Novembre 2014 - N.1
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Il Mancino
Il Giornalino degli Studenti del Veneto Insegnamento musicale nel sistema d’istruzione pubblico italiano
NUMERO UNO “Il Mancino” è un progetto in cui abbiamo creduto molto e in cui abbiamo investito il nostro tempo, le nostre fatiche e i nostri sogni. Il numero zero l’abbiamo consegnato agli studenti di tutto il Veneto nelle piazze del 10 ottobre e, nelle settimane successive, in tutte le scuole, portandolo nelle assemblee e nelle autogestioni. Il successo che ha riscosso ci ha sorpresi e compiaciuti, e dobbiamo essere grati a tutti voi che avete scritto gli articoli, che ci avete riempiti di complimenti, e soprattutto che ci avete dato suggerimenti e fatto critiche costruttive per poter sempre migliorare. In un contesto sociale in cui basta uno stato su Facebook per diventare degli opinionisti, in cui la rete è il principale mezzo di diffusione dell’informazione, in cui veniamo definiti generazione digitale, siamo orgogliosi del successo che avuto “il Mancino”, come produzione cartacea capace di essere espressione degli studenti di tutto il Veneto. Vogliamo continuare a costituire un’alternativa e far sentire la vostra voce forte e chiara, articolo dopo articolo, numero dopo numero, mese dopo mese. Se ci state leggendo per la seconda volta speriamo di non tradire la vostra fiducia, se è la prima vi auguriamo una buona lettura e speriamo di non deludere le vostre aspettative. In ogni caso ricordiamo a tutti che ogni contributo è gradito, e che per questo potete scriverci a redazione.mancino@gmail.com. Il nostro progetto continuerà e speriamo di arricchirlo e migliorarlo sempre più. Non un passo indietro, nemmeno per prendere la rincorsa. La Redazione
La “Buona Scuola”? All’Italia serve una buona scuola e finalmente sembra che qualcuno l’abbia capito. A partire da luglio 2014 il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e il Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini hanno steso una bozza di riforma scolastica dal nome appunto “La Buona Scuola, facciamo crescere il paese”. Lo scopo è di creare un dibattito e un confronto attivo fino a novembre del medesimo anno, al quale possano partecipare anche gli studenti che vivono in prima persona la quotidianità delle scuole stesse. ...segue a pagina 8
17 Nov: giornata dello studente Il 17 Novembre in tutto il mondo ricorre la Giornata mondiale dello Studente. Perché? Facciamo alcuni passi indietro. Il 17 novembre 1939, a Praga, migliaia di studenti manifestavano contro l’occupazione nazista; ...segue a pagina 8
Viviamo in uno dei cinque paesi che maggiormente hanno contribuito allo sviluppo della musica “colta”, cosiddetta per differenziarla da quella popolare e locale delle etnie diverse da quella occidentale. Insieme a Germania, Francia, Russia ed Austria, infatti, a partire dall’XI secolo, non ha fatto altro che sfornare compositori, ...segue a pagina 16
Tute blu e caschi blu “Quando un governo non fa ciò che vuole il popolo, va cacciato anche con mazze e pietre” Questa frase emblematica dell’ ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini ci porta a riflettere sugli scontri del 29 ottobre scorso con le ingiustificate cariche della Polizia nei confronti degli operai delle acciaierie AST di Terni e dei sindacalisti della Fiom. Casi come questi ormai in Italia sembrano divenuti routine quotidiana, nessuna azione di contenimento da parte dei Reparti Mobili ...segue a pagina 2
Il Mancino
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Un disincantato
di Francesca Basso
ATTUALITÀ
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ei ciechi che vagano alla ricerca dell’eccesso, del successo, del piacere illimitato, delle cose futili, facili e inutili. Questo siamo e questi sono i comandamenti di questa società in cui sguazziamo come tonni in scatolette putride di grasso. Qual è il margine di libertà che ci resta? Come possiamo affermare di essere veramente padroni delle nostre scelte quando tutto intorno a noi sembra volerci trasformare in robot senza un minimo di coscienza? In un mondo dove nulla è lasciato al caso, dove tutto è spiegato scientificamente, dove si è persa la magia, il fascino del mistero e dell’ignoto, come possiamo ancora definirci uomini? Difficilmente riusciamo a stupirci perchè già saturi di tutti quegli stimoli provenienti dai media che ci travolgono quotidianamente. Al giorno d’oggi abbiamo la possibilità di incontrare
tantissime persone di cultura e pensiero diverso che possano contribuire a crearci una nostra idea di mondo; ma se non sappiamo sfruttare al meglio questa opportunità perché troppo presi da noi stessi e dal mondo virtuale, come possiamo riuscire ad affermare la nostra personalità? Le persone, spinte da consumismo e individualismo pretendono dagli altri approvazione gratuita senza dover passare per un confronto reale: questo non fa altro che allontanarci dagli altri e di conseguenza da noi stessi. Non ci rendiamo conto che senza l’altro non siamo nulla? L’uomo moderno si caratterizza per la capacità di fare calcoli, di quantificare tutto, è povero di immaginazione, di senso estetico e mistico-religioso; si proclama fieramente ateo ma devoto al dio-denaro e alla sete di potere, mostra disinteresse nei confronti del prossimo e vive in una situazione di disincanto che lo confina in
Tute blu e caschi blu
di Davide Travaglini
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uando un governo non fa ciò che vuole il popolo, va cacciato anche con mazze e pietre” Questa frase emblematica dell’ ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini ci porta a riflettere sugli scontri del 29 ottobre scorso. Con le ingiustificate cariche della Polizia nei confronti degli operai delle acciaierie AST di Terni e dei sindacalisti della Fiom. Casi come questi ormai in Italia sembrano divenuti routine quotidiana, nessuna azione di contenimento da parte dei Reparti Mobili che invece hanno scelto di caricare senza guardare in faccia nessuno, senza fermarsi nemmeno davanti ai sindacalisti sistematisi alla testa del corteo proprio per riuscire a gestire meglio le situazioni di tensione che si possono creare in manifestazioni e cortei di questo tipo. Terni rappresenta, più di ogni altro polo industriale italiano, lo scontro tra la globalizzazione e la crisi economica che da anni colpisce il nostro paese. Sono circa 600, infatti, gli operai delle Acciaierie della città umbra a rischiare di essere licenziati su delega della ThyssenKrupp e che erano scesi in piazza il 25 ottobre proprio assieme a noi studenti per lotta-
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re contro un futuro che si presenta senza prospettive per la maggior parte della popolazione. In quest’ Italia dove “Bella la piazza, ma qui alla Leopolda ho scoperto storie di persone che lavorano per creare davvero posti di lavoro che non si ottengono con le manifestazioni” le immagini e i video palesemente ci mostrano come sono andate le cose: gli organi che dovrebbero tutelare i manifestanti e limitare i danni arginando, dove vengono a crearsi, situazioni di tensione, hanno dovuto obbedire all’ordine di carica impartitogli dai superiori. Il segretario del sindacato dei metalmeccanici chiede delle risposte precise al governo, senza gli slogan o i giochi di parole che sembrano essere alla base delle politiche trasformiste dell’ attuale premier. Si chiede ancora una volta giustizia in un paese dove si è arrivati a dover temere tra le forze dell’ ordine, quella parte marcia che offende i nomi di chi ha veramente lottato e dato la vita per l’Italia. Si chiede di essere ascoltati e non manganellati da persone che sono lì per fare, che ci piaccia o no, il loro lavoro e che come noi stanno affrontando le difficoltà della crisi, sembra quasi si voglia scatenare una guerra tra poveri che distolga lo sguardo dai problemi veri che il governo sembra
una gabbia d’acciaio dalla quale non riesce ad evadere perché troppo impegnato a pensare a se stesso. L’individuo del XXI secolo contrasta nettamente con l’uomo ancorato alla realtà del villaggio, nella quale attraverso i riti abbandonava il suo ego per diventare un unicum col mondo e con i suoi simili che percepiva come fratelli da aiutare e sostenere. Il bisogno di trascendere la realtà e quindi abbandonare l’Io era e dev’essere considerato un bisogno fondamentale per ogni individuo. Il problema del consumatore odierno è proprio la tendenza a focalizzare le proprie energie razionali sull’Io cosciente penalizzando quella parte irrazionale ma propriamente umana che lo rende tale. La necessità di un ritorno alle origini ora è più forte che mai. Dobbiamo trovare il coraggio di essere i primitivi del nostro tempo poiché la nascita di una nuova coscienza sarà possibile solo nel momento in cui ci riapproprieremo di tutti quegli ideali che abbiamo perso nei secoli.”
non percepire. Io il #25ott ero a Roma, in piazza San Giovanni, spalla contro spalla con i lavoratori delle acciaierie di Terni: lavoratori che credono nella forza del sindacato e nelle manifestazioni di piazza. Dagli scontri di mercoledì ne escono sconfitti tutti: gli operai che verranno ricordati per un tipo di lotta che in realtà non lo è, e lo Stato incapace di dare risposte efficaci alle domande più urgenti sul tema del lavoro. Il diritto al lavoro e il diritto all’istruzione devono essere garantiti nello stesso modo e nello stesso tempo ed è per questo che mi sento solidale verso tutti quegli operai che lottano per il loro futuro come noi studenti lottiamo per il nostro, sperando di ascoltare parole di dialogo da parte del governo e non più il rumore di manganelli e scudi.
Le vittime di stato
di Davide Piol
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ati i recenti avvenimenti in tema di giustizia, mi sento in dovere di parlare delle “Vittime di Stato”, ragazzi che hanno subito abusi di potere e le cui morti sono state insabbiate da uno stato che se ne lava le mani. Parliamo dell’ultimo eclatante caso di malagiustizia italiana: Stefano Cucchi. Il 15 ottobre 2009 viene arrestato in via cautelare perché sorpreso in uno scambio di bustine con del denaro. Portato in questura viene perquisito e vengono trovate in suo possesso varie sostanze stupefacenti. Fin qui tutto regolare, ed il giorno dopo è processato per direttissima. Al processo il giovane si presenta con gli occhi gonfi e con visibili difficoltà nel camminare e nel parlare. Al processo il giovane ha l’occasione di incontrare il padre per qualche breve istante, ma non gli parla di alcun maltrattamento avvenuto in questura. Dopo l’udienza le condizioni di Cucchi peggiorarono ulteriormente, e viene visitato all’ospedale Fatebenefratelli presso il quale vengono messe a referto lesioni ed ecchimosi alle gambe, al viso (inclusa una frattura della mascella), all’addome (inclusa un’emorragia alla vescica) e al torace (incluse due fratture alla colonna vertebrale). Viene quindi richiesto il suo ricovero, che però viene rifiutato dal giovane stesso. In carcere le sue condizioni peggiorano ulteriormente fino alla morte, avvenuta all’ospedale Sandro Pertini il 22 ottobre 2009. Dopo la morte di Stefano Cucchi, il personale carcerario nega di avere esercitato violenza sul giovane, ed ipotizza diverse cause della morte: poteva essere morto o per conseguenze a un supposto abuso di droga, o a causa di pregresse condizioni fisiche, o per il suo rifiuto al ricovero al Fatebenefratelli. Il sottosegretario di Stato Carlo Giovanardi dichiara che Stefano Cucchi è morto soltanto di anoressia e tossicodipendenza, asserendo altresì che il ragazzo è sieropositivo. In un secondo momento si pente di queste false dichiarazioni e si scusa con i familiari. Nel frattempo, per fermare le illazioni che vengono fatte sulla sua morte, la famiglia pubblica alcune foto del giovane scattate in obitorio nelle quali sono ben visibili vari traumi da violente percosse ed un evidente stato di denutrizione.
Primo grado. Il 5 giugno 2013 la III Corte d’Assise condanna in primo grado quattro medici dell’ospedale Sandro Pertini a un anno e quattro mesi e il primario a due anni di reclusione per omicidio colposo (con pena sospesa), e un medico a 8 mesi per falso ideologico, mentre assolve sei tra infermieri e guardie penitenziarie, i quali, secondo i giudici, non avrebbero in alcun modo contribuito alla morte di Cucchi. Per i medici, dunque, il reato di abbandono di incapace viene derubricato in omicidio colposo. Il PM aveva chiesto per quest’ultimi (Aldo Fierro, Silvia Di Carlo, Stefania Corbi, Luigi De Marchis Preite, Rosita Caponetti e Flaminia Bruno) pene tra i cinque anni e mezzo e i 6 anni e 8 mesi. Aveva inoltre sollecitato una pena a quattro anni di reclusione per gli infermieri e due anni per gli agenti penitenziari. Le accuse nei confronti di questi ultimi erano di lesioni personali e abuso di autorità. Sono stati assolti con la formula che richiama la vecchia insufficienza di prove. Processo d’appello. Il 31 ottobre 2014, in seguito ad una sentenza della corte d’appello di Roma, vengono assolti tutti gli imputati, anche i medici. Il legale della famiglia Cucchi annuncia che farà ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, mentre la sorella Ilaria dichiara che chiederà ulteriori indagini al procuratore capo Pignatone, e che continuerà le sue campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul caso. L’incontro tra la Cucchi e Pignatone avviene il 3 novembre e, stando alle parole della donna, il procuratore si
impegna a rivedere tutti gli atti sin dall’inizio. Lo stesso giorno, il sindacato di Polizia penitenziaria Sappe deposita una querela contro Ilaria Cucchi perchè ella «istiga all’odio e al sospetto nei confronti dell’intera categoria di soggetti operanti nell’ambito del comparto sicurezza». E come lui tanti altri col loro sangue hanno macchiato la giustizia italiana, per questo credo sia necessario dedicare a loro un grazie, non tanto per le loro azioni ma quanto per il loro sacrificio affinché tutti ci si possa rendere conto di quanto questo stato sia malato, di quanto il potere sia capace di coprire le tracce dei crimini che esso commette. Invito tutti a riflettere su questa tragica vicenda e cito la sorella di Stefano, Ilaria, che nei social network commenta in questo modo “Abbiamo vinto Stefano. Abbiamo vinto! Mi parlavano di morte naturale. Mi parlavano di te che ti eri spento. Abbiamo vinto. Hanno perso loro. Non noi. Non ci siamo arresi ed abbiamo vinto. Sono loro ad aver perso. Loro che non sono nemmeno capaci di dirci chi è stato a ridurti così. La giustizia non è per te. Non è per noi. Ma oramai tutti sanno e tutti hanno capito. Abbiamo vinto”, perchè non sia una morte vana, perchè non lo siano tutte. Abbiamo vinto nonostante tutto, ci sentiamo di dirlo anche noi perché sappiamo che malgrado tutto, questo caso ha fatto scalpore e ha aperto la mente a molte persone anche grazie alla diffusione dei media e dei social network e alla partecipazione di personalità di spicco che sono intervenute su questa vicenda alzando anche loro la voce per un uomo, che sì ha sbagliato, ma ha pagato con la cosa di maggior valore che possedeva, la vita.
