Spedizione in abbonamento postale -45% Poste Italiane Spa – Spedizione in A.P. D.L. 353/03 (Conv. 27/02/04 L. 46) Art. 1 comma 1, DCB Asti. Numero 7 Anno 2018 - In caso di mancato recapito rinviare all'Ufficio P.T. 14100 Asti CPO detentore del conto, per la restituzione al mittente che si impegna a pagare il relativo importo
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67° Periodico della Federazione Provinciale COLDIRETTI
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Ufficiale: il Governo annuncia lo stop al CETA
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11 Paesi su 28 ossia Danimarca, Lettonia, Estonia, Lituania, Malta, Spagna, Portogallo, Croazia, Repubblica Ceca, Austria e Finlandia. Per l’Italia l’opposizione è giustificata dal fatto che con il Ceta per la prima volta nella storia l’Unione Europea legittima in un trattato la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele, ma sarà anche liberamente prodotto e commercializzato dal Canada il Parmigiano Reggiano
con la traduzione di Parmesan. La svendita dei marchi storici del Made in Italy agroalimentare non è solo un danno sul mercato canadese ma si è dimostrata essere soprattutto un pericoloso precedente nei negoziati con altri Paesi, dal Giappone al Messico, dall’Australia alla Nuova Zelanda fino ai Paesi del Sudamerica (Mercorsur) che sono stati così autorizzati a chiedere lo stesso tipo di concessioni. Secondo la Coldiretti su un totale di 292 denominazioni italiane riconosciute, ben 250 non godono di alcuna tutela nel trattato. Il Ceta prevede l’azzeramento strutturale dei dazi per l’importazione dal Canada del grano dove peraltro viene fatto un uso intensivo di glifosato nella fase di pre-raccolta, vietato in Italia. E pesa anche l’impatto di circa 50.000 tonnellate di carne di manzo e 75.000 tonnellate di carni suine a dazio zero da un Paese dove si utilizzano ormoni della crescita vietati in Italia. Periodico Ufficiale di Coldiretti Asti
Direzione, Redazione, Amministrazione: 14100 ASTI Corso Felice Cavallotti, 41 Tel. 0141.380.400 - Fax 0141.355.138 e-mail: stefano.zunino@coldiretti.it www.coldiretti.it Anno 67° numero 7 - Luglio 2018 Stampa Artigrafiche M.A.R. Reg. Trib. di Asti n.44 del 20-04-1949
Direttore Resp.: Antonio Ciotta Vice Direttore: Stefano Zunino Pubblicità: Impresa Verde Asti srl Tel. 0141.380.400 Tel. 335.471017 Abbonamento annuale: Euro 10,00
Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana
Chiusura Uffici Estate 2018 - Da lunedì 13 a domenica 19 agosto Anche quest’anno, per la stagione estiva, gli uffici di Coldiretti Asti osserveranno un breve periodo di chiusura nei giorni a cavallo del Ferragosto. Esattamente da lunedì 13 agosto a domenica 19 agosto, sia gli uffici provinciali che di zona e recapito rimarranno chiusi. L’attività riprenderà regolarmente da lunedì 20 agosto. In caso di urgenze ed esigenze particolari è comunque garantita l’assistenza agli associati componendo i numeri telefonici seguenti: 335.7502083 Servizio tecnico; 335.7502090 Servizio previdenziale infortuni sul lavoro; 335.7502067 Servizio fiscale e tributario;
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335.7502082 Servizio paghe, assunzioni; 335.7502078 Assistenza tecnica viticola; 335.7502064 - 335.7502060 Emergenze particolari.
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La decisione di non ratificare il trattato di libero scambio con il Canada (Ceta) è una scelta giusta di fronte ad un accordo sbagliato e pericoloso per l’Italia contro il quale si è sollevata una vera rivolta popolare che ci ha visti protagonisti su tutto il territorio nazionale dove hanno già espresso contrarietà 15 regioni, 18 province 2500 comuni e 90 Consorzi di tutela delle produzioni a denominazioni di origine”. E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nell’esprimere soddisfazione per le dichiarazioni del Ministro delle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio che ha annunciato l’intenzione del Governo di chiedere al Parlamento di non ratificare il trattato Ceta e gli altri accordi simili, come del resto previsto nel contratto di governo. Nel Parlamento uscito dalle urne c’è peraltro una ampia maggioranza assoluta trasversale contraria al trattato, afferma la Coldiretti che è stata protagonista della mobilitazione No Ceta sul territorio nazionale insieme ad una inedita alleanza tra diverse organizzazioni Coldiretti, Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food International, Federconsumatori, Acli Terra e Fair Watch. L’accordo è entrato in vigore in via provvisoria il 21 settembre 2017 in attesa di essere ratificato da tutti i Parlamenti degli Stati membri dell’Ue ma al momento, per le forti opposizioni, si sono espressi solo
Attualità
Contrario alla ratifica del trattato Unione Europea e Canada
Verso il ritorno dei voucher, Ceta mai più All’Assemblea nazionale Coldiretti Di Maio e Centinaio hanno accolto le richieste del settore
Azioni sindacali
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stato un confronto importante quello vissuto il 13 luglio scorso a Roma nel corso dell’Assemblea nazionale Coldiretti con il vicepremier e ministro del Lavoro Luigi Di Maio e il ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio. Presenti anche il presidente di Coldiretti Asti, Marco Reggio, e il direttore Antonio Ciotta, ai quali premeva inanzitutto capire quali potessero essere i tempi per riavere eventualmente la possibilità di utilizzare i voucher già da questa vendemmia. Sotto il pressing del presidente nazionale, Roberto Moncalvo, le aperture dei rappresentanti del Governo ci sono state, un po’ su tutta la linea tracciata da Coldiretti. VOUCHER SUBITO PER L’AGRICOLTURA Ricordiamo che furono gli astigiani ad inventare e a proporre i buoni lavoro in via sperimentale per il settore agricolo. Introdotti nel 2008, via via furono allargati a tutti i settori, per poi essere aboliti, per timore di un referendum. Il 15 giugno scorso al Villaggio Coldiretti a Torino Centinaio e Salvini riaprirono la possibilità di reintrodurli per l’agricoltura e il turismo. D’altra parte il settore primario ha dimostrato di non farne abuso, anche nel momento del loro massimo fulgore, i voucher utilizzati furono meno del 2% del totale. Anche perché nelle campagne i beneficiari restano circoscritti a disoccupati, cassintegrati, pensionati e giovani studenti, tra l’altro impiegati esclusivamente in attività stagionali. “Ora occorre fare presto – ha sollecitato Moncalvo in assemblea perché circa la metà dei voucher in agricoltura viene impiegata per la
Luigi Di Maio
Gian Marco Centinaio
Antonio Ciotta
Marco Reggio
vendemmia che quest’anno parte con gli inizi di agosto mentre sono già in piena attività le raccolte di ortaggi e frutta”. Luigi Di Maio si è presentato in assemblea dopo aver praticamente già dato l’assenso ai voucher, in mattinata infatti aveva rilasciato un’intervista alla trasmissione “Agorà” di Rai 3 confermando l’apertura: “Se si vogliono reintrodurre i voucher per pagare giovani e meno giovani a me non va bene, se invece si vogliono reintrodurre in specifici settori come l’agricoltura e in specifiche mansioni che non prevedono lo sfruttamento di chi vuole lavorare nel settore, allora vanno bene. Ho parlato con il ministro Centinaio, abbiamo detto reintroduciamoli in agricoltura e facciamo una riflessione sul turismo”. E Coldiretti, per fugare ogni dubbio, ha già divulgato un sondaggio realizzato con Ixe’ da cui emerge come il 68% dei giovani italiani sarebbe disponibile a partecipare alla vendemmia o alla raccolta della frutta.
CETA: SARÀ RESPINTO E NON SUCCEDERÀ PIÙ Dopo l’entrata in vigore in forma provvisoria il 21 settembre 2017 dell’accordo di libero scambio con l’Unione Europea (Ceta), che avrebbe dovuto frenare le imitazioni e migliorare l’accesso al mercato, ad aumentare è stata solo la falsificazione dei formaggi italiani presenti su quel mercato. Nei primi tre mesi del 2018 sono stati prodotti in Canada ben 3 milioni di chili di falso Parmigiano Reggiano (Parmesan), 2,3 milioni di ricotta locale, 970mila chili di Provolone taroccato senza dimenticare che ci sono addirittura 36,1 milioni di chili di mozzarella e ben 68mila chili di un non ben identificato formaggio Friulano. “Si tratta – ha sottolinea il presidente Moncalvo - di una prima, ma significativa analisi sulla mancata protezione dei marchi Made in Italy da parte dell’accordo di libero scambio siglato dall’Unione Europea con il Canada ma che l’Esecutivo ha giustamente intenzione di chiedere al
FUORILEGGE 1 PRODOTTO IMPORTATO SU 5 Nella sua relazione all’Assemblea, il presidente Moncalvo ha rimarcato come il dibattito sul “libero commercio” sia stato riaperto, seppure in modo scomposto, dal presidente Usa Donald Trump, imponendo importanti riflessioni. Nel corso di questi anni, si è sempre più dissociata l’idea di un commercio “equo”, che tenesse conto del rispetto di regole condivise sul piano ambientale, della tutela sociale dei lavoratori e della sicurezza dei cittadini. Arrivano purtroppo anche in Italia i prodotti ottenuti dallo sfrutta-
mento del lavoro dei 108 milioni di bambini nelle campagne censiti dalla Fao, secondo la quale quasi la metà di tutto il lavoro minorile del mondo avviene in Africa, seguita da vicino dall’Asia, ma rilevante è anche in Sudamerica, aree dalle quali l’Italia importa ingenti quantità di prodotti agricoli ed alimentari che arrivano sulle nostre tavole. Quasi un prodotto agroalimentare su cinque che arriva in Italia dall’estero – ha denunciato Moncalvo - non rispetta le normative in materia di tutela della salute e dell’ambiente o i diritti dei lavoratori (a partire da quella sul caporalato) vigenti nel nostro Paese, dal riso asiatico espropriato alle minoranze Rohingya vittime di un vero genocidio, alle conserve di pomodoro cinesi prodotte con il lavoro dei detenuti, dall’ortofrutta sudamericana coltivata con il lavoro minorile a quella africana ottenuta con pesticidi vietati in Europa da decenni fino ai fiori del Kenya con lavoratori sottopagati e senza diritti. Il commercio dunque è “libero” ma ahimè è ben lontano dall’essere “equo” e sul piano politico l’Unione Europea dovrebbe acquisire un nuovo protagonismo per promuovere regole sul commercio globale che non tengano conto solo del fattore economico ma anche del rispetto dei diritti sul lavoro della tutela dell’ambiente e della salute, anche con l’annunciata riforma del Wto.“Dobbiamo peraltro essere consapevoli – ha denunciato Mon-
calvo - che tutto ciò accade spesso grazie alla regia e alle norme sancite dagli accordi bilaterali o multilaterali di libero scambio. Stiamo pensando ad esempio al negoziato in corso con i Paesi del Mercosur che prevede l’arrivo di grandi quantitativi di carne bovina dai paesi sudamericani, paesi che non rispettano gli standard produttivi e di tracciabilità oggi vigenti in Italia e nel Vecchio Continente come dimostra il più grande scandalo mondiale sulla carne avariata che meno di un anno fa ha coinvolto proprio i principali produttori brasiliani; senza considerare le condizioni favorevoli che sono state concesse al Marocco per pomodoro da mensa, arance, clementine, fragole, cetrioli, zucchine, aglio, olio di oliva, all’Egitto per fragole, uva da tavola, finocchi e carciofi, oltre all’olio di oliva dalla Tunisia dove non valgono certamente gli stessi standard produttivi, sociali ed ambientali vigenti in Italia. Serve quindi ripensare dalle radici non solo le regole, ma in primo luogo i principi fondativi del libero commercio perché è necessario – ha concluso Moncalvo - che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro tutti gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una giusta distribuzione del valore per chi produce e per chi consuma.
