Novembre 2015 - N.5
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Questo é il mio sogno. L’istruzione libera per ogni bambino e bambina del mondo. Sedermi a scuola e leggere libri insieme a tutte le mie amiche è un mio diritto” Malala Yousafzai
Bombardare la pace
#StopAlTest: ma perché? Da qualche anno a questa parte abbiamo tutti sentito molto parlare delle università a numero chiuso, dei test d’ingresso necessari per accedervi e dei ricorsi effettuati da chi non li supera… Ma di cosa si tratta precisamente? Cerchiamo di fare chiarezza..
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Turchia, 10 ottobre 2015, Ankara, capitale del Paese. Le strade della città gremite di manifestanti chiedono la fine del conflitto armato... ...a pagina 4
Riforma costituzionale? Chiariamoci le idee!
Venezia è ancora in lista?
Lo scorso 13 ottobre il Senato ha approvato la riforma della Costituzione proposta dal Ministro Boschi con 178 voti favorevoli, 17 contrari e 7 astenuti. I cambiamenti che porterà saranno radicali, tuttavia entrerà completamente in vigore solo dal 2020 ed esclusivamente se supererà altre due votazioni..
Complici la mole di notizie che ogni giorno coinvolgono la città di Venezia e lo scarso approfondimento da parte della stampa locale, la visita di un comitato speciale inviato dall’UNESCO - l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza, la cultura e la comunicazione..
Adesso Basta I diritti del lettore Centrali
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150 progetti di nuove centraline idroelettriche nel fiume più sfruttato d’Europa.. ...a pagina 17
L’oroscopo dello studente ..a pagina 22
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ATTUALITÀ
Il Mancino NUMERO CINQUE
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uesto quinto numero de Il Mancino è particolare. È un po’ diverso dagli altri, lascia più spazio alle notizie territoriali e a tantissimi temi che non avevamo mai affrontato prima. nuove rubriche in aggiunta a quelle preesistenti sono il segno di una voglia di rinnovamento e di maggiore apertura. Ci fa molto piacere ricevere messaggi, con complimenti e critiche da parte di ragazzi e ragazze anche fuori dal Veneto, in particolar modo il saluto e il ringraziamento di tutta la redazione va alla redazione de I Portici, giornalino scolastico di L’Aquila, di cui troverete un articolo in questo numero. Veramente tanti temi diversi si presentano, si scontrano e si fondono in questo numero: dalla crisi di cui tutti parlano ogni giorno, all’acceso dibattito sull’expo, altro grande argomento di discussione, critica e, ammettiamolo, tanta tanta confusione, a cui abbiamo cercato di mettere chiarezza. Purtroppo dal mondo arrivano notizie non molto felici che vanno dal paradosso delle esplosioni nei cortei contro la guerra, a chi ancora nel 2015 giudica le persone dalla colore della loro pelle. Parliamo poi di accesso all’università e di Europa, uno dei progetti e sogni più belli lasciatoci dai nostri nonni e che vediamo sempre più attaccata da movimenti xenofobi e populisti che hanno abbandonato il vero senso di pace, unione e solidarietà con cui è stata creata in origine. Si parla poi di ecologia e tutela del territorio, argomento che ci interessa molto: il rispetto dell’ambiente dev’essere al centro della vita di tutti noi, solo così potremo consegnare un pianeta migliore ai nostri figli. A proposito, quando avrai letto questo giornalino, anziché buttarlo (nella carta, mi raccomando!) conservalo, ti farà piacere un giorno rileggerlo e ti permetterà di tornare indietro nel tempo, facendo un favore all’ambiente. Non ti vogliamo assolutamente rubare altro tempo, buona lettura e non dimenticare di scriverci e di farci sapere quali sono i tuoi articoli preferiti di questo numero! La Redazione redazione.mancino@gmail.com
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Giovani La crisi della cittadini democrazia del mondo europea
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ono sempre di più i ragazzi in Italia che dopo la fine delle superiori o dell’Università decidono di trasferirsi all’estero per inseguire i loro sogni. Nell’ultimo decennio infatti il numero degli under 35 che hanno scelto di vivere e lavorare in un altro Paese è raddoppiato. Nel 2014 sono stati oltre 100.000 i giovani che, spinti per lo più dalla voglia di lasciare un Paese nel quale non si trovano più bene e in cui non credono di poter trovare un lavoro all’altezza delle loro aspettative adeguatamente retribuito, lasciano l’Italia in cerca di fortuna. Le mete più quotate sono per lo più europee. Secondo il “Rapporto Italiani nel mondo 2015” della Fondazione Migrantes la Germania è al primo posto, soprattutto per il basso tasso di disoccupazione presente nel paese, che rimane stabile al 5,1% contro quello italiano, in aumento, del 12,6%; a seguire troviamo il Regno Unito, dove si sono trasferiti negli ultimi anni circa in 13000, la Svizzera e la Francia a seguire. Il criterio di scelta su cui si basano i giovani è prettamente pratico, di carattere per lo più economico-sociale. I Paesi più quotati difatti sono quelli considerati “accoglienti”, con buone prospettive di formazione ed un mercato lavorativo dinamico. Negli ultimi dieci anni è aumentato anche il numero di ragazzi fra i 15 ed i 18 anni che decidono di trasferirsi all’estero per pochi mesi, in modo da poter assaporare realmente la vita fuori dalle mura della loro realtà quotidiana. Tutto ciò testimonia come soprattutto attraverso i moderni mezzi di comunicazione, che svolgono una funzione informativa determinante ed aiutano a creare nei ragazzi l’idea di una realtà sempre più cosmopolita, si stiano formando giovani “cittadini del mondo”, determinati e consapevoli, che non si lasciano scoraggiare dalla situazione attualmente sfavorevole del nostro Paese ma guardano al futuro con ottimismo e curiosità. Anna Ligato anna_ligato98@icloud.com
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l 26 ottobre scorso, in Polonia, si sono svolte le elezioni. Il partito PiS, “Diritto e Giustizia” (in polacco: Prawo i Sprawiedliwość, abbreviato in PiS), di estrema destra nazionalista, sbalordisce ogni aspettativa e trionfa ai seggi con la stragrande maggioranza. In seguito, il leader Jaros Kaczynski designa come capo di stato e primo ministro due suoi fedelissimi; ovvero Andrzej Duda e Beata Szydlo. Il partito possiede 242 deputati su 460 totali dell’intero parlamento. Tra le prime decisioni del nuovo governo è prevista la marcia indietro sui migranti, Kaczynski arriva addirittura a denunciare un “rischio epidemie”. Il partito inoltre è assolutamente contrario alla moneta unica ed è totalmente anti-europeista. Il punto fisso e irremovibile per il leader è invece il rinnovamento dell’esercito polacco, afferma infatti che esso dovrà sostenere l’industria di armi nazionale e non estera e tra le altre proposte c’è anche la distribuzione gratuita dei farmaci ai pensionati, aumentando però la tassazione delle banche. Dal 1989 non era mai successo che nel parlamento polacco non entrasse nemmeno un partito di sinistra, questo a mio avviso dovrebbe farci molto riflettere; spaventano alcune immagini dei cortei per le strade di Varsavia con striscioni recitanti slogan razzisti e discriminatori come”no islam”, “Polonia ai polacchi” o peggio ancora la croce celtica cerchiata su sfondo nero con la scritta “white pride”. In varie parti d’Europa, oltre che nel mondo in generale, ci si sta dirigendo verso un declino della democrazia, aprendo così il varco alle dittature, alle violenze e agli abusi da cui esse sono caratterizzate, attraverso l’utilizzo di un capro espiatorio su cui concentrare l’attenzione, per distoglierla dalla realtà effettiva. Pierangelo Silvestri gillo_gallo@libero.it
ATTUALITÀ
Il Mancino
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La crisi siamo noi
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Da Einstein a Philip K. Dick ai nostri giorni: la crisi è un pericolo o un’opportunità?
ono sempre state le parole a dipingere il quadro della nostra società: di anno in anno alcune hanno perso il loro significato e sono state ignorate, altre ne hanno acquistato uno nuovo e sono all’improvviso sulla bocca di tutti, caratterizzando il periodo di cui sono protagoniste. Una in particolare, dal 2007 ad oggi viene ripetuta ossessivamente, assumendo l’ingrato compito di fare da bersaglio per la paura, l’incertezza, la sfiducia di molti: come avrete capito, si tratta della “crisi”. Da anni si sente infatti ripetere una frase come mantra, nei telegiornali, nei bar, nelle scuole, dai giovani che le frequentano fino ai loro nonni: “C’è crisi”. Una frase che sa di condanna, di sconfitta, di ineluttabilità e che ci invita ad arrenderci, a lasciarci trasportare dalla corrente degli anni verso tempi migliori, in attesa che qualcosa cambi. Ma “crisi” ha sempre avuto questo significato? Einstein la vedeva diversamente, affermando di ritenerla “la migliore benedizione che possa capitare a persone e nazioni” in quanto portatrice di progresso e cambiamento, insomma un punto di partenza per fare grandi passi in avanti. “Senza crisi non ci sono sfide e senza sfida la vita è una routine, una lenta agonia.” aggiunse il fisico; ma se quanto ha detto è vero allora perché in così pochi sem-
brano voler cogliere questa sfida? Perché non sentiamo una spinta irrefrenabile per tirarci fuori da questa situazione? Il fatto è che non siamo riusciti a evitare “l’unica crisi che ci minaccia, cioè la tragedia di non voler lottare per superarla”. Siamo immersi, a livello personale e nazionale, nella rassegnazione, nell’autocommiserazione e sentiamo il bisogno viscerale di dare la colpa a qualcuno: politici, immigrati, banche… l’importante è allontanare da noi la colpa della situazione che viviamo. Secondo me c’è bisogno di un drastico cambio di mentalità: dobbiamo capire che il problema non è costituito da qualcosa di esterno né passerà col semplice scorrere del tempo: la crisi siamo anche noi, sono i nostri valori effimeri, i nostri sogni futili, i nostri continui tentativi di riavvolgere il nastro per tornare alla situazione precedente. È qui che sbagliamo: Einstein afferma che la creatività nasce dalle difficoltà, così come il giorno dalla notte e ci invita ad andare avanti, a cercare di desiderare l’alba e non il ritorno al tramonto.
Perché noi siamo una società al tramonto, questa crisi non è arrivata all’improvviso ne per caso, ma per comunicarci l’urgenza del cambiamento e la prima cosa da fare è rendersene conto. Se non fosse mai giunta vivremmo sospesi, come ci ammonisce nel racconto Stability Philip K. Dick dipingendo una società immobile, perfettamente cristallizzata in valori e tecnologia sempre uguali, nella quale cercare di alterare il fragile equilibrio imposto è il reato peggiore che si possa commettere. Una società stabile, ricca e sicura, ma tremendamente infelice, vittima di se stessa, incapace di sperimentare il cambiamento, eppure desiderosa di raggiungerlo. Invece che rimpiangere il passato il mio invito è ad assaporare il cambiamento che sta lentamente attraversando il nostro mondo. Per quanto vi si scontrino per rallentarlo o ignorarlo, infatti, c’è già chi la pensa come Einstein, coglie la sfida e riscopre la creatività. Sono quei cittadini europei che di fronte all’intensa immigrazione cercano soluzioni nuove per l’integrazione; sono quei finanzieri che dopo anni di guadagni e perdite insensati mettono in discussione il neoliberismo come modello economico da adottare; sono quei giovani che non si rassegnano alla mancanza di lavoro e provano a inventarselo; sono quegli studenti che non accettano tutto quello che li circonda passivamente ma si informano e pensano criticamente; sono tutti coloro che invece che aggrapparsi a valori e ideali sorpassati scelgono di cercarne di nuovi e più giusti. Perché noi è vero che da una parte rappresentiamo la crisi e quindi il problema, ma dall’altra parte siamo anche il cambiamento. Una nuova alba non è poi così lontana. Marco Crosato marco.crosato98@gmail.com
“questa crisi non è arrivata all’improvviso né per caso, ma per comunicarci l’urgenza del cambiamento e la prima cosa da fare è rendersene conto”
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ATTUALITÀ
Il Mancino
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Bombardare la pace
urchia, 10 ottobre 2015, Ankara, capitale del Paese. Le strade della città gremite di manifestanti chiedono la fine del conflitto armato con i Curdi portato avanti dal governo di Erdoğan in una marcia pacifista che ha le potenzialità di resuscitare quella coscienza democratica che la Turchia sembrava aver perso negli ultimi anni. I bambini guardano dalle finestre delle case le bandiere arcobaleno e sorridono, perché è tutto così bello, così pulito. I giovani non sono rimasti a casa a dormire come spesso succede durante le manifestazioni, ma camminano in corteo tenendosi per mano, danzando e gridando, perché guerra e futuro non vanno d’accordo. I vecchi chiudono gli occhi, hanno già visto abbastanza guerriglie e sangue curdo scorrere insieme durante le loro vite. Due esplosioni squarciano il corteo. Silenzio, panico, poi urla, pianti, voci rotte; 128 bocche zittite per sempre. Bocche che si sospetta siano state chiuse dall’attuale governo, in vista delle elezioni imminenti (si svolgeranno il 1 novembre prossimo) in cui punta a guadagnarsi la maggioranza che in primavera non aveva raggiunto. Fonti dell’opposizione accusano infatti il governo di aver progettato l’attacco allo scopo di mettere pressione ai civili e fornire come soluzione la vittoria alle elezioni dell’attuale presidente Erdogan. Ipotesi sostenuta altresì dal fatto che i kamikaze si sono infiltrati proprio nello spezzone di corteo appartenente al parti-
to filo-curdo Hdp (in turco Halkların Demokratik Partisi ossia “Partito Democratico del Popolo”), principale concorrente di Erdoğan e confermata anche dalla censura imposta in seguito all’attentato dal governo stesso che vieta infatti qualsiasi tipo di divulgazione sulle indagini attualmente in corso riguardanti l’evento. Mentre quindi ci si chiede da cosa e da chi possa essere stato originato quest’attentato, in Turchia, a pochi mesi dall’attentato di Suruc, si verifica un’altra strage di innocenti, un’altra strage che forse dimenticheremo velocemente, come tutte le altre a cui ormai siamo stati abituati ad archiviare troppo velocemente. Parlano chiaramente le testate internazionali di quei giorni: “L’attentato più cruento della storia della Turchia”, “L’indignazione della Turchia dopo l’attentato di Ankara” “Un periodo di turbolenza senza prece-
“Silenzio, panico, poi urla, pianti, voci rotte”
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denti”, “L’attentato di Ankara getta un’ombra sulle prossime elezioni in Turchia” e infine, un articolo più recente di Gwynne Dyer titola “La Turchia di Erdoğan va verso la guerra civile”. Forse dimenticheremo questo attentato e asseconderemo i desideri dell’attuale governo turco, o forse lo ricorderemo come il manifesto del cambiamento radicale di un paese che stava affrontando da più di dieci anni un percorso di democratizzazione apparentemente proficuo, diretto all’entrata in Europa e che avrebbe dovuto garantire pace e stabilità dopo molte sofferenze. Lo ricorderemo come il tramonto di un Paese che si stava risollevando ed è stato messo a tacere, ma che probabilmente non tacerà ancora a lungo. (foto in alto: corteo del giorno dopo, “katil devlet” in turco significa “stato assassino”) Mariavittoria Sartori marisartori97@gmail.com Cecilia Bona ceciliabona@katamail.com
Nutrire il pianeta o i propri interessi?
