Settembre 2015 - N.4
Studenti in piazza per una scuola #buonaxdavvero!
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Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza. Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza.” Antonio Gramsci
Rane bollite
Il 9 ottobre non accettiamo la distruzione della scuola pubblica!
Lo scorso 13 Luglio il parlamento italiano ha approvato la legge 107 altresì detta “La Buona Scuola”, una riforma del sistema scolastico che d’innovativo per gli studenti ha ben poco. ...a pagina 15
È la notte tra il 14 e il 15 agosto quando Treviso diventa, per l’ennesima volta negli ultimi mesi, triste teatro di violenza fascista impunita. ...a pagina 19
Persone prima Il governo delle dei confini armi
Uno sguardo alla realtà dei migranti di oggi. Sempre in prima pa-
gina, il fenomeno delle migrazioni è in crescita esponenziale. I dati sono allarmanti e denunciano uno scenario di disperazione diffusa, solo dal confronto dei dati del 2015 con quelli del 2014 emergono notevoli differenze riguardo.. ...a pagina 3
Il Governo Renzi ha stanziato 18 miliardi di euro per la Difesa nell’ anno 2015. Mentre viene ridotta dell’ 11% la spesa per l’ addestramento militare, creando così uno scompenso notevole tra disponibilità di congegni e capacità di utilizzo degli stessi, il premier predispone 4,8 miliardi.. ..a pagina 5
Caro libri? No grazie!..a pagina 20 L’oroscopo dello studente ..a pagina 22
Sondaggi fantasy Elezioni americane: l’indipendente Nuts al 9%, peccato che non esista.. ...a pagina 9
ATTUALITÀ
Il Mancino NUMERO QUATTRO
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on vi preoccupate, non vi abbiamo privato di questa sezione. Abbiamo solo deciso di spostarla qui, in seconda pagina, per lasciare più spazio ai tanti temi importanti e impegnativi trattati in questo numero. L’estate volge al termine, il caldo inizia a lasciare spazio a qualche giornata più fresca e umida, i parchi iniziano a colorarsi del tipico giallo-arancione autunnale e la campanella scolastica torna a risuonare tra le pareti delle scuole, fra le chiacchere di migliaia di studenti in tutta Italia. Ricomincia la scuola e torna l’autunno. Per alcuni inizia una nuova avventura nella scuola superiore, in cui arrivano le prime vere responsabilità e gli studenti iniziano a contare qualcosa grazie alla rappresentanza di istituto, Consulta e classe (per quanto la riforma della scuola del governo Renzi faccia di tutto contro la democrazia a scuola!). Per altri si riparte con la solita routine anche se, qualcosa di diverso si sentirà e sarà l’aria della cosiddetta “Buona Scuola”.. A rimanere una certezza è invece questo giornalino, il nostro giornalino, il giornalino degli studenti di tutto il Veneto. È un punto su cui ci piace soffermarci, non è un giornalino di un pugno di persone di questa redazione, ma di tutti gli studenti a cui piace scrivere o che semplicemente desiderano condividere un’idea o un’esperienza. Non siate timidi, l’e-mail la trovate qui in fondo, mandateci i vostri articoli e saranno pubblicati nel prossimo numero! Potete scriverci riguardo i temi più diversi, come infatti potete notare, questo numero rinnovato tratta temi apparentemente incoincidenti tra loro, va dal calcio all’antifascismo, passando per la scienza, la scuola e le nostre radici; ma non è saltare di palo in frasca, è solo raccontare il mondo degli studenti di oggi. La Redazione redazione.mancino@gmail.com
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Al suono della prima campanella
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i siamo, anche quest’anno settembre è arrivato. Purtroppo sì, “si stava così bene in vacanza” ma ora bisogna rispolverare i libri e preparasi psicologicamente all’inizio della scuola. Chissà cosa sarà cambiato quest’anno, chissà se ci saranno professori nuovi. La “Buona Scuola” sicuramente cambierà qualcosa. “Beh, riforma o no, di sicuro i problemi dell’anno scorso non saranno stati risolti, anzi, chissà cosa succederà quest’anno. Vorrei fare lezione in una struttura decente, vorrei avere professori più competenti, vorrei che ci fossero più laboratori, vorrei che noi studenti avessimo più spazi… quante cose vorrei cambiare”. E’ vero, ci sono tante cose che non vanno e che potrebbero andare molto meglio. “Ma come si fa a migliorale? Io posso fare qualcosa?”. Sì, ma non è il solito modo di dire, tu puoi fare veramente qualcosa. Non devi aspettare che gli altri migliorino sistemino i problemi, devi cominciare a farlo tu. “Sono d’accordo… ma come faccio? Mi sembra che nessuno ascolti la mia opinione e quella degli altri studenti”. Questo è un altro problema, ma provo a rigirarti la domanda: forse noi studenti non ci facciamo sentire abbastanza? For-
se non sappiamo esprimere i nostri problemi e le nostre idee attraverso la rappresentanza? “Forse sì, fin’ora i miei rappresentanti d’istituto non hanno migliorato nulla… e poi sinceramente li ho sempre votati a caso”. Ecco, forse anche questo è un problema, noi studenti abbiamo lo strumento per farci ascoltare ma non lo usiamo. Ma puoi fare qualcosa anche per questo! “Candidarmi? No, non sono il tipo da...” Ma non serve candidarsi... puoi raccogliere i problemi tuoi e dalla tua classe in un foglio e consegnarlo ai candidati, puoi esprimere la tua idea in assemblea, puoi sostenere il candidato che ti sembra più affidabile. “Forse sì, potrei prendere più sul serio le elezioni”. E certo! Come puoi prendere più sul serio le assemblee, il collettivo, le varie forme di protesta presenti dentro e fuori la scuola. “Beh, è vero. Quest’anno provo a farlo, chissà se servirà a migliorare le cose!” Tu provaci, poi a Giugno ne riparliamo. E non dimenticarti mai che lamentarsi ma non impegnarsi non risolve… se veramente vuoi risolvere i problemi della tua scuola, entra in azione!
“Ma come si fa a migliorarle? Io posso fare qualcosa?”
Alberto Rosada rosada.alberto@gmail.com
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Persone prima dei confini
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Uno sguardo alla realtà dei migranti di oggi
empre in prima pagina, il fenomeno delle migrazioni è in crescita esponenziale. I dati sono allarmanti e denunciano uno scenario di disperazione diffusa, solo dal confronto dei dati del 2015 con quelli del 2014 emergono notevoli differenze riguardo al numero degli sbarchi avvenuti sulle nostre coste. Le differenze si notano anche al di là dei grafici, nel sentire comune delle persone: all’indignazione per le condizioni disumane che affliggono i migranti si accompagnano sempre più spesso fenomeni di odio ed intolleranza. L’Europa si sta chiudendo nelle sue frontiere e non solo ai piani alti della burocrazia barricata dietro ad infinite ed estenuanti procedure per l’accoglienza, i nuovi fronti ultranazionalisti sfruttano il malcontento generale e spingono gli oppressi perché esclusi a scagliarsi contro altri oppressi, quelli oppressi dall’ignoranza e dalla paura, in un’eterna lotta tra chi sta male e chi sta peggio. Così i cittadini stessi diventano i costruttori ideologici dei muri fisici che si alzano alle estremità del nostro continente a Calais, a Nea Vyssa, in Bulgaria. Troppo poche, invece, sono le parole spese contro l’innalzamento di queste nuove barriere, un fenomeno allarmante che viene troppo spesso nascosto sotto al silenzio nella speranza che non susciti scalpore. Ed ancor più preoccupante è che un tale scopo sia stato raggiunto; se smettiamo di indignarci di fronte a questi scempi che deturpano i nostri territori e corrodono la sensibilità umana, rischiamo di perdere di vista il senso dell’agire comune europeo e -ben più importante- la nostra compassione. La compassione è di primaria importanza e non possiamo permetterci di confonderla con l’ingenuità. Capire chi preme
ai nostri confini per ricevere la nostra accoglienza è differente dall’essere convinti che il nostro paese, da solo, disponga degli strumenti per gestire ed organizzare gli ingentissimi flussi migratori di cui l’Europa è in questo momento storico protagonista: identificare questi due atteggiamenti è una prerogativa soltanto di chi si serve delle migrazioni per farne propaganda di intolleranza. Perché, è bene ricordarlo, il rifiuto dei migranti non ha nulla a che fare con la libertà di opinione o di azione. C’entra molto di più, invece, con il tradimento dello spirito che ha animato la stesura della nostra Costituzione e di quello che ha spinto alla creazione dell’unità europea, oltre ad essere fin troppo vicino al cancro razzista che ha già troppo a lungo avvelenato la nostra società. Oriana Fallaci scrisse che vi sono situazioni in cui “tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile”. Lorenzo Declich, in un articolo su Limes, spiega che i migranti “vengono dal futuro”, nel senso che sono il prodotto delle disuguaglianze del nostro sistema mondiale in cui le società cambiano troppo in fretta perché le istituzioni possano reggere il passo. Rifiutare il nostro futuro, chiuderlo fuori dalla porta, ci si ritorcerà contro e ci causerà ancora più dolore di vedere le immagini, già troppo strazian-
“Garantire un’esistenza sicura ed indipendente ai migranti è un nostro dovere, come cittadini e come studenti”
ti, di chi perde la vita in mare cercando di approdare sulle nostre coste. Ma non è soltanto per avere la coscienza pulita, per essere certi che il nostro avvenire sarà più luminoso, che dobbiamo spenderci perché possano essere attuate politiche di accoglienza efficienti in sinergia con gli altri paesi europei. Garantire un’esistenza sicura ed indipendente ai migranti è un nostro dovere, come cittadini e come studenti. Significa dimostrare di aver veramente fatto tesoro dell’insegnamento che la scuola ci ha fornito in termini di educazione alla vita civile; non scadere nella pietà ma combattere da pari, al fianco di chi fugge dal proprio paese, perché una vita dignitosa venga garantita a tutti. (immagine sottostante: L’Espresso) Francesca Ballin francescaballin01@gmail.com
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L’orgoglio basco San Marco “strapazza” il Magrebo! ai veneti Barcellona del triplete parLetera iluminarli su le L’Athletic Bilbao si aggiudica la Supercoppa di Spagna e da una lezione di calcio pulito e dal basso ai Blaugrana
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4 agosto 2015, Stadio San Mamés, Bilbao, 50 mila spettatori esultano e applaudono la loro squadra: hanno assistito a un miracolo sportivo. L’Athletic ha battuto 4 a 0 i “marziani” del Barcellona nella finale di andata di Supercoppa spagnola. Tre giorni dopo, al “Camp Nou”, con un pareggio (1-1), i “Leones” (Lehoiak in basco) si aggiudicano un trofeo dopo 31 anni di astinenza. Ma per quale motivo desta tanto interesse? Nell’Athletic Bilbao possono militare soltanto giocatori baschi, o con formazione calcistica basca e le operazioni economiche vengono spesso affrontate attraverso l’azionariato popolare. Nell’era delle spese pazze e dei contratti milionari, una squadra che si fa onore nel calcio professionistico, nazionale e internazionale, senza il solito miliardario alle spalle e tesserando soltanto giocatori provenienti dai settori giovanili locali sembra un vero e proprio miracolo. Un calcio senza affarismi, portato avanti dalla passione dei tifosi, pulito e dal basso. Un legame strettissimo tra società e supporter, che affonda le radici nella cultura basca. Una cultura millenaria, un popolo diviso tra Spagna e Francia, una lingua unica al mondo (l’unica pre-indoeuropea parzialmente sopravvissuta). Sempre alla ricerca dell’indipendenza o almeno di maggiore autonomia, osteggiata dal governo spagnolo e francese. Un popolo martoriato da una repressione durissima durante il Franchismo, che porta negli anni sessanta un gruppo indipendentista alla lotta armata, con il nome di ETA (“Euskadi Ta Askatasuna”, Paese Basco e Libertà), un’organizzazione nazionalista di estrema sinistra attiva fino al 2011, quando cessa le proprie attività di gruppo armato. Un popolo che trova nello sport, soprat-
