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ore di studio previste nell’arco della mattinata tutti gli studenti usufruiscono di tale spazio. Non ci sono palestre chiuse, ma sconfinati campi da calcio, atletica, basket, baseball, tutti nello stesso perimetro. Ogni tipo di comunicazione avviene grazie ad un alto livello di digitalizzazione: funziona tutto per corrispondenza email e per avvisi online nel sito della scuola Mensa: in Inghilterra, lo spazio per la pausa pranzo è condiviso da studenti e docenti. Dura 60 minuti, ma nell’ultima mezz’ora i docenti danno la loro disponibilità per dare ripetizioni e chiarimenti sugli argomenti svolti a lezione. Il prezzo è accessibile economicamente.
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la; mentre se lo studente abita in un villaggio e la scuola più vicina si trova nel raggio di 15 chilometri quadrati, il trasporto è gratuito. In Olanda, ogni studente ha il proprio armadietto e la connessione internet personalizzata, funziona tutto tramite alta digitalizzazione. Le scuole sono edifici moderni, all’avanguardia tecnologica e completi di ogni tipo di laboratori. Il tra-
Numero di studenti per classe: in Polonia il minimo è 18 ed il massimo 38; in Inghilterra dipende dal numero di iscritti al corso quel semestre: è possibile trovare classi da otto come classi da venticinque; in nuova Zelanda il tetto massimo è di 20 studenti, come in Germania; in Olanda 30.
In Nuova Zelanda, la scuola rimane aperta fino alle 18 tutti i giorni. Il sistema dei trasporti è complemente differente da quello italiano: il prezzo è a chilometraggio. Gli studenti hanno molte agevolazioni sul costo del biglietto che varia a seconda della distanza dello studente dalla scuola che frequenta. In Germania, le scuole sono sempre più ecosostenibili, sono strutture moderne che permettono a studenti e docenti di vivere bene. Tutte le classi sono dotate di un proiettore; i laboratori di scienze sono provvisti di tutta la strumentazione necessaria; i campi sportivi di ogni genere (le ore di educazione fisica sono tre a settimana); le scuole al loro interno hanno una caffetteria-mensa; ed aspetto interessante è che si può entrare ed uscire da scuola senza giustificazione durante le pause da 20 minuti - che sono ogni due ore, ore da 45 minuti. Il sistema dei trasporti prevede agevolazioni economiche per gli studenti che abitano più lontano dalla scuola, ma la bicicletta è altrettanto un punto di forza. In alcune “regioni”, il comune prevede un servizio taxi effettuato dalla crocerossa sia per l’andata che per il ritorno da scuola, gratuito. In Polonia, tutte le scuole pubbliche sono dotate di laboratori e palestre con l’intera strumentazione occorrente . La scuola pubblica è gratuita: nessuno ha da pagare nulla se non l’assicurazione che ammonta a 8€ annui. Il costo dei trasporti varia a seconda della localizzazione della scuola: se sta in centro città, il biglietto da 0,25 € comprende sia andata sia ritorno da scuo-
glio di istituto gli studenti sono in grande maggioranza rispetto ai docenti, ma non è visto come una minaccia in quanto entrambi hanno la piena consapevolezza di lavorare assieme per il bene della propria scuola e dei propri studenti, i veri protagonisti della scuola. Nelle scuole tedesche, esistono solo i rappresentanti di classe che regolarmente si riuniscono in comitato ma semplicemente per aggiornare gli studenti sul calendario scolastico.
sporto prediletto è la bicicletta, per caratteristica del paese.
Diritti
Obbligo di frequenza: Polonia – 18; Germania - 16; Inghilterra – 16; Nuova Zelanda – 16; Olanda – 16. Caro libri: in Inghilterra, è la scuola a fornire libri e quaderni di esercizi. Anche in Olanda il costo dei libri è nullo. In Polonia, solo per il primo anno di scuola primaria, è il governo a fornire i libri. In Nuova Zelanda, è la scuola a dotare gli studenti dei libri, che a fine anno verranno restituiti intatti. In Germania, essendo uno stato federale diviso in tanti “Bundesland” che controllano abbastanza autonomamente l’organizzazione scolastica nei rispettivi territori, le edizioni dei libri sono infatti diverse in ogni regione, e c’è la possibilità id avere in prestito dalla scuola tutti i libri, che a fine anno verranno restituiti intatti. Rappresentanza: nelle scuole neo zelandesi i rappresentanti di istituto eletti sono due per ogni anno, e vengono eletti solamente dai propri coetanei. Nel consi-
Calendarizzazione: in Inghilterra, le vacanze sono: autumn-break di una settimana e mezza, Natale come in Italia, spring-break. La scuola finisce a luglio, e, dopo un mese di vacanza, riprende a settembre. Viene dato molto peso alla frequenza: bisogna totalizzare il 90% dei giorni di scuola. In Nuova Zelanda, si alternano due settimane di vacanza a dieci di scuola, tranne a dicembre – l’estate del continente -, quando la sospensione delle lezioni dura un mese e mezzo. I ragazzi grazie a questo sistema non si dimenticano completamente le nozioni imparate e sono meno stressati. In Germania, l’organizzazione delle vacanze è a discrezione delle singole regioni: ad esempio in Brandeburgo la scuola inizia il 25 agosto dopo un mese e mezzo di pausa, prevede poi una sospensione delle lezioni di dodici giorni in ottobre, a Natale dieci giorni, e a Pasqua tredici giorni. In Olanda, le settimane totali di vacanza sono quattordici per le classi inferiori, dodici per le medie ed otto per quelle superiori. Da questi dati capiamo come l’istituzione scolastica italiana potrebbe migliorare in tutti gli ambiti: dalla modernizzazione delle strutture allo svecchiamento della classe docente, dalla revisione dei programmi ministeriali al sistema di valutazione, dall’applicazione delle norme meritocratiche all’incremento delle attività extrascolastiche, dal caro libri al costo dei trasporti.
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Democrazia in Saldo di Edoardo Pizzolotto
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a mesi veniamo bombardati dalla campagna promozionale governativa. A partire dall’abbassamento dei costi della politica: dalla vendita delle auto blu, all’eliminazione di Provincie e Senato. Poiché entrambi gli enti(Provincia e Senato) continueranno ad esistere, viene da chiedersi fino a che punto saranno eliminati, e quanto sia valida la giustificazione del risparmio per la loro degradazione ad enti di secondo grado. Concentriamoci sugli enti a noi più “vicini”: le Provincie. Anzitutto gli organi amministrativi sembrano restare invariati. Le “nuove” Provincie saranno infatti composte da un Presidente, un consiglio provinciale, ed un consiglio dei Sindaci. La novità rispetto ai “vecchi” enti sarà nella figura del Presidente: un sindaco che oltre a dover svolgere la quotidiana attività amministrativa del proprio Comune, dovrà contemporaneamente occuparsi di quella della Provincia. A lui spetteranno tutte le deleghe(agri-
coltura, turismo, scuola, ecc), che tuttavia potrà assegnare(com’è auspicabile) ai diversi Consiglieri provinciali(cioè altri Sindaci o Consiglieri comunali della Provincia). Chiunque conosca l’impegno richiesto dall’amministrazione di un singolo Comune non potrà fare a meno di chiedersi quando il Presidente-Sindaco troverà il tempo per mangiare o dormire. Riassumendo: le spese per mantenere in piedi l’ente resteranno invariate, a diminuire saranno soltanto gli stipendi dei Consiglieri provinciali, e quello del Presidente, che dovranno tirare a campare con il solo stipendio di Sindaco o Consigliere comunale. A ben guardare tuttavia i risparmi non finiscono qui. Vi è un’altra “usanza” democratica(e costosa) a venire meno: l’elezione diretta della Provincia da parte dei cittadini. Gli elettori verranno infatti esclusi poiché il loro diritto verrà esercitato dai Consiglieri comunali e dai Sindaci della Provincia. Senz’altro un gran bel risparmio di Democrazia. Un esempio: la Provincia di Belluno. Nelle ultime elezioni provinciali(2009) i votan-
La Grande Bellezza
di Tommy Ruzzante
