Il notiziario agrigolo n 15 2015

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Spedizione in abbonamento postale -45% Poste Italiane Spa – Spedizione in A.P. D.L. 353/03 (Conv. 27/02/04 L. 46) Art. 1 comma 1, DCB Asti. Numero 15 - Anno 2015 - In caso di mancato recapito rinviare all'Ufficio P.T. 14100 Asti CPO detentore del conto, per la restituzione al mittente che si impegna a pagare il relativo importo

Anno

64°

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Periodico della Federazione Provinciale COLDIRETTI

numero

ASTI

CONTIENE I.R.

COLDIRETTI

15

30 dicembre 2015

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m m a r i o

Direzione, Redazione, Amministrazione: 14100 ASTI Corso Felice Cavallotti, 41 Tel. 0141.380.400 Fax 0141.355.138 e-mail: stefano.zunino@coldiretti.it www.coldiretti.it Periodico ufficiale Coldiretti Anno 64° numero 15 - 30 dicembre 2015* Realizzazione grafica e stampa Riflesso – Artigrafiche M.A.R. Reg. Trib. di Asti n.44 del 20-04-1949 Direttore Resp.: Antonio Ciotta Vice Direttore: Stefano Zunino Pubblicità: Impresa Verde Asti srl – Riflesso scarl Tel. 0141.380.400 – 0141.092036 Abbonamento annuale: Euro 20,00 *Data di chiusura del giornale Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

argomenti in evidenza

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Un bellissimo spot contro l’italian sounding

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Consumo di suolo: in Europa si perdono 11 ettari l’ora

6

In tre anni perso il 10% delle aziende suiniciole

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Me lo mangio! No, è lui che mangia me

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Allergie, intolleranze, intossicazioni alimentari

Coldiretti Asti augura a tutti gli associati un felice anno nuovo

IN ALLEGATO LO SPECIALE CONSUNTIVO DELL’ANNATA AGRARIA 2014/2015 - 2a parte

Sommario

So

ATTIVITA’ INFORMATIVA E DIVULGATIVA ai sensi del Regolamento (CE) 1698/2005 – Programma di Sviluppo Rurale Misura 111 AAzione 1 Sottoazione B): informazione nel settore agricolo

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Un piano da 50 milioni contro l’italian sounding Sarà attuato per promuovere il Made in Italy negli Usa inquanta milioni di euro per promuovere il Made in Italy agroalimentare negli Usa e contrastare il problema dell’italian sounding denunciato dalla Coldiretti che toglie spazi di mercato alle aziende tricolori. È quanto prevede il Piano avviato negli Stati Uniti dal Governo italiano che nella fase iniziale della campagna punterà su quattro stati: New York, California, Texas e Illinois. Il programma prevede una serie di azioni che vanno dagli accordi

Filiera agricola italiana

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con la grande distribuzione organizzata americana con l’obiettivo di portare nuovi brand italiani sugli scaffali di oltre 1000 punti vendita al presidio delle fiere e degli eventi più significativi di settore, a partire da FMI Connect di Chicago e la Winter Fancy Food di San Francisco. Ma si prevedono anche il rafforzamento e messa a sistema delle principali fiere italiane di settore come Cibus, Tutto Food e Vinitaly, la moltiplicazione delle op-

portunità di matching delle imprese e il lancio di una campagna di comunicazione multicanale con l’obiettivo di aiutare il consumatore americano a riconoscere il vero cibo italiano. Nel frattempo, è on air la campagna di comunicazione che fa perno su uno spot firmato da Silvio Muccino, che racconta la qualità e il saper fare italiani. In coincidenza con le festività natalizie, oltre che sulle Tv e sul web, lo spot è visibile su uno dei più grandi billboard digitali di Time Square.

È proprio un bellissimo spot L’agricoltura italiana con il regista Muccino alla conquista dell’America er chi ha avuto modo di vederlo, è veramente molto bello lo spot diretto da Silvio Muccino che sta girando negli Usa. Rappresenta il più importante piano di promozione per il settore agroalimentare mai realizzato dal Governo italiano. L’investimento complessivo è di circa 50 milioni di euro. La campagna è promossa dal ministero dello Sviluppo economico e dall’Agenzia Ice, prevede che questa prima fase sarà on air fino alla primavera del 2016 negli stati di New York, Texas, California e Illinois. La casa di produzione è Brand Cross, il direttore della fotografia è Renato Alfarano. Lo spot è un piccolo film di 90 secondi, come ha voluto sottolineare lo stesso regista, la colonna sonora è molto appropriata, la musica è di Paolo Iannacci, le immagini sono molto belle, la scenografia di Roberto Re si adatta ai bellissimi attori: Leda Kreider, Aferdita Arapi, Tommaso Basili, Iacopo Carapelli. Questa la trama. In una villetta americana, una donna condisce l’insalata con l’olio d’oliva, cade

P

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una goccia sul pavimento, cresce un ciuffo d’erba e si forma un prato. La donna si ritrova così in un bellissimo uliveto inerbito. Poi si passa dalle olive ai formaggi, dalla pasta ai salumi elencando i meriti del nostro agroalimentare: l’Italia detiene il record mondiale per il numero di varietà di olive; l’Italia produce oltre 600 diversi tipi di formaggio; l’Italia è leader mondiale nella produzione di pasta da oltre 500 anni; l’Italia ha la più grande selezione di prodotti alimentari certificati dall’origine alla produzione; trasformiamo i migliori

ingredienti in prodotti straordinari; acquistare autentico italiano, ottenere di più. Lo slogan di chiusura, sotto un tricolore, è “il gusto italiano, straordinario”.

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20 milioni per il rilancio della carne italiana on l’approvazione degli emendamenti (Oliverio e Guidesi) alla legge di Stabilità, viene consentito di aumentare la compensazione IVA sulle carni bovine e suine. Si passa così a 7,7 per cento per le bovine e all’8 per cento per le suine. In questo modo si destinano al comparto ulteriori 20 milioni di euro in un momento particolarmente delicato per la zootecnia italiana. Dopo i falsi allarmi lanciati sulla carne e conseguenza delle scellerate dichiarazioi dell’Organizzazione Mondiale sulla Sanità, è importante l’inter-

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vento di sostegno degli allevamenti italiani che generano nella filiera 180mila posti di lavoro in un settore chiave del Made in Italy a tavola, che vale da solo 32 miliardi di euro, un quinto dell’intero agroalimentare tricolore”. “Si tratta di difendere – ha sottolineato il presidente nazionale Coldiretti, Roberto Moncalvo - il primato italiano a livello europeo per numero di prodotti a base di carne “Doc”, con l’Italia che può contare su ben 40 specialità di salumi che hanno ottenuto la denominazione d’origine o l’indicazione

geografica. Ora l’obiettivo è quello di estendere l’obbligo di indicare la provenienza delle carni in etichetta anche ai prodotti trasformati come i salumi: oltre 2 prosciutti su 3 consumati in Italia provengono da maiali allevati all’estero ma il consumatore non lo puo’ sapere”. Nell’arco di tre anni le aziende suinicole italiane si sono ridotte del 10 per cento a causa della concorrenza sleale e della mancanza dell’obbligo dell’etichetta d’origine sui salumi in commercio.

Una volta tanto l’Italia è prima, ultima la Germania

Economia

Il provvedimento è inserito nella legge di Stabilità

Grazie all’agricoltura che risulta prima in redditività

Anche grazie a un buon 2015, l’aumento record è del 26,1% del reddito reale di chi lavora in agricoltura negli ultimi 5 anni. L’Italia si classifica così al primo posto a livello europeo nel periodo 2010-2015. Ultima la Germania che ha perso il 35,3% della redditività nei 5 anni, davanti solo alla Finlandia (-53,7%). RIFLESSO - ASTI

di produzione, il dato positivo per la nostra nazione emerge da una analisi di Coldiretti su base Eurostat. Può essere un buon viatico per l’anno nuovo, risultare una volta tanto nettamente superiori alla Germania che si trova al fondo della classifica europea con una riduzione del 37,6% nei redditi agricoli.