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tutto nel calcio, un terreno di rivincita nei confronti dei continui torti subiti, un modo sano per mettere in mostra l’orgoglio basco. Un orgoglio forte e mai piegato, che si rispecchia nel modo di giocare dell’Athletic, mai mollare fino alla fine e nessuna paura, anche ad affrontare squadre nettamente favorite, come il Barça in Supercoppa. Un modo di vivere lo sport che ha portato i “Lehoiak” a non retrocedere mai in seconda divisione spagnola e a vincere 8 campionati e 23 coppe nazionali, tesserando solo giocatori baschi. Nonostante un calo di risultati dal 1984 (ultimo trofeo vinto prima di quest’estate), negli ultimi 5 anni questa società ha dimostrato che con un lavoro importante nel settore giovanile, la passione che coinvolge i tifosi e che porta 50000 spettatori tutte le domeniche a gridare “Aupa Athletic!” (Forza Athletic!) allo stadio San Mamés, si possono raggiungere traguardi importanti e vittorie, come battere i Blaugrana in una finale, senza spendere milioni e portando avanti un’idea di calcio inclusiva e dal basso. Ludovico Broglio ludo.broglio@gmail.com
origini del patrono e de tuta a stirpe veneta
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aro veneto, son drio scriverte par dirte do tre robe che to pare, to mare, i to noni e tuti i veci te gà scondesto par tuto sto tempo. Son drio parlar dea to identità veneta, del to orgoio veneto. Come te sa ben, noaltri veneti par a magior parte pensemo che semo drio subir un invasione, infati pi dea metà de noaltri va a votar quel che dise “Stop invasione”. Ghe xe un invasione de zingheni, slavi e magrebi che i vien qua par “bastardar a nostra rassa”, i fa come i fosse a casa loro e tra un pochi de ani sarà difisil trovar un veneto doc in Veneto. Te vurie spiegar che e rasse no le esiste, che semo tuti compagni e altre bee robe, ma ora go da dirte ‘naltra roba. Vegnemo al dunque. Se te odia i magrebi, te pensa che i è sporchi, ladri e boni a far gnent, te gà da saver che el to patrono San Marco, quel che te festeja el 25 de Aprile (festejar a liberazione dal nasifassismo sarie massa da comunisti), proprio lu, chel del leon e dea basilica a Venessia, beh, il santo de noaltri veneti doc l’è un meso magrebo! E nol dise mi, l’è scritto sua so biografia. Anca se savemo poc su de lu, podemo dir che l’è nato in palestina e che l’era un ebreo, no l’era un ariano o un veneto. Tanti personai dea chiesa antica e del medioevo vegnea da quel che ciamem “Ma-
grebistan”. Sant’Agostino, anca lu, tunisino, magrebo doc. El nostro San Marco predichea e difondea a Cesa in Egitto, ad Alessandria, dove l’era morto. Ah, l’è anca un opinion difusa che i magrebi i è ladri dea peso rassa mentre i veneti i è gente onesta: infati do mercanti venessiani i è ndai in Egitto a robar il corpo de San Marco in Egitto perchè Venessia no vea un santo importante. Par finir, vui rivelarte na roba molto più antica: il popolo dei antichi Veneti rivò qua in Veneto dopo el 1500 a.C. e indovina da dove l’ vegnea? I storici i dise che i Veneti i era una popolazione orientale che migrò e se stansiò in Veneto. Magari i e rivai coi barconi, te dise gnent? Bon, par ogi gò finio, spere de no verte sconvolto pi de chea volta che te gà scoperto che San Nicolò ea Befana no i esiste. Scuseme se non son bon de scriver en ‘a nostra amata lengua, spere te sie rivà il concetto. Saluti, un to ‘connassionale’ Veneto. Alberto Rosada rosada.alberto@gmail.com
Il governo delle armi
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l Governo Renzi ha stanziato 18 miliardi di euro per la Difesa nell’ anno 2015. Mentre viene ridotta dell’ 11% la spesa per l’ addestramento militare, creando così uno scompenso notevole tra disponibilità di congegni e capacità di utilizzo degli stessi, il premier predispone 4,8 miliardi in nuove armi, lascia inalterato il numero degli F35 che costano 100 milioni di euro ciascuno, e sono 91, ne elargisce 9,6 per il personale e 1,5 per le missioni estere. Trovo a dir poco riprovevole una scelta di questo tipo, scelta che lascia intendere l’ ordine delle priorità di questo governo. Evidentemente il primo posto è occupato da armi, cacciabombardieri e “missioni di pace“. Su questo ovviamente nessun taglio o revisione della spesa. Per questo settore, chissà per quale motivo, i soldi si trovano fino all’ ultimo centesimo e si sganciano tutti, silenziosamente, ogni anno. Singolare è però quella tranquillità e quell’ aria da cani bastonati che i rappresentanti del Governo ostentano dopo, quando, non provando alcun tipo di imbarazzo, dichiarano la mancanza di fondi per svariate misure economiche che avvierebbe-
ro un reale processo di crescita e di sviluppo, permettendo al Paese di liberarsi dal pantano in cui è rimasto intrappolato. Spendere 18 miliardi in questo modo è una scelta ingiusta, inutile e immorale. A maggior ragione in un periodo come questo. I tanto osannati 50 milioni in più per la scuola pubblica previsti da Renzi, oltre ad essere insufficienti e ampiamente riassorbiti dai tagli effettati negli ultimi dieci anni a scapito dell’ istruzione pubblica, sono ridicoli rispetto alla cifra devoluta per l’arsenale bellico. A quanto pare siamo un Paese nel quale la guerra supera di gran lunga la necessità di un investimento serio nella scuola, nel quale si preferisce finanziare il business delle armi piuttosto che investire per l’ attuazione di un piano di messa in sicurezza delle città a rischio frane, nel quale si dimezzano i fondi per la cooperazione e la solidarietà internazionale e contemporaneamente si spendono 383 miliardi per 97 grandi opere inutili con il solo scopo dell’ arricchimento dei pochi e del conseguente impoverimento dei più. Per la ricerca biomedica si investe meno dello 0,1% del PIL. Non ci sono i soldi per garantire a tutti un reddito minimo, per un serio piano di accoglienza e di integrazione dei profughi che arrivano in Italia, per un piano industriale basato su un nuovo modello di sviluppo. Balle. I soldi ci sono. Quello che manca totalmente è la volontà politica di fare scelte che vadano verso una direzione precisa: il progresso. Scenario che si incastra perfettamente all’ interno di un quadro molto più ampio, nel quale vige un ordine economico e politico fondato sull’ ingiustizia. Diciamo solo che Renzi si è incastrato perfettamente. Eva Brencich e.brenk@libero.it
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Perché ci piace indignarsi
icono che sia stata decapitata la capacità di pensare. Ci nutriamo di titoli. Ci nutriamo di motti, di aforismi, di hashtags, di immagini. L’informazione ci arriva tra le braccia: nel telefono abbiamo il mondo in tempo reale. Ci dicono che siamo un popolo ignorante poiché non ci curiamo dell’attualità, ma non è vero. Un modo ci è stato offerto da Internet, poiché scorrendo la home di Facebook o di Twitter possiamo vedere cosa sta succedendo nel pianeta e quindi possiamo essere informati e socialmente attivi. Tanto i giornali quanto i telegiornali ormai sono corrotti e spesso distorcono le notizie. Il Web invece è più libero, perché vi si può scrivere tutto ed esattamente l’opposto senza essere smentiti. Leggiamo decine di titoli al giorno. “Attentato a Parigi. Fanatici mussulmani uccidono vignettisti satirici”. In pochi minuti la rete si riempie di hashtags come #jesuischarlie o #libertàdespressione. Acutamente colleghiamo il tag al titolo appena letto e fieri di esserci scoperti paladini della libertà di stampa, pubblichiamo a nostra volta il motto. In fondo è inutile cercare di sviluppare un pensiero logico e un’argomentazione di qualità. È inutile chiedersi dove sia il confine tra la libertà di parola e l’oltraggio, o chi siano i nemici, o perché l’abbiano fatto. Indipendentemente dalle risposte. Soprattutto è inutile ricordare. Perché se in un articolo leggiamo che si parla ancora di questo fatto pensiamo “oddio, ancora, basta”. Perché abbiamo scoperto un nuovo gusto: il piacere per l’indignazione. Udiamo la notizia del giorno, è gravissima, e poiché io sono un cittadino socialmente impegnato e con una sconfinata vocazione per la res publica, mi indigno. Pubblico su Twitter l’hashtag del giorno. Ecco fatto,
tutti sanno quanto io mi sia offeso. È una forma di deresponsabilizzazione: non mi interessa più niente e appena ho la possibilità, facilmente accessibile, di dimostrare coraggiosamente (ma, tra l’altro, a chi?) che ho dei valori, mi indigno scrivendo un post. Così crediamo di rimediare alle nostre mancanze. Ma spesso, a mio avviso, siamo degli ipocriti. Perché non è vero che dietro uno schermo siamo tutti più forti. Quando ci troviamo nella vita reale a dover gestire una discussione, per quanto semplice, ci troviamo impreparati, ed è gravissimo, perché questo comportamento si rispecchia nel dibattito politico: ognuno parla, stordisce con una bufera di aggettivi, di avverbi e di predicati. Senza ascoltare, ognuno tiene il suo comizio, sul web come in televisione. Ognuno espone il suo pensiero in moto rettilineo uniforme. Non ascolta gli altri. Parla con frasi lapidarie, titoli giornalistici, che eccitano senza lasciare un contenuto. Anche per questo motivo la politica nel nostro Paese spesso non funziona, non è “buona politica”, perché ognuno va dritto per la sua strada. Siamo degli ipocriti perché in base alla notizia del giorno decidiamo quanto sentirci segnati. Avanziamo a colpi di flash e rimaniamo storditi per la strada. Siamo tutti colpevoli perché cerchiamo disperatamente un capro espiatorio. Abbiamo ignorato i doveri civili e pochi furbi se ne sono approfittati prendendo il potere. Ce ne lamentiamo. In fondo, lo sappiamo, è sempre colpa degli altri. Hai iniziato prima tu, non è vero? Mattia Grava gramattia@gmail.com
“Siamo tutti colpevoli perché cerchiamo disperatamente un capro espiatorio”
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Diamo i numeri...
42 È la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto. È un concetto preso dalla serie di romanzi di fantascienza umoristica di Douglas Adams Guida galattica per gli autostoppisti. In questi romanzi, per cercare la risposta, viene costruito un supercomputer chiamato Pensiero Profondo che, dopo una lunghissima elaborazione, fornisce come risultato “42”.
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1904: il primo sciopero generale proclamato in Europa, promosso dai sindacalisti rivoluzionari di Arturo Labriola e dal Partito Socialista Italiano di Filippo Turati fu indetto dalla Camera del Lavoro di Milano il 15 settembre del 1904 e iniziò effettivamente la mattina del 16 settembre concludendosi il 20 settembre. 1908: viene fondata la General Motors 1949: Rilascio del primo episodio di Wile E. Coyote e Road Runner 1976: Notte delle matite spezzate; azione della polizia argentina contro gli studenti delle scuole superiori (ne parlammo nell’edizione de Il Mancino numero 0!) 2015: Primo giorno di scuola in Veneto e giorno di uscita di questo quarto numero de Il Mancino.
