Mayra Andrade, Romaeuropa Festival 2019
DIASPORAS
MUSICA SENZA SOTTOTITOLI ROMAEUROPA FESTIVAL 2019
recensione e foto di Jamila Campagna Tra il 10 e il 12 ottobre, l’Auditorium Parco della Musica di Roma ha ospitato Diasporas, tre serate di doppi concerti dedicate ai talenti musicali della diaspora africana: Alsarah and the Nubatones, J.P. Bimeni and the Black Belts, Blick Bassy, Mayra Andrade, Le Cri du Caire, Love and Revenge. Un pacchetto di ricerca e innovazione che ha brillato tra gli highlight del Romaeuropa Festival 2019. Diaspora è una parola che le scienze umane hanno in comune con le scienze botaniche: in Antropologia, Storia, Sociologia, Politica indica la dispersione di popoli in territori altri da quelli della propria origine; in Botanica indica la disseminazione e la parte di ogni pianta garantisce la stessa. In questa parola che sottende una processualità, c’è una caratterizzazione che mi appare trasversale: i semi - siano organici o metaforici - non si chiedono mai dove stanno andando, si chiedono cosa portano con sé. In entrambi i casi resta fondamentale il risultato tra il punto di partenza, il background, e la trasformazione. La musica è un linguaggio dei segni, dei gesti che un musicista compie sullo strumento: sono coinvolti muscoli, tendini, fino a essere segnale di impulsi epidermici trasmessi, dalle impronte digitali alle corde e o ai tasti. Non solo contatti tra superfici tattili e superfici strumentali: ci sono gli strumenti a fiato, ci passa dentro anche il respiro, anche il diaframma è coinvolto e lo strumento respira assieme al suo musicista. Ne è un esempio straordinario Peter Corser, de Le Cri du Caire, che dentro quel sassofono soffia e trasforma l’aria in acqua e il suono in mare, il teatro si riempie di onde e spuma come fosse una riva.
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