Il notiziario agricolo n. 2

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Spedizione in abbonamento postale -45% Poste Italiane Spa – Spedizione in A.P. D.L. 353/03 (Conv. 27/02/04 L. 46) Art. 1 comma 1, DCB Asti. Numero 2 Anno 2018 - In caso di mancato recapito rinviare all'Ufficio P.T. 14100 Asti CPO detentore del conto, per la restituzione al mittente che si impegna a pagare il relativo importo

Anno

67° Periodico della Federazione Provinciale COLDIRETTI

numero

ASTI

COLDIRETTI

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FEBBRAIO 2018



Alluvione: coordinamento Coldiretti e Comune di Asti Per il ripristino dei terreni delle imprese agricole danneggiate nel 2016

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Gli imprenditori agricoli presenti all’incontro

emergenza della Protezione Civile, il Comitato e l’Unità di Crisi. Siamo poi andati in deroga per eliminare le piante con un intervento di un milione e seicento mila euro ed ora interverremo per rimuovere il materiale litoide per un totale di 42 mila metri cubi”. L’ingegner Roberto Crivelli ha illustrato gli aspetti meno conosciuti del Piano di assetto idrogeologico, presentando tutti gli interventi che possono essere realizzati direttamente dagli agricoltori, a seconda che i terreni siano in zona privata o demaniale. In questo senso, il Sindaco di Asti ha responsabilmente raccolto l’invito, lanciato da Coldiretti, di realizzare un coordinamento per chiedere le autorizzazioni. “Purtroppo – ha sottolineato Antonio Ciotta, direttore di Coldiretti Asti – ci sono ancora molte aziende agricole in difficoltà, e un coordinamento fra i sindaci della zona potrebbe aiutare le aziende nel ripristino dei terreni. Con il Comune di Asti contiamo di censire le varie esigenze di sgom-

bero e ripristino dei terreni da parte degli agricoltori e di presentare richieste cumulative, in modo da avere così maggiore considerazione da parte delle autorità competenti, a cominciare dall’Autorità di bacino del fiume Po”.

Clima

Da sinistra: Maurizio Rasero, Sindaco di Asti; Stefania Morra, Assessore; Antonio Ciotta, Direttore Coldiretti Asti e l’Ing. Roberto Crivelli

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Periodico Ufficiale di Coldiretti Asti

Direzione, Redazione, Amministrazione: 14100 ASTI Corso Felice Cavallotti, 41 Tel. 0141.380.400 - Fax 0141.355.138 e-mail: stefano.zunino@coldiretti.it www.coldiretti.it Anno 67° numero 2 - Febbraio 2018 Stampa Artigrafiche M.A.R. Reg. Trib. di Asti n.44 del 20-04-1949

Direttore Resp.: Antonio Ciotta Vice Direttore: Stefano Zunino Pubblicità: Impresa Verde Asti srl Tel. 0141.380.400 - Tel. 335.471017 Abbonamento annuale: Euro 20,00 Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

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ra il 24 e il 26 novembre 2016, l’Astigiano fu interessato da precipitazioni eccezionali che fecero esondare fiumi, torrenti e rii, provocando ingenti danni alle colture agricole. A quasi un anno e mezzo dall’evento, molte imprese agricole attendono ancora un aiuto da parte dello Stato e attraversano tuttora enormi difficoltà nel ripristinare i terreni. Il 15 febbraio, alla Coldiretti di Asti si sono riunite le aziende ubicate lungo la pianura del fiume Tanaro danneggiate da questa alluvione. All’incontro hanno preso parte il Sindaco di Asti, Maurizio Rasero, con l’assessore Stefania Morra, il Sindaco di Rocca d’Arazzo, Pierluigi Berta, il Vice Sindaco di Costigliole, Luigi Baldi, e l’ingegner Roberto Crivelli responsabile del settore tecnico della Regione Piemonte sotto la Direzione Opere pubbliche, Difesa del suolo, Montagna, Foreste, Protezione Civile, Trasporti e Logistica. L’incontro è stato incentrato principalmente nell’individuazione di una metodologia di azione che possa rendere efficaci aiuti tempestivi in casi di questo genere. La discussione è infatti ruotata attorno alle casse di espansione del fiume create, dopo la grande alluvione del 1994, per proteggere la città di Asti. Partendo dall’assunto che i terreni a monte e a valle della zona urbana della città, seppur non in prossimità dell’alveo, sono inevitabilmente soggetti alle inondazioni, diventa fondamentale manutenere il corso d’acqua al fine di prevenire il più possibile i danni. Rimarcando la sua sensibilità sull’argomento, per essere cresciuto nel quartiere Tanaro, il Sindaco ha detto: “La “pulizia” del fiume è sempre al primo punto della mia agenda. Abbiamo innanzitutto attuato una organizzazione degli interventi, riattivando un Piano di


18 nuovi diplomati al secondo corso per “Agrichef” Nell’Astigiano ora sono in 11 operatori ad avere la qualifica

Agriturismo

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n Piemonte, ci sono 18 nuovi diplomati agrichef. Sono i partecipanti a un apposito corso tenutosi presso l’agriturismo “La Virginia” di Revello in provincia di Cuneo. Organizzato da Coldiretti Piemonte e Terranostra, il corso era strutturato fra pratica e teoria con l’obiettivo di aumentare la qualità negli agriturismi di Campagna Amica e renderli portavoce dei valori del territorio. Tra i docenti Diego Scaramuzza, primo agrichef d’Italia e presidente nazionale di Terranostra, coadiuvato dalle già “laureate” agrichef Giovanna Soligo presidente degli Agriturismi di Campagna Amica Asti e Stefania Grandinetti presidente degli Agriturismi di Campagna Amica del Piemonte. “Una nuova squadra con cui – spiega Stefania Grandinetti – abbiamo lavorato in sinergia trattando diversi temi: dalle tecniche e tecnologie di cottura all’ottimizzazione dei tempi di preparazione, dalle modalità di conservazione al pricing, dall’impiattamento alla mise en place, dalla comunicazione all’abbinamento vino/ formaggi fino alla conoscenza delle diverse varietà di riso. Utilizzando i prodotti dei vari partecipanti, siamo riusciti a creare piatti straordinari capaci di trasmettere in chiave moderna i valori della tradizione dei nostri territori”. “La figura dell’agrichef – rileva Roberto Cabiale vicepresidente di Coldiretti Piemonte - è sempre più richiesta anche a livello mediatico, per questo dobbiamo essere in grado di rispondere con figure professionali adeguatamente formate, espressione sia dell’impresa agricola sia del territorio e del suo cibo”. “Saper cogliere questa sfida – sottolinea Bruno Rivarossa delegato Confederale - ci permette di dare ulteriore slancio e visibilità al nostro patrimonio enogastronomico

e ci consente di differenziare l’offerta proposta dai nostri imprenditori rispetto a quella turistica locale poiché gli agrichef sanno puntare sulla qualità dei prodotti e sulla loro storia che emerge in ogni piatto”. “Siamo veramente soddisfatti – conclude Giovanna Soligo – con la sottoscritta siamo ora 11 operatrici di agriturismo ad aver ottenuto la qualifica di Agrichef. Questi corsi formativi sono interessantissimi e permettono un confronto con chi effettivamente vive le stesse tue esperienze ed affronta giornalmente problematiche

L’Agrichef Giovanna Soligo

molto simili. E’ per questo che oltre ad apprendere nuove soluzioni, ti apre nuove prospettive per la tua attività”.

Prima Agrichef dell’Astigiano: Giovanna Soligo dell’Agriturismo San Nazzario di Montechiaro d’Asti, laureatasi nel 2017. Agrichef dell’Astigiano diplomati nel primo corso: Paola Arpione – Tre Colline in Langa (Bubbio, At), Adriana Bucco, Maria Teresa Bucco e Claudia Assoro – Cascina Papa Mora (Cellarengo, At), Alessia Bodrito e Paola Colombo – Agriturismo Bodrito (Cessole, At), Claudia Binello - Agriturismo Pianfiorito (Albugnano, At). Agrichef dell’Astigiano diplomati nel secondo corso: Eleonora Ronco – Agriturismo La Stella Polare (Villanova d’Asti, At), Nicolò Andrea Pineri – Agriturismo Cà Nadin (San Damiano d’Asti, At), Barbero Daniela – Agriturismo Costa dei Tigli (Costigliole d’Asti, At).


Al via le consultazioni della base Coldiretti Il nuovo organigramma di Coldiretti Asti prevede la nomina di 100 presidenti

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sulle spalle molti degli oneri, e anche molti degli onori, rappresentati dall’opinione pubblica. Questo si è anche tradotto, più recentemente, in una nuova forma di rappresentanza in cui Coldiretti, sempre più sindacato imprenditoriale di filiera, insieme alle aziende artigiane e industriali d’eccellenza si sono uniti per la realizzazione di accordi economici e commitment concreti finalizzati ad assicurare la massima valorizzazione della produzione agricola, anche attraverso la realizzazione di contratti di filiera sostitutivi dell’ormai superata stagione della sterile interprofessione. “Siamo capofila – afferma il presidente di Coldiretti Asti, Roberto Cabiale – di un progetto, denominato “Filiera Italia” e traslato sul territorio col nome di “Filiera Asti”, che mette assieme le imprese buone del territorio, sia agricole che artigianali e agroindustriali, aziende virtuose, quelle aziende che hanno e vogliono continuare ad avere una patria”. Le consultazioni della base, sono quindi una sorta di stati generali dell’agricoltura e delineeranno i passi per attuare questa chiara linea di rappresentanza. L’analisi

della situazione non può pertanto che partire dallo stato di attuazione del progetto Coldiretti per le imprese e per il Paese “Una filiera agricola tutta italiana” e dall’applicazione degli accordi di filiera che in molti settori hanno ormai avvicinato, senza intermediazioni, il primario, all’artigianato e all’agroindustriale, se non direttamente al consumatore. “Stiamo discutendo, direttamente con i nostri associati - sottolinea Antonio Ciotta, direttore provinciale Coldiretti – le problematiche che maggiormente attanagliano il settore. Lo stiamo facendo in modo propositivo, cercando di sviluppare ulteriormente i nostri progetti che abbiamo fatto crescere i questi ultimi otto anni nell’Astigiano: dalle iniziative di Campagna Amica, con i punti vendite, le botteghe, gli agri mercati e gli Agrichef degli agriturismo Terranostra, fino ai quattro principali progetti di filiera, sugli ortaggi, sul vitivinicolo, sulle nocciole e sui cereali”. “In ogni caso – conclude il Presidente Cabiale - vogliamo che tutti si approccino a questi incontri cercando di cogliere nuove opportunità di sviluppo e consolidamento delle proprie imprese agricole”.