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MONDO
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Islam, questo nemico sconosciuto
e ne parla di continuo, da mesi, ne sentiamo parlare ogni giorno, dal vicino di casa alle nuove conoscenze, dai post su Facebook ai compagni di scuola. I mass media e le opinioni dominanti dipingono un quadro nefasto di questa religione monoteista accrescendo la paura e l’ignoranza tra le persone. Ma la verità, cari lettori, si raggiunge solo con la conoscenza, con lo studio e l’informazione. Sono figlia di immigrati marocchini, sono quindi italiana e musulmana. Conosco bene la mia religione e altrettanto bene la cultura italiana. Ho avuto non pochi problemi ad integrarmi in questo mondo così concordante ma allo stesso tempo lontano da quello da cui provengo. Provo spesso forti emozioni quando non riesco a sentirmi a casa né in Italia per l’essere musulmana né in Marocco per avere ricevuto un’educazione di base italiana. Ma la principale fonte di problemi è la
mia religione, in particolare la posizione della maggioranza degli italiani rispetto all’islamismo. Da piccola, tra gli altri bambini, da ragazza nell’arduo periodo adolescenziale e ora nella vita adulta, è sempre difficile andare avanti ed sopportare critiche e giudizi infondati che in un certo senso hanno cementato la mia vita e hanno alimentato la mia forza interiore. L’Islam così temuto da tutti non è il vero Islam. Mi spiego meglio. L’Islam che viene usato dall’Isis e dal terrorismo in generale è una versione molto annacquata della vera religione, dei concetti base in un determinato contesto vengono usati in maniera ferrea ed estremista in un altro. Già la frase “uccidere in nome di Allah” è un ossimoro. C’è una sura del Corano (sura è il nome che viene dato ad ogni capitolo del libro sacro) dedicato al fatto di rispettare le altre religioni, non recare agli altri danni e vivere la propria vita pacificamente e in libertà, sura che a quanto pare i ter-
roristi islamici hanno deciso di ignorare completamente. L’Islam è ricco di concetti molto vicini ai grandi ideali che avevano mosso la Rivoluzione Francese, ugualianza, rispetto, fratellanza, libertà. Essendo musulmana, questi concetti li rispetto ogni giorno in svariate occasioni, ma agli occhi di chi non conosce sembrano quasi stridere nella stessa frase con la parola “Islam”. Per evitare di rimanere bloccati nei pregiudizi e nelle false informazioni ed evitare di ferire chi, intorno a voi, professa liberamente una religione diversa dalla vostra, vi invito a usare tutte le risorse presenti su Internet, in modo da informarsi sulle usanze e su ciò che si vuole sapere in generale, con la stessa curiosità con cui da piccoli chiediamo le cose ai nostri genitori.. Le apparenze ingannano. Sara Kouchitel theguardian959@gmail.com
Belluno-Zagabria: il racconto di un viaggio
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900 km io, la mia bicicletta e la felicità
opo trenta kilometri e innumerevoli quantità di pause sigaretta, fermai la bicicletta e scesi per la prima sosta seria del mio primo giorno per strada. Scartai il mio panino e mi voltai: il monte Serva che vedevo tanto imponente alla mia partenza si era già ridotto ad un rilievo confuso nell’orizzonte. Abbassai lo sguardo, e scoppiai a ridere nel guardare “La Poderosa”, la mia bicicletta. Passata via Vittorio Veneto pedalai attraverso la SS 13 in direzione sud-est con meta Trieste, dove mi sarei riposato un giorno e avrei visitato la città. Il modo migliore, a mio avviso, per osservare un luogo in ogni sua sfaccettura è svoltare una volta destra e una a sinistra senza una meta precisa e poco tempo dopo vi ritroverete infatti in bellissimi luoghi sconosciuti alla gran parte dei turisti. A Trieste si trovava l’ultima stazione ferroviaria da cui avrei potuto facilmente tornare a casa, dopo di essa, avrei dovuto attraversare la Slovenia da ovest verso est per 236 kilometri. 4 giorni. Attraversai il confine a Cezana, e di lì in poi null’altro che foreste ed in mezzo ad
esse un’unica sottile striscia d’asfalto nella quale io e la Poderosa avanzavamo rallentati dalla pessima qualità delle strade dell’ex-Jugoslavia. La prima notte all’estero la passai ospitato da una coppia di italiani che si erano innamorati delle foreste di roveri e betulle slovene, e qualche mese prima avevano addirittura ospitato Paolo Rumiz. Per la seconda notte, invece, non sapevo dove avrei alloggiato, e verso sera scoprii che le camere della zona costavano decisamente troppo. Decido di piantare la mia tenda. Leggo qualche pagina di “Cent’anni di solitudine” e mi addormento. Alle due di mattina mi svegliano due fari. Penso “ecco è finita” “ora o mi uccidono o mi rubano tutto”. Esco dalla tenda tremando. Il finestrino si abbassa. Due poliziotti in borghese si limitano a chiedermi i documenti e se ne vanno. Fiùù, è andata. Alle sei di mattina smonto la tenda e mi rimetto in marcia, dopo 120 kilometri raggiungo Zagreb, la meta. La soddisfazione è immensa. Amici, genitori, e genitori di amici scommettevano sulla mia morte e invece dopo 450 chilometri io e la Poderosa ce l’avevamo fatta.
Dopo una serata passata a bere Korlovacko -birra locale- arrivo all’ostello, e lì mi coglie la classica malinconia di fine viaggio. D’ora in poi non pedalerò più al mattino con il sole negli occhi, ma il sole l’avrò alle spalle. E, fu proprio sotto quel sole che iniziai a riflettere su quanto tutti quei chilometri percorsi armato solo delle mie gambe e di tanta forza di volontà mi avessero lasciato. In particolare quelli in Slovenia. In tutta la strada percorsa nella Paese, la cittadella più grande che avevo visto contava 25.000 anime, pareva quasi che in tutti quei minuscoli paesini che avevo attraversato il tempo si fosse fermato ad una società ante-capitalistica. La gente viveva vendendo legname e coltivando il proprio campo. Le stesse case erano spartanamente arredate: un tavolo, una piccola cucina, un divanetto e null’altro. Quella gente viveva da sempre così, con poco, e la loro felicità era stupefacente ai miei occhi così abituati alla complessità. Fabio Vettorel fabiovettorel98@gmail.com
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Bernie Sanders: l’eco-socialista indipendente che fa sognare la sinistra Usa Rappresenta la voglia di rottura con le dinamiche neo-liberiste e sta infiammando la corsa per la candidatura democratica del 2016
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BernieSanders2016 e #FeelTheBern sono due degli slogan più in voga sui social network che accompagnano il ‘’fenomeno Sanders’’. Il risveglio della sinistra che si allontana dal centro liberista è sempre più attuale e sta coinvolgendo anche i moderati Democratici americani. Da Tsipras in Grecia, a Podemos in Spagna, allo Sinn Féin in Irlanda, a Jeremy Corbyn che si appresta a vincere le primarie laburiste in Inghilterra fino a Bernie Sanders che di fronte ad una gigante (più per motivi mediatici, vista la sua notorietà, piuttosto che per una radicalità nei contenuti) come Hillary Clinton non si scompone. La moglie dell’ex Presidente Usa Bill Clinton (grande amico di Tony Blair, liberal ed esponente della terza via, fu proprio lui che nel 1999 mandò a morte il Glass-Steagall Act di roosveltiana memoria, legge che serviva a differenziare le banche che ‘’giocavano in borsa’’ dalle banche tradizionali) è la candidata da battere. Le elezioni primarie del Partito Democratico si terranno tra i mesi di febbraio e giugno 2016 in vista delle elezioni generali di novembre. I 50 stati attraverso i ‘’caucus’’, attraverso primarie aperte, chiuse o semi-chiuse eleggeranno i delegati che a luglio 2016, a Filadelfia, nella convention nazionale, voteranno il candidato alla presidenza e alla vice-presidenza. I candidati alle primarie democratiche, oltre ai già citati Bernie Sanders (sindaco di Burlington 1981-1989, membro indipendente della Camera dei rappresentanti del Vermont 1991-2007 e se-
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natore indipendente dal 2007 ad oggi) e Hillary Clinton (senatrice democratica 2001-2009, candidata contro Obama alle primarie Democratiche nel 2008 e segretaria di Stato 2009-2013) sono ben 6. Tra questi, i più conosciuti sono Lincoln Chafee (repubblicano per 8 anni, indipendente per 4 e ora democratico da 2), Martin O’Malley (governatore liberal del Maryland) e probabilmente – non ha ancora ufficializzato la candidatura – Joe Biden (attuale vice-presidente Usa). Bernie Sanders è un moderno Davide che sfida la potentissima Golia (Hillary Clinton). Un Davide non certo impreparato vista la sua lunghissima esperienza politica. La distanza tra i due nei sondaggi è passata da 57 punti (sondaggio Fox News inizi maggio 2015) a 19 punti (sondaggio sempre Fox News 10 agosto 2015). Il sondaggio vede la Clinton prima al 49%, Sanders secondo con il 30% e a seguire Biden (10%) e gli altri (meno di 1%). Bernie Sanders sulla sua pagina Facebook, complice uno straordinaria e accattivante grafica (oltre ai radicali contenuti), raccoglie in media più di sessanta mila mi piace e condivisioni per post o foto. Oltre ai social network dimostra di sapersela cavare egregiamente anche nei comizi; fino a Luglio (la candidatura è stata ufficializzata due mesi prima) sono stati oltre cento mila gli americani che sono andati ad ascoltarlo nel suo tour. Il 9 agosto a Portland sono state 28 mila le persone ad andare ad ascoltarlo, stessa cifra il giorno seguente a Los Angeles. Il più grande
sindacato delle infermiere - forte di quasi duecento mila membri – ha annunciato, il 12 agosto, di sostenere Sanders, snobbando la Clinton. I primi due stati a votare i delegati per le primarie 2016 saranno il New Hampshire e lo Iowa. In entrambi gli stati, ironia della sorte, secondo i sondaggi è avanti Sanders di ben 7 punti. Insomma Sanders sta letteralmente mangiando piano piano la vittoria di Hillary Clinton. Ma veniamo ai temi che il 73enne socialista del Vermont sta portando alla ribalta negli Usa. Dal suo sito BernieSanders. com si legge: aumento della tassazione per i più ricchi, raddoppio della paga minima, lotta contro le diseguaglianze salariali tra uomini e donne, scuole pubbliche e università gratuite, politiche keynesiane estremamente espansive, una riforma di Wall Street, carbon tax, etichettatura dei prodotti Ogm, lotta contro il climate change, importanti investimenti sulle energie rinnovabili e fine dei sussidi alle multinazionali inquinatrici, opposizione all’oleodotto Keynstone XL, opposizione al TTIP, legalizzazione della Marijuana, democratizzazione della polizia, taglio radicale della spesa militare, non interventismo militare... Insomma, un programma ‘’rivoluzionario’’! Sanders è probabilmente il candidato più a sinistra (insieme a Mc Govern) di sempre, tra le fila dei democratici, ad avere una chance di vittoria. La Clinton invece, nonostante abbia Stiglitz come consulente economico, è nettamente più moderata. Per esempio si è detta favorevole all’uso dei droni ‘’assassini’’ in medio-oriente, ad un rafforzamento dei confini in chiave anti-immigrazione e perfino al Patriot Act (che ha aperto le porte allo spionaggio di massa della Nsa). La campagna è appena iniziata e si preannuncia infuocata, sopratutto dopo che l’Fbi ha notificato alla Clinton l’avvio di un indagine sulla vicenda delle 300 mila mail che la riguarda direttamente. Emanuel Oian emanuel98.o@hotmail.it
Sondaggi Produzione premium! Dalla Germania un’impresa socialmente fantasy sostenibile
Elezioni americane: l’indipendente Nuts al 9%, peccato che non esista
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i fronte alla domanda “If your candidates for President next year were Democrat Hillary Clinton, Repubblican Donald Trump and indipendent Deez Nuts, who would you vote for?” (Se i candidati alla presidenza l’anno prossimo fossero la democratica Clinton, il repubblicano Trump e l’indipendente Nuts, per chi voteresti?), il 9% degli intervistati non ha avuto dubbi: Deez Nutz è la loro scelta. Peccato che non esista: Brady Olson, un 15enne dell’Iowa, si è inventato questa candidatura fasulla, cosa non rara negli Usa. Infatti, con il motto “The time is meow” (il tempo è miao), Limberbutt McCubbins, gattino del Kentuky, ha presentato la sua candidatura. Ha anche un sito internet (limberbutt. com), un account Facebook e uno Instagram. Oltre a lui, anche Buddy “The Cat”, gatto dell’Arizona, si è candidato nelle file dei democratici alla Casa Bianca. Fra gli altri degni di nota ci sono un Elfo, Jack Sparrow, Giulio Cesare, l’ex presidente jugoslavo Tito e una Principessa (tale miss Owalawolawod). Di solito queste candidature fasulle non hanno mai portato a nulla di serio, anche se nel 2012 un gatto, Hank, ha ricevuto più di 7000 voti per il Senato della Virginia. E se candidassimo un elefante? Fonte: Deez Nuts Alberto Botte albi.botte@gmail.com
Intervista a Uwe Lübbermann, moderatore principale del Premium Kollektiv n una fredda giornata del giugno berlinese, sotto una pioggia intensa mi ritrovo a correre verso un bar sulla Friedrichstrasse, la via del Check Point Charlie. Ho appuntamento con Uwe per un’intervista. Mi scrive un messaggio dicendo che mi aspetta fuori dal caffé. Lo vedo e gli vado incontro. Nonostante il clima, lui si presenta con una t-shirt e un paio di pantaloni corti. Penso fra me e me: “I tedeschi sono pazzi”. Entriamo nel caffè e inizio a fargli qualche domanda. Cos’è il Premium Kollektiv? Premium è un produttore di bevande. Produciamo cola, birra e limonata. Il nostro gruppo lavora in Germania, Austria e Svizzera da ormai tredici anni e mezzo. Se però si osserva la struttura dell’azienda, si nota che formalmente è composta solo da me, che sono il fondatore e il moderatore principale, e altre tre persone che si occupano della logistica e della contabilità. Nonostante ciò, abbiamo quaranta rappresentanti che seguono i nostri clienti e 1680 partner commerciali, fra i produttori, le agenzie di trasporto e così via. Il nostro scopo principale però non è vendere bevande, ma di rendere ogni persona che ha un qualche rapporto con noi partecipe del processo decisionale del collettivo. Ora come ora, il collettivo è un gruppo di più di mille persone che si riunisce su un forum online dove vengono prese le decisioni seguendo i principi della democrazia del consenso: tutti hanno il diritto di veto, e se ce n’è soltanto uno… beh, la proposta non passa. Sembra impossibile mandare avanti un’azienda in questo modo, ma se lo stiamo facendo da così tanto tempo credo che sia invece possibile! Qual è la vostra etica aziendale? Il collettivo è costruito su un principio cardine: ogni essere umano deve essere trattato il più equamente possibile. Il business e l’economia però sono basati sul-