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a Grande Bellezza “Finisce sempre così. Con la morte. Prima, però, c’è stata la vita, nascosta sotto il bla bla bla bla bla. È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore. Il silenzio e il sentimento. L’emozione e la paura. Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile. Tutto sepolto dalla coperta dell’imbarazzo dello stare al mondo. Bla. Bla. Bla. Bla. Altrove, c’è l’altrove. Io non mi occupo dell’altrove. Dunque, che questo romanzo abbia inizio. In fondo, è solo un trucco. Sì, è solo un trucco. “ Cercare la “grande bellezza” nel nostro paese, nelle nostre città e nelle nostre scuole e non trovarla, sentire perennemente il bisogno di far parte di una comunità inclusiva e costruttiva di un benessere comune che si esprime con l’idea di bello, volere qualcosa di più di un semplice 6 in pagella. Questo è la nostra generazione, nati tra il 90’ e il 2000, dimenticati, considerati piccoli e superficiali, presi d’assedio da posizioni politiche che si sono mostrate sorde e
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mute nei nostri confronti, perché se sei uno studente vieni visto come un peso sociale, non come un investimento, non come il futuro, non come qualcosa di bello. Crocifiggersi non ha senso, desolarsi e deprimersi o appellarsi ad un “Tanto nulla cambia, sono tutti uguali” è una scelta facile, inutile e alquanto infantile che non possiamo evocare anche noi. Basta passare per slogan e pensieri brevi, serve fare ragionamenti che siano più lunghi dei 144 caratteri di twitter, bisogna creare un modello di paese e di scuola che parta dagli studenti, che affronti i problemi e che cambi i processi educativi e decisionali. Andare a rivalutare quella che è la Grande Bellezza, gli studenti, gli artisti, il lavoro, la democrazia, la solidarietà..ecc Riaprire un dialogo sulla scuola e sull’educazione come fatto dal governo, tramite il patto educativo presentato a settembre, è importante solo se si va a discutere del modello d’istruzione nel suo complesso: non ha senso andare a discutere degli esami di stato senza parlare di riforma dei cicli, di amministrazione scolastica senza parlare di riforma della rappresentanza o di
ti sono stati 120.843; quest’anno saranno soltanto 724! Il sistema di voto è alquanto complicato: gli elettori verranno suddivisi in cinque fasce relative al numero degli abitanti del Comune di appartenenza. La prima comprenderà i comuni da 0 a 3.000 abitanti; la seconda quelli da 3.000 a 5.000; da 5.000 a 10.000 la terza; da 10.000 a 30.000 la quarta; mentre la quinta riguarderà i Comuni con più di 30.000 residenti. In relazione alla fascia di appartenenza i voti avranno un diverso peso: dallo 0,06% dei Consiglieri e Sindaci della prima fascia, allo 0,5% per quelli dell’ultima. Questi i dati della Provincia di Belluno. Sopraggiunge spontanea una domanda: il futuro Presidente-Sindaco non è forse stato eletto dai suoi concittadini per amministrare il proprio comune? Con quale legittimità amministrerà un’intera provincia? La dubbia legittimità si ripropone nel caso dei “grandi elettori” chiamati a votare per la presidenza della Provincia; compito che mal coincide con le loro mansioni. Al Senato, anch’esso derubricato ad ente di secondo grado, toccherà una sorte analoga. Più che un “auto-ridimensionamento del ceto politico”, pare un ridimensionamento della democrazia rappresentativa.
didattica e valutazione senza parlare di studenti e insegnanti. La discussione sulla scuola deve essere condivisa e non essere una semplice casella del bilancio dello stato. Rilanciare il futuro, l’arte e l’educazione civica dentro alle scuole, formare la cittadinanza, discutere di attualità, avere un maggior rapporto col mondo del lavoro e creare un percorso formativo di crescita individuale e comunitaria. Partire dalla “grande bellezza” che siamo noi studenti, le nostre band, le nostre poesie, i nostri sport e le nostre idee. Siamo la prima generazione che ha la potenzialità tecnologica di cambiare il mondo, di creare ragionamenti inclusivi e di sperimentare un’evoluzione sociale che vada a ridurre le disuguaglianze. Basta cercare invano la grande bellezza, non serve, è già qui, siamo proprio noi, ed è per questo che il 10 Ottobre ci saranno manifestazioni in tutte le città, ed è per questo che faremo riunioni su riunioni e continueremo a mostrarci e a imporci, non con l’arroganza degli stolti, ma con la capacità di ascoltare e di parlare. Basta parlare di cambiamento e di futuro, parliamo di presente e di cosa fare per rendere queste scuole e questo paese semplicemente più belli.
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La notte delle matite Un anno di
di Mariavittoria Sartori
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o scorso 16 settembre è stato il trentacinquesimo anniversario di quella che è conosciuta come la “Notte delle matite”. Questo era, infatti, il nome in codice dell’operazione sovversiva avvenuta a La Plata il 16 settembre 1976 organizzata dalla polizia argentina contro sei studenti delle scuole superiori, mentre l’intero paese era assoggettato alla dittatura militare di Jorge Videla (1976-1981). I sei studenti, tra i 16 e i 18 anni, erano militanti attivi di UES (Union Estudiantil Secundaria) e avevano organizzato numerose manifestazioni per ottenere e succesivamente contro l’abolizione del BES (Boleto Escolar Secundario), una tessera che permetteva a tutti gli studenti di ottenere riduzioni sui libri di testo e sui biglietti degli autobus.
L’operazione consisteva in un vero e proprio raid punitivo, prevedeva infatti che gli studenti venissero sequestrati durante la notte, condotti verso i centri di detenzione clandestina, dove,secondo precise indicazioni della polizia statale, avrebbero ricevuto le più disparate torture, tra cui rimozione delle unghie e scosse elettriche nelle zone più sensibili del corpo umano: alle piante dei piedi e ai genitali. Dopodiché, gli studenti, come tutti quelli che venivano dichiarati “sovversivi” dal governo golpista, erano destinati a sparire. Oltre alle vittime della Notte delle matite, si contano 40 000 persone scomparse durante la dittatura militare che ha colpito l’Argentina dal 1976 al 1983, i Desaparecidos. Letteralmente “scomparsi” nell’O-
ceano Pacifico grazie ai “voli della morte”, erano precedentemente stati sequestrati durante la notte, torturati e seviziati per anni nei centri di detenzione, in quanto accusati di aver compiuto attività “anti governative”. La caratteristica principale e più agghiacciante dello scandalo dei desaparecidos è la segretezza costante nelle operazioni dei corpi governativi; questa infatti ha permesso di evitare ogni tipo di ribellione di massa per tutta la durata del regime, in quanto le famiglie delle vittime non ricevevano nessuna risposta alle loro domande e temevano che continuando a cercare avrebbero ricevuto lo stesso trattamento misterioso che era stato riservato ai propri cari. E’ l’omertà ad aver garantito al Governo Argentino l’invisibilità mediatica, a livello internazionale, necessaria nei lunghi anni in cui ha agito incontrastato. La denuncia e la ricostruzione dettagliata degli orrori avvenuti in Argentina durante la dittatura militare è stata possibile grazie alle testimonianze dirette dei sopravvissuti che hanno voluto collaborare con le istituzioni dopo la reinstaurazione della democrazia; una parte consistente si deve, però, all’associazione Madres de Plaza de Mayo, un’associazione di madri, sorelle e mogli dei dissidenti scomparsi, che è attiva nel campo dei diritti civili ed è volta a rivendicare la scomparsa e ottenere la restituzione dei loro cari, da più di trent’anni. Il loro emblema è un fazzoletto bianco annodato attorno alla testa, simbolo di protesta pacifica che le contraddistingue quando si riuniscono in una breve protesta silenziosa e pacifica nella piazza di Mayo, a Buenos Aires, ogni giovedì pomeriggio. Come le donne di Plaza de Mayo, noi tutti dovremmo riflettere sull’importanza del ricordo di tutti gli eventi che, come questo, hanno segnato tristemente la storia, non solo per il rispetto delle vittime di questi orrori, ma per riuscire a riconoscere quando la storia si sta ripetendo ed avere così la possibilità di evitare che tragedie come quella dei Desaparecidos passino inosservate un’altra volta.