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ATTUALITÀ
Il Mancino
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Il Mancino
Malala Yousafzai ATTUALITÀ
di Francesca Ballin
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o scorso 10 ottobre è avvenuta l’assegnazione dei premi Nobel per la Pace 2014. I vincitori selezionati per quest’anno sono stati Kakilash Satyarthi, da decenni impegnato nella lotta allo sfruttamento minorile in India, e la giovanissima Malala Yousafzai. Quello di Malala non è un nome nuovo all’opinione pubblica: l’attenzione mediatica del mondo intero si era concentrata su di lei già nel 2012, quando all’uscita dalla sua scuola nel nord-ovest del Pakistan era stata colpita da un proiettile talebano. All’epoca aveva soltanto 15 anni, ma da tempo si spendeva nella lotta per il diritto allo studio, alla
Novembre 2014 - N.1 libertà, all’uguaglianza. Già nel 2009 il suo “diario di una studentessa pachistana” raccontava per conto della BBC le difficoltà che quotidianamente ha dovuto affrontare insieme alle compagne per poter ricevere un’istruzione all’interno di una realtà dove il regime semina il terrore ed è giunto a tutto per escludere le donne dalle opportunità formative – perfino all’emanazione di editti che sanciscono per le ragazze il divieto di frequentare istituti scolastici: Malala è ben conscia della ragione della lotta spreguidicata dei talebani contro la diffusione della cultura e l’ha voluta far chiara a tutti durante il discorso che ha tenuto nel 2013 al Palazzo di Vetro dell’ONU. “Ogni giorno fanno saltare le scuole perché hanno paura del cambiamento e dell’uguaglianza che porteremo nella nostra società”: queste le sue parole, pronunciate con la stessa fermezza e lo stesso sguardo deciso e proteso con fiducia al futuro che sempre la connotano nei suoi interventi e che il suo libro, pubblicato lo
Piovono alluvioni
di Alberto Rosada
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re 6:45. Come in tutte le giornate importanti apro gli occhi da solo prima che la sveglia del cellulare violi la quiete notturna. Appena sveglio tiro l’orecchio: piove a dirotto. Bruttissima notizia: è il 10 Ottobre, il giorno della manifestazione. “Piove, governo ladro!” ammetto che è un po’ banale, ma è il primo pensiero che mi è balenato in testa. Per fortuna dopo mezz’oretta la pioggia è cessata e quindi sono riuscito a sfilare per le vie di Treviso senza l’ombrello in mano. La manifestazione è andata bene, la giornata è stata intensa e tra una cosa e l’altra ho rivisto casa all’ora di cena. I miei pensieri erano ancora tutti rivolti a quella giornata speciale, quando, preparando la cena, ho sentito una notizia dal tg in sottofondo: un’alluvione, sembra qualcosa di grave, si è abbattuta su Genova. Sinceramente la notizia non mi ha colpito più di tanto, ed è questo il punto, perché ormai fatti del genere capitano con cadenza regolare, questa di Genova è stata una delle tante, non serve stare a seguire i servizi del telegiornale, tanto si sa cosa succede in questi casi, e quindi me ne sono tornato tranquillamente ai miei toast. Il giorno dopo ho seguito con più attenzione le notizie su Genova e mi sono reso ancor più conto della gravità della situazione, anche
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se effettivamente non si è trattato di un avvenimento nuovo. Eppure non dovrebbe essere normale vedere in televisione strade allagate e gente disperata ad ogni pioggia più abbondante. Il problema non è quanti milioni di euro di danni si siano dovuti contare il 10 Ottobre a Genova, il problema non è la gente con case e negozi allagati, il problema non è chi non ha diramato l’allarme, il problema è che qua ormai piovono alluvioni. Scrivere un saggio sulla meteorologia mi sembra alquanto inutile, non credo di saper dimostrare come gli eventi difficilmente prevedibili e violenti siano aumentati negli ultimi anni, posso solo affermare che una delle poche certezze che ho nella mia vita è che sempre ha piovuto e sempre pioverà. E questo non mi sembra un grossissimo problema. Potrei continuare sparando qualche dato sul dissesto idrogeologico, ma preferisco
scorso anno, trasmette ad ogni pagina. Come studenti, non possiamo che sentirci vicini a questa giovanissima attivista. Lei stessa lo fa sempre presente: “sono una studentessa, voglio potermi istruire e formare, e voglio che questa opportunità sia garantita a tutti”. Il grido di chi lotta per i diritti propri e per quelli di chi lo circonda è sempre lo stesso, in qualsiasi angolo di mondo, in qualsiasi situazione: domanda giustizia in tutte le sue declinazioni. Negli slogan degli studenti che proprio il 10 ottobre hanno animato le piazze italiane e nel ringraziamento che la stessa mattina Malala ha pronunciato dopo aver ricevuto il premio Nobel le stesse parole esprimevano la necessità di riformulare le modalità di fruizione dell’istruzione. È imperativo per l’Italia, per il Pakistan, per il mondo intero: l’oscurantismo, i fondamentalismi, la spregiudicatezza di voler veder trionfare l’interesse sopra all’umanità non attecchiscono soltanto sul terreno che è stato irrigato dalla cultura e dal sapere critico. lasciare ai veri giornalisti quei dati tragici. Le uniche cose che posso fare sono prendere atto del fatto che eventi come quello di Genova sono sempre più frequenti, e dare ragione alla natura: se qualcuno costruisce un quartiere sul mio letto, devia il mio corso o indebolisce i miei argini, ovvio che io, da buon fiume, ho il pieno diritto di inondare tutto quello che trovo sulla mia strada quando mi arriva molta più acqua tutta in un colpo. Questo, a mio parere, dovrebbe essere un concetto abbastanza ovvio da comprendere, ma forse lo è un po’ meno per chi delibera quel tipo di interventi. Per questo le polemiche sui mancati allarmi, i messaggi di cordoglio del presidente della repubblica, la disperazione dei commercianti con il negozio allagato, le raccolte fondi per gli alluvionati, gli “angeli del fango”, i dibatti da talk show sul dissesto idrogeologico e i servizi di Studio Aperto con la musichetta depressa come sottofondo mi hanno abbastanza stufato: tutta questa prassi mediatica è ormai usuale, non serve più stupirsi ed indignarsi per questi avvenimenti, bisogna solamente sperare che non sia la propria città la prossima e finire sott’acqua. Nell’attesa di un insperato cambio di mentalità bisogna pregare, e abituarsi a ritornare a casa stanchi la sera sentendosi narrare l’ultima tragedia dai presentatori dei tg. E ammettere che ultimamente piovono alluvioni.
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econdo gli studi effettuati dal CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), l’utilizzo di sostanze stupefacenti tra i giovani è in aumento., soprattutto quello di eroina e cocaina. Infatti, come emerge dallo studio Espad-Italia, realizzato nel mese di aprile, già l’1% degli studenti è schiavo proprio delle droghe pesanti. Dai risultati emerge che circa 36.000 tra gli studenti italiani hanno provato eroina e/o altri oppiacei almeno una volta nella vita (l’1,5%) e sono 28.000 (l’1,2%) quelli che ne hanno fatto uso nell’ultimo anno. Di questi, poco meno di 16.000 (l’1%) l’hanno consumata per 10 o più volte nel mese di marzo, rischiando
di diventarne dipendenti. La ricerca poi focalizza l’attenzione anche sulle varie regioni, fotografando così una situazione più chiara. Si evidenzia infatti che i maggiori incrementi si sono registrati tra gli studenti del centro-Italia, della Campania, del Piemonte e del Friuli Venezia Giulia. Nonostante l’incremento sia registrato soprattutto tra i maschi, si registra un aumento anche tra le ragazze. Per cercare di arginare e contenere il problema, il Dipartimento per le Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri in collaborazione con il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha promosso il progetto EDU. Questo progetto ha lo scopo di sensibilizzare
Lavoro, dignità, uguaglianza
di Celeste Giacometti
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uesta è la vera Italia. Questa dev’essere la vera Italia. È stata un’emozione per tutti noi sette impavidi ragazzetti rappresentare il nostro amato Duca a Roma. Per alcuni di noi oltre ad essere la prima manifestazione nazionale, è stata anche la prima volta in questa città magica, resa ancora più spettacolare dall’atmosfera di condivisione che si respirava: condivisione di idee. È sempre bello essere circondati da persone che la pensano esattamente come te; condivisione di stanchezza e di scontento verso un paese che non cambia e che continua a commettere gli stessi stupidi erroracci (volontari) di sempre, un paese bizzarro dove chi dice di essere di sinistra attua programmi di destra e dove si dà più importanza alle cose superficiali, alle aragoste ed al lusso e si tagliano i fondi ai servizi fondamentali e socialmente utili, quei servizi che danno senso d’essere ad uno Stato (quali la scuola e e la sanità, tanto per fare due esempietti di poco conto); condivisione di cibo, di tisane e di sigarette, ma non solo tra di noi, perché l’Italia è un paese straordinario e se vai a Roma il 25 ottobre, puoi trovare un
gruppetto di Emiliani che bestemmiando dolcemente ti offrono pane, pizza, salame e mezzo bicchiere di vino rosso fatto in casa, con uva pigiata da quegli stessi piedi che hanno camminato orgogliosi, fieri e speranzosi per le piazze di Roma. Se vai a Roma, il 25 ottobre, puoi trovare un signore di Belluno con cui discutere delle assurde norme proposte nella tua città; se vai a Roma, il 25 ottobre, puoi trovare dolcissime signore che si avvicinano alla tua amica, le fanno una carezza e le dicono: “brava” con gli occhi pieni di speranza e, anzi, sicuri che stanno lasciando spazio a giovani che vogliono finalmente cambiare e portare avanti idee di uguaglianza e lotta per i propri (e non solo) diritti, senza abbandonarli ancora ma combattendo accanto a loro e guidandoli fino alla fine. A Roma, il 25 ottobre, si può dormire e sognare beatamente sopra la tua bandiera della pace sul piccolo prato alla fermata della metro di Cinecittà; sul pullman per Roma, di notte, è concesso confessare di tutto e fare amicizia con i tuoi compagni di viaggio in 14 ore, tra una dormitina, una bevutina e un po’ di delirio; è concesso mettersi i piedi in prossimità della bocca sulla strada del ritorno, perché si è
e supportare le scuole, gli studenti, gli insegnanti e i genitori nella prevenzione dell’uso di sostanze stupefacenti, creando una rete nazionale di portali infomativi. EDU (www.drogaedu.it) rientra tra i progetti del Dipartimento per le Politiche antidroga per aumentare la consapevolezza degli effetti derivanti dall’uso, attraverso notizie scientifiche e messaggi chiari, attendibili e coerenti. Nell’ultimo periodo, in molti istituti superiori sono state avviate delle perlustrazioni durante le quali degli agenti in borghese muniti di cani antidroga hanno ispezionato delle classi a campione, trovando tracce di alcune sostanze, soprattutto cannabis.
troppo stanchi e un modo di stendersi lo si deve trovare; A Roma, il 25 ottobre, è concesso urlare a squarcia gola le canzoni dei ‘Modena City Ramblers’ anche se sei l’unica che le conosce; A Roma, puoi vedere uno strano tipo con la faccia dipinta di verde e due pistole nelle mani che chiede la carità; puoi sentire i meravigliosi dialetti di tutta Italia e stupirti di fronte a due stranieri che ne parlano uno dei tanti tra di loro. A Roma, puoi vedere la polizia che sta con le mani in mano tutto il tempo perché non c’è bisogno di intervenire per persone che vogliono solo urlare pacificamente il loro dissenso perché la situazione venga cambiata, che la si smetta di guardare solo la propria pancia, ma si decida (e in fretta) di fare politica, ovvero di fare il Bene Comune, di fare quello per cui si è stati eletti, per il quale delle persone hanno scritto una ‘X’ con Speranza e Fiducia, di fare il proprio lavoro (finalmente) alla faccia di chi si spacca la schiena tutti i giorni e vede i propri diritti distrutti per volere di persone che hanno deciso di dire: “Sono qui per voi” e di agire alla “arrangiatevi, io adesso sono qui e non vi vedo”. A Roma, il 25 ottobre è concesso sentirsi parte attiva di un paese che non deve arrendersi e che non deve morire.
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ATTUALITÀ
di Francesca Segat
Scuola e droga, fenomeno in aumento
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SCUOLA
Studenti in piazza il 25 ottobre: #NonMeLoPossoPermettere discorso di Alberto Irone, portavoce nazionale della Rete degli Studenti Medi, al corteo di “Lavoro, Dignità, Uguaglianza” della CGIL del 25 ottobre a Roma.
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are compagne e cari compagni, Sono un figlio della crisi che ha spazzato il paese negli ultimi 10 anni, determinando la cancellazione di diritti e la negazione di opportunità per la mia generazione. Sono un figlio dello smantellamento della scuola e dell’università pubblica per tutte e tutti. Sono un figlio della conseguente precarizzazione del lavoro. Sono un figlio del presente unico, dell’immediato, del subito. Sono un figlio di un periodo troppo lungo in cui i deboli sono tornati debolissimi, gli ultimi esclusi, i poveri, poverissimi. Sono un figlio di un paese in cui gli analfabeti sanno usare Facebook ma non hanno strumenti per interpretare la realtà. Sono un figlio della fine dello Stato Sociale. La cosa che più fa male è che non sono un caso, ma sono la regola. Una delle minuscole tessere frammentate che compongono il mosaico di una generazione costretta alla solitudine, alle passioni tristi e alla disillusione, che ha smarrito il senso della parola futuro. Siamo in tantissimi a non poterci permettere di pagare migliaia di euro di tasse universitarie ogni anno, né tantomeno altre centinaia in libri di testo, vocabolari e materiale scolastico. A causa del numero chiuso universitario non ci possiamo nemmeno permettere di sognare da grandi di diventare medici, architetti o veterinari. Quando usciamo dalle nostre scuole e dalle nostre università sempre più spesso non ci possiamo permettere nemmeno di andare al cinema o visitare una mostra. Durante i nostri mesi estivi siamo costretti a lavorare in nero o a chiamata, e non ci possiamo permettere di viaggiare, di spezzare le nostre catene, liberare la nostra curiosità e la nostra voglia di scoprire il mondo, di riabbracciare i nostri coetanei conosciuti durante i mesi passati in Erasmus. Oggi siamo in piazza perché non ci possiamo permettere una riforma del mercato del lavoro controllata dagli ordini professionali, senza welfare e politiche per l’occu-
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pazione. Non ci possiamo permettere un’istruzione priva di edifici all’avanguardia, laboratori innovativi e insegnanti appassionati e preparati perché non può esistere nessuna Buona Scuola senza Buon Lavoro. Siamo qui perché non ci possiamo permettere un’Italia piena di professori, ma senza maestri. Non ci possiamo permettere nemmeno un paese senza adulti che sappiano prendersi le responsabilità nei nostri confronti delle scelte che ci riguardano. Oggi, dopo la giornata del 10 ottobre, siamo in piazza con voi come lo siamo da anni a fianco dei lavoratori e delle lavoratrici: ma siamo stanchi di scendere in piazza solo per testimoniare solidarietà perché ora è il nostro turno. È il tempo in cui i lavoratori, la Cgil, tutti voi compagni e compagne avete il dovere di scendere in piazza per noi e con noi, per chiedere un lavoro stabile e non più precario per chi è da anni in questa condizione, ma soprattutto per quella marea , sempre più grande, di ragazzi e ragazze che il lavoro lo cercano ma non lo trovano, e per quei ragazzi e ragazze invisibili che l’hanno cercato così tanto che non ne possono più e si rassegnano alla disillusione e per quell’onda di inoccupati, di giovani formati e senza lavoro, che sono lo spreco più grande della più grande bellezza di questo paese. Tocca a voi difenderci, senza temporeggiare, perché se non lo farà questa piazza, non lo farà nessun altro. Siamo la generazione che la settimana scorsa a margine dei cortei studenteschi ha dimostrato di essere veramente la Grande Bellezza. Come Rete degli Studenti Medi ed Unione degli Universitari ci siamo presi cura attiva dei nostri spazi, a partire dalle nostre scuole e dalle nostre università. Abbiamo riaperto luoghi che la crisi ha gettato nel degrado perché da quel momento fossero realmente a disposizione delle nostre comunità. La settimana scorsa ci siamo battuti contro il fango che ha seppellito la città di Genova e classe per classe, banco per banco, scuola per scuola ci siamo stretti in un abbraccio solidale, saldo e spontaneo con tutti i ragazzi che per strada spalavano prima di tutto i lasciti di scelte sbagliate da parte di altri. Pochi giorni fa ci siamo battuti nelle no-
stre città per il diritto al lavoro. A Terni abbiamo voluto chiaramente dimostrare per le strade che lo smantellamento delle acciaierie e la cancellazione della memoria e dell’identità di una collettività non sarebbero mai stato permesse. Siamo una generazione che è in questa piazza perché chiede speranza per il futuro in questo paese, al Sud come al Nord, e non altrove. Possiamo accedere alla conoscenza in qualsiasi istante e in moltissimi modi, abbattendo qualsiasi barriera fisica. L’accesso alla conoscenza è la nostra arma per essere più forti della crisi e più solidali dell’egoismo che condiziona le nostre esistenze. Ma proprio per questi motivi non ci possiamo permettere in alcun modo un governo che si finge sordo di fronte alla dirompenza delle nostre speranze mentre smonta diritti acquisiti in nome della difesa di un futuro di cui crede di essere esclusivo destinatario con presunzione ed arroganza. Oggi siamo in piazza perché non ci possiamo permettere una classe dirigente che per legittimarsi divide i cosiddetti garantiti dai non garantiti, i precari dai lavoratori a chiamata, i pensionati dai propri nipoti. Da questa crisi non si esce uno alla volta ma oggi più che mai solo se si avanza tutti insieme. Oggi siamo in piazza perché non ci possiamo permettere di indebolire e delegittimare le organizzazioni di rappresentanza sociale dentro una crisi che soffia nelle vele dei movimenti populisti xenofobi e fascisti in tutto il continente. Chiediamo più Europa, la nostra vera casa, più integrazione, più diritti. Siamo stanchi della retorica. Siamo stanchi della retorica del cambiamento e della retorica del conservatorismo per spostare l’attenzione dalla propria incapacità di dare risposte profonde ad un paese nutrito a superficialità e slogan da troppo tempo. Diritti, dignità, uguaglianza sono le parole di questa piazza, a cui chiediamo di aggiungerne una quarta: istruzione. Perché questo paese si può cambiare nel profondo e nel verso giusto solo con un grande, straordinario investimento sul diritto allo studio e sulla grande bellezza di questa Italia: le sue studentesse e i suoi studenti.