Ricambi Agricoli - Oleodinamica - Ferramenta - Giardinaggio Vasta gamma di macchine agricole e forestali

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ell’anno di Expo il reddito reale per lavoratore degli agricoltori europei è diminuito del 4,3%, ma in Italia si registra, in netta controtendenza, un aumento medio dell’8,7%. Anche se permangono aree di grave crisi, dal latte alla carne fino ai cereali, dove i ricavi non coprono neanche i costi

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In tre anni perso il 10% delle aziende suinicole Causa principale il crollo dei prezzi dei suini e la concorrenza sleale

Crisi zootecnica

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venienti di cui in Italia c’è chi ha subito approfittato, sfruttando la mancanza dell’etichetta d’origine sui salumi. Basti dire che nei primi otto mesi del 2015 il nostro paese ha importato il 25 per cento in più di suinetti e il 6 per cento di suini da macello rispetto allo stesso periodo del 2014. Ma c’è anche chi lamenta gli effetti dell’immotivata campagna “terroristica” lanciata dall’Oms sul consumo di salumi. Unica eccezione, il comparto dei prosciutti certificati Dop. Secondo i dati della Cun, la borsa suinicola, le quotazioni delle cosce destinate

alle produzioni a Denominazione di origine certificata hanno guadagnato il 5 per cento. Un segnale che, secondo Coldiretti, dimostra come la possibilità di dare al consumatore garanzie sulla provenienza e la qualità di quanto porta in tavola sta finendo per fare la differenza. Il problema è ora riuscire a garantire le stesse informazioni su tutti i salumi in commercio, riequilibrando al contempo i rapporti all’interno delle filiere, così da valorizzare il lavoro fatto in questi anni sulla qualità delle produzioni dalle aziende suinicole tricolori.

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ell’arco di tre anni le aziende suinicole italiane si sono ridotte del 10 per cento a causa della concorrenza sleale e della mancanza dell’obbligo dell’etichetta d’origine sui salumi in commercio. A lanciare l’allarme è la Coldiretti, sulla base di un’analisi su dati Eurostat, con il settore che sta vivendo pesanti difficoltà. A una situazione che vede già tre prosciutti su quattro venduti in Italia come nostrani provenire da maiali nati all’estero, si è aggiunto un repentino calo dei prezzi all’origine, con le quotazioni dei suini vivi che nei primi undici mesi del 2015 hanno perso l’8 per cento, secondo i dati della borsa di Modena, e quelle dei suinetti che sono calate del 10 per cento. Un fenomeno che sta interessando tutta Europa, principalmente per gli effetti combinati dell’embargo russo e dalla superproduzione di alcuni stati. Con il mercato ex sovietico sbarrato alle produzioni comunitarie, molti paesi si sono ritrovati con un considerevole surplus da destinare altrove. Un esempio è la Spagna, che ha finito per inondare il resto d’Europa di suini a basso costo, con inevitabili riflessi negativi sulle quotazioni all’origine. Una disponibilità di prodotto a prezzi con-

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Con i vini nuovi, ci saranno anche prezzi nuovi

Coldiretti ammonisce dal prevaricare la soglia minima sull’annata eccezionale

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Valore del Vino

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piemontese è impostata sulla qualità: siamo la regione con più Doc in assoluto e non abbiamo le Igt. Quindi valutare, adeguatamente e realmente, il valore delle uve, prima, e del prodotto trasformato, dopo, significa semplicemente non disperdere tutto quel lavoro che dovrebbe portare a una giusta immagine del prodotto immesso sul mercato”. In questo senso, nella riunione della Commissione camerale del 25 novembre scorso, qualcosa ha cominciato a muoversi. Le prime quotazioni della nuova annata, sui bianchi, Cortese, Chardonnay, e sui rossi, Monfer-

La 2015 potrebbe essere una delle migliori annate del secolo e la quotazione della Barbera dovrebbe essere adeguata alla realtà, invece talvolta il suo valore minimo non giustifica neanche la dignità del lavoro rato Dolcetto e Grignolino (per ora la Barbera è ancora senza quotazione), hanno segnato un leggero rialzo. Nulla di eccezionale, si intende, ma è un primo segnale per un’annata che potrebbe rivelarsi fra le migliori del

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Questa volta forse ci siamo. L’anno passato ci siamo andati vicini, quest’anno, con i vini nuovi, dovremmo avere finalmente anche i prezzi nuovi, in rialzo”. Non è polemica, né provocazione, ci tiene a precisare il presidente provinciale Coldiretti, Roberto Cabiale, ma “la considerazione che l’anno passato, nonostante una riduzione di prodotto, un aumento dei costi di produzione e un mercato in fermento, le prime quotazioni risultarono uguali all’annata precedente, cioè inspiegabilmente statiche”. La rilevazione delle contrattazioni sui vini, spetterà anche quest’anno alla “Commissione prezzi uve e vini” della Camera di Commercio di Asti. E siccome in campagna la memoria è lunga, i vignaioli aspettano con trepidazione le prime quotazioni della fantastica annata 2015. In verità, alla Coldiretti, hanno già messo le mani avanti. Nel corso dell’Anteprima Barbera del 20 novembre scorso (unico, vero, esempio di valutazione scientifica dell’annata) sono giunti alla considerazione che il prodotto eccezionale di quest’anno (diradato e selezionato) debba valere almeno 2,50 euro al litro sfuso. Ovviamente questo ha provocato qualche malumore a tutto quel “mondo di mezzo” che anche la Barbera d’Asti non si lascia mancare. Soprattutto i mediatori di vino e i commercianti, e alcuni di quei soggetti che allungano la filiera senza dare effettivo valore aggiunto, se non al loro portafogli, hanno interesse affinchè il prezzo dei vini all’origine sia il più basso possibile. “La realtà – rileva Cabiale – è che l’enologia

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Valore del Vino numero 15 – 2015

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secolo. Un altro segnale è anche un adeguamento del valore delle uve. Praticamente, dopo aver diramato il mercuriale di inizio vendemmia, ora è stato diffuso un bollettino, con valori più alti, rilevati a fine vendemmia. Un ulteriore passo fatto dalla Commissione è stato quello di aumentare la forbice della quotazione del “Vino Rosso”, considerando nel suo valore massino l’origine piemontese del vino e, in quello minimo, la produzione proveniente da fuori regione. Occorre anche sottolineare, come il mandato della Commissione, sia di rilevare le contrattazioni delle uve e dei vini, in realtà non ci sono però contratti depositati, quindi si rilevano le dichiarazioni dei vari componenti la commissione. L’unica valutazione scientifica sull’effettivo valore delle uve e dei vini potrebbe essere l’analisi dei costi di produzione. Cosa che, appunto, ha fatto Coldiretti nel definire il valore minimo della Barbera d’Asti Docg 2015 diradata e selezionata, giungendo al risultato di € 2,50 al litro sfuso. “In effetti – sottolinea Cabiale – per avere un valore di mercato effettivo, occorrerebbe poi andare al dettaglio, dove bisognerebbe ancora aggiungere il valore del marchio della Cantina che lo vende e anche quello della bottiglia stessa. Tutto questo lasciando fuori altre variabili più o meno oggettive, come il territorio di provenienza, ad esempio se ricade in zona Unesco, il valore dei terreni, l’incidenza di altre problematiche come la Flavescenza dorata della vite ecc... In ogni caso, per ora, ci siamo fermati ai soli costi di produzione, e quindi al valore minimo del prodotto, o meglio, alla soglia minima per dare la giusta dignità al lavoro”. In questo senso, oggettivamente, al di là delle rilevazioni dei mercati, avendo stabilito un valore

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delle uve, la soglia minima del prezzo del vino non può essere inferiore all’uva più i costi necessari per la trasformazione.

Tutto questo, tralasciando i desiderata dei consumatori, a cui il mercato dovrebbe doverosamente ed esclusivamente mirare.

Mercuriale di fine vendemmia Uve da Vino - Vendemmia 2015 (franco produttore)

Uva

Vino

16/09/2015

25/11/2015

Unità Prezzo Prezzo Prezzo Prezzo di mi- minimo € massimo minimo € massimo sura € €

Chardonnay Bianco

Piemonte Chardonnay D.O.C.

Kg

0,600

0,700

0,600

0,700

Pinot Nero

Piemonte Tipologie D.O.C.

Kg

0,550

0,750

0,550

0,750

Alta Langa D.C.C. (Accordo)*

Kg

1,110

1,110

1,110

1,110

Ruchè

Ruchè di Castagnole Monferrato D.O.C.G.