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Parlamento di non ratificare, come del resto previsto nel contratto di governo. Una conferma di un accordo sbagliato e pericoloso per l’Italia contro il quale si è sollevata una vera rivolta popolare che ci ha visti protagonisti su tutto il territorio nazionale dove hanno già espresso contrarietà al Ceta ben 15 regioni, 18 province 2500 comuni e 90 Consorzi di tutela delle produzioni a denominazioni di origine”. Una critica colta al volo dal ministro Di Maio, che nel suo intervento all’assemblea ha sottolineato: “Il Ceta dovrà arrivare in aula per la ratifica e questa maggioranza lo respingerà. Se anche uno solo dei funzionari italiani che rappresentano l’Italia all’estero continuerà a difendere trattati scellerati come il Ceta, sarà rimosso”.
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Stop alla delocalizzazione delle attività agroalimentari Il decreto dignità vuole evitare la concorrenza sleale
Difesa del Made in Italy
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’impegno a frenare la delocalizzazione delle attività produttive è determinante per l’agroalimentare dove troppo spesso dietro marchi italiani si nascondono prodotti ottenuti all’estero che fanno concorrenza sleale a quelli nazionali. È quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo, nell’esprimere apprezzamento per le misure antidelocalizzazione annunciate con il Dl Dignità dal vicepremier Luigi Di Maio. Si tratta di vincoli – ha sottolineato Moncalvo - che devono valere anche e soprattutto per le cooperative che hanno come mission la valorizzazione del lavoro dei propri soci e non devono ricevere contributi pubblici per poi avventurarsi in discutibili attività produttive all’estero. Una misura per sostenere il legame delle produzioni con il territorio e difendere - ha precisato Moncalvo l’economia, l’occupazione e lo sviluppo locale, che ha un valore speciale per gli alimenti le cui caratteristiche dipendono decisamente dai luoghi di allevamento e coltivazione. A preoccupare l’agroalimentare è infatti soprattutto la delocalizzazione all’estero degli approvvigionamenti, che prima riguarda i
Roberto Moncalvo con le etichette obbligatorie del latte
prodotti agricoli per poi estendersi agli impianti industriali alimentando un circolo vizioso che rischia di far perdere all’Italia un sistema produttivo che genera ricchezza, occupazione e salvaguardia ambientale. Per difendere l’autentico Made in Italy occorre però - ha sostenuto Moncalvo - anche continuare con decisione sulla strada della trasparenza estendendo l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti per consentire di fare scelte di acquisto consapevoli ai consumatori. L’Italia - ha concluso Moncalvo - ha sviluppato una
legislazione nazionale che la pone all’avanguardia in Europa con i decreti sull’indicazione di origine in etichetta per il latte e i formaggi, il riso, la pasta di grano duro i derivati del pomodoro che sono vigenti e pienamente applicabili fino al 31 marzo 2020 ma molto resta da fare per contrastare le resistenze e superare l’atteggiamento incerto e contradditorio dell’Unione Europea che obbliga ad indicare l’etichetta l’origine per la carne fresca, ma non per quella trasformata in salumi, per la frutta fresca, ma non per i succhi o le marmellate.
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Gherardo Colombo nuovo presidente Ue.Coop. Alla guida di quattromila realtà con oltre 600 mila soci in Italia
cutiva nazionale di Ue.Coop vede come vice presidenti eletti: dal Veneto Paolo Bedoni della Cattolica Assicurazioni, importante compagnia italiana del comparto assicurativo e previdenziale, dalla Puglia Angelo Maci della Cantina Due Palme, una delle più affermate realtà italiane del vino, dal Lazio Enrico Luciani della Compagnia Portuale di Civitavecchia, strategico punto logistico commerciale italiano e dall’Emilia Romagna Claudio Gallerani di Coprob, cooperativa leader nel settore dello zucchero. In giunta entrano poi: dalle Marche Maria Letizia Gardoni per la cooperativa sociale Albero delle Coccole, dal Lazio Sara Nardini della coop sociale Risorse, dalla Sicilia Francesco Ferreri della FCM Consulting per il settore lavoro, dal Piemonte Giuseppe Avolio della FIR (Filiera italiana riso), David Granieri della OP Latium del Lazio. Primo Barzoni di Palm & Work della Lombardia, Ettore Prandini della cooperativa La Vanga della Lombardia e Roberto Moncalvo della Agricoltori Consapevoli e presidente nazionale della Coldiretti.
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modo per trasformare in un business delle migrazioni il contributo essenziale che la cooperazione può dare all’accoglienza e all’integrazione. Dedicheremo particolare attenzione anche alle relazioni tra le associazioni e il servizio revisione. Riteniamo infatti essenziale che il rapporto tra il Controllore (Associazione di rappresentanza) e il Controllato (Cooperativa) si svolga nel più corretto e funzionale dei modi, per evitare che conflitti o collateralità di interessi tollerino o addirittura favoriscano l’ insinuarsi di pratiche illegali” ha continuato Colombo nel chiedere “alle autorità competenti di verificare anche se i Fondi mutualistici alimentati dal versamento del 3% degli utili delle cooperative sono utilizzati solo ed unicamente per le finalità di Legge.“ Quello che Ue.Coop vuole - ha concluso Colombo – è una cooperazione rispettosa dei canoni della Costituzione, la nostra prima legge, e perciò diretta a contribuire, anche attraverso la solidarietà, alla piena realizzazione della persona e della sua libertà”. La composizione della giunta ese-
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herardo Colombo, ex giudice della Corte di Cassazione, storico componente del pool di Mani Pulite e magistrato protagonista di importanti inchieste della storia repubblicana, dalla P2 all’omicidio Ambrosoli, è il nuovo Presidente nazionale di Ue.Coop – Unione Europea delle Cooperative, la centrale cooperativa nata per segnare una forte discontinuità rispetto al vecchio mondo della cooperazione. L’elezione è avvenuta all’unanimità, il 27 giugno scorso, da parte dei delegati delle 4.000 cooperative associate che operano in tutte le categorie, con oltre 600 mila soci, dislocate in tutte le Regioni del Paese nel corso dell’Assemblea a Roma al Palazzo Rospigliosi sede della Coldiretti. Ue.Coop intende rilanciare in Italia un sistema cooperativo che rispetti le regole fondamentali di mutualità, solidarietà e trasparenza al servizio dei soci e della comunità. “Attraverso l’incarico di Presidente di Ue.Coop – ha dichiarato Gherardo Colombo – metto a disposizione delle realtà associate a Ue.Coop la mia esperienza istituzionale e il mio impegno nell’ottica della difesa della legalità e delle regole. Il mio ruolo in Ue.Coop sarà anche quello di garantire i valori che contraddistinguono un modello di vera cooperazione in grado di dare un contributo reale alla soluzione dei problemi del Paese: dal lavoro ai migranti, dallo sviluppo economico al welfare.” Per questo - ha precisato Colombo - denunceremo e contrasteremo con forza la strumentalizzazione della cooperazione come sistema per risparmiare abusivamente sul costo del lavoro e sulla qualità dei servizi o come
Carne alla riscossa: i consumi aumentano del 5% Il prodotto nazionale torna ai livelli di sei anni fa, 79kg a testa
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torica inversione di tendenza con l’aumento di oltre il 5% della spesa delle famiglie italiane per la carne nel 2018, il valore più alto degli ultimi sei anni che avevano fatto registrare un brusco calo dei consumi. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti su dati Ismea relativi al primo trimestre del 2018. L’aumento dei consumi riguarda tutte le diverse tipologie di carne da quella di pollame (+4%) a quella di maiale (+4%) fino a quella bovina (+5%) che fa registrare il maggior incremento nel primo trimestre rispetto all’anno precedente, in un quadro di sostanziale stagnazione della spesa alimentare (+1,4%). Il consumo medio annuo in Italia di carne (pollo, suino, bovino, ovino) è sceso ai livelli di 79 chilogrammi pro-capite, tra i più bassi in Europa dove i danesi sono a 109,8 chilogrammi, i portoghesi a 101 chilogrammi, gli spagnoli a 99,5 chilogrammi, i francesi e i tedeschi a 85,8 e 86 chilogrammi. E la situazione non cambia se il confronto viene fatto a livello internazionale visto che, secondo il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, nel 2018 il consumatore medio americano mangerà 222,2 chili tra carne rossa e pollame. Nel Belpase si assiste ad una decisa
svolta verso la qualità con il 45% degli italiani che privilegia quella proveniente da allevamenti italiani, il 29% sceglie carni locali e il 20% quella con marchio Dop, Igp o con altre certificazioni di origine secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’. Vola, infatti, il consumo di bistecca “Doc” con un balzo del 20% nel numero di animali di razze storiche italiane allevati negli ultimi 20 anni sulla base delle iscrizioni al libro genealogico. La domanda di qualità e di garanzia dell’origine ha portato ad un vero boom nell’allevamento delle razze storiche italiane da carne che, dopo aver rischiato l’estinzione, sono tornate a ripopolare le campagne dagli Appennini alle Alpi. La razza piemontese con lo storico riconoscimento comunitario dei “Vitelloni Piemontesi della Coscia” a Indicazione Geografica Protetta (Igp) è la più diffusa e può contare su oltre 315mila capi mentre sono più di 52mila quelli di razza marchigiana, quasi 46mila di chianina, 12mila di romagnola, 11mila di maremmana e più di 35mila di podolica per un totale di oltre 472mila animali allevati. Un patrimonio consolidato anche grazie a iniziative di valorizzazione messe in campo dagli allevatori, con l’adozione di forme di alimentazione controllata, disciplinari di alle-
vamento restrittivi, sistemi di rintracciabilità elettronica e forme di vendita diretta della carne da parte degli allevatori attraverso le fattorie e i mercati di Campagna Amica. Le carni nazionali sono più sane, perché magre, non trattate con ormoni (a differenza di quelle americane) e ottenute spesso nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione che assicurano il benessere e la qualità dell’alimentazione degli animali. Il risultato è una vera rivoluzione nell’offerta di carne in Italia che si estende dalle macellerie ai supermercati, dallo street food alle hamburgherie, fino all’arrivo della carta delle carni nei menu proposti dai ristoranti più prestigiosi. La conoscenza delle caratteristiche specifiche dei diversi tipi di carne è diventato un valore aggiunto che arricchisce l’offerta enogastronomica nella ristorazione. “Una domanda di trasparenza che va soddisfatta estendendo l’obbligo di indicare la provenienza sulle tavole della diverse forme della ristorazione fuori casa dove ormai si concentra oltre 1/3 dei consumi alimentari” conclude il presidente nazionale Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “l’obbligo dell’etichetta di origine per la carne vige al momento solo per il commercio al dettaglio”.