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gni anno la FAO (Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura) mette in luce gli eccessi alimentari con cifre da capogiro. 1,3 miliardi di tonnellate è il cibo sprecato ogni anno nel mondo, che corrisponde a ⅓ della produzione totale di alimenti e quattro volte la quantità che servirebbe a sfamare gli 850 milioni di persone malnutrite al mondo. Questo enorme problema più volte è stato affrontato da associazioni o gruppi di persone che cercavano di informare la popolazione e renderla consapevole degli sprechi. Quest’anno una grande impronta l’ha voluta dare anche Expo 2015, tenutasi a Milano dal 1° Maggio al 31 Ottobre; il cui tema, per l’appunto, era: “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. Dal sito ufficiale dell’Expo troviamo i contenuti principali dell’evento: rafforzare la qualità e la sicurezza dell’alimentazione, assicurare una nutrizione sana a tutti gli esseri umani e infine innovare con la ricerca, la tecnologia e l’impresa l’intera filiera alimentare. Tutte proposte che vogliono fornire nuove risposte, competitive e sostenibili, ad uno dei più importanti quesiti del nostro tempo: come garantire cibo sufficiente e sano a tutta l’umanità. Dal 1851 le Esposizioni Universali sono un’ottima opportunità, una finestra sull’economia, un luogo dove favorire il confronto e l’imitazione con uno scambio di conoscenze per un miglioramento nei processi produttivi. Ma per quanto Expo 2015 sia stato bello da vedere, era semplicemente un evento che nascondeva dietro all’illusione delle grandi parole e dei grandi progetti l’inefficienza della politica e della società ad affrontare un problema davvero serio. La maggior parte delle multinazionali che hanno sponsorizzato questo evento sono le stesse che continuano a devastare i Paesi sottosviluppati, sfruttandoli per ingrandire la produzione ma andando così a danneggiare, non solo le popolazioni povere, ma anche l’ambiente e il clima. Uno dei padiglioni che ha davvero difeso la centralità del cibo e il suo valore, è sta-
to quello dell’associazione ‘’Slow Food’’ di Carlo Petrini. Questa è un’associazione che cerca di combattere contro l’agricoltura intensiva e le manipolazioni genetiche, a difesa della biodiversità. Expo 2015 è stata un’occasione mancata per attuare un vero cambiamento, un evento il cui unico scopo è stato incrementare il giro d’affari dei privati e i loro interessi. Anche il motto scelto non ha trovato riscontro nella realtà: ‘’Nutrire il Pianeta’’ significa condividere le conoscenze, ridistribuire in modo equo e senza sprechi il cibo prodotto, avere cura del terreno e di conseguenza intervenire sul clima e sulle disuguaglianze. Nell’ultimo mese d’apertura sono arrivati gli unici che avrebbero veramente qualcosa da dire sul tema. 2.500 contadini, allevatori e pescatori di 120 Paesi del mondo si sono riuniti per riflettere sulla biodiversità, sui modelli di produzione alimentare e come si possa ‘fare innovazione’ partendo dalla terra. Penso che bisognerebbe imparare ad emanciparsi tornando alla terra, non più vivendola come una condanna o un oggetto da sfruttare, ma come l’unica vera opportunità di crescita per tutti noi. Bianca Facco faccobianca@gmail.com
EXPO: diamo i numeri..
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’Esposizione Universale può dirsi conclusa con quantomeno un pareggio tra entrate e uscite? Ha portato, e se sì in quale misura, reali benefici economici all’Italia? Queste sono le grandi domande degli ultimi giorni, per le quali troviamo varie risposte a dir poco contraddittorie. Molto semplicemente non sono ancora disponibili dati certi e stime affidabili per trarre conclusioni perentorie, tuttavia, senza fronzoli e pressapochismi, proviamo a darvi qualche numero.
La società Expo 2015 S.p.A., come previsto dal programma OpenExpo sulla trasparenza, dovrebbe aver reso disponibili tutti i dati sull’andamento dell’esposizione e la situazione finanziaria della società, tuttavia ci sono molti dubbi sui dati più recenti. Dai bilanci della società dal 2009 al 2014 vediamo tutti i soci pubblici: alcuni Ministeri, Regione Lombardia, Camera di Commercio di Milano, Provincia e Comune di Milano. Complessivamente questi soci hanno versato circa 1,26 miliardi in 6 anni e ci si è ritrovati a chiudere il bilancio del 2014 con un negativo di circa 83 milioni, a cui vanno sommati 677 milioni di spese non ammortizzate e le spese dell’anno 2015 che senza bilancio non possiamo conoscere, si può però stimare che il ricavo dell’esposizione sarebbe dovuto essere di quasi 2 miliardi. Ad aprile l’amministratore delegato Sala dichiarava che per il pareggio di bilancio sarebbe stato necessario vendere 24 milioni di biglietti, stima comunque incerta visti i prezzi variabili degli stessi. Sono stati dichiarati 21,5 milioni di visitatori, ma non sappiamo a che ricavo corrisponda questo dato e nemmeno l’ammontare degli incassi dei consumi all’interno di Expo. Lasciamo che le dovute conclusioni siano tratte nel 2016, bilancio alla mano, tuttavia è difficile prospettare il raggiungimento del pareggio. Non bisogna però sottovalutare l’altro aspetto di Expo, ovvero il beneficio economico portato all’intero Paese, che possiamo valutare solo sulla base di alcune stime. La Coldiretti ha stimato che tra viaggi, ingressi e pernottamenti i visitatori abbiano speso circa 2,3 miliardi. Gli economisti di Euler Hermes stimando una spinta di Expo sul PIL di +0,1% nel 2015, prevedendo una crescita totale del PIL di 0,7% nel 2015 e di 1,1% nel 2016. Grazie ad un saldo positivo di 259mila nuovi assunti si stima poi un abbassamento del tasso di disoccupazione, che dal 12,7% del 2014 dovrebbe giungere nel 2016 all’11%. È previsto infine un aumento dell’export sul Made in Italy di 15 miliardi rispetto al 2014. Le circa 10.000 società create attorno ad Expo che fine faranno però? Sempre Euler Hermes stima che ci saranno una serie di chiusure volontarie e il fallimento di circa 1 società su 10 entro il 2018 (nella peggiore delle ipotesi falliranno 3000 aziende). Questi sono dunque i numeri e le stime di Expo fino ad oggi, lasciamo a voi l’interpretazione di questi dati e attendiamo il prossimo anno per trarre conclusioni più affidabili e concrete. Roberta Galloni roberta.galloni95@gmail.com
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ATTUALITÀ
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RIFLESSIONI
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Aristotele vs Confucio
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Come cambia la mente da est a ovest
a distinzione che ci viene insegnata sin da piccoli è quella fra Oriente e Occidente, applicata anche alle persone, che vengono divise in Orientali e Occidentali. Siamo dunque spinti a considerarci diversi nella maggior parte degli aspetti che riguardano la nostra vita, ma è veramente così? Secondo gli ultimi studi neuroscientifici sembrerebbe proprio di sì. Nonostante sembri molto strano che possa esistere una “mente occidentale” e una “orientale” in quanto la mente sembra una sola uguale in tutti gli esseri umani, le due culture influenzano diversamente lo sviluppo del cervello, organo incredibilmente “plastico”. La prima differenza si può trovare nel quoziente intellettivo medio che in Occidente è pari a 100 mentre in Oriente è pari 106, ne è la probabile causa la lingua. Quelle asiatiche, infatti, sono tonali e, al contrario delle nostre, durante l’ascolto e il parlato di queste si attiva anche una regione del cervello che noi attiviamo soltanto cantando. Anche per questi motivi molti occidentali, come ad esempio Mark Zuckerberg e William d’Inghilterra, hanno iniziato a studiare il Mandarino. La seconda differenza è presente nel modo di comunicare: in Occidente si parla molto, dando risalto al contenuto del discorso e preferendo la prosa mentre in Oriente si da risalto alla forma e si predilige la poesia. Basti pensare, in riferimento alla religione, ai mantra tibetani, ripetuti all’infinito in quanto il loro suono è più importante del loro significato, mentre le nostre preghiere vengono, ad eccezione dei rosari, ripetute una sola volta per concentrarci sulla richiesta che esprimono. Il nostro linguaggio inoltre è esplicito e chiaro, mentre il loro è implicito e ambiguo, denso di analogie e metafore. La terza differenza sta nel ruolo dell’individuo nella società: le epopee occidentali, a partire da quella sumerica di Gilgame-
sh, esaltano l’individuo che parte da solo alla conquista del mondo e che vuole conquistare l’immortalità nella memoria secolare. Gli antichi testi indiani e cinesi, invece, sottolineano il dovere di vivere in armonia con gli altri e con la natura marcando il concetto di transitorietà e insignificanza della vita terrena. Gli occidentali subiscono il fascino dell’avventuriero che sfida la tradizione mentre secondo il confucianesimo e il buddismo il compito dell’uomo è quello di prendere le distanze dalle cose terrene e unirsi all’anima universale. Queste differenze sono anche legate a ragioni storiche, ad esempio, mentre in Occidente si affermava la cultura democratica nelle polis, in Oriente il potere si centralizzava, favorendo una cultura di sottomissione e l’etica della collaborazione. Queste diversità si stanno però attenuando, la globalizzazione ha unito le culture portando gli orientali ad interessarsi ai modelli e comportamenti occidentali così come noi ci stiamo appassionando a pratiche tipicamente asiatiche quali la meditazione e lo yoga. Non è possibile sapere dove arriveremo, se una cultura diventerà sovrasterà l’altra o se si darà origine ad un ibrido che racchiuderà tutti gli insegnamenti e i modi di essere, l’unica certezza è che conoscerci a vicenda non può far altro che bene da entrambe le parti e ci permetterà di cambiare in positivo, imparando giorno dopo giorno qualcosa di nuovo. Davide Bizzotto davbiz1998@gmail.com
“Siamo dunque spinti a considerarci diversi nella maggior parte degli aspetti che riguardano la nostra vita, ma è veramente così?”
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“Ma quel personaggio non l’ho già visto?”