Assemblee di base

È toccata alla zona di Castelnuovo don Bosco la prima assemblea di base

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oldiretti è pronta a schierare in campo la sua nuova formazione. Un esercito di cento elementi, pronto ad affrontare le nuove sfide dell’agricoltura dell’Astigiano. Le assemblee di base, una per ogni sezione di paese, con l’investitura di 87 presidenti di sezione. A questi si aggiungeranno i nove presidenti di zona, ognuno con una ventina di consiglieri, facenti capo a Asti, Canelli, Castelnuovo D.B., Moncalvo, Montiglio, Nizza M., San Damiano, Vesime, Villanova. Sostanzialmente analoga la nomina dei rappresentanti dei giovani, delle donne e dei pensionati, i cui consigli provinciali saranno completati ad inizio aprile, per poter poi svolgere a fine dello stesso mese l’assemblea provinciale della Federazione per la composizione del nuovo Consiglio direttivo. Saranno rappresentate così tutte le aree agricole dell’Astigiano, con il coinvolgimento di migliaia di agricoltori. Alle assemblee di base sono stati invitati tutti gli associati, tutta la base associativa dell’organizzazione formata da oltre 15.813 tesserati, più i rappresentanti di 30 cooperative associate a UeCoop. “È un impegno organizzativo imponente – confida Antonio Ciotta, direttore provinciale Coldiretti – ma è anche l’unico modo per permettere la massima democraticità nella guida della Federazione. Solo così si può garantire la rappresentanza e solo così si possono cogliere le reali esigenze sociali del territorio”. D’altra parte, essendo l’organizzazione maggiormente rappresentativa di tutte le categorie, essendo la più grande forza sociale del territorio, sono ormai molti anni che Coldiretti si è caricata


Barbera d’Asti al centro dell’economia dell’Astigiano Coldiretti Asti: leader nazionale per i registri dematerializzati Sulle ali dell’Unesco, grazie alle azioni di Coldiretti e del Consorzio di tutela, crescono qualità e valore della Docg: un nuovo brand che primeggia in Piemonte

Filiera Vino

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n vino, la Barbera d’Asti Docg (al femminile come è usanza dire da queste parti), è sempre più al centro dell’economia dell’Astigiano. Il 12 febbraio, il Consorzio di tutela, presieduto da Filippo Mobrici, ha tenuto un convegno dall’eloquente titolo “Paesaggi della Barbera d’Asti e dei vini del Monferrato: da patrimonio vitivinicolo a brand”. Con l’ultima vendemmia il numero di bottiglie di Barbera d’Asti Docg è cresciuto del 6,3 per cento: in totale oltre 21 milioni e 100 mila, nonostante l’annata scarsa dal punto di vista quantitativo. La Docg Superiore messa in bottiglia ha segnato un incremento del 16%, la superzona Nizza del 17%. In pratica è aumentata ulteriormente la qualità e quindi il prestigio percepito da produttori e consumatori nei confronti del vino e dell’uva più coltivata in Piemonte. Dopo anni, i terreni coltivati a Barbera d’Asti hanno riacquistato valore e i vigneti sono tornati ad essere in ordine e ben curati. Per la prima volta nella storia, il valore del vino all’ingrosso ha superato i 3 euro al litro e le uve l’euro a chilogrammo. Una crescita dettata da un lavoro costante, cominciato sette anni fa, anche grazie alla nascita del Centro Studi Vini del Piemonte, con sede a San Damiano d’Asti. Era il 26 gennaio 2011 quando Impresa Verde Asti, società di servizi di Coldiretti, dava vita all’apertura del Centro Studi Vini con

un articolato progetto di caratterizzazione della Barbera d’Asti. “Abbiamo lavorato principalmente – spiega Antonio Ciotta, consigliere delegato di impresa Verde Asti Srl – su tre livelli: l’innalzamento qualitativo del prodotto, attraverso l’attivazione dei servizi offerti dal laboratorio di analisi del Centro Studi; l’aggregazione dell’offerta delle uve, attraverso il progetto “Barbera Amica”; la sensibilizzazione nella consapevolezza del valore del vino, principalmente attraverso la denuncia di situazioni poco trasparenti che svilivano il prodotto”. “Anche grazie – sottolinea il presidente di Coldiretti Asti, Roberto Cabiale - alla professionalità dell’equipe del Centro Studi Vini del Piemonte capitanata da Secondo Rabbione, che ha garantito un percorso di crescita della qualità, è stato possibile passare da un valore delle uve di 30 centesimi a oltre un euro al chilogrammo. Una escalation sull’onda del riconoscimento Unesco e sugli investimenti attivati dal Consorzio di tutela, soprattutto all’estero. Certo, abbiamo ancora molta strada da percorrere per vedere riconosciuto un valore dell’uva e del vino consono agli sforzi dei vitivinicoltori, ma sicuramente oggi ci sono prospettive che solo sei anni fa non si potevano immaginare”. Oggi la Barbera d’Asti Docg è il vino rosso piemontese più esportato nel mondo e, sul totale della superficie vitata della regione Piemonte, il vigne-

Sono 449 i registri di cantina dematerializzati in capo alla federazione di Asti, un numero considerevole se si pensa che in tutta Italia ne sono stati presentati 6.738 di cui 3.118 dal sistema servizi Coldiretti (950 in Piemonte) to astigiano rappresenta il 33,7% del totale. Anche i servizi per il settore vitivinicolo offerti da Coldiretti Asti sono cresciuti proporzionalmente con l’incremento qualitativo e di valore della Barbera d’Asti Docg, facendo registrare il primato nazionale per la tenuta dei registri telematici, secondo i dati diffusi nell’ottobre scorso da ICQ. “Il fatto di aver ideato il Centro Studi Vini del Piemonte con annesso laboratorio di analisi dei vini – rileva Ciotta - affiancandolo al consolidato servizio di assistenza tecnica vitivinicola di Coldiretti Asti e al Centro di Assistenza Agricola (CAA Coldiretti), ci ha permesso di offrire una serie di servizi e consulenze specifiche che hanno sicuramente contribuito a questa crescita”. “Il dato maggiormente significativo – rileva Pier Paolo Anziano, responsabile del servizio vitivinico-


Un’immagine del laboratorio di San Damiano del Centro Studi Vini del Piemonte

Roberto Cabiale, presidente Coldiretti Asti

pratiche doganali e ai depositi fiscali, dagli adempimenti legislativi sulle etichettature dei vini, alle domande Psr e Ocm vino, fino alla sicurezza sui luoghi di lavoro, ai manuali Haccp, alla consulenza igienico sanitaria per le cantine e agli aggiornamenti professionali. Vero fiore all’occhiello del servizio vitivinicolo di Coldiretti Asti sono le consulenze per l’export degli alcolici: i rapporti di prova per l’esportazione, i certificati di libera vendita per tutto il mondo e le transazioni comunitarie. Un’eccellenza

Antonio Ciotta, direttore Coldiretti Asti

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lo di Coldiretti Asti - sono i 449 registri di cantina dematerializzati in capo alla federazione di Asti. Si tratta di un nuovo obbligo introdotto dall’annata 2017 e imposto dal legislatore per sburocratizzare il settore: praticamente la totalità delle cantine associate a Coldiretti Asti, che hanno deciso di esternalizzare questo adempimento, si sono affidate alla consulenza dei nostri uffici; un numero considerevole se si pensa che in tutta Italia i registri informatizzati sono 6.738 e di questi 3.118 sono in carico al sistema servizi Coldiretti di cui 950 in Piemonte”. Oltre ai registri informatici, il sistema servizi Coldiretti Asti riserva al settore vitivinicolo molte altre attenzioni, come la consulenza enologica a trecentosessanta gradi, con le analisi di laboratorio, le curve di maturazione, l’idoneità Doc e Docg, le analisi microbiologiche e sensoriali. Ci sono poi anche analisi specifiche per le coltivazioni, le analisi dei terreni, delle acque e dei residui su matrici diverse. Si spazia dunque dal vigneto alla cantina, per concentrarsi poi nell’ufficio per tenere sotto controllo tutte le normative in materia, e sono tante: dai piani di controllo Doc, alle

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Pier Paolo Anziano, responsabile servizio vitivinicolo Coldiretti Asti

nazionale. Per ulteriori informazioni si può contattare il numero telefonico 0141 380 400.

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La Barbera d’Asti Docg raggiunge i 21 milioni di bottiglie Con l’annata 2017 la crescita è stata del 6,3%

Filiera Vino

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l Consorzio di tutela della Barbera d’Asti e Vini del Monferrato (come già accennato nelle pagine precedenti di questa stessa rivista), il 12 febbraio scorso ha tenuto una pubblica conferenza dal titolo “Paesaggi della Barbera d’Asti e dei vini del Monferrato: da patrimonio vitivinicolo a brand”. E’ stata l’occasione ha detto il presidente del Consorzio, Filippo Mobrici, per riaffermare come la “Barbera e dei vini del Monferrato possano e debbano essere un importante elemento di promozione turistica, a quasi quattro anni dal riconoscimento Unesco dei paesaggi vitivinicoli. Lo facciamo anche divulgando i dati inediti di imbottigliamento del 2017, a testimonianza dell’incidenza della produzione dei vini del Monferrato sul territorio. Dodici, quasi tredici denominazioni prodotte nelle colline che ogni anno attirano migliaia di enoappassionati, alla scoperta di un patrimonio unico che ha tutte le carte in regola per diventare ‘brand’ turistico, con Asti come comune capofila”. Ed in effetti i dati produttivi del Monferrato vitivinicolo, divulgati tutti d’un fiato, sono veramente impressionanti, come ha anche commentato il presidente della Camera di Commercio di Asti, Renato Erminnio Goria. A quanto emerso della conferenza, così come ha rimarcato il direttore di Coldiretti Asti, Antonio Ciotta, manca dunque solo più la consapevolezza del valore potenziale del comparto vitivinicolo, per credere e puntare decisi sul turismo nel Monferrato.