2 italiani su 3 dicono addio alla dieta vegana
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ue italiani su tre dicono addio all’alimentazione vegana abbandonata da oltre un milione di cittadini che sono tornati a consumare carne, latte o uova nel 2018. Gli italiani che hanno scelto uno stile alimentare vegan rappresentano nel 2018 appena lo 0,9% del totale rispetto al 3% dello scorso anno, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Eurispes. Le diete vegane
escludono dall’alimentazione la carne di qualsiasi animale e tutti i prodotti di origine animale, dai formaggi alle uova, dal burro allo yogurt, dalla panna al gelato, dal latte al miele. All’interno della dieta vegana basata su cereali, legumi, verdura e frutta sono nate correnti di pensiero alimentare ancora più estremiste come i fruttariani (che mangiano solo frutta caduta dagli alberi, ma escludono limoni, kiwi e ananas), i melariani (che si nutrono solo di mele), i fruttariani crudisti (che ingeriscono solo frutta non cotta e non condita). Ad oggi sono rimasti quindi circa 460mila gli italiani che seguono
queste diete restrittive tra i quali a prevalere per oltre i 2/3 sono le donne (68%) ed i giovani, con la percentuale che sale al 2% tra quelli di età compresa tra i 18 ed i 24 anni, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Eurispes. Una scelta sul cui giudizio l’Italia è divisa in due con il 49,4% che la ritiene radicale, fanatica e segnata dall’intolleranza mentre il resto pensa che sia una opzione rispettabile ed anche ammirevole A spingere le convinzioni alimentari sono però spesso le fake news che rimbalzano sui social dove non è difficile trovare che mangiare carne, latte o uova faccia sempre male o che chi è intollerante al
lattosio non deve mangiare nessun formaggio, tra le bufale alimentari virali in rete. Invece non esiste nessuno studio che provi che mangiare carne anche in giuste quantità sia dannoso per la salute mentre al contrario, i vantaggi di una dieta completa che la includa sono scientificamente indiscussi. Se ne può fare a meno integrando la sua mancanza con altri prodotti animali, come uova in primis, latte e derivati, e in alcuni casi assumendo integratori di vitamine e minerali. “Serve educazione e buon senso e soprattutto rispetto per tutti i diversi stili alimentari ai quali l’agricoltura italiana può offrire grandi opportunità di scelta grazie ai primati conquistati nella qualità e nella biodiversità” ha affermato il presidente nazionale Coldiretti Roberto Moncalvo nel ricordare che “proprio il rispetto dei principi della dieta mediterranea ha garantito fino ad ora all’Italia una speranza di vita da record a livello mondiale di 82,8 anni, 85 per le donne e 80,6 per gli uomini.
Controtendenza
La applica lo 0,9% degli italiani, l’anno scorso erano il 3%
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6 Enti pubblici su 10 pagano in ritardo
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n Italia 6 enti pubblici su 10 pagano in ritardo con tempi che possono superare i 700 giorni sulla scadenza delle fatture mettendo a rischio bilanci e sopravvivenza delle aziende, che spesso devono chiudere. E’ quanto emerge da un’elaborazione dell’Unione europea delle cooperative Uecoop su dati Mef in relazione alla necessità di sbloccare i tempi di pagamento della Pubblica Amministrazione. Il numero delle fatture pagate in
ritardo ha toccato quota 16 milioni per un importo che supera i 77 miliardi di euro – spiega Uecoop - una vera e propria patologia degli enti pubblici, da nord a sud della Penisola, per la quale è necessario trovare subito delle soluzioni concrete come accordi con il mondo del credito e tavoli di confronto con gli enti pubblici per le situazioni più gravi. Le cooperative – sottolinea Uecoop – non possono più fare da banca per anticipare ai propri soci lavo-
ratori stipendi e contributi mettendo a rischio la tenuta dei bilanci e la propria sopravvivenza e per questo è strategico trovare con la Pubblica Amministrazione meccanismi per rendere più efficiente il sistema dei pagamenti a livello locale e nazionale. Mentre con il sistema bancario – conclude Uecoop – si possono valutare soluzioni che permettano alle cooperative di utilizzare anticipazioni di credito a condizioni favorevoli.
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Ue.Coop denuncia il malcostume della pubblica amministrazione
Il successo dell’Antica Fiera di San Desiderio La carne bovina del Vitellone Piemontese della Coscia è stata protagonista
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e negli anni, anzi nei secoli, si fosse sempre disputata, ora saremmo alla 184° edizione. L’Antica Fiera della Razza Piemontese di San Desiderio, secondo gli storici, fu istituita da parte di Re Carlo Alberto, nel 1834. Una tradizione che si è rinnovata domenica 22 luglio, ai piedi della bellissima pieve romanica sita nel comune di Monastero Bormida, paese che dette i natali ad Augusto Monti. Una location che non ha temuto il caldo torrido della giornata estiva, grazie alla consueta brezza che dal mare si insinua fra gli appennini e le alpi baciando queste incantevoli colline della Langa dell’Astigiano. Un leggero refrigerio salutare anche per gli animali, un centinaio fra adorabili vitellini appena nati, vitelli e vitelle, e mastodontici buoi dal muggito impetuoso, sistemati nel boschetto sottostante la chiesetta. Organizzata dal Gruppo Giovani Allevatori di Monastero, capitanati da Danilo Merlo (che è anche delegato provinciale e regionale di Giovani Impresa Coldiretti Asti), la Fiera ha coinvolto tutte le principali istituzioni provinciali e regionali. Per gli allevatori è stato un momento di confronto importante, arricchito anche da un “laboratorio del gusto” condotto con sagacia dal veterinario Fausto Solito mettendo a confronto la razza bovina Piemontese con altre razze anche straniere, con tanto di degustazione comparata delle carni rigorosamente crude. Sicuramente, chi ha visitato la fiera, non si è annoiato, andando alla scoperta delle tipicità capeggiate dalle Robiole Roccaverano, godendosi “in diretta” l’antica trebbiatura, magari provando l’ebrezza di andare a cavallo o semplicemente ascoltando i cantastorie e i fisarmonicisti. Si conta che l’Indicazione Geografica Protetta, l’Igp Vitellone Piemontese, possa diventare presto una realtà, ha
Da sinistra: Marco Reggio, Fausto Solito, Franco Serra, Gianfranco Torelli, Tiziano Valperga, Giorgio Ferrero e Danilo Merlo
sottolineato l’assessore regionale all’Agricoltura, Giorgio Ferrero. Fra gli argomenti più discussi tra gli allevatori, anche con un breve dibattito, l’applicazione del’IGP, l’Indicazione Geografica Protetta Vitellone Piemontese della Coscia e le peculiarità dei piccoli allevamenti locali. In particolare sono intervenuti Franco Serra e Tiziano Valperga dell’Arap, Stefano Pozzetti nutrizionista del Consorzio Agrario delle Province del Nord Ovest, Massimo Pasciuta presidente dell’Ordine dei Veterinari di Asti, Marco Reggio presidente Coldiretti Asti e l’assessore regionale all’Agricoltura Giorgio Ferrero. Il sindaco di Monastero Bormida, Luigi Gallareto, ha provveduto alle premiazioni di quanti hanno collaborato alla buona riuscita della fiera e si sono impegnati ad arric-
chire la presenza di animali, a cominciare dai piccoli animali da compagnia portati dai bambini. Per quanto riguarda invece la mostra bovina, per la categoria buoi è stato premiato Danilo Merlo, per i manzi Roberto Garbarino, per la categoria vacche il premio è andato all’allevatrice Anna Maria Susenna. Riconoscimenti anche per le macellerie che si sono presentate in massa per acquisire i capi migliori. Come ogni anno l’Antica Fiera di San Desiderio si è chiusa con la grande cena del manzo allo spiedo cotto alla brace, sotto la regia del grande Franco Merlo.
La peculiarità della zootecnia dell’Astigiano Campagna Amica traina il settore con le Agri macellerie-latterie-salumerie
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on il progetto “Una filiera agricola tutta italiana” e “Campagna Amica”, Coldiretti ha dato impulso a un nuovo modo di intendere l’agricoltura, sia da parte degli agricoltori che dei consumatori. Nell’Astigiano un esempio virtuoso di questo nuovo sistema di intendere il primario, ci viene dal settore zootecnico. Molti allevatori hanno saputo rein-
ventare il loro approccio ai mercati ed hanno superato il rapporto con i cosiddetti “mediatori”, i rivenditori e i commercianti, passando dalla vendita all’ingrosso a quella al dettaglio. Sia che si tratti di produzioni lattiere, che casearie o puramente zootecniche, oggi in provincia di Asti si contano ben 51 Punti Vendita, gran parte dei quali con marchio Campagna Amica dedi-
cati al settore zootecnico: Agrimacellerie, Agrisalumerie, Agrilatterie, Agrigelaterie. In ognuna di esse, con la formula dal produttore al consumatore, si trovano prodotti a chilometro zero, la genuinità, tutte le garanzie di salubrità ed un prezzo inferiore mediamente del 30%. L’espansione di questo sistema è ancora in atto, per la gioia dei consumatori.