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a Plauto alla Commedia dell’Arte, da Shakespeare alla New Hollywood, l’arte ha sempre usato una serie di modelli fissi per caratterizzare i suoi personaggi. Si può parlare di veri e propri stampi, vista l’etimologia del termine “stereotipo”, che registi e sceneggiatori usano quando non è necessario mettere in scena una persona, ma soltanto uno strumento per far avanzare la trama. Perfino il miglior film di sempre secondo molti critici, Quarto Potere, basa tutta la sua storia, narrata attraverso flashback, sulla figura di un giornalista che non viene mai caratterizzato e di cui possiamo indovinare le qualità solo attraverso lo stereotipo del giornalista avido di notizie e alla costante ricerca della verità. Orson Welles, il regista e sceneggiatore, aveva bisogno di un personaggio che il pubblico potesse immediatamente cogliere, senza dover spendere scene preziose per dargli una personalità. È un trucco che ricorre specialmente nei film comici, dove spesso la trama va avanti a forza di cliché e di stereotipi -ne è un esempio classico il nerd bullizzato che si prende la rivincita sul teppista e si mette insieme ad una bionda poco intelligente- per inserire quante più gag e battute possibili. Per distinguere un personaggio ben caratterizzato da uno lanciato sulla scena all’ultimo minuto bisogna innanzitutto prestare attenzione alle sue motivazioni e ai suoi obiettivi: i cattivi dei primi film di James Bond, pur con modalità differenti, cercavano tutti di dominare il mondo perché erano malvagi. Punto, non c’erano altri fini o cause più articolate di questa. Erano inoltre puramente perfidi, fino al ridicolo, mentre un personaggio, per risultare verosimile, deve avere sia pregi che difetti: in questo il Batman de Il cava-
“non per forza è negativo basare un film sugli stereotipi”
liere oscuro di Christopher Nolan differisce moltissimo da quello interpretato da Michael Keaton all’inizio negli anni novanta. È un eroe, quindi tendenzialmente buono, ma presenta numerosi difetti, ripensamenti, passioni. È un personaggio a tutto tondo, mentre quello del film di Tim Burton era un supereroe qualsiasi: lo si sarebbe potuto sostituire con Spiderman o con Captain America e il film avrebbe funzionato comunque. Bisogna però specificare che non per forza è negativo basare un film sugli stereotipi: le già citate commedie hanno successo anche senza avere una trama innovativa, ma anche film d’azione come Indipendence Day possono risultare interessanti oltre che appassionanti se i personaggi, anche se con personalità basilari, sono supportarti da prove attoriali che aggiungano spessore, motivazioni e novità dove gli sceneggiatori non ne hanno messe. Basti pensare a Godzilla del 1998: lo stesso regista, Roland Emmerich, due anni dopo ci riprova con un altro film catastrofico dai ruoli stereotipati dove però gli attori non sono capaci di dare alle loro controparti su schermo quel qualcosa in più per trascinarli fuori dalla mediocrità. Un buon personaggio quindi deve avere sia una buona caratterizzazione, ovvero mostrare complessità e profondità, sia un buon sviluppo, che metta in chiaro le sue motivazioni e i suoi scopi. È importante ricordarsi che non per forza tutti gli attori sullo schermo devono avere un ruolo innovativo: per secoli e secoli il teatro ha funzionato tramite maschere e stereotipi, e in un certo senso il cinema non è nient’altro se non teatro con molti effetti speciali. Enrico Forcher eforcher98@gmail.com
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Parole di un ragazzo solo A pranzo con un ragazzo autistico
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a gente, a volte, ha paura di ciò che non conosce”. Inizio questo articolo con le parole di un mio caro amico autistico nel cuore e con la sua tristezza nella mente, quando, ogni giorno, lo vedo solo, in un angolo dell’aula, con i suoi grandi occhi scuri e un bellissimo sorriso. Luca ha la mia età, è nella mia nuova classe (ho da poco cambiato scuola) ed è una tra le persone più intelligenti che conosca; fin dal primo giorno però, mi sono accorto di avere dei compagni che lo insultano e lo trattano con disprezzo per i suoi modi di fare atipici, per il suo tono di voce e per quel modo di parlare un po’ strano, molto preciso e a volte portatore di significati più profondi di quelli che si percepiscono ascoltandolo superficialmente. A volte, prima di andare ai corsi di teatro, io e lui pranziamo assieme. Un paio di settimane fa, non sapendo come avrebbe reagito e allo stesso tempo pronto ad ascoltare cosa mi avrebbe risposto, gli chiesi perché nonostante gli atteggiamenti vigliacchi e molto cattivi dei nostri compagni lui non reagisse, senza dire una parola o alzare le mani (è alto quasi due metri, e a volte spaventa anche me). A questa domanda rimase a guardare il tavolo per qualche secondo, come se stesse scegliendo le parole migliori da usare per rispondermi. “Le risposte sono due” mi disse guardandomi con aria molto convinta e alla ricerca di un mio qualsiasi cenno di comprensione. “La prima: sono ragazzi molto infantili per andare al terzo anno di liceo e non meritano un minimo del mio interesse per loro, tu invece sì” terminò facendomi un occhiolino dopo aver parlato con tono serio e distaccato. In seguito, tra un boccone di pasta e l’altro, conti-
nuò: “La seconda possibilità, più probabile, è che la gente ha paura, paura di ciò che non conosce, e forse … non lo so … loro non mi conoscono abbastanza”. Queste due frasi, in pochi minuti, mi fecero venire la pelle d’oca e l’amarezza in bocca, pensando al coraggio di questo ragazzo. Luca, così solo, sorridente e unico, davanti a questo mondo reso spietato da ragazzi e ragazze che non si sanno comportare con maturità, che non vogliono aiutare il prossimo e preferiscono disprezzarlo, ma si considerano comunque persone mature e talvolta addirittura adulte.
“La gente, a volte, ha paura di ciò che non conosce”
“Io vedo che, quando allargo le braccia, i muri cadono. Accettare l’altro vuol dire costruire dei ponti e non dei muri” disse Don Andrea Gallo, e io la penso come lui. Se noi tutti, insieme, costruiremo dei ponti, saremo in grado di scavalcare i pregiudizi e i luoghi comuni per ambire a qualcosa di più grande e davvero giusto. Abbattiamo i muri, costruiamo il futuro. Francesco Cassol francescocassol22@gmail.com
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MONDO
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Il rivoluzionario africano (che faceva il) femminista e l’ecologista
Sognava un’Africa libera e giusta, venne ucciso in un colpo di stato. Gli ideali di un uomo straordinario, Thomas Sankara, primo presidente del Burkina Faso e il “Che Guevara Africano”
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el ‘68 aveva 19 anni e aveva ideali rivoluzionari: era molto attento ai diritti delle donne, all’ambiente ed era un antimperialista convinto. Sognava la pace e voleva debellare l’analfabetismo. Ma, a differenza di quanto potremmo credere, non era un hippie americano, veniva dall’Africa Nera ed era un militare. Era un militare, ma anche un pacifista e fu uno dei primi a parlare di AIDS e di contraccettivi. Negli anni ‘80, in Africa, dimostrando di essere veramente innovativo. La sua storia è ancora troppo poco nota e relativamente recente: è stato assassinato nel 1987 in un colpo di stato organizzato dal suo collaboratore Blaise Compaoré (con la complicità di USA e Francia) e quest’ultimo, divenuto poi presidente, è stato deposto a sua volta in seguito a proteste popolari l’ottobre scorso. Stiamo parlando di una bellissima storia di un sogno. La grandezza del suo sogno non si può descrivere meglio che con le sue parole. Parole scomode per le potenze occidentali imperialiste, pronunciate in un angolo sperduto dell’Africa Subsahariana e pronunciate in anticipo rispetto al resto del mondo. Parole di speranza, là dove speranza ce n’era poca: il Burkina Faso era un concentrato di calamità naturali, di analfabetismo, di mortalità infantile molto elevata. Il paese era appena uscito dalla dominazione coloniale francese e con la sua rivoluzione Sankara creò un paese nuovo: fu lui a cambiare il vecchio nome coloniale Alto Volta in Burkina Faso che significa “paese degli uomini integri”. “Parlo in nome delle madri che nei nostri Paesi impoveriti vedono i propri figli morire di malaria o di diarrea, senza sapere dei semplici mezzi che la scienza delle multinazionali non offre loro, preferendo investire nei laboratori cosmetici o nella chirurgia plastica a beneficio del capriccio di pochi uomini e donne il cui fascino è minacciato dagli eccessi di as-
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sunzione calorica nei loro pasti, così abbondanti e regolari da dare le vertigini a noi del Sahel”, si presentò così davanti alle Nazioni Unite. Le diseguaglianze, le tremende disuguaglianze che ha visto fin da piccolo -“Quante volte i miei fratelli e io abbiamo cercato qualcosa da mangiare nelle pattumiere dell’Hotel Indépendance”erano la costante della sua lotta per una società più giusta. Metteva in luce le paradossali assurdità del mondo, assurdità su cui forse non abbiamo mai riflettuto veramente: “Chiedo che almeno l’1% delle somme colossali destinate alla ricerca spaziale sia destinato a progetti per salvare la vita umana”; “Mentre moriamo di fame e nel nostro Paese ci sono migliaia di disoccupati, altrove non si riescono a sfruttare le risorse della terra per mancanza di manodopera. Se ci fosse maggiore cooperazione, potremmo arrivare all’autosufficienza alimentare e non dovremmo più dipendere dagli aiuti internazionali”. Nato povero, diventato presidente rimase umile: era solito girare in bicicletta per le strade di Ouagadougou, sostituì le auto blu con semplici utilitarie, viveva in un’abitazione comune e rifiutava di avere uno stile di vita superiore ai suoi connazionali: nella sua dichiarazione dei redditi del
1987 i beni da lui posseduti risultavano essere una vecchia Renault 5, libri, quattro biciclette, una moto, due chitarre, mobili e un bilocale con il mutuo ancora da pagare. I suoi discorsi sulla condizione delle donne sono altrettanto rivoluzionari: “Se per la società quando nasce un maschietto è un “dono di Dio”, la nascita di una bambina è accolta, se non proprio come una fatalità, come un regalo che servirà a produrre alimenti e a riprodurre il genere umano. Si insegnerà all’ometto a volere ed ottenere, a dire e a essere servito, a desiderare e a prendere, a decidere senza appello. Alla futura donna, la società coralmente infligge e inculca regole senza via d’uscita. Corsetti psichici chiamati virtù creano nella bambina uno spirito di alienazione personale, sviluppano in questa creatura la necessità di protezione e la predisposizione alle alleanze tutelari e ai contratti matrimoniali. Che mostruosa frode mentale!” Sotto la sua presidenza Sankara promosse numerose donne a ministro o ai vertici delle forze armate, incoraggiandole a ribellarsi al maschilismo. Alberto Rosada rosada.alberto@gmail.com
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ECOLOGIA
Il Mancino
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Greenbutts: getta una sigaretta e farai crescere una pianta
ra tutte le malattie mortali che conosciamo la più contagiosa è il vizio del fumo. Esiste da anni ma oggi il numero di fumatori in Italia ha toccato quota 11 milioni, il cui 17% è formato da giovani d’età compresa tra i 14-24 anni che avrebbero cominciato anche prima. La cosa preoccupante è che la soglia dell’inizio va abbassandosi di anno in anno. Nonostante il calo annuo della vendita di sigarette e l’età media in cui gli adulti smettono di fumare è 42 anni, è statisticamente dimostrato che il totale rimane invariato. Per ogni adulto che smette un ragazzo comincia. Se la questione prosegue su questa rotta la percentuale di giovani fumatori si allargherà grandemente. Il fumo è la causa di morte per cancro o malattie respiratorie o cardio-vascolari più frequente e cioè di 5 milioni di decessi all’anno nel mondo, quota destinata ad aumentare fino a 10 milioni di decessi entro l’anno 2030 se non saranno adottate misure adeguate.
Non siamo però egocentrici e parliamo anche degli effetti che il fumo ha sull’ambiente circostante: mettiamo subito in chiaro che i filtri delle sigarette sono tutti biodegradabili. E che problema c’è se sono biodegradabili? È come avere in mano del rifiuto umido. Effettivamente è vero, se non fosse che il tempo di smaltimento per ogni mozzicone di sigaretta gettato è dai 10 ai 15 anni per il pianeta terra. Pensare a questa cifra, che vale per un singolo mozzicone, e poi paragonarla alle invasioni di cicche su marciapiedi, parchi e quant’altro lascia un po’ spiazzati. È qualcosa di devastante: 2 mozziconi gettati riescono a inquinare tanto quanto una città trafficata regolarmente, quando si dice che le dimensioni non contano! Cosa si può fare per risolvere questo problema? È necessario fare qualcosa di drastico come abolire le sigarette e farle diventare una nuova tra le tante merci di contrabbando? Forse no, forse abbiamo una speranza a cui aggrapparci. Dall’America arriva un
“vanterebbero un filtro 100% naturale, formato da elementi presenti in natura quali lino naturale e canapa tenuti insieme da acqua pura e farina di grano”
supereroe ecologico che salverà il pianeta. Si chiama “Greenbutts”, l’azienda situata a San Diego che ha inventato le sigarette ecologiche che sembrano talmente perfette da risultare incredibili: vanterebbero un filtro 100% naturale, formato da elementi presenti in natura quali lino naturale e canapa tenuti insieme da acqua pura e farina di grano. Ci sarebbero anche semi di fiori e piante naturali che, una volta gettati su un suolo abbastanza fertile o ammucchiati con altri rifiuti biodegradabili, sarebbero in grado di far sbocciare fiori colorati. La sigaretta ecologica non sembra solo limitare i danni, ma dimostra anche effetti positivi sull’ambiente. E il tempo di decomposizione si riduce a un mese, lo stesso di quello dei normali rifiuti organici. Le sigarette Greenbutts non hanno ancora finito di sorprenderci, in quanto sono state depurate da ogni sostanza chimica ultra dannosa, annullando quasi del tutto la loro pericolosità. Diciamo pure quasi. C’è sempre un “ma”. In questo caso è che le sigarette ecologiche non proteggono il corpo dal danno da monossido di carbonio che si sprigiona con la combustione. E quanto può rivelarsi dannoso questo particolare? È ancora tutto da vedere, poiché le sigarette Greenbutts sono in commercio solo in America. L’azienda sta cercando partner o collaboratori per diffondere questo formidabile prodotto in tutto il resto del mondo. Quando questo accadrà, come sarà la nostra situazione? Il sogno degli sviluppatori di questo prodotto si potrà realizzare? Speriamo solo che con queste sigarette in commercio non ci ritroveremo a vivere in una giungla di fiori. Alessia Pagot alessia.pagot@gmail.com
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ISTRUZIONE
Il Mancino
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#StopAlTest: ma perché?