solidarietà
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Ottobre. È ormai passato un anno dalla tragedia avvenuta a largo di Lampedusa, la porta dell’Europa: 366 morti e più di 20 dispersi nel mar Mediterraneo a causa del naufragio di uno dei “barconi della morte”. Si sono dovute sacrificare queste vite, affinché iniziasse un serio impegno sul piano del controllo del mare e degli aiuti umanitari. Così è nata l’operazione Mare Nostrum, guidata dallo Stato Italiano. Un’operazione che ha cercato di porre rimedi a situazioni di emergenza senza riuscire a risolvere definitivamente la questione. In accordo con l’Unione Europea, a novembre dovrebbe partire l’operazione Frontex Plus, che ha lo scopo di rafforzare i controlli in solo territorio marittimo italiano -e non internazionale- ma non prevede niente sul fronte degli aiuti umanitari. Questi interventi risultano non sufficienti se pensiamo che con lo scoppio delle guerre in Medio Oriente e l’intensificarsi dei conflitti in Africa, i flussi migratori sono destinati ad aumentare. Migliaia di persone hanno intrapreso ed intraprenderanno i cosiddetti “viaggi della speranza” per fuggire dai bombardamenti e dalle persecuzioni. Questi viaggi non sono altro che il proseguo dell’incubo della guerra, vengono fatti in condizioni precarie e molto spesso causano la morte dei profughi. Donne, uomini e bambini continuano a morire cercando una via per sopravvivere. E’ necessaria una gestione dell’emergenza dei flussi migratori condivisa a livello europeo. Nessuna operazione sarà veramente efficace finché non ci sarà un impegno congiunto e pari da parte di ogni stato Europeo. E’ necessario discutere ed intraprendere politiche sulla migrazione in un’ottica unitaria, per uscire dalla situazione critica che ormai da troppo tempo i migranti ed i paesi ospitanti vivono. Chiediamo quindi ai parlamentari europei e alla commissione europea di mettere in discussione la gestione delle frontiere e dell’accoglienza dei profughi e dei richiedenti asilo, per potere unificare
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una volta per tutte le politiche, affinché non rimanga un problema dei soli stati affacciati sul mar mediterraneo. La realizzazione di un’Unione Europea politica e culturale, che vada oltre la sola unione economica, passa anche attraverso le politiche condivise sulla migrazione e l’accoglienza. Bisogna quindi iniziare a ragionare insieme su come gestire da una parte le emergenze e dall’altra l’integrazione di coloro che vedono nell’Europa un’opportunità di riscatto. La grande bellezza del nostro paese sta nella possibilità per tutti di affermare se stessi, di avere la possibilità di riscattarsi da una situazione di mancata libertà e di diritti. Non possiamo permettere che un essere umano muoia nel viaggio verso una vita migliore. Perché siamo tutti umani, e abbiamo tutti il diritto di essere parte della grande bellezza. Siamo convinti che un vero cambiamento passa per un modello diverso di scuola e
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di società. In ricordo delle vittime della strage di Lampedusa e di tutti coloro che sono
Hong Kong lotta per democrazia e libertà
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ramai da qualche giorno leggiamo delle proteste della popolazione di Hong Kong contro le restrizioni volute dal governo cinese per le prime elezioni democratiche e a suffragio universale che avrebbero visto impegnato il distretto per il prossimo 2017. Donne, uomini e soprattutto studenti e studentesse sono scesi in piazza, pacificamente, a dimostrare con forza la contrarietà del popolo a questo giogo. La questione tra il governo cinese e il governo di Hong Kong è storica, risale a
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quando venne firmato l’accordo del “un paese, due sistemi”. Ma vediamo come questi due sistemi siano fortemente disomogenei, in cui uno governa prepotentemente sull’altro e lo priva delle libertà più fondamentali come le libere elezioni democratiche. La protesta si sta svolgendo nel più pacifico de modi, i manifestanti scendono in piazza ed affrontano il lancio dei lacrimogeni solo con degli ombrelli. Ci aspettiamo che la comunità europea e non solo prenda posizione su quanto sta accadendo, sostenga una battaglia di civiltà come questa.
morti nei nostri mari cercando una possibilità di riscatto.
La lotta, pacifica, per la democrazia è una battaglia che avvicina il mondo orientale al mondo occidentale e, quindi, non possiamo rimanere indifferenti di fronte a quanto sta accadendo. Diamo tutto il nostro sostegno e la nostra solidarietà al movimento per la democrazia e soprattutto agli studenti che stanno guidando questa pacifica rivolta. Un mondo nuovo, fatto di democrazia, partecipazione e diritti comincia proprio dagli studenti e dalle loro idee, siano essi asiatici o europei. Come Rete degli Studenti Medi e come Unione degli Universitari vogliamo, per quanto possibile, dimostrare il supporto degli studenti italiani. Vi invitiamo ad esprimervi pubblicamente, coi mezzi a nostra disposizione, tramite l’hashtag “#democracyinhongkong”, per un mondo di libertà e di impegno.
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Il Mancino
NOTIZIE DAI TERRITORI >>> ODERZO
Storia di una città che si è spenta
di Alberto Rosada
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derzo si è spenta, e purtroppo non è solo un gioco di parole. Ne danno il triste annuncio i ‘Giovani per Oderzo’ associazione politico-culturale che collabora con la Rete degli Studenti Medi. L’ora del decesso è stata stabilita verso il tramonto del 2 Luglio 2014, lungo tutte le arterie stradali e i porticati. La causa del decesso è apparsa proprio in un comunicato sul sito del comune: “Sono in corso gli spegnimenti di punti luce che andranno ad interessare tutto il territorio comunale”. Oderzo si è dunque spenta. “Opitergium vixit”. Cordoglio quindi, e rammarico per la luce in fondo al tunnel non inseguita. All’inizio mi sembrava strano che qualcuno riuscisse a polemizzare su uno spegnimento programmato di lampioni atto a risparmiare 120 mila euro, pari ad un punto di Tasi. Se non un’ iniziativa virtuosa (si tratta pur sempre di un taglio ad un servizio pubblico), questa può essere vista come giusta e condivisibile per ridurre la spesa e risparmiare in tempo di crisi. Lode dunque al comune che decide di rimanere al buio per risparmiare. Ma non risparmia certo cittadini e automobilisti, vittime di incroci pericolosi al buio e di zone completamente immerse nel nero manto della notte. Una città che si impone questa sorta di masochista e pericoloso coprifuoco notturno è una città morta, senza ombra di dubbio. Un vero peccato, perché c’è chi, forse vagando a tarda ora immerso tra la nebbia padana e l’oscurità opitergina, è stato misticamente abbagliato da una potente luce di speranza. E non si tratta di fenomeni paranormali. Questa luce in fondo al tunnel non è altro che un lampione LED, un banalissimo e
intelligentissimo lampione LED, che da parecchi anni si sta affermando come luce di salvezza per l’illuminazione pubblica: costa poco, consuma poco, illumina di più ma al contempo riesce a ridurre l’inquinamento luminoso. Lo dice anche il commissario alla spending review Cottarelli, che consiglia l’installazione di queste nuove tecnologie al posto dello spegnimento dei lampioni. Oderzo quindi ha intravisto la luce in fondo al tunnel, ma ha preferito imboccare un bivio che non c’era, schiantandosi nel buio e spegnendosi lungo una parete della galleria. Spero solo che lo abbiano filmato, tanto per vedermi il video spettacolare su YouTube. Beh, con tutte le telecamere che l’amministrazione locale sta comprando… Telecamere a infrarossi ovviamente, altrimenti come si farebbe a filmare il buio? Il sindaco eletto facendo una campagna elettorale incentrata sulla sicurezza pensa di rendere Oderzo più sicura spegnendo le luci e accendendo le telecamere. E qua, scusatemi, ma devo parafrasare Lo Stato Sociale: “sarebbe bello bruciassero meno fabbriche e crollassero meno scuole [e spegnessero meno luci] e scippassero più vecchiette” Questa è la triste storia di Oderzo, che come altre mille volte non vuole ascoltare quello che cittadini impegnati e associazioni come i Giovani per Oderzo con le loro proposte vogliono apportare, per tenere vivo un cero di speranza. Ma Oderzo preferisce rimanere al buio. E quindi non è iperbolico il mio epitaffio per la mia cara Opitergium. Si, è proprio morta. Nel frattempo, visto che siamo al buio, godiamoci le stelle. Peccato solo che il cielo ultimamente sia sempre coperto. Non ne va bene proprio una qua!
>>> VICENZA
A scuola in palestra
di Ismael Barci
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ella provincia, il problema più grande riscontrato in queste prime settimane ci è stato segnalato da un membro della Rete degli Studenti Medi di Vicenza che frequenta l’I.S.I.S. A.Parolini a Pove del grappa, un istituto tecnico agrario. In questa scuola infatti, per carenza di spazi, un centinaio di studenti è costretto a seguire le lezioni in palestra, riscontrando molte difficoltà essendo quattro classi in un campo da basket, separate da appendiabiti e carta da pacchi. Un esempio è sicuramente la mancanza della campanella che costringe i professori ad affidarsi agli orologi degli studenti oppure talvolta alla bidella con il fischietto. Tra l’altro, essendoci le classi in palestra, educazione fisica può essere svolta solamente all’esterno, anche nei periodi più freddi del’anno. A ciò si aggiunge l’acustica, grande problema delle palestre. La prossima mossa del preside F.Frigo sarà di sistemare le classi dentro cinque container che verranno sistemati sopra delle piattaforme in cemento costruite a causa del dislivello del terreno. I lavori sono già iniziati e a breve (verso novembre) arriveranno le “nuove strutture” che ospiteranno questi sfortunati studenti. Ma come mai si è arrivati a tanto? Il preside spiega che la prima lettera alla Prefettura per far notare la mancanza di spazi risale al 2012. Comunque, senza aiuti e senza fondi per ampliarsi, questo è l’unico sistema per sistemare tutti gli studenti. Le lamentele ovviamente sono arrivate a frotte, insieme a numerose assemblee e riunioni con i genitori. Con gli studenti bisognerà parlare e tirare fuori nuove idee per costruire insieme un ambiente migliore di quello attuale.