Az. Agr. Il Bricco Gallo di Granzino Marco, Tigliole, Agrimacelleria Az. Agr. Il Tonchese di Artuffo Agostino, Tonco, Carni avicole Az. Agr. Molino Piero, Valfenera, Agrilatteria del Pianalto Az. Agr. Cascina Capello F.lli, Villanova d’Asti, Agrimacelleria Az. Agr. Merlo Aurelio, Monastero Bormida, Bottega Campagna Amica San Desiderio Az. Agr. Diotto Roberto, Serole, Agrimacelleria Az. Agr. Adorno Sandro, Vesime, Agrimacelleria Az. Agr. Cascina Campagna di Gaboardi Roberto, Vesime, Formaggi di pecora Az. Agr. Cavallero Luisella, Loazzolo, Formaggi Latte Yogurt Az. Agr. Abrile Giuseppe, Roccaverano, Robiola di Roccaverano Az. Agr. Buttiero e Dotta di Buttiero Adelaide, Roccaverano, Robiola di Roccaverano Az. Agr. Ferrero Lorenza, Serole, Robiola di Roccaverano Az. Agr. Gazzolo Virginia Serole, latte Az. Agr. Grappiolo Simone Roccaverano, Latte Dop caprino Az. Agr. Diotti Giuseppe, Vesime, Formaggi Caprini Az. Agr. Ferrero Bruno, Serole, Formaggi Caprini Az. Agr. Ghione Enrica Franca, Roccaverano, Robiola di Roccaverano Az. Agr. Blengio Giuliano, Monastero Bormida, Robiola di Roccaverano
Az. Agr. Rossello Enrico, Roccaverano, Formaggi Caprini Az. Agr. Nervi Gianfranco, Roccaverano, Formaggi Caprini Az. Agr. Musolino Giuseppa, Roccaverano, Formaggi Caprini Az. Agr. Amaltea di Saglietti Daniela, Roccaverano, Robiola di Roccaverano Az. Agr. Birello Paolo, Serole, Formaggi Caprini Az. Agr. Pistarino Daniela, San Giorgio Scarampi, Robiola di Roccaverano Az. Agr. Ca’ del Ponte Rizzolio & Catalano di Rizzolio Pinuccia, Monastero Bormida, Robiola di Roccaverano Az. Agr. Taschetti Mariolina, Cessole, Formaggi caprini Az. Agr. Cascina Perfumo, Nizza Monferrato, Bottega di Campagna Amica Az. Agr. Il Ciabot di Robino Luca, Baldichieri, Salumi Az. Agr. Colombaro Diego, Costigliole d’Asti, Agrimacelleria Az. Agr. Negro Francesco, Calamandrana, Agrimacelleria Az. Agr. Vigliani Alessandra, Moasca, Formaggi Caprini Az. Agr. Capre e Cavoli di Pompilio Giampaolo, Capriglio, Formaggi caprini Az. Agr. Tenuta Santo Stefano, Montegrosso, Formaggi Caprini Az. Agr. Gamba Ernesto Ugo, Cerreto d’Asti – Agrimacelleria Az. Agr. Diego Lequio, Vesime, Agrimacelleria Pantalein
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unti vendita nell’Astigiano specializzati nella zootecnia e Botteghe Campagna Amica. Az. Agr. Bosco Andrea, Serravalle d’Asti, Agrimacelleria Az. Agr. Ferrero Emilio, Buttigliera d’Asti, Agrimacelleria Az. Agr. Bergandino di Stura Pierantonio, Buttigliera d’Asti, Agrisalumeria Az. Agr. Robba Renzo, Cassinasco, Agrilatteria Az. Agr. Glauco di Sadak Hapegyul Nedzhib, Castelnuovo D. B., Formaggi caprini Az. Agr. Gallino Valter, Cisterna d’Asti, Agrimacelleria Az. Agr. Cascina Anziano di Gozzellino Rita, Costigliole d’Asti, Agrimacelleria Az. Agr. Ronzano Giovanni, Costigliole d’Asti, Agrimacelleria Az. Agr. Luiset di Casetta Mauro, Ferrere d’Asti, Agrisalumeria Az. Agr. Sepello Alessandro, Mombercelli, Agrimacelleria Az. Agr. Cascina Aris SS Monale, Formaggi caprini Az. Agr. Monfrin di Micco Carlo & C., Moncalvo, Agrimacelleria Az. Agr. Cascina Valeggia di Bollito Alan, Moncalvo, Punto Vendita Campagna Amica Az. Agr. Forno Mauro, Montaldo Scarampi, Agrisalumeria Az. Agr. Germano Bruno, Piea, Agrisalumeria Az. Agr. Allegretti Renzo, ASTI Agrimacelleria
Filiera zootecnica
Sono ben 51 i Punti di vendita diretta del settore zootecnico
Scegliere il Made in Italy è sinonimo di sicurezza Nella rete di Campagna Amica percorso di tracciabilità, qualità e freschezza dei prodotti
Difesa del Made in Italy
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uasi un prodotto agroalimentare su cinque che arriva in Italia dall’estero non rispetta le normative in materia di tutela della salute e dell’ambiente o i diritti dei lavoratori vigenti nel nostro Paese, e questo accade spesso grazie alla regia e alle norme sancite dagli accordi bilaterali o multilaterali di libero scambio. Dal riso ai prodotti ortofrutticoli fino all’olio: sono diverse le produzioni per cui non valgono certamente gli stessi standard produttivi, sociali ed ambientali vigenti in Italia. Coldiretti non può che commentare positivamente
le dichiarazioni del nuovo Governo sul rivedere i trattati con Marocco e Tunisia, oltre quello sul Ceta. Il Piemonte conta 337 specialità che vanno dalla frutta alla verdura, dalla carne ai suoi trasformati, dai formaggi ai vini, dai prodotti da forno ai condimenti e molto altro, oltre a 14 Dop, 9 Igp, 18 Docg e 42 Doc. “Un patrimonio agroalimentare che non possiamo permettere di danneggiare con le importazioni – afferma Marco Reggio presidente Coldiretti Asti -, è quindi necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini naziona-
li ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo ai consumatori un percorso di tracciabilità e qualità. Per questo motivo il consiglio è quello di acquistare prodotti freschi, direttamente dai produttori come è possibile fare presso la rete dei mercati e dei punti vendita di Campagna Amica, capillarmente diffusi sul nostro territorio. Inoltre, al fine di valorizzare le produzioni Made in Piemonte, auspichiamo che al più presto sia obbligatoria l’etichettatura per tutti i prodotti: solo così i consumatori potranno scegliere in modo consapevole cosa portare sulle loro tavole”
Accordo tra Carabinieri e Coldiretti
12 A tutela della filiera agroalimentare e dell’ambiente
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irmato un accordo fra l’Arma dei Carabinieri e la Coldiretti per lottare contro contraffazione e frodi alimentari e promuovere la tracciabilità dei prodotti enogastronomici e di artigianato, le attività di ricerca in campo agricolo e l’educazione ambientale. Il Generale C.A. Antonio Ricciardi, comandante delle Unità Forestali Ambientali e Agroalimentari Carabinieri e il Presidente nazionale di Coldiretti Roberto Moncalvo hanno sottoscritto un protocollo d’intesa teso a rafforzare la cooperazione tra le due organizzazioni. L’obiettivo, nell’ambito delle specifiche competenze, è quello di tutelare la sicurezza dei consumatori e il patrimonio agroalimentare e ambientale nazionale.
Il presidente nazionale Coldiretti, Roberto Moncalvo, interviene a Reggello in occasione della firma del protocollo d’intesa teso a rafforzare la cooperazione tra Carabinieri e Coldiretti
La collaborazione sarà incentrata su iniziative per la tracciabilità dei prodotti enogastronomici e di artigianato e per la lotta alla contraffazione, sulla promozione
di attività di ricerca e approfondimento per l’efficienza biologica delle coltivazioni e su iniziative di educazione e diffusione della cultura ambientale.
Cabiale nominato presidente di “Terre di Qualità” Il sodalizio del progetto “Barbera Amica” e altri accordi di Coldiretti Asti
Roberto Cabiale
è iniziata la risalita del valore delle uve, passate da 20 centesimi al chilogrammo a oltre i 90 centesimi del 2017. “Siamo prossimi all’euro – ha detto nel corso della sua relazione all’Assemblea il direttore di Coldiretti Asti, Antonio Ciotta – un traguardo importante per le uve e contiamo di liquidare le Docg Barbera d’Asti superiore a 1,40 euro al chilogrammo”. In totale aderiscono al progetto 87 viticoltori per un totale di 200 ettari e un valore delle uve di ben oltre i 2 milioni di euro. I partner di Terre di Qualità e di Coldiretti sul progetto Barbera Amica, per la vendemmia 2018 saranno tre, oltre alla Cantina Barbera dei Sei Castelli di Agliano Terme, ci
sarà la Cantina Terre Astesane di Mombercelli e per la prima volta la Cantina Sociale di Nizza Monferrato per quanto riguarda le uve biologiche. “Desidero esprimere le mie più sincere felicitazioni all’amico Roberto Cabiale per questo nuovo incarico – ha dichiarato Marco Reggio, presidente di Coldiretti Asti –, d’altra parte lui ha sempre creduto molto nella possibilità di aggregare i produttori per trasformare e vendere in forma collettiva, possiamo proseguire così un cammino importante e condiviso con molti nostri associati”. Ovviamente l’attività del Consorzio non è concentrata solamente sulla viticoltura, ma si stanno valutando nuovi accordi sull’ortofrutticolo, dopo le forniture per la mensa dell’Asl proseguite fino al maggio scorso. Continuano inoltre le attività di valorizzazione delle produzioni tipiche (come ad esempio avvenuto per il raduno nazionale degli Alpini) e promozionali con le aziende di Campagna Amica.