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la disuguaglianza: il capo ha più potere degli impiegati, per esempio. Quello che cerchiamo di fare è di dare lo stesso potere a tutti quelli che sono dentro il nostro network tramite il diritto di veto. Ci differenziamo dalle altre aziende anche nella questione dei guadagni: noi non cerchiamo il profitto, perché andrebbe al capo, che sarei io. Avrei così una situazione di vantaggio sugli altri, che non va assolutamente bene. Per questo tutti hanno la stessa paga, dall’autista del camion alla contabile a me stesso. Ci sono due soli casi in cui si ha una paga più alta: figli a carico - che naturalmente costano - o disabilità. Il fatto che siamo un collettivo, quindi non abbiamo un capo, è che tutti decidono per sé stessi: dove, come, quando e quanto lavorare. Non c’è nessuna imposizione, neanche per le date di consegna delle bottiglie ai clienti. Anche il processo per licenziare qualcuno è molto giusto: tutti possono nominare qualcun’altro da licenziare. Potrei nominare te, per esempio, e non avresti il diritto di veto. Tutti gli altri però l’avrebbero. Quindi se ti voglio licenziare per antipatie personali, qualcuno metterà il veto alla decisione. Se i motivi sono chiari e provati, allora nessuno eserciterà il proprio diritto al veto. In tredici anni e mezzo comunque abbiamo licenziato solo due persone. Quali sono i vostri piani per il futuro? Stiamo pensando di ingrandire il collettivo. Non per la quantità di bottiglie prodotte, che crediamo sia già abbastanza importante, ma per la diffusione delle nostre idee. Per questo stiamo facendo quest’intervista: anche se non facciamo affari in Italia, mi piacerebbe che le idee viaggiassero fino in Italia. Oltre a questo, diamo consulenze gratuite a chi vuole fondare delle aziende che vogliono lavorare in una maniera più equa. Un consulente esterno costerebbe loro tanti soldi. Nei prossimi giorni andrò a parlare a una conferenza sul “Marketing 4.0”, visto che non abbiamo alcun tipo di pubblicità e nonostante questo continuiamo a crescere. Matteo Ferluga matteo.ferluga@hotmail.it Traduzione foto: “puoi bere cambiando il sistema”
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MONDO
Il Mancino
Settembre 2015 - N.4
ANTIMAFIA
Il Mancino
Settembre 2015 - N.4
Per stare dalla parte buona della vita
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La lotta dei giovani contro la mafie
d agosto ho partecipato al campo antimafia di Erbé. Le attività si svolgono nella villa di uno spacciatore e nelle sue proprietà: si tratta di un bene confiscato. Solo nella provincia di Verona ci sono 25 beni confiscati, un segno tangibile che la mafia è presente anche in Veneto. È solo nel ‘96 che si è deciso di riutilizzarli nel sociale e di assegnarli a delle associazioni: infatti a Erbé possiamo trovare una casa di accoglienza per persone con handicap e una base scout, dove alloggiavamo noi volontari. Ci siamo divisi in gruppi e accompagnati dai volontari dello SPI abbiamo svolto lavori di manutenzione e recupero del bene. I “ragazzi” dello SPI sono tanti e volenterosi. Unite così due generazioni, giovani e anziani, non curanti della pioggia dei primi giorni e del caldo degli ultimi, sistemavamo questo terreno, parlando del più del meno, ma anche condividendo esperienze di vita. Solo parlando con loro che hanno vissuto in un momento storico diverso dal mio sono riuscita ad arricchirmi profondamente. Ancora più formativi sono stati gli incontri che avevano luogo nel pomeriggio: abbiamo seguito un percorso che ci ha portato a capire sempre di più la struttura e i modi in cui si manifesta il mondo mafioso, in modo da contrastarlo meglio; infatti dobbiamo ricordare che l’Italia non è solo il paese che ha dato origini alle mafie, ma anche ai grandi movimenti antimafia, soprattutto all’indomani delle stragi di Capaci e via d’Amelio. Possiamo identificare la mafia con tre parole chiave: violenza, potere, ricchezza,
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e per perseguire i suoi scopi stringe dei forti legami con i politici, senza i quali avrebbe senz’altro impatto minore. Infatti i mafiosi hanno rapporti con coloro che non sono un loro obiettivo. Riescono a gestire molti capitali finanziari e relazioni. I soldi non CAMPOLONGO MAGGIORE (VE) servono solo al traffico di stupefacenti, ma anche a man- neto non finì con Maniero. Con la cadutenere il welfare mafioso, la segretezza e a ta del muro di Berlino arrivarono mafie guadagnare il consenso sociale. Offrono straniere, molte specializzate nel traffico lavoro, servizi: trasmettono il messaggio di umani e droga. che con lo stato non si vive, mentre con La mafia siciliana, Cosa Nostra, è stata la mafia sì. Ma una volta che ci sei dentro molto più rappresentata e conosciuta granon ne esci più. Ti possono chiedere di zie ai media: le guerre di mafia, gli attenoccultare persone, droga, portare mes- tati hanno duramente segnato l’opinione saggi: lì o sei con loro o contro di loro. pubblica Italiana. Solamente nel 2001 ci Quando si entra in un’associazione ma- si è accorti che non era l’unica organizfiosa ci si sottopone ad un rito di affilia- zazione mafiosa ma c’erano anche altre zione che non è un semplice rito, ma è organizzazioni come l’Ndrangheta calaun modo per prendere tutta la persona e brese o la Camorra campana, che è stata che la fa sentire importante: viene prima per troppo tempo declassata ad un livello di tutto l’organizzazione mafiosa, è la tua unicamente territoriale accorgendosi solo in seguito che non era limitata al traffico vita, la tua ricchezza. Il veneto ha conosciuto una sua mafia di sigarette. autoctona prima di mafia capitale. Infatti Commovente è stato l’intervento di Annegli anni ’50 ci si è accorse che le mafie gelo Corbo, sopravvissuto alla strage di del sud traevano grande forza dai lega- Falcone. Descrive il magistrato come un mi di sangue e si decise così di spostare uomo tutto d’un pezzo, combattuto tra la i boss al nord, in modo da disgregare le professionalità e gli affetti della sua famifamiglie. Si formò così la banda Manie- glia. Angelo, raccontando la sua tragedia, ro. Felice Ma- dà un senso all’orrore che gli è capitato niero diventò incanalando le sue emozioni in qualcouna figura sa di positivo e formativo per i giovani, molto impor- che definisce la sua salvezza, gli unici che tante: riuscirà riescono a distrarlo dai sensi di colpa di a fuggire da essere sopravvissuto, a discapito dei suoi due carceri di colleghi e amici. massima sicurezza e troverà Un campo antimafia cambia una persoin veneto un na. Dove prima c’era il traffico illecito di g ro s s i s s i m o droga, dove spostavano la cocaina, ora si consenso so- fa l’opposto. Si parla di antimafia. E dobciale, ma sarà biamo esserne fieri, perché chi ha paura costretto a muore ogni giorno, chi non ha paura costituirsi nel muore una volta sola. Emma Caparelli 1990. Ma la ERBÈ (VR) mafia in veemmacaparelli@gmail.com
Quando un Sole non basta
Continuano gli esperimenti per riprodurre la fusione nucleare del Sole e delle altre stelle
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e persino una rivista scientifica ed accademica come “Science” si lascia prendere dall’entusiasmo affermando che siamo di fronte ad una svolta qualcosa di sicuro si sta muovendo. E nella direzione giusta, aggiungerei; nella direzione che ci porterà a disporre di quantità pressoché illimitate di energia senza scorie, inquinamento, radiazioni, limiti meteorologici. Sembra fantascienza, ed in effetti per molto tempo la riproduzione controllata della fusione nucleare in dei reattori è stata confinata ai libri di Asimov e soci o al massimo alla scienza teorica. Come i più ferrati in materia già sapranno unire due isotopi (“varianti” dell’atomo standard) di idrogeno per creare dell’elio non costituisce il vero problema, che invece sorge quando bisogna portare a temperatura e pressione elevatissime l’ambiente circostante. Questo contrattempo viene aggirato dal Sole rassegnandosi ad avere poca compagnia e da noi uomini, per il momento, dando una “spintarella” agli atomi con una bomba atomica e permettendo così l’esplosione delle bombe H. Pur prendendo atto che ad alcuni in passato questa seconda soluzione non sia
dispiaciuta affatto un metodo alternativo è da circa sessant’anni in via di sviluppo tramite costose ricerche della quale la più avanzata (e finanziata), ITER, non promette risultati fino al 2025. Dove sta quindi la svolta? Una piccola compagnia, la Tri Alpha, ha da poco annunciato di essere riuscita a compiere un passo fondamentale verso l’ottenimento delle condizioni necessarie riuscendo a portare del gas a 10 milioni di gradi celsius e a mantenerlo stabile per 5 millisecondi, fermandosi solo per esaurimento del carburante, quando prima 0,4ms era il massimo che si era riusciti ad ottenere. Ciò rende possibile sperare nel raggiungimento della temperatura stabile di 100 milioni di gradi, necessaria per la fusione, entro un periodo relativamente breve. Chissà quindi che in un futuro non troppo lontano in borsa non si osservi più l’andamento del barile di petrolio ma del reattore a fusione e che il nostro pianeta non possa tirare un sospiro di sollievo con la fine dell’era dei combustibili fossili. Marco Crosato marco.crosato98@gmail.com
“ci porterà a disporre di quantità pressoché illimitate di energia senza scorie”
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SCIENZA
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Carote: la migliore soluzione naturale contro i postumi
orse molto sottovalutate tra i tanti ortaggi, le proprietà delle carote sono numerose: oltre a pelle e a vista, ne traggono beneficio anche fegato e sistema immunitario. Mangiare abitualmente carote aiuta a tonificare il fegato, rigenerandone le cellule. Esse inoltre assorbono l’eccesso di acidità nello stomaco favorendo così la digestione. Un’arancione centrifuga di carote può essere perciò una valida alternativa ai farmaci a cui abitualmente si ricorre per riprendersi da un post-sbornia. Quindi continuate pure a fare festoni, meno limoni e più carote! Bianca Facco faccobianca@gmail.com Carlotta Meneghini carlotta.meneghini07@gmail.com
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POLITICA
Il Mancino
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Le giraffe di Keynes
Il neoliberismo spiegato con le giraffe “Il mondo non è governato dall’alto in modo che gli interessi privati e sociali coincidano sempre” J. M. Keynes
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riste ma vero, ce ne siamo accorti dopo trent’anni che un sistema come quello neo-liberista non può favorire la crescita della comunità ma solamente quella del singolo che riesce ad indirizzare il suo capitale e il suo lavoro nella direzione giusta, così che si distruggano tramite la concorrenza coloro che si muovono nella direzione sbagliata. Questa dinamica è stata messa in luce da un grande economista a cui si devono le politiche economiche che permisero l’uscita dalla Grande Crisi del 1929, John Keynes: “un metodo che porta in alto i cercatori di guadagno cui arride il successo, grazie a una spietata lotta per la sopravvivenza” scegliendo “il più efficiente per mezzo del fallimento del meno efficiente” e
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considerando il risultato così raggiunto, a prescindere dal costo della lotta, un bene permanente per tutti. “Se lo scopo della vita è di cogliere le foglie degli alberi fino alla massima altezza possibile, il modo migliore per raggiungere questo scopo è di lasciare che le giraffe dal collo più lungo facciano morire di fame quelle dal collo più corto.”. Sembra una pre m on i z i on e , quella di Keynes, che anticipa quello che dagli anni Ottanta in poi sarà il sistema economico e sociale imposto in Occidente prima e nel resto del mondo poi. Lo smantellamento dello stato sociale e l’aumento incondizionato delle disuguaglianze tra ricchi e poveri saranno le prime conseguenze di questo cambiamento economico. Oggi come negli anni Venti questo modello di sviluppo non tiene conto di alcune “complicazioni” (chiamate così da Keynes) come i problemi legati all’aumento sproporzionato delle capacità produttive rispetto a quelle di consumo, oppure ai “costi generali non valutati” per produrre i beni ed anche quando “l’ignoranza prevale sulla conoscenza” (ci basta osservare quanto l’ignoranza aumenti con il crescere della complessità). Con l’avvento del capitalismo finanziario contemporaneo sono peggiorate ulteriormente le conseguenze di questo paradigma, la forma ultra-liberista della finanza
drena dall’economia reale grandi quantità di ricchezze trasferendole nel circuito globale finanziario. Ciò, in linea con la similitudine darwiniana delle giraffe, distrugge le fronde medio-basse degli alberi concentrando la ricchezza sempre più in alto, dove solamente giraffe dal collo lunghissimo possono giungere a brucare, per esempio i grandi giocatori alla borsa di Wall Street, i proprietari di enormi capitali o gli uomini di banca. Secondo i dati del rapporto Oxfam, infatti, nel 2014 nel mondo ci sono 85 plurimiliardari che possiedono la ricchezza dei 3 miliardi e mezzo di persone più povere al mondo. Con la crisi economica globale il ceto più ricco si è arricchito sempre di più: da un lato a causa del meccanismo “oggettivo” del mercato, dall’altro per l’attuazione di provvedimenti fiscali favorevoli unicamente ai grandi capitali. Infatti a rendere ancora più difficile l’introduzione di politiche fiscali da parte dei governi che permettano la ridistribuzione anche alle classi sociali in difficoltà economica è l’influenza di queste oligarchie nei confronti degli apparati decisionali e politici di ogni stato, un processo che modifica la struttura stessa delle democrazie e demolisce i consolidati sistemi di welfare che avevano permesso la riduzione della forbice sociale. I dati che osserviamo nel rapporto Oxfam sono sconcertanti, la ricchezza accumulata dall’1% più ricco negli USA nel 2013 è simile a quella del 1929 anno in cui si aprì un periodo di povertà e di crisi per il mondo intero. Oggi più che mai la disuguaglianza è diventata così profonda che serve un ingente intervento statale mirato a contrastarla. Occorre intervenire al più presto per mettere al sicuro oltre che il benessere economico di tutti, la democrazia e la libertà individuale che al momento sono in grave pericolo. Alessio Resenterra alessioresenterra@gmail.com
“un metodo che porta in alto i cercatori di guadagno cui arride il successo, grazie a una spietata lotta per la sopravvivenza”
SCUOLA
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Settembre 2015 - N.4
Cos’è la Buona Scuola?