Tra le altre Doc principali, dietro alla Barbera crescono anche Ruchè di Castagnole Monferrato (834.757 bottiglie), Grignolino (1.089.540), Freisa (623.492), Terre Alfieri (237.732) e Nizza (267.257), cala il Cortese

Ma vediamo i dati divulgati dal Consorzio. Cresce del 6,3% il numero di bottiglie di Barbera d’Asti prodotte nel 2017, arrivando a quota 21.134.233. E’ stata una vendemmia scarsa, ma di alta qualità per tutte le 12 denominazioni (10 doc, 2 docg e il Nizza docg in attesa di riconoscimento) tutelate e promosse dal Consorzio e che rappresentano il 73,4% della superficie vitata idonea destinata a denominazione di origine nella provincia di Asti. In crescita il numero delle doc entrate a far parte del Consorzio. Nel 2017 hanno aderito anche il Grignolino d’Asti, il Loazzolo e il Terre Alfieri (1.331.240 bottiglie prodotte). Dai dati raccolti emerge che nel 2017 sono uscite dalle cantine 2.287.193 bottiglie in più delle 12 denominazioni tutelate (+3,6%), a fronte di un calo della produzione complessiva in vendemmia (-17,2%). Nel 2017 il numero delle bottiglie di Barbera d’Asti è cresciuto del 6,3%, raggiungendo i 158.506,75 ettolitri (1.261.764 bottiglie in più rispetto al 2016, quando gli ettolitri registrati erano sta-

Secondo i dati divulgati dal Consorzio di tutela, complessivamente crescono del 3,6% l’imbottigliato di tutte le denominazioni del Monferrato

ti 149.043,52, corrispondenti a 19.872.469 bottiglie). Le cantine imbottigliatrici sono 530, delle quali ben 360 nell’Astigiano. Le vendite raggiungono l’Italia e l’estero, dirette soprattutto verso Gran Bretagna, Paesi scandinavi e Germania (60%), i principali di riferimento. Il 30% va in America (con prevalenza di Canada e Stati Uniti), 9% in Asia, il 5% in Russia. Tra le performance migliori registrate nel 2017 delle varie tipologie di Barbera d’Asti, c’è quella della Barbera d’Asti docg Superiore (+16%), della tipologia Nizza (+17,2%) con una produzione di 369.861 bottiglie (erano 315.472 nel 2016) e del Piemonte Barbera (+5%; 20.259.944 bottiglie prodotte). Un’altra docg che sta andando bene è il Ruchè di Castagnole Monferrato:


vendemmia riferita alle produzioni tutelate si attesta a 492.895 ettolitri. In fine un accenno alla vocazionalità all’export del vino più

prodotto in Piemonte, la Barbera d’Asti, su oltre 21 milioni di bottiglie, il 50% raggiunge i mercati esteri e porta fuori dai confini nazionali il nome Asti.

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834.757 bottiglie (6.260,68 ettolitri), che fanno registrare un +7,6% rispetto al 2016. Segno meno per la Malvasia di Castelnuovo Don Bosco (-32,7%, che corrisponde a 132.233 bottiglie), che risente dello scarso appeal dei vini dolci. Segno meno anche per il Cortese dell’Alto Monferrato doc (-21%, che corrisponde a un calo di 232.948 bottiglie). Nel 2017, l’imbottigliato complessivo delle denominazione tutelate dal Consorzio è stato di 499.404,30 ettolitri (66.587.240 bottiglie rapportate a 0,75 litri), mentre la produzione dell’ultima

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a Barbera d’Asti docg è coltivabile in 167 Comuni del Piemonte: 116 si trovano in provincia di Asti e 51 in provincia di Alessandria. La superficie vitata del Piemonte Barbera doc, invece, è più estesa e abbraccia 351 Comuni: 116 in provincia di Asti, 141 in provincia di Alessandria e 94 in Provincia di Cuneo. Le 12 denominazioni piemontesi tutelate e promosse dal Consorzio sono Albugnano, Barbera d’Asti, Cortese dell’Alto Monferrato, Dolcetto d’Asti, Freisa d’Asti, Grignolino d’Asti, Loazzolo, Malvasia di Castelnuovo don Bosco, Monferrato, Piemonte, Ruchè di Castagno-

le Monferrato e Terre Alfieri. Nizza docg è la tredicesima, in attesa di riconoscimento dal ministero. La maggior parte si trovano nell’Astigiano. Nel 2017 erano 11.006 gli ettari complessivi potenziali idonei all’uso della denominazione, dei quali il 73,4% (8.077 ettari) in provincia di Asti, 2.773 ettari in provincia di Alessandria e 138 in provincia di Cuneo. “Grazie agli 11mila ettari di vigneti coltivati nelle province di Asti, Alessandria e Cuneo, idonei alle denominazioni che tuteliamo e promuoviamo - ha affermato il presidente del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, Filippo

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CONSORZIO BARBERA D’ASTI E I VINI DEL MONFERRATO IN CIFRE

Mobrici - rappresentiamo il più grande Consorzio di riferimento del Piemonte”.


Filiera Vino

IMBOTTIGLIATO 2017 SU 2016 CONSORZIO BARBERA D’ASTI E VINI DEL MONFERRATO

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CONFRONTO SUPERFICI VITATE TUTELATE DAL CONSORZIO

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no sguardo al vigneto astigiano, comparato alla superficie vitata del Piemonte nel 2017 e alle principali tipologie di uve coltivate, restituisce il seguente quadro d’insieme (fonte Regione Piemonte). Il totale della superficie vitata della Regione Piemonte è di 44.511 ettari, dei quali 40.469

idonei a denominazione d’origine. Di questi ultimi, ben 13.648 ettari (33,7%) si trovano in provincia di Asti. Scorporando il dato, 8.077 ettari si riferiscono alle denominazioni tutelate dal Consorzio (4.613 di Barbera d’Asti); 4.299 ettari sono le superfici idonee destinabili alla produzione di Asti docg; 468 a Brachet-

to d’Acqui. La restante parte appartiene alle altre denominazioni astigiane (804 ettari). Crescono, nel complesso, gli ettari delle denominazioni tutelate dal Consorzio anche in provincia di Alessandria: + 15,9% (+380 ettari ). Aumentati i filari coltivati a Barbera d’Asti (+52 ettari dal 2011 al 2017).


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Coldiretti lancia la sfida ai cibi falsi Petizione per chiedere all’Europa l’etichettatura sull’origine degli alimenti

Stop Cibo Falso

Con #stopcibofalso, fermiamo le truffe alimentari, difendiamo il nostro Made in Italy, salvaguardiamo la nostra salute

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el carrello della spesa, un prodotto alimentare su quattro, è a rischio “fake”. In troppi casi non viene riportato l’origine in etichetta, a volte anche quando è già obbligatoria: dai salumi alle marmellate, dai ragù ai sottoli, dal succo di frutta al pane fino al latte in polvere per bambini. E’ quanto emerge da una analisi Coldiretti, con tanto di lista dei prodotti della spesa più a rischio, stilata in occasione dell’avvio della raccolta firme sulla petizione #stopcibofalso per chiedere al Parlamento Europeo che i consumatori abbiano la possibilità di conoscere da dove arriva il cibo che portano in tavola. “Nonostante i passi in avanti fatti grazie alle nostre battaglie per l’etichettatura obbligatoria, ultima in

ordine di tempo quella sul riso e la pasta entrata in vigore il mese scorso – spiega Roberto Cabiale presidente di Coldiretti Asti - restano ancora ampi margini di miglioramento. Questa petizione vuole difendere le nostre produzioni ed il lavoro dei nostri imprenditori, bloccando le speculazioni che ostacolano l’economia del territorio. Basti pensare, ad esempio, che la frutta trasformata, come mele, kiwi e pesche resta anonima, così come i prodotti da forno. Non è un caso che 9 italiani su 10 ritengano importante per la sicurezza alimentare conoscere la provenienza del cibo che consumano. Si tratta, quindi, di una battaglia di civiltà per garantire la salubrità di quanto viene consumato sulle nostre tavole. L’indicazione di

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“Fake” 1 piatto su 4: via alla mobilitazione Manca ancora l’etichettatura per tanti prodotti, come salumi, pane, ragù, confetture...

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di chili di succo di arancia straniero che valica le frontiere e finisce nelle bevande all’insaputa dei consumatori perché in etichetta – sottolinea la Coldiretti – viene segnalato solo il luogo di confezionamento. Un problema che riguarda in realtà tutti i salumi, la frutta trasformata in generale (dalle confetture alle conserve), l’insalata in busta, il pane o i funghi conservati che spesso arrivano dalla Cina, paese ai vertici mondiali per gli allarmi alimentari. Non è un caso che 9 italiani su 10 ritengano importante per la sicurezza alimentare conoscere la provenienza del cibo che consumano, secondo la consultazione on line del Ministero delle Politiche Agricole. La raccolta di firme rivolta al Presidente del Parlamento Europeo viene avviata da Coldiretti e Fondazione Campagna Amica in ogni farmers’ market d’Italia e on line sui siti www.coldiretti. it e www.campagnamicaa.it ma sono previste anche iniziative lungo tutta la Penisola. L’indicazione

Stop Cibo Falso

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rischio “fake” nel carrello della spesa un prodotto alimentare su quattro che non riporta obbligatoriamente l’origine in etichetta, dai salumi alle confetture, dai ragù ai sottoli, dal succo di frutta al pane fino al latte in polvere per bambini. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti che ha smascherato la lista dei prodotti della spesa più a rischio in occasione dell’avvio della raccolta firme sulla petizione #stopcibofalso per chiedere al Parlamento Europeo che i consumatori abbiano la possibilità di conoscere da dove arriva il cibo che portano in tavola. Si tratta dell’avvio di una mobilitazione popolare nei confronti dell’Unione Europea per fermare il cibo falso e proteggere la salute, tutelare l’economia, bloccare le speculazioni e difendere l’agricoltura italiana. Nonostante i passi in avanti, infatti, permangono ancora ampie zone d’ombra e ogni giorno rischiano di finire nel piatto alimenti di bassa qualità e origine incerta che mettono a rischio la salute, come dimostrano i ripetuti allarmi alimentari che si propagano rapidamente a livello planetario per la mancanza di trasparenza: dall’ultimo caso del latte in polvere francese alla salmonella per i bambini alla carne di cavallo spacciata per vitello nei ragù, dai prosciutti ottenuti da maiali olandesi alimentati con mangimi alla diossina fino al succo di arance brasiliane trattate con il carbendazim, un pesticida vietato in Europa. Due prosciutti su tre venduti oggi in Italia provengono da maiali allevati all’estero senza che questo venga evidenziato chiaramente in etichetta dove non è ancora obbligatorio indicare l’origine, come avviene anche per il fiume di 200 milioni


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di origine permette di contrastare quelle imitazioni che ogni anno sottraggono 60 miliardi di euro all’economia dell’Italia, consente di prevenire le falsificazioni e le pratiche commerciali sleali che danneggiano la nostra economia, rafforza la lotta alle agromafie e la difesa contro le grandi multinazionali del cibo che hanno interesse ad occultare l’origine delle materie prime. L’obiettivo è dare la possibilità a livello europeo di estendere l’obbligo di indicare l’origine in etichetta a tutti gli alimenti dopo che l’Italia, affiancata anche da Francia, Portogallo, Grecia, Finlandia, Lituania e Romania, ha già adottato decreti nazionali per disciplinarlo in alcuni prodotti come latte e derivati, grano nella pasta e riso. Una scelta che ha spinto la Commissione Europea ad avviare con quattro anni di ritardo una consultazione pubblica sulle modalità di indicazione dell’origine in etichetta come previsto dal regolamento europeo sulle informazioni ai consumatori n.1169/2011, entrato in vigore nel dicembre 2013. “Adesso occorre vigilare affinché la normativa comunitaria risponda realmente agli interessi dei consumatori e non alle pressioni esercitate dalle lobbies del falso Made in Italy che non si arrendono e vogliono continuare ad ingannare i cittadini cercando di frenare nel nostro Paese l’entrata in vigore di norme di trasparenza e di grande civiltà” afferma il presidente nazionale Coldiretti Roberto Moncalvo. L’obbligo di indicare in etichetta l’origine è una battaglia storica della Coldiretti che con la raccolta di un milione di firme alla legge di iniziativa popolare ha portato all’approvazione della legge n.204 del 3 agosto 2004. L’Italia, sotto il pressing di Coldiretti, il 13 febbraio 2018 ha fatto scattare l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso, ma prima c’erano stati già diversi traguardi raggiunti: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005

era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro. A livello comunitario il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergen-