Kg

1,000

1,300

1,000

1,300

Dolcetto

Dolcetto d’Asti D.O.C.

Kg

0,550

0,700

0,550

0,700

Monferrato Dolcetto D.O.C.

Kg

0,500

0,650

0,500

0,650

Moscato D.O.C.G. (Accordo)**

Kg

1,070

1,070

1,070

1,070

Piemonte Moscato D.O.C.

Kg

0,900

1,000

0,900

1,000

Brachetto d’Acqui D.O.C.G. Tipologia Spumante

Kg

1,000

1,000

1,000

1,000

Brachetto d’Acqui D.O.C.G. Tipilogia Tappo raso

Kg

1,000

1,000

1,000

1,000

Piemonte Brachetto D.O.C.

Kg

0,800

0,800

0,800

0,800

Malvasia di Castelnuovo D.B. D.O.C.

Kg

0,650

0,850

0,650

0,850

Malvasia di Casorzo D.O.C.

Kg

0,650

0,850

0,650

0,850

Cortese dell’Alto Monferrato D.O.C.

Kg

0,600

0,700

0,600

0,700

Piemonte Cortese D.O.C.

Kg

0,500

0,650

0,550

0,650

Grignolino d’Asti D.O.C.

Kg

0,650

0,800

0,650

0,800

Piemonte Grignolino D.O.C.

Kg

0,600

0,650

0,600

0,650

Barbera d’Asti D.O.C.G.

Kg

0,550

0,750

0,550

0,800

Barbera d’Asti D.O.C.G. (uve diradate e selezionate)

Kg

0,800

1,000

0,800

1,050

Barbera del Monferrato D.O.C.

Kg

0,500

0,650

0,500

0,650

Piemonte Barbera D.O.C.

Kg

0,500

0,600

0,500

0,600

Freisa

Freisa d’Asti D.O.C.

Kg

0,650

0,850

0,650

0,850

Bonarda

Piemonte Bonarda D.O.C.

Kg

0,700

0,900

0,700

0,900

Croatina

Croatina D.O.C.

Kg

0,900

1,100

0,900

1,100

Arneis

Terre Alfieri D.O.C.

Kg

0,750

0,850

0,750

0,950

Kg

0,750

0,900

0,750

0,950

Pinot Bianco Chardonnay Pinot Nero

Moscato

Brachetto

Malvasia

Cortese

Grignolino

Barbera

Nebbiolo

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ATTIVITA' INFORMATIVA E DIVULGATIVA ai sensi del Regolamento (CE) 1698/2005 – Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 Misura 111 Azione 1 Sottoazione B): informazione nel settore agricolo

Il valore della Barbera: 2,60 Euro

Abbiamo calcolato i costi di produzione di un litro di “Barberamica”

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Misura 111-1B

Non esiste una sola barbera, ne esistono molti tipi, con caratteristiche di qualità molto diverse tra di loro, con costi di produzione differenti. Per questo occorre creare una forbice di prezzi partendo dai costi di produzione reali della Barbera di alta qualità

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Sopra il presidente Roberto Cabiale con la bottiglia di Barbera Amica; a lato: alcuni dei campioni di vino analizzati all’Anteprima della Barbera dove Coldiretti Asti ha fissato il valore minimo della Barbera d’Asti

Quanto costa un litro di Barbera Amica (Barbera d’Asti Docg diradata 7.000 Kg/Ha)

COSTO DI TRASFORMAZIONE mosto da 1 kg di uva

1,77 euro

COSTO DI VINIFICAZIONE di 1 litro di vino

0,36 euro

IVA 22%

0,47 euro

TOTALE COSTI PER PRODURRE 1 LITRO DI VINO

2,60 euro

* Nella pagina successiva le tabelle con il dettaglio dei costi produttivi

al panorama produttivo della barbera. Non esiste una sola barbera, esistono molti tipi di barbera, con caratteristiche di qualità molto diverse tra di loro, che hanno un valore diverso e devono spuntare prezzi diversi. In generale va ribadito che le ricerche della qualità in vigneto e in cantina permettono di ottene-

re standard qualitativi pressoché costanti, prescindendo dalle influenze negative dettate dalle condizioni climatiche: difatti, nelle annate più difficili, si fa sentire molto il “divario” tra produzioni di questo tipo e vini di minor pregio, ottenuti senza particolari attenzioni, sia in vigneto che in cantina.

numero 15 – 2015

oldiretti di Asti ha intrapreso nel recente passato molte iniziative con l’obiettivo di sostenere un accordo di filiera per la valorizzazione dell’uva barbera; gli sforzi profusi non hanno mai portato a varare un progetto concreto. Negli ultimi anni è nato il progetto “Barberamica”, sviluppato in collaborazione con il Consorzio “Terre di Qualità”, il Servizio Economico di Coldiretti Asti ed il Centro Studi Vini del Piemonte. Si è lavorato su tre direttrici: il protocollo vigneto, il protocollo di vinificazione, il mercato. Già nel primo anno, alcuni viticoltori hanno visto raddoppiare e in alcuni casi anche triplicare, il loro reddito ad ettaro. Il consolidamento del progetto negli anni seguenti ha portato ad un aumento del valore del marchio “Barberamica” percepito dal consumatore, come prodotto più appetibile rispetto agli altri e di alta qualità. Si è realizzato pertanto un “brand” che rappresenta di fatto la promessa implicita di qualità che il cliente si aspetta dal prodotto. Siamo convinti che i prodotti di alta fascia, ottenuti attraverso una tecnica viticola ineccepibile, protocolli esigenti, interventi agronomici e sulla vegetazione rivolti ad ottenere elevati standard qualitativi, sia in termini di produzione a ettaro che di espressione in aromi varietali e tipicità (aspetti che dipendono anche da una corretta tecnica enologica) devono restituire reddito e soddisfazioni economiche ai nostri viticoltori. Questi ragionamenti ci costringono a fare chiarezza rispetto

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ATTIVITA' INFORMATIVA E DIVULGATIVA ATTIVITA ai sensi del Regolamento (CE) 1698/2005 9 /2200 98 0 5 – Programma dii SSviluppo vilu vi lu upp ppo Rurale 2007-2013 Misura 111 Azione 1 Sottoazione B): informazione nel ppo el se sett settore ttore agricolo tt

Costo impianto di 1H 1 1Ha Ha dii v vigneto igneto Costi di impianto, o, sscasso, casso, d drenaggio,letamazione renagg gio i ,letamaz azio az i ne e concimazione dii ffondo on o ndo d

€ 3.000,00 3.000,00

Costi per barba bat a elle e impia anto barbatelle impianto

€ 10.000,00

Costi per pal pali alii e messa a dim dimora, morra, a p posa osa a tu tutori, uto t ri,, tr trat trattacciamento attta atta tacc ccia cc ame men nto pali , impianto pali

€4.500,00

opera Costo fili e messa in oper erra

€2.500,00

Costo ac accessori a e mess s a in i o pera pe rra a messa opera

€ 2. 2 000,00 2.000,00

Misura 111-1B

Altri c co osti - tubi drenagg gio o - ghi g h aia, hi a e cc. cc costi drenaggio ghiaia, ecc.