a qualche anno a questa parte abbiamo tutti sentito molto parlare delle università a numero chiuso, dei test d’ingresso necessari per accedervi e dei ricorsi effettuati da chi non li supera… Ma di cosa si tratta precisamente? Cerchiamo di fare chiarezza. Quando si parla di “facoltà a numero chiuso” ci si riferisce a tutti quei corsi di studio dove per potersi immatricolare è necessario superare un test d’ingresso a graduatoria nazionale, che si effettua in un’unica data nazionale per tutte le facoltà della stessa tipologia. Il test è stato introdotto in origine per i corsi di medicina ed odontoiatria a fronte della necessità di conformarsi alle normative europee che richiedevano standard particolari per tali figure professionali. Tramite esso i vari atenei d’Italia mettono a disposizione un numero di posti che dipende dagli spazi fisici delle strutture, dei laboratori e dalle possibilità di tirocinio; teoricamente quindi, si tratta di una misura volta a migliorare la qualità della didattica e dell’offerta formativa. Nel tempo il test è stato esteso ad altri corsi di studio quali architettura o veterinaria e negli ultimi anni sempre più atenei richiedono ai nuovi studenti di sostenere una prova, magari con graduatoria solamente interna all’ateneo, ma comunque vincolante. Molte altre facoltà, invece, propongono un test solo qualitativo che, se non viene superato, non esclude lo studente dalla frequenza, ma serve solo ad identificare eventuali carenze. Basandoci su queste informazioni l’unica obiezione che si potrebbe fare è che questa selezione può precludere allo studente la possibilità di andare a studiare ciò che gli interessa, ma in realtà si presentano molte altre criticità. Gli atenei, infatti, richiedono una quota monetaria per la partecipazione al singolo test e considerando che nel 2015 solo gli iscritti al test di medicina sono stati circa 60.700, non si può trattare di cifre forfettarie, ma anzi di numeri che fanno pensare che si tratti di un vero e proprio business. Oltre alle questioni economiche non si può certo dire che tali test siano prepa-
rati “a misura di studente”: quest’anno ad esempio fino a marzo non si è saputo se i test si sarebbero effettuati ad aprile o a settembre. Ciò ha creato notevoli difficoltà in particolare agli studenti che avrebbero dovuto sostenere a giugno l’esame di maturità, ossia la gran percentuale degli studenti che poi hanno sostenuto il test. La tipologia del test, inoltre, è ciò che più lascia perplessi: esso è costituito da 60 domande a risposta multipla di logica, cultura generale, matematica, fisica e due argomenti specifici per ciascun corso (chimica e biologia per medicina oppure storia dell’arte e disegno e rappresentazione per architettura), a cui bisogna rispondere in 100 minuti, avendo quindi a disposizione, volendo rispondere a tutte, poco più di un minuto per ciascuna domanda. Gli argomenti toccati dal test inoltre non vengono trattati in tutti gli indirizzi delle scuole superiori e ciò crea una forte disparità tra i candidati che non hanno quindi le stesse possibilità di passare il test. Oltre ai ritardi nella comunicazione della data del test, anche i risultati, vengono comunicati circa un mese dopo l’effettuarsi della prova e solo agli ammessi, ritardando notevolmente l’inizio delle lezioni rispetto a tutti gli altri corsi. Una volta comunicata l’ammissione, inoltre, gli studenti hanno 4 giorni per immatricolarsi, cosa che costringe molti a sostenere spese notevoli più o meno improvvise, anche considerando che si è costretti a recarsi nella facoltà a cui si è stati assegnati, e non è necessariamente la più prossima al luogo di residenza. Con queste tempistiche non è facile nemmeno trovare una soluzione abitativa a costi accessibili, cosa che sarebbe stata più
“gli argomenti toccati dal test inoltre non vengono trattati in tutti gli indirizzi delle scuole superiori”
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facile avendo più tempo a disposizione. Peggiore è la condizione di chi, anziché risultare “assegnato” si trova nello stato di “prenotato”, ossia in attesa dello scorrimento delle graduatorie - per rinunce ad esempio - e si trova a dover attendere la comunicazione quando ormai le immatricolazioni ai corsi a numero non programmato sono chiuse ed è impossibile pensare ad alternative se non lo si è fatto in precedenza. Può altresì capitare di essere assegnati ad una delle scelte secondarie ed in questo caso si è posti davanti alla scelta di accettare quel posto o sperare negli scorrimenti delle graduatorie e immatricolarsi comunque all’università di prima scelta, sapendo che si rischia di perdere molti soldi se poi non si entra dove sperato. Per ultimo, molti, in tutta questa incertezza, soprattutto per quanto riguarda i corsi a stampo sanitario, sono portati a provare più test affini (ad esempio per chi prova medicina di solito sono farmacia o fisioterapia) e anche questo fatto tende a precludere possibilità a molti candidati che magari si iscrivevano solamente ai test che per altri rappresentano seconde scelte, ora costretti ad attendere le rinunce successive alle comunicazioni delle assegnazioni ai corsi di medicina. Queste le principali ragioni che spingono moltissimi studenti a chiedere, anno dopo anno, lo “stop al test” d’ingresso vincolante, chiaramente accompagnato da investimenti e aumento degli spazi e degli strumenti necessari ad accogliere le numerose richieste, per permettere a tutti, senza discriminazioni e ingiustizie, di realizzare i propri sogni e guardare con maggiore serenità al proprio futuro. Arianna Camellato arianna.camel@gmail.com
Liberi di
L’Europa come la vogliamo noi giovani
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l 17 novembre è la giornata internazionale degli studenti e delle studentesse, per la rivendicazione del diritto allo studio e del diritto degli studenti a esprimersi. Cade ogni anno il giorno dell’anniversario degli eccidi nazisti di studenti e professori cecoslovacchi che si opponevano alla guerra nazista. Quest’anno l’OBESSU, il sindacato studentesco europeo, ha lanciato una call a cui hanno aderito anche Rete degli Studenti Medi e Unione degli Universitari, i sindacati studenteschi italiani. “Free to learn, free to move” titola la chiamata che si prefigge l’obbiettivo di consapevolizzare e creare comprensione reciproca tra le comunità, in modo particolare verso coloro che sono costretti a lasciare i propri paesi d’origine per cercare condizioni migliori. È quindi prioritario garantire il reale diritto di studiare a migranti, rifugiati e a tutti coloro che sono stati costretti ad allontanarsi dalle proprie terre: non dare piena attuazione a questo diritto rappresenta una discriminazione, una vera e propria segregazione che non possiamo più accettare. L’istruzione è sia un diritto universale che il primo strumento d’integrazione possibile; per questo è necessario garantire un pieno inserimento di questi soggetti all’interno dei sistemi di istruzione, anche prevedendo un adeguato riconoscimento degli studi precedentemente compiuti. Il presupposto per rendere questo possibile è che i Paesi invertano le politiche messe in campo negli ultimi anni in tema di spesa pubblica, che hanno visto una continua contrazione, in modo particolare per quanto riguarda il settore dell’istruzione. Senza risorse adeguate, non soltanto non sarà possibile garantire inclusione a migranti e rifugiati ma aumenteranno ulteriormente le diseguaglianze già presenti in ogni ambito. È compito di noi studenti fare pressione per creare un’Europa in cui ci sia davvero libertà di muoversi, di esprimersi, di studiare: è nostro compito creare un’Europa a misura di studente. Denis Donadel denisdonadel@gmail.com
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L’intervista da sinistra
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Parliamo con Ugo dell’Union Nationale Lycéenne
ari lettori più o meno appassionati de Il Mancino, in questo numero abbiamo voluto inserire una novità: ecco a voi la nuova rubrica. Da questo numero in poi intervisteremo per voi personaggi più o meno conosciuti per darvi notizie ancora più autentiche, da un punto di vista più diretto. Come primo intervistato abbiamo scelto Ugo Blanc, membro dell’esecutivo nazionale dell’Union Nationale Lycéenne, sindacato studentesco francese nato nel 1994, al momento alle prese con un’importante vertenza che sta facendo il giro del mondo. Emma: Puoi dirmi esattamente cos’è successo? Ugo: In realtà è una lunga storia. Innanzitutto bisogna dire che Nathan ha sempre avuto un brutto rapporto con la preside perché chiedeva che fosse istituita una ‘casa degli studenti’ (obbligatoria per legge), ma la preside non voleva e quindi di base violava la legge. Sulle mobilitazioni: UNL ha fatto due appelli, uno per l’8 e l’altro per il 16 ottobre. L’8 Nathan non ha avuto problemi a bloccare il suo liceo, mentre il 16 ha trovato delle complicazioni perché la preside aveva previsto il picchetto e si era preparata in modo tale che non ce la facesse. Così con i compagni iniziò l’azione e Nathan decise di entrare nel liceo per trovare altri studenti. Si fece bloccare dalla preside e dagli insegnanti e ci fu una sorta di fisicità nel primo momento. Riuscì a scappare facendo partire l’allarme del megafono. Il giorno dopo gli dissero che sarebbe stato chiamato dal consiglio disciplinare e che partirà un inchiesta sociale sulla sua famiglia. Emma: È la prima volta che succede una cosa del genere o ci sono dei precedenti?
Ugo: In realtà i presidi spesso decidono di far paura ai nostri militanti dicendo loro che avranno un consiglio disciplinare. Ma qui ha davvero esagerato. Ho del materiale che ti interesserà sicuramente. La preside fa parte di un sindacato e ho trovato un documento nel loro sito web in cui si lamentano dei movimenti studenteschi, dicendo che minano alla sicurezza. che non sono edificanti, che gli insegnanti e il personale hanno paura e che l’UNL si deve moderare perché non tollereranno più queste azioni “antidemocratiche” da parte dei sindacati studenteschi. Hanno persino aggiunto che sono infastiditi dal fatto che il nessuno al governo si fa portavoce contro i movimenti studenteschi. Il sindacato in questione si chiama SNPDEN, un sindacato di insegnanti e lavoratori della conoscenza. Emma: Quindi qualsiasi cosa facciate vi verrà sempre contro. State ricevendo supporto? E come pensate di continuare questa battaglia? Ugo: Ci sono delle mobilitazioni previste per la settimana prossima, facciamo girare una petizione e soprattutto stiamo mobilitando tutti i movimenti studenteschi europei. Poi ci supportano anche UNEF (National Union of Students of France, sindacato studentesco universitario francese) e FCPE (sindacato francese dei genitori). Emma: Sapete già che tipo di mobilitazioni volete fare? Ugo: Decideremo questo fine settimana nel nostro coordinamento. Emma: Grazie mille e buona fortuna! La petizione è consultabile e sottoscrivibile all’indirizzo: goo.gl/YiTUJB Emma Capparelli emmacaparelli@gmail.com
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POLITICA
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Riforma costituzionale? Chiariamoci le idee!
o scorso 13 ottobre il Senato ha approvato la riforma della Costituzione proposta dal Ministro Boschi con 178 voti favorevoli, 17 contrari e 7 astenuti. I cambiamenti che porterà saranno radicali, tuttavia entrerà completamente in vigore solo dal 2020 ed esclusivamente se supererà altre due votazioni, un referendum confermativo e il rinnovo di tutti i consigli regionali. La parte più sostanziale della proposta riguarda la riforma del Senato ed il superamento del bicameralismo perfetto. Ecco un parallelo tra la situazione italiana prima e dopo la riforma in confronto ad altri paesi europei, principalmente Francia, Germania e Spagna.
Bicameralismo: da perfetto a “imperfetto”. Fiducia della sola Camera dei Deputati Prima: la Costituzione assegna eguali poteri alla Camera dei Deputati e al Senato. Una legge entra in vigore solo se approvata per intero da entrambe le camere ed ogni suo cambiamento, anche minimo, deve essere votato sia dalla Camera che dal Senato. Inoltre il governo deve ricevere la fiducia da entrambe le camere, cioè deve avere il 50 % dei voti più 1 necessari per far approvare le leggi. Dopo: il Senato manterrebbe potere legi-
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slativo solo su Europa, enti locali, trattati internazionali, leggi costituzionali, leggi sui referendum popolari e il diritto di famiglia, il matrimonio e il diritto alla salute. Avrebbe potere parziale sul bilancio (l’ultima parola spetta ai deputati) e potrebbe proporre modifiche alle leggi solo se un terzo dei senatori lo richiede e comunque anche qui sarebbe decisivo il voto della Camera. è previsto anche un controllo delle politiche pubbliche e della Pubblica Amministrazione. Eleggerebbe insieme alla Camera il Presidente della Repubblica. La sola Camera dei Deputati voterà la fiducia. Europa: dove esistono due camere la situazione è molto simile a quella della riforma. Anche in Francia, dove le leggi devono essere votate da entrambe le camere, la decisione finale spetta comunque dell’Assemblea Nazionale, la Camera dei Deputati francese, nel caso in cui non si trovi un compromesso. In Germania il “Bundestrat”, la camera delle regioni, può mettere il veto alle leggi del “Bundestag”, ovvero il parlamento, pur avendo potere di scrivere leggi solo su temi limitati.
Costo Prima: il Senato e la Camera costano all’incirca 1,5 miliardi di euro l’anno, lo stipendio di un parlamentare è di circa 12 mila euro al mese con l’aggiunta di altri 8 mila euro circa fra varie voci (stipendio collaboratori e simili). Dopo: i senatori non riceveranno uno stipendio dal Senato ma dagli enti locali di cui fanno parte, con un risparmio di circa 50/60 milioni di euro all’anno. Europa: lo stipendio medio dei parlamentari in Europa è di 5000 euro circa (massimo 13.000 in Francia e minimo 880 in Bulgaria).
“i cambiamenti che porterà saranno radicali”
Numero ed elezione Prima: 315 senatori eletti su base regionale. Dopo: 100 senatori, di cui 74 fra i consiglieri regionali e 21 fra i sindaci delle maggiori città, scelti dagli elettori durante le elezioni regionali, ancora non si è stabilito il come. Essi godranno dell’immunità parlamentare mentre altri 5 senatori saranno nominati dal Presidente della Repubblica per 7 anni (gli ex senatori a vita). Europa: in Francia i 378 rappresentanti delle regioni sono eletti da 150 mila amministratori locali, in Germania sono 69 nominati dai vari “Land” (le regioni federali tedesche) e in Spagna su 266 senatori, 57 sono eletti dagli organi legislativi delle autonomie locali.