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Conferimenti delle uve alla Cantina Terre Astesane
Progetti di Filiera
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oberto Cabiale, vitivinicoltore di Moncalvo e già presidente di Coldiretti Asti, è stato nominato presidente del Consorzio “Terre di Qualità”. La nomina è avvenuta il 10 luglio, all’Agriturismo Lanè di Baldichieri, nel corso dell’Assemblea del sodalizio, vero braccio operativo degli associati Coldiretti nella gestione di importanti accordi di filiera come il “Progetto Vino”, noto col nome di “Barbera Amica”. Roberto Cabiale succede a Marco Reggio che ha ceduto l’incarico dopo la recente nomina alla presidenza di Coldiretti Asti. Con Cabiale, sono entrati a far parte del nuovo Consiglio di Amministrazione, Silvano Giachino, imprenditore agricolo di Coazzolo e Marco Perfumo, imprenditore agricolo di Nizza Monferrato. Sono 140 i soci attivi del Consorzio, principalmente viticoltori e orticoltori, riuniti in cooperativa per aggregare le loro produzioni e fare massa critica sul mercato. L’assemblea ha approvato un bilancio in crescita per il costante incremento dell’attività che ha consentito anche un aumento degli utili. “Ringrazio il presidente Marco Reggio – ha detto Cabiale al momento dell’investitura – per i risultati di natura economica raggiunti con il Consorzio Terre di Qualità in questi tre anni. Accetto con entusiasmo questa nuova avventura anche perchè Terre di Qualità ha segnato una svolta importante per tutti noi viticoltori”. Il riferimento è al progetto Barbera Amica che ha ridato vitalità a un comparto in crisi fino all’inizio del decennio in corso, dal 2012, prima vendemmia di Terre di Qualità con l’accordo di filiera con la Cantina Barbera dei Sei Castelli,
Partecipatissima Giornata dei Pensionati Coldiretti
Si è tenuta il 23 luglio a Castelnuovo don Bosco, la festa provinciale
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a terra di San Giovanni Bosco ha accolto il 23 luglio scorso i pensionati Coldiretti. Nella bellissima e funzionale location del Colle, si è tenuta la quarta edizione della Giornata provinciale dei Pensionati Coldiretti Asti. L’organizzazione, impeccabile, dell’Associazione Pensionati, presieduta da Mario Raviola, in stretta collaborazione con Epaca e Coldiretti Asti, ha messo a punto un programma a cui hanno preso parte tantissimi associati. Ad accoglierli oltre a Mario Raviola, il presidente regionale dell’Associazione Pensionati Coldiretti, Pier Luigi Cavallino, e il presidente provinciale Coldiretti, Marco Reggio. La giornata si è aperta alle ore 10 con l’arrivo dei partecipanti e le visite della Basilica, della casa natale di don Bosco e del Museo delle contadinerie. A seguire la celebrazione eucaristica celebrata dall’incaricato diocesano don Riccardo Florio, con l’intervento del parroco di Castelnuovo don Bosco, don Riccardo Grassi. Una solenne celebrazione, molto seguita e partecipata, impreziosita dalle corale del Colle don Bosco e dall’offertorio dei doni della terra, rappresentativi delle varie identità territoriali presenti in provincia. Sono stati portati all’altare otto cesti, uno per ogni zona della nostra provincia, con frutta e ortaggi, vino, latte, formaggi, pane, miele, salumi, fiori, tutte eccellenze messe a
Da sinistra Antonio Rago, Mario Raviola, Marco Reggio Pier Luigi Cavallino e Antonio Ciotta
Don Riccardo Florio
disposizione dai “Punti Vendita Campagna Amica”. In un nono cesto, un associato ha portato all’altare lo Statuto della Federazione Coldiretti Asti, per testimoniare i principi e i valori dell’Organizzazione, e un altro agricoltore si è invece presentato a mani vuote per rappresentare gli sforzi del proprio lavoro. L’agricoltore Vincenzo Satragni ha invece recitato una sua poesia dal titolo “La Preghiera del Campagnè”. Il celebrante nell’omelia ha sottolineato i sacrifici degli agricoltori, raccontando una sua vicenda personale vissuta da ragazzo: “io
Mario Raviola, presidente associazione Pensionati Coldiretti Asti
stesso – ha detto don Florio – sono figlio di contadini e un giorno mio padre, dopo una terribile grandinata, mi portò nei campi dove incontrammo la completa devastazione con la distruzione di un anno di lavori e di sacrifici. Io mi arrabbiai moltissimo, ma invece vidi mio padre rimanere sereno. La vicenda mi colpì molto e poi capii come nella nostra esistenza si possano superare le disgrazie sapendo che Lui è comunque lì, accanto a noi, sia quando le cose vanno bene, come quando vanno meno bene. Il Grazie a Dio che oggi recitiamo con voi agricoltori, lo facciamo con que-
Don Florio e Don Grassi durante la celebrazione
Marco Reggio, presso il ristorante “Ciocca” dove la Giornata del Pensionato è assurta a una dimensione festaiola. “Gli agricoltori – ha detto Reggio - anche in età avanzata rimangono sempre impegnati e coinvolti nell’azienda agricola di famiglia e fortunatamente si fanno portatori, nei confronti delle nuove generazioni, di quei principi e valori su cui da sempre si fonda anche la Coldiretti”.
Il segretario della Zona Coldiretti di Castelnuovo don Bosco, Daniele Di Matteo, ha letto le intenzioni di preghiera
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sta serenità, chiedendo che i nostri saperi vengano comunque custoditi e tramandati. Sapendo di fare il bene, ciò che vuole Lui, custodendo il nostro lavoro e le nostre menti, in tutto ciò che facciamo ed andremo a fare”. Al termine della celebrazione religiosa ha portato il suo saluto il presidente regionale dell’Associazione Pensionati, Pier Luigi Cavallino, sottolineando come “il “compito” più importante per gli anziani coltivatori non possa che essere quello di aiutare i giovani”. Ha fatto seguito l’intervento del presidente provinciale dell’Associazione Pensionati Coldiretti, Mario Raviola, che ha ringraziato tutti “per l’ottima riuscita della manifestazione” e sottolineato “la folta partecipazione, in un momento molto impegnativo per la coltivazione di molte colture agricole”. In effetti, ha invece sottolineato il Vice Sindaco di Castelnuovo, Antonio Rago, “gli agricoltori non vanno mai in pensione e sono “Galantuomini del lavoro”, oltrechè artisti per il grande lavoro di abbellimento che fanno per le nostre colline”. L’aspetto del pensionato agricoltore che difficilmente si crogiola nell’ozio, è stato poi ripreso dal presidente provinciale Coldiretti,
15 La prima lettura è stata recitata da Evasio Emanuel
Il Salmo Responsoriale è stato letto da Anna Maria Dughera
XXI Giornata interregionale dei pensionati
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rima della Giornata provinciale, si è tenuta, il 27 giugno in Valle d’Aosta, la XXI Giornata interregionale dei Pensionati Coldiretti. Anche in questo caso è stata molto folta la partecipazione fra cui anche un centinaio di pensionati provenienti dall’Astigiano. Nell’incantevole cornice di Fénix, erano presenti il segretario nazionale di Federpensionati Coldiretti, Danilo Elia, i presidenti regionali del Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria, Pier Luigi Cavallino, Yves Perraillon e Angela Romaggi, il presidente di Asti, Mario Raviola con il Consiglie-
re ecclesiastico Coldiretti Asti don Francesco Cartello, il direttore della Federazione Antonio Ciotta e la segretaria provinciale dell’Associazione Rosanna Porcellana che hanno organizzato la trasferta con un doppio pullman. Ad officiare la Santa Messa il Vescovo della diocesi di Aosta, Monsignor Franco Lovignana. Oltre alla preghiera, al centro della giornata, il ricordo di quelli che sono i principi e gli ideali di un’esistenza scandita dai ritmi della terra, poi il pranzo presso la struttura “Tzantè de Bouva”, il mercato di Campagna Amica e la vi-
sita del Museo dell’Artigianato valdostano di tradizione. Per il segretario nazionale, Danilo Elia, è stata l’occasione per fare il punto sulle numerose progettualità, in particolare ha sottolineato: “Con il Giappone siamo tra i Paesi dove si vive più a lungo perciò non può che starci a cuore la salute e la prevenzione dei nostri pensionati, oltre all’assicurare loro delle pensioni adeguate. Federpensionati sta vivendo la stagione dei rinnovi e nelle progettualità c’è sicuramente quella di incontrare il nuovo Governo per attuare proficue attività e politiche di welfare”.
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Valle d’Aosta, Piemonte e Liguria insieme a Fénix per un momento di celebrazione e riflessione
L’OFFERTORIO DELLA GIORNATA PROVINCIALE DEI PENSIONATI Il momento più suggestivo dell’intera celebrazione del 23 luglio a Castelnuovo don Bosco 1
1. Come primo atto di devozione al Signore, una associata ha portato all’ara sacrificale lo statuto della Federazione provinciale Coldiretti 2. Cesto rappresentante i prodotti dei punti Campagna Amica della zona di di Castelnuovo Don Bosco: Malvasia di Castelnuovo Don Bosco DOC, miele di tiglio, miele millefiori e pomodori, melanzane, melone e zucchine 3. Cesto rappresentante i prodotti dei punti Campagna Amica della zona di Nizza Monferrato contenente Barbera d’Asti DOCG, Nizza DOCG, mele e pesche 4. Cesto rappresentante i prodotti dei punti Campagna Amica della zona di Villanova d’Asti contenente latte alta qualità, spighe del nostro grano e pane 5. Cesto rappresentante i prodotti dei punti Campagna Amica della zona di Moncalvo contenente Ruchè DOCG, uova e composte di ciliegie biologiche
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6. Cesto rappresentante i prodotti dei punti Campagna Amica della zona di San Damiano d’Asti contenente Terre Alfieri Arneis DOC, cacciatorini, salame crudo tradizionale e salame cotto Monferrato 7. Cesto rappresentante i prodotti dei punti Campagna Amica della zona di Vesime contenente Alta Langa DOCG e Robiola di Roccaverano DOP 8. Cesto rappresentante i prodotti dei punti Campagna Amica della zona di Asti contenente Grignolino d’Asti DOC e i fiori 9. Cesto rappresentante i prodotti dei punti Campagna Amica della zona di Canelli contenente Moscato d’Asti DOCG, nocciole, nocciole tostate e biscotti alla nocciola 10. In chiusura dell’offertorio un agricoltore si è presentato al cospetto dell’altare a mani vuote, come gesto di umiltà e buona volontà al volere del Signore
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LA FESTA AL RISTORANTE Le immagini del pranzo sociale tenutosi al ristorante Ciocca di Castelnuovo don Bosco
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INIZIATIVA FINANZIATA AI SENSI DEL PSR 2014-2020 DELLA REGIONE PIEMONTE - MISURA 1 - OPERAZIONE 1.2.1 - AZIONE 1: “ATTIVITÀ DIMOSTRATIVE E DI INFORMAZIONE IN CAMPO AGRICOLO”
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on questo numero de “Il Notiziario Agricolo” vogliamo mettere a fuoco alcune tematiche di particolare interesse per il ricambio generazio-
nale delle imprese agricole e la qualificazione dei giovani agricoltori. “Giovani & Innovazione” un binomio oggi imprescindibile e un filo conduttore che
lega queste pagine speciali, un’analisi, alcuni spunti di ragionamento per l’innovazione a livello gestionale, commerciale, produttivo e tecnologico.
Nuovi insediamenti in agricoltura Quasi 2000 domande e +30% le aziende under 30 più. Le nuove generazioni sono il motore dell’agricoltura del futuro; in Piemonte molti giovani hanno deciso di dare continuità all’azienda familiare o hanno investito per aprire nuove realtà, infatti, le aziende under 40, rispetto allo scorso anno, sono aumentate del 30%. Sono state presentate quasi 2 mila domande per i nuovi insediamenti: numeri che denotano come sia un settore capace di attrarre fortemente i giovani. E’ in atto un cambiamento epocale che non accadeva dalla rivoluzione industriale: il mestiere della terra non è
più considerato l’ultima spiaggia di chi non ha un’istruzione e ha paura di aprirsi al mondo, ma è la nuova strada per le giovani generazioni. Nello scorso mese di febbraio la Giunta regionale del Piemonte ha approvato l’incremento delle risorse finanziarie per il bando Psr 2017 della misura 6.1.1 relativa all’insediamento dei giovani in agricoltura: un segnale al fine di dare massima priorità all’imprenditoria giovanile per la quale i contributi erogati dal Psr rappresentano una importante fonte di incentivo all’innovazione.