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gni giorno rischiano di finire nel nostro piatto alimenti di bassa qualità o addirittura tossici provenienti da altri Paesi, come dimostrano i ripetuti allarmi e sequestri. Un cibo falso e anonimo costituisce un pericolo per la salute e per l’economia del nostro Paese, che ogni anno perde 60 miliardi di euro a causa del falso made in Italy.
Ad oggi in Europa non esiste una legge chiara sull’etichettatura che tuteli il consumatore dalle truffe nel piatto: solo pochi alimenti hanno l’obbligo di indicare l’origine del prodotto e degli ingredienti. Chi ci guadagna? Le agromafie e le grandi multinazionali del cibo che hanno interesse a occultare l’origine delle materie prime.
Senza un’etichetta trasparente non è possibile compiere scelte consapevoli e

za mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto. 
 prevenire le speculazioni sul cibo che danneggiano sia chi produce che chi consuma. Per questo motivo Coldiretti e Campagna Amica chiedono di fermare le truffe alimentari e tutelare il meglio del cibo italiano.


scritte sull’italianità dei prodotti poteva indurre i consumatori a pensare che le conserve fossero preparate con verdure coltivate in Italia, ma la bandiera italiana è stata rimossa anche da tutte le conserve di un’altra azienda che produce “Spicchi di carciofi in olio di girasole” perché nonostante la dicitura “Prodotto e confezionato in Italia” la materia prima risultava importata dall’Egitto. Un indirizzo che è supportato dagli interventi della Corte di Cassazione che va tuttavia rafforzato da una normativa più strin-

gente come previsto dalle proposte di riforma dei reati alimentari presentate dall’apposita commissione presieduta da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti www.coldiretti.it e recepite dal disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri. Un provvedimento che la Coldiretti chiede venga ripreso ed approvato nella prossima legislatura. La riforma Caselli prevede un rafforzamento dell’articolo 517 del Codice Penale sull’uso di nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri atti a indurre in inganno il compratore sull’origine, la provenienza o la qualità dell’opera o del prodotto. “Il primato italiano nella qualita’ e nella sicurezza alimentare conquistato grazie all’impegno degli agricoltori e ad una attività di controllo senza uguali nel mondo va difeso di quanti cercano di sfruttare impropriamente il valore aggiunto creato con l’inganno e le speculazioni” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “l’agricoltura italiana è la più green d’Europa con il maggior numero di prodotti a denominazione di origine Dop/Igp (293), la leadership nel numero di imprese che coltivano biologico (quasi 60mila), ma anche con la minor incidenza di prodotti agroalimentari con residui chimici fuori norma e la decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati”.

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2/3 degli italiani sono disponibili a pagare il 20% in più per la rintracciabilità

Per fare leva sul patriottismo nei consumi il tricolore sventola sul 14% delle confezioni alimentari ma in ben il 25% dei prodotti sugli scaffali c’è comunque un evidente richiamo all’italianità che spesso viene sfruttata a sproposito, come dimostrano i recenti interventi dell’Antitrust e della Magistratura. E’ quanto afferma la Coldiretti in occasione dell’avvio della raccolta firme sulla petizione #stopcibofalso contro gli inganni del falso Made in Italy, sulla base dei dati dell’Osservatorio Immagino che ha rilevato le caratteristiche del packaging di 52mila prodotti del mondo del food. Quasi i 2/3 degli italiani sono disponibili a pagare almeno fino al 20% in più pur di garantirsi l’italianità del prodotto che si portano a tavola secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’. Il mercato dei prodotti patriottici è cresciuto nell’ultimo anno del 2,2% e comprende i prodotti con bandiera italiana, con le scritte prodotto in Italia o 100% italiano oltre alle certificazioni di origine Doc/Docg e Dop/Igp. A crescere maggiormente sono però proprio i prodotti che garantiscono la certezza dell’origine dai vini a denominazione di origine certificata e garantita (Docg) con un balzo dell’11,7% alle denominazioni di origine protetta (Dop) che aumentano del 5,4%, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati dell’Osservatorio Immagino con anno terminante a giugno 2017.
Per tutelare questo mercato dai troppi inganni nei suoi ultimi interventi l’Autorità Garante della concorrenza ha contestato tra l’altro la presenza della bandiera italiana e della scritta “Product of Italy” su vasetti di Pomodori secchi a filetti e di Frutti del cappero provenienti rispettivamente da Turchia e Marocco perché in entrambe le etichette la presenza di bandiere e di

Stop Cibo Falso

Sos inganni: il 25% dei prodotti sventola il tricolore


Dellavalle è il nuovo presidente di Confartigianato Asti “Forte sinergia con le altre associazioni, enti e istituzioni del territorio”

Rappresentanza

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el corso del XVI Congresso provinciale, il 22 febbraio scorso, Roberto Dellavalle, produttore di grappe e distillati a Vigliano d’Asti, è stato nominato presidente di Confartigianato Asti. I lavori assembleari sono stati presieduti dal Consigliere anziano Vittorio Amato, che ha prima di tutto ringraziato per la grande e fattiva partecipazione alle fasi Congressuali che hanno quindi permesso di comporre un variegato e altamente qualificato sistema di rappresentanza. Oltre alla Presidenza, a larghissima maggioranza, sono stati nominati due Vice Presidenze e la Giunta Esecutiva: Presidenza: Roberto Dellavalle distillazione in Vigliano d’Asti; Vice Presidente Amministrativo: Bruno Pavese metalmeccanica in Asti; Vice Presidente Organizzativo: Luigi Paolo Dezzani edilizia/lavorazione Pietre Cunico; Giunta Esecutiva: Amato Vittorio autoriparazione/macchine agricole Asti; Carlo Benotti meccanica/elettronica Asti;

Mario Bosso edilizia Asti; Gian Luca Musso Servizi e Terziario Mombercelli. E’ stato quindi chiamato a presiedere la riunione del Consiglio Direttivo il nuovo Presidente Roberto Dellavalle, il quale oltre ai ringraziamenti per l’ampio consenso ricevuto sia personalmente sia per la le persone da lui indicate per condividere questo nuovo corso della Confartigianato Asti per i prossimi quattro anni, ha brevemente illustrato le linee guida del suo programma e le idee che desidera condividere non solo con la Giunta,

ma soprattutto con il Consiglio Direttivo. “Nel mio programma risulta centrale - ha dichiarato il Presidente Dellavalle - una forte sinergia con le altre associazioni, enti ed istituzioni del territorio, per valorizzare e favorire sempre più legami forti e strategici tra i settori produttivi strettamente legati alla manifattura quali il nostro, quello industriale quello agricolo e nonché come conseguente ricaduta quello dei servizi, sono più che mai convinto, che solo un lavoro di squadra possa determinare tangibilmente lo sviluppo di un territorio e una diffusa ricchezza e benessere”.

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Scatta l’obbligo dell’etichetta per la pasta e il riso

chili di riso garantiscono all’Italia il primato in Europa. Secondo quanto previsto dal decreto le confezioni di pasta secca prodotte in Italia dovranno d’ora in poi avere obbligatoriamente indicato in etichetta il nome del Paese nel quale il grano viene coltivato e quello di molitura; se proviene o è stato molito in più paesi possono essere utilizzate, a seconda dei casi, le seguenti diciture: paesi UE, paesi NON UE, paesi UE E NON UE. Inoltre, se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e altri Paesi UE e/o non UE”. Si tratta del risultato della guerra del grano lanciata da Coldiretti con decine di migliaia di agricoltori scesi in piazza per difendere dal rischio di abbandono della coltivazione piu’ diffusa in Italia realizzata spesso in aree marginali senza reali alternative. L’indicazione in etichetta dell’origine per il riso deve riportare le diciture “Paese di coltivazione del riso”, “Paese di lavorazione” e “Paese di confezionamento”. Qualora le fasi di coltivazione, lavorazione e confezionamento del

riso avvengano nello stesso Paese, può essere recata in etichetta la dicitura “origine del riso”, seguita dal nome del Paese. In caso di riso coltivato o lavorato in più Paesi, possono essere utilizzate le diciture “UE”, “non UE”, ed “UE e non UE”. I prodotti che non soddisfano questi requisiti immessi sul mercato o etichettati prima dell’entrata in vigore dello stesso, possono essere commercializzati fino all’esaurimento scorte. Sarà così smascherata l’invasione di riso straniero spesso favorita dal regime particolarmente favorevole praticato nei confronti dei Paesi Meno Avanzati (accordo EBA), che prevede la possibilità di esportare verso l’Unione Europea quantitativi illimitati a dazio zero di riso che non offre certo le stesse garanzie di sicurezza alimentare e di rispetto dei diritti dei lavoratori del prodotto nazionale. Ciò ha causato una vera e propria invasione di prodotto dai Paesi asiatici, da dove proviene ormai la metà del riso importato, con una spirale speculativa insostenibile che ha dimezzato nell’ultimo anno le quotazioni riconosciute ai coltivatori di riso italiani. “Finalmente sarà possibile sapere se nella pasta che si sta acquistando è presente o meno grano canadese trattato in preraccolta con il glifosate, proibito sul grano italiano, o se il riso viene dai campi della Birmania sequestrati alla minoranza Rohingya, contro la quale è in atto una pulizia etnica”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare “l’importanza di sostenere con la trasparenza scelte di acquisto piu’ consapevoli da parte dei consumatori”.