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di Alessio Resenterra
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l sistema scolastico è sull’orlo del precipizio, minacciato da qualcosa di più pericoloso persino dei continui tagli all’istruzione. Mi sto riferendo al neoliberismo. Spiegarlo in poche righe non è facile, ma si può riassumere in un concetto base: lo Stato deve influire sempre meno nella vita pubblica lasciando al libero mercato la capacità di gestirsi e addentrarsi in ogni meandro del nostro sistema creando un meccanismo concorrenziale. Questa nuova dottrina economica sta dilagando nel Vecchio continente ma, senza banalizzare su conseguenze come la distruzione della spesa per il sociale e l’impoverimento della classe media che ha portato in Grecia, Spagna e Portogallo, gettiamo lo sguardo su ciò che importa di più a noi studenti, cioè la scuola. Con i tagli all’ istruzione messi in atto dai governi in questi ultimi anni sono nate nuovi istituti privati per far fronte alla mancanza di strutture scolastiche in grado di favorire l’istruzione per tutti. Il fenomeno delle scuole private in aumento non va preso sotto gamba poiché prima o poi potrebbero rimpiazzare definitivamente quelle pubbliche, avendo certamente un risultato terrificante per il nostro sistema di servizi. La visione scolastica neoliberista vorrebbe proprio la proliferazione di istituti privati a discapito di quelli pubblici, scontrandosi con la visione della nostra Costituzione che vorrebbe la scuola come strumento di eguaglianza sociale e non come mezzo di profitto e di guadagno. Inoltre la scuola intesa come azienda privata e non come servizio pubblico può causare vari rischi: la laicità dell’insegnamento potrebbe essere messa da parte e la pluralità di pensiero sarebbe certamente annientata, per non parlare del divario tra ricchi e poveri che si trasformerebbe certamente in un abisso incolmabile. Se questo si verificasse, saremmo di fronte ad un nuovo collasso sia sociale che culturale con conseguenze ben oltre quelle evidenziate dalla crisi economica fino adesso, con danni che incrinerebbero lo stesso tessuto sociale della nostra società. A questo tema noi studenti non badiamo troppo perché visto da lontano, ma in un prossimo futuro, se non presteremo attenzione, ci ritroveremo in balia dell’arbitrio di qualche azienda pronta a contrastare qualsiasi nostra fonte di pensiero.
L’ultima imperatrice
di Alice Dozzo
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uest’anno la scuola che frequento ci ha dato la possibilità di partire per una delle capitali mondiali che solitamente non si trova nel raggio delle gite scolastiche comuni: Pechino. Le nostre professoresse hanno impiegato molti mesi per organizzare questo viaggio ma finalmente siamo qui. Oggi pomeriggio, finita la quotidiana lezione di cinese, andremo a visitare il Palazzo d’Estate, l’antica residenza estiva degli imperatori. Lo Yiheyuan (in cinese Yíhé Yuán, che significa “Giardino dell’armonia educata”) fu costruito nel 1750 durante il governo dell’imperatore Qianlong e fu la residenza estiva dell’imperatrice Vedova CiXi (pronuncia Tzu Hsi). CiXi era stata scelta come concubina di quinto rango per l’Imperatore Xianfeng. Fu però l’unica donna all’interno della Città Proibita a dare un erede maschio all’Imperatore e così dopo la nascita di Tongzhi divenne concubina di secondo rango. Da quel momento in poi cominciò la sua inarrestabile ascesa. Quando il piccolo Tongzhi venne proclamato imperatore (a soli cinque anni) CiXi, insieme all’imperatrice Ci’an, diventò una delle donne più importanti di tutto l’impero. Alla morte dell’imperatore Xianfeng le due donne presero il titolo di Imperatrice Vedova e CiXi anche quello di Sacra madre. CiXi riuscì a mantenere il governo del Celeste Impero per più di quarant’anni, dal 1861 al 1908 si pensa soprattutto grazie a una serie di avvelenamenti e assassini dei futuri eredi al trono (come suo figlio, sua nuora e in seguito anche il figlio adottivo). CiXi era una donna con delle esigenze e delle abitudini abbastanza particolari. Nel 1895, anziché usare i fondi pubblici per ricostruire la flotta, utilizzò una cifra astronomica per festeggiare il suo sessantesimo compleanno e questo creò un malcontento tra la
popolazione. Inoltre dirottò 30 milioni di tael d’argento (più di 900 tonnellate sempre destinati alla flotta dell’esercito imperiale) per la ricostruzione e l’allargamento del Palazzo d’Estate. Tra le sue varie abitudini c’era quella di riscattare ogni anno, nel giorno del suo compleanno, in onore di tutte le creature viventi e come gesto simboleggiante la sua benevolenza, diecimila uccelli in gabbia, gli animali domestici preferiti dai cinesi. Cixi può essere considerata la madre del passaggio della Cina dal Medioevo alla modernità: fece costruire le prime industrie e le prime ferrovie, installare i telegrafi e portare l’elettricità nel Paese. Abolì la pena di morte “dei mille tagli”(il condannato veniva ucciso utilizzando un coltello con il quale si asportavano metodicamente parti del corpo per un lungo periodo di tempo) e l’orrenda pratica della fasciatura dei piedi delle bambine e improntò l’istruzione e la medicina su canoni occidentali. Cixi è stata rappresentata dall’opinione tradizionale cinese come una dispotica, sanguinaria e incompetente regnante, giudicata un’usurpatrice,una donna ambiziosa e data la sua presunta origine manciù era anche considerata “straniera”. Questo suo ritratto era soprattutto dovuto all’ incapacità maschile di accettare il potere nelle mani di una donna. Di sicuro CiXi è stata una delle donne più straordinarie degli ultimi tre secoli e erede, per determinazione e spietatezza, di un’altra sovrana del Celeste Impero, Wu Zetian, salita sul trono nel 690 d.C. Alla sua morte, il 15 novembre del 1908, il popolo cinese si sentì perso perché una regnante così gentile e gioiosa (significato del suo nome) e attenta alle sue esigenze, non l’avrebbe più trovata. «Ho pensato spesso di essere la donna più intelligente che sia mai esistita… 400 milioni di persone dipendono dal mio giudizio» -Imperatrice CiXi
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STORIA
La scuola al tempo del neoliberismo
SCUOLA
Il Mancino
17 Nov: giornata dello studente
di Rete degli Studenti Medi Veneto
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l 17 Novembre in tutto il mondo ricorre la Giornata mondiale dello Studente. Perché? Facciamo alcuni passi indietro. Il 17 novembre 1939, a Praga, migliaia di studenti manifestavano contro l’occupazione nazista; le truppe naziste presero d’assalto l’Università e più di 1200 studenti vennero imprigionati o spediti nei campi di concentramento: nove tra studenti e professori furono giustiziati senza alcun processo. Il 17 novembre 1973, ad Atene, aveva luogo una rivolta del Politecnico e gli studenti greci, dopo essersi barricati e aver costruito un sistema radio con le attrezzature che avevano trovato nei laboratori, cominciarono a trasmettere messaggi a favore della democrazia e contro il regime dei colonnelli; la protesta venne repressa nel sangue con i carri armati che sfondarono i cancelli del politecnico occupato proprio in tale data. Il 17 novembre 1989, nella Repubblica Ceca e Slovacca, aveva luogo una manifestazione pacifica di studenti che fu respinta dalla polizia in assetto antisommossa; questo evento provocò una serie di manifestazioni popolari che diedero inizio alla Rivoluzione di Velluto e quindi al crollo e all’abbattimento del regime comunista. Il 17 novembre 2014 la Rete Degli Studenti Medi e Udu Unione Degli Universitari ricordano, e mai dimenticheranno, questi eventi, perché da sempre noi studenti siamo stati il motore del cambiamento e vogliamo continuare ad esserlo. Ecco perché il 10 ottobre nelle piazze di tutta Italia noi c’eravamo e abbiamo lanciato tale data a livello nazionale come prima tappa di mobilitazione per l’autunno, ecco perché c’eravamo il 25 Ottobre insieme ai lavoratori nonostante la distanza e le difficoltà, ecco perché continueremo ad esserci e saremo in prima linea a rivendicare un Paese migliore e a pretendere una Legge regionale sul Diritto allo Studio. Buon 17 novembre a tutti gli studenti del mondo!
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La “Buona Scuola”?
di Carolina Lazzari
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ll’Italia serve una buona scuola e finalmente sembra che qualcuno l’abbia capito. A partire da luglio 2014 il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e il Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini hanno steso una bozza di riforma scolastica dal nome appunto “La Buona Scuola, facciamo crescere il paese”. Lo scopo è di creare un dibattito e un confronto attivo fino a novembre del medesimo anno, al quale possano partecipare anche gli studenti che vivono in prima persona la quotidianità delle scuole stesse. Sembra, e sottolineo sembra, di fatto la prima concreta possibilità di dialogo che viene offerta agli studenti negli ultimi anni. Il documento si basa su 12 punti cardine, quali: un piano straordinario per l’assunzione di 150 mila precari; l’abolizione delle “liste d’attesa” per i docenti di ruolo, con la sola possibilità di insegnare mediante la vincita di concorso; garantire ad ogni singola scuola una continuità didattica tramite un gruppo stabile di docenti, incaricati di occupare le cattedre di supplenza; dare la possibilità a due docenti su tre di ricevere un extra sullo stipendio mensile basato su un rapporto di autovalutazione; formazione obbligatoria e continua per i docenti; creazione di un registro nazionale degli insegnanti; individuare e abolire 100 pratiche burocratiche scolastiche gravose tramite consulto tra presidi, professori e studenti; favorire lo sviluppo della tecnologia nelle scuole fornendo ad ognuna la possibilità di utilizzare una connessione veloce alla rete; sfruttare i punti di forza del nostro paese rendendo la Musica, lo Sport e la Storia dell’Arte materie della scuola primaria e secondaria; rafforzare lo studio delle lingue straniere a partire dall’età di 6 anni anche tramite le nuove tecnologie; negli ultimi tre anni del liceo promuovere le esperienze scuola-lavoro prevedendo 200 ore di stage annue; stabilizzare il Fondo per il Miglioramento dell’Offerta Formativa. (ndr. L’aricolo è molto lungo, quindi io toglierei questa parte in corsivo per sostituirla con la nostra grafica sui 12 punti, più leggibile e meno pesante). Essendo il patto educativo un insieme di linee guida, vi si trovano ancora numerosi quesiti da chiarire. Un esempio, a mio parere, di scarsa chiarezza è il punto che
riguarda il cosiddetto “rapporto di autovalutazione”. Personalmente credo che questo punto dovrebbe essere meglio sviluppato in tutti i suoi aspetti. Non credo sarebbe così veritiero ed efficace come sistema quello proposto dal Governo: temo che ci potrebbe essere sempre il rischio, nel omento in cui si va a valutare un sistema scuola così come un docente, di scarsa imparzialità. D’altra parte far fare una valutazione da un individuo esterno all’istituto risulterebbe difficile e limitante nel momento in cui si considera l’ambito (più soggettivo) della percezione dello studente rispetto alla propria scuola e ai propri professori. Da una parte sarebbe necessario incentivare il rapporto tra professore e studenti, aprendo un maggiore dialogo con i rappresentanti degli stessi; dall’altra c’è da dire che, a riguardo, ci sono alcuni parametri validi nell’analisi del governo: valutare se l’insegnante utilizza o meno sistemi di didattica alternativa o se contribuisce attivamente alla vita scolastica. Quest’ultimo parametro (previsto ne “la Buona Scuola”) verrebbe attuato grazie a crediti didattici, professionali e formativi, con i quali l’insegnante potrà incrementare ulteriormente il suo curriculum (verificato e certificato da un Nucleo di Valutazione interno all’istituto con la presenza di un membro esterno e poi registrato online su un portfolio pubblico dell’insegnante) dal quale poi dipenderà uno scatto di stipendio. C’è da dire però che nel programma della riforma si prendono in esame per lo più i docenti. E’ vero che loro per primi devono insegnare ai ragazzi a mettersi in gioco e per farlo devono poter credere che ciò abbia dei riscontri positivi, ma è anche vero che i futuri cittadini ed effettivi protagonisti della scuola sono gli studenti. La riforma quindi dovrebbe essere incentrata prima di tutto su questi ultimi. Se è vero che le scuole sono luoghi dove gli studenti iniziano a pensare, sbagliare e imparare è anche vero che dalla scuola si dovrebbero apprendere i giusti concetti da applicare nella vita quotidiana, attuali. Ecco perché a mio parere si dovrebbe incentivare lo studio dell’educazione civica e dell’attualità attraverso la lettura dei quotidiani nelle classi, rendendo queste materie obbligatorie a partire dalla scuola media, formando ed informando i ragaz-
Il Mancino
Novembre 2014 - N.1 esserci delle aperture nel soffitto che fanno infiltrare acqua nell’aula magna; nella sede succursale del Duca degli Abruzzi gli studenti sono costretti a cambiarsi in aula per l’ora di ginnastica perché non hanno spogliatoi, ad affrontare piante rampicanti e piccioni che entrano dalle finestre del bagno e fare ricreazione con una discarica abusiva di computer nel giardino; il liceo Maffioli di Castelfranco all’inizio di quest’anno rischiava di chiudere per infiltrazioni d’acqua e crollo di controsoffitti e, nonostante la riapertura, un’intera terrazza della scuola è inagibile dati i fori nella pavimentazione e la presenza di stormi di uccelli; per concludere nella sede centrale del nostro liceo artistico quasi tutte le porte non sono a norma in quanto apribili verso l’interno, non vi sono strutture adatte a ragazzi con disabilità e solo quest’anno è stata creata un’infermeria. Tutto questo senza tenere conto che tutti questi istituti hanno il problema delle così dette “aule pollaio”, troppo piccole per contenere il massimo di 32 alunni per classe previsti dalla vecchia riforma. Altro problema è che la maggior parte degli edifici non possono essere ristrutturati essendo definiti “storici”. Le alternative pertanto sono due: o tutte le migliaia gli studenti vengono trasferiti in altre sedi, forse nuove e da realizzare ma “ anonime”, senza il vissuto che l’edificio storico trasmette, o il governo trova una legge alternativa che consenta il recupero degli edifici storici scolastici esistenti. Quindi prima di trattare l’argomento digitalizzazione la priorità del governo dovrebbe essere l’edilizia scolastica, perché non è fondamentale avere un tablet, ma un tetto sopra la testa. Esprimo infine la mia opinione su questa bozza di riforma scolastica: alcune proposte che riguardano gli insegnanti sono valide, ma in quanto a diritto allo studio e bisogni degli studenti a mio avviso le idee sono poche e ancora molto confuse.