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Spieghiamo di cosa parla la riforma che sta animando il dibattito pubblico degli ultimi mesi nel nostro Paese
l 13 luglio 2015, dopo l’ondata di proteste che ha scosso l’Italia da Nord a Sud e che ha visto il culmine con le piazze del 5 maggio, unitarie tra studenti, insegnanti e genitori, il governo pone la fiducia e fa approvare con 277 sì, 173 no e 4 astenuti la legge n 107 del 2015, di cui fino a prima abbiamo sentito chiamare Buona Scuola. Ma cosa prevede e come cambierà concretamente la vita nelle nostre scuole? Se iniziamo a leggere il testo sulla gazzetta ufficiale, molto probabilmente rimarremmo positivamente colpiti dal primo articolo che spiega quali vogliono essere i valori fondanti della riforma, dove si afferma e sottolinea il ruolo centrale dell’istruzione nella società della conoscenza, si riconoscono le diversità di tempi e stili di apprendimento, si sottolinea l’importanza del contrasto alle diseguaglianze, siano esse territoriali o socio-culturali, viene ribadita la lotta all’abbandono scolastico e alla dispersione scolastica e si propone di aprire la scuola alla comunità in cui è inserita rendendola così un vero e proprio polo culturale e aggregativo all’interno del contesto sociale. Proseguendo però con la lettura realizziamo però che non si sta parlando di una scuola davvero “buona”, ma anzi notiamo diversi provvedimenti contrastanti con quanto affermato in precedenza e addirittura molte tematiche decisamente importanti, per non dire fondamentali, come il diritto allo studio o la riforma della governance (il sistema di autogoverno della scuola, quindi anche la rappresentanza studentesca) oppure quella dei cicli sono gravi assenze ingiustificate. L’autonomia scolastica, cioè la capacità della scuola di gestirsi e organizzarsi secondo regole specifiche e adatte al contesto particolare, è una tematica fondamentale per garantire la democrazia all’interno di tutti quei processi che regolano il funzionamento di ogni singolo istituto, ma risulta invece stravolta e svalutata nel momento in cui non viene
prevista e strutturata una partecipazione concreta, una possibilità a concorrere nelle decisioni, nel momento in cui viene centralizzata e rafforzata la figura del dirigente scolastico (quello che spesso abbiamo sentito definire preside-manager). Il problema in questione non è tanto il rafforzamento della figura del dirigente in sé ma quanto più la mancanza di un sistema di bilanciamento dei poteri che permetta a tutti gli “attori” della comunità scolastica di incidere e decidere all’interno della scuola stessa. Per questo si è detto che la scuola pubblica assomiglierà più a una azienda per quanto riguarda il funzionamento interno: un preside-padrone dà un indirizzo e gli studenti, che non hanno la possibilità di influire nelle decisioni prese, sono ridotti a semplici fruitori di un servizio, demolendo così la cooperazione tra studenti-insegnanti-genitori nella gestione dell’istituto. Esempio simbolico è la nuova costruzione del POF (Piano dell’Offerta Formativa), che contiene tutte le attività formative che la scuola propone al di fuori degli orari curricolari e con la legge n 107 diventa triennale (e non più annuale) e scritto unicamente dal dirigente scolastico, lasciando agli studenti solamente la possibilità di esprimere cosa pensano a riguardo e nulla più. Si dice che con la Buona Scuola per la prima volta verrà data la possibilità agli studenti di valutare i propri docenti: è prevista infatti l’istituzione di un comitato di valutazione composto da dirigente scolastico, tre docenti, uno studente, un genitore (che diventano due nella scuola secondaria inferiore) e un tecnico esterno (ispettore). Il comitato però, oltre a non avere in egual numero le componenti che lo costituiscono e risultando quindi non democratico, non ha lo scopo di costruire uno spazio di confronto proficuo tra studenti e insegnanti in modo da migliorare la didattica e le modalità di formazione, bensì serve per decidere a quali docenti dare un bonus di circa 500€ sullo stipen-
dio divenendo così autorità salariale e creando un rapporto economico tra insegnante e studente non di certo positivo. Se tra gli assenti ingiustificati c’era il diritto allo studio, tra i nuovi arrivati in classe ci sono gli “school bonus”, ovvero la possibilità da parte dei privati (aziende, fabbriche, cooperative, imprese o anche singoli cittadini) di finanziare i progetti e il rifornimento dei singoli istituti. Può sembrare positivo di primo impatto, ma nasconde numerose problematiche: una su tutte l’aumento delle disparità tra i vari territori e soprattutto tra i vari istituti in quanto è inevitabile che i ceti più abbienti, quindi portati a maggiori finanziamenti, studieranno nei licei, rendendo sempre più poveri tecnici e professionali. Questo creerà inevitabilmente scuole di serie A e altre di serie B, perché materiali didattici, strutture, ma anche docenti (grazie alla chiamata diretta) saranno di qualità migliore dove vengono fatti investimenti maggiori da parte dei privati, mentre aumenteranno il divario abbassando ulteriormente il livello nelle zone più in difficoltà, contraddicendo proprio quel contrasto alle diseguaglianze e lotta alla dispersione di cui si parlava all’articolo 1 dello stesso testo di legge. Da ricordare che, se saranno i privati a finanziare in parte la scuola pubblica, a pagare per le scuole paritarie (o private) sarà anche lo Stato con un investimento previsto di 66 milioni di euro, al fianco di una scuola pubblica che cade (letteralmente) a pezzi. In risposta a queste e molte altre criticità presenti nella riforma della scuola moltissime associazioni, assieme a tutti i sindacati uniti, si sono mobilitate fin da subito, creando un percorso condiviso e propositivo che si chiama “La scuola che cambia il Paese” e ha come obiettivo una scuola pubblica di qualità, che permetta davvero ai giovani italiani di inseguire i propri sogni e un giorno vivere in un Paese che riconosce l’importanza di un’istruzione pubblica garantita e tutelata, che vada verso un futuro migliore, per tutti. Fonti: gazzetta ufficiale, Linkiesta, L’Espresso Jacopo Buffolo jacopo@buffolo.it
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SCUOLA
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Anche gli studenti hanno dei diritti
SOS Studenti: assistenza gratuita contro le ingiustizie della scuola
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OS Studenti è un servizio di pronto intervento che la Rete degli Studenti Medi del Veneto offre durante tutto l’anno a tutti gli studenti che hanno bisogno di consulenza, informazioni o assistenza legale per risolvere eventuali problemi nel corso di esami, scrutini, valutazioni di condotta, corsi di recupero e quant’altro riguarda il complicato mondo della scuola. Abbiamo deciso di attivare questo servizio perché troppo spesso siamo vittime di un mondo della scuola che non dà spazio alla voce degli studenti. Nei meandri della burocrazia siamo noi studenti ed i nostri diritti a rimetterci e per questo la Rete degli Studenti Medi mette a tua disposizione uno sportello sindacale e consulenza legale. La scuola è appena iniziata e come ogni anno per tantissimi ragazzi questo significa rientrare in quel mondo tanto odiato di compiti ed interrogazioni in cui troppo spesso non abbiamo voce in capitolo. Proprio perché vogliamo una scuola in cui ci piaccia stare ed in cui non si abusi dei nostri diritti, come le note di classe ingiuste, i compiti per punizione che non si potrebbero assegnare, le ingiuste valutazioni che abbassano la media, le bocciature non giustificate, i debiti a settembre senza veri validi motivi, le assemblee negate e quant’altro vada a ledere i nostri diritti, bisogna essere a conoscenza di que-
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sti e battersi affinché vengano rispettati. Per questo come Rete degli Studenti Medi ci impegniamo a distribuire la “Controguida”, un manuale in cui si riassume lo statuto degli studenti e delle studentesse. Come sindacato studentesco siamo pronti a stare al fianco degli studenti in ogni situazione di ingiustizia: offriremo agli studenti assistenza sindacale gratuita e daremo loro supporto legale per eventuali ricorsi e ottenere giustizia. Per chi volesse contattarci per informazioni o per segnalare delle irregolarità mettiamo a disposizione la pagina Facebook “SOS Studenti Veneto” o in alternativa la nostra pagina Facebook “Rete degli Studenti Medi Veneto”, inviare una mail a sostudenti.veneto@gmail. com oppure chiamare, inviare sms o Whatsapp a Jacopo 3466314395. Mara Fantinel fantmaretta@gmail.com
Guerra e pace Il rapporto studente-insegnante nel 2015
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ome ogni relazione, anche quella fra insegnante e studente è caratterizzata da un influenzarsi reciproco, anche se spesso lo studente non si rende conto di quanto il suo comportamento possa influenzare quello del docente. Lo studente ha spesso bisogno di sentirsi apprezzato e in quanto non sta bene nell’omologazione è portato ad essere particolarmente attento al comportamento dell’insegnante nei suoi confronti. Il professore, dal canto suo, vuole sentirsi appagato in ciò che fa in quanto l’insegnamento costituisce la sua professione e molto spesso una grande passione. Il professore è in realtà molto sensibile al giudizio degli studenti, perché ad esempio, uno studente non particolarmente appassionato alla sua materia può essere indizio del suo possibile metodo di inse-
gnamento non del tutto adatto. Una cosa che spesso gli insegnanti dimenticano è che gli studenti sono persone e non “macchine da studio”, quindi non dovrebbero limitarsi all’insegnamento della loro materia, assegnare i soliti compiti per casa ed essere degli estranei per i loro allievi, dovrebbero essere invece disposti al dialogo e al creare un legame con lo studente, in modo da favorire una crescita da entrambe le parti. Nel tentativo di creare un rapporto alla pari la valutazione diventa un passo importante, perché valutazioni ingiuste possono far scatenare una reazione allo studente, che spesso inizia una discesa del rendimento in quanto perde fiducia in se stesso e nelle sue capacità, è quindi importante che l’insegnante non approfitti del suo potere e che sia oggettivo, usufruendo delle griglie di valutazione troppo spesso dimenticate. Si può quindi arrivare ad avere un buon rapporto col proprio insegnante solo se c’è fiducia e rispetto da entrambe le parti, e questo può avvenire solo se entrambi si rendono conto dell’importanza centrale dell’apprendimento e dell’insegnamento non solo di nozioni, ma di valori e principi che vanno a formare un cittadino consapevole dei propri diritti e doveri. Eugeniu Popovici popovicieugeniu8@gmail.com
SCUOLA
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Settembre 2015 - N.4
Studenti in piazza per una scuola #buonaxdavvero!