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’etichetta di origine obbligatoria che permette di conoscere l’origine del grano impiegato nella pasta e del riso mette fine all’inganno dei prodotti importati, spacciati per nazionali, in una situazione in cui un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero, come pure un pacco di riso su quattro senza che questo fosse fino ad ora indicato in etichetta. I due decreti interministeriali sull’indicazione dell’origine obbligatoria del riso e del grano per la pasta in etichetta, dopo 180 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, sono entrati in vigore il 13 febbraio scorso per il riso e il 14 febbraio per la pasta. Una scelta applaudita dal 96% dei consumatori che chiede venga scritta sull’etichetta in modo chiaro e leggibile l’origine di tutti gli alimenti e confermata in Italia anche dal Tar del Lazio che ha precisato come sia “prevalente l’interesse pubblico” ad informare i consumatori considerato anche l’esito delle consultazioni pubbliche circa l’importanza attribuita dai consumatori italiani alla conoscenza del Paese di origine e/o del luogo di provenienza dell’alimento e dell’ingrediente primario. L’assenza dell’indicazione chiara dell’origine non consente di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionale e con esse il lavoro e l’economia del territorio. Escono finalmente dall’anonimato e saranno riconoscibili nelle etichette della pasta 4,3 miliardi di chili di grano duro italiano che insieme ai 1,5 miliardi di

Obiettivo centrato

Una scelta voluta dal 96% dei consumatori; le diciture


“Asti secco” verso il milione di bottiglie Cresce il Moscato d’Asti, ma non viene inspiegabilmente sbloccata la riserva

Filiera Moscato

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e prime vendite di Asti Secco, alla fine, potrebbero anche avvicinarsi al milione di bottiglie. Non ci sono ancora i dati definitivi del venduto 2017, ma secondo i primi rilevamenti post festività di fine anno, il nuovo dry a base Moscato d’Asti, ballerebbe fra le 700/900 mila bottiglie. L’impressione è che le industrie spumantiere ci abbiano creduto solo fino a un certo punto: sugli scaffali della GDO mancavano infatti alcuni grandi marchi, mentre sono apparse più attive le medie aziende. Un segnale comunque positivo, anche in riferimento a un lancio di sicuro senza squilli particolari che ha messo più in luce la rivalità col Prosecco piuttosto che una ricerca di un’identità ben definita nel marketing. Per il resto, l’Asti spumante nella classica versione dolce continuerebbe la sua ormai costante caduta nelle vendite, ma anche in questo caso non c’è stato uno sforzo promozionale pari all’anno precedente. Scorporando anche solamente 800 mila bottiglie di Asti Secco dalle vendite complessive della denominazione, il dolce segnerebbe una perdita di circa 700 mila bottiglie attestandosi attorno ai 53 milioni di pezzi venduti. Discorso ben diverso per il Moscato d’Asti, il cosidetto tappo raso, sempre secondo i primi rilevamenti farebbe segnare un ulteriore incremento di circa 2 milioni e 400 mila bottiglie, un bel 7,4% in più sfiorando così i 24 miliioni di bottiglie. Per il Moscato d’Asti però, dopo la decisione del Consorzio di tutela di non svincolare la riserva vendemmiale per le aziende vitivinicole (cioè produttrici di

uve e venditrici direttamente del vino), si profila però il rischio di un imprevisto rallentamento. La decisione è stata presa nonostante i produttori e Coldiretti avessero chiesto, a più riprese e anche con atti ufficiali, il rispetto di quanto concordato in occasione delle trattative per il contratto 2017 per la DOCG Asti e stabilito nei patti successivi esternati dal Consorzio. In particolare i vertici di Coldiretti hanno anche trasmesso una lettera al presidente del Consorzio, Romano Dogliotti, e all’Assessore regionale all’Agricoltura, Giorgio Ferrero, chiedendo di procedere allo sblocco del prodotto. La situazione appare surreale, gli accordi prevedevano il “deblocage” delle partite stoccate Moscato D’Asti prodotte dalle uve raccolte nei vigneti direttamente condotti e la situazione congiunturale avrebbe in ogni caso giustificato tale decisione facendo pensare in una positiva collocazione sul mercato del pro-

dotto fermo nelle cantine. D’altra parte le aziende vitivinicole in questione avevano già raccolto le richieste dal mercato e piazzato dunque nuovi ordini. La decisione di non sbloccare la riserva, danneggia indubbiamente i produttori non potendo ora soddisfare le richieste del mercato con i mosti della vendemmia 2017.


L’export di spumante sale a 1,3 miliardi

lore delle bottiglie esportate che fa registrare un aumento del 12% di gran lunga davanti agli Stati Uniti, che crescono comunque del 15%. Con un +8%, in posizione più defilata, ma pur sempre sul podio, si trova la Germania. Nella classifica

delle bollicine italiane preferite nel mondo ci sono il Prosecco, l’Asti e il Franciacorta che ormai sfidano alla pari il prestigioso Champagne francese. Nonostante ciò risulta ancora molto elevato il differenziale di prezzo medio per bottiglia rispetto alle bollicine transalpine che spuntano quotazioni medie molto superiori. A pesare è il fatto che, con il successo, crescono anche le imitazioni in tutti i continenti a partire dall’Europa dove sono in vendita bottiglie di Kressecco e di Meer-Secco prodotte in Germania che richiamano palesemente al nostrano Prosecco che viene venduto addirittura sfuso alla spina nei pub inglesi.

Le Enoteche piemontesi crescono dell’11,7%

Nell’ultimo quinquennio una sferzata verso la qualità e l’export

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na crescita del 13% in cinque anni delle enoteche in Italia con la presenza di 7.300 “oasi del vino” lungo tutta la Penisola. È quanto emerge da un’analisi di Coldiretti e della Camera di commercio di Milano dalla quale si evidenzia la crescente attenzione alla qualità negli acquisti di vino che è diventato una espressione culturale da condividere con amici e parenti. In Piemonte si è passati dalle 497 enoteche del 2012 alle 555 del 2017 con un aumento dell’11,7%. Il numero è cresciuto maggiormente nelle province di Cuneo e Verbania. Il 24,5% delle enoteche piemontesi è guidato da donne, dimostrando come la presenza femminile sia forte in questo campo, ed il 10% da giovani. “Una tendenza che conferma una

decisa svolta verso la qualità, come dimostra anche il boom dei corsi per sommelier, ma anche il numero crescente di giovani che ci tiene ad essere informato sulle caratteristiche dei vini, oltre al fatto che sta crescendo tra le nuove generazioni la cultura della degustazione consapevole – spiega Roberto Cabiale vicepresidente di Coldiretti Piemonte con delega al settore vitivinicolo -. Cresce il Moscato d’Asti e le bollicine dell’Asti sono apprezzate soprattutto all’estero. Dalle uve Moscato d’Asti si ricava L’Asti secco che è un prodotto particolarmente adatto per l’aperitivo, grazie ai profumi e agli aromi del moscato, e col suo leggero retrogusto amaragnolo risulta molto fresco e leggero e può quindi essere consumato a tutto pasto e in tutte le

occasioni. Da 1kg d’uva moscato si produce una bottiglia d’Asti secco il quale, a pochi mesi dal lancio, ha già raggiunto 800 mila bottiglie vendute”. “Il vino - spiega Bruno Rivarossa Delegato Confederale – è oltretutto uno dei prodotti preferiti dai turisti stranieri in Italia e dai consumatori all’estero, tanto che, nell’anno appena trascorso, l’export è cresciuto del 7% sfiorando la cifra record di 6 miliardi di euro. Conferma il trend il vino Made in Piemonte che, grazie ai suoi alti standard qualitativi, è particolarmente richiesto oltre i confini nazionali: in particolare il mercato statunitense assorbe il 35% dell’export di vino piemontese e le esportazioni negli USA hanno raggiunto i 200 milioni di euro”.

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el 2017 le vendite dello spumante italiano all’estero hanno raggiunto 1,3 miliardi di euro. L’aumento rispetto all’anno precedente è stato del 14%. È quanto emerge da una analisi di Coldiretti sulla base di una proiezioni su dati Istat relativi al commercio estero, diffusa in riferimento al consuntivo dell’anno 2017 fornito dell’Osservatorio Economico Vini Effervescenti Spumanti Italiani (Ovse). Fuori dai confini nazionali i consumatori più appassionati sono gli inglesi che non sembrano essere stati scoraggiati dalla Brexit e sono nel 2017 il primo mercato mondiale di sbocco delle spumante italiano con il va-

Filiera Vino

Nel 2017 il Made in Italy ha registrato un incremento del 14%


La bella realtà della Malteria Monferrato Dall’anno passato è attiva a Villafranca d’Asti

Filiera Birra

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l boom delle birre Made in Italy, fra cui spicca anche nell’Astigiano un costante sviluppo e l’affermazione dei birrifici agricoli, ha evidentemente indotto la famiglia Monastra, ad intraprendere l’attività di maltazione dell’orzo. Dallo scorso anno è stata attivata la prima malteria del nord Italia in un modernissimo stabilimento a Villafranca d’Asti. Come annunciammo già a suo tempo sulle colonne di questa stessa rivista, il percorso del giovane Davide Monastra è stato piuttosto lungo e anticipato da un’approfondita ricerca e specializzazione per ottenere malto di qualità adatto a produrre birra. Con Coldiretti e il Consorzio Agrario Nord Ovest, Malteria Monferrato si è anche fatta capofila di un interessante accordo di filiera per adattare la coltivazione locale dell’orzo alle esigenze della filiera. Un’avventura quindi che prosegue, come spiegato con una gradita missiva inviataci dalla famiglia Monastra e che pubblichiamo integralmente di seguito: “Dopo il riconoscimento da parte dell’UNESCO, le terre del Monferrato sono in attesa di migliorare la loro produzione agricola. L’impegno di Coldiretti Asti nella persona del suo Presidente e del suo Direttore viene esternato ogni volta che si presenta l’occasione e tende sempre a spronare tutti indistintamente a dare forza al territorio ed ai suoi prodotti. Per quanto ci riguarda abbiamo colto tale invito e oggi, dopo un anno di collaborazione, esprimiamo il nostro pensiero sui risultati ottenuti e quelli ancora da raggiungere. Gennaio 2018, tempo di bilanci e di nuovi obiettivi. 2017….Un anno di sacrifici, emozioni, errori, successi e collaborazioni. Circondati da gente stupenda del

Monferrato in primis e dell’Italia intera a seguire, che non hanno mai desistito a darci fiducia, supporto e laddove necessario, ritorni costruttivi. Più di 50 tonnellate di malto alle spalle, con l’ambizione di aumentarne le quantità e migliorarne sempre di più la qualità. Progetti di mantenere gli ormai noti malti base, ma di proporre finalmente quei malti che vogliamo ci aiutino a distinguerci sul mercato, in cui al giorno oggi il prodotto straniero regna ancora sovrano. Una start up di un impianto nuovo, tecnologico ed efficiente, e con sul finale, progetti di birra che ci danno visibilità in etichetta. L’assidua presenza della Coldiretti segue il campo e la bontà dell’orzo locale, la malteria segue la produzione con ricerca di qualità, consolidando il rapporto con il CERB si Perugia, mentre i birrifici artigianali agricoli e non, avanzano all’orizzon-

La prima birra del Monferrato

te. Un anno quindi positivo. Passato molto velocemente, con giornate vivaci e ricche di emozioni. Ci proponiamo al 2018 più forti e preparati, con l’auspicio di servire al meglio i nostri birrifici artigianali”. Famiglia Monastra “Malteria Monferrato”