Cibo per la mente di Filippo Salsa
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olenti o nolenti, lo stress da esame colpisce in modo più o meno intenso tutti gli studenti, dalle elementari all’università. Stress che spesso e volentieri può indurre errori dietetici, dal digiuno da “stomaco chiuso” alle overdose di bevande eccitanti (caffè eccetera) o di snack ipercalorici per “tirarsi su”. Rimedi che sembrano utili al momento per un’immediata gratificazione ma che producono alla lunga gli effetti opposti a quelli desiderati. Un’alimentazione corretta (che non vuol dire punitiva) può invece svolgere un ruolo rilevante non solo durante le settimane di studio ma anche negli impegnativi giorni degli esami. Cosa non serve al cervello? Per farla semplice per la nostra memoria bastano quattro semplici raccomandazioni da osservare: 1. Non esagerare con le calorie e mantenere un peso corretto, che è direttamente correlata alla seconda raccomandazione, che molto semplicemente ci dice di non eccedere con grassi animali e zuccheri semplici. Come dimostrano studi scientifici l’abbondante assunzione di grassi animali oppure grassi vegetali lavorati industrialmente diminuisce la capacità delle cellule nervose, diminuendo la capacità di apprendimento. Un vero e proprio “spono” per gli studenti sotto esame, che si vedono i loro piccoli processori mentali già molto impegnati ad essere ancor più rallentati dall’esterno. 2. Sicuramente però un alternativa ai grassi animali ci arriva dal caro amico pesce, ricco di Omega3 che aiuta il nostro cervello ad essere sempre pronto a tutti gli stimoli, quindi tutti a mangiare sushi che contiene due tra i pesci più rinomati per la nostra mente: il tonno ed il salmone, pesci grassi per l’appunto. 3. Ultima cosa da tenere a mente è quella di seguire una dieta variegata, piena di agenti antiossidanti, come i frutti rossi, frutta secca, molte verdure, insomma cercare di variare giorno dopo giorno ciò che si mangia, ricercando carboidrati possibilmente integrali che a differenza dei loro colleghi raffinati non accelerano
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SCUOLA
zi sui loro diritti e doveri come studenti e cittadini, facendo loro comprendere come funziona la vita reale e cosa si devono aspettare al di fuori dell’ambito scolastico. Inoltre per combattere la tanto diffusa “fuga di cervelli”, conseguenza della disoccupazione giovanile, bisognerebbe trovare ad esempio il modo di sfruttare le risorse artistiche italiane creando nuovi posti di lavoro, educando innanzitutto gli studenti con materie adatte a questo tipo di formazione, quali storia della musica, educazione musicale e storia dell’arte. Questo è previsto nel documento, ma l’insegnamento della musica è limitato alla sola scuola primaria, dove d’altra parte la storia dell’arte è trascurata. Ritengo sarebbe meglio trovare un compromesso insegnando entrambe le materie a partire dalla scuola primaria per poi approfondirle in quella secondaria. Per quanto riguarda l’alternanza scuola-lavoro proposta dalla riforma, ovvero aumentare le ore di stage fino a 200, ho da ridire. Pur non avendo fatto esperienza diretta riporto un’opinione condivisa dai molti che l’hanno vissuta. Spesso gli studenti durante queste esperienze vengono sfruttati per mansioni di poco conto come fare fotocopie, quindi non hanno modo di comprendere il lavoro scelto per l’alternanza. Innalzare perciò a 200 ore lo stage, se fatto in questa modalità, aggraverebbe solo la situazione ed il malcontento dei ragazzi. Quindi, prima di portare avanti quest’idea, si dovrebbe stilare un programma obbligatorio da affrontare durante l’esperienza, sul quale riportare le osservazioni dei ragazzi per “valutare” ciò che hanno vissuto. Inoltre la riforma conta molto sulla scuola digitale, senza però prima dare la giusta precedenza alle problematiche più rilevanti. Lo scorso anno scolastico il premier Renzi ha fatto tappa nella nostra città per visitare due istituti, uno dei quali superiore. Casualmente sono due dei pochi edifici scolastici della provincia di Treviso senza problemi di edilizia,mentre nella maggior parte degli istituti si riscontrano notevoli disagi. Facendo esempi nella zona: nella sede succursale del liceo Canova a Cà del Galletto, la palestra è stata dichiarata inagibile in quanto dotata di colonne portanti al centro della stessa e le finestre di tutte le aule sono tutt’ora con grate; nella sede centrale dello stesso liceo le finestre “crollano” in testa agli alunni; al liceo Da Vinci, nonostante gli ultimi restauri, continuano ad
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il processo di invecchiamento cellulare. Cercare anche tutti i cibi con un alto concentramento di vitamine: cibi con un alta presenza di vitamina A ed E contribuiscono all’efficienza dell’organismo e delle capacità mentali, e la C crea un’azione benefica sui vasi sanguigni che permette una buona circolazione a livello cerebrale. Quindi nei periodi in cui avete interrogazioni di recupero, state studiando duramente o avete un esame importante non distruggetevi di RedBull e caffè, ma invece cercate di seguire una dieta equilibrata che non vi prosciughi le risorse economiche ma che vi aiuti a dimostrare le vostre reali capacità.
Il sistema universitario olandese
di Elisa Treglia
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er chi avesse intenzione di studiare all’università all’estero già per conseguire la laurea triennale, una valida opzione sicuramente è l’Olanda, non solo perché caratterizzata da un forte atteggiamento internazionale, poiché nella maggior parte delle facoltà i corsi sono tenuti interamente in inglese, ma anche per il modo in cui vengono impartite le varie discipline da quelle più pratiche a quelle più teoriche. Nel sistema universitario pubblico olandese esistono tre tipi di università: i politecnici, simili a quelli del nostro Paese, le università di scienze applicate e le tradizionali università di ricerca, anch’esse non troppo distanti per impostazione dalle nostre. Quelle di scienze applicate differiscono da quelle di ricerca semplicemente nel metodo di apprendimento, in quanto nelle prime la teoria è combinata con la prassi in modo da formare gli studenti in vista di un prossimo lavoro. Ad esempio, nell’Università di Scienze Applicate de L’Aia nel corso di Legge, gli studenti, oltre a studiare tutte le branche del diritto e le differenze fra vari Paesi dell’UE e degli USA, imparano fin da subito a scrivere procedure legali, curriculum, contratti, lettere di richiesta di lavoro e molto altro. Inoltre si acquisiscono
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maggiori competenze in quello che viene definito “Legal Writing”, nella comunicazione e nel prendere decisioni anche tramite i progetti di gruppo obbligatori, in modo da costringere gli studenti a collaborare e ad affrontare diverse situazioni del campo giuridico, ad esempio il progetto del primo anno è una negoziazione. Questo corso di Legge dura quattro anni, suddivisi in esami trimestrali, nei quali nei primi due i corsi con i relativi esami sono uguali per tutti, al terzo si può scegliere fra quattro tipi di specializzazione che sono: diritto pubblico internazionale con diritti umani, diritto umanitario internazionale con diritto penale internazionale, diritto europeo e diritto commerciale e per conseguire la specializzazione bisogna dare almeno dieci esami di uno degli indirizzi. All’ultimo anno sono previsti cinque mesi di stage lavorativo, dove generalmente si viene presi per lavorare dopo la laurea, e i restanti ultimi sei mesi servono per conseguire gli ultimi esami e consegnare e discutere la tesi. Accade frequentemente per chi decide di frequentare questo tipo di università di non iscriversi subito dopo a un master, ma di conseguirlo in un secondo momento, poiché si viene formati fin da subito al lavoro, senza trascurare la teoria e di conseguenza i neolaureati cercano di trovare lavoro il prima possibile.
Bisogna anche aggiungere che gli studenti sono sempre seguiti da tutors e assistenti, in modo da evitare in primis la dispersione universitaria, in secundis, con una maggiore attenzione alle basi, si acquisisce una totale autonomia nello studio. Ad esempio, nello stesso corso nell’università prima citata, nei primi due anni sono presenti workshops e tutorials settimanali per gli studenti e al terzo anno si tengono seminari. Inoltre per migliorare continuamente le prestazioni dell’università, viene richiesto saltuariamente agli studenti di rispondere a questionari. Le tasse sono uguali in tutte le università olandesi pubbliche e la retta annuale ammonta al valore di circa 2000 €, come si può vedere, rispetto alle tasse universitarie italiane non vi è una grande differenza. Per accedere alle università olandesi, non è necessaria la conoscenza della lingua locale, ma è essenziale una padronanza dell’inglese pari al livello C1, ovvero avanzato e un voto di maturità non inferiore a 70. Per concludere, se avete intenzione di studiare all’estero, è necessario consegnare tutti i documenti entro la data di scadenza stabilita dall’università, non vi sono test d’ammissione, ma sarà semplicemente l’università con le carte in mano a decidere della vostra ammissione. Che altro dire? Buona ricerca per l’università dei vostri sogni e buona fortuna!
Contributo scolastico: questo sconosciuto di Niccolò Turcato
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are ragazze e ragazzi, credo che voi tutti abbiate sentito parlare dei “contributi scolastici”, ma sappiamo effettivamente cosa sono e perché li dobbiamo pagare? Mi sono fatto questa domanda e ho svolto qualche ricerca. I contributi scolastici, a differenza delle tasse scolastiche, pagate allo stato, richieste dopo l’adempimento dell’obbligo (fine del biennio comune in sostanza), sono contributi volontari deliberati dal consiglio d’istituto delle singole scuole, appunto pagati alle singole scuole. Eppure, troppo spesso, diventano obbligatori; con stupore e indignazione, ho saputo di alcuni casi, in cui sono state rifiutate iscrizioni, per cui non erano stati pagati i contributi. Siamo di fronte a d’un vero e proprio abuso. Perché le scuole chiedono alle famiglie di noi studenti questi soldi? Molto semplice, ma non scontato, ai “bei vecchi tempi”, questi contributi erano richiesti per ampliare l’offerta formativa, ma dopo anni di tagli alle scuole da parte del Ministero, le scuole faticano sempre più a garantire i servizi essenziali, che vanno dalla pulizia alla manutenzione degli spazi. Ma non é finita qui, questi soldi, coprono anche le spese per le supplenze brevi, che in teoria ricadono sullo Stato, ma in pratica sono sostenute ormai da anni dalle nostre famiglie, anche in mancanza dei fondi appositi. Ora, abbiamo visto cosa paghiamo ma non dovremmo, adesso analizziamo cosa siamo obbligati a pagare: le tasse erariali, la normativa attualmente in vigore, prevede il pagamento di quattro tributi distinti; - Tassa d’iscrizione; devoluta all’erario, richiesta al momento dell’iscrizione a un dato corso di studi secondari (importo di 6,04 €); - Tassa di frequenza; da versare ogni anno, da pagare per intero anche in caso di ritiro dallo studio, valido anche in caso di trasferimento tra istituti (statali), (importo di 15,13 €); - Tassa di esame; versata alla scuola, in un’unica rata, alla presentazione della do-
manda per gli esami di qualifica, idoneità, integrativi, di licenza e di Stato (importo di 12,09 €) - Tasso di diploma; versata al momento del ritiro dell’attestato, in un’unica soluzione, (importo di 15,13 €) Ogni studente ha il diritto di usufruire dei servizi didattici essenziali, senza sborsare un quattrino; in verità gli unici contributi che siamo tenuti a versare sono i rimborsi delle spese sostenute dalla scuola per conto delle nostre famiglie, come libretto, la carta per le pagelle e le assicurazioni, spese che non superano 25 euro. L’esonero dal pagamento delle tasse é ammesso per merito, cause economiche e appartenenza a certe categorie di beneficiari, validi per tutti i tipi di tributi fatta eccezione per la tassa di diploma. Inoltre é possibile detrarre i contributi per il 19% dalle persone fisiche, purché conservata la ricevuta di pagamento, con almeno una di queste causali: innovazione tecno-
logica, ampliamento offerta formativa, edilizia scolastica. Spesso le scuole non forniscono queste indicazioni, così i costi sostenuti dalle famiglie non sono nemmeno detratti dalle tasse. Noi alunni siamo considerati a tutti gli effetti lavoratori, per questo le scuole sono obbligate a sottoscrivere polizze assicurative con l’INAIL; questa però copre solo gli infortuni avvenuti in palestra e nei laboratori, così spesso le scuole sottoscrivono un’assicurazione aggiuntiva che offre maggiori tutele, che viene pagata nei contributi come rimborso spese. Detto ciò, cosa fare? Pagare o non pagare? Un consiglio che vi posso dare é: potendo pagate, ma se vi trovate nella condizioni di non pagare non sentite vi obbligati, perché non lo siete. Fate quindi presente al preside che avete intenzione di pagare solo i rimborsi di cui abbiamo parlato prima. A voi la scelta. Non vivo su un altro pianeta, mi rendo conto delle difficoltà che sta vivendo la scuola in questo momento, purtuttavia trovo insopportabile questo atteggiamento, lasciatemelo dire, dittatoriale nei nostri confronti e delle nostre famiglie.