Cosa cambia oltre al Senato Governo rafforzato: i provvedimenti dell’esecutivo devono essere votati entro 70 giorni. Questo comporta una maggiore stabilità incentivata anche dalla nuova legge elettorale, l’Italicum. Regioni e Provincie: le Regioni hanno tanto potere su temi vasti che a causa del poco controllo hanno portato moltissimi scandali. La riforma prevede che sarà lo Stato centrale a decidere quali competenze dare e a quali Regioni, a seconda di quanto queste ultime siano affidabili mentre le Provincie saranno definitivamente eliminate. Forze politiche a favore: la maggioranza del PD è a favore della riforma del Senato, con Area Popolare ( NCD e UDC) e Per le autonomie, un gruppo formato da 19 senatori. Fine del bicameralismo perfetto e creazione del Senato delle autonomie: la riforma divide le competenze fra Camera e Senato e dà molti più poteri ai deputati, rendendo più veloce far approvare una legge. Inoltre il governo diventa molto più stabile dovendo avere la fiducia dalla sola Camera dei Deputati, rafforzato ancor di più dalla nuova legge elettorale, l’Italicum, che prevede per la lista vincitrice delle elezioni un premio di maggioranza molto forte. Inoltre la Costituzione prevede che il Senato sia eletto per base regionale, e che quindi in teoria debba
farsi portavoce dei problemi dei territori. Così in Italia non è mai stato, ed il Senato è diventato un doppione della Camera. Secondo i sostenitori della riforma, il Senato diventerà il ramo del Parlamento che rappresenterà i territori. Forze politiche contrarie: Forza Italia, Lega Nord, Movimento 5 Stelle, SEL, ma non hanno tutti le stesse posizioni. I punti di scontro principali sono i senatori non eletti e il troppo potere al governo. Una riforma confusa, lo Stato centrale troppo forte e un cambio non ragionato della Costituzione: secondo vari costituzionalisti, la riforma non è chiara in diversi punti e quindi potrebbe portare a conflitti tra le due camere sulle rispettive competenze. Inoltre, soprattutto secondo la Lega Nord, la riforma del Senato è “centralista”in quanto ridurrà i poteri delle regioni e il Senato delle Autonomie sarà troppo debole per compensare questa perdita. Concludendo, il sistema parlamentare italiano nasce dopo la Resistenza come strumento di difesa da tutti quei pericoli che il regime fascista aveva insegnato: decisionismo, uomo solo al comando, leggi-lampo, Parlamento con la misera funzione di approvare le leggi imposte dall’alto, senza alcun potere. Ogni singola parola della nostra Costituzione era stata pensata per settimane, e nemmeno una virgola era stata messa a caso. Grandi personalità avevano contribuito a scrivere la nostra Carta Fondamentale, e nemici acerrimi erano scesi a patti per il bene dell’Italia. Un cambiamento della Costituzione approvato da nemmeno 180 persone, non rappresenta quindi né il volere unanime dell’attuale Parlamento né tanto meno lo spirito con cui i Padri Costituenti scrissero la nostra bellissima (vecchia) Costituzione. Alberto Botte albi.botte@gmail.com
La TV quando e dove vuoi Netflix sbarca anche in Italia
Il 22 ottobre è finalmente approdato in Italia il noto servizio di streaming di Reed Hastings. Netflix oggi conta circa 50 milioni di utenti che possono accedere quando e (quasi) dove vogliono ai loro contenuti preferiti. Netflix nasce nel 1997 come servizio di noleggio di DVD e videogame tramite Internet. Dal 2008 offre però un catalogo pressoché illimitato di film e serie TV on demand al quale si può accedere tramite un abbonamento mensile molto conveniente che ha permesso alla società californiana di diventare leader nel proprio settore conquistando gli Stati Uniti, il Sud America e l’Europa, arrivando infine anche in Italia. Costo Il servizio offre diverse tipologie di abbonamento mensile, di cui il meno costoso offre uno streaming illimitato di contenuti a qualità standard utilizzabile con un solo dispositivo alla volta ad un prezzo di 7,99 €. A 9,99 € sarà possibile accedere ai contenuti con 2 dispositivi contemporaneamente, i film e le serie saranno in alta definizione. L’offerta più costosa permette invece 4 streaming contemporanei in ultra definizione (4K) e costa 11,99 €. Nonostante il prezzo superiore rispetto alle altre, l’offerta più costosa si rivela anche come la più economica, Netflix infatti permette di associare al proprio account ben 5 profili, il che significa che potrete condividere tranquillamente il vostro account con altri 4 amici riducendo il costo mensile a circa 3 € al mese. Dispositivi Altro punto a favore del noto servizio è la sua accessibilità, lo streaming è accessibile da qualunque dispositivo connesso a Internet ad esempio un computer, una console per videogiochi, lettori DVD e Blu-ray, Smart TV, sistemi home theater, smartphone e tablet. Non si lascia intimidire nemmeno dalle scandalose connessioni Italiane poiché richiede un consumo di dati molto basso. In poche parole se riuscite a vedere un video di YouTube ad una discreta qualità riuscirete veramente a guardare un film di Netflix in full HD.
Tutto questo dovrebbe bastare a convincervi ad abbandonare siti pirata che tra migliaia di pubblicità e minuti di caricamento, permettono di accedere a contenuti con una qualità molto più bassa. Contenuti Passiamo però all’analisi del catalogo, parte fondamentale del servizio che, anche se per ora rimane un po’ debole nel nostro paese, non può di certo essere considerato deludente. Partiamo dalle amarezze: per ora mancano all’appello le serie di House of Cards, Breaking Bad e Game of Thrones. Lo so, state già abbandonando l’idea di farvi un account ma credetemi la cosa è meno grave di quanto sembra. Per prima cosa non è detto che queste serie non saranno mai su Netflix, semplicemente ora non possiede i diritti perché sono esclusiva di Sky, molto probabilmente li comprerà come già avvenuto in molti altri stati. Inoltre Netflix vanta un vasto numero di altri contenuti in continuo aggiornamento che seguono le preferenze del profilo che lo utilizza (ha un algoritmo segreto per selezionare i vostri contenuti preferiti) per cui non rischierete mai di annoiarvi. Sono presenti serie famose ad esempio Dexter, Dr. House, Modern Family e How I Met Your Mother. Sono state annunciate invece The Walking Dead, Prison Break, Agent of S.H.I.E.L.D, Hemlock Grove, The Originals. Possiede inoltre numerosi serie in esclusiva come Daredevil, Sense8, Grace and Frankie, Unbreakable Kimmy Schmidt, Marco Polo e Narcos. Documentari come Virunga e Mission Blue e il lungometraggio Beasts of No Nation, Cultura sballata (sulla legalizzazione, consigliato) e Winter on Fire (sulle proteste Ucraine del 2013, consigliatissimo). Questi sono solo alcuni esempi, ma la lista continua ed è interminabile. Insomma sicuramente in Italia è una rivoluzione del concetto di televisione, nonostante servizi simili fossero già offerti da Sky e Mediaset, Netflix è sicuramente riuscirà ad imporsi al di sopra di questi offrendo un servizio molto più conveniente e di qualità indubbiamente maggiore, facendo dei contenuti culturali uno dei cavalli di battaglia di un promettente servizio di intrattenimento. Francesco Sanson francescosanson97@gmail.com
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INTRATTENIMENTO
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LETTERATURA
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Casa
di Warsan Shire
Si può parlare in tanti modi e in differenti contesti di immigrazione ma forse questo non basta. La nostra visione è limitata al territorio in cui viviamo, di conseguenza le considerazioni su questo tema spesso si basano su nuvole di pensieri ed esperienze che non combaciano con la realtà. Vi vogliamo proporre questi versi per provare ad andare lontano (ma non così tanto) e a ritrovarci migranti. Forse così ci penseremo un attimo di più prima di giudicare, criticare, insultare chi lascia la propria casa e se ne va. La Redazione redazione.mancino@gmail.com Nessuno lascia la casa a meno che la casa non sia la bocca di uno squalo scappi al confine solo quando vedi tutti gli altri scappare i tuoi vicini corrono più veloci di te il fiato insanguinato in gola il ragazzo con cui sei andata a scuola che ti baciava follemente dietro la fabbrica di lattine tiene in mano una pistola più grande del suo corpo lasci la casa solo quando la casa non ti lascia più stare Nessuno lascia la casa a meno che la casa non ti cacci fuoco sotto i piedi sangue caldo in pancia qualcosa che non avresti mai pensato di fare finché la falce non ti ha segnato il collo di minacce e anche allora continui a mormorare l’inno nazionale sotto il respiro/a mezza bocca solo quando hai strappato il passaporto nei bagni di un aeroporto singhiozzando a ogni boccone di carta ti sei resa conto che non saresti più tornata.
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devi capire che nessuno mette i figli su una barca a meno che l’acqua non sia più sicura della terra nessuno si brucia i palmi sotto i treni sotto le carrozze nessuno passa giorni e notti nel ventre di un camion nutrendosi di carta di giornale a meno che le miglia percorse non siano più di un semplice viaggio nessuno striscia sotto i reticolati nessuno vuole essere picchiato compatito nessuno sceglie campi di rifugiati o perquisizioni a nudo che ti lasciano il corpo dolorante né la prigione perché la prigione è più sicura di una città che brucia e un secondino nella notte è meglio di un camion pieno di uomini che assomigliano a tuo padre nessuno ce la può fare nessuno può sopportarlo nessuna pelle può essere tanto resistente
Un libro, un mondo
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egli ultimi anni i libri per ragazzi sono diventati oggetto di attenta ricerca anche in Italia, come già in altri paesi in precedenza. Si tratta di una ricerca ad opera di pedagogisti che, in un’ottica educativa, analizzano e ponderano i diversi fattori che costituiscono la letteratura per l’infanzia e l’adolescenza: il testo, il contesto storico-culturale, l’autore, il lettore, il canale di comunicazione e il tipo di linguaggio adoperato. Esiste infatti una vera e propria “pedagogia della lettura”, una base teorica per tutte le riflessioni sulla letteratura per l’infanzia e l’adolescenza, che si basa sul principio della cosiddetta “tensione formativa” prodotta dai libri. Il libro cioè è un punto di partenza fondamentale per la costruzione della personalità, sia dal punto di vista individuale che sociale. Nel vasto panorama dei mezzi che oggi specialmente i giovani hanno a disposizione (in particolare i social media), leggere libri serve a formare donne, uomini e cittadini, perché porta bambini e ragazzi ad impegnarsi per costruire un mondo, a scorgere alternative rispetto al reale, a confrontarsi con esperienze diverse dalle proprie. Costruire un mondo: le parole, più delle immagini, richiedono un’attività di costruzione che impegna l’intelligenza, la fantasia e il sentimento e favoriscono lo sviluppo della personalità. E questo impegno, secondo la pedagogia della lettura, funge da preparazione ad un ruolo attivo e critico anche nella società. Scorgere alternative: i mondi raccontati dai libri sono spesso molto diversi da quello reale; in particolare la letteratura per l’infanzia e l’adolescenza è ricca di mondi fantastici e immaginari, le cui meraviglie e stranezze attraggono i lettori in una direzione differente dalla realtà. E questo stimola a vedere altre realtà, a scorgere alternative al reale. Questo può favorire forme di libertà individuale, di anticonformismo consapevole; e sul piano etico e civile, stimola una coscienza critica, anche nelle forme di dissenso, necessaria alla democrazia. Confrontarsi con esperienze diverse: il meccanismo che sta alla base della lettura è quello dell’identificazione nei personaggi incontrati, di cui si finisce per condivi-
dere le vicende e il destino, allontanandosi dalle proprie. Più i giovani leggono, più si confrontano con identità e storie molto lontane dalla propria. Non è la costruzione di un doppio, come spesso avviene nella realtà virtuale; è piuttosto un entrare nelle vicende altrui, un confrontarsi con esse, che è la logica stessa del vivere civile. La difficoltà tuttavia rimane quella della scelta delle letture, considerata l’enorme quantità di libri in circolazione. Proprio a partire dal meccanismo dell’identificazione, il desiderio fondamentale per i giovani è incontrare in ciò che leggono una parte di sé, ritrovare le domande (più delle risposte) che si affacciano alla loro mente. Un libro, per colpire un giovane, deve essere l’occasione per aprire con decisione le questioni anche più intime e scabrose; deve offrire parole per dire quello che altrimenti non può essere detto. Per questo il linguaggio della letteratura non può ricalcare il gergo quotidiano: quali altri mondi si possono costruire se le parole che usiamo sono quelle usuali? Può un libro farci volare, sognare, soffrire se le parole rimangono uguali a quelle con cui ci rivolgiamo normalmente ad amici e parenti? Il problema per i ragazzi non è la scelta di un libro piuttosto che di un altro ma il terrore di cosa ci si cela dentro, non è tanto la copertina ma il suo contenuto. Per colmare questa grande distanza tra i giovani e i libri non bastano le biblioteche o le librerie di casa, serve portare nelle scuole gli stimoli adatti perché gli studenti riescano a superare le proprie paure ed imparare ad inventare i propri mondi autonomamente, loro e il loro libro. Marta Pastrello siresoave@gmail.com
I diritti del lettore
“Il verbo leggere non sopporta l’imperativo” Daniel Pennac 1. Il diritto di non leggere “Dovresti leggere questo libro”, “questo libro è imprescindibile”, “è fondamentale…”, “un classico…” Spero di non imparare mai tutte le espressioni usate dai sostenitori della lettura come dovere. Anni di studi pedagogici dimostrano che l’obbligo alla lettura getta sul libro stesso un’ombra di fastidio e costrizione che allontana i ragazzi da biblioteche e librerie. Eppure genitori su genitori costringono i figli alla lettura obbligatoria fallendo sempre miseramente. 2. Il diritto di saltare le pagine Se qualche pagina di un bel libro è noiosa la si può saltare, perché in fondo la lettura dev’essere piacevole. Perché rovinarsi un intero libro per qualche pagina che proprio non ci va di leggere? 3. Il diritto di non finire il libro E se scoprite che il libro proprio è proprio sbagliato per voi o per un momento specifico della vostra vita? Lasciatelo perdere: altrimenti rischiereste di cominciare a provare una certa repulsione per quel libro o, ancor peggio, per la lettura in generale. 4. Il diritto di rileggere Uno dei comandamenti più belli, significa che è stato per voi un’esperienza piacevole alla prima lettura e che vi va di immergervi nuovamente in quelle atmosfere e magari lasciarvi sorprendere da qualcosa di nuovo, che prima non avevate notato. Non è il libro ad essere cambiato, siete voi ad essere cresciuti: ora potete vedere con occhi diversi tutta la magia che il libro contiene. Per questo, non è mai un errore rileggere un libro. 5. Il diritto di leggere qualsiasi cosa Perché qualcuno dovrebbe dirvi che il libro che state leggendo non vale la fatica di essere letto? Finché non avrete aperto la copertina e avrete conosciuto i personaggi di un libro, non saprete se fa davvero per voi o meno, quindi vi consiglio di rischiare sempre!