Il 9 ottobre non accettiamo la distruzione della scuola pubblica!
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o scorso 13 Luglio il parlamento italiano ha approvato la legge 107 altresì detta “La Buona Scuola”, una riforma del sistema scolastico che d’innovativo per gli studenti ha ben poco. Il riciclo da parte del governo di vecchi cavalli di battaglia della destra, sia sulle tematiche che sui metodi di azione, hanno lasciato gli studenti privi di una reale partecipazione al processo di riforma della scuola. Le rivendicazioni della Rete degli Studenti Medi, come l’accessibilità gratuita all’istruzione, la lotta alla dispersione scolastica, la realizzazione di una valutazione utile e non solo selettiva, la possibilità di definire percorsi propri e formativi in vista del lavoro/università, l’arricchimento dei poteri della rappresentanza studentesca e molte altre, sono ad oggi state quasi totalmente ignorate. Quest’autunno prenderemo l’attenzione che ci spetta, che non ci è stata data fino dalla pubblicazione delle linee guida del provvedimento. Porteremo avanti le no-
stre idee e le nostre proposte, come sempre abbiamo fatto, perché sono le idee di chi quei luoghi li vive quotidianamente a migliorare la nostra scuola. Il governo non potrà continuare a nascondersi dietro superficiali coinvolgimenti e false promesse, non può continuare ad ignorare la vastissima fetta di popolazione che è contraria a questa legge, dovranno cambiarla cambiando completamente verso al loro operato. Il 9 Ottobre (#9Ott) scendi in piazza anche tu, contribuisci anche tu a migliorare quella che è la nostra condizione quotidiana, non è più il tempo di stare in una scuola che non piace agli studenti e che non riesce a rilanciare il paese. #Findallinizio il primo giorno di scuola ci saranno proteste in tutti gli istituti, perché non abbiamo bisogno della Buona Scuola, ma di una scuola #Buonaxdavvero. Tommy Ruzzante ruzzantetommy@yahoo.it
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ARTE
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Settembre 2015 - N.4
“Ma cos’è questo rumore?”
“Non è rumore, è musica papà e tu non ci capisci proprio niente!”
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i è mai capitato di stare ascoltando la canzone dell’artista che più vi piace ad alto volume in camera vostra e che dalla porta sbucasse a un certo punto vostro padre ordinandovi urlando di abbassare il volume di quel suono che sembrerebbe giungere sotto forma di musica alle vostre orecchie e sotto forma di rumore alle sue? Ma che cos’è veramente il rumore? In termini fisici il rumore è un’onda sonora, data dall’interferenza di diverse onde con frequenze tra loro differenti, che non è considerabile come armonica (onda che rispetta la legge del moto armonico) e nemmeno come periodica (che si ripete periodicamente) e si differenzia dal suono puro e da quello complesso che sommati producono quella musica che tutti identifichiamo come tale, ciò che potremmo definire “musica convenzionale”. In termini musicali però, a parer mio, il rumore è rappresentato da quell’accozzaglia di tutti quei suoni che non vengono percepiti e codificati dal nostro orecchio come quel suono piacevole che definiamo musica. Anche l’orecchio (si intende l’udito in senso lato) però, come la ragione e la memoria, deve essere abituato al fine di poter codificare e percepire la maggior parte dei suoni esistenti. So che sembra complesso, ma ora proverò a spiegarvi meglio la mia teoria a partire da un’esperienza personale: qualche mese fa mi stavo avvicinando al Jazz e mi misi quindi a cercare tra i CD di casa (ciò che resta dell’adolescenza di mio padre) qual-
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cosa che potesse avvicinarsi al genere e trovai una doppia raccolta delle più celebri canzoni di Miles Davis, trombettista a me già noto del quale però non avevo ancora avuto l’occasione di ascoltare nulla. Così mi misi all’ascolto e, credetemi, non esagero se dico che già dal primo brano mi sembrava che dalla sua tromba uscisse fuori tempo un veloce e disordinato fiume di note, come se la canzone non avesse forma e si limitasse dall’inizio alla fine ad un continuo e alquanto stressante susseguirsi disordinato di note che non costituivano esattamente quella che definirei una melodia, ma dopo una serie di ascolti ansiosi e turbolenti, una canzone mi colpì (“Blue Room” N.d.R.). Da quel momento ascoltai più e più volte questo brano di cui mi innamorai e di lì a poco provai a riascoltare quei brani che lo precedevano e che non mi piacevano. Con mia grande sorpresa notai che ogni singola nota esprimeva qualcosa in più rispetto a prima ed incominciai a percepire la melodia che tutte quelle note insieme formavano. Il mio orecchio si stava abituando al percepire e codificare quel nuovo genere mai sentito prima. Quello che voglio dire è che l’orecchio deve essere allenato e abituato all’ascolto di un particolare genere o artista per poterlo comprendere pienamente ma talvolta si ha a che fare con orecchie o “troppo anziane” o “troppo giovani” per abituarsi all’ascolto di un nuovo genere che percepiscono quindi come un rumore. A più artisti di diversi generi può quindi capitare di non essere compresi da ascoltatori di una certa fascia d’età piuttosto che di un’altra. È proprio ciò che accadde a Lou Reed, chitarra e voce dei Velvet Underground, intorno agli anni ’80 del secolo scorso. La sua voce apatica, inespressiva e decadente e la sua poesia da
angelo del male erano considerate molto poco convenzionali, scandalose e provocatorie dalla maggior parte dei genitori di allora e invece molto più innovative da parte dei giovani di allora ovvero i nostri genitori. Ogni generazione ha quindi una serie di artisti contemporanei all’ascolto dei quali, salvo varie eccezioni, ha abituato il proprio orecchio, mentre altre generazioni sono più restie all’ascolto degli stessi artisti. Questo probabilmente è dato dal fatto che i giovani delle nuove generazioni non hanno vissuto durante gli anni degli artisti che hanno appassionato i propri genitori e non ne condividono idee e tecnica espressiva. Viceversa anche le vecchie generazioni non vivendo più le tendenze, gli stili, gli ideali e più in generale l’eclettico e diversificato ambiente artistico odierno faticano a comprendere gli artisti più moderni. Secondo me ci sarà sempre un qualche nuovo artista emergente che differirà in tutta la propria tecnica espressiva da tutti gli artisti che lo hanno preceduto provocando da un lato un’innovazione musicale ben accetta e compresa, da un altro una storpiatura di una musicalità che per molti delle generazioni passate è da considerarsi sacra. Personalmente trovo che ogni innovazione o cambiamento in ambito musicale sia, che esso piaccia o meno, benefico. Infatti tutti i cambiamenti musicali di decennio in decennio contribuiscono a dar vita ad un continuo divenire della musicalità e aprono la strada a nuovi orizzonti sconosciuti che vale la pena scoprire. Per dirlo con le parole di Bob Dylan “The wind of change will never stop to blow”, in poche parole “apriamo” le orecchie e andiamo alla scoperta di nuovi suoni perché vi posso assicurare che nella musica, più che in ogni altra cosa, tentare e sperimentare non nuoce, anzi, appaga sempre. Gianluca Piazza gianluca_piazza@outlook.it
“Anche l’orecchio però, come la ragione e la memoria, deve essere abituato al fine di poter codificare e percepire la maggior parte dei suoni esistenti”
ARTE
Il Mancino
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La congiura contro i giovani
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Un manifesto generazionale
a congiura contro i giovani” è un vero e proprio manifesto generazionale. Perché nonostante le innumerevoli, angoscianti e spesso spietate analisi del sociologo Stefano Laffi contro il consumismo, l’immobilismo e la contemporaneità, le proposte e gli ideali presenti alla fine del libro permettono di sognare -in modo molto concreto- un mondo bello, onesto, creativo, serenamente imperfetto e sempre pronto a mettersi in discussione. Uno sguardo d’eccezionale profondità, oggettivo ma anche appassionato, severo ma speranzoso, che difficilmente lascerà il lettore tranquillo: impossibile non scandalizzarsi davanti agli orrori del mercato. Impossibile non provare di nuovo -nella fin troppo vera narrazione dell’immobile Bel Paese- quella frustrazione e voglia di cambiare che ormai abbiamo seppellito nella coscienza dopo troppe ingiustizie. Impossibile non emozionarsi davanti alla descrizione di una società diversa e felice, motivo per cui consiglio a tutti la lettura di questo libro. Non dubito che si possano trovare delle critiche a questo saggio, ad esempio un vigore eccessivo che potrebbe urtare gli animi più conservatori, ma credo che nessuno possa negare la verità del messaggio di questo megafono di giustizia sociale, come nessuno con un minimo di onestà intellettuale sarebbe contrario a una società ispirata da questi princìpi. “Per fortuna al riparo da libri come questo, senza addosso il peso dell’ingiustizia e della congiura ma forse con la consapevolezza dell’assurdo in cui sono nati, i giovani si sono mossi, come potevano. Si sono impadroniti di nuovi alfabeti e dei nuovi oggetti, mentre gli adulti si chiedono ancora come si fa ad accenderli. Hanno usato web e smartphone per stare sempre insieme, mentre i genitori dibat-
tevano sugli orari di rientro a casa, hanno creato il loro flusso di notizie non potendo contare sui giornali, hanno creato la loro musica per ritrovare la rabbia e la poesia che consente di resistere e crescere. Sono stati sempre in gruppo per sentirsi meno soli, hanno sopportato infiniti scontri e separazioni in famiglia senza mettersi in mezzo, hanno alzato la voce quando hanno capito l’impoverimento in atto della scuola e dell’università, hanno occupato le piazze per dire l’ingiustizia della finanza e della sperequazione sociale, mentre i governi salvavano le banche. Si sono messi insie-
“Uno sguardo d’eccezionale profondità, oggettivo ma anche appassionato, severo ma speranzoso, che difficilmente lascerà il lettore tranquillo”
me per liberare un terreno dalla mafia, per aiutare chi non paga il pizzo, per recuperare un territorio, per valorizzare un quartiere. Hanno provato a immaginare che questi potessero essere anche i loro lavori, non essendocene altri disponibili, ma nel frattempo da baristi, camerieri o commesse, si guadagnavano i primi soldi. Sono partiti quando qui non c’era più niente da fare o da vedere, a malincuore.” “Bisogna […] rompere l’incanto delle parole, assumersi la responsabilità del cambiamento, essere pragmatici e realisti, più che profeti, perché quel che conta è il presente. Non è mai nel domani ma in un “qui e ora” che avviene l’incontro per costruire insieme, per misurare la sincerità delle intenzioni e fare giustizia.” (La congiura contro i giovani, Stefano Laffi, Feltrinelli Editore Milano, 2014) Giulio Quarta giulioquarta96@gmail.com
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TERRITORI
Il Mancino
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NOTIZIE DAI TERRITORI >>> BELLUNO
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E la terra crolla