SO NEI CAMPI
DIECI REGOLE PER IL SUCCES ello 1) Avere un’idea chiara di qu che si vuole fare ti e 2) Studiare territorio, merca normative plan 3) Progettare un business delle 4) Disegnare una mappa fonti di finanziamento ban5) Individuare la banca o il i ers do pubblico a cui rivolg
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di ac6) Verificare le possibilità cesso alle risorse le ga7) Cercare con CreditAgri nto me ranzie per il finanzia r ac8) Presentare il progetto pe cedere al credito bancario r ac9) Presentare il progetto pe lici cedere ai fondi pubb 10) Realizzare il progetto
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l lavoro dei giovani nei campi cresce con quasi 30 mila imprenditori che nel 2016/2017 hanno presentato in Italia domanda per l’insediamento in agricoltura tramite i Piani di sviluppo rurale (Psr) dell’Unione Europea. E’ quanto emerge in relazione agli ultimi dati Istat che indicano un calo dello 0,9% della disoccupazione giovanile in Italia rispetto a febbraio 2018 e del 4,4% su marzo 2017. I giovani agricoltori usano il web e la tecnologia, 1 su 4 è laureato e conosce, almeno a livello scolastico, una o più lingue straniere, di solito l’inglese, mentre 8 su 10 sono abituati a viaggiare e andare all’estero, una caratteristica che permette di raggiungere e inserirsi in nuovi mercati e di mandare i propri prodotti per il mondo. Le aziende agricole dei giovani possiedono una superficie superiore alla media di oltre il 54%, un fatturato più elevato del 75% della media e il 50% per cento di occupati per azienda in
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Produrre green, in trasparenza, qualità e tradizione Un primato italiano da valorizzare con i contratti di filiera
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’agricoltura italiana è la più green d’Europa con 295 specialità Dop/Igp/ Stg riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, la leadership nel biologico con 72mila operatori del biologico, la decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati (Ogm), 40mila aziende agricole impegnare nel custodire semi o piante a rischio di estinzione e il primato della sicurezza alimentare mondiale con il maggior numero di prodotti agroalimentari in regola per residui chimici irregolari (99,4%). La distintività è l’arma vincente del Made in Italy a tavola sia a livello nazionale che internazionale. Lo dimostra la netta prevalenza accordata dagli italiani alla produzione agroalimentare nazionale per qualità, genuinità, tradizione e sicurezza tanto che quasi 2/3 degli italiani sono disponibili a pagare fino al 20% in più pur di garantirsi l’italianità del prodotto che si portano a tavola (secondo un’indagine Coldiretti/ Ixè). Un apprezzamento che va tutelato, con la trasparenza dell’informazione sulla reale origine degli alimenti mentre ad oggi ancora quasi ¼ della spesa è anonima. Rispetto a questo va registrato un atteggiamento contradditorio della legislazione, con l’obbligo ad indicare l’origine in etichetta per le uova ma non per gli ovoprodotti, per la carne fresca ma non per quella trasformata in salumi, per l’ortofrutta fresca ma non per i succhi, le conserve di frutta o per gli ortaggi conservati, ecc.;
occorre per tanto una profonda revisione delle norme comunitarie. Ma, su questo fronte, occorrono regole anche a livello internazionale dove le esportazioni hanno raggiunto un nuovo record storico nel 2018 con un aumento del 3,5% dopo il record di 41,03 miliardi fatto segnare nel 2017. Il nemico più temuto all’estero è il falso Made in Italy agroalimentare che è salito ad oltre 100 miliardi con un aumento record del 70% nel corso dell’ultimo decennio, per effetto della pirateria internazionale che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per alimenti taroccati che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale. Tanto che oggi moltissimi nostri esportatori sono impegnati e investono in azioni di tutela dei propri marchi e della propria distintività. Ma sul fronte commerciale preoccupano anche i pesanti squilibri di filiera della distribuzione del valore a danno degli agricoltori, come evidenziato in un recente rapporto Ismea; su 100 euro di
spesa in prodotti agroalimentari freschi come frutta e verdura solo 22 centesimi arrivano al produttore agricolo ma il valore scende addirittura a 2 centesimi nel caso di quelli trasformati dal pane ai salumi. Una situazione che è favorita dalle pratiche sleali nella filiera contro le quali occorre intervenire con norme nazionali e comunitarie. Per contrastare questi fenomeni stanno sempre più prendendo piede sul territorio i contratti di filiera sui maggiori settori del made in Italy (carne, latte, cereali, nocciole, ecc.). Il contratto di filiera è uno strumento dell’economia contrattuale che viene studiato e contrattato tra le parti volta per volta, ma possiamo identificare almeno 3 elementi comuni: • il primo riguarda la pluriennalità degli impegni contratti; • il secondo riguarda il prezzo pagato dall’industria di trasformazione; • il terzo i premi per la qualità, con un meccanismo che comunque distribuisce il rischio della variabilità del prezzo negli anni in modo equo tra le parti.
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La multifunzionalità dell’impresa agricola
A 20 anni dalla legge di orientamento, come è cambiata l’agricoltura
esercita l’attività agrituristica e vende direttamente al dettaglio i prodotti provenienti in misura prevalente dalla propria azienda, ma anche colui che svolge attività didattiche, sistema e manutenta il territorio, salvaguardia il paesaggio, cura e mantiene l’assetto idrogeologico del territorio, riqualifica l’ambiente, gestisce le aree venatorie e la forestazione, eleva il potenziale turistico di una determinata area e contribuisce allo sviluppo rurale del territorio. Costituisce un ulteriore esempio di agricoltura multifunzionale l’esercizio delle attività di agricoltura sociale come definite dalla legge n. 141 del 2015 e finalizzate, essenzialmente, a realizzare: • attività di inserimento sociolavorativo; • servizi di utilità sociale; • attività rieducative e terapeutiche; • servizi di accoglienza e soggiorno a favore di persone in difficoltà sociale, fisica e psichica, e di bambini in età prescolare (cosiddetti agrinido e agriasilo).
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2006. A partire da quella data, temi come la tutela dell’ambiente e la biodiversità hanno iniziato ad assumere un ruolo sempre più strategico e un peso sempre maggiore nella PAC, tanto da condizionare sempre più gli aiuti e i finanziamenti dell’Unione Europea verso il settore. In Italia il concetto di agricoltura multifunzionale è stato recepito nel Decreto legislativo n. 228 del 2001, la cosiddetta “legge di orientamento del settore agricolo”, che ha posto le basi per una nuova configurazione giuridica e funzionale dell’impresa agricola. È bene precisare che il concetto di multifunzionalità non deve essere confuso con quello di diversificazione e multisettorialità, che fanno riferimento, nel primo caso, a differenti attività agricole e, nel secondo caso, a diversi settori di produzione. In entrambi i casi, infatti, le imprese in questione non avranno necessariamente più di una funzione, requisito indispensabile dell’impresa agricola multifunzionale. L’imprenditore agricolo multifunzionale è quindi colui che
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distanza di quasi 20 anni dalla legge di orientamento, il settore agricolo sta sempre più evolvendo verso la multifunzionalità, con il 70 per cento delle imprese under 35 che opera in attività che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, ma anche alle attività ricreative, l’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, dalla sistemazione di parchi, giardini, strade, all’agribenessere ed alla cura del paesaggio o della produzione di energie rinnovabili. Per agricoltura multifunzionale s’intende quell’agricoltura che oltre alla sua funzione primaria di produrre cibo e fibre, può anche disegnare il paesaggio, proteggere l’ambiente e il territorio, conservare la biodiversità, gestire in maniera sostenibile le risorse, contribuire alla sopravvivenza socio-economica delle aree rurali, garantire la sicurezza alimentare. Il concetto di agricoltura multifunzionale è stato introdotto per la prima volta in occasione dell’Earth Summit di Rio nel 1992, per essere poi ripreso nell’ambito delle discussioni relative alla Politica agricola comune (PAC) in ambito europeo. Il primo riconoscimento ufficiale di questa nuova forma di agricoltura, che si è poi tradotta praticamente nell’impresa agricola multifunzionale, è avvenuto con Agenda 2000, un pacchetto di riforme della PAC approvate nel 1999 e relative al periodo 2000-
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La vendita diretta e l’etichetta dei prodotti
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Dare valore al prodotto: due importanti strumenti per affrontare la concorrenza
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VENDITA DIRETTA La forma più antica e tradizionale di vendita diretta da parte dell’impresa agricola è la vendita in azienda, ma altre forme di vendita diretta ugualmente importanti sono quelle realizzate presso i mercati, negli agriturismi, negli spacci aziendali, con i distributori di latte crudo, fornendo prodotti locali aderenti alla rete a “chilometri zero”, a gruppi solidali di acquisto fino ad arrivare alle forme tecnologicamente più evolute di vendita attraverso internet. La vendita diretta dei prodotti all’esterno dell’azienda, da sempre prevista nel nostro ordinamento, è stata semplificata con il Decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, la cosiddetta “legge di orientamento”, in base alla quale per la vendita non è richiesta alcuna licenza commerciale, ma solo una comunicazione al Sindaco. Per fornire alle imprese agricole uno strumento operativo completo, utile ad implementare le procedure previste dalle disposizioni europee e nazionali in materia di igiene nell’attività di vendita e per il commercio al dettaglio dei prodotti alimentari, ivi comprese tutte le forme previste dal decreto 228/2001 e successive integrazioni e modifiche, Coldiretti ha realizzato il “Manuale di corretta prassi operativa per la vendita diretta di alimenti delle imprese agricole”, validato dal Ministero della Salute l’11
inoltre, tenere e conservare le registrazioni obbligatorie relative alle misure adottate per il controllo dei pericoli, in modo appropriato e per un periodo adeguato. Tali registrazioni dovranno essere messe a disposizione delle autorità competenti, quando richiesto. dicembre 2014. L’impresa che effettua la vendita diretta è fortemente implicata nella tutela dell’igiene dei prodotti, anche perché è l’ultimo soggetto di controllo prima che il prodotto arrivi nelle mani del consumatore. Nella “misura possibile” e rispettando i principi di flessibilità dell’HACCP, l’impresa deve assicurare che gli alimenti messi in commercio siano protetti dalle contaminazioni, individuando le misure preventive o di controllo atte a ridurre o ad eliminare la possibilità di tali contaminazioni. I prodotti posti in vendita diretta possono derivare dalla produzione dell’impresa, oppure provenire da fornitori terzi nel rispetto del “principio di prevalenza” (semplificando al massimo, può essere fornito da terzi fino al 49 per cento dei prodotti venduti). Su tutti i prodotti posti in vendita diretta, l’impresa deve effettuare un esame che comprende le fasi di ingresso dei prodotti, stoccaggio e conservazione, fino alla manipolazione per la vendita (porzionatura, taglio, ecc.). Essa deve,
ETICHETTATURA Ma oltre al valore aggiunto recuperabile, ad esempio, con la trasformazione aziendale dei prodotti e/o con la vendita diretta, occorre portare sul mercato il valore della trasparenza per combattere la concorrenza sleale a danno delle imprese agricole e per garantire al consumatore la possibilità di fare scelte consapevoli. Attraverso una etichettatura conforme alla legge, ma anche il più possibile “parlante”, le imprese hanno la possibilità di differenziarsi e di far conoscere al consumatore il carattere qualitativo e distintivo delle loro produzioni. Tutti i prodotti alimentari messi in vendita devono, per legge, essere provvisti di un’etichetta informativa, applicata direttamente sulla confezione o sul recipiente, che comunica le caratteristiche del prodotto e quindi le imprese che effettuano la vendita diretta dei propri prodotti sono tenute ad applicare le norme sull’etichettatura, che sono diverse a seconda che si tratti di prodotti pre-imballati (o preconfezionati), preincartati e sfusi: 1. pre-imballati: confezionati
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conservazione e/o le condizioni d’impiego; 8. il nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare di cui all’articolo 8, paragrafo 1; 9. il paese d’origine o il luogo di provenienza ove previsto all’articolo 26; 10. le istruzioni per l’uso, per i casi in cui la loro omissione renderebbe difficile un uso adeguato dell’alimento; 11. per le bevande che contengono più dell’1,2 per cento di alcol in volume, il titolo alcolometrico volumico effettivo; 12. la dichiarazione nutrizionale, eccetto i casi elencati all’allegato V. Con questo regolamento il legislatore europeo ha dato maggiore responsabilità delle informazioni sugli alimenti, stabilendo che il responsabile delle informazioni sugli alimenti è l’operatore con il cui nome o con la cui ragione sociale è commercializzato il prodotto (concetto diverso dallo stabilimento di produzione). L’impresa quindi ha una grande responsabilità nell’assicurare la presenza e l’esattezza delle informazioni, conformemente alla normativa. Tra le altre novità introdotte dal regolamento si evidenziano, in particolare: • l’indicazione dell’origine per
le carni fresche suine, ovine e di pollame; • requisiti specifici per le carni macinate; • l’evidenza del responsabile dell’alimento; • un maggior risalto per gli allergeni, anche per i prodotti somministrati e venduti sfusi; • una dimensione minima dei caratteri (1,2 millimetri, tranne eccezioni); • la dichiarazione nutrizionale, obbligatoria a partire dal 13/12/2016; • l’obbligo di esplicitare la fonte precisa di oli e grassi; • le informazioni degli alimenti nelle vendite a distanza; • le informazioni sullo stato fisico del prodotto e sul congelamento/scongelamento; • l’indicazione di ingredienti sostitutivi; • la ripetizione della scadenza sulle monoporzioni. Da ultimo, la normativa nazionale entrata in vigore il 19 aprile 2017 sull’indicazione dell’origine obbligatoria per il latte e i prodotti lattiero-caseari, comporta per tali prodotti l’adeguamento delle etichette in modo più trasparente per consentire ai consumatori di compiere scelte più consapevoli e di far emergere il valore dei prodotti agricoli. A tal riguardo va anche ricordato che è stata avviata la procedura formale per il via libera da parte dell’UE al decreto sull’origine obbligatoria in etichetta per grano e pasta e per il riso, ulteriori tasselli attraverso i quali i consumatori potranno avere informazioni certe sull’origine dei prodotti.