6. Il diritto al bovarismo Il “bovarismo” è la tendenza psicologica a costruirsi una personalità fittizia, a sostenere un ruolo non corrispondente alla propria condizione sociale che corrisponde a quello incarnato da un personaggio presente nel libro. Volete estraniarvi dalla realtà attraverso un libro? Niente è più legittimo. 7. Il diritto di leggere ovunque L’unica eccezione a questo diritto è per coloro che soffrono il mal d’auto! Tutto il resto della popolazione mondiale ha diritto a leggere dove meglio crede e di reclamare ciò a gran voce. 8. Il diritto di spizzicare Non c’è niente di più bello, nel silenzio di una biblioteca o addirittura di una libreria, del prendere un libro dagli scaffali e aprirlo a caso per leggerne una frase o una pagina intera. Sembra se ne siano accorte anche alcune librerie che predispongono divani e sedie per i lettori fugaci. In fondo, non tutti si innamorano di un libro a prima vista, a volte bisogna immergersi un pochino prima di fare una scelta così importante come quella di iniziare la lettura di un nuovo libro. 9. Il diritto di leggere ad alta voce Questo è il diritto di chi ama il suono delle parole, ma diventa dovere per i genitori, il dovere di soddisfare il desiderio dei figli di ascoltare le fiabe della buonanotte e il dovere di mandare gli stessi figli a scuola perché, liberi, possano imparare a leggere da soli. 10. Il diritto di tacere Questo è il diritto più importante, ma allo stesso tempo il meno rispettato. Imparare a tacere per ascoltare storie, per vivere una vita parallela e viaggiare con la fantasia è un’abitudine che purtroppo si sta via via perdendo, ma che va assolutamente riacquisita. (Decalogo tratto da “Come un romanzo” di Daniel Pennac) Irene Pizzolotto pizzolotto.ire@gmail.com
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LETTERATURA
Il Mancino
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SCAMBIO
Il Mancino
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I Portici
iao! Siamo “I Portici”, giovane giornalino scolastico del Convitto Nazionale Domenico Cotugno di L’Aquila, che nasce all’inizio dello scorso anno scolastico, in risposta ad esigenze condivise e con obiettivi ben precisi.“I Portici” vuole essere piattaforma d’incontro e di dibattito, all’interno della quale formare una coscienza collettiva e positiva. Scriviamo di ciò che cattura la nostra attenzione: cultura, musica, letteratura, cinema e attualità. Il nome che abbiamo deciso di dare a questo nostro progetto riprende uno degli elementi della nostra città tra i più amati e condivisi : i portici del corso principale. Essi sono, nonostante la condizione in cui versano, ancora oggi luogo d’incontro per i cittadini e, in particolare, per i giovani. D’altronde è alla nostra città, oggi in continua evoluzione, anche se spesso sorda ai nostri richiami, che dedichiamo il nostro progetto, i nostri sforzi, la nostra responsabilità e il nostro percorso. A Lei, e anche a tre ragazzi che con noi condividevano percorso di studi, entusiasmi e vitalità: Filippo Maria Bruno, Patrizia Fabaro e Maria Paola Parisse, giovani vite interrotte dal sisma. Nell’articolo seguente cerchiamo di raccontarvi uno dei tanti volti di L’Aquila oggi. Da tanto tempo la cronaca nazionale ha chiuso il sipario su di noi, e la città, nel pieno della sua ricostruzione periferica e all’avvio di quella nel centro storico, è una miniera d’oro. È fonte di grande guadagno per criminalità organizzata e teatro di affari illeciti ed episodi di corruzione, riportati costantemente dalla cronaca locale. In chiusura, ringraziamo i ragazzi de “Il Mancino” : grazie per questo spazio che ci avete dedicato, per la collaborazione che avete accettato di avere con noi e che speriamo possa continuare, portando ad entrambi arricchimento e voglia di far sempre meglio. Ci trovate anche sul nostro blog: iporticicotugno.wordpress.com giornalino.cotugno14@gmail.com La redazione de “I Portici”
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Ricostruzione e mafia: apriamo gli occhi? Chi controlla i fondi del nostro stato?
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o skyline della città si arricchisce sempre di più gru, la ricostruzione parte. Alla parola ricostruzione se ne associa sempre un’altra: rischio infiltrazioni mafiose. Quanto è realmente fondato questo “rischio”? Ce lo siamo chiesto, e perciò abbiamo incontrato Angelo Venti, responsabile del coordinamento regionale di Libera Abruzzo e giornalista, che con la sua testata online Site.it indaga sui movimenti illeciti a L’Aquilaventi. Egli chiarisce sin da subito che camorra, ‘ndrangheta e Cosa Nostra sono ben più che un rischio nella nostra città: una realtà effettiva; i rapporti di imprenditori locali con la criminalità organizzata erano già presenti prima del terremoto e oggi sono solo intensificati. Non dobbiamo dunque pensare che la mafia non ci riguardi, perché può esserci tutt’al più una sola differenza con le “tipiche zone mafiose”, come dice ancora il nostro interlocutore: “quando vai nelle regioni del Meridione ad indagare capisci chi è il mafioso e riconosci chi si oppone. Qua da noi, un po’ perché non ci si è abituati, c’è una sorta di muro di gomma generale”. È più difficile insomma capire chi ha responsabilità, chi ha “un piede dentro e uno fuori”. L’economia mafiosa si nutre di desiderio di arricchimento personale, di dinamiche di scambio favori, e spesso di legislazione e controlli poco adeguati. “Tutte le inchieste, sia quelle relative alla prima emergenza,che al Progetto C.A.S.E., ai puntellamenti e alla ricostruzione, hanno un filo conduttore: le ordinanze in deroga
alle leggi; che consentono un allentamento dei controlli. Tramite le ordinanze è diventato legale quello che nel resto d’Italia è illegale” dice Venti. Alcuni esempi: la presenza nei cantieri del progetto C.A.S.E. di 132 ditte senza autorizzazione fu regolamentata da un’ordinanza della protezione civile, dopo la denuncia presentata da Libera; l’appalto dei lavori di puntellamento e messa in sicurezza fu affidato per nomina, causa lo stato di emergenza; la trasformazione in indennizzo al privato del contributo pubblico per la ricostruzione di edifici privati è uno degli aspetti che rende la ricostruzione privata meno trasparente. Dopo aver ascoltato queste storie che sembrano quasi scorrere in una città sotterranea ed estranea a noi, automaticamente è nata una domanda: cosa possiamo fare noi giovani? “Intanto secondo me dovreste imparare a vedere quello che vi succede intorno”, guardare come vengono svolti i lavori; andare a chiedere a politici, tecnici e giornalisti come stanno andando le cose. Ma soprattutto, a L’Aquila “si richiedono continuamente leggi che assicurino soldi alla ricostruzione, ma vi risulta ci sia una legge o qualcuno che chieda come controllare quei soldi? Sarebbe molto più utile”. Insomma, rompere le scatole ed esserci, pensando e dicendo come vogliamo la nostra ricostruzione. Sara De Felice Diletta De Santis giornalino.cotungno14@gmail.com
NOTIZIE DAI TERRITORI >>> ODERZO
>>> BELLUNO
Adesso Basta Centrali Aula magna, 150 progetti di nuove centraline idroelettriche nel fiume più sfruttato d’Europa
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’uso dei carboni fossili per la produzione di energia è un crimine contro il nostro pianeta, ma lo è anche non utilizzare le fonti alternative e rinnovabili in maniera adeguata, per non rischiare che siano proprio quest’ultime a danneggiare l’ecosistema. Ne è un esempio il fiume Piave che appartiene al bacino idrico più sfruttato d’Europa, con un rete di canali e deviazioni sotterranee che nella sola Provincia di Belluno sono centinaia di chilometri, tutto per la produzione di energia idroelettrica, un affare da milioni e milioni di euro di cui una piccolissima parte, un “contentino”, viene dato alla Provincia, ma risulta troppo poco paragonato ai rischi e ai danni che comporta. Questo iper-sfruttamento del “Fiume Sacro alla Patria” ha portato negli anni a far ritirare i fiumi e a far scomparire torrenti, tant’è che ora il corso d’acqua che fino a 60 anni fa era navigato da zattere e barche, in molti tratti è poco più di un fiumiciattolo. A monte lo sfruttamento raggiunge ormai quasi il 90% dell’acqua e ciò crea enormi problemi: frane, terreno instabile, crolli di strade, ecosistemi distrutti e gravi problemi di approvvigionamento idrico nella Pedemontana sono ormai all’ordine del giorno. Di fronte a questi problemi gravi, sono stati presentati oltre 150 nuovi progetti di centraline. Il Sindaco di Belluno, Jacopo Massaro ha dichiarato riguardo alle nuove centraline: ”Questo è l’ennesimo stupro al nostro territorio. Si rischia un nuovo Vajont”. Secondo il Comitato “Adesso Basta Centrali”, nato per difendere la Provincia di Belluno da questi nuovi progetti, ha stimato che, mentre la produzione energetica supplementare sarà infinitamente bassa, l’effetto della loro realizzazione determinerebbe un enorme impatto ambientale su un ecosistema fluviale già fortemente danneggiato e con un livello
delle acque al minimo. Il grido unanime è diretto alla regione Veneto, affinché blocchi questi progetti proposti senza discuterne prima nemmeno con i comuni, privi di ogni potere decisionale. A Limana, già lo scorso 28 ottobre è cominciata la campagna per la salvaguardia del territorio: il Comitato Adesso Basta Centrali è riuscito ad impedire i sopralluoghi per tre diverse centraline -in passato, ogni tentativo di dialogo aveva sempre portato a vani risultati-, promettendo che in futuro ogni occasione sarà buona per manifestare il dissenso profondo e radicato che c’è nei confronti di uno sfruttamento delle acque che, se continuerà in questo modo, porterà alla scomparsa del Piave. L’incontro informativo tenutosi il 6 novembre scorso con grandissima partecipazione di cittadini, sindaci ed esponenti politici di spicco, ha dimostrato come questo tema sia sentito in provincia e non solo. È emerso chiaramente che la Regione non ha un piano di controllo su queste centraline e quanto sia urgente operare al più presto per “salvare il salvabile”. Il comitato Acqua Bene Comune, con il contributo dei sindaci, continuerà a manifestare la forte preoccupazione per il territorio in tutte le occasioni possibili. È stata già forte la ricerca del dialogo, ma la storia recente del Mis e di altre campagne ha ormai insegnato che troppo spesso ci si ritrova a parlare con dei muri, a cui non interessa la salvaguardia socio-ambientale della provincia bellunese, ma solamente i facili profitti. “S’udiva allor dalle violate sponde sommesso e triste il mormorio de l’onde.” (da “La Canzone del Piave”) Denis Donadel denisdonadel@gmail.com
labores longi
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Quest’aula non s’ha da fare
utti gli studenti sono in qualche modo attirati e affascinati dall’idea della lezione all’aperto, o, ancora meglio, dall’idea di fare assemblea in giardino. Noi del Liceo Scarpa l’abbiamo fatta l’anno scorso al termine dell’occupazione del nostro istituto. A Giugno stare in giardino a discutere all’ombra di un albero, immersi nella natura, al posto che chiusi dentro una stanza, non è assolutamente disdegnabile, ma sapere che da 6 anni l’aula magna della propria scuola è un cantiere aperto e ormai in mano alle erbacce è più che vergognoso, è imbarazzante. Il problema da risolvere è una parte di soffitto che è crollata a causa di un’infiltrazione d’acqua, la cui sistemazione non dovrebbe richiedere un tempo lungo, alla riparazione di questo, però, si è aggiunta anche la modernizzazione e la messa in sicurezza antisismica della struttura, lavori che hanno richiesto un aumento del tempo dei lavori. Gli studenti aumentano ogni anno e con essi anche le proposte e le iniziative, ma servono degli spazi per metterle in pratica al meglio, perché risultino accessibili a tutti e realizzabili indipendentemente dalle condizioni meteorologiche, che come sappiamo in Veneto non sono permettono di svolgere attività all’aperto per tutto l’autunno e l’inverno. Allo Scarpa di Oderzo noi studenti da anni ormai ci arrangiamo come possiamo, ciò non toglie che desideriamo fortemente la sistemazione della nostra cara Aula Magna. Da vari anni ci viene detto “l’aula magna sarà pronta a breve”, eppure da molti anni questa conclusione dei lavori è solamente un miraggio. Ma nel frattempo l’aula magna è stata ricostruita, e all’apparenza sembra quasi terminata, forse manca veramente pochissimo, una rifinitura, ma non c’è niente da fare, la nostra aula magna è ancora un cantiere. Andrea Cadamuro cador98@gmail.com
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TERRITORI
Il Mancino
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TERRITORI
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> > > V E N E Z IA
Impara l’arte e (soprattutto) mettila da parte
L’inaccettabile idea di Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia
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uigi Brugnaro, la figura alla guida del comune di Venezia da Giugno, ha colpito ancora. Il 10 ottobre scorso Brugnaro ha dichiarato di voler mettere all’asta diversi quadri per risanare il buco di bilancio del comune. Nell’elenco dei quadri al bando ha destato stupore la presenza della “Giuditta II” di Klimt e “il rabbino di Vitebsk” di Chagall. Il critico d’arte Vittorio Sgarbi si è schierato dalla parte di Brugnaro, affermando che Chagall e Klimt hanno alcuna correlazione con Venezia, ma la decisione di Brugnaro mi sembra quantomeno inaccettabile. Vediamo perché. Brugnaro rappresenta i tre fenomeni politici che hanno portato l’Italia alla crisi morale e politica che stiamo vivendo: il Berlusconismo, il Renzismo e il Salvinismo. Se a livello nazionale queste forze sembrano nemici giurati, a livello provinciale possono trovare interessanti convergenze, e Brugnaro è una di queste in quanto racchiude in sé caratteristiche appartenenti a tutti e tre i fenomeni. Sono i rappresentanti di un sistema che finge di rinnovarsi, ma ritorna sempre sui suoi passi, ricadendo sulla solita vittima: i lavoratori, le comunità straniere, gli studenti, le minoranze in generale. La decisione del sindaco di mettere all’indice la cultura è su questa linea. “Vendiamo i quadri per far tornare i conti del comune” è il trionfo della dottrina neoliberista che mette il pareggio di bilancio al di sopra dall’arte, della bellezza e della cultura in generale; ma è altresì il trionfo del populismo. Il fatto che il sindaco di una città come Venezia, culla della storia e della cultura non solo Italiana, ma anche Europea ed Araba, chiami
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“modernariato” opere di artisti affermati e rinomati come Klimt e Chagall è, facendo un parallelismo un po’ rischioso, quasi peggio della distruzione del sito di Palmira da parte dell’ISIS, dove i terroristi hanno in un certo senso riconosciuto il valore rappresentato dall’opera, nonostante abbiano deciso di distruggerla successivamente, mentre a Brugnaro è mancato totalmente questo passaggio. Nel suo mondo imprenditoriale tutto ciò che non è manuale e che non genera profitto è un peso da buttare. Nella sua visione della vita un cacciavite vale più di una sinfonia e una chiave inglese più di una poesia, ma là dove non c’è distinzione tra ignoranza e istruzione, dove la vita è una continua corsa ad arricchirsi, non c’è spazio per un futuro ricco di arte e cultura. In conclusione, l’arte, espressa in tutte le sue disparate forme, è nata per soddisfare la curiosità dell’uomo, mentre la ricerca del solo utile pratico ha sempre portato all’ignoranza e al regresso. Ricordiamocene perché il futuro ci appartiene più di quello che crediamo. Stefano Pravato stefanoprav@gmail.com
Venezia è ancora in lista?