10

€ 50 00, 0 00 0 500,00

Tota Totale ale costi impianto o

€ 22.500 22.500,00 0,0 ,00 00

Co Costi ost sti lavorazioe 1°, 2°,, 3 3° a anno nno o

€ 2.500,00

Co C Costi o totali fase improd osti improduttiva o uttti od ti a tiva

€ 25.000,00

Q Quota uota di ammortamento ammortame ento annua an ua vigneto annu an viign netto (30 ( 0 anni) (3 anni ni)) + quota quot qu ota ot a di manutenziomanut uten en e nzion ne e annua per pali, fili + acce ac accessori, c ess ssor o i, rrinnovi or in nno novi v flavescenza vi ave ves scen enza za dor d dorata oratta or

€ 2.700,00

Costi di produzione de dell’uva ell’u ’u ’uva uva Costo concimazione aut autunnale tunna ale l

€ 250,00

Costo operazioni invernalilii p potatura, otat a ur ura, a, ttrinciatura, rinc ncia nc atu ura ra,, le legatura egatu ga atu turra

€ 1.100,00

Costo operazioni in verde, scacchiatura, sca acchi hiat a urra, a p pal palizzamento, a izzza zame mentto, me o, c cimature im mat ature

€1.400,00

Costo controllo delle infestanti, infestan nti ti,, tr rin inci ciaturre cia ci trinciature

€ 200,00

Costo trattamenti fitofarmaci, a anticrittogamici, ntic nt i riittog gamici, am m inset insetticidi, e ti et t ci c di di,, di dise diserbo erbo

€1.250,00

Costo diradamento

€ 100,00

Costo vendemmia, raccolta, trasp por ortii, ma orti m nodopera trasporti, manodopera

€ 1.000,00

Quota assicurazione

700,00 70 700, 00 € 700,00

Totali costi di produzione uva

€ 6.000,00

Costo di produzione di 1 Kg di uva Barberamica Barbe era rami m ca diradato (7 mi ((7000 700 00 K g/Ha) Kg/Ha)

€ 1,24

Costo di produzione di 1 Litro vino coefficiente di trasformazione uva/vino

€ 1,77

numero 15 – 2015

Costo di produzione vino Costo coadiuvanti di vvinifi inifi in ifi ficazione fic c

€ 420,00

Costi analisi, con consulenza, on nsu sule lenza, trasporto vinaccia, ammin amministrative, nistrative, is s e ecc

€ 450,00

C Co Costi sti vinifi fica fi caz ca cazione zi zione zi e stabilizzazione

€ 900,00

T To Totale tale le ec costi o ti di produzione os

€ 1.770,00

Cos Co Costo st di vinificazione di 1 L di Barberamica sto

€ 0, 0,36 ,36

Costo Totale 1 Litro di vino Barberamica Ivato

€ 2,60

A Articolo e tabelle redatti dal Centro Studi Vini del Piemonte. Nella foto il Responsabile del Centro, Secondo Rabbione

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ATTIVITA' INFORMATIVA E DIVULGATIVA ai sensi del Regolamento (CE) 1698/2005 – Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 Misura 111 Azione 1 Sottoazione B): informazione nel settore agricolo

Le opportunità per l’agricoltura dell’Astigiano

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l 4 dicembre scorso, al polo universitario di Asti, si è tenuto un seminario di presentazione del Piano di Sviluppo Rurale della Regione Piemonte. Approvato dalla Commissione europea il 27 ottobre scorso, il documento di sviluppo economico per le province agricole, collinari e montane, delinea le priorità per l’utilizzo di circa 1 miliardo di euro di finanziamento pubblico, disponibile fino al 2020. Ad illustrare nel dettaglio il PSR della Regione Piemonte sono intervenuti l’assessore regionale Giorgio Ferrero con i collaboratori dell’assessorato Gualtiero Freiburger e Mario Perosino. “Con l’approvazione definitiva del Programma di sviluppo rurale da parte della Commissione europea, si chiude un lavoro che ha coinvolto per oltre un anno gli uffici regionali, in forte rapporto con i funzionari della commissione di Bruxelles – ha detto Ferrero-. Questo ha permesso di recupera-

re un ritardo precedente e di varare un PSR che mette a disposizione fino al 2020 un miliardo e 90 milioni di euro tra fondi europei, fondi nazionali e regionali”. “La Regione Piemonte concorre con 27 milioni all’anno - ha proseguito - il doppio dei contributi messi a disposizione nel passato PSR. Si tratta di un finanziamento molto importante, non solo per l’agroalimentare, ma per l’intera regione. Rappresenta infatti un volano non solo per le imprese agricole e per i giovani agricoltori, ma per l’intero territorio. Stimiamo che ogni euro investito crei un indotto di circa 20 volte superiore, sia a monte che a valle delle imprese agricole”.

In questo senso il PSR rappresenta una grande boccata di ossigeno. Darà una grande opportunità alle imprese che vogliono ristrutturarsi e rilanciarsi, ai giovani che vogliono intraprendere la sfida di fare impresa, ai territori più svantaggiati e alle loro produzioni e più, in generale, all’ambiente, di cui quasi il 40% delle risorse é dedicato a questo, considerata una emergenza per l’intero pianeta. Il comitato di sorveglianza in una apposita riunione ha definito le priorità: “l’intenzione – hanno evidenziato i dirigenti regionali - è di pubblicare entro la fine dell’anno qualche bando sia sui giovani che sugli investimenti in agricoltura, i due settori che da più tempo attendono sostegno. Il nuovo PSR sarà importante per i comparti che hanno bisogno di rafforzarsi strutturalmente, con sinergie tra produttori e trasformatori e un nuovo rapporto con la grande distribuzione”.

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Illustrate dalla Regione le principali linee di intervento del Psr

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Cos’è il comitato di sorveglianza Si è insediato il 26 novembre scorso a Palazzo Lascaris, a Torino, il Comitato di sorveglianza del Programma di sviluppo rurale 2014-2020. Nel Comitato, composto da una settantina di membri, sono presenti i rappresentanti degli enti cofinanziatori

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(UE, Stato e Regione Piemonte) e quelli delle forze economiche e sociali coinvolte nel Psr. Compito del Comitato è definire i criteri di selezione presenti nei bandi, le modifiche al Psr in corso d’opera e la relazione annuale sullo stato di attuazione del programma.

Nella sua prima riunione, il Comitato, ha anche fatto un bilancio dell’attuale Psr che si sta concludendo. Fin’ora le risorse impegnate hanno raggiunto il 97% delle disponibilità, la convinzione è che entro l’anno sia possibile esaurire tutto il budget.

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Definisce i criteri dei bandi e relazione sull’attuazione

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PSR Italia: opportunità per 20 mila giovani Tanti potrebbero essere i primi insediamenti in agricoltura

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on l’approvazione da parte della Commissione Europea di tutti i Piani di sviluppo rurale presentati dall’Italia, complessivamente ci sono opportunità di insediamento nell’agricoltura italiana per almeno ventimila giovani. Un volano economico di quasi 21 miliardi di Euro fino al 2020 per le campagne con interventi regionali a sostegno non solo del primo insediamento dei giovani ma che vanno dall’ammodernamento delle imprese sino al sostegno delle filiere corte ma anche interventi nazionali particolarmente importanti, quali la gestione del rischio il piano irriguo e la biodiversità animale. I primi bandi per i giovani sono già partiti in Toscana con 1800 domande presentate da giovani mentre in Emilia Romagna, dove il bando chiuderà il 1 dicembre, le domande presentate sino ad ora sono oltre 500 ma presto le opportunità si apriranno in tutte le Regioni. Gli interventi che si rivolgono a giovani agricoltori tra 18 e 40 anni non compiuti possono arrivare ad offrire fino a 70.000 euro a fondo perduto per iniziare l’attività oltre a un contributo a fondo perduto sugli investimenti aziendali che può arrivare sino al 60%. I giovani potranno accedere inoltre a tutte le altre misure previste sviluppo rurale come consulenza aziendale o la formazione con criteri di priorità. I giovani di Coldiretti hanno costituito una apposita task force che opera anche a livello territoriale per sostenere i giovani interessati con tutte le informazioni ma anche tutor, corsi di formazione e consigli per accesso al credito. “C’è un intero esercito di giova-