rane. Frane. E ancora frane. La nostra provincia soffre ancora, una delle più colpite dal 1dissesto idrogeologico. Dopo centinaia e centinaia di segnalazioni, arrivano i danni, e gli interventi d’emergenza. Dal Cadore, dove già nel 2009 morirono due persone, al Bellunese fino al Feltrino colate di fango e ghiaia stanno causando migliaia e migliaia di euro di danni. In Alpago si trovano le situazioni più gravi di tutta la provincia, con vere e proprie frane, che in alcuni casi mettono a rischio delle borgate, come quella di Cassani o di Cornei. Il dissesto idrogeologico è l’insieme di tutti quegli eventi che vanno dalla semplice erosione del terreno alle frane. Questi sono causati in larga parte dai fiumi o dalla pioggia, ma aggravati molto dal disboscamento incontrollato nel nostro territorio: pur essendo vero che il numero degli alberi è aumentato negli ultimi 50 anni, sono cresciuti nelle zone sbagliate, occupando terreni da pascolo e non andando ad aggregare il terreno dove ora si verificano le frane. Un fenomeno che purtroppo colpisce tutto il territorio nazionale per colpa soprattutto di un’eccessiva urbanizzazione e cementificazione del terreno e ad un’incapace regolamentazione dei fiumi e dei torrenti. Dal boom economico degli anni Sessanta in poi si è costruito moltissimo speculando ed edificando in maniera abusiva, così si è prodotta una mole di case che non passa indifferente nella nostra penisola relativamente piccola. Basti pensare che attualmente sono presenti più di venti milioni di stanze vuote e mi-
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lioni di metri cubi abitabili vuoti. Questa poco controllo nell’edilizia sta causando non solo danni economici, ma anche morti: un rapporto dell’Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili) ricorda che nel periodo 1985–2011 si sono registrati quasi mille morti da disse-
sto idrogeologico, per oltre 15 mila eventi calamitosi e un danno economico da circa 3,5 miliardi di euro all’anno. Il controllo preventivo del territorio, già insufficiente, sarà del tutto azzoppato: approvato in via definitiva il DDL Madia (che riforma la pubblica amministrazione), le guardie forestali, il cui compito è quello di controllare e salvaguardare il territorio nazionale, verranno accorpate nell’Arma dei Carabinieri. Secondo i sindacati, questa riforma sarà inutile e dannosa: nessun risparmio economico e la fine dei Forestali, dopo quasi 200 anni di storia. Alberto Botte albi.botte@gmail. com
>>> VICENZA
Al Lioy il futuro è a pagamento
C
e lo ripetono ogni giorno sui giornali, ce lo dicono i professori e i genitori: in un mondo così globalizzato e interconnesso per saper affrontare il futuro è essenziale sapere le lingue straniere. È un mantra che viene continuamente tirato fuori quando si parla di occupazione giovanile, quasi come fosse la sola soluzione a questa carenza di lavoro per le nuove generazioni. Non ci sono dubbi per essere competitivi nel lavoro, se si vuole capire le culture di altri popoli o semplicemente non rimanere solamente nella nostra piccola e provinciale Italia non basta sapere solo l’inglese. Date queste premesse appare chiaro lo sbigottimento e l’indignazione degli studenti dell’indirizzo linguistico del liceo Lioy di Vicenza ai quali una circolare di metà agosto annuncia che da quest’anno l’ora di lingua pomeridiana sarà a pagamento. La scuola, dice la circolare, non si può più permettere questo lusso. Perché appunto così facendo l’apprendimento di una lingua straniera e quindi la competitività lavorativa o comunque la voglia di conoscenza di uno studente diventa un lusso che non tutte le famiglie, soprattutto in tempo di crisi, potranno permettersi. Il costo sarà tra i 60 e i 120 euro, dipende dal numero di iscritti. Questi fatti sono gravi ed è ancor più grave una mancata opposizione perché sono l’esplicazione di una tendenza ad andare verso una scuola a pagamento ed elitaria. La risposta degli studenti non si farà attendere. Giuseppe Rigobello beppe.rigobello@gmail. com
>>> TREVISO
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TERRITORI
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Rane Bollite
la notte tra il 14 e il 15 agosto quando Treviso diventa, per l’ennesima volta negli ultimi mesi, triste teatro di violenza fascista impunita. Dopo i gravi episodi di Quinto, il piccolo comune i cui residenti, terrorizzati dall’eventualità dell’insediamento di un centinaio di migranti in zona, avevano accolto con entusiasmo il gesto di alcuni esponenti di Forza Nuova intenti a bruciare i mobili degli appartamenti in cui i profughi avrebbero dovuto essere accolti; dopo l’aggressione da parte di due esponenti di estrema destra al noto Dario, il paninaro della stazione, dopo i numerosissimi episodi minori di violenza che hanno preceduto questo exploit finale, si è giunti, nell’agosto del 2015, al momento in cui un manipolo di ragazzotti vicini ai movimenti di estrema destra si sono permessi di sfigurare un giovane ragazzo vicino al collettivo ZTL Wake Up che aveva risposto, una sera, fuori dal bar, alle loro provocazioni, concedendosi addirittura il lusso di malmenare una ragazza intervenuta in soccorso dell’ amico. Entrambi gli aggrediti hanno riportato lesioni più o meno gravi, dal naso rotto, a un occhio compromesso, alle microfratture delle scapole, all’incrinamento di un paio di vertebre. Ciò che mi ha portata a provare un forte bisogno di scrivere un articolo a riguardo è l’aria di legittimazione di atti come questo che si respira tra le mura dell’apparentemente tranquilla Treviso. Leggevo l’altro giorno
un articolo che riporta un esempio interessante. Raccontava di una leggenda metropolitana sulle rane bollite che dice così: se si mette una rana in una pentola di acqua fredda e la si lascia scaldare a fuoco lento, la rana starà tranquilla fino a quando non morirà bollita. Con i cambiamenti culturali funziona circa così: non li si nota per il semplice fatto che ci si vive immersi. Fino a che, un giorno, l’acqua intorno a noi comincia a ribollire. La mia impressione è che siamo di fronte a un orizzonte culturale diverso, nel quale il fascismo rischia di essere fortemente legittimato dalle contingenze. Le contingenze di cui parlo potrebbero essere, banalmente, il fatto che, nonostante alcuni timidi segnali di ripresa, la recessione ha lasciato nelle bocche degli italiani un retrogusto amaro di rabbia e impotenza. Malumori facilmente incanalabili dai populismi di destra, come la Lega Nord, colpevole di aver diffuso nel dibattito pubblico su temi fondamentali -come Europa ed immigrazione- disinformazione, paura e astio. La facilità con cui queste sensazioni si radicano nell’animo del cittadino italiano lo portano ad accettare più tranquillamente le sempre più frequenti dimostrazioni di forza bruta dei nostri cari neofascisti. Del resto, non sono stati loro a cavalcare l’onda delle violente proteste contro l’immigrazione degli ultimi tempi? Siamo in una situazione per la quale le grandi tematiche del nostro tempo, con tutte le loro controversie e le loro insidie, servono da piedistallo a movimenti apertamente neofascisti, che, riconosciuti e approvati da buona parte dell’opinione pubblica,
non sono più contestati con forza da nessuno nella società nemmeno nel momento in cui arrivano a scaraventare a terra una ragazza con idee diverse dalle loro. Non basta lottare contro degli sporadici episodi di violenza, bisogna raccogliere da terra e rispolverare una volta per tutte gli ideali che ci permettono oggi di vivere liberi, in un paese democratico. Serve antifascismo, ma non quell’antifascismo un po’ vuoto, leggermente liturgico, l ’a n t i f a s c i s m o delle commemorazioni e del ‘bella ciao’ cantato in piazza il 25 aprile. O, quantomeno, non solo questo. È necessario fare antifascismo cercando di capire il problema alla radice, per come si articola oggi, qui ed ora. Io temo che sul ‘qui ed ora’ presente non possiamo più intervenire efficacemente, ma sul ‘qui ed ora’ del domani si: partendo da dentro le scuole. Se la scuola diventasse quel tanto immaginato e rivendicato centro di cultura, inclusione e partecipazione, per tutte e per tutti, forse fenomeni come quello a cui stiamo assistendo sarebbero più facilmente arginabili, forse non esisterebbero nemmeno. Fare antifascismo oggi quindi deve significare non solo fare informazione, dare segnali di integrazione, creare dibattito e incentivare la riflessione. Per quanto mi riguarda anche battersi per una didattica aggiornata, contro il libro troppo costoso e contro una riforma della scuola zoppicante, è fare antifascismo. Poche cose sono ideologicamente distanti dal fascismo come la scuola pubblica. E forse, finché non entreremo in questo ordine di idee, continueremo ad accettare sempre più e forse cominceremo anche noi a sentire il bisogno spasmodico di difenderci da noi stessi, a picchiare le ragazze o a ridere sotto i baffi quando 700 persone muoiono nel Mar Mediterraneo. Rachele Scarpa rac.scarpa@gmail.com
“Con i cambiamenti culturali funziona circa così: non li si nota per il semplice fatto che ci si vive immersi”
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TERRITORI
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> > > V E N E Z IA
La nuova faccia di Venezia
La gestione imprenditoriale di una città può realmente funzionare?
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opo 25 anni a sinistra, anche Venezia cambia faccia. A giugno, infatti, è stato eletto sindaco Luigi Brugnaro, grazie ad una campagna elettorale imponente e accattivante. Senza identificarsi né a destra né a sinistra, ha promesso il meglio per il comune di Venezia. Lo slogan ‘ghea podemo far’ serve ad instaurare un clima di cameratismo nel comune a sostegno dei grandi cambiamenti. È sulla scia di questa sua fortissima propaganda che il neoeletto sindaco inizia a proporre le prime trasformazioni. Tuttavia le sue mosse non sembrano andare nella direzione che molti cittadini desidererebbero. Conferma i tagli già attuati dal commissario prefettizio e non reintegra il personale che assicura i servizi delle biblioteche comunali. Questo ha lasciato perplessi i più, perché mette a rischio un servizio pubblico e indebolisce i luoghi di aggregazione culturale. L’intervento che ha creato maggiore scalpore è stato però il ritiro di sei libri gender dalle scuole. Le “favole arcobaleno” sono dei materiali didattici che la precedente amministrazione aveva deciso di mettere a disposizione delle scuole al fine di prevenire i fenomeni di discriminazione e di omofobia. “La meravigliosa Venezia sta senza dubbio affondando, ma non tanto rapidamente quanto il bigotto Brugnaro”. Ribatte così Elton John, che in due occasioni ha aiutato Venezia con concerti gratuiti. Per quanto aggressiva, la frase del cantante inglese contiene indubbiamente un fondo di verità, anche perché registra l’impotenza di chi non trova interlocutori capaci di recepire e tradurre in politica le più basilari nozioni di uguaglianza. Considerata la fragilità di Venezia e dell’area lagunare, il vero banco di prova per Brugnaro sarà coniugare la tutela del territorio con il suo rilancio economico. La monocultura del turismo, da cui si voleva fuggire, è ormai l’unica vera risorsa economica e sta affossando la città. Ed è
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sulle grandi navi, sulla riorganizzazione della distribuzione commerciale e sulla destinazione dell’area che circonda l’aeroporto che si capiranno le intenzioni della nuova giunta, e anche il suo spessore culturale. Si è sulla buona via quando non serve fare buoni propositi, che ancora si stanno facendo. Emma Caparelli emmacaparelli@gmail.com
> > > PA D O VA
Caro Libri? No grazie!