ORARI UFFICI COLDIRETTI ASTI - Validi fino all’8 aprile 2018

mattino

pomeriggio

Lunedì

8,30 – 12,30

14,00 – 18,00

Martedì

8,30 – 12,30

14,00 – 18,00

Mercoledì

8,30 – 12,30

14,00 – 18,00

Giovedì

8,30 – 12,30

14,00 – 18,00

Venerdì

8,30 – 12,30

14,00 – 17,00


Meno birre inglesi, avanza il Made in Italy

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rollano del 79% i consumi di birre inglesi in Italia nel 2017 che fa segnare anche un calo del 31% delle importazioni anche dalla Germania che insieme rappresentano ben 1/3 della birra straniera consumata in Italia. E’ quanto emerge da un’analisi di Coldiretti sui dati Istat sul commercio estero in occasione di “Beer Attraction” di Rimini, appuntamento dedicato a tutte le specialità del settore. E’ il segnale di un’avanzata dei boccali Made in Italy grazie anche a una rete di micro birrifici artigianali passati dai 113 del 2008 ai 718 del 2017 con un progresso di oltre il 535% nel decennio e una produzione stimata attualmente in 50 milioni di litri. Fra birre artigianali e industriali la filie-

ra vale complessivamente circa 6 miliardi di euro. Secondo l’Istat, la birra piace a quasi 1 italiano su 2 con un consumo pro capite medio di 31,5 litri all’anno. Negli ultimi anni la produzione artigianale Made in Italy si è molto diversificata con numerosi esempi di innovazione, dalla birra aromatizzata alla canapa a quella pugliese al carciofo di colore giallo paglierino ma c’è anche quella alle visciole, al radicchio rosso tardivo Igp o al riso. Oltre a contribuire all’economia, la birra artigianale rappresenta anche una forte spinta all’occupazione soprattutto tra gli under 35 che sono i più attivi nel settore con profonde innovazioni che vanno dalla certificazione dell’origine a chilometri

zero al legame diretto con le aziende agricole ma anche la produzione di specialità altamente distintive o forme distributive innovative come i “brewpub” o i mercati degli agricoltori di Campagna Amica. Stanno nascendo anche nuove figure professionali come il “sommelier delle birra” che conosce i fondamentali storici dei vari stili di birre ed è capace di interpretarne, tramite opportune tecniche di osservazione e degustazione, i caratteri principali di stile, gusto, composizione, colore, corpo, sentori a naso e palato e individuarne gli eventuali difetti, oltre a suggerire gli abbinamenti ideali delle diverse tipologie di birra con primi piatti, carne o pesce e anche con i dolci.

Anche gli agriturismo puntano sulla birra Se ne è parlato nel corso dell’assemblea Terranostra

Filiera Birra

Crollano del 79% le importazioni dall’Inghilterra e del 31% dalla Germania

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l 19 febbraio scorso, presso la sede di Coldiretti Asti, si è tenuta l’Assemblea di Terranostra. Erano molti e interessanti gli argomenti all’ordine del giorno, fra cui i corsi per gli Agrichef riservati agli agriturismo di Campagna Amica, gli aspetti ispettivi della legge regionale, la tassa di soggiorno, il piano di autocontrollo per la legionella. All’incontro con la presidente Giovanna Soligo, alla presenza della segreteria provinciale con il vicedirettore Luigi Franco e Enrico lorenzato, è intervenuto il direttore provinciale Coldiretti, Antonio Ciotta, e l’adetta stampa regionale, Lunetta Locacciato, per affrontare alcune problematiche legate alla gestione dei social network. Si è anche parlato di birra agricola con la partecipazione (e la degustazione) della pregevole birra dell’agri-

turismo “C’era una volta” di Agliano Terme. Nell’occasione l aziende agrituristiche hanno anche provveduto alla consegna dei tappi di sughero

legati al progetto di ristrutturazione di “Cascina Graziella”, immobile in gestione a Libera e sequestrato alla mafia.


Decisa svolta salutista nei consumi da parte degli italiani Crescono i consumi di frutta e pesce, aumentano le superfici coltivate biologico

Tendenze

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volta salutista sulle tavole degli italiani dove, dopo anni di abbandono, torna prepotentemente la dieta mediterranea con un aumento record dei consumi che va dal +7% per il pesce fresco fino alla crescita del 4,3 per la frutta fresca. E’ quanto emerge dalla studio di Coldiretti dal quale si evidenzia che dopo cinque anni di segno negativo nel 2017 torna a crescere la spesa degli italiani per l’acquisto di beni alimentari con un balzo del 3,2% sulla base dei dati Ismea. L’ andamento positivo riguarda anche gli ortaggi freschi con un +4% favorito anche da nuove modalità di consumo sospinte anche dalla disponibilità di tecnologie casalinghe low cost, dalle centrifughe agli essiccatori che aiutano a far apprezzare cibi salutari ai più piccoli. L’attenzione verso i segmenti naturale e benessere è confermata dalla forte crescita di alimenti come la frutta secca:

(+7,9%), la pasta di semola integrale (+16%) o il riso integrale che mette a segno addirittura un aumento del 20% rispetto all’anno precedente. La preferenza per prodotti salutistici è accompagnata anche dalla ricerca della praticità ed emerge un apprezzamento per le zuppe pronte (+33%) e per le insalate in busta con gli ortaggi di IV gamma (+4,3%). Evidente l’incremento della spesa per l’olio extravergine di oliva che nel 2017 risulta superiore dell’11% rispetto al 2016 mentre in flessione i derivati del pomodoro (-0,5%) e la pasta secca di semola con un calo del 3% per i quali nel 2018 si attendono comunque riscontri positivi con l’entrata in vigore dell’obbligo indicare in etichetta l’origine degli ingredienti utilizzati. Conferme anche dal biologico, con il 60% degli italiani che nel 2017 hanno acquistato almeno qualche volta prodotti bio. La

crescita della domanda ha spinto l’aumento delle produzioni, tra le colture con maggiore incremento ci sono gli ortaggi (+48,9%), cereali (+32,6%), vite (+23,8%) e olivo (+23,7%) mentre a livello territoriale la maggiore estensione delle superfici è registrata in Sicilia con 363.639 ettari, cui seguono la Puglia con 255.831 ettari e la Calabria con 204.428 ettari. Si conferma la leadership dell’Italia in Europa nel numero di imprese che coltivano biologico con 72.154 operatori e 1.796.363 ettari, con un aumento del 20% su base annua. Il fatturato realizzato dal settore biologico al consumo supera i 2,5 miliardi di euro e tra i canali di acquisto accanto alla grande distribuzione e ai negozi specializzati particolarmente dinamici sono stati gli acquisti diretti dai produttori nei così detti farmers market, come la rete degli agricoltori di Campagna Amica in testa.

Stop all’Imu sui terreni agricoli per i pensionati Accolte le richieste di Coldiretti per chi è ancora iscritto alla previdenza agricola

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top al pagamento dell’Imu sui terreni per gli agricoltori pensionati. Ad annunciarlo è Coldiretti dopo che il Dipartimento delle Finanze ha accolto le richieste dell’organizzazione di garantire l’esenzione dalla tassa anche per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali (Iap) pensionati iscritti alla previdenza agricola che continuano

a condurre le loro aziende. Il dubbio era nato relativamente a una presunta incompatibilità tra il fatto di godere del trattamento pensionistico e l’agevolazione Imu. Su precisa richiesta di Coldiretti, in una nota il Dipartimento ha chiarito che la legge prevede l’obbligo per coloro che sono qualificati come coltivatori diretti o Iap di iscriversi nella gestione previdenziale dei coltivatori diretti,

dei coloni e dei mezzadri, purché svolgano tale attività con abitualità e prevalenza, ma senza che questa sia la loro esclusiva fonte di reddito. Il fatto dunque di godere del trattamento pensionistico non fa venire meno l’esenzione Imu. Un provvedimento che rappresenta un riconoscimento importante del senso del valore sociale dell’agricoltore e del contadino.


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Nuovi impianti vigneti: fissata la soglia massima a 50 ettari

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n nuovo decreto del Ministero delle Politiche Agricole ha fissato un limite per ciascuna domanda di autorizzazione a nuovi impianti viticoli, ovvero alle licenze necessarie per impiantare vigneti. La soglia massima è stata stabilita in 50 ettari per i nuovi impianti con la garanzia di una quota minima compresa tra 0,1 e 0,5 ettari a tutti i richiedenti, qualora le domande ammissibili dovessero risultare superiori alla superficie messa a disposizione. Questo sistema dovrebbe anche fermare le speculazioni sui nuovi impianti. La soglia di 50 ettari potrà es-

sere ulteriormente ridotta dalle singole Regioni per tenere conto delle esigenze proprie del territorio. Si tratta di una misura fortemente sostenuta da Coldiretti sin dal suo primo anno di applicazione nel 2016. Complessivamente per quest’anno saranno disponibili 6.685 ettari per i nuovi impianti. Il provvedimento permette di tutelare un settore che nel 2017 ha coltivato 630mila ettari e prodotto 41milioni di ettolitri, nonostante un taglio alla produzione di circa il 26% a causa delle anomalie climatiche. Il vino resta però uno dei settori di punta del Made in Italy, tanto che le vendite di vino italiano

all’estero fanno segnare un record storico nel 2017 raggiungendo la cifra di circa 6 miliardi di euro, con un aumento del 7% in valore rispetto all’anno precedente.

Vino, giacenze a quota 52,6 milioni di ettolitri

Misura 121

Garantita una quota minima a tutti i richiedenti compresa tra 0,1 e 0,5 ettari

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mmontano a 52.663.317,52 gli ettolitri di vino detenuti al 15 febbraio dai produttori italiani obbligati alla tenuta del registro telematico entrato in vigore lo scorso anno. E’ il dato evidenziato dal bollettino Cantina Italia dell’Icqrf del ministero delle Politiche agricole che scatta così la fotografia delle giacenze di vino italiano che comprendono anche la produzione della vendemmia 2017. Sono esclusi dall’obbligo del registro telematico i produttori al di sotto dei 50 ettolitri e alcune categorie. Sono 26,9 i milioni di ettolitri di vini Dop, tra bianco, rosato e rosso, mentre superano di

poco i 14 milioni gli ettolitri Igp sempre delle tre categorie. La produzione senza Dop e Igp è di 11,7 milioni di ettolitri, 679.802 ettolitri sono rappresentati da varietali senza Dop e Igp. Al primo posto per quantitativo prodotto detenuto si colloca il Veneto con 12,3 milioni di ettolitri, seguono Emilia Romagna con 6,8 milioni, Toscana con 6,4 e Puglia con 5,6. Un dato che conferma il forte orientamento al mercato e all’export e la continua crescita del vigneto Italia si consolidi nel Nord Est. Nella top ten delle Doc e Igp svetta il Prosecco con 3.264.073 ettolitri, seguito da Terre Siciliane, Toscano, Puglia,

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Sono 26,9 i milioni di ettolitri di vini Dop, tra bianco, rosato e rosso

Sicilia, Veneto, Chianti, Salento, Montepulciano D’Abruzzo, Delle Venezia.