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ni che sta prendendo in mano un settore considerato vecchio, saturo e inappropriato per immaginare prospettive future per costruire un Paese migliore per se stessi e per gli altri”, ha affermato Maria Letizia Gardoni delegata dei giovani della Coldiretti. In questo contesto – ha precisato la Gardoni - i piani di sviluppo rurali (Psr) rappresentano uno strumento utile per continuare ad incrementare la presenza delle nuove generazioni nelle campagne italiane. Uno strumento che però deve essere leggibile e di facile interpretazione e che sia oggetto di semplificazione per facilitare l’avvicinamento delle giovai imprese alle opportunità offerte dal settore agricolo”. Una risposta alla crescente domanda di agricoltura da parte dei giovani che, secondo un sondaggio Coldiretti/Ixe’, nel 57 per cento dei casi oggi preferirebbe gestire un agriturismo piuttosto che lavorare in una multinazionale (18 per cento) o fare l’impiegato in banca (18 per cento). Ma anche continua la Coldiretti - un sostegno alla competitività dell’agricoltura poiché le aziende agricole condotte dai giovani possiedono, una superficie superiore di oltre il 54 per cento alla media, un fatturato più elevato del 75 per cento della media e il 50 per cento di occupati per azienda in più. Gli interventi non si limitano però solo ai giovani ma nei piani di sviluppo rurale regionali approvati ci sono ben 4.960 milioni di euro da destinare a investimenti in immobilizzazioni materiali e immateriali che contribuiranno al rilancio delle aziende agricole e forestali, favorendo un miglioramento del-

le prestazioni economiche, incoraggiando la ristrutturazione e l’ammodernamento delle aziende agricole nonché la diversificazione delle attività. Non mancano però risorse per la sostenibilità delle produzioni e per il biologico, per l’agricoltura sociale fino alla consulenza aziendale e l’innovazione che possono sostenere la distintività ed i primati qualitativi e di sicurezza alimentare ed ambientale dell’agricoltura italiana. La ripartizione delle risorse nazionali ha tenuto conto dei livelli di sviluppo economico regionale: circa 9 Miliardi di euro saranno destinati alle 13 regioni/province autonome in obiettivo competitività (Bolzano, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Trento, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto), circa 2 Miliardi di euro alle 3 regioni in transizione (Abruzzo, Molise, Sardegna), mentre 7.4 Miliardi di euro andranno alle 5 regioni in obiettivo convergenza (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia). Una ulteriore quota di risorse aggiuntive è prevista per l’attuazione di programmi nazionali che con circa 2.2 miliardi di Euro interverranno in ambiti strategici e comuni su tutto il territorio italiano. “Abbiamo di fronte una occasione forse irripetibile per sostenere il grande sforzo di rinnovamento dell’agricoltura italiana e di sostenere la competitività delle impese” ha affermato il presidente nazionale Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare “l’importanza del dialogo con la pubblica amministrazione per rendere piu’ agevole e veloce l’accesso alle misure previste dai Piani”.

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I danni della cimice asiatica in Piemonte Si sta diffondendo velocemente e danneggia frutta, orticole e soia

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dall’insetto Anastatus bifasciatus, ma non è specializzato in quanto si nutre di tutto; tra quelli presenti in Asia e Usa invece si annovera il Trissolcus japonicus, un parassitoide oofago il quale pur avendo un’elevata capacità di parassitizzare la cimice asiatica (circa 70%), non è specifico in quanto attacca anche altre specie di cimici. Altro possibile mezzo di lotta è rappresentato dal metodo denominato “push and pull” che consiste nell’utilizzo di sostanze repellenti (olio di chiodi di garofano, citronella, ecc…) in modo da far spostare gli insetti verso piante attrattive di meno interesse. Per quanto riguarda la lotta chimica, nessun principio attivo attualmente riporta in etichetta un’azione contro la cimice asiatica. Nell’utilizzo degli insetticidi occorre tenere conto della necessità di preservare l’antropodofauna utile utilizzando prodotti possibilmente selettivi, e trattare tempestivamente considerata l’azione relativamente breve dei prodotti sulla cimice e l’estrema mobilità di questo insetto.

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dell’insetto si può riscontrare già ad inizio estate con le punture delle prime generazioni su frutti e ortaggi, che ne causano la deformazione e creano un tessuto suberoso sotto la zona colpita. Mentre su pesche e nettarine il sintomo è inconfondibile, su pero e melo ci possono essere dubbi in quanto alcuni virus, carenze di boro e fisiopatie come la butteratura generano un difetto simile. Il monitoraggio più affidabile ad oggi rimane il frappage consistente nello scuotimento delle piante e successiva conta degli individui a terra. Non avendo limitatori naturali specifici in grado di contenerla efficacemente nel nostro continente, questa cimice si sta diffondendo velocemente in nuove aree. Nella situazione attuale si è ancora nella fase di ricerca di antagonisti naturali sia autoctoni, già individuati sul territorio, sia quelli più specifici provenienti dalle aree di origine della specie. Fra i limitatori naturali presenti in Italia, l’unico parassitoide oofago in grado di parassitizzare in parte la cimice asiatica è rappresentato

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alyomorpha halys è il nome scientifico della cimice aliena, originaria dell’Asia orientale, che rischia di diventare la nuova emergenza fitosanitaria per l’agricoltura italiana. Segnalata negli USA nel 2001, poi in Europa (Svizzera) nel 2004, in Italia viene individuata per la prima volta nel 2012 in provincia di Modena. La prima segnalazione in Piemonte risale al 2013 nel cuneese. In questi ultimi due anni la popolazione è andata aumentando estendendosi sul territorio attaccando un numero crescente di colture. Le nettarine e il pero sono state le prime specie ad essere colpite ma nel 2015 sono stati osservati danni su susino, melo, actinidia, orticole, mais, soia e nocciolo. La cimice asiatica è una specie altamente polifaga, adulti e giovani colpiscono i frutti sia nella fase di accrescimento sia nella fase immediatamente prima della loro completa maturazione e raccolta. L’attacco di cimiciato sul nocciolo si è manifestato sui frutti, provocando una deformazione e alterando il sapore. L’insetto compie almeno due generazioni all’anno, sverna come adulto in luoghi riparati dal freddo quali abitazioni, magazzini, soffitte e tettoie delle case; fuoriesce ad inizio primavera nel periodo degli accoppiamenti, deponendo le uova e dando alla nascita le prime neanidi. Le forme giovanili trascorrono la prima parte della stagione sulle erbe infestanti, piante spontanee e ornamentali e da fine giugno/inizio luglio gli adulti migrano sulle colture in via di maturazione. L’azione

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Disinfezione semi di ortaggi

Periodo fondamentale per la prevenzione dei vivai

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ntrando in un periodo molto importante per l’attività vivaistica e comunque per le semine finalizzate alla produzione di piantine orticole (in particolare peperone e pomodoro), al fine di contrastare quei patogeni tipicamente trasmessi per seme, se non vengono utilizzati semi già conciati o comunque opportunamente trattati, conviene applicare quanto segue. 1 – Per le virosi trasmesse per contatto (TMV e ToMV) Utilizzare la polvere di fosfato trisodico al 10% cioè, esempio, 10 grammi di polvere in 100 cc (ml) di acqua. Sciogliere bene e immergere i semi di

pomodoro o di peperone per un’ora, tenendo in agitazione; al termine risciacquare abbondantemente. Per contrastare TMV e ToMV è molto efficace utilizzare il fosfato trisodico per tutti i lavaggi dei bancali, delle cassette, degli attrezzi di lavoro. 2 – Per il batterio XANTO-

MONAS CAMPESTRIS VESICATORIA Occorre utilizzare una soluzione, con il 4 per mille di cloro attivo, in cui immergere i semi di pomodoro e peperone tenendo in agitazione per 10 minuti; al termine risciacquare molto bene per eliminare completamente il cloro che potrebbe danneggiare il germinello. Per quanto riguarda la preparazione della soluzione, il cloro è contenuto nella comune Candeggina, solitamente in commercio al 5%, per tanto la regola semplice è mettere una parte di candeggina al 5% in 4,5 parti di acqua.

Florovivaismo: ecco i nuovi codici doganali Entra in vigore dal 1° gennaio prossimo la revisione del capitolo 6 al 1° gennaio 2016 entrano in vigore i nuovi codici doganali per alcuni prodotti florovivaistici. Dopo anni di lavoro, di rinvii e di discussioni, si concretizza la proposta italiana di revisione del capitolo 06 del codice doganale “Piante vive e prodotti della floricoltura”. La possibilità di poter usufruire di flussi informativi corretti e corrispondenti alla realtà di mercato, fondamentali per tutta una serie di analisi e scelte economiche, ha portato alla richiesta di aggiornamento della nomenclatura combinata.

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In particolare i nuovi codici riguardano i ranuncoli, gli agrumi in vaso e in contenitore (si tratta di prodotti ornamentali da tenere separati, come dati statistici, dai prodotti destinati alla piantagione per la produzione di frutti commestibili), conifere e sempreverdi in vaso e in contenitore. Vi è poi la distinzione tra alberi, arbusti e arboscelli in vaso o in contenitore, per la maggior parte destinati alla casa e al cortile, e quelli per suolo, destinati alla creazione e al mantenimento di giardini e spazi verdi, compresi gli spazi pubblici, distinzione che è di

particolare importanza poiché permette di identificare l’uso finale del prodotto. Infine si passa ai “pezzi” dalle tonnellate per una serie di sottovoci del capitolo 06 che non erano altrimenti facilmente comprensibili. Queste novità permetteranno una valutazione più realistica dei flussi di mercato, sia a livello statistico che conoscitivo, di studio e sviluppo delle tendenze e porteranno forti benefici alle imprese nelle analisi dei mercati, nel marketing di prodotto e nella programmazione della produzione.