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Il Mancino
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> > > V E RONA
Niente concerto per i 99 Posse
di G. P.
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he cos’è la musica?” Sicuramente la risposta più accreditata è: “La musica è una forma d’arte; un modo come un altro per esprimere il proprio essere artista” ed è vero ma la musica è anche un importante fattore di condivisione che ha da sempre influenzato la società nei diversi secoli e decenni. Sin da prima dei Greci, infatti, la musica ha influenzato le correnti di pensiero e le usanze dei diversi periodi storici ed è stata a sua volta influenzata da essi. Ci siamo mai chiesti di che cosa parla veramente una canzone?! Non molti lo capiscono sempre, quasi nessuno ne vuole comprendere subito a pieno il significato… Le canzoni parlano di tutto e di niente, di divertimento sfrenato e di serate in discoteca a far baldoria fino alle prime ore del mattino, di viaggi sia “on the road” che allucinogeni, di amicizia, d’infanzia, di libertà, di rivoluzione, di gioventù, insomma, di tutto e di più! Ma le canzoni hanno anche un potere ben più grande e concreto: esse possono denunciare ingiustizie, mantenere ben saldi valori vitali per un uomo e cittadino, ricordare o addirittura elogiare qualcuno, far scoppiare ribellioni, diffondere e difendere un ideale e dar vita ad un movimento o, più semplicemente, esprimere un pensiero politico/sociale. Proprio per questo le canzoni, gli artisti e persino i generi musicali che ascolta una persona contribuiscono a delinearne anche l’orientamento politico. Da decenni, generazione dopo generazione, gli artisti esprimono la propria opinione e il proprio pensiero, anche in modo piuttosto marcato, attraverso le canzoni con le quali riescono a comunicare al pubblico le proprie emozioni, specialmente se il lavoro è fatto bene. Riguardo all’esprimere il proprio pensiero politico, in modo alquanto marcato, esplicito e spesso provocatorio, ne sanno parecchio i 99 Posse (band rap napoletana da anni sulla breccia nel panorama musicale del nostro Paese e riconosciuto principalmente da un’area giovanile di sinistra) spesso in polemica per i propri ideali che, non manca mai di esplicitare. Ora, in un paese democratico dove vige la libertà di pensiero e d’espressione, un artista o una band dovrebbe potersi ritenere libera (ed esserlo di fatto) di esprimere il proprio pensiero ovun-
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que, in qualunque città e in qualsiasi modo! Non sempre, pero, questo principio ottiene la dovuta considerazione… A Verona infatti, in seguito ad alcune dichiarazioni che hanno alimentato un clima di tensione insostenibile, l’organizzazione di Vrban Ecofestival ha ritirato la richiesta di partecipazione all’evento inviata solo una settimana prima ai 99 Posse (gruppo che ha sempre dimostrato una grande sensibilità nei confronti dell’ambiente e della sostenibilità) annullando così il concerto della band previsto per lo scorso 4 settembre ai Bastioni di Santo Spirito. L’annunciata presenza della band rap napoletana dichiaratamente antifascista aveva infatti provocato l’insorgere dell’estrema destra scaligera e non sono mancate le dichiarazioni di alcuni esponenti. L’ex consigliere e presidente dell’AMIA (nonché ex componente della band di estrema destra “Gesta Bellica”) Andra Miglioranzi, dopo aver ritirato la sponsorizzazione del festival, ha dichiarato: “L’amia si occuperà della raccolta rifiuti, ma non è tenuta a dare sponsor all’iniziativa”. Fanno poi eco anche le dichiarazioni di Marcello Ruffo, consigliere della lista Tosi in terza circoscrizione ed esponente di CasaPound: “Ho sempre sostenuto l’Urban Ecofestival, ma ho appreso che è prevista la presenza dei 99 Posse. Sono stupito e totalmente contrario; coinvolgere un gruppo militante di estrema sinistra, che nelle proprie canzoni istiga all’omicidio e alla violenza fisica nei confronti di chi considera i propri nemici, è una provocazione del tutto estranea allo spirito dell’EcoFestival. Gli stessi che dai loro palchi invitano a chiudere le sedi di CasaPound con il fuoco e cantano se vedi un punto nero spara a vista: o è un prete o è un fascista non meritano di esibirsi all’Eecofestival” e di alcuni coordinatori di Forza Nuova e del movimento Christus Rex: “Lo squallido intento, neanche tanto velato, di voler trasformare una festa di tutti, sfruttando sani valori come l’ecologia e la sostenibilità ambientale, in una triste e nefasta festa di estrema sinistra, è molto grave e ci richiama inevitabilmente ad una consona mobilitazione. La sezione veronese di Forza Nuova si ritiene dunque legittimata a presidiare le zone limitrofe a tale festival per tutta la durata dello stesso, al fine di evitare che bande rosse provenienti da fuori città possano turbare i citta-
dini ed esibirsi in atti vandalici.”. Non si è fatta attendere nemmeno la dichiarazione del sindaco Flavio Tosi che afferma: «io sono liberale e come il Comune ha dato gratis l’Arena alla manifestazione con padre Alex Zanotelli, anche se non la pensa come me, sono doppiamente convinto che esso debba concedere la possibilità a tutti di esprimere le proprie idee». Perciò, conclude Tosi, «ho invitato gli organizzatori di Vrban a mantenere il concerto dei 99 Posse. Chi vorrà andarci ci andrà e chi non vorrà non ci andrà. E pazienza se ci sarà un po’ di polemica politica. Ma sia chiaro: io non condivido nulla delle idee e dei testi dei 99 Posse». Sin dalle prime voci sul ritiro dell’invito ai 99 Posse in molti si sono proposti alla band come alternativa all’ecofestival tra i quali anche il segretario provinciale di Rifondazione Comunista Fiorenzo Fasoli. Quest’ultimo aveva infatti invitato il gruppo alla Festa in Rosso, tenutasi dal 4 settembre in poi, a Quinzano dove a fine serata sono stati riscontrati evidenti atti vandalici (bandiere bruciate e manifesti strappati) segno palese di una pesante intolleranza politica. E mentre i 99 posse, con numerosi e acidi tweet e post, si chiedono chi “comandi” a Verona il segretario provinciale di R.c. si interroga su come sia “possibile che sia la destra più o meno radicale a decidere cosa si può ascoltare in città. Come è possibile che sia un ex esponente di “Gesta Bellica” a dare lezioni di non violenza? Che CasaPound stabilisca chi può uscire la sera?”. Quando, il 15 maggio 2013, Damiano Fermo (giovane esponente del Pd) chiese lumi sulla presenza, tra i vari artisti che si sono esibiti sul palco dell’Arena di Verona in occasione delle celebrazioni per i 110 anni dell’associazione Hellas Verona, di due gruppi musicali (Sumbu Brothers e i 1903 considerati legati all’estrema destra veronese i cui testi di talune canzoni sono di dubbio rispetto costituzionale) il primo cittadino Tosi rispose così: «Il Comune non è l’organizzatore diretto e, per nostra formazione mentale, non ci siamo posti il problema dell’appartenenza politica degli artisti anche se è notorio che alcuni sono di destra e altri di sinistra» definendo poi la richiesta di Fermo una «Disputa sterile». Verona viene quindi “prudentemente negata” a chi inneggia verbalmente alla violenza ma lasciata nel clima di terrore causato dalle minacce di chi spesso, in passato, non ha perso tempo riempiendosi la bocca di valori in cui non crede (pace, antiviolenza, tolleranza) ed è invece passato direttamente ai fatti con tragiche, indesiderate conseguenze. Come diceva chi di musica, parole e rivoluzione davvero se ne intendeva… “per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti”.