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’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.” Ecco alcuni frammenti degli articoli 33-34 della nostra Costituzione… Ma la nostra scuola è davvero gratuita e aperta a tutti? Sono stati rispettati i principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale? Decisamente no, ogni anno
>>> CASTELFRANCO le famiglie italiane spendono in media 300/350 euro a figlio per comprare testi scolastici utili durante il corso dell’anno. Questi soldi infatti sono una spesa obbligatoria, perché anche i libri semplicemente “suggeriti” risultano poi spesso fondamentali. Ma cosa è stato fatto dal Ministero per aiutare le famiglie in difficoltà? Nulla, o meglio, è stato stabilito un tetto massimo di 300 euro nell’acquisto dei libri, ma questo tetto non viene raggiunto abbassando il costo dei singoli libri con degli aiuti economici dallo Stato alle famiglie, bensì mettendo alcuni libri come consigliati. Il risultato? I libri consigliati molto spesso finiscono per dover essere acquistati e una famiglia si trova a sfondare il presunto tetto ogni anno. Cosa possiamo e dobbiamo fare noi? Come sindacato studentesco abbiamo l’obbligo di far sentire la voce degli studenti alle Istituzioni, per cercare di ottenere un welfare funzionante che dia ad ogni studente la possibilità di accedere al diritto allo studio. Abbiamo anche un altro obbligo, quello di aiutare gli studenti nel breve tempo, costruendo una serie di iniziative come il Mercatino del Libro Usato in tutte le città d’Italia, in modo da dimezzare i costi dei libri di testo e favorire il riuso e il riciclo. Come funziona? Ogni studente può portare i suoi libri nella piazza dove si svolge il mercatino e venderli al massimo al 50% del loro costo originario. Questo meccanismo infatti permette di venire in contro ad acquirente e venditore, costituendo un vantaggio per entrambi. Frequentare la scuola pubblica purtroppo sta diventando un lusso riservato a pochi e noi dobbiamo a tutti i costi combattere questa situazione, perché siamo e saremo sempre dalla parte degli studenti. Antonio Alaia antonio.alaia96@gmail.com
Il concerto del Silenzio
Un incontro sociale genuino sulle altisonanti note del silenzio, ritmo primordiale della natura
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a piccoli ci insegnano che le fiabe cominciano tutte con “C’era una volta” e che queste parole sono il sigillo di un mondo fatato fatto di magia e immaginazione. Crescendo si ha la presunzione di aver rintanato in soffitta questa frase assieme ai vecchi ricordi e di averne buttato la chiave. Personalmente ho sempre diffidato da chi non ha mai aperto quella soffitta perché penso che la vita sia piena di magia e ne ho avuto la riprova grazie ad Enrico, Davide, Michele ed Elena e al loro “concerto del silenzio”. Voglio raccontarvi la loro storia. C’erano una volta quattro amici uniti dall’idea di ricreare un momento e uno spazio di scambio relazionale che si contrapponesse con violenza ai sempre più frequenti luoghi d’incontro standardizzati, artificiali, vuoti. Una performance artistica che cerca risposte piuttosto che offrirne al partecipante, che si propone di ristabilire una forma di quell’originaria connessione con la natura, da cui siamo spesso svincolati a causa della prepotente assuefazione in cui viviamo. Un’occasione per prendere coscienza dell’esistenza dello stretto legame che unisce noi Piccoli Corpi con il Grande Corpo che connette e mai divide-separa-taglia-spezza-sradica. E’ una magia tangibile che si avverte nella natura e nella pace sonora ed emozionale che i luoghi scelti dai ragazzi esprimono. La durata della performance è scandita dal caldo suono dello djembè, strumento a percussione africano che metaforicamente simboleggia il ritmo del battito cardiaco umano e contrasta con i molteplici momenti di silenzio. L’incipit della serata viene recitato sulle note poetiche della canzone di Battiato “Un oceano di silenzio” che scandaglia la preponderante pace che scaturisce dal
silenzio colto in una maniera quasi trascendente. Dopo alcuni attimi di silenzio viene poi proposta un’attività di riflessione condivisa: i partecipanti posti schiena contro schiena sono invitati a rispondere a tre domande “da dove vengo?”, “chi sono?” e “ dove vado?”. Domande complesse che vengono dialogate alternatamente dalle due persone, chiamate in un terzo momento a rispondere dando voce a quello spesso sottovalutato canale comunicativo che è il silenzio. La serata procede tramite un dialogo tra due voci che simbolicamente rappresentano ‘Il Rumore’ e ‘Il Silenzio’ ; voci che si contrastano, litigano, gridano argomentazioni opposte per difendere la propria posizione, fino a quando finalmente è il Silenzio a dominare: gli artisti quindi invitano i partecipanti ad addentrarsi profondamente nella dimensione del “Grande Silenzio” in cui ci si stacca dalle rumorose abitudini, relazioni e comunicazioni per cercare verità nella ‘preghiera muta di pace’ che è il silenzio. Vedere quella moltitudine di persone affamate di silenzio, momento di connessione tra se stessi e gli altri, di cui il sistema spesso ci priva, è qualcosa di meraviglioso e allo stesso tempo spaventoso. In questo momento della serata è facile accorgersi che questa performance artistica non esalta il pregiudizio culturale che si produce a proposito del silenzio, quello quindi di silenzio in quanto assenza di rumore, suono, voce. Il silenzio viene percepito piuttosto come colonna portante dell’espressione comunicativa, indispensabile per l’essere umano così come lo sono l’ossigeno o l’acqua. Irene Pizzolotto pizzolotto.ire@gmail.com Enrico Antonello antoneo.95@hotmail.it
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TERRITORI
Il Mancino
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OROSCOPO
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L’oroscopo dello studente Ariete 21/03 - 20/04 La scuola è appena cominciata e già vi state annoiando. Cercate di non abbattervi troppo e approfittate delle prime settimane in cui sarete meno carichi di compiti per trovare qualche attività da fare nel pomeriggio. Magari un corso di teatro, delle ripetizioni agli amici in difficoltà, dei cineforum, vi aiuteranno anche durante l’anno a svagarvi un po’!
Leone 23/07 - 22/08 Arrivate ancora carichi dalle vacanze, emozionati nel rivedere i vostri compagni o magari nel conoscerne di nuovi. Studiare e seguire le lezioni è importante certo, però la vostra solarità ed energia potrebbe aiutare tutta la classe a vivere in un clima più sereno e collaborativo!
Sagittario 22/11 - 21/12 Siete ancora con la testa in vacanza e sarà difficile fermare la vostra esuberanza in classe, cercate di non esagerare e di rimanere nei limiti del buon comportamento, qualche professore poi potrebbe prendersela un po’ troppo (si consiglia lettura dell’Articolo 4 dello Statuto degli Studenti e delle Studentesse).
Toro 21/04 - 20/05 Dopo tre bei mesi di vacanze, spiagge, divertimento, arrivate in classe e vi sembra di stare in una prigione. Certo l’ambiente scolastico non potrà certo farvi sentire come su una sdraio in riva al mare accarezzati dalla brezza marina, ma forse qualcosa si potrebbe migliorare (si consiglia la lettura dell’Articolo 2.8 dello Statuto degli Studenti e delle Studentesse).
Vergine 23/08 - 22/09 Non siete troppo contenti di tornare a scuola vero? Iniziare col piede giusto è importante e ora dipende tutto da voi, non fatevi abbattere e partite con grinta, vi aiuterà molto a cominciare bene e non farvi sommergere amareggiati da ore di studio e decine di libri.
Capricorno 22/12 - 20/01 Quest’anno cominciate con un sacco di idee che vi frullano nella testa, pensate già al vostro futuro. Potrà sembrare presto, ma proprio perché settembre è il mese più tranquillo non fatevi sfuggire l’occasione di dare un’occhiata in giro alle università e a qualche opportunità di lavoro.
Gemelli 21/05 - 21/06 La scuola ricomincia con più energie di quante pensaste, forse perché per voi questo sarà il periodo giusto per stimolare qualcosa di nuovo. Passare le ore sui libri e a prendere appunti è stancante, ora che i professori non sono ancora angosciati dal programma perché non gli proponete per primi di sperimentare qualche metodo diverso per fare lezione?
Bilancia 23/09 - 23/10 Quest’anno partite con un sacco di energie. Forse non le incanalerete troppo nello studio, ma va bene così. Ci sono un sacco di cose che potete fare nella vostra scuola divertendovi e mettendovi in gioco, e se le attività sono poche e voi avete molte idee perché non pensare alla rappresentanza d’istituto o ad un collettivo? (si consiglia lettura dello Statuto degli Studenti e delle Studentesse)
Acquario 21/01 - 19/02 All’inizio arrancherete un po’ ma ritroverete presto equilibrio e riuscirete a cominciare quest’anno con più grinta. L’importante per voi sarà stare attenti a non farvi scivolare via questa grinta e rimanere concentrati per tutto l’anno. Magari cercate di conciliare le vostre distrazioni, tra film e musica, con quello che state studiando, potreste portare in classe un bel modo per imparare!
Cancro 22/06 - 22/07 Quest’anno cominciare la scuola con un po’ di brio in più. Avete voglia di fare e sentite di avere un sacco di idee, non siete tipi da rimanere lì a lagnarsi. Assemblee, sport, gruppi pomeridiani, potrete sperimentare di tutto, e magari chissà, anche la rappresentanza..
Scorpione 24/10 - 21/11 Ricominciare la scuola non vi piace proprio. Avrete un inizio un po’ scoraggiato ma non perdetevi d’animo, le cose potranno solo migliorare. Magari provate con calma ad organizzare dei gruppi studio nel pomeriggio, saranno utili a tutti!
Pesci 20/02 - 20/03 Dopo le vacanze farete una bella fatica a ritrovare la voglia di mettervi sui libri, ma poco male, potete sempre concentrarvi su qualche altra attività interessante da fare a scuola: chiaccheratene con gli amici e organizzate tornei sportivi o assemblee!
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L’ora di italiano 1
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Orizzontali 1. Tentare di nuovo – 7. Prima di Capone – 8.
Esperto di corazzate – 9. Margine Operativo Lordo – 12. Largo alla fine – 13. Assieme a Carpi e Frosinone ha raggiunto la Serie A – 16. Associazione Nazionale Magistrati – 17. Un bel pezzo di 5. verticale in Lettonia – 19. Motori a iniezione diretta della Volkswagen – 20. Già Castrogiovanni, ma non rugbista – 21. Codice IATA dell’aeroporto civile di Anaco (Venezuela) – 22. Strumento inglese – 23. Aereo da Trasporto Regionale – 24. Esclamazione – 25. Sigla di Latina – 26. Piatto della Cucina valenciana – 27. Satellite di Giove.
Verticali 1. Radiotelevisione italiana – 2. Articolo – 3. Ini-
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ziali del musicista Bellini – 4. Arrampicata terminata presto – 5. Piccoli ruscelli – 6. Brian musicista – 9. Purificare – 10. Metallo – 11. Sigla di provincia lombarda – 13. Tubero – 14. Nome femminile inglese – 15. Nome maschile italiano – 18. Alvar architetto finlandese – 23. Sigla di Ascoli Piceno – 24. Come il 7. orizzontale.
27 (Psst, le soluzioni le trovi su https://goo.gl/htJ3Z6 )
The art is a boom
Un libro, un film, uno spettacolo e una canzone, tutte sul tema “Love is Love” Libro, Gabriel García Márquez, 1985
L’amore ai tempi del colera
Un giorno Florentino Ariza, un impiegato appassionato di poesia, si innamora di Fermina Daza, la ragazza più bella dei Caraibi: un amore che avrà il suo esito felice dopo cinquantun anni, nove mesi e quattro giorni. Durante questi anni Fiorentino non smetterà mai di amare Fermina e non perderà mai la speranza, combattendo contro le minacce del padre di lei e non arrendendosi nemmeno quando Fermina si sposa o lo ignora.
Spettacolo teatrale, regia di Paolo Valerio
Romeo et Juliet
Intuile raccontare la trama di questo spettacolo, potrete vedere in numerose repliche al Teatro Nuovo di Verona nel prossimo periodo.
Film, Woody Allen, 1977
Io e Annie
Il comico Alvy Singer si è lasciato con Annie dopo un anno circa di relazione e si ritrova ora a raccontare la storia del loro rapporto, cercando di capire quali suoi problemi sviluppati durante l’infanzia (depressione, nevrosi) possano essere stati complici della fine della storia.
Canzone, Lo Stato Sociale, 2012
Amore ai tempi dell’Ikea
Tratta da Turisti della democrazia, primo album della band a metà tra l’indie rock e elettropop, riscute un grande successo in Italia vincendo anche il premio SIAE come “Miglior Giovane Talento dell’Anno”. Nel 2013 esce la versione deluxe dell’album con una cover della canzone di June Miller.
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TEMPO LIBERO
Il Mancino
Settembre 2015 - N.4
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Il Mancino - Settembre 2015 - Numero Quattro - giornalino studentesco Veneto a distribuzione gratuita - tiratura: 5000 copie Denis Donadel - denisdonadel@gmail.com - 3408204707 Jacopo Buffolo - jacopo@buffolo.it - 3466314395 Stampate presso Centro Stampa Delle Venezie - Via Austria, 19/b – Z.I. Sud 35127 Padova (Italy) Edito da: Rete degli Studenti Medi Veneto - c/o Reset - Via Loredan 26, Padova (Italy) redazione.mancino@gmail.com