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Incertezza e termini sul confine

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servitù, dall’enfiteuta, dall’usufruttuario e da chi ha il diritto d’uso. Questi ultimi però dovranno chiamare in causa anche il proprietario, altrimenti la sentenza non avrà alcun valore nei suoi confronti. L’affittuario invece non può in nessun caso proporre l’azione di regolamento dei confini. Chiamato a decidere della causa è il giudice competente per valore del luogo in cui si trovano i terreni interessati. Ciascun proprietario ha l’onere di fornire la prova della posizione del confine e può usare a questo scopo ogni mezzo: documenti scritti, testimonianze ecc. Solo quando non vi siano altri elementi, il giudice può ricorrere alle mappe catastali. Il giudice può disporre la perizia di un tecnico, il quale alla fine farà una relazione scrit-

ta. Eventualmente, nell’ambito della stessa causa , un proprietario potrà anche eccepire l’eventuale intervento dell’usucapione in proprio favore: in altre parole essi potranno dimostrare che, a prescindere dall’effettivo confine formale risultante dai pubblici registri o accertato dal tecnico, una porzione del terreno altrui è stata posseduta e utilizzata per oltre 20 anni. Quando invece l’incertezza non è sul confine ma sulla sua delimitazione (termini sono assenti o deteriorati) per risolvere la questione della “Apposizione dei termini” ciascun proprietario ha diritto di chiedere che vengano posti o sostituiti a spese comuni. Se il vicino non aderisce alla richiesta, è sempre possibile ricorrere al Giudice di Pace.

All’Istituto “Penna” è nato il Progetto Vigneto 2.0

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Sperimentazione di raccolta dati georiferiti condotta dagli studenti

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’Istituto Statale Tecnico Agrario “G. Penna” di Asti è stato il promotore del progetto VIGNETO 2.0 per la formazione di nuovi tecnici nell’utilizzo delle tecnologie innovative applicate al settore agricolo. Il progetto è stato presentato agli amministratori locali e ai tecnici, venerdì 20 novembre. Alla presentazione di VIGNETO 2.0, moderata da Beppe Rovera giornalista del TGR Piemonte, è intervenuto Giorgio Ferrero, Assessore regionale all’Agricoltura, che ha sottolineato l’importanza che il nuovo Piano Regionale di Sviluppo Rurale potrà avere per l’innovazione in agricoltura, attraverso fondi mirati per l’ampliamento della banda larga sul territorio. L’impresa ha come artefici, con l’appoggio della Provincia, il Preside Renato Parisio, insieme al profes-

sor Valerio Musica, e prevede la realizzazione di un laboratorio permanente d’innovazione digitale per l’agricoltura presso il vigneto didattico dimostrativo. La sperimentazione sarà condotta direttamente dagli studenti e sarà orientata alla programmazione degli interventi e alla raccolta dei dati georiferiti in particolare per le fitopatologie. In concreto si procederà all’installazione di sensori, in grado di rilevare tutti i dati utili allo sviluppo e allo studio del vigneto, raccolti mediante tecnologie wireless e radio che confluiranno, poi, sulla piattaforma regionale Smart Data Platform di cui il Penna sarà il nuovo Living Lab nell’Astigiano.

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ra i motivi più frequenti di litigi tra vicini rientrano sicuramente l’incertezza sul confine tra due proprietà o la perdita dei “termini di confine”, cioè quei segni materiali come picchetti, pietre o altro, usati per delimitare due terreni confinanti.Tali situazioni sono disciplinate dagli articoli 950 e 951 del Codice Civile Le soluzioni per risolvere la questione dell’incertezza sul confine sono sostanzialmente tre: 1) Soluzione bonaria che consiste per i proprietari interessati nel riuscire a trovare un accordo amichevole tra loro: Le parti possono concordare amichevolmente la determinazione del confine. Si tratta di un atto ”transattivo” (transazione) che può essere fatto solo dal proprietario del terreno. Per essere valido, è necessaria la forma scritta e la trascrizione presso il Registro dei beni immobiliari. Sarà opportuno, a tale scopo, richiedere l’intervento di un tecnico il quale, in presenza delle parti: – esaminerà i titoli di proprietà e le piantine allegate per conoscere con precisione le superficie di ciascun terreno; – misurerà la superficie reale di ciascuna proprietà; – infine determinerà la linea di confine, individuandola eventualmente con ceppi, picchetti o altro. 2) Ricorso alla Mediazione con i relativi costi: Le parti in questa caso si avvalgono di un organismo di mediazione pubblico o privato.Si ricorda che in nel settore dei diritti reali la mediazione è peraltro obbligatoria prima di andare davanti ad un giudice. 3) Soluzione giudiziale con i relativi costi. L’azione può essere proposta solo dal proprietario, dal titolare di un diritto di

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Una questione di rapporti di vicinato che può avere tre soluzioni

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Me lo mangio! No, è lui che mangia me In Italia ci sarebbero un milione di cinghiali e i cacciatori stanno scomparendo

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a quanti cinghiali circolano in Italia? I dati sono fermi all’anno 2010, e in un lustro la situazione è sicuramente peggiorata, per non dire degenerata. Secondo l’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, cinque anni fa eravamo a oltre 900 mila, ma i dati “sono incompleti – denuncia lo stesso Istituto - in quanto la banca dati Ungulati non fornisce un’esatta fotografia della situazione, mancando un sistematico flusso di dati da parte delle Regioni sulla presenza della specie”. In ogni caso a preoccupare è anche il trend demografico, quasi raddoppiato ogni cinque anni. Sempre secondo l’Ispra, l’incremento numerico dei cinghiali è passato da 300-500.000 unità nel 2000 a oltre 600.000 nel 2005, fino a superare, appunto, i 900.000 nel 2010. Tutto questo mentre il prelievo venatorio è andato crescendo da 93.000 capi nel 2000 a 115.000 nel 2005 a oltre 153.000 nel 2010. Un effetto valanga sul territorio che ha spinto lo stesso Ispra, insieme all’Associazione Teriologica Italiana e all’intervento di Coldiretti, ad organizzare a Bologna un workshop in cui, fra l’altro, sono state tratte alcune indicazioni su come gestire quella che è diventata, per le imprese agricole, la specie più dannosa in assoluto. Le relazioni degli esperti del mondo scientifico hanno evidenziato che l’emergenza cinghiali è un fenomeno in atto da 20 anni, con conseguenze gravissime sul territorio in termini economici e sociali. Alle specie autoctone si sono aggiunte, a causa di inopportuni ripopolamenti effettuati dalle associazioni venatorie, altre specie provenienti dall’Asia e dai paesi dell’Est che a volte, incro-

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Il mondo scientifico e Coldiretti studiano le strategie di contenimento, ma se non si cambia politica, sono destinate a naufragare: i cinghiali stanno sopraffacendo l’agricoltura ciandosi anche con maiali allo stato brado, hanno dato luogo a specie ibridate. Una cosa è ormai chiara, i cinghiali stanno sopraffacendo l’agricoltura, e i cacciatori non riescono o non vogliono contenere la specie. Tra le misure di prevenzione è impensabile risolvere il problema con le recinzioni elettrificate, per altro non garantiscono la totale impermeabilità. I repellenti, invece, è dimostrato come non abbiano alcun effetto. Gli studi scientifici indicano che la sterilizzazione è praticamente irrealizzabile ed economicamente insostenibile. L’unica strada percorribile rimane il miglioramento e l’intensificazione delle tecniche di prelievo:

abbattendo almeno il 65% della popolazione pre-riproduttiva, aumentando i prelievi degli animali di età inferiore ad un anno e delle femmine adulte, incrementando l’uso di tecniche più selettive e ricorrendo alla braccata. Il problema, nonchè la fonte di maggiore preoccupazione, anche da parte del mondo scientifico, è che dal 2007 ad oggi il numero di cacciatori è sensibilmente diminuito: da 700.000 unità si è arrivati nel 2014 a circa 600.000 e le previsioni per il 2025 sono per un’ulteriore riduzione al di sotto delle 300.000 unità. Verrebbe così meno uno dei principali strumenti di controllo della specie.