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Libretto scolastico Speedy Pollo di Laura Gerace
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e emozioni che si provano il primo giorno di scuola sono varie: c’è chi è agitato, chi vorrebbe tornare alle amate vacanze e chi, al contrario, non vede l’ora di ricominciare. Per gli studenti del Fracastoro, quest’anno, l’emozione più diffusa era una: stupore. A cosa è stato dovuto? Semplice, alla particolarità dei libretti scolastici i quali, sul retro, presentavano lo sponsor “Speedy pollo” con tanto di pubblicità di uno snack. Se l’immagine di un pollo su un libretto scolastico può, in un primo momento, far sorridere, il perché della sua presenza non è altrettanto divertente: si pensi che per la stampa stessa dei libretti sono richiesti dai 200 ai 300 euro a copia, aggiungendo i fondi necessari per l’attrezzatura e la cancelleria e tenendo anche conto di eventuali imprevisti, non è difficile capire che per la gestione di una scuola servono soldi ma questi, purtroppo, mancano. L’idea è nata dalla proposta di un genitore che lavora in quella ditta ed è stata ben accolta dalle famiglie alle quali è stato garantito un risparmio: <<Non c’è stata alcuna obiezione in consiglio d’istituto>> afferma il preside dell’istituto Fracastoro Tiziano Albrigi che, utilizzando l’escamotage dello sponsor, è riuscito ad abbassare i costi del contributo volontario di ben 30 euro e a ripagare metà dei costi di stampa. Tutto ciò potrebbe sembrare positivo ma la domanda sorge spontanea: è normale che la scuola italiana sia costretta a ricorrere a degli sponsor per avere il denaro necessario a far fronte alle spese scolastiche? Noi della Rete degli studenti medi di Verona rispondiamo “no”, non è né normale né giusto. È essenziale infatti che la scuola faccia capire agli studenti italiani che loro sono il futuro del nostro Paese e che proprio i giovani possono fare la differenza e cambiare la situazione attuale dell’Italia, tutto ciò deve essere fatto sia attraverso l’insegnamento, sia tramite il sostegno della classe politica ma, guardando la scuola com’è oggi, l’immagine che essa riflette -partendo dalle cose più piccole come l’arredamento antiquato, alle cose più importanti come la
qualità dei servizi e le norme di sicurezza non rispettate- non può che essere di abbandono e di completo disinteresse. Come può questo motivare i ragazzi a credere nel futuro? In questi giorni il governo ha preso l’impegno di raccogliere le opinioni degli studenti sulla scuola per cambiarla e migliorarla, uno dei modi per far si che ciò avvenga è dare alla scuola l’importanza che merita dicendo no ai tagli alla pubblica istruzione e anzi, aumentando i fondi delle scuole perché ciò significherebbe investire sui giovani, ovvero sul futuro del nostro Paese , in modo tale che essi possano formarsi in luoghi dignitosi, ricevendo il rispetto che meritano affinché sentano di essere la risorsa importante e fondamentale dell’Italia, quale sono.
> > > C ON E G L IA NO
Acqua, malta e ghiaia
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di Federico Toffoli cqua, malta e ghiaia e … cemento! Basta poco alla fine e proprio perché ci vuole poco e si guadagna tanto, il cemento ha davvero spopolato, più delle magliette di Che Guevara. Lo vediamo nelle città come Mestre, Padova o ancora Verona ma anche nei comuni più piccoli come Conegliano, in provincia di Treviso. Colate di cemento che ricoprono “là dove
c’era l’erba” per fare che poi? Centri commerciali e ipermercati. Il cemento in sé non mi sta antipatico, in fondo serve a costruire ripari solidi e fin lì… eppure quando lo vedo spalmare come della marmellata su dei muri di mattoni mi intristisco e mi chiedo: ma servirà davvero? Per fare esempi concreti, nell’era dove imperversano le grandi promesse, attualmente, nel quartiere dove vivo, ci sono ben 3 supermercati raggiungibilissimi in bici e 2 a pochi minuti di macchina. Ora, su un’area da tempo abbandonata si è pensato di fare cosa? Ma un supermercato ovviamente, con annesso parcheggio, s’intende... vorreste far a meno di mostrare il vostro nuovo SUV? Eppure fa così tristezza che l’unica offerta di questa città, di questo tempo se vogliamo, sia lo spendere in cibo e vestiti. L’attrazione che forse interessa di più i visitatori di Conegliano è il centro commerciale Coné (nome sulla cui fantasia non intendo spendere parole). Il non luogo per eccellenza come direbbero gli antropologi, dove tutti, ma in fondo nessuno, s’incontrano per comprare e non per vivere. Nulla contro i centri commerciali in sé, per carità, ma per l’uso che se ne fa. Quando io vado lì, compro la cosa, il libro, la mela, la carne in offerta o ancora il paio di pantaloni e basta; non passo il mio tempo passeggiando tra quattro grandi mura. Ma c’è chi si diverte così e lo fa. Non manca chi si diverte ad andare al bar, unica attrattiva vera della città, a sorseggiare calici di stelle ormai cadute e scambiarsi commenti sulle stesse cose, sempre sugli stessi argomenti e sempre sulle stesse persone. I cantieri mi portano sempre alla mente la città Maurilla, dal libro “Le città invisibili” di Italo Calvino, che da piccola e provinciale che era, diventa una grande città ricca di ipermercati. I suoi abitanti ricordano la vecchia Maurilla nelle cartoline; non era bella quella Maurilla ma era la città che vivevano e che loro amavano. Ecco, la storia di Maurilla è la storia delle nostre città. Non voglio fare il nostalgico abitante di Maurilla, ma siamo sicuri che siamo pronti per abbandonare l’incontro con l’altro, l’incontro con le altre persone, l’incontro con il diverso? Forse no, in fondo l’uomo non cambia nel tempo. Ma se le città vengono invase da questi non luoghi mi chiedo dove possa avvenire questo incontro. Forse tra un negozio e l’altro. O forse no, si perderebbe tempo. E allora, sempre per citare Calvino, vogliamo far parte dell’inferno, e abbandonarci alla filosofia del supermercato, oppure vogliamo uscire dal fuoco e non accettare la dura realtà cercando ancora l’altro? A noi, o meglio, a voi la scelta.
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> > > V E N E Z IA
>>> ROVIGO
Mostra del cinema, Meno arte così si salva Venezia per tutti,
di Marco Aliano
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bbiamo concluso il precedente anno scolastico con lo “Scandalo Mose”, e ora stiamo cominciando quello nuovo reduci dalla 71esima Mostra del Cinema di Venezia. Una spinta per iniziare a credere nella rinascita di Venezia? Quel che è certo è che la Mostra, palcoscenico internazionale di Venezia, è stata emblematica nel descrivere la nostra situazione. Parlare di Mostra del Cinema e non parlare di Italia sarebbe come parlare di Dante senza il Medioevo. Celebrata nell’isola del Lido, tra la costruzione della nuova sala d’Arsena e la presenza ancora del “buco” ricoperto di sacchi bianchi, simbolo di promesse mancate e speculazione edilizia, è riuscita a ritrarre perfettamente le due anime dell’Italia di oggi. L’italia che muore e quella che rinasce, l’Italia che investe in cultura e guarda al futuro, e l’Italia che non riesce a dimenticare il “buco”. Chi vincerà? Qual è il futuro del nostro Paese? Sono le domande di sfida che ci poniamo all’inizio di quest’anno anche noi studenti. Quel che è certo è che la Mostra ha dimostrato di essere ancora uno dei più importanti Festival di Cinema internazionali. Ha saputo dare spazio alle Star come ai nuovi emergenti. Ha saputo coniugare le diverse realtà del cinema attuale. Ampio spazio anche per il sopravissuto buon cinema italiano, che è stato ancora capace di regalarci un ampio quadro dell’Italia e a farci riflettere come il precedente vincitore dell’oscar “La grande Bellezza”. Molti documentari sulle trattative “Stato-mafia”,Berlusconi etc… , ma anche su Pasolini e Leopardi anime paterne della cultura italiana. Una ricerca della verità sulla storia del nostro Paese, o meglio una ricerca della nostra identità. Ancora una volta l’Italia di fronte a queste domande: Cosa dimenticare? Cosa ricordare? Come andare avanti? Un grazie a Sabina Guzzanti e Abel Ferrara per aver saputo utilizzare il potente mezzo di massa del cinema per farci riflettere. Una caratteristica del cinema da sfruttare, soprattutto in un Paese povero di dibattito e riflessioni. Un’altra
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novità del nostro cinema è stato il documentario “Io sto con la sposa”, un “istant movie” sulla fuga clandestina da Lampedua alla Svezia dei tre autori con tre palestinesi e due siriani a fonte della guerra siriana. Finanziato dal basso da una campagna crowdfunding è il simbolo di un cinema coraggioso, che non ha paura di mostrare la verità a costo di rischiare la propria libertà personale. Un incoraggiamento al cinema indipendente, di auto-produzione, fenomeno sempre più frequente, anima di un cinema innovativo e libero, non soggetto a format e a target commerciali. Non solo il cinema italiano è teatro di documentarismo e cinema indipendente. Anche quello statunitense e orientale si cimenta in rielaborazioni o documentari sulle guerre orientali e le loro conseguenze. Vale sempre di più l’equazione cinema indipendente uguale ad artisti emergenti e nuovi spunti di riflessione. In generale un bel Festival sintomatico di un cinema che sta crescendo oltre al solito commerciale standardizzato. Venezia ha saputo ancora una volta sorprendere. Una speranza, come già detto, anche per l’Italia e noi giovani, perché come sarà lo slogan del cineforum di quest’anno: “Il cinema parla di noi”.