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Sbloccate le risorse del Fondo Latte per zootecnia Riguarda anche 1.800 allevamenti piemontesi per 8 milioni di quintali

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ono state sbloccate le risorse del “Fondo latte” dedicato ai produttori di latte. Ad inizio febbraio, a livello nazionale, sulle 5667 presentate, erano 870 quelle istruite positivamente che riceveranno nei prossimi giorni un anticipo che supera i 2,7 milioni di euro pari al 28% di quanto richiesto e ritenuto ammissibile, mentre i primi di marzo sarà effettuato un secondo pagamento che porterà al 50% la quota di anticipo. La zootecnia da latte in Piemonte conta numeri importanti: una produzione di 8 milioni di quintali e 1900 aziende per cui ora chiediamo di

accelerare i tempi dei pagamenti per gli allevatori che

non hanno ancora ricevuto i fondi.

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SCADENZE E APPUNTAMENTI [INIZIATIVA FINANZIATA PSR 2014-2020 Reg.Piemonte-Operazione 1.2.1]

NTRO l’8 aprile è possibile presentare DOMANDE di aiuto SICCITA’ 2017 (periodo 21/03-21/09/2017), per le aziende con danno maggiore del 30%. Priorità per Coltivatori diretti e IAP. Info Uffici Zonali Coldiretti. - Corso gratuito di formazione “L’ANALISI SENSORIALE DEI VINI E L’ABBINAMENTO AI PIATTI DELLA TRADIZIONE” di tot. ore n. 16, date 3-9-1023/04. Riservato a Imprenditori agricoli, titolari, coadiuvanti, e IAP. Info e Adesioni al: 0141-380400. - La valorizzazione dei pro-

dotti del territorio attraverso il web, è il titolo del corso, che si terrà presso gli uffici di Coldiretti Asti, il 9 aprile dalle ore 8,30 alle 12,30. Seguiranno altre lezioni sulla storia delle eccellenze dell’Astigiano sull’Unesco e sul commercio elettronico. - Il Consorzio Agrario NordOvest propone di aderire ai seguenti accordi di coltivazione: PISELLO PROTEICO (entro 3003), SOIA (entro 30-04) e MAIS MICORRIZZATO (entro 30-05). Per informazioni/adesioni: Uffici Coldiretti e Agenzie CAP. - AUTORIZZAZIONI NUOVI IMPIANTI VITICOLI 2018: si possono presentare le domanda di

assegnazione. Info Coldiretti Asti. - INVITO per visita guidata all’ANABORAPI (Associaz. Naz.Bovini Piemontesi), a Carrù (CN) il 12/04/2018, in bus, con partenza da Asti ore 8.30 e rientro alle 17.00. Contenuti: miglioramento genetico, valutazione morfologica dei capi, servizi web per gestione allevamenti. Posti limitati. Adesioni entro 04/04, presso Uffici Coldiretti Asti, è prevista una quota di partecipazione di € 15.00 (comprensiva di trasporto e pranzo a base di panini c/o Anaborapi).


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Psr: speso sinora il 13,4% delle risorse Molise 10,6%; Piemonte 13,03%; Puglia 9,64%; Sardegna 18,35%; Sicilia 16,22%; Toscana 16,73%; Trento 21,66%; Umbria 18,57%; Valle d’Aosta 7,8% e Veneto 29,21%. Le percentuali di avanzamento della spesa fanno riferimento ai pagamenti effettuati e non tengono in considerazione delle “risorse impegnate” da parte delle Regioni sui Psr. Visto che molti bandi risultano avviati, occorre velocizzare l’istruttoria delle domande presentate dagli agricoltori per permettere l’avvio degli investimenti aziendali che possono contribuire al ricambio generazionale in agricoltura ed alla competitività. Inoltre, velocizzando le procedure dei Psr si potrà recuperare nella spesa degli stessi ed evitare il disimpegno delle risorse, ossia il ritorno a Bruxelles della quota

non spesa. L’Italia ha chiuso l’iter di approvazione dei suoi 23 programmi previsti per il periodo 2014-2020 (21 Regionali/Prov. Aut. e 2 Nazionali), il 24 novembre 2015, con l’ok definitivo della Commissione al Psr delle Regioni Puglia e della Regione Sicilia. La fase di attuazione delle Politiche di sviluppo rurale è ora, dunque, nel pieno della sua operatività con la pubblicazione da parte delle regioni dei bandi a valere sulla programmazione 2014-2020. Gli uffici Coldiretti sono a disposizione per ogni informazione del caso e per fornire assistenza per le opportunità previste. Si può anche scaricare l’APP TerraInnova ai seguenti link: http://www.terrainnova.it/scaricalapp-terrainnova/ e visita il sito http:// www.terrainnova.it/.

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li ultimi dati sullo stato di avanzamento della spesa di tutti i Programmi di sviluppo rurale 2014-2020 mostrano che, da inizio programmazione ad oggi, sono stati spesi complessivamente 2.803 milioni di euro pari a 1.377 milioni di euro di quota Feasr. In termini percentuali si tratta del 13,40% del totale. A tale percentuale di spesa si aggiungono gli importi versati a titolo di prefinanziamento pari al 3% del budget totale di ciascun Psr. Il livello di spesa risulta differenziato a livello territoriale come emerge dai dati di seguito riportati: Abruzzo 6,08%; Basilicata 8,8%; Calabria 18,44%; Campania 6%; Emilia-Romagna 15,90%; Friuli Venezia Giulia 4,25%; Lazio 8,34%; Liguria 3,98%; Lombardia 14,60%; Marche 7,04%;

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Piemonte nella media,Veneto al 29%, Abruzzo fermo al 6%


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Prevenzione incendi cisterne e distributori di combustibile Un decreto ministeriale ne definisce le regole tecniche per l’installazione e l’esercizio

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n data 6 dicembre 2017, il decreto ministeriale 22/11/2017, ha definito la nuova regola tecnica di prevenzione incendi per l’installazione e l’esercizio di contenitori-distributori, ad uso privato, per l’erogazione di carburante liquido di categoria C, cioè le cisterne fuori terra di liquido combustibile (come il gasolio) con capacità geometrica inferiore a 9 mc. Il provvedimento contempla specifiche esenzioni riguardanti in particolare le cisterne già esistenti alla data di entrata in vigore (5/gennaio 2018) già autorizzate (CPI o atti abilitativi SCIA) o in corso di progettazione secondo le procedure del D.P.R. 151/2011. Da una verifica effettuata con alcuni responsabili territoriali (aventi incarichi nazionali) dei Vigili del Fuoco, è stato confermato che l’esenzione, anche se non espressamente indicata, si applica inoltre ai serbatoi/distributori (con o senza erogatore) a servizio delle aziende agricole già esistenti al 5/ gennaio 2018 aventi capacità geometrica inferiore a 6 MC. Per tali tipologie infatti il DECRETOLEGGE 24 giugno 2014, n. 91 coordinato con la legge di conversione 11 agosto 2014, n. 116, li esonera in maniera perentoria dagli adempimenti previsti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1º agosto 2011, n. 151. Tale Decreto Legge ha valenza giuridica superiore al DM 22/11/2017 Regola tecnica, pertanto i serbatoi / distributori (con o senza erogatore) a servizio delle aziende agricole aventi capacità geometrica inferiore a 6 MC, se già esistenti al 5/gennaio 2018 rientrano tra gli esonerati dalla nuova regola tecnica e

continueranno a seguire la vecchia regola tecnica prevista dal DM90 ora abrogata. Risulterà fondamentale la detenzione di un documento di acquisto / fattura a dimostrazione agli organi di vigilanza della data di detenzione. Diversamente i serbatoi /distributori messi in servizio dalla data del 5 gennaio 2018 in poi, indipendentemente dalla capacità geometrica pur nel limite dei 9MC dovranno essere conformi alla Regola Tecnica di cui all’oggetto, anche se quelli utilizzati in agricoltura continueranno ad essere esonerati dalla richiesta di atti abilitativi (SCIA). Purtroppo i serbatoi / distributori (con o senza erogatore) aventi capacità geometrica superiore a 6 MC fino a 9MC, già esistenti al 5/gennaio 2018 per i quali non sono stati richiesti atti abilitativi (SCIA/CPI) non è prevista l’esenzione. Dovranno pertanto essere ricondizionati in conformità alla nuova regola tecnica. Principali requisiti previsti della nuova regola tecnica: 1. Capacità geometrica. Pur lasciando la capacita’ geometrica massima del contenitore-distributore fissata in 9 m³, viene chiarito che tale capacita’ puo’ essere ottenuta anche con piu’ contenitori-distributori la cui distanza reciproca deve essere almeno pari a 0,8 m. Nell’ambito di una attività possono essere installati piu’ depositi di distribuzione, nel rispetto della distanza di sicurezza interna, per una capacita’ complessiva non superiore a 45 m³. 2. Accesso all’area. Deve essere garantita la possibilita’ di avvicinamento dei mezzi dei VVFF

ai contenitori-distributori, per esigenze di soccorso. 3. Criteri di installazione e caratteristiche costruttive serbatoio. - A doppia parete e con sistema di monitoraggio continuo dell’intercapedine; - A parete singola - In tal caso il deposito di distribuzione dovra’ essere posizionato all’interno di un bacino di contenimento di capacita’ non inferiore al 110% del volume del deposito di distribuzione stesso, in grado di contenere le eventuali perdite dai serbatoi del deposito e di idonee caratteristiche meccaniche. 4. Dichiarazione di Conformità, marcature CE, Manuale d’istruzioni. 5. Installazione: i contenitori-distributori devono essere installati esclusivamente su spazio scoperto al di fuori delle zone in cui possono formarsi atmosfere esplosive. E’ vietata l’installazione su rampe carrabili, su terrazze e comunque su aree sovrastanti luoghi chiusi. Devono essere Installati in piano ed essere protetti da idonea difesa fissa atta ad impedire urti accidentali. I contenitori-distributori provvisti di bacino di contenimento devono essere dotati di tettoia di protezione dagli agenti atmosferici realizzata in materiale incombustibile ad eccezione del caso in cui siano inseriti in speciali box prefabbricato con idonee caratteristiche prescritte. Essere saldamente ancorati al terreno per evitare spostamenti durante il riempimento e l’esercizio.


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deposto di distribuzione sia superiore a 6 m³, deve essere garantita anche la presenza di un estintore carrellato con capacita’ estinguente non inferiore a B3, raggiungibile con un percorso effettivo non superiore a 20 m rispetto al contenitore-distributore piu’ lontano. 11. Rispetto di norme di esercizio e comportamentali- tra le quali la formazione del personale addetto al rifornimento. Esso deve essere adeguatamente formato sull’uso del contenitore-distributore e deve essere in grado di adottare le misure di lotta antincendio e gestione delle emergenze che possono verificarsi.