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omplici la mole di notizie che ogni giorno coinvolgono la città di Venezia e lo scarso approfondimento da parte della stampa locale, la visita di un comitato speciale inviato dall’UNESCO - l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza, la cultura e la comunicazione - nella settimana dal 13 al 17 novembre 2014 non ha per nulla destato interesse e dibattito sulla scena lagunare. Il contingente, seguendo un programma blindatissimo, ha avuto occasione di confrontarsi con i soggetti pubblici preposti alla gestione del patrimonio cittadino; innanzitutto il “Comitato di pilotaggio”, un organo in cui confluiscono autorità di natura eterogenea, dalla Diocesi all’Autorità Portuale; a seguito il consorzio universitario Corila; ma, soprattutto, i “portatori di interesse”, la totalità delle associazioni impegnate nella salvaguardia e nella tutela di Venezia e della sua laguna - anch’essa oggetto di visita da parte della commissione - . La “causa apparente” della spedizione del contingente in città è infatti da ricercarsi in un documento del 2014 redatto dalla stessa UNESCO, dal quale emergevano interrogativi riguardo allo stato di salute della zona lagunare; all’origine degli interrogativi risiede però una “causa profonda”, il preoccupante evolversi delle questioni in materia di turismo ed ambiente. Oggetto di investigazione è stato perciò soprattutto il dibattito legato alle Grandi Navi che ogni giorno attraversano il bacino di San Marco e il Canale della Giudecca per arrivare al Porto di Venezia; la commissione ha espresso le proprie perplessità a riguardo, ponendo l’ipotesi di una soluzione alternativa al passaggio delle navi attraverso alla città. Il dibattito è di lunga data nel veneziano: questo perché il transito di natanti di grosse dimensioni all’interno della laguna di Venezia, secondo riconosciuti esperti, deteriora l’ecosistema lagunare, ed il moto ondoso provocato dal movimento
> > > P O R T O G R UA R O di mezzi di così grande mole danneggia sia il fondale lagunare che le fondamenta che danno sul bacino di San Marco e sul canale della Giudecca; sarebbe quindi in grado di causare ingenti danni agli edifici storici. Non sono da dimenticare, inoltre, i danni alla salute umana derivanti dal fumo dei motori (che devono per forza rimanere accesi anche durante il passaggio sebbene le navi siano trainate da due rimorchiatori) dalle onde elettromagnetiche - queste ultime fonte, inoltre, di interferenze con gli apparecchi elettronici installati nelle vicinanze -. La soluzione proposta dal neoeletto sindaco contempla l’ipotesi del transito di questi “giganti della laguna” attraverso il canale Vittorio Emanuele, che si trova immediatamente fuori dalla città, per poi farli rientrare nel Porto. Senza dubbio si tratta di una valida ipotesi per la salvaguardia degli edifici storici, ma non è da escludere che le navi possano continuare a scatenare alterazioni dell’ecosistema lagunare, già minacciato dalla realizzazione di altre grandi opere come il Mose. Alla commissione in visita, il sindaco Brugnaro ha posto una precisa domanda riguardo ai “vantaggi concreti” di cui la città potrebbe usufruire dalla permanenza all’interno della lista dei Patrimoni dell’Umanità. Ha poi obiettato che la necessità primaria di Venezia consiste, in questo momento storico più che mai, nel reperimento di ingenti fondi che ne permettano una gestione adeguata. Anche se è fuori dubbio che Venezia resterà nella lista, è significativo il fatto che un contingente dell’UNESCO sia venuto a fare una visita per controllare il suo stato e dovremmo tutti interrogarci su questo, lasciando da parte la logica utilitaristica e mettendo in primo piano non la necessità di fondi, ma di politiche sostenibili per la gestione della città. Venezia è una città artistica e un grandissimo patrimonio culturale e in quanto tale dovrebbe essere gestita in modo adeguato. I fondi servono più che mai in questo momento, ma se la gestione è volta a favorire il guadagno dei privati che lucrano sul turismo massiccio, sventrando e rovinando una città che è unica nel suo genere, stiamo sbagliando percorso. Venezia va conservata e non svenduta. Francesca Ballin francescaballin01@gmail.com Fosca Grespi foscaoh@gmail.com
Noi la mano la diamo a tutti
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l 4 Novembre a Portogruaro si è tenuta la celebrazione del corpo delle Forze Armate, evento che ha coinvolto molti cittadini, tra cui anche alcuni nostri compagni di scuola. Il sindaco Maria Teresa Senatore, presente alla celebrazione, ha stretto la mano a tutti i cittadini in segno di riconoscenza rifiutandosi però di stringerla ad una ragazza il cui unico “difetto” è quello di avere la carnagione scura. Dopo di lei, anche gli Ufficiali a seguire hanno compiuto lo stesso gesto. In quanto studenti ci siamo indignati per il comportamento del Sindaco perché il rispetto della dignità di ogni persona è imprescindibile, una cosa che ci si aspetterebbe perciò da chiunque, ancor più da un’istituzione che ha il compito di rappresentare tutti i cittadini. La stretta di mano negata è senz’altro un comportamento che ci ha dato molto fastidio e per questo abbiamo deciso di mobilitarci fuori e dentro le nostre scuole, perché non vogliamo più vedere odio e razzismo in tutta la regione Veneto dove purtroppo già in passato si sono verificati simili episodi da parte di figure istituzionali che hanno sempre meno a cuore integrazione e multiculturalismo, valori che non possono più mancare in un Paese che si definisce democratico. Il giorno dopo l’accaduto abbiamo deciso di organizzare un‘iniziativa contro il razzismo e la xenofobia, concetti che riteniamo arretrati e che aumentano solamente l’intolleranza alle differenze già troppo presente nel nostro territorio. La mattina seguent ci siamo quindi dati appuntamento davanti alle scuole superiori della nostra città con alcuni cartelloni nei quali abbiamo fatto imprimere dagli studenti la mano in vari colori, per sottolineare, contro il razzismo, la ricchezza conferita dalle differenze. Abbiamo ritenuto necessario compiere questa iniziativa per portare dentro alle scuole, da sempre luogo di formazione e di informazione, il nostro messaggio di tolleranza e uguaglianza tra tutti gli esseri
umani. Abbiamo voluto mostrare la nostra solidarietà perché la scuola è il primo luogo da cui parte la lotta all’odio e al razzismo e dipingendo simbolicamente le nostre mani abbiamo mostrato quanto le differenze di etnia e religione siano superabili e che noi, per questo motivo, #lamanoladiamoatutti. Crediamo che Portogruaro sia una città in cui tutti debbano sentirsi accolti ed integrati senza alcuna distinzione e invitiamo il Sindaco a mantenere la promessa data in principio, promuovendo la costruzione di eventi nelle scuole e nella città diretti verso un clima di integrazione e accoglienza. Domenico Zamburlini dzamburlini@gmail.com
>>> VICENZA
Transgender Day of Remembrance
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l 20 Novembre di ogni anno si celebra il TDoR o “Transgender Day of Remembrance”, una ricorrenza della comunità LGBT per commemorare le vittime dell’odio e del pregiudizio anti-transgender (transfobia). Esso nasce nel 1998 in ricordo di Rita Hester, il cui assassinio diede avvio al progetto web “Remembering our dead” da parte di Gwendolyn Ann Smit. Da allora il TDoR ha fatto passi da gigante fino ad abbracciare oltre 180 città sparse per tutti i continenti. Nel solo 2014, secondo i dati diffusi dal Transgender Europe’s Trans murder monitoring project, si è assistito a 226 casi di omicidio dichiarati, senza quindi considerare suicidi o casi non denunciati. Arci giovani Vicenza si impegna quindi nella lotta alla transfobia, con un’iniziativa coinvolgente e informativa aperta a tutti, fissata per il 21 novembre in cui vi saranno persone trasgender che parleranno della propria esperienza, oltre a musica e artisti che esporranno le proprie opere su questo tema. Riccardo Dalla Tomba riccardodt@gmail.com
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TERRITORI
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TERRITORI
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>>> CASTELFRANCO
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A Pà
la notte tra l’1 e il 2 novembre 1975 ad Ostia. Una donna trova un cadavere massacrato ma non lo riconosce e per avere il nome della vittima dobbiamo aspettare l’arrivo dell’attore Ninetto Davoli che rivede nel corpo l’immagine dell’amico Pier Paolo Pasolini. Quarant’anni dopo, il Liceo Giorgione di Castelfranco Veneto pone la stessa domanda ai suoi studenti: chi è l’uomo percosso e travolto dalla sua stessa auto sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia? Chi è Pier Paolo Pasolini? Il Liceo ha organizzato cinque incontri tenutisi dal 2 al 6 novembre, per far conoscere ai giovani un personaggio geniale, alfiere dell’antic on for m is mo, una persona che ha donato la propria anima gettandola nell’agone del suo tempo. Il progetto ha riscosso un grande interesse negli studenti perché Pasolini rientra in quella lunga sfilza di artisti negletti dai programmi scolastici che gli insegnati tendono a considerare superficiale e a non affrontare spesso per mancanza di tempo. A fare da colonna sonora sono state due canzoni indimenticabili: “Che cosa sono le nuvole”, brano cantato da Modugno su testo di Pasolini e “A Pà”, un ricordo dello scrittore che De Gregori proietta in una dimensione totalmente interiore, priva di dimensione storica, in uno slancio tutto vitale. In questi giorni si sono alternate tre relatori: Il professor Carlo Michielin ha proposto un incontro rapporto tra Pasolini e la storia e ha analizzato assieme ai ragazzi il film “Il vangelo secondo Matteo”; il professor Michele Bordin si è soffermato sulla produzione narrativa ed in particolare sui due romanzi romani “Ragazzi di vita” e “Una vita violenta”; infine la professoressa Irina Possamai ha esposto un’attenta analisi sulla storia delle produzioni teatrali di Medea partendo da quella pasoliniana. A chiudere questa settimana è stato l’intervento del gruppo teatrale “Anagoor” che ha proposto un incontro
di lettura poetica che ha coinvolto gli studenti in prima persona. In questi giorni gli studenti hanno potuto assistere alla genialità di un’artista ma anche alla fragilità di uomo che ha fatto delle sue debolezze una bandiera che non ha mai rinnegato. Pasolini scrisse a Italo Calvino che la differenza tra loro due era che Calvino parlava di soggetti che talvolta risultavano esterni a sé mentre egli scriveva tutto in funzione del suo vissuto. Questa è la chiave per comprendere la complicata psicologia di Pasolini, la partecipazione in prima linea di ciò che ha scritto, detto e pensato. Ci sono persone nate per nascondersi nelle retrovie o nelle parole non dette, Pasolini no e il Liceo Giorgione ha assistito ad una grande lezione di umanità che spero non dimenticherà troppo presto. “La morte non è nel non poter comunicare, ma nel non poter più essere compresi.” - Pier Paolo Pasolini Irene Pizzolotto pizzolotto.ire@gmail.com
“La morte non è nel non poter comunicare, ma nel non poter più essere compresi” Pier Paolo Pasolini
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>>> TREVISO
Treviso ripArte
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reviso nell’ultimo mese ha segnato in agenda tre appuntamenti importanti nel campo artistico: inaugura un museo che rinasce e due mostre di rilievo nazionale. È aperta dal 23 ottobre presso Ca’ dei Carraresi la mostra “El Greco in Italia, metamorfosi di un genio”, visitabile fino al 10 aprile 2016. L’esposizione si concentra sul decennio 1567-1576, il periodo trascorso in Italia dall’artista Domènikos Theotokòpoulos, denominato appunto El Greco per le sue origini cretesi. Durante questo periodo egli lavorò a contatto con Tiziano, si ispirò al Tintoretto e ad altri artisti italiani modificando e arricchendo il suo stile, compiendo così il passaggio da importante artigiano a pittore affermato. La prima parte della mostra illustra la biografia dell’artista, la seconda tratta il suo legame con Creta e i primi anni di lavoro, la terza presenta il periodo italiano e diverse opere di artisti che influenzarono la sua pittura, mentre l’ultima parte è riservata alle influenze che El Greco ha esercitato sugli artisti del ‘900, tra cui Pablo Picasso e Francis Bacon, racchiudendo così in un’unica mostra elementi d’arte rinascimentale e moderna.