l’accademia chiude
di Jacopo Zambello
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a riapertura dell’Accademia dei Concordi è una tra le novità che accompagnano l’inizio di quest’anno scolastico. Nonostante la notizia in sé sia senz’altro positiva, la questione del come si sia potuti arrivare poche settimane fa alla sua chiusura, merita attenzione e il dovuto approfondimento degli atti che ne regolano lo statuto e di conseguenza la fruizione da parte della cittadinanza. L’Accademia dei Concordi è un libero istituto di scienze anche sociali, lettere e arti ed ha come obiettivo il promuovere la cultura nel territorio rodigino. In data 10 gennaio 1836, venne ufficializzato il “Contratto Abate Gnocchi”, che rimane a tutt’oggi alla base dei rapporti tra il Municipio e l’Accademia. L’articolo 20 dell’accordo stabilisce che, sia la biblioteca, che la pinacoteca (legata all’Accademia dal verbale del 17 Ottobre 1833), devono essere aperte al pubblico; il tutto è confermato dall’articolo 1 dello statuto dell’Accademia, che dichiara che l’apertura dell’Accademia e della pinacoteca è obbligatoria e ineludibile. La chiusura della biblioteca risalente allo scorso luglio è quindi assolutamente illegittima e non sarebbe mai dovuta avvenire. Un altro passaggio rilevante del “Contratto Abate Gnocchi”, dichiara che il Municipio verserà la metà esatta del bilancio annuo della biblioteca; ciò è ripetuto anche dal decreto legislativo n.267 del 18 Agosto 2000. Il problema insito in questo articolo, consiste nella variabilità della percentuale di bilancio; ne consegue che il Comune può versare un anno 100.000€ e 300.000€ quello successivo. Ciò che, infatti, ha provocato la chiusura dell’Accademia è stato un buco nel bilancio di 372,000€, causato dal mancato versamento della quota del Comune. Nemmeno l’Accademia, tuttavia, sembra essere esente da ogni colpa.
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La maggior parte dei finanziamenti che ne sostengono l’attività si basa sui fondi erogati dal Comune, mentre l’apertura a coinvolgere finanziatori privati rimane, di fatto, largamente trascurata. L’attivarsi in tal senso, alleggerirebbe senza dubbio gli oneri spettanti al Comune e di conseguenza il peso delle sue delibere sulle sorti dell’Accademia. Il punto focale dell’intera questione rimane quindi, ancora, lo stato di precarietà in
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cui versa la biblioteca, che pur avendo finalmente ricevuto i soldi dal Comune (per obbligo del decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Rovigo il 4 Luglio 2014), non ha un futuro solido e sicuro in cui sperare. E’ evidente come sia inaccettabile che una città come Rovigo, già pesantemente oppressa dalla crisi, si veda oltretutto privata del punto più focale della sua cultura. Il dissenso generale e l’indignazione della cittadinanza si sono concretizzati nel par-
>>> BELLUNO
Bullismo, ragazzo cambia scuola
di Francesca Segat
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opo aver sopportato le angherie di alcuni compagni, uno studente sedicenne dell’Istituto Calvi di Belluno é stato costretto a trasferirsi con la famiglia e cambiare scuola. Tutto ciò é emerso solamente il giugno scorso quando il video delle persecuzioni é finito nelle mani del preside, il quale ha convocato i genitori del ragazzo. Basiti, hanno scoperto che quegli atteggiamenti scontrosi, quelle percosse, quelle derisioni erano state considerate come uno scherzo tra amici. Racconta l’avvocato Roberta Resenterra che rappresenta la famiglia: “Erano mesi che questi fatti accadevano, da marzo di quest’anno ma forse anche dall’ottobre precedente. Alcune studentesse, compagne di scuola, scon-
volte da quello che succedeva nelle pause tra un’ora e l’altra quando nelle classi non ci sono insegnanti, avevano avvertito i docenti di quanto stava accadendo”. I genitori dunque hanno denunciato l’intero Istituto che nonostante le soffiate ed i sospetti di alcuni studenti che si erano accorti in qualche modo, di ciò che accadeva al povero ragazzo, non ha preso alcun provvedimento. Questa situazione allucinante vissuta dal ragazzo e dalla sua famiglia é finita con una denuncia per stalking presentata alla Procura di Venezia che si occupa di minori. Ciò che ha fatto ancor di più allarmare i genitori del ragazzo, é stata la scoperta di altre vicende di bullismo accadute in quella scuola, i cui responsabili sono sempre gli stessi due ragazzi che se la sono presa
tecipatissimo flash mob tenutosi davanti all’Accademia nel pomeriggio dello scorso 7 luglio. Anche per questo, a conclusione di questo contributo, invito te, lettore, a riflettere sulla gravità del deficit socio-culturale che si verrebbe a creare con la chiusura definitiva di un importante centro di scambio, divulgazione e libera fruizione del sapere, che riguarda non solo il capoluogo, ma di riflesso tutta provincia.
con il figlio. Dunque la denuncia riguarda studenti, insegnanti, collaboratori e preside, i quali non hanno preso provvedimenti disciplinari o meno, e non hanno prevenuto questi barbari comportamenti che ai giorni nostri non dovrebbero più verificarsi. “Nell’istituto è previsto un corso di zumba ma nessun progetto o protocollo di intesa relativo al problema del disagio giovanile, con particolare riferimento al bullismo. E gli esempi di protocolli e di documenti da seguire o semplicemente da copiare sono numerosissimi”. E questo ciò che troppo spesso accade, e l’Istituto Calvi non é il solo in cui ci sono corsi extra-scolastici relativi a sport, danza e musica, ma non a disagi sociali-adolescenziali come bullismo, anoressia, autolesionismo. Seguendo perciò le orme di questi genitori, si può delineare come nella provincia di Belluno ci sia la mancanza di informazione riguardo a questi problemi. Sarebbe bastata un po’ più di prevenzione e chissà, magari il ragazzo ora sarebbe seduto al suo banco, circondato ancora dai suoi amici.
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> > > PA D O VA
Il ruolo dell’artista nella società
di Sara Mazzarotto
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all’elezione dell’8 giugno, la giunta leghista del sindaco Massimo Bitonci con Maurizio Saia, assessore alla sicurezza, porta avanti la campagna contro il degrado della città. Tra le ordinanze pubblicate il 15 settembre, alcune ci fanno sorridere perché sfociano nel ridicolo, come il divieto di cogliere fiori dalle aiuole pubbliche o quello di stendere il bucato nella propria terrazza entro le mura cinquecentesche. Altre, come il divieto di festeggiare le lauree con la goliardica usanza della lettura del papiro e del lancio di uova e farina, sembra mirino all’eliminazione di una tradizione che Padova è l’unica città italiana a portare avanti da secoli. Altre ancora, invece, sembrano avere come chiaro obiettivo quello di limitare in modo sostanziale la libertà dei cittadini: divieto di consumare alcool al di fuori del bar e del loro plateatico, di sedersi per terra e sui monumenti, di vestirsi in modo che vada contro il comune senso del pudore (questione strettamente soggettiva). In particolare, verrà preso il provvedimento di rendere off-limits alcune aree del centro storico agli artisti di strada. Padova, dal 29 settembre, data della votazione in consiglio comunale del nuovo regolamento di polizia municipale, si trasformerà, per usare le parole di un servizio del Tg3, da città normale a città dei no. Alle accuse ed alle numerose mobilitazioni spontanee (sit-in, flash-mob, assemblee pubbliche) il neosindaco dà risposte del tipo: “Sto solo prendendo a modello regolamenti vigenti già in altre città come Vicenza e Verona”, o “Ma che divieti, queste sono solo regole per garantire la sicurezza”. Chi è l’artista? Fondamentalmente, è un’anima creativa che trascorre la maggior parte della propria vita in aula a studiare brani e tecnica musicali, a comporre, o in laboratorio ad
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esercitarsi su tele e sculture. Per questo, in un preciso punto del proprio percorso, per ogni artista scatta la necessità impellente di condividere con qualcuno l’agognato elaborato, di far sì che la gente vi partecipi, per una questione di soddisfazione personale, di sensazione di completezza e di raggiungimento di uno scopo. Il
momento è prevedibile perché studiando ci si rende conto del progresso che si fa e anche di quali sono i propri limiti, di qual è il massimo che in quelle date circostanze si riesce a dare. L’artista trae ispirazione anche nel notare le reazioni sui volti delle persone alla vista della sua opera: quelle espressioni che non possono che essere sincere. È inoltre psicologicamente preparato alle critiche, che il vero artista addirittura tende a ricercare per migliorare. Cosa conduce l’artista a scegliere di suo-
nare per strada? Come nel mondo del lavoro in campo non artistico, le possibilità di avviare un’attività che produca profitto scarseggiano. Forse, l’unica differenza sta nel fatto che in campo artistico almeno si ha l’esperienza! Perché fare arte significa già di per sé sperimentare; non è come iniziare da zero un nuovo impiego. Si fanno anni di gavetta in orchestra per il puro piacere di suonare insieme e per la necessità di crearsi un curriculum vario. Purtroppo, però, anche nel mondo dell’arte la meritocrazia a volte passa in secondo piano: se si hanno gli agganci giusti è più facile allestire la propria mostra fotografica con ingresso a pagamento, o riuscire a suonare da solisti con un’orchestra, che non partecipare a concorsi di cui la commissione ha già chiaro l’esito prima di iniziare a valutare, illudendosi di ottenere sbocchi professionali. Capiamo come il mondo dell’arte veda uno scenario sì di sentimento ma anche di competizione, sì di gioia ma anche di frustrazione, di fatiche, di illusioni, di sogni da portare avanti a denti stretti, sì divertendosi ma anche facendo molti sacrifici. Capiamo come sia difficile entrare nel giro degli artisti che recitano, suonano e dipingono per professione, retribuiti. È proprio per questo che alcuni artisti, anche se non tutti, vedono la strada come unico palco a loro accessibile. Esistono infatti tre tipologie di artisti che scelgono di esibirsi per strada: quelle persone che in strada hanno sempre vissuto e che per vivere si sono scoperte artisti; quegli artisti che si sentono pronti per esibirsi ma non hanno spazi in cui farlo; e quegli artisti che l’arte, oltre ad avere l’opportunità e la fortuna di professarla, sono così generosi da volerla rendere accessibile a tutti i passanti, senza prenotazione né biglietto. Ora, anche solo pensare di limitare gli spazi alla libera espressione di una di queste tre categorie suona come privazione di un diritto nei confronti innanzitutto di noi cittadini, che siamo abituati a vivere la città in modo dinamico e vivace, ma soprattutto nei confronti della città stessa, che fino ad ora è stata “normale” e può andare orgogliosa degli artisti che incontra nei propri angoli che grazie a loro diventano sorprendentemente musicali, colorati, danzanti e giocosi.