Pac 2018: tutte le domande vanno presentate in forma grafica

Confermata la scadenza del 15 maggio; il Caa Coldiretti pronto per gli anticipi

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uest’anno la Pac anticipa con il via alla presentazione delle domande negli sportelli del Caa Coldiretti. Nel 2018 l’attività per richiedere gli aiuti comunitari è stata avviata prima rispetto agli altri anni. L’Organismo Pagatore Agea ha già reso dunque disponibili gli applicativi per la presentazione della Domanda Unica 2018. La scadenza resta quella del 15 maggio, data entro la quale il richiedente gli aiuti deve aggiornare il fascicolo aziendale con la consistenza di tutta l’azienda, sia essa territoriale, zootecnica, o strutturale. Quest’anno, a conclusione del percorso iniziato nel 2016, tutte le domande devono essere presentate in forma grafica, obbligo che riguarderà anche le misure a superficie dello Sviluppo Rurale. In relazione all’avvio delle attività per la campagna 2018, sono disponibili sul Portale SIAN (Sistema Informativo Agricolo Nazionale) gli applicativi per la definizione grafica della con-

sistenza aziendale e la possibilità di predisporre i piani di coltivazione. Inoltre, dal 15 novembre 2017 sono disponibili anche le funzionalità per la presentazione delle domande grafiche relativamente a: domande uniche, domande per il regime dei piccoli agricoltori e domande di Indennità compensativa (Misura 13) dello Sviluppo Rurale (per le regioni che hanno pubblicato i relativi Bandi). Considerata l’apertura anticipata degli applicativi che consentono la presentazione delle domande, si raccomanda a tutti gli agricoltori di recarsi quanto prima possibile presso gli uffici del Centro di Assistenza Agricola Coldiretti presso il quale è stato conferito il mandato per l’aggiornamento del fascicolo aziendale e la predisposizione delle relative domande di aiuto. Anche quest’anno, le Imprese agricole che hanno presentato la Domanda Unica 2017, possono richiedere tramite gli uffici Caa Coldiretti, l’anticipazione del premio

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vigili del fuoco, da contattare in caso di emergenza, nonche’ il recapito telefonico della ditta eventualmente responsabile della gestione e della manutenzione del contenitore-distributore. Deve essere dotato di misure di sicurezza atte ad evitare l’accesso, da parte di estranei, ai dispositivi di sicurezza e controllo. 9. Impianto elettrico e messa a terra conforme. 10. Estintori: In prossimita’ di ogni contenitore-distributore deve essere garantita la presenza di almeno due estintori portatili con capacita’ estinguente non inferiore a 21A-89B. Nel caso in cui la capacita’ complessiva del

comunitario che sarà erogato da Agea (Agenzia per le Erogazioni in agricoltura). Grazie all’accordo stipulato tra Caa Coldiretti e Creditagri Italia, infatti, le Imprese interessate potranno accedere a finanziamenti bancari alle migliori condizioni di mercato, in virtù delle convenzioni stipulate tra Creditagri e le principali banche per facilitare l’accesso al credito delle Piccole e medie Imprese. Questa possibilità rappresenta un elemento distintivo ed esclusivo offerto dal Sistema Servizi Coldiretti che consente alle imprese socie di soddisfare le esigenze di credito a breve termine. Gli Uffici del CAA Coldiretti, dislocati su tutto il territorio nazionale, sono a disposizione per illustrare la normativa nel dettaglio, per l’assistenza e il supporto tecnico al rispetto degli adempimenti previsti. Visita il sito http://www.terrainnova. it/ e scarica l’App TerraInnova al seguente link http://goo.gl/7JBY1G.

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6. Distanze di sicurezza: 3,5, 10, 15mt a seconda delle variabili. Tali misure possono essere limitate fino alla metà se interposti elementi di separazione aventi caratteristiche di resistenza al fuoco EI 60 e con specifiche dimensioni. 7. Altre misure di sicurezza: Area di contorno serbatoio avente ampiezza non minore di 3 m, completamente sgombra da materiali di alcun genere e priva di vegetazione che possa costituire pericolo di incendio. 8. Segnaletica di sicurezza secondo D.Lgs.81/08 e s.m.i. ed apposito cartello fisso deve indicare le norme di comportamento e i recapiti telefonici dei


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Agricoltura di precisione sull’1% dei terreni

L’esempio di Bonifiche Ferraresi, la più grande azienda agricola d’Italia con 6.500 ettari di Sau

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ai sistemi gps all’utilizzo dei droni, dai sensori nei campi alle etichette intelligenti fino ai sistemi di avanguardia nella produzione ecocompatibile il mercato dell’agricoltura di precisione in Italia vale circa cento milioni di euro anche se ad oggi interessa solo l’1% della superficie agricola coltivata. E’ quanto afferma Coldiretti, che alla Fieragricola di Verona ha organizzato un incontro sull’innovazione, nel Forum Eurocarne. Quello dell’agricoltura di precisione è un fenomeno destinato ad esplodere nel prossimo decennio con i vantaggi dell’agricoltura 4.0 che sono evidenti nell’ottimizzazione dell’efficienza produttiva e qualitativa; riduzione dei costi aziendali; minimizzazione degli impatti ambientali, con risparmi in termini di utilizzo di sementi, fertilizzanti, agrofarmaci, acqua di irrigazione, carburanti, lubrificanti. Si riesce a stabilire con esattezza quanta acqua e quante sostanze nutritive servono per una determinata coltura, qual è la giusta razione alimentare per un animale, ma anche eliminare infestanti attraverso interventi mirati, prevenire patologie, migliorare la resa delle coltivazioni e la stessa qualità dei prodotti, oltre a rendere più facile il lavoro. + Come è stato possibile verificare direttamente nello stand della Coldiretti in Fiera, in questa nuova sfida l’Italia può contare sul sistema dei Consorzi agrari che è già il riferimento di 300mila

Un’immagine dell’azienda Bonifiche Ferraresi

aziende diffuse capillarmente su quasi tutto il territorio con circa 1300 recapiti, comprese le aree più difficili, ed ha esteso l’operatività, dall’innovazione tecnologica ai contratti di filiera, dalle agroenergie al giardinaggio, dalla fornitura dei mezzi tecnici alla salvaguardia delle sementi a rischio di estinzione. Un esempio di sviluppo dell’agricoltura di precisione in Italia è rappresentato dalla collaborazione dei Consorzi con l’esperienza di Bonifiche Ferraresi, la più grande azienda agricola d’Italia con 6.500 ettari di sau e l’unica quotata in Borsa. L’azienda che ha implementato i metodi e le pratiche dell’agricoltura di precisione su tutti i suoi terreni dalla terra al raccolto. Inoltre ha realizzato una stalla da ingrasso per 5 mila capi dove vengono alimentati interamente dalle produzioni aziendali. L’obiettivo è introdurre sistemi digitali altamente tecnologici all’interno dei processi produtti-

vi e tecnologie moderne finalizzate ad ottenere l’aumento della produttività accompagnata, però, dalla riduzione dei costi e da un aumento della sostenibilità ambientale. Le opportunità offerte dall’agricoltura 4.0, con l’utilizzo dei Big Data Analytics e del cosiddetto “Internet delle cose” rischiano però spesso di non poter essere colte a causa dei ritardi nell’espansione della banda larga nelle zone interne e montane. “Esiste purtroppo un pesante “digital divide” tra città e campagna dove le nuove tecnologie sono uno strumento indispensabile per far esplodere le enormi risorse che il territorio può offrire” spiega il presidente nazionale Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare “l’importanza di estendere la banda larga e le nuove tecnologie nelle aree rurali a sostegno delle imprese e dei cittadini che in misura crescente scelgono di vivere lontano dalle città”.


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Usucapione dei terreni espropriati

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razione di una zona comunale a vincolo paesaggistico o archeologico non è sufficiente a far ritenere di interesse archeologico qualsiasi bene ricadente nell’area. Inoltre, l’area che sia dichiarata

zona N del Comune, cioè destinata a verde pubblico, non fa rientrare automaticamente il fondo nel patrimonio indisponibile dell’ente locale. L’indisponibilità di un bene è legata alla sua necessaria funzionalità pubblica. E se non viene utilizzato per lo svolgimento di alcun servizio pubblico il vincolo dell’indisponibilità viene meno. La dichiarazione di pubblica utilità e la destinazione indicata nel piano regolatore (Prg) non sono altro che attività programmatica. Così come la lottizzazione e la relativa convenzione, fino alla concreta realizzazione delle attività o delle opere pubbliche.

Via libera all’uso d’emergenza del fluopyram

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Fino al 28 maggio 2018, contro i nematodi della carota

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l Ministero della Salute ha autorizzato l’uso d’emergenza del fluopyram sulla carota per la lotta ai nematodi galligeni e cisticoli. I trattamenti sono consentiti dal 29 gennaio al 28 maggio 2018. Il prodotto ha una funzione importante nella strategia di difesa fitosanitaria della carota in quanto negli ortaggi da radice diverse specie di nematodi danneggiano direttamente il prodotto. I sintomi possono variare da una crescita inibita fino a radici pelose o biforcute. In caso di una forte pressione d’infestazione, le giovani piante possono deperire completamente con un danno economico rilevante per l’agricoltore.

In Italia, attualmente, si producono secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat, 5.188.322 quintali di carote per una superficie coltivata pari a 10.975 ettari. In molte aree agricole la carota costituisce una varietà diffusa, rappresentando una fonte di reddito molto importante per le imprese agricole. E’ stato inoltre autorizzato anche l’Aureobasidium pullulans come estensione d’impiego su fragola per combattere l’avversità Botrytis cinerea in agricoltura biologica. I trattamenti possono essere effettuati dall’8 febbraio al 7 giugno 2018. Si tratta di un prodotto biologico a base di Aureobasidium pullulans, ceppi DSM 14940 e DSM 14941, in formulazione in granuli disperdibili in acqua

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a Cassazione con ordinanza n.20442 /2017 del 28/08/2017 si è occupata della possibilità di far scattare l’usucapione sui terreni espropriati dallo Stato o dal Comune e la risposta è stata positiva. In buona sostanza, benché ci sia stato un esproprio per «pubblica utilità», il privato che utilizza il bene passato alla pubblica amministrazione, e lo fa pubblicamente, atteggiandosi come se fosse il proprietario, diventa nuovo titolare del bene. Secondo la Cassazione è possibile l’usucapione ,dell’immobile espropriato ,da soggetto diverso dall’ex proprietario se alla dichiarazione di pubblica utilità non segue il concreto utilizzo o la realizzazione delle opere necessarie da parte dell’ente espropriante. Perché però scatti l’usucapione sono necessari due presupposti fondamentali: • un utilizzo del bene che dimostri la volontà del possessore di comportarsi come se fosse il proprietario. • il decorso di 20 anni dal primo comportamento di cui al punto precedente. Nel corso del ventennio il legittimo proprietario non deve aver mai rivendicato la proprietà con un’azione giudiziale o anche con la notifica di una citazione. Non possono essere oggetto di usucapione gli immobili acquisiti al demanio pubblico, cioè beni non commerciabili e non acquisibili da terzi, perché oggetto di un precedente provvedimento di esproprio per pubblica utilità. Tuttavia, secondo la Cassazione, la dichia-

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Vale anche contro gli Enti per la pubblica utilità


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C

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