> > > PA D O VA È stato inoltre riaperto il Museo Bailo, spazio espositivo situato in Borgo Cavour rimasto chiuso per dodici anni a causa della ristrutturazione dello stabile, e tanti sono stati i cittadini che hanno partecipato con entusiasmo alla sua inaugurazione giovedì 29 ottobre. Ora il Bailo è un museo nuovo, dall’importante valenza architettonica e culturale. Al suo interno contiene un’importante raccolta di Arturo Martini, conosciuto come uno dei più grandi scultori italiani del Novecento. Il museo presenta inoltre opere di artisti veneti dalla seconda metà dell’800, come Luigi Serena e Giovanni Apollonio, fino alle avanguardie del Novecento con Giovanni Barbisan, Carlo Conte e Gino Rossi. Dal 31 ottobre al 3 aprile 2016 presso il Complesso di Santa Caterina è presente una mostra interamente dedicata a Maurits Cornelis Escher, celebre artista olandese del Novecento che nelle sue opere gioca con mondi reali e specchi che riflettono geometrie e illusioni ottiche. In circa 140 elementi l’esposizione spazia dalle esperienze formative ai capolavori più famosi dell’artista, offrendo così ai visitatori la possibilità di immergersi in un coinvolgente mondo geometrico, surreale, fantastico. Cecilia Bona ceciliabona@katamail.com
Quando spostarsi è sempre più difficile
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n seguito al cambiamento degli orari e delle linee degli autobus sono sorti numerosi disagi tra i cittadini padovani che hanno riscontrato un peggioramento del servizio rispetto allo scorso anno. Un gran numero di studenti e lavoratori, infatti, si trova in difficoltà poiché gli autobus non passano ad orari compatibili con le lezioni o con gli orari di lavoro e inoltre il costo degli abbonamenti, che non si possono utilizzare di domenica, è piuttosto elevato. È da considerare inoltre la scarsa manutenzione dei mezzi nei quali molto spesso ci sono infiltrazioni di acqua e sedili rotti. Da sottolineare anche come la nostra città non sia adeguatamente attrezzata di fronte agli ostacoli meteorologici di più grossa portata quali nevicate, temporali e piogge forti; nel periodo invernale, momento dell’anno maggiormente caratterizzato da questi avvenimenti, i disagi comprendenti ritardi, soppressioni di corse ed estemporanee fermate addirittura del tram aumentano vertiginosamente a causa della mancanza di un protocollo da seguire in queste situazioni. Facendo una breve analisi delle corse po-
meridiane, è naturale individuare che il problema di ritardi e affollamenti degli autobus è presente in maniera minore, anche se non vi è un’efficiente sistema di corse notturne, al momento fin troppo carenti. Per alcune linee si registrano anche poche corse (se non addirittura nessuna) nel fine settimana, specialmente di domenica. Non meno importante la vertiginosa diminuzione della manutenzione dei mezzi stessi che, oltre ad essere assai vecchi e talvolta troppo poco capienti, sono soggetti a perdita di combustibile e arresto del motore a discapito di tutti i passeggeri a bordo costretti a scendere e ad aspettare la corsa successiva o a procedere verso la propria destinazione con altri mezzi. L’insieme di tutti questi problemi rende lo studente spesso impossibilitato a giungere a scuola in orario, limitando così il suo diritto allo studio che, in quanto libero cittadino, detiene. Ciò che noi, Rete degli Studenti Medi Padova, abbiamo intenzione di fare è cominciare a raccogliere tutte le singole voci e agire seriamente, non sopportando più passivamente tutte queste irregolarità, ma cominciando a farci sentire per segnalare e chiedere un miglioramento generale del sistema dei trasporti pubblici. Chiediamo un atteggiamento diverso e più interessato da parte dell’amministrazione comunale, per questo noi studenti cercheremo di portare avanti alcune iniziative nelle scuole ed estese a tutta la cittadinanza, partendo da una raccolta firme e da un questionario di gradimento. Cristina Bessega Gloria Bugin Asia Manzari retestudenti.padova@gmail.com
“il costo degli abbonamenti, che non si possono utilizzare di domenica, è piuttosto elevato”
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TERRITORI
Il Mancino
Novembre 2015 - N.5
OROSCOPO
Il Mancino
Novembre 2015 - N.5
L’oroscopo dello studente Ariete 21/03 - 20/04 Venere e Marte vi provocano un umore un po’ altalenante ma sicuramente passionale! Vorreste fare mille cose diverse e sperimentarne di nuove, l’ambiente a scuola però vi fa solo deprimere. Qualche cosa magari si può migliorare… (si consiglia la lettura dell’Articolo 2.8 dello Statuto degli Studenti e delle Studentesse).
Leone 23/07 - 22/08 Non siete convinti di aver preso il ritmo giusto vero? Non abbattetevi e cercate di migliorare al massimo, senza chiaramente ammazzarvi solo di studio. Non vergognatevi di chiedere una mano ai vostri amici e compagni per studiare, anzi può essere un’ottima soluzione per unire l’utile al dilettevole!
Sagittario 22/11 - 21/12 Le persone che vi circondano fanno fatica a comprendervi e forse vi sembrerà che critichino troppo voi e le vostre scelte, in particolare quelle sul vostro futuro. Non date peso alle critiche ma datelo ai consigli, prendetevi questo periodo per capire con calma tutte le scelte universitarie e lavorative che avete davanti.
Toro 21/04 - 20/05 Questo mese le cose andranno meglio! Ritroverete sintonia con molte persone e vi sentirete più a vostro agio a scuola e nello studio e, mi raccomando, non sottovalutate il divertimento pomeridiano! Teatro, cinema, passeggiata o anche dello studio in compagnia, sarà tutto più esilarante!
Vergine 23/08 - 22/09 Sarete messi alla prova da vari imprevisti a scuola come a casa, tuttavia non disperate. Tante saranno le ansie quanta sarà la vostra determinazione nel far volgere le cose al meglio, tenete duro e alla fine riceverete anche grandi soddisfazioni da queste settimane!
Capricorno 22/12 - 20/01 Avete un’energia insolita che vi rende esuberanti con gli amici e anche in classe. Sarà tutto più divertente certo, ma attenti a non far arrabbiare qualche prof… (si consiglia lettura dell’Articolo 4 dello Statuto degli Studenti e delle Studentesse).
Gemelli 21/05 - 21/06 Sarà un periodo molto attivo, in cui potrete dare di più sia nello studio che nelle attività esterne alla scuola. Fate solo attenzione a non pretendere troppo, né dagli altri né dai voi stessi, e vedrete che un po’ alla volta funzionerà tutto meglio.
Bilancia 23/09 - 23/10 Il vostro umore e la vostra concentrazione sono molto altalenanti in questo periodo. Cercate di mantenere la calma e di organizzarvi meglio le giornate per affrontare la mole di studio e di impegni. Magari provate ad organizzare dei gruppi studio nel pomeriggio, saranno una routine utile e anche divertente!
Acquario 21/01 - 19/02 Marte e Venere vi danno tregua e sarete un po’ più tranquilli, forse però anche un po’ più annoiati. Scambiatevi qualche consiglio, racconto, impressione su questi primi mesi di scuola con gli amici di altri istituti. Magari vi daranno delle idee carine per delle attività da cominciare anche a scuola vostra!
Cancro 22/06 - 22/07 Siete carichissimi e pronti a fare nuove esperienze, conoscere nuove persone, insomma stare fermi sui banchi non sarà facile. Perché per movimentare un po’ le lezioni non chiedete ad alcuni insegnanti di sperimentare metodi didattici diversi? Magari con delle discussioni legate all’attualità, così potrai farti coinvolgere senza annoiarti.
Scorpione 24/10 - 21/11 Vi sentite più intelligenti e maturi del solito e avete voglia di dimostrarlo e mettervi in gioco. Potete farlo anche a scuola fuori dall’orario di lezioni, e se le attività offerte scarseggiano perché non pensate voi a promuovere qualche progetto o un collettivo studentesco? (si consiglia lettura dello Statuto degli Studenti e delle Studentesse)
Pesci 20/02 - 20/03 Rimanete come sempre i più creativi, ma forse ancora un po’ troppo introversi e sognatori. Se non riuscite a passare ore su un libro a studiare provate a trovare un film su quell’argomento, o dei video, delle canzoni… Se li portate anche in classe potreste risparmiare molta fatica ai vostri compagni!
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L’ora di italiano
Orizzontali 3. Eternamente no - 5. Un frutto importato - 7. La lucertola notturna - 8. Altrimenti detto - 10. Apre Il Cinque Maggio - 11. Calati a picco - 14. Zufoli di terracotta - 16. Chi è preparato ha buone probabilità di superarli - 17. La regione di Stettino - 18. Lo spreca chi parla al vento Verticali 1. L’inizio di molti annunci - 2. La girano i velisti - 3. I pellerossa famosi per...l’ultimo - 4. Così è detto l’orologio tradizionale, con le lancette - 6. Comunemente ‘stella di natale’ - 9. Il regno di Hammurabi - 10. Lo è la terra al di sopra del mare - 12. La Santa del New Mexico 13. Il far del giorno - 15. Il commissario amico di ‘Batman’
(Psst! Trovi le soluzioni qui: goo.gl/sTPRPp)
The art is a boom
“Il muro di Berlino è caduto”. Il 9 novembre 1989 questa notizia risuonò nella bocche e nelle orecchie di tutto il mondo. Oggi, a 29 anni di distanza, siamo ancora circondati da muri: oltre a quelli fisici tra Messico e U.S.A. e tra Ungheria e Serbia, esistono barriere invisibili e per questo più pericolose, limiti che ci vengono proposti da razzismo e omofobia. Anche per questo molti studenti sono scesi in piazza urlando “ANOTHER BRICK FOR THE FUTURE!”, per abbattere i muri e costruire un futuro basato sull’integrazione.
Canzone, Scorpions, 1990
Wind of Change Canzone diventata simbolo della Germania riunita. Composta dal front man della band Klaus Meine per celebrare la caduta del muro, l’aumento della libertà nel blocco comunista e l’imminente fine della guerra fredda.
Film, Wolfgang Becker, 2003
Goodbye, Lenin!
La famiglia Kerner vive a Berlino Est. Il padre è fuggito all’Ovest ma la madre Christiane è una comunista ortodossa convinta assertrice della linea del Partito Comunista. Un giorno viene colpita da un attacco cardiaco e mentre si trova in coma il Muro viene abbattuto. Otto mesi dopo Christiane si risveglia in una società che è del tutto mutata, ma suo figlio Alex è stato messo sull’avviso.
Libro, Carlo Bisin, 2011
Berlino 60 - Storie di qua e di là del muro Il muro di Berlino è finalmente crollato, ma come hanno vissuto le persone fino a quel giorno? Cosa è cambiato nelle loro vite? Come sono riusciti a reagire? Famiglie divise, parenti, amici, fidanzati... tutti indistintamente separati da una parete di cemento costruita nell’arco di una notte. “Berlino 60 - Storie di qua e di là del muro” racconta proprio questo.
Youtube, 1989
Rostropóvich plays during fall of Berlin Wall Capita che un musicista tedesco decida di scendere con la folla che sta abbattendo il muro di Berlino. Capita che questo “musicista” sia uno dei più grandi violoncellisti della storia e che i video che lo ritraggono di fronte al muro abbattuto siano più di un’interpretazione: sono l’omaggio di un cittadino alla sua patria finalmente riunita.
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TEMPO LIBERO
Il Mancino
Novembre 2015 - N.5
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Il Mancino - Novembre 2015 - Numero Cinque - giornalino studentesco Veneto a distribuzione gratuita - tiratura: 5000 copie Denis Donadel - denisdonadel@gmail.com - 3408204707 Jacopo Buffolo - jacopo@buffolo.it - 3466314395 Stampate presso Centro Stampa Delle Venezie - Via Austria, 19/b – Z.I. Sud 35127 Padova (Italy) Edito da: Rete degli Studenti Medi Veneto - c/o Reset - Via Loredan 26, Padova (Italy) redazione.mancino@gmail.com