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Festa della famiglia
UGUAGLIANZA
di Caterina Scarpel
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l 14 ottobre 2014 il Consiglio regionale del Veneto ha approvato una mozione della Lega Nord che impegna la regione a individuare una data per celebrare la “festa della famiglia, fondata sull’unione tra uomo e donna”, e a promuoverne i principi culturali e sociali. Non solo: la mozione, approvata con uno scarto di una decina di voti, chiede anche al governo di non applicare in Veneto il documento standard per l’educazione sessuale in Europa, redatto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, volto a combattere le discriminazioni di tipo omotransfobico e sessuale e ad offrire una maggiore informazione fin dai primi anni di scuola. L’istituzione di tale festa è un grave atto incostituzionale e discriminatorio nei confronti di tutte quelle persone che vivono forme di convivenza differenti dalla famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna. La famiglia che qui in Italia viene chiamata “tradizionale”, e quindi considerata inequivocabilmente giusta e superiore, in altre
Novembre 2014 - N.1 società verrebbe vista a sua volta come una stravaganza, una deviazione da ciò che è normale. Troppo spesso ci si dimentica che la normalità è un concetto puramente relativo a noi e alle nostre abitudini. Approvando questa proposta, la maggioranza che governa il Veneto ha dimostrato ancora una volta il suo anacronismo, nel voler difendere “valori” retrogradi che ben poco hanno a che fare con la realtà del nostro secolo. In questa ostinazione nel voler difendere i valori cristiani che considerano a capo della nostra società, viene fatta inoltre trapelare tutta l’ipocrisia di queste persone che si dichiarano fortemente religiose e poi promulgano politiche di odio e disprezzo verso le persone straniere e in difficoltà, come i migranti che giungono nel nostro Paese in cerca di asilo, che non si possono certamente ritenere conformi alla morale cristiana di accoglienza e generosità verso il prossimo. Un’ulteriore ipocrisia è data dal fatto che solo due anni fa, l’8 febbraio 2012, questo stesso Consiglio approvò una mozione con la quale si impegnava la Giunta regionale a combattere ogni forma di discriminazione legata all’orientamento sessuale o all’identità di genere; ora la stessa assemblea vota un atto con il quale si va nella direzione opposta, ovvero quella di discriminare le persone e i loro orientamenti sessuali. Quindi da un lato, con discorsi buonisti si
vuole affermare la parità di diritti tra le persone e la lotta all’intolleranza, e dall’altro si sancisce comunque la superiorità del modello eterosessuale monogamo tradizionale rispetto a tutto il resto. L’omotransfobia, come tutte le forme di discriminazione, non si manifesta solo nella violenza diretta fisica o verbale, ma anche e soprattutto negli atteggiamenti di accondiscendenza e mal celata sopportazione. Non ha senso proclamarsi sostenitori dell’uguaglianza di diritti tra le persone se poi il ragionamento è che per quanto possa una persona avere gli stessi diritti e doveri dell’altra, non sarà mai alla sua altezza. Discriminare le famiglie omosessuali, o anche formate da genitori single, non è solo un gesto discriminatorio nei confronti dei genitori, ma soprattutto in quelli dei figli di queste famiglie, che non si vedono riconosciuti i naturali diritti che ogni bambino dovrebbe avere, e vengono per questo esclusi e messi in secondo piano rispetto agli altri. Nel 2014 dovrebbero essere scontate nel modello educativo le pari opportunità e l’educazione all’affettività, contro ogni tipo di discriminazione a sfondo sessuale. Mozioni del genere, in un Paese moderno, non dovrebbero più essere proposte, né tanto meno approvate.
Omofobia nel mondo di Jacopo Zambello
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’omofobia è la paura e l’avversione irrazionale verso la comunità LGBT (Lesbiche Gay Bisessuali e Transgen-
der). In maniera non dissimile dallo xenofobo e dal razzista, l’omofobo non si limita a sporadici atti di bullismo o di discriminazione in ambito lavorativo: la situazione è ben più grave di quel che sembra, dopotutto non sono poi così rari i paesi che considerano legalmente l’omosessualità come un crimine e/o una malattia (punita, in alcuni casi, con la pena capitale). A noi Italiani questo sembra non interessare, in fondo siamo il paese europeo che vanta statisticamente il tasso maggiore di omofobia sociale, ma finché ci limitiamo agli insulti questo non ci tocca ed ignoriamo il fatto che secondo il Dipartimento di Salute Pubblica il 30% dei suicidi adolescenziali è causato da fenomeni di omofobia verso la popolazione gay.
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Ma perché nel nostro paese e nel mondo è così diffuso questo fenomeno? I motivi generali possono essere diversi, ma di frequente un uomo piuttosto insicuro cercherà di mostrarsi il più virile e mascolino possibile, e di conseguenza si sentirà minacciato dagli atteggiamenti stereotipati del “gay effeminato”. O ancora, semplicemente, in un contesto socioculturale e religioso di stampo tradizionalista, c’è chi sostiene che i gay siano contro natura perché non si conformano all’obbligo procreativo della specie, dimenticando che anche nelle altre specie animali l’omosessualità esiste. Immaginate se tutti facessimo voto di castità cosa succederebbe… Ma non tutto è perduto, ci sono numerosi stati (Norvegia, Svezia, Spagna, UK… ecc) che hanno legalizzato il matrimonio omosessuale, ed altrettanti hanno ormai riconosciuto le unioni civili. Per contrastare l’omofobia sono state create leggi apposite, basate sulla censura degli atteggiamenti discriminatori nei confronti dell’orientamento sessuale del singolo in-
dividuo. Va fatto però notare che una gran quantità di queste norme sanziona la discriminazione in maniera piuttosto aleatoria e che di fatto, a fronte di casi reali in cui far valer legalmente le proprie ragioni, rimane difficile per il soggetto che ne è vittima dimostrare in maniera certa che un determinato comportamento è stato volontariamente lesivo della sua dignità e dei suoi diritti. Appellandoci all’empatia e al buon senso, possiamo dire che la soluzione per i grandi problemi è forse al di fuori della nostra portata, ma ciascuno di noi, nel proprio ambito, può evitare ad una persona di star male anche solo mostrandosi un po’ più tollerante. In fondo, l’amore è sempre amore, e nessuno ci da il diritto di impedire agli altri di essere felici. Se tutti noi iniziassimo ad accettare la diversità e a comprenderne il valore, il mondo diventerebbe un posto migliore e più interessante in cui vivere.
Oggi e sempre resistenza di Alice Solari
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ice così la targa del monumento in piazza Martiri, centro della cittadina di Mirano. La piazza, il cimitero, Villa Errera, la vecchia casa del Fascio.. di luoghi che parlano di memoria ce ne sono, e non sono pochi. Per questo piccolo comune della provincia di Venezia la memoria di quegli anni rimane una questione importante. Oggi in particolare, 1 novembre 2014, ANPI e cittadinanza si sono riuniti per commemorare dopo 70 anni la fucilazione di uno dei partigiani del miranese, il primo di questa città a essere ucciso. Doveva essere una mattina simile a questa, quando le Brigate Nere portarono al cimitero Oreste Licori, anni 23, comandante della Brigata “Volga”. Lo ricorda bene Renzo Tonolo, vice-presidente della sezione ANPI e testimone diretto di quei giorni. “Lo ammirai quando l’ho visto passare avanti a me, a testa alta e con passo deciso, in mezzo agli scherani, per andare verso l’esito violento della propria breve esistenza, con grande dignità. Lo ammirai quando seppi che non ha voluto subire passivo la programmata cerimonia fascista della sua fucilazione: ha scelto lui il posto dove dovevano ucciderlo: non avanti il muro ma qui, sulla strada. Fu questo il suo ultimo atto di rifiuto alla sottomissione. Lo ammirarono i suoi carnefici che espressero profondo rispetto per il coraggio con cui affrontò il plotone, urlando prima
della fine la propria fede.” Ancora viene ricordato infatti come morì quel ragazzo, con il pugno alzato e l’ultimo grido “Viva Stalin!”, riaffermando il sogno e l’ideale che l’avevano spinto a scegliere la lotta, a sacrificare infine anche la propria vita. Quelle furono le sue ultime parole, estremo schiaffo contro i suoi assassini, con il nome di Stalin visto come simbolo di libertà (oggi molti storcono il naso a tale affermazione, ma è da contestualizzare e capire secondo i tempi e la situazione). Oreste è stato il primo, ma non certo l’ultimo. L’11 Dicembre ogni anno il comune celebra la sua personale giornata della memoria, ricordando in particolare quei sei ragazzi che torturati e fucilati vennero esposti agli angoli della piazza durante la mattina di mercato. Proprio a quel ragazzo di 23 anni è stato dedicato l’intervento di apertura all’incontro
“No, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere, pensate che tutto è successo, perché non ne avete voluto più sapere.” Giacomo Ulivi, Studente. 19 anni, fucilato dai fascisti
con Gaetano Alessi, la sera del 30 ottobre. In questa occasione è sembrato legittimo ricordare quei fatti, ricordare la Resistenza di allora per tracciare un invisibile filo che conduce al nostro presente. Gaetano si occupa da anni di giornalismo, antimafia e antifascismo. Di questo abbiamo parlato, lasciando che ci raccontasse una storia di resistenza a noi contemporanea, quella di un piccolo paesino della Sicilia caduto nelle mani della mafia. Ancora oggi esistono persone che rischiano ogni giorno la propria esistenza per un ideale, per un semplice desiderio di combattere quello che non va nella nostra società. Gaetano, come molti altri che si sono messi in prima linea nella lotta contro il sistema delle mafie, è stato più volte minacciato. Ancora oggi il suo lavoro si dimostra difficile e incerto, ma non per questo smetterà mai di scrivere. Il suo ultimo libro parla della grande amicizia con Vittoria Giunti, donna che ha lasciato al nostro paese una piccola grande eredità con la sua vita trascorsa all’insegna della lotta in tutte le sue forme. La sua è un’altra storia di resistenza, a partire dal suo ruolo di partigiana fino all’elezione come primo sindaco donna della Sicilia. Tutte queste storie si legano tra di loro, forti di una costante comune, in tempi di pace come in quelli di guerra. Rimangono certo solo parole, solo storie e ricordi che un giorno potrebbero svanire. Ma agli studenti, ai giovani di oggi, serve ora più che mai il ricordo di queste figure. Serve sentirne le parole, serve capirle e ricordare che sono esistite, che certe cose sono accadute e ancora continuano ad accadere. Serve per combattere l’indifferenza che aleggia sopra la nostra generazione e che potrebbe diventare la peggiore rovina per la nostra società.
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ANTIFASCISMO
Il Mancino
Novembre 2014 - N.1
Il Mancino
Novembre 2014 - N.1
Povero Dante
di Alberto Botte
IGNORANZA
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’italiano medio sta diventando sempre più ignorante e rozzo, abbandonando le arti in cui i nostri avi si sono avventurati con grandissimi risultati. Basta pensare al poeta per eccellenza, Dante Alighieri, relegato a guardarci arcigno dai due euro. Chissà cosa direbbe il povero fiorentino, se sapesse che siamo ufficialmente gli ultimi della classe nei paesi occidentali, o meglio che il sondaggio della Ipsos MORI ci premia con il primo posto nell’ “Index of ignorance”, l’indice dell’ignoranza. Sondaggio fatto attraverso una serie di domande fatte a campione ad una fetta della popolazione italiana dai 16 ai 64 anni in cui si chiedeva agli intervistati cose come” Qual è la percentuale di immigrati nel tuo paese?” (30% la risposta media, in realtà gli extracomunitari in
Italia sono poco meno di 5 milioni, il 7,4 %, dati ISTAT 2013) oppure “Qual è la percentuale di ragazze far i 15 e i 19 anni che partorisce ogni anno?” (17% la risposta media, quando è dello 0.5%, come se in una classe di venti persone con dieci ragazze, due fossero già madri). Inoltre c’era una domanda che a quanto pare ha fatto dare i numeri a molti: “Quant’è la percentuale nel tuo paese di persone con più di 65 anni?”. Ciò che è stato raccolto è che noi italiani siamo, almeno nel nostro immaginario, per la metà già vecchietti e pensionati. Inoltre è emerso un forte disfattismo: secondo la ricerca crediamo che la disoccupazione in Italia sia del 50%, mentre è del 12,6% (dato comunque spaventosamente alto specie tra i giovani). Cronaca di una vittoria annunciata, quando poco più della metà degli italia-
ni legge il giornale almeno una volta alla settimana e solo il 46% ha letto almeno un libro durante l’anno, e di questi ancor meno della metà ne ha letti più di tre (dati ISTAT 2011). E poi ci si stupisce di un Italia che si scopre populista con la Lega data a poco meno del 10% e reduce dal bagno d’odio e di razzismo di Milano con cinquantamila persone (secondo Salvini centomila) o con un Movimento 5 Stelle al 20%. Stiamo assistendo ad una progressiva morte culturale del nostro paese: ha già chiuso L’Unità e chissà quali e quanti altri giornali rischiano di seguire il destino del quotidiano storico della Sinistra italiana, fondato da Antonio Gramsci. Quindi è importante anche solo leggere la copia del Mancino che avete in mano, per fare in modo che lo sguardo di Dante sui due euro si addolcisca almeno un po’.
Tutti pazzi per Mary Ebola e Isis
di Alberto Rosada
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all’articolo del New York Times sulle elezioni di metà mandato, ai titoli in caratteri cubitali di Gazzettino e Tribuna di Treviso esposti fuori dalle edicole, ai servizi di Studio Aperto con le musichette depresse in sottofondo, solo due argomenti sembrano catturare l’attenzione dei media: no, non sono lo sfruttamento delle risorse, la lotta alle diseguaglianze, i diritti umani, l’Amazzonia che scompare, i ghiacci artici che si sciolgono, la fame nel mondo, le armi biologiche, il buco nell’ozono, gli arsenali atomici, il petrolio che si esaurisce, il neocolonialismo e la mortalità infantile, no, non sono queste le vere emergenze. Meglio parlare di Ebola e Isis. “Beh, anche la diffusione dell’ebola e l’avanzata del Isis sono delle emergenze tanto quanto le altre” è il pensiero comune..
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come non essere d’accordo. Lo Stato Islamico è una grave minaccia alla democrazia (e l’esistenza degli USA allora?) e sta compiendo stragi tra Iraq e Siria (i droni americani invece?), ebola sta uccidendo migliaia di uomini, donne e bambini in Africa occidentale (ma, cosa ben più grave, potrebbe fare una decina di vittime anche in Europa e Stati Uniti). Se tagliamo i commenti scritti tra parentesi non c’è alcuni motivo di indignarsi perché di questi argomenti se ne parla, anzi, una volta tanto lo si fa. Mi spiego meglio: negare che questi due argomenti siano importanti è impensabile, in Liberia e in Siria le popolazioni soffrono e muoiono, è il modo in cui ne parlano i media quello che fa indignare: abbiamo occhi e orecchie per ebola solo se c’è qualche remota possibilità di contagio a casa nostra, pazienza se in Africa muoiono, abbiamo oc-
chi solo per guardare indignati i video dei giornalisti decapitati dei “terroristi” islamici e non riusciamo a scorgere i droni americani, o molto più semplicemente le minoranze cristiane, musulmane, curde, siriane che vivono sulla loro pelle la guerra, abbiamo paura solamente che qualche jihadista compia un attentato nelle nostre città. Parlarne così è come non parlarne, parlarne così è solo creare un’inutile psicosi: non lo vedo così immediato un caso di ebola o un attentato islamico a Oderzo, eppure questi argomenti si conquistano le prime pagine dei quotidiani locali “Terrorismo, 5 jihadisti indagati in Veneto” . Non a caso il New York Times ha scritto che i repubbicani, per le elezioni di metà mandato, puntano sulla strategia del terrore cercando di convincere gli elettori che Obama non sta facendo niente per difenderli dall’epidemia e dal fondamentalismo islamico. Tutta propaganda, e ancora una volta parliamo di finti problemi, o meglio di problemi veri in maniera finta, invece di occuparci dei veri problemi incombenti che affliggono tutto il mondo. Apprezzo gli sforzi di Studio Aperto, che per una volta sta cercando di parlare di argomenti così seri, ma se lo deve fare in questo modo, preferisco un bel servizio sul matrimonio di George Clooney.