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>>> TREVISO
Tra crepe e palestre inagibili
di Rachele Scarpa
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agazzi, da quest’anno faremo lezione di ginnastica nella palestra delle piscine comunali, non più nella nostra: è stata dichiarata inagibile”. Questa è la frase che i ragazzi che frequentano il Liceo Canova di Treviso, nella sede staccata di Ca’ del Galletto, hanno udito fin dal primo giorno di lezioni. Alla fine dello scorso anno scolastico, in seguito alle numerose segnalazioni degli insegnanti riguardo a una crepa sul soffitto, si sono finalmente effettuati i controlli che probabilmente mancavano da anni. Con, come risultato, una palestra dichiarata inagibile. Provincia e istituto scolastico a questo punto hanno trovato un compromesso: la scuola concederà alla provincia i dovuti tempi per il reperimento dei fondi e la ristrutturazione in cambio della possibilità di usufruire della palestra delle piscine comunali, a dieci minuti di camminata dalla sede. Gli insegnanti si
dichiarano soddisfatti: le palestre delle piscine comunali sono a norma, attrezzate e nuove, perfette per provare qualsiasi disciplina sportiva. La vecchia palestra, usata fino all’anno scorso, presentava invece un ulteriore problema: due colonne poste esattamente al centro della stanza, a ostacolare qualsiasi tipo di attività. Pur apprezzando l’idea di spostare l’ora di ginnastica in un luogo più attrezzato, le mie perplessità sono quelle di sempre: serviva davvero un intervento di segnalazione degli stessi professori, per accorgersi del problema? Gli studenti da anni affrontano e protestano contro questo tipo di disagi. Se il soffitto non avesse presentato quella crepa, gli studenti avrebbero continuato a fare lezione di ginnastica in un ambiente che non si prestava per niente a un pieno adempimento dell’offerta formativa? Certo che si. Come possiamo chiedere e pensare una didattica nuova, se tra noi e il nostro traguardo continuano
Il “pollaio” e i lavori il primo giorno
di Lorenzo Boz
C
omunemente noto ai noi giovani della città come il “Pollaio”, la succursale del Duca degli Abruzzi, scuola più numerosa della provincia di Treviso (conta infatti 1829 studenti), presenta ormai da anni problemi strutturali ai quali si è cercato di porre rimedio attraverso discussioni con gli studenti e vari progetti di riqualificazione edilizia, per poi arrivare a incontri in Provincia e in Comune. Tutti queste iniziative, però, non hanno portato ad alcun miglioramento della situazione per gli studenti, gli insegnanti e tutto il personale ATA, che si trovano d’accordo nell’affermare che la situazione è addirittura peggiorata con l’arrivo nelle nuove classi prime.
Secondo il d.P.R. N 81 del 20 marzo 2009, devono essere garantiti almeno 1,96 metri quadri netti per studente in ogni classe, in caso contrario, gli studenti hanno diritto a non fare lezione. Ebbene nella nostra succursale la legge è stata violata e la Provincia di Treviso non ha fatto praticamente nulla per ovviare al problema, ignorando le molte sollecitazioni fornite dagli studenti nel corso degli anni. La delusione degli studenti, me compreso, fatto il loro ingresso nell’aula in cui dovranno trascorrere molte ore della loro giornata per i prossimi nove mesi è un chiaro segno che il problema è realmente sentito da tutti e che è il momento di essere ascoltati, per trovare una soluzione definitiva ed efficace. Inoltre, il secondo giorno di scuola, sono stati avvertiti forti rumori dovuti alla
a frapporsi ostacoli inerenti all’edilizia (in questo caso, colonne)? Questo non è un problema che si riscontra solo nelle ore di ginnastica: nell’ottica di un completo ripensamento dell’ora di lezione (nella quale lo studente dovrebbe essere stimolato a partecipare, a risolvere problemi, a trovare lui stesso le fonti e le informazioni che deve assimilare) gli ambienti della classe e dei laboratori non solo devono essere a norma, ma devono anche prestarsi all’utilizzo di nuovi metodi e tecnologie e essere degli ambienti accoglienti. Oltre che funzionale, la scuola ideale deve essere bella: un’atmosfera piacevole, creata da un’ambiente aperto e colorato, è anch’essa strumento per un apprendimento efficace. Spesso è troppo sottovalutato il peso che gli spazi di vita possono avere sul nostro umore e sul nostro rendimento. La provincia tuttavia da anni non sembra recepire i numerosi segnali che le lanciamo: registriamo da parte delle istituzioni una quasi completa sordità, nonostante il Canova non sia assolutamente l’unica scuola con questo tipo di problematiche. L’edilizia non potrà che essere, per l’ennesimo anno (purtroppo), uno dei fulcri delle nostre rivendicazioni. Ormai è da anni che siamo convinti di dover in maniera definitiva passare alle proposte, ma prima pretendiamo che ce ne vengano date le possibilità. risistemazione di un’aula dell’istituto, che hanno danneggiato le lezioni che si svolgevano nelle aule vicine. Questo testimonia le carenze nell’organizzazione interna della nostra scuola, che troppo spesso demoralizzano noi studenti e non ci permettono quindi di vivere la scuola in modo piacevole e sereno come dovrebbe essere. Non possiamo negare che apprezziamo i passi che il Governo Renzi sta facendo verso gli studenti con l’emanazione del Patto Educativo, la conseguente apertura della consultazione degli studenti in vista della nuova riforma della scuola e lo stanziamento di 2 miliardi di euro per l’edilizia scolastica, ma non possiamo dire altrettanto per quanto riguarda le Istituzioni provinciali, che si sono rivelate sorde di fronte alle nostre richieste. Non possiamo rischiare di trovarci di fronte a ulteriori tragedie per arrivare a un cambiamento, ecco perché continueremo ad insistere per riaprire un tavolo in Provincia sull’edilizia scolastica. Ci aggiorniamo a breve, spero, con nuovi sviluppi.
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Il Mancino
Ottobre 2014 - N.0
L’OROSCOPO DELLO STUDENTE
Ariete 21/03 - 20/04 Questo è un mese confusionario per voi nati sotto al segno dell’Ariete. L’opposizione di Venere giocherà brutti scherzi alla vostra serenità nelle relazioni, ma Marte vi rende intraprendenti. Non fatevi distrarre e concentratevi sulla scuola, altrimenti rischierete che il vostro problema sentimentale non sia la bionda del terzo banco che non vi si fila, ma la prof. di matematica che vi si fila pure troppo!