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nello stabilimento di confezionamento e in assenza dell’acquirente, in un imballaggio che va mantenuto integro fino al momento del consumo (esempio: la pasta). In questo caso è obbligatoria una etichetta sulla confezione con una serie di indicazioni obbligatorie, molto complete, previste dal Reg. n. 1169/2011; 2. pre-incartati: prodotti posti in un incarto dal venditore sul luogo di vendita, ai fini della vendita immediata (esempio: pasta fresca, carne, formaggi e salumi al taglio, ecc.). In questo caso, alcune informazioni minime (esempio: ingredienti, eventuale presenza di allergeni) vanno riportate almeno su un cartello, ben visibile accanto ai prodotti; 3. sfusi: prodotti venduti a peso sui quali non è possibile apporre l’etichetta, in quanto privi della confezione (frutta e ortaggi freschi, pesce, ecc.). In questo caso, alcune informazioni minime (esempio: origine, categoria e varietà per la frutta) vanno riportate in un cartello sui recipienti che li contengono. Per i prodotti pre-imballati, le informazioni obbligatorie in etichetta ai sensi del Reg. n. 1169/2011 sono: 1. la denominazione dell’alimento; 2. l’elenco degli ingredienti; 3. gli allergeni; 4. la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti; 5. la quantità netta dell’alimento; 6. il termine minimo di conservazione o la data di scadenza; 7. le condizioni particolari di
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L’accesso al credito e il business plan
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Gli strumenti a disposizione per chi si affaccia all’attività imprenditoriale
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ACCESSO AL CREDITO L’accesso al credito per un giovane che si affaccia al mondo dell’agricoltura rappresenta, insieme all’accesso alla terra, una delle principali criticità. Per la concessione del credito è necessario creare le condizioni adatte affinché il sistema bancario sia in grado di valutare l’impresa agricola è il suo progetto imprenditoriale in modo oggettivo per quello che rappresenta, indipendentemente dalla forza finanziaria delle famiglie retrostanti. In particolare, è necessario cambiare l’approccio: per la definizione dell’investimento, non è possibile partire dalle risorse monetarie; piuttosto è necessario partire da un progetto valido sulla base del quale poi individuare le fonti di finanziamento adeguate, cioè forme di finanziamento rispondenti alle caratteristiche aziendali e adeguate alla capacità reddituale e patrimoniale dell’impresa agricola. Quando si accede al credito e si ottiene il finanziamento da parte di un Istituto di Credito, è opportuno fare delle attente valutazioni sulla tipologia di tasso da scegliere. La scelta deve essere ricondotta alla redditività aziendale e alle caratteristiche dell’intervento che si intende realizzare. In caso di utilizzo di un tasso variabile, prevedere l’evoluzione dei tassi futuri per capire l’evoluzione dei pagamenti è molto difficile e di fatto quasi impossibile. Di fatto il tasso applicabile è una conseguenza diretta di tre fattori: 1. rischiosità dell’operazione (rischio di credito); 2. andamento dei mercati (costo della provvista); 3. efficienza della banca (costi amministrativi e servizi). È necessario che l’Imprenditore agricolo adotti un approccio nei confronti
del sistema bancario più “Scientifico e Strutturato” e sempre meno basato sui sussidi o provvidenze. Quando un soggetto si rivolge ad un Istituto di credito per la richiesta di un finanziamento, già dalla prima fase istruttoria la documentazione fornita per la valutazione da parte della banca dovrà essere dettagliata e completa, se possibile priva di margini di discrezionalità e a favore di indicatori oggettivi, di carattere quantitativo, qualitativo ed andamentale. In questo modo, la valutazione da parte della banca (della possibile perdita attesa e di quella inattesa) diventa specifica per ogni singola operazione e per ogni impresa. Successivamente alla fase di valutazione, la banca elabora una variabile, definita rating, attraverso la quale vengono individuate condizioni economiche e di tasso maggiormente favorevoli alle imprese più meritevoli ed un costo maggiore alle imprese più rischiose. Il Rating è importante per l’impresa in quanto è uno dei fattori che determina le condizioni di concessione del finanziamento ed esprime la probabilità di default (PD) dell’impresa, cioè la probabilità di insolvenza del debitore con riferimento a un orizzonte temporale predefinito. Rappresenta, quindi, la misura del rischio di credito sopportato dalla banca in relazione al cliente debitore. La PD dipende dalle caratteristiche patrimoniali, economiche e finanziarie dell’impresa, dal tipo di attività svolta, dal posizionamento sul mercato e dalla qualità del management. Per avere un rating favorevole è necessario che l’impresa agricola: possieda un assetto gestionale trasparente; sappia trasferire le proprie strategie ed obiettivi; possieda buone prospettive di mercato; crei un rapporto
di collaborazione e fiducia reciproca. È bene precisare che il rating non è immutabile, ma è soggetto a continue variazioni ed è espresso attribuendo una classe di rating (esempio: l’Agenzia Standard & Poor’s definisce 11 classi che vanno dalla AAA, corrispondente al valore massimo, alla D, corrispondente al valore minimo). Un aiuto importante per l’accesso al credito può essere fornito dal confidi CreditAgri Italia, un Ente Finanziario di Interesse Pubblico - Intermediario Finanziario Vigilato dalla Banca d’Italia che si occupa in modo specialistico di assistenza e consulenza tecnicofinanziaria in agricoltura e a favore del mondo della Cooperazione. Lo scopo è quello di favorire l’accesso al credito ordinario e agevolato e incentivare lo sviluppo con prodotti dedicati e un servizio di accompagnamento e di consulenza personalizzata in ambito finanziario e creditizio, in modo da sostenere i progetti di investimento. CreditAgri Italia è una struttura con 73 filiali distribuite in tutte le Regioni, ed oltre 20 mila imprese associate. Per trovare la sede più vicina, è possibile consultare il sito www.creditagri.com nella sezione “Le nostre Sedi”. BUSINNES PLAN Il Business plan (BP) è il documento che permette di definire e riepilogare l’idea imprenditoriale, le linee strategiche, gli obiettivi e la pianificazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa. Il BP oltre ad una funzione interna all’impresa (informare e guidare i processi decisionali) ha anche una funzione esterna, in quanto è il mezzo con cui presentare il progetto a soggetti esterni. Infatti, il BP risulta essere lo strumento con il quale si cerca di convincere gli operatori economici, estranei all’impresa, sulla
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credibilità del business aziendale. Il BP assume efficacia se compilato secondo un principio di trasparenza, chiarezza ed obiettività; fondamentale risulta la valutazione prospettiva. È uno strumento utilizzato per valorizzare la logica d’Impresa (il Progetto e le Possibilità di realizzazione e sviluppo), aiutare l’imprenditore ad effettuare diagnosi d’impresa (verifica l’attuale “stato di salute”) e consentire l’accesso al credito consapevole e progettuale (individuare forme di finanziamento più adatte alle caratteristiche aziendali ed all’intervento da realizzare). Affinché il BP sia efficace è necessario che contenga, come elementi essenziali oltre i documenti allegati da cui il valutatore possa trarre ulteriori informazioni/elementi, una parte introduttiva nella quale presentare l’idea imprenditoriale, una descrizione tecnico-operativa nella quale indicare cosa si intende fare, come e dove lo si vuole fare, e, infine, una
relazione finanziaria-previsionale nella quale descrivere la situazione attuale e previsionale inerente l’assetto economico-finanziario, l’indicazione delle fonti di finanziamento e delle eventuali garanzie disponibili. Gli errori da evitare consistono nel non considerare i fattori esterni all’impresa in quanto nel lungo periodo potrebbero avere un impatto negativo, improntare il BP come una ricerca di mercato, presentare dati e proiezioni finanziarie inverosimili (il piano ipotizzato deve essere coerente ed in linea con potenzialità aziendali) e non proteggere le informazioni nel BP anche se è comunque importante salvaguardare i dati inseriti (clausola di confidenzialità). La valutazione del BP si articola in sei fasi nelle quali sono analizzate: 1. l’idea imprenditoriale, cioè il progetto che si vuole realizzare e che rappresenta, quindi, il punto di partenza; 2. l’impresa e il suo business, cioè le caratteristiche, l’assetto e le potenzia-
lità (attuali e future) dell’impresa agricola; 3. la gestione operativa: l’acquisizione dei dati di natura economico-patrimoniale (stato patrimoniale, il conto economico e il piano investimenti); 4. la gestione finanziaria per l’individuazione del fabbisogno finanziario, per stabilire se l’impresa soddisfa il fabbisogno finanziario con mezzi propri o ricorrere a finanziamenti esterni e per individuare il piano finanziario (strumento che consente di individuare ed esplicitare le fonti finanziarie che l’imprenditore intende utilizzare); 5. le fonti di finanziamento esterne (a breve termine, medio termine e lungo termine); 6. le forme di mitigazioni del rischio, cioè degli strumenti per attenuare il rischio a cui si espone la Banca Finanziatrice e che possono consistere in garanzie personali (fidejussioni), garanzie reali (ipoteca, pegno, ecc.) e garanzie collettiva (confidi).