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di Marco Crosato
Errare italicum est IGNORANZA
“U
omo, conosci te stesso, e conoscerai l’universo e gli dei. Sopra al tempio di Delfi quest’iscrizione incoraggiava i Greci a cercare la verità, abilità che a quanto pare abbiamo perso.” Un sondaggio recentemente condotto dall’Ipsos Mori, importante associazione inglese di ricerche di mercato, in 14 stati in prevalenza europei (ma anche non) ci vede infatti finalmente al primo posto di qualcosa. Ragazzi, è ufficiale, diffondete la lieta notizia ai vostri amici, scrivetelo sui social network, urlatelo ai passanti: possiamo vantarci del titolo di più ignoranti d’Europa. Infatti, nonostante il nostro indubbio talento nelle chiacchere da bar, viviamo immersi in una visione dell’Italia a dir poco distorta: secondo i dati raccolti ci crediamo “circondati” da immigrati (30% della popolazione) e in particolare da quelli di religione mussulmana (20% degli abitanti), sull’orlo del lastrico (49% di disoccupati!), pieni di aspiranti pensionati (48% di over 65) e crediamo che l’opera di ringiovanimento della popolazione sia affidata alle “teen mothers” (il 17% delle ragazze fra i 15 e i 19 anni). L’unica soluzione insomma è la fuga verso uno Stato serio! O forse basterebbe “fuggire” dalla disinformazione per trovarsi in un paese migliore? Sembra proprio di sì, dato che in realtà abbiamo una delle percentuali di immigrazione più basse d’Europa (7%) e una in linea col resto dell’Europa di fedeli mussulmani (4%). Decisamente in minor numero rischiano di “finire in mezzo alla strada” (12% di disoccupati). Il Paese sta sì “invecchiando”, ma gli over 65 sono decisamente meno di quanto crediamo (21%) e quindi le giovani italiane possono posticipare la gravidanza (le madri adolescenti sono infatti “solo” lo 0,5% delle coetanee). Due Italie radicalmente diverse insomma: da una parte l’Italia dei dati misurabili, accertati, dell’informazione e dall’altra quella delle impressioni condizionate, dall’ignoranza paradossalmente creata dai mezzi di (dis)informazione. Già, perché nell’epoca della diffusione capillare delle notizie è facile andare ad “abbeverarsi” alla fonte (di
notizie) sbagliata e cadere nella trappola dell’imparzialità di alcuni (troppi) metodi di informazione. E purtroppo il passo fra disinformazione personale e opinione pubblica è molto, troppo breve ed è aiutato dall’imbarazzantemente bassa diffusione dei quotidiani in italia: i 10 principali vendono insieme circa 2 milioni di copie (per farci un’idea meno delle copie del maggior quotidiano della Germania, che guarda caso è risultata fra le nazioni meno ignoranti). In compenso gli italiani hanno modi molto migliori di informarsi: per esempio con Studio Aperto, le cui notizie si sono spesso rivelate montature o di parte, che ha la bellezza di un milione di telespettatori o con il grande programma di informazione che è Pomeriggio 5, grazie al quale più di due milioni di telespettatori (dati Auditel) possono dimenticarsi informarsi degli avvenimenti importanti. Dobbiamo purtroppo constatare che in Italia i titoli “noiosi” dei giornali non fanno notizia come il gossip o i titoli imprecisi e accattivanti di alcuni TG. Quante volte abbiamo sentito interviste a politici che definivano la situazione immigrazione in Italia allarmante e quante volte ci sono stati presentati dei veri dati? Quante volte ci hanno presentato drammatiche
situazioni di uomini licenziati e quante storie di giovani costretti ad andare all’estero perché mai occupati (la disoccupazione giovanile, quella sì, è oltre il 40%)? Quante volte ci hanno sbattuto in faccia l’invecchiamento della popolazione e quante ci hanno parlato di come in altre nazioni sia combattuto con politiche pro-natività che in Italia non sono mai state adottate? Quanti programmi ci sono su ragazze rimaste incinte da giovani e quanti sull’AIDS, vero rischio dei rapporti sessuali senza protezioni? Non possiamo rimanere indifferenti al fatto che il nostro paese stia adottando la politica del panem (chi ha detto 80 euro?) et circenses (calcio, gossip…), dobbiamo sfruttare tutti gli strumenti a nostra disposizione per combattere la disinformazione. Credere a tutto ciò che si legge, si sente, si vede è il modo migliore per aprire a una dittatura, dobbiamo verificare, chiedere, essere scettici a costo di risultare impertinenti, perché, come disse Alexis de Tocqueville, “La democrazia è il potere di un popolo informato.”
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ARTE
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Insegnamento musicale nel sistema d’istruzione pubblico italiano di Sara Mazzarotto
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iviamo in uno dei cinque paesi che maggiormente hanno contribuito allo sviluppo della musica “colta”, cosiddetta per differenziarla da quella popolare e locale delle etnie diverse da quella occidentale. Insieme a Germania, Francia, Russia ed Austria, infatti, a partire dall’XI secolo, non ha fatto altro che sfornare compositori, innovatori e perfezionatori, strumentisti, cantanti, direttori, teorici, liutai, anche qualche genio. Il primo liutaio –l’artigiano che costruisce strumenti ad arco e a corda- della storia fu con grande probabilità il cremonese Andrea Amati, nella seconda metà del Cinquecento. Solo dopo un ventennio di elaborazione del suo prototipo di violino coltivata in quel di Cremona, Brescia e dintorni, si andò a formare una scuola di liuteria tedesca. Si tratta quindi di una tradizione tanto radicata nel profondo del nostro paese quanto trascurata, ed in maniera più pesante di altre discipline. Starebbe a pari merito con la Storia dell’Arte per quanto riguarda il livello di ignoranza diffusa, se non fosse per le due ore che questa vede mantenere o reinserire, a seconda dell’indirizzo, nel percorso di studi dei Licei. Ecco, alla musica nemmeno quelle sono riservate: due ore nella primaria e secondaria di primo grado, zero nella secondaria di secondo grado. La scelta limitata dello strumento È stata l’accusa avanzata lo scorso ottobre da Ennio Morricone, celebre compositore romano noto soprattutto per le sue colonne sonore come quella per il film “La Vita è Bella”, a farmi pensare. Dice che l’insegnamento musicale nelle scuole è un disastro, a partire dalla scelta del flauto dolce come strumento base uguale per tutti. Questo sicuramente non va a stimolare l’interesse nei confronti della musica di bambini e ragazzi, curiosi di sperimentare, ma lo appiattisce, vista l’obbligatorietà della tappa e la freddez-
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za di uno strumento di plastica, l’unico facilmente accessibile economicamente. Alcune scuole medie prevedono l’opzione della pianola, la quale però non ha i tasti pesati (si potrebbe dire che ha dei “tasti giocattolo”), il che sarebbe necessario in vista di un approccio al pianoforte vero e proprio –perché la finalità delle due ore dedicate all’Educazione Musicale sarebbe quella di porre le basi per un eventuale approfondimento individuale, e non di avere una materia da valutare in più in pagella. La cultura musicale oggi Tengo a sottolineare eventuale, perché certamente l’attitudine alla disciplina non si manifesta in tutti allo stesso modo, tanto che la stragrande maggioranza degli studenti finite le medie non tocca più uno strumento musicale, ma si potrebbe interessare all’ascolto di brani della cosiddetta musica “colta”, da aggiungere al proprio bagaglio culturale. L’espressione artistica è soggettiva, la cultura musicale no. La cultura musicale è quella che permette di distinguere i gusti dalla qualità, di dire “a me piace Emis Killa, ma sono
consapevole che mentre ascolto lui mi perdo la Sinfonia “Nuovo Mondo” di Antonin Dvorak”. Ed è questo ciò che manca nel sistema di istruzione italiano: fornire le basi per la capacità di ascolto, che non va data per scontata. Mi spiego: siamo abituati ad una soglia di attenzione molto bassa in fatto di durata di un brano musicale. Con l’avvento del Rock, infatti, la durata media delle canzoni si è stabilita attorno ai 3, 4 minuti, per scendere ulteriormente a 2 minuti in altri generi. Già i capolavori del Progressive Rock difficilmente rientrano nei gusti musicali della maggioranza delle ultime generazioni, basti pensare a “Echoes” dei Pink Floyd, 23 minuti. Ma la soglia di attenzione è ulteriormente abbassata dall’elemento grafico a cui siamo abituati: un brano ci coinvolge di più se accompagnato da immagini, mentre il video di un’orchestra risulta noioso e non ci fa arrivare al termine del brano. Questo è un problema, e va affrontato. Metodologie a confronto: le nostre? Sbagliate Morricone parla di mancanza di stru-
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Vergogna!, ma forse c’è speranza Insegnanti pigri, o forse solo da spronare attraverso un nuovo tipo di formazione, che stia al passo con le innovazioni tecnologiche. La critica di Morricone, ho scoperto ricercando, è stata solo riproposta lo scorso ottobre, ma lanciata già nel giugno del 2012, ed ignorata. Nel patto educativo varato dal governo Renzi “La Buona Scuola”, il punto 9 recita “Portare Musica e Sport nella scuola primaria”. La chiave per aprire la porta del “poi vien da sé” serve proprio alla fascia d’età compresa tra i sei e i dieci anni, perché la musica è libera creatività, e porre delle sane basi di Educazione Musicale a partire dall’inizio del percorso scolastico potrebbe portare ad una svolta, una buona. Sono curiosa di vedere come questi buoni propositi verranno messi in atto dall’a.s. 2015/6, e nutro speranza per una generazione dotata di una conoscenza più completa, per una generazione migliore.
“Frammenti” di Davide Travaglini Si intitola così il mio libro fotoreportage sulla Bosnia che verrà presentato sabato 29 novembre alle 17.30 al Patronato Leone XII di Vicenza. Mi chiamo Davide Travaglini, sono nato nel 1997 e studio in un istituto tecnico nella provincia di Vicenza. Fin da prima che io nascessi la mia famiglia, con molte altre, tramite l’associazione ‘’Insieme Per Sarajevo’’, ospitava un ragazzino di Sarajevo orfano di padre a causa del conflitto tra Serbia e Bosnia del 92-95. Piano piano il ragazzino di nome Suvad è cresciuto e io con lui. Per me è sempre stato come il fratello maggiore che non ho mai avuto e quella terra lontana dalla nostra cultura, dove sono andato da piccolo un paio di volte e dalla quale lui proviene non mi è poi sembrata così distante da quella della mia infanzia. Questa estate dopo molti anni sono tonato in Bosnia zaino in spalla e macchina fotografica alla mano, assieme al mio “fratellone” per documentare quei frammenti del conflitto che ancor oggi lasciano ferite aperte nella vita delle persone. È stato molto difficile lavorare in un territorio dove, dopo 19 anni, è ancora pericoloso parlare di pulizie etniche. Ho conosciuto donne che hanno perso i loro figli a Srebrenica e che ogni giorno lottano per ritrovare i loro cari nelle innumerevoli fosse comuni che circondano la piccola cittadina dell’ attuale Repubblica Srpska, uomini che hanno salutato i propri figli e fratelli mentre questi ultimi venivano caricati su camion che si persero tra i boschi, bambini ormai cresciuti che, come mi raccontavano, finita la guerra per loro la pace era talmente una cosa inusuale che l’unico gioco che riuscivano a fare era lanciarsi sassi e rincorrersi con armi giocattolo. Come mi dice il giornalista Antonio Gregolin <<Ci sono vari modi di “fare memoria”. Il più immediato resta senz’altro quello dell’immagine che immortala il momento: cioè, la fotografia.>> Ed è proprio utilizzando un metodo significativo come la fotografia, che va oltre alle testimonianze raccolte per iscritto, che ho voluto intraprendere questo progetto. Per raccontare tramite gli occhi e le parole di chi l’ha vissuto, cosa rimane oggi di un conflitto che è stato molto più vicino a noi di quanto si possa immaginare. Per info: davide.travaglini.ph@gmail.com
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ARTE
menti dei quali i docenti si potrebbero servire per l’ascolto: impianti di riproduzione adeguati, e un corredo di anche solo una trentina di capisaldi della produzione musicale “colta”, che si devono conoscere, per conoscere un paese. Pone poi a confronto l’Italia con la Germania, dicendo –a mio avviso generalizzando un po’ troppo- che è quella tedesca la vera nazione della musica, altro che l’Italia, perché “lì ogni famiglia suona Bach con il flauto dolce e il pianoforte o addirittura il clavicembalo, cantando e leggendo gli spartiti”. Quante volte sento dire “io non so neanche leggere le cose nere… le note, non me le ricordo”… Mentre in Germania la musica trattata a scuola funge da completamento per l’educazione a cui molte famiglie già provvedono -motivata anche da un certo patriottismo legato alla vastissima produzione di musica da camera (per gruppi ristretti da due a otto strumenti), in Italia molto più esigua-, nel nostro paese non si può pretendere una situazione del genere. Questione di abitudini legate semplicemente a mentalità diverse. Non è colpa di nessuno. Ma allora il ruolo del sistema d’istruzione diventa fondamentale! Peccato non abbia risultati. Alla base dell’allontanamento dei giovani dalla musica starebbero, secondo Morricone, oltre alle strutture non adeguate, metodologie sbagliate e insegnanti poco preparati. Questi, infatti, non sono bravi a cogliere le tendenze, le mode, e ricadono in un metodo di insegnamento troppo scolastico, nozionistico e noioso, che rende impossibile il coinvolgimento di bambini e ragazzi. La musica non è come le altre materie, va trasmessa con passione. Senza voler iniziare con Wagner, i pochi insegnanti bravi preferiscono un primo approccio leggero e divertente, che sia propedeutico alla capacità di ascolto attento di cui sopra le problematiche, magari attraverso la visione di un film e l’ascolto successivo delle colonne sonore, proponendo collegamenti con gli altri ambiti creativi,
come quello del disegno e del movimento estemporanei. In questo modo riescono a creare un percorso graduale alla fine del quale i ragazzi vanno a teatro e ascoltano apprezzando, naturalmente attenti, di conseguenza in silenzio, un’ora di buona musica. Molti, in un teatro, non hanno mai messo piede. Anche solo a livello comunale, gli insegnanti bravi riescono a creare una rete di progetti in condivisione con tutte le scuole del territorio, ad esempio portando i ragazzi all’opera, lo spettacolo più completo tra tutti, nato nella Firenze rinascimentale. La chiave sta nell’esperienza, nel diretto contatto con il mondo musicale, del quale sicuramente si subirà il fascino. Basta spostarsi di poco geograficamente, al di fuori del MIUR, che a Bolzano i ragazzini delle medie escono dal concerto canticchiando “Falstaff ”. E sono loro stessi a tenere concerti, ma non quelli di trecento flauti che suonano all’unisono l’Inno alla Gioia tutti gli anni: suonano un programma di vari generi con chitarre, percussioni, voci bianche, flauti, pianoforte, accompagnato da balletti e poesie.