Chissà mai che ad uno di questi incontri non troviate anche delle nuove persone interessanti…
Toro 21/04 - 20/05 Questo potrebbe essere un mese tranquillo per voi, la sinergia dei pianeti lo conferma, se non fosse per quel professore che ha proprio deciso di prendervi di mira e farvi piovere 4 nel registro come se non ci fosse un domani. Attenti a non farvi mettere i piedi in testa! (si consiglia lettura dell’Articolo 2.4 dello Statuto degli Studenti e delle Studentesse)
Vergine 23/08 - 22/09 Per voi sarà un mese equilibrato e tranquillo. Forse troppo. Movimentate un po’ le cose, soprattutto a scuola. Non arrendetevi alla solita noia, provate magari a cominciare una discussione in classe e creare un dibattito. Che poi, pure coi professori ci fate un figurone.
Gemelli 21/05 - 21/06 Questo mese Marte è in opposizione, vi mancano energia ed intraprendenza. Perché non movimentate un po’ la situazione con qualcosa di nuovo? Stare sui banchi tutta la mattina ti sfibra? Prova a proporre ai tuoi insegnanti di guardare qualche video o utilizzare materiale multimediale, sicuramente ridurrai le ore di sonno sui banchi! Cancro 22/06 - 22/07 Venere e mercurio vi fanno penare, siete pieni di dubbi e vi chiedete che fare dopo la scuola. Mi raccomando, cercate iniziative di formazione, orientamento universitario e orientamento lavorativo. E se non ci sono nella vostra scuola provate ad organizzarle.
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Leone 23/07 - 22/08 Dopo il 10 ottobre partirete alla grande! Avrete energie e volontà, sarete carichi e intraprenderete delle nuove esperienze. Se quest’anno la vostra vocazione è la rappresentanza in questo periodo saprete attuarla al meglio, con costanza e precisione.
Bilancia 23/09 - 23/10 Anche voi come il Leone avrete un grande sprint dopo il 10 ottobre. Grandi performance in interrogazioni e verifiche, ma occhio a non rischiare nella condotta ad essere troppo esuberanti! (si consiglia lettura dell’Articolo 4 dello Statuto degli Studenti e delle Studentesse) Scorpione 24/10 - 21/11 I pianeti del dodicesimo settore vi riportano coi piedi per terra, ed è così che vi accorgete che siamo già ad ottobre e non avete i libri di scuola. Comprarli nuovi vi toglierà molte risorse per uscire con gli amici, ma per trovarli ad un prezzo agevole è troppo tardi. Dai, forza, provaci per quest’anno altrimenti il prossimo, magari, un mercatino organizzalo tu a scuola.
Sagittario 22/11 - 21/12 Un sacco di pianeti sono a vostro favore, però il sole proprio non vi piace. La mattina vi alzate tardi e sistematicamente perdete l’ultimo bus arrivando tardi a lezione e beccandovi la ramanzina. Certo potete anche coordinarvi meglio con la sveglia, ma lo sappiamo che il sistema dei trasporti non ci verrà certo incontro. Capricorno 22/12 - 20/01 Questo mese i Bilancia con la loro grande energia vi oscureranno e sarà difficile per voi stare al loro passo, soprattutto a scuola. Magari evitate di farci la guerra, chiedetegli piuttosto se vi dà qualche ripetizione o incentivate dei lavori di gruppo e dei gruppi studio per non lasciare indietro nessuno. Acquario 21/01 - 19/02 Finalmente freschi e riposati, per un po’. Vi siete ripresi un po’ in ritardo dall’estate e ora vi mettete in moto per affrontare quest’anno di scuola. Aprite gli occhi e vi accorgete che qualcosa non va e la vostra scuola un po’ vi delude, ma cosa? (si consiglia la lettura dell’Articolo 2.8 dello Statuto degli Studenti e delle Studentesse) Pesci 20/02 - 20/03 Confusionari, come sempre. Anche i pianeti vi terranno un po’ sulle nuvole, e proprio questo vi sarà d’aiuto. Forse non sarete ligi e rigorosi nello studio, ma sarete pieni di idee e proposte nuove con cui animare le lezioni e i pomeriggi nelle vostre scuole.
Ottobre 2014 - N.0
Il Mancino
il meglio di
ITACA
(Kostantino Kavafis)
Papa Francesco è arrivato a Tirana. Chissà che corso di laurea ha scelto. Il Papa abbraccia un sacerdote vittima di torture. “Piano oh!” Finalmente la Scozia ha avuto il suo referendum. Hanno usato il retro delle schede del divorzio. Gli scozzesi hanno votato NO alla domanda “Should Scotland be an independent country?”. Che in italiano suonerebbe “Sei favorevole all’abrogazione dell’art. 87236/53A che regolamenta i limiti della sovranità dei territori a nord del Vallo di Adriano?” Il referendum nasce da profonde cause sociali, storiche e politiche. “Non ce ne fotte un cazzo del Royal Baby!” Con il vaccino sviluppato in Italia si ottiene l’immunità all’ebola per dieci mesi. Poi subentra la prescrizione. Ladro usa una banana per rapinare un negozio. Poi si lamentano se i carabinieri scivolano. Abruzzo, ucciso un altro orso con una fucilata alle spalle. Addio tappeto. La biglietteria della stazione di Ostia chiusa per topi. Rispetto agli ospedali la normativa è più severa. Il gip di Torino dispone il sequestro delle attrezzature scientifiche di Stamina. Cioè la collezione completa di Esplorando il corpo umano.
Agenzia di collocamento tedesca arriva in Puglia. Presto, nascondetevi! Lotta al virus ebola, Obama invia tremila soldati in Africa. Punta al Nobel per la medicina. L’iPhone 6 si piega se tenuto in tasca. Sotto accusa il creatore del culo. Dopo quello britannico, l’Isis decapita anche l’ostaggio francese. Ora si dovrebbe ridere con quello italiano. La Bertè avrebbe cenato accanto a Bin Laden. “Ripeti un po’ quella cosa del volo a planare”. Il sindaco di Pomezia vieta di parlare con le prostitute. Ora ha le strade piene di mimi. I figli nati dalla generazione Erasmus sarebbero un milione. Il problema è farseli convalidare. Paolo Bonolis: “Ho provato l’Lsd”. Qualcuno gli dica che il cane parlante rosa era un pupazzo. La Fao assicura: “La fame nel mondo si dimezzerà entro il 2015?. Nel frattempo si potrebbe avere qualche grissino? Arriva il software che sa sempre quando menti. In compenso non lo devi sposare.
Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventure e in esperienze. I Lestrigoni e i Ciclopi o la furia di Nettuno non temere, non sarà questo il genere di incontri se il pensiero resta alto e un sentimento fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo. In Ciclopi e Lestrigoni, no certo, nè nell’irato Nettuno incapperai se non li porti dentro se l’anima non te li mette contro. Devi augurarti che la strada sia lunga. Che i mattini d’estate siano tanti quando nei porti - finalmente e con che gioia toccherai terra tu per la prima volta: negli empori fenici indugia e acquista madreperle coralli ebano e ambre tutta merce fina, anche profumi penetranti d’ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi, va in molte città egizie impara una quantità di cose dai dotti. Sempre devi avere in mente Itaca raggiungerla sia il pensiero costante. Soprattutto, non affrettare il viaggio; fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio metta piede sull’isola, tu, ricco dei tesori accumulati per strada senza aspettarti ricchezze da Itaca. Itaca ti ha dato il bel viaggio, senza di lei mai ti saresti messo sulla strada: che cos’altro ti aspetti? E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso. Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.
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Il Mancino - Ottobre 2014 - Numero Zero Per la stesura di questo numero de “Il Mancino” si ringraziano tutti i giornalisti: Alberto Rosada, Alvise Ceccato, Angela Rossi, Beatrice Di Padua, Davide Travaglini, Edoardo Pizzolotto, Enrico Capparelli, Federico Toffoli, Francesca Segat, Giacomo Mazzariol, Giada Nora, Giulio Quarta, Ismael Barci, Jacopo Zambello, Laura Gerace, Lorenzo Boz, Mariavittoria Sartori, Martina Morotti, Rachele Scarpa, Sara Mazzarotto. Si ringrazia poi per l’impaginazione e la raccolta del materiale l’esecutivo regionale della Rete degli Studenti Medi del Veneto: Denis Donadel, Enrico Mazzo, Greta Temporin, Ida Schwenk, Jacopo Buffolo, Nicolò Alban, Roberta Galloni, Tommy Punch. Per la stampa si ringrazia la CGIL Veneto e l’FLC-CGIL Veneto. Sede Reset - Via Loredan 26, Padova
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