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Alla ricerca di nuovi strumenti legislativi

Prelievi anche nelle zone di divieto di caccia e più potere ai Sindaci

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Euro. Coldiretti, infine, propone che sia modificato il quadro legislativo affinché, quando le misure di gestione ordinaria e di prevenzione dei danni da fauna selvatica si rivelano inefficaci, ci sia una legittimazione dei Sindaci ad adottare ordinanze contingibili ed urgenti per autorizzare misure straordinarie di controllo faunistico, nei casi in cui, in sede locale, a causa della fauna selvatica, pos-

sano verificarsi pericoli imminenti tali da minacciare l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana. Le risultanze provenienti dal modo scientifico che vi abbiamo esposto in queste pagine de “Il Notiziario Agricolo”, si possono trovare nella relazione pubblicata al seguente indirizzo Internet: http:// www.ambienteterritorio.coldiretti.it/tematiche/Ogm/Documents/ cinghiali%20bolognadef1.pdf.

Un capo può vivere anche 17 anni

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’elevata capacità riproduttiva della specie dipende dalle assidue cure parentali, da lenti ritmi di crescita, da una straordinaria capacità di adattamento e di sopravvivenza tanto che il cinghiale può vivere fino a 17 anni. Gli studi condotti dimostrano che l’accumulo di riserve energetiche è fondamentale per la specie e quindi il cambiamento climatico ed il

foraggiamento nella misura in cui garantiscono maggior cibo favoriscono la partecipazione al ciclo riproduttivo della specie. È dimostrato, ad esempio, che una maggiore presenza di ghiande stimola indirettamente la riproduzione così come il verificarsi di anni consecutivi di abbondante fruttificazione a causa di inverni miti ed estati fresche e piovose.

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Perchè prolificano così tanto

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Danneggiano anche l’ambiente

I continui scavi alterano la chimica del terreno

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li studi dimostrano come i cinghiali abbiano un impatto negativo sull’ambiente consistente in un’alterazione della composizione chimica del terreno a causa dell’attività continua di scavo alla ricerca delle radici, determinando così una perdita della fitomassa vegetale, una perdita di compattezza del suolo, fenomeni di erosio-

ne, evaporazione dell’acqua, diminuzione dei nutrienti del suolo (sodio, magnesio, potassio, carbonio), un aumento dei composti azotati e un danneggiamento ambientale ed economico delle aree destinate a pascolo. La profondità dello scavo varia dai 5 cm ai 30 cm. Risulta, quindi, evidente il danno economico provocato ai terreni agricoli

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oldiretti sta dunque cercando di individuare gli opportuni strumenti per ridurre e gestire la presenza della specie sul territorio, mantenere delle densità obiettivo nelle diverse zone del territorio compatibilmente con l’uso del suolo, limitando al massimo la presenza dei cinghiali dove l’attività agricola è prevalente fino a tollerarne una maggiore presenza in aree dove l’unico obiettivo è la conservazione della natura. In particolare, l’unità di gestione del cinghiale deve il più possibile coincidere con l’ambito geografico occupato da un’unità di popolazione. È, poi, importante la modifica e l’adeguamento del quadro normativo per cui, nell’ambito della l. 157/1992 occorre prevedere il prelievo venatorio del cinghiale anche nelle aree a divieto di caccia ed il divieto di foraggiamento tranne quello strettamente necessario per favorire le catture e gli abbattimenti selettivi. È evidente che gli abbattimenti di cinghiali devono avvenire sulla base di regolamenti delle Regioni, con mezzi selettivi e previo consenso del proprietario o conduttore del fondo interessato. Inoltre, è indispensabile, nelle aree protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, la nomina, da parte del Ministero dell’ambiente, di un commissario ad acta, qualora gli enti parco non abbiano adottato specifiche misure di contenimento della specie. Occorre prevedere, poi, a carico di chiunque violi il divieto di immissioni di cinghiali una sanzione amministrativa da 1000 a 10.000

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Quando i cinghiali si accomodano al ristorante “Strano ma vero: è successo in Corso Casale a Torino”

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e il problema fosse di poco conto, ci sarebbe da ridere. Il 23 ottobre scorso, il quotidiano “La Stampa”, a pagina 62 dell’edizione piemontese, ha riportato un articolo con il seguente titolo: “I cinghiali scendono in città. Tre sono entrati in un ristorante”. Verrebbe da dire: “chissà se hanno mangiato bene”. In realtà l’articolo era molto serio, corredato con una mappa degli ultimi avvistamenti rilevati nella collina torinese e, appunto, l’ultima uscita in un ristorante di corso Casale. Una disamina attenta che denuncia l’estrema pericolosità anche per i cittadini del capoluogo regionale e la forte difficoltà attraversata dall’agricoltura per i danni arrecati da questa specie. Quindi questa “goliardata” dei nostri ungulati, ci da la stura per una riflessione comica sull’utilizzo della carne di cinghiale proprio nella ristorazione. Una sorta di nemesi storica del “cinghialone” che, dopo essere stato allevato con cura dai cacciatori (circostanza denunciata pubblicamente dall’Ispra), una volta diventato grande, scende al ristorante per vendicarsi della fine ingloriosa fatta dai sui cari, finiti prematuramente in padella. Le domande sono quindi due: Quanta carne si consuma annualmente nei ristoranti del Piemonte? Quale è la sua provenienza? Partendo dalla seconda domanda, non possiamo che dare la seguente risposta: “Ogni capo utilizzato dalla ristorazione, proviene dagli allevamenti. La legge non permet-

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Sopra la pagina de “La Stampa” edizione Piemonte del 23 ottobre scorso: non c’è refuso, i cinghiali si sono veramente spinti fino a un ristorante. Sotto l’insegna di uno dei tanti ristoranti che propongono carne di cinghiale

te ai cacciatori di rivendere la loro selvaggina”. Raccogliendo però sommarie informazioni in ambienti venatori, parrebbe si “ricicli a pagamento” verosimilmente quasi tutta la carne cacciata dalle cosiddette squadre

di “cinghialisti”. Si narra infatti di batterie di congelatori predisposti dai nostri cacciatori, per stipare gli animali abbattuti e debitamente scuoiati in attesa che i ristoratori chiedano la fornitura del prodotto da cucinare

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Ed ora si dice di abbandonare le coltivazioni

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i fronte ai pericoli e ai danni provocati da cinghiali ma anche da nutrie, corvi ed altri animali selvatici, gli agricoltori di Coldiretti chiedono alle istituzioni azioni tempestive e continuative che talvolta vengono disattese. È successo così che il 17 dicembre, a Cameri, davanti alla sede del parco del Ticino di villa Picchetta, gli agricoltori hanno manifestato con trattori e striscioni contro l’Assessorato regionale all’Ambiente. “Ci preoccupa – ha spiegato Christian Invernizzi di Coldiretti - il piano faunistico di gestione e controllo demografico del cinghiale per il quinquennio 2016-2020. La bozza non è stata sottoposta alla condivisione preventiva delle associazioni

agricole di categoria, ma inviata in prima battuta all’Ispra, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale». In particolare nel documento inviato all’Istituto si suggerisce agli agricoltori di cambiare la tipologia delle coltivazione, per non ingolosire gli ungulati. Tutto questo mentre temono un ulteriore proliferare dei cinghiali in prossimità delle semine, siamo al teatro dell’assurdo: invece di preoccuparsi di abbattere gli animali che fanno i danni, si dovrebbero lasciar perdere le coltivazioni necessarie per alimentare i bovini nelle stalle. L’assessore Alberto Valmaggia ha dichiarato la sua disponibilità per affrontare il problema.

Risarcimenti: per l’Europa sono aiuti di Stato La denunzia dei “Cinque Stelle” dopo un’interrogazione parlamentare

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d ora ci si mette anche l’Unione Europea. Come se non bastassero i ritardi e le restrizioni del sistema nazionale di risarcimento danni dovuti dalla fauna selvatica, secondo l’Europa tali risarcimenti sono equiparati ad aiuti di Stato per le aziende agricole. A denunciarlo sono l’Europarlamentare e la Consigliera regionale Cinque Stelle, Tiziana Beghin e Paolo Mighetti: “È

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Territorio

Un autogol contestato dagli agricoltori di Cameri che portano i trattori in piazza

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inaccettabile paragonare un risarcimento ad un aiuto di stato. Sarebbe come negare il rimborso per un incidente stradale ad una vittima solo perché percepisce un sostegno economico statale, ad esempio la cassa integrazione. Lavoreremo per eliminare ingiustizie burocratiche di questo genere chiedendo, in primo luogo, un intervento legislativo adeguato”.