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NOTIZIE DAI TERRITORI TERRITORI
>>> BELLUNO
Belluno respinge il razzismo! di Merry D’Auria
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erché proprio un presidio? a che serve?” chiede Alessandro, rompendo il silenzio che era sceso inevitabilmente dopo la proposta di Nico. E a dire la verità ce lo stiamo chiedendo tutti, io come Matteo, Valentina e la cinquantina di persone che occupano il mio salotto in questo momento. Non è mai facile organizzare qualcosa, e forse è impossibile organizzare qualcosa che serva davvero, che sia un percorso condiviso dalle realtà così diverse tra loro che respirano accanto a me. E su un tema caldo e umano come quello dell’immigrazione poi! Impossibile, mi dico. Belluno e la sua Provincia sono da sempre state un territorio di valigie di cartone, e dalle punte aguzze delle Dolomiti non ha mai smesso di scorrere un fiume di migranti diretti “all’estero”. Ma forse, queste stesse montagne che era ed è tanto facile lasciare fisicamente quanto difficile sentimentalmente, avevano sino ad ora limitato la presenza di cittadini non comunitari e occluso lo sguardo a molti. Negli ultimi anni, tuttavia, l’espandersi di fenomeni antidemocratici di fanatismo islamico come l’ISIS, le crescenti persecuzioni nei confronti di minoranze etniche e religiose, la povertà ed il caos lasciati il Libia dopo Gheddafi, hanno obbligato anche il territorio bellunese a fare i conti con le contraddizioni e le speculazioni delle migrazioni odierne. I migranti che hanno attraversato le strutture della nostra provincia sono stati circa 300 (165 tutt’ora ospitati) e la loro presenza è stata gestita alle volte positivamente, altre –in virtù degli scarsi controlli legati all’emergenza che pare essere ormai strutturale nell’affrontare queste situazionimeno. “Non sempre viene attivato subito il corso di italiano, come invece prescrive la convenzione, non sempre gli stranieri hanno il supporto psicologico. Inoltre, in sette mesi in molti si sono visti arrivare un legale soltanto una settimana prima
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dell’udienza alla commissione territoriale di Gorizia che decide sul rilascio del permesso di soggiorno. Spesso siamo stati noi volontari ad accompagnare i ragazzi all’ospedale quando stavano male” racconta Lucia, volontaria di Emergency. E mentre centinaia di persone continuano a morire in mare, nel nostro territorio hanno fatto la comparsa associazioni xenofobe come Forza Nuova, che usano la crisi per scatenare una campagna d’odio contro i migranti con politiche che vorrebbero scaricare su queste persone errori che vanno invece ricercati nel nostro modello di sviluppo. “Per la difesa dei più basilari diritti di cittadinanza e d’inclusione, contro ogni forma di discriminazione, razzismo e fascismo abbiamo deciso di dar vita per sabato 01 novembre alle ore 14.30 ad un presidio in Prefettura a Belluno. Invitiamo tutte le cittadine e i cittadini, la società civile, il mondo associativo, le forze sindacali e politiche democratiche ad aderire a questo appello e a partecipare.” si legge alla fine. E per questo noi c’eravamo. Noi: sindacati, ONG, movimenti, partiti, ONLUS, comitati, ASD, APS e associazioni dalle più disparate estrazioni. Il mio salotto prima, e la piazza poi, ha visto incrociarsi tanti percorsi e persone con storie di vita e di lavoro diverse che si sono ritrovate davanti allo stesso microfono, intorno ad un’idea. Tra le molte voci anche quella di Sliman, del Mali, uno dei richiedenti asilo, il cui prendere parola affermava qualcosa di più della difficoltà e della speranza della sua permanenza a Belluno: siamo uomini. Uomini come te, come voi, come noi. Nella piazza di sabato infatti c’erano –e si sono sentiti- centinaia di cittadini del territorio bellunese, riuniti non da un problema, ma da altri uomini, portatori di diritti e doveri. Perché un presidio? Per uscire dalle sterili polemiche sui social network, per uscire dai bar e dai 30 euro al giorno e gridare
forte che le migrazioni ed i migranti non sono questioni di emergenza, ma di cittadinanza. Perché è indispensabile adottare un sistema che, al contrario, sappia andare oltre il mero vitto e alloggio e che abbia come prospettiva non l’assistenzialismo bensì la riconquista dell’autonomia da parte dei migranti. Per andare verso quella società pluralista, inclusiva ed interculturale, di cui, non dico insegnare, ma sarebbe bello quantomeno si parlasse a scuola. In quell’edificio fatiscente con oltre 300 minorenni dentro e due sole scale a norma in cui passo ogni mattina 5 ore della giornata, perché se è come insegnano i poeti anonimi dei cioccolatini che “la vera bellezza è interiore”, allora è di questo presente che voglio parlare per rendere bella la mia scuola. L’appello, condiviso tramite i principali media locali pochi giorni prima del presidio, è stato sottoscritto da numerosissimi privati cittadini ed associazioni e consegnato al prefetto di Belluno alle 15.30 di sabato 1 novembre. La Prefettura ha affermato che continuerà i controlli sulle case dove sono ospitati i migranti e farà pervenire all’amministrazione centrale le richieste delle associazioni, evidenziando la necessità di coinvolgere le realtà locali. Evviva la Belluno meticcia e antifascista, evviva!
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S.O.S. Colotti
’Istituto Tecnico Commerciale “Colotti” ha una lunga storia: è stato istituito il 24 ottobre 1907 e la sua costruzione è terminata nel 1925. La scuola costruita appunto durante il periodo fascista è unica nel Feltrino per la sua maestosità ed importanza storica ma purtroppo non è più adatta ad ospitare studenti ed insegnanti come dimostra il secondo piano inagibile per la caduta del controsoffitto. La scuola presenta aule enormi con un riscaldamento inefficiente, due palestre di cui una inagibile e una non a norma e bagni in alcuni casi non funzionanti. In base a documenti della provincia risulta che il bando per lavori di straordinaria manutenzione per la sistemazione del manto di copertura e opere complementari sia stato aggiudicato il 27 settembre 2007 ma fino ad oggi non sono stati constatati lavori al controsoffitto. Durante l’estate 2013 vi sono stati numerosi incontri per decidere sulla chiusura dell’edificio. Alla fine gli studenti dopo aver raccolto quasi 3000 firme, sottolineando che l’istituto si trova vicino al centro ed è parte della storia feltrina, ponendo i problemi che vi sarebbero stati con il loro spostamento all’istituto Forcellini sono riusciti a mantenere aperto l’edificio. Ora all’interno di questa struttura vengono anche “ospitate” tre classi terze del liceo scientifico G. Dal Piaz in quanto gli studenti all’interno del plesso liceale sono in continuo aumento e non vi sono più spazi sufficienti per tutte le classi. Il prossimo anno per diminuire le spese le presidenze del feltrino passeranno da quattro a tre e le soluzioni possibili saranno principalmente due: la prima l’unione dei quattro indirizzi liceali con gli istituti Rizzarda e Colotti (queste due scuole hanno già la stessa presidenza) dando origine all’I.S.I.S, Istituto Scolastico di Istruzione Superiore. Oppure l’unione del Colotti e Rizzarda con Geometri ed I.T.I. dando origine ad un polo tecnico-professionale. La soluzione più plausibile, anche secondo il sindaco di Feltre Paolo Perenzin, è la seconda che però porterebbe l’allontana-
mento di Rizzarda e Colotti dal centro e la chiusura di quest’ultimo edificio. Idea che fu spesso ripresentata nel corso degli anni passati ma mai messa in pratica. A prescindere da ciò che accadrà il prossimo anno io comunque mi chiedo come mai nel 2014, in anni in cui si parla di LIM, Tablet a scuola, gli studenti, nonostante studiare sia un loro diritto, non siano per nulla tutelati in questo e rischino ancora i crolli nelle loro scuole.
>>> ROVIGO
Rovigo: la città più noiosa d’Italia?
di Alessandro Paganini
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a notizia si è propagata nell’etere con la stessa velocità delle frequenze radio…Rovigo è la città più noiosa di tutta l’Italia! Questo è il risultato di un sondaggio fatto dall’assai noto e ironico programma radiofonico Caterpillar in onda su RadioDue. Rovigo è stata definita come una città talmente noiosa da essere coperta completamente dalla nebbia, ma in realtà il triste primato attribuito alla nostra città, che secondo alcuni ragazzi rappresenterebbe una vergogna imbarazzante nei confronti dei nostri compatrioti coetanei, mi lascia alquanto indifferente. Qualcuno dovrebbe infatti riuscire a spiegare perché un aperitivo o una pizza sia più divertente a Padova piuttosto che a Ferrara e perché sconfiggere la noia, per un ragazzo con qualche euro in tasca, sia più difficile a Modena piuttosto che a Bologna. Secondo me non è giusto attribuire a Rovigo l’aggettivo noiosa perché non è vero che la città è priva di eventi, iniziative e intrattenimento: sono pochi, ma ci sono e la verità è che i giovani rodigini non se ne rendono conto e non si impegnano per migliorarla. Certo non hanno aiutato molto alcune politiche giovanili delle amministrazioni
comunali che si sono succedute negli ultimi anni a Palazzo Nodari. Ad esempio eventi come lo Schiuma Party in piscina o il Veglione di Capodanno al Censer non sono da ricordare come iniziative di alto livello culturale o grandi esempi di intelligenti progetti a favore dei giovani. Sono piuttosto da ritenere eventi organizzati per avere un grande impatto popolare di massa in funzione di favori elettorali. Rovigo città più noiosa d’Italia?... Non penso proprio. Più provinciale?...Forse sì! Provinciale è un aggettivo che in questo caso ha un significato negativo, poiché indica un senso di inadeguatezza, quasi di invidia, nei confronti dei giovani delle città più grandi vicine alla nostra tanto odiata Rovigo. Chissà quanto deve essere figo fare after in una birreria a Padova…se lo fai a Rovigo, diciamo la verità, è un po’da sfigati! E’ questo che vuol dire essere provinciali: pensare sempre che le altre città abbiano le strutture e i servizi migliori e non fare nulla per partecipare attivamente a migliorare socialmente la propria città. Provinciale è colui che invidia le biblioteche universitarie di Ferrara, ma non fa nulla per impedire che vengano chiuse le nostre. Provinciale è colui che si lamenta perché a Rovigo non vengono organizzati concerti, ma si guarda bene da invitare qualcuno a venire a farli. Provinciale è infine colui che ai sondaggi vota Rovigo come la città più noiosa d’Italia e, quando gli chiedi il perché, ti dice “…se ci annoiamo qualcuno avrà pure il dovere di farci divertire!” C’è proprio qualcosa che non va, credetemi.
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TERRITORI
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>>> ODERZO
TERRITORI
Napoli Oderzo puzza
di Alberto Rosada
M
i ricordo bene ancora l’aneddoto raccontato da un mio amico cinese: quando questo faceva le elementari, e si era da poco trasferito ad Oderzo, raccontò alla maestra, pieno d’orgoglio, che la domenica precedente aveva visitato la “città del vino”. In realtà non aveva ancora capito che ogni misero paesino nella campagna trevigiana, sotto il cartello di benvenuto, porta la dicitura “città del vino”. Per fortuna la gloriosa Opitergium rompe un po’ la monotonia: con il suo foro romano e dei bellissimi mosaici si è guadagnata un bel “città archeologica”. Non ancora per molto però; se continua la situazione attuale il consiglio comunale sarà obbligato a sostituire questo onorevole encomio con un non meno luccicante “città della puzza”. Napoli puzza, almeno così dicono. Io ci sono stato e posso confermare che Napoli puzza: puzza di mare, di tufo, di tradizione, di storia e di bellezza. Ora vorrei vedere se il leghista medio, specie molto presente nel trevigiano, ha i recettori olfattivi più stimolati da un odore sgradevole a Napoli o nella sua cara Oderzo, che si trova pur sempre in Padania. Oggettivamente io propenderei per la seconda: per la città partenopea si tratta di un luogo comune legato ai cori da stadio, per la cittadina trevigiana si tratta di un dato di fatto. Oderzo puzza, non è uno scherzo. “Puzza da pipì di gatto” è la tesi più sostenuta, e non è un problema da poco: l’odore sgradevole invade periodicamente molte zone residenziali ed è perfino nato un comitato ed un profilo Facebook per denunciare la situazione. Ed è già stato trovato il colpevole: lo stabilimento della Sole spa. Un indagine della procura di Treviso sta cercando le cause dell’odore e c’è la possibilità di qualche provvedimento contro l’azienda. La Sole era entrata in forte crisi con il fallimento della Plastal svedese, ma, acquistata dal gruppo Prisma è stata rilanciata. A fine dell’anno scorso l’azienda aveva minacciato di ritirare 3 milioni di euro di investimenti
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a causa dell’incertezza dovuta all’azione legale che avrebbe dovuto affrontare, con grandissima apprensione da parte dei ben 600 operai.. Insomma, siamo alle solite, la Sole è la piccola Ilva e Oderzo è la piccola Taranto, anche se fortunatamente il problema di fondo per Oderzo, la puzza, è molto meno grave. Ma basta per creare scompiglio e preoccupazione per le 600 famiglie che ci campano e le migliaia di residenti dei quartieri vicini alla fabbrica. E bisogna capire se la responsabilità è dell’impianto produttivo, magari per una manutenzione o un processo di depurazione negligente... Citando il film Inside Man: “Le cattive azioni puzzano di fogna, puoi cancellarle, seppellirle, ma non te ne liberi mai”. E chissà se Oderzo si libererà mai dalla sua “Eau de pisse de chat”. Nel frattempo volevo ricordare a tutti gli amici leghisti che Oderzo puzza, Napoli no.
>>> CASTELFRANCO
LSC La Scuola Cambierà
di Giacomo Mazzariol
L
a scuola deve cambiare. Tutti lo sanno e tutti sognano. Ma tuttavia questo grido disperato, lodevole e legittimo di un cambiamento radicale del sistema scolastico, che di fatto non rende gli studenti protagonisti attivi ma li fa diventare sempre più indifferenti alla parola ‘Scuola’. Sembra dica : “devono cambiare la scuola”. Ma molte cose devono partire da noi, se la gente che dovrebbe attivarsi non ha tempo e soprattutto voglia. Pertanto vi racconto l’esperienza di un progetto che ho svolto insieme ai miei colleghi rappresentanti l’anno scorso abbiamo iniziato al Liceo Giorgione di Castelfran-
co. Gli abbiamo dato il nome di LSC: noi ci facciamo di cultura. Nessun riferimento alla droga come si può pensare, bensì è l’acronimo di Laboratori Settimanali Culturali. Se fosse un progetto come gli altri, non vi ruberei preziosi minuti per raccontarvelo, ma forse sono palesemente di parte. Il concetto è semplice: ogni mercoledì della settimana facciamo un incontro con ospiti a volte importanti ma sempre interessanti. Gli obiettivi sono molti. Innanzitutto credo che la scuola non finisca al suono dell’ultima campanella, perciò con questo invogliamo gli studenti a rimanere a scuola, a parteciparla maggiormente. Non ci sono professori, ma semplici dibattiti tra studenti o con il relatore. Si capisce che la scuola non ti deve solo arricchire di valide conoscenze, ma deve anche formarti come persona e cittadino, ed è per questo che i temi dell’anno scorso sono stati: arte moderna, fotografia, psicologia, impresa, giornalismo, dipendenze, mafia, poesia, musica, economia, ansia, parlare in pubblico. A parlare sono venuti ospiti importanti, come Luca Toni, Alessandro Russello del Corriere del Veneto, Carlo Bragagnolo per la fotografia, Mesirca, chitarrista internazionale, vari scrittori su cui non mi dilungo, ma anche gente non conosciuta che è riuscita a trasmettere un messaggio a noi giovani. Dibattiti, discussione, scontri, democrazia, libertà, cultura, arte, informazione, confronto, crescita. Queste sono le parole degli LSC. Queste sono e dovrebbero essere le parole della scuola. Ma forse il più importante vocabolo mancante in questo servizio pubblico è la Voglia. Una voglia ormai persa, che invidio esserci in altri paesi dove non esiste marinare la scuola. Una voglia di buttarsi nei progetti, credere nelle idee e sfruttare appieno il potenziale di ciascuno. Manca la curiosità e il tempo di approfondire, di vivere, non sopravvivere. Perché più che carenza di esperienze lavorative e pratiche, didattica obsoleta, valutazioni non corrette, sistema antico, il vero problema è la mancata motivazione con cui ci approcciamo all’università o al mondo del lavoro. Non ci crediamo forse abbastanza. Allora forse è così che un LSC un po’ la vita te la cambia (non come sky). Regala un’emozione, un sentimento, un’ idea, un progetto, un modo di porsi. Partendo proprio da noi. Arrivando a noi. Piccole cose. Molto piccole. Ma molte. Spero di aver condiviso un’idea valida. E allora magari grazie agli LSC o chi per essi, pian piano, gradino dopo gradino, La Scuola Cambierà.