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Arriva lo street food agricolo
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rrivano le linee guida sullo street food agricolo. Così pare dopo l’elaborazione dell’Anci, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani, di una Nota di indirizzi in risposta alle richieste di chiarimenti avanzate da molti Comuni in merito alle modalità applicative delle novità introdotte per la normativa sulla vendita diretta dei prodotti agricoli dalla legge n. 205 del 2017 (la Legge di bilancio 2018). Il riferimento, in particolare, è all’articolo 1, comma 499, della citata legge n. 205 che, nell’integrare la disciplina sulla vendita diretta di cui all’art. 4 del decreto legislativo n. 228 del 2001, ha ampliato le modalità di esercizio di tale attività consentendo la vendita di “prodotti agricoli, anche manipolati e trasformati, già pronti per il con-
sumo, mediante l’utilizzo di strutture mobili, nella disponibilità dell’impresa agricola anche in modalità itinerante su aree pubbliche o private” (cosiddetto “street food agricolo”). Nell’ambito della vendita diretta dei prodotti agricoli, comprensiva della eventuale “somministrazione non assistita” degli stessi effettuata utilizzando i locali e gli arredi nella disponibilità dell’imprenditore agricolo, è possibile per lo stesso imprenditore esercitare quello che ormai viene definito lo “street food agricolo”, naturalmente nel rispetto delle vigenti normative igienico-sanitarie. Circa le attrezzature e le strutture mobili utilizzabili, si precisa che per “strutture mobili nella disponibilità della impresa” devono inten-
dersi non necessariamente quelle di proprietà ma anche quelle utilizzate dalla impresa sulla base di un titolo giuridicamente valido ed efficace (ad es. in comodato). Il documento Anci chiarisce anche il significato da attribuire alla locuzione “prodotti già pronti per il consumo”, ritenendo, conformemente alla interpretazione giurisprudenziale formatasi in materia, che i prodotti già pronti per il consumo siano quelli che non necessitano di cottura sul posto per essere commestibili ma che, al limite, possono essere riscaldati, anche su richiesta del consumatore, non essendo, invece, possibile un’attività di manipolazione sul luogo di vendita che consista in una vera e propria “cottura”.
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Le linee guida e di applicazione elaborate dall’Anci
RUBRICA COLTIVA LA SALUTE REDATTA DA C.D.C.
Valutazione neuropsicologica e training riabilitativo Esercizi per rallentare il processo degenerativo della memoria
Sanità
LA VALUTAZIONE Il Neuropsicologo studia e valuta le funzioni del cervello umano. Attraverso la somministrazione di alcuni test è possibile stabilire l’eventuale presenza di problemi di memoria o di attenzione ed altre problematiche che riguardano le funzioni esecutive. Identificare i problemi cognitivi nelle loro prime manifestazioni è essenziale al fine di poter attuare un efficace intervento sia terapeutico che riabilitativo.
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I CAMPANELLI DI ALLARME I segnali a cui bisogna prestare attenzione sono i seguenti: • Memoria Dimenticare gli appuntamenti, i nomi delle cose, la collocazione degli oggetti • Orientamento Essere disorientati nel percorrere strade nuove o conosciute. • Linguaggio
Perdere il filo del discorso, sentire di non avere argomenti o avere paura nell’esporli. IL TRAINING RIABILITATIVO E’ possibile intervenire attraverso un percorso di Stimolazione Cognitiva, ovvero con degli esercizi scritti o informatici somministrati dal Neuropsicologo volti a stimolare l’area identificata come deficitaria dalla valutazione svolta in precedenza. La stimolazione è essenziale al fine di far lavorare in modo ottimale le aree da potenziare. Gli incontri sono settimanali e durano circa un’ora. Al termine di ogni seduta si assegnano delle esercitazioni studiate sulla persona che devono essere svolte durante la setti-
mana al fine di potenziare la funzione cognitiva problematica.
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COLTIVA LA TUA SALUTE
Da oltre dieci anni, l’accordo tra Coldiretti-Epaca e C.D.C. permette di far crescere il valore della prevenzione e della sicurezza nella cultura dell’impresa agricola ed unire la tutela dell’imprenditore, dei suoi familiari e degli ospiti della sua azienda con l’idea di una nuova agricoltura multifunzionale territorialmente sostenibile. C.D.C. rappresenta una delle realtà sanitarie più significative e dinamiche del Piemonte, con un’attività diagnostica completa presso sedi dislocate in modo capillare su tutto il territorio regionale: a Torino, Biella, Cuneo, Novara, Vercelli e Verbania. Grazie a tale collaborazione, i soci Coldiretti-Epaca possono accedere privatamente a tutte le prestazioni con tariffario agevolato esibendo la Tessera Associativa Coldiretti/Epaca, oppure tramite il SSN presentando la richiesta del medico curante. Inoltre presso gli uffici provinciali o zonali Coldiretti-Epaca possono prenotare visite mediche specialistiche e prestazioni diagnostiche presso tutti i centri C.D.C. e con assoluto rispetto della privacy, il socio, tramite il PIN ricevuto in accettazione, può richiedere la stampa del proprio referto online. Periodicamente, tramite questa rubrica, vi informeremo su temi di interesse generale legati alla prevenzione ed alla cura di patologie tipiche del mondo agricolo. C.DC.: ASTI, C.so Galileo Ferraris, 4/a - EPACA: ASTI, C.so F. Cavallotti, 41, tel 0141.380.400 - CANELLI, Via Cassinasco, 11/13 - CASTELNUOVO D.B., V.le Europa, 12/B - MONCALVO, P.zza Carlo Alberto, 25 - MONTIGLIO M.TO, Via Padre Carpignano, 3 - NIZZA M.TO, C.so Acqui, 42/44 - S. DAMIANO D’ASTI, Via Roma, 23 - VESIME, P.zza V. Emanuele II, 3 - VILLANOVA D’ASTI, Via O. Blandino, 19
Malattie professionali in agricoltura dall’abbandono della lavorazione che ha dato origine alla malattia. DIMINUZIONE DELLA CAPACITA’ UDITIVA I lavoratori che sono affetti da ipoacusia percettiva bilaterale simmetrica per essere stati esposti a lavorazioni rumorose nell’industria, nei trasporti o in agricoltura hanno diritto alla richiesta di indennizzo per il riconoscimento della malattia professionale: a titolo esemplificativo, in ambito agricolo, è una patologia che colpisce frequentemente i trattoristi o coloro che, comunque, utilizzano in modo frequente macchinari piuttosto rumorosi. Può essere richiesto l’indennizzo entro 4 anni dall’abbandono della lavorazione che ha dato origine alla malattia. TENDINITI Sono malattie professionali tabellate le tendiniti della spalla, del
gomito, del polso e della mano se coloro che ne risultano affetti svolgono o hanno svolto lavorazioni, in modo non occasionale, che comportano movimenti ripetuti, posture incongrue ed impegno di forza: sono patologie frequenti, ad esempio, fra coloro che svolgono la raccolta di frutti pendenti, la cernita di frutta e verdura o la sessatura del pollame. Può essere richiesto l’indennizzo entro 1 anno dall’abbandono della lavorazione che ha dato origine alla malattia. PATOLOGIE DEL GINOCCHIO Le borsiti per chi svolge o ha svolto lavorazioni con appoggio prolungato del ginocchio e le meniscopatie degenerative o le tendinopatie del quadricipite per chi svolge o ha svolto lavorazioni con movimenti ripetuti del ginocchio o mantenimento di posture incongrue sono state inserite tra le malattie professionali tabellate: sono patologie frequenti, ad esempio, fra coloro che svolgono la semina o raccolta di frutti od ortaggi a terra, viticoltori ed in genere coloro che sono costretti all’utilizzo prolungato della gamba come punto di appoggio per far leva su attrezzi di lavoro. Può essere richiesto l’indennizzo entro 2 anni dall’abbandono della lavorazione che ha dato origine alla malattia. Per ogni ulteriore informazione o chiarimento in merito, invitiamo gli interessati a rivolgersi al Patronato Epaca della Coldiretti dove personale qualificato saprà fornire le corrette indicazioni del caso.
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el corso degli ultimi anni specifiche disposizioni di legge e diverse sentenze della Corte di Cassazione hanno consentito di ampliare la tabella delle malattie professionali riconoscibili dall’INAIL anche in ambito agricolo. Negli ultimi mesi grazie ad una qualificata consulenza medicolegale il Patronato EPACA della Coldiretti ha presentato numerose istanze finalizzate al riconoscimento delle malattie professionali più frequenti in agricoltura e sono stati riconosciuti numerosi indennizzi da parte dell’Istituto assicuratore. Evidenziamo di seguito tali malattie professionali, piuttosto frequenti in agricoltura ma anche in altri ambiti lavorativi, per le quali è possibile effettuare richiesta all’INAIL di indennizzo; invitiamo tutti coloro che ritengono di poter essere nelle condizioni per richiedere il beneficio a rivolgersi tempestivamente all’ufficio zona Coldiretti più vicino per la valutazione del caso attraverso una qualificata consulenza medica gratuita. TUNNEL CARPALE La sindrome del tunnel carpale viene riconosciuta come malattia professionale nei confronti di coloro che sono impegnati in lavorazioni, svolte in modo non occasionale, che comportano movimenti ripetuti, mantenimento di posture incongrue e impegno di forza: è il caso, ad esempio, di coloro che sono impegnati o sono stati impegnati nella potatura ovvero coloro che svolgono o hanno svolto l’attività di mungitura senza l’ausilio di mezzi tecnici. Può essere richiesto l’indennizzo entro 2 anni
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