> > > V E RONA
Giannini: consultazioni o scherzetto di Halloween?
di Angelo Terranova
È
il 31 ottobre, quello che ormai è entrato nella nostra cultura come il giorno di Halloween, oggi non andrò a scuola perché qui a Verona abbiamo l’onore di avere niente meno che la ministra dell’istruzione Stefania Giannini. Mentre mi reco al Liceo Galileo Galilei dove la ministra verrà a portare avanti le sue famose consultazioni penso che forse non dovrò aspettare stasera per vedere le mostruosità che ci si aspetta la notte di Halloween… Arrivato capisco subito che neanche per i galileiani è un normale giorno di scuola: si vedono moltissimi (forse anche troppi) tacchi alti, giacche, cravatte e anche personaggi un po’ meno eleganti che dopo apprendo essere della DIGOS. Insomma è una giornata importante. Trovo l’aula magna; è abbastanza piena, non appena riesco a sedermi una signora dall’aria arrabbiata prende il microfono: è un’assistente della ministra che, confermando la mia impressione, si mette a parlare con tono acceso contro alcuni ragazzi che si sono presentati con lo scotch sulla bocca e fogli con scritto cose del tipo: “AAA cercasi diritto di parola”. L’atmosfera sembra più tesa del previsto ma dopo il discorso che si conclude con un ridicolo: “Siete liberi di fare quello che volete” tutto torna alla normalità e la Giannini si prepara ad entrare. Tra applausi e congratulazioni la ministra si accomoda e siamo pronti ad iniziare con le domande…Ah no. Prima ci sarà un momento di lettura di un libro ad alta voce fatta dalla ministra in persona e da un illustre letterato italiano: Linus di Radio Deejay. Dopo mezz’ora di lettura è la volta buona; adesso tocca alle domande degli studenti…No, neanche stavolta. Prima c’è il saluto alle autorità presenti. Ed Ecco allora che rivedo sul palco dell’aula magna, una dopo l’altra molte delle giacche, delle cravatte e dei tacchi
alti che avevo notato prima entrando. Dopo altri venti minuti è veramente la volta buona, si inizia a parlare del patto scuola: la ministra fa una piccola introduzione ed è la volta delle domande. Intervengono a rappresentanza degli studenti il presidente della Consulta Studentesca di Verona (Matteo Dal Zovo), il Rappresentante d’istituto del liceo Galilei (Masseo Purgato) e uno studente non vedente (Davide Nardelli). Sono portati all’attenzione della ministra problemi riguardanti: l’orientamento in uscita dalle scuola secondarie, la necessità di reintrodurre la figura del tecnico di laboratorio nelle scuole per rendere questi strumenti più utilizzabili, la necessità di affrontare il problema dell’integrazione per i ragazzi disabili e infine viene richiesta qualche indiscrezione sugli esami di maturità di quest’anno dato che anche i professori sono ancora all’oscuro riguardo le sue modalità. La replica della ministra non si fa attendere: Viene detto che l’orientamento in uscita non è trattato nel “la buona scuola” ma verrà trattato successivamente e inserito nelle riforme per l’università; la Giannini aggiunge che secondo la riforma della scuola superiore questo dovrebbe essere in parte fatto da gli insegnati. Le risposte alle altre due domande sono molto simili: viene infatti detto che il problema rilevato è reale e verrà preso in considerazione nel delineare definitivamente la riforma. Per quanto riguarda gli esami la ministra afferma (tra i sospiri sollevati dei maturandi in sala) che le prove saranno molto simili a quella degli anni passati e che lei si sosterrà fino in fondo l’introduzione di commissioni giudicanti unicamente interne. Dopo queste risposte la fase di consultazione con gli studenti si conclude. Il tutto durato venti minuti. La Giannini si è mostrata molto sicura e preparata nei suoi interventi, ma dopo vengo a sapere
che è stato così perché le domande che le sono state fatte le erano state esposte e inviate tre giorni prima. Il tutto si conclude dopo domande di alcuni rappresentanti dei genitori ed ulteriori ringraziamenti. Esco dalla scuola un po’ perplesso; una giornata che è stata pubblicizzata e dichiarata come consultazione è stata in realtà altro: gli studenti hanno avuto uno spazio molto limitato all’interno di un evento ben più ampio e inoltre sono state ammesse solo poche domande che per di più la ministra conosceva già da giorni. Forse i ragazzi con lo scotch sulla bocca e con i cartelli non avevano tutti i torti…
>>> VICENZA
Clio
di Giuseppe Rigobello
“L
a Costituzione ce l’abbiamo ma è stata davvero attuata completamente?” Questa è la domanda che è stata posta alla rete di Vicenza dai componenti dell’associazione culturale “Clio” venuti a confrontarsi con noi. Ad esempio.. abbiamo davvero tutti diritto allo studio? A giudicare dalla legge regionale del veneto riguardo a questo si può facilmente arrivare alla conclusione che no, la costituzione non è del tutto applicata. È questo il tema particolarmente caro ai militanti della clio perché loro sono persone (diciamo ormai la maggior parte di una certa età) che hanno passato la vita a lottare per questo, uno di loro addirittura era partigiano a sedici anni, è una di quelle grandi persone che hanno sognato, hanno combattuto, hanno visto nascere la costituzione e anche gli altri non sono da meno. L’associazione opera organizzando eventi culturali e giornali di informazione e grazie alla collaborazione con la rete riuscirà a portare queste iniziative all’interno delle scuole durante assemblee d’istituto e incontri per raggiungere meglio i giovani. Come detto prima infatti i componenti della clio fanno parte di una generazione molto distante e diversa dalla nostra. Allora perché collaborare con loro se siamo così distanti? Proprio per questa diversità. Per portare i loro ideali, le loro speranza tra gli studenti, per la loro esperienza di anni e anni di attività politica e soprattutto perché la lotta per la difesa della nostra costituzione non ha età e va portata avanti sempre e soprattutto da noi giovani.
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TERRITORI
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OROSCOPO
L’oroscopo dello studente Ariete 21/03 - 20/04 Per la prima parte del mese sarete agitati, in fibrillazione, forse un po’ sopra le righe. Dal 17 però saprete mettere la testa a posto e schiarirvi le idee. Per chi deve o vuole prendere delle scelte sul proprio percorso universitario e lavorativo sarà un buon momento, non fatevi sfuggire iniziative di orientamento!
Leone 23/07 - 22/08 Partirete un po’ zoppicando, ma dal 17 splenderete di nuovo in idee e voglia di fare. Sarete visti sotto una luce ben migliore, e forse sarà per voi la giusta occasione per prodigarvi nell’aiutare gli altri, magari con dei gruppi di studio, con metodi di peer education o con ripetizioni a vostri amici e studenti più piccoli.
Toro 21/04 - 20/05 Questo mese Marte vi dà una grande carica, farete fuoco e fiamme! Forse in classe un po’ troppo… Occhio alla condotta, e attenti a qualche professore particolarmente accanito contro la vostra esuberanza. (si consiglia lettura dell’Articolo 4 dello Statuto degli Studenti e delle Studentesse)
Vergine 23/08 - 22/09 Tutti i pianeti sono dalla vostra, sfruttate quindi questo bene per dare il massimo di voi stessi, troverete le energie anche per quel lavoretto che pensavate di cominciare o per quello stage che vi attende imminente al varco. Ricordatevi però che lavorare non significa essere sfruttati, fatevi valere!
Gemelli 21/05 - 21/06 Dal 17 Venere vi farà un po’ volare sulle nuvole. Studiare è pesante? Cercate di cambiare un po’! Proponete qualche lavoro di gruppo, qualche discussione sull’attualità in classe, o lanciatevi in qualche bella attività extra-scolastica del vostro istituto. Non che ne sono? Sarà il momento migliore per crearle!
Bilancia 23/09 - 23/10 Marte vi metterà i bastoni fra le ruote questo mese. Dal votaccio in italiano, al bus sempre in ritardo, al prof che vi sgrida in continuazione. Abbiate pazienza, e sfidate la sorte lanciandovi in qualcosa di diverso dal solito. Perché non avviare a scuola un cineforum, un laboratorio di fotografia o di teatro?
Acquario 21/01 - 19/02 La vostra scuola è sempre più un mortorio e non sapete come ravvivarla, dal 17 avrete nuove energie e sarete pronti a farvi protagonisti di una svolta a scuola vostra. Assemblee e autogestioni saranno la vostra forza, anche se non ne avete mai fatte non è mai troppo tardi per cominciare!
Cancro 22/06 - 22/07 Mercurio vi sosterrà in questo mese, aiutandovi nel ritrovare fermezza e autorevolezza. Se ricoprite incarichi di rappresentanza sarà il momento migliore per farsi valere, per portare nuove proposte e per difendere i diritti degli studenti della vostra classe o scuola, avanti così. (si consiglia lettura dello Statuto degli Studenti e delle Studentesse)
Scorpione 24/10 - 21/11 Questo mese siete proprio determinati e procedete spediti, forse troppo. State attendi però a non sottovalutare i consigli e le idee degli altri, e che si tratti di votare un rappresentante o di prendere una decisione sulle iniziative di orientamento, assicuratevi di avere le più vaste possibilità di scelta e comprensione, così da non prendere decisioni avventate.
Pesci 20/02 - 20/03 Saturno verrà in vostro soccorso questo mese e vi aiuterà a mettere la testa sulle spalle. Ritrovate finalmente le energie per studiare e affrontare di petto la mole di verifiche ed interrogazioni, anche se la noia delle lezioni non la reggete proprio. Provate magari a proporre ai vostri insegnanti qualche progetto diverso dal solito per andare oltre alla solita lezione frontale.
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Sagittario 22/11 - 21/12 Dopo un mese un po’ pesante il 17 sarà per voi una giornata di svolta, in cui comincerete a vedere le cose in maniera diversa. L’ambiente della vostra scuola ha qualcosa che non vi convince, e forse forse ora riuscite a vederne i difetti e capire in cosa vorreste migliorarlo… (si consiglia la lettura dell’Articolo 2.8 dello Statuto degli Studenti e delle Studentesse) Capricorno 22/12 - 20/01 In questo mese, già un po’ stufi della scuola, avrete voglia di lanciarvi negli hobby che più vi piacciono: sport, cinema, musica, teatro… Ma allora, invece che lasciare la vostra scuola vuota e muta ogni pomeriggio, perché non provate a portare queste attività lì dentro?
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Tom e la luce dei lampdieri
Il meglio di
qualcuno di noi, nel suo piccolo, Fedez si schiera con la famiglia Cucchi. Quindi la Cassazione si deve prendere Gasparri Le direttive: “Evitare il contatto con i manifestanti”. Potrebbero avere la rabbia. Anche i pensionati si preparano a manifestare. Per protesta daranno le spalle ai cantieri. Degenera partita di calcio tra non vedenti: falli violenti, botte ed espulsioni a raffica. Poi finalmente l’arbitro ha messo la palla al centro. Timperi bestemmia a Uno Mattina. Per farci sentire davvero in famiglia. Roma, coppia di turisti fa sesso orale in pieno centro. “Marcello, come here!”
l’Eneide. Tutta. Ignazio Marino propone di intitolare una piazza a Stefano Cucchi. Sarebbe perfetta per farci manifestare i lavoratori.
è come quei “lampadieri” che, camminando innanzi, tengono la pertica rivolta all’indietro,
La Cassazione: “Drogarsi in gruppo non è reato”. Un grande giorno per il ciclismo L’auto di Salvini assalita al campo rom. Rovinato il safari.
appoggiata sulla spalla, con il lume in cima. Così,
Signorini: “Che differenza c’è tra il cono della Madia e il calippo della Pascale?”. Il primo è un gelato, l’altro un curriculum. Renzi visita tre fabbriche. Ora può dire di averle girate tutte. Un operaio di Terni scrive a Civati. “Dai, fatti forza”.
il “lampadiere” vede poco davanti a sé, ma consente ai viaggiatori di camminare più sicuri. Qualcuno ci prova. Non per eroismo o narcisismo,
Nel 2019 Matera sarà capitale europea della cultura. Hanno scelto il posto più lontano possibile dalle distrazioni.
Educatrice fa sesso con un sedicenne per incentivarlo a studiare. Si laurea domani.
Il programma prevede cento tavoli di confronto su cento argomenti. E tutti presieduti da Renzi.
L’Hard Rock Cafe espone la chitarra di Ligabue. Pur di levargliela dalle mani
ma per sentirsi dalla parte buona della vita. Per quello che si è. Credi.
Franceschini: “Il Pd è nato ieri”. Quindi servirà una bara molto piccola Sulla riforma del lavoro Vendola cita
I senatori del M5S si sono messi a lanciare libri. “Questi iPad non funzionano!”
Tom Benetollo, Vigonaza 22 febbraio 1951- Roma 20 giugno 2004
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SVAGO
In questa notte scura,
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Il Mancino - Novembre 2014 - Numero Uno Per la stesura di questo numero de “Il Mancino” si ringraziano tutti i giornalisti: Francesca Basso, Davide Travaglini, Davide Piol, Francesca Ballin, Alberto Rosada, Francesca Segat, Celeste Giacometti, Alberto Irone, Alessio Resenterra, Alice Dozzo, Carolina Lazzari Filippo Salsa, Elisa Treglia, Niccolò Turcato, Caterina Scarpel, Jacopo Zanbello, Alice Solari, Alberto Botte, Alberto Rosada, Marco Crosato, Sara Marzotto, Davide Travaglini, Merry D’Auria, Alessandro Paganini, Giacomo Mazzariol, Angelo Terranova, Giuseppe Rigobello Si ringrazia poi per l’impaginazione e la raccolta del materiale l’esecutivo regionale della Rete degli Studenti Medi del Veneto: Denis Donadel, Enrico Mazzo, Greta Temporin, Ida Schwenk, Jacopo Buffolo, Nicolò Alban, Roberta Galloni, Tommy Punch. Per la stampa si ringrazia la CGIL Veneto. Sede Reset - Via Loredan 26, Padova
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