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in gran parte in spezzatino e il più delle volte da servire con la polenta. E quindi quante sono le disponibilità di carne di cinghiale reperibili localmente dai cacciatori? Una domanda destinata a non avere risposta, anche perchè ci sarebbero molti dubbi sui dati degli abbattimenti riferiti dai cacciatori. In ogni caso, pur considerando che oggi i “cinghialisti” non commercializzino i “cinghialoni”, se è vero che ad ogni azione esiste una reazione uguale e contraria, la reazione dei cinghialoni scesi al ristorante potrebbe essere un primo indizio, quella di inserire la possibilità di vendere la fauna selvatica abbattuta nel disegno di legge sulla caccia in Piemonte, parrebbe il secondo indizio sulla necessità di regolarizzare una situazione. Ma, si dirà, queste sono solo coincidenze, e poi per avere una prova manca ancora un indizio. E forse è meglio così. Anche perchè, pensandoci, non c’è nulla di male. Anzi, la vendita ufficiale di cinghiali da parte dei cacciatori potrebbe finalmente incentivare maggiori abbattimenti e una corretta regolamentazione della specie. Nell’attesa, però, cortesemente, cari cacciatori, pagate i danni all’agricoltura e anche il conto del ristorante lasciato dai cinghialoni.

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Non è uno scherzo, ma un problema di sicurezza

Danni per 100 milioni, senza contare le vittime di incidenti e aggressioni

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’incontrollata proliferazione dei cinghiali, purtroppo, non è uno scherzo. Un problema serio per l’agricoltura e per l’economica, e talvolta un dramma per i cittadini se non addirittura una tragedia per alcuni sfortunati. Sono 18 le morti causate da incidenti con animali selvatici nei primi nove mesi del 2015. È il caso di un uomo di 65 anni, morto nel settembre scorso per un’aggressione subita da un cinghiale nelle campagne di Ferentino, alle porte di Frosinone. Stessa sorte accaduta ad agosto da un altro uomo attaccato ed ucciso sulle colline di Cefalù. Un’escalation preoccupante, un problema di ordine pubblico che tocca anche l’Astigiano. Anche a Valmanera (alle porte di Asti), in prossimità della Certosa, dove è presente anche una scuola materna, a novembre, in seguito all’avvistamento di cinghiali, la Prefettura ha organizzato una riunione con i rappresentanti del Servizio Caccia e Pesca della Provincia di Asti, dell’Ambito Territoriale della Caccia, del Corpo Forestale dello Stato e dei Vigili Urbani di Asti, al fine di programmare interventi di abbattimento degli ungulati, per garantire particolare attenzione agli aspetti della sicurezza, dovuti alla presenza di numerose abitazioni. Sempre nella stessa zona, quindi in prossimità di abitazioni, il 31 ottobre scorso, in seguito a battute straordinarie, la Provincia di Asti ha intercettato ed ucciso cinque esemplari. Anche nei giorni successivi sono state realizzate altre battute straordinarie organizzate dalla Provincia, con il supporto delle Forze dell’Ordine, al fine di garantire l’abbattimento degli ani-

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mali, in condizioni di massima tutela per la popolazione residente. Non è ormai più solo una questione di risarcimenti ma è diventato un fatto di sicurezza delle persone e della vita nelle campagne ma anche nelle aree periferiche delle città. Per chi opera nelle aree montane e svantaggiate è a rischio la possibilità di poter proseguire l’attività agricola ma anche di circolare sulle strade o nelle vicinanze dei centri abitati. In ogni caso, a livello nazionale, le stime indicano che quest’anno gli

animali selvatici hanno causato quasi 100 milioni di euro di danni fra la distruzione di raccolti agricoli, lo sterminio di animali allevati e gli incidenti stradali, senza contare i casi in cui ci sono stati feriti e purtroppo anche vittime.

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Consumo di suolo: in Europa si perdono 11 ettari all’ora urbanizzazione competono per l’uso degli stessi suoli: tendenzialmente i terreni a più elevata potenzialità produttiva. Ad esempio, in un solo anno, oltre 100.000 persone hanno perso la possibilità di alimentarsi con prodotti di qualità italiani. Alle radici del fenomeno c’è soprattutto l’urbanizzazione, insieme all’abbandono della terra. L’urbanizzazione comporta un declino degli habitat naturali e seminaturali che, inoltre, risultano sempre più frammentati da zone costruite e infrastrutture di trasporto. Il 30% del territorio dell’Ue è altamente frammentato e questo influenza il collegamento e la salute degli ecosistemi, ma anche la capacita degli ecosistemi di fornire servizi e habitat adatti alle specie. La Fao stima che, con questo tasso di distruzione del suolo, ci rimangano solo 60 anni residui per disporre di sufficiente suolo fertile

di buona qualità. Per proteggere il territorio ed i cittadini che vi vivono, l’Italia deve dunque difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento dell’attività agricola che ha visto la chiusura in media di 60 aziende al giorno dall’inizio della crisi nel 2007, secondo un’analisi di Coldiretti. “La chiusura di un’azienda agricola - ricorda il presidente Roberto Moncalvo - significa maggiori rischi sulla qualità degli alimenti che si portano a tavola e minor presidio del territorio, lasciato all’incuria e alla cementificazione”.

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n Europa si perdono, ogni ora, undici ettari di terreno e l’Italia contribuisce per circa 1/5 a questo consumo, con la perdita irreversibile di 6-7 metri quadrati al secondo, il doppio rispetto alla media Ue. L’allarme viene dai dati Ispra diffusi in occasione della Giornata mondiale del suolo l’iniziativa delle Nazioni unite per celebrare questa indispensabile risorsa naturale, reso ancora più importante dalla concomitante celebrazione dell’Anno internazionale dei suoli. Secondo l’analisi, il 33% dei suoli a livello mondiale è degradato e ci vogliono fino a 1.000 anni perché 2-3 centimetri di suolo possano riformarsi. Il territorio in tutto il mondo è dunque in pericolo, ma il suo deterioramento non è irreversibile. I suoli sani sono essenziali per la produzione alimentare: il 95% del nostro cibo dipende dalla disponibilità di suolo fertile. Agricoltura e

Ambiente

E l’Italia ne deteriora il doppio della media dell’Unione

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Caldo: meno orzo e più banane in Italia

Vigneti coltivati a 1200 metri e gradazioni dei vini cresciute di un grado

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causa del surriscaldamento sono arrivate in Italia le prime coltivazioni di banane e avocado ma sono a rischio le piante di cacao dell’Africa occidentale dove il clima sta diventando più secco e l’effetto serra taglia la resa delle colture di orzo e luppolo per la birra in Belgio e Repubblica Ceca ed anche i produttori di champagne francesi sono in allarme per l’aumento delle temperature di quasi 1,2 °C negli ultimi 30 anni nella zona di coltivazione tanto che autorevoli studiosi hanno ipotizzato lo spostamento fino in Inghilterra della zone di coltivazione piu’ idonee. Tutte indicazioni emerse al summit mondiale degli agricoltori “Agricoltura e cambiamento climatico” organizzato a Parigi dall’Organizzazione mondiale degli agricoltori (OMA), dal Comitato delle Organizzazioni professionali agricole dell’Unione europea (Copa) e dal Consiglio dell’agricoltura francese in occasione del Vertice COP21 di Parigi. “L’agricoltura è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici ma è anche il settore più impegnato per contrastarli” ha afffermato il presidente nazionale Coldiretti e vice presidente del Copa Roberto Moncalvo. “Si tratta però di una sfida per tutti che può essere vinta solo se si afferma un nuovo modello di sviluppo più attento alla gestione delle risorse naturali nel fare impresa e con stili di vita più attenti all’ambiente nei consumi, a partire dalla tavola. Il riscaldamento del pianeta ha effetti anche sui prodotti tipici perché provoca il cambiamento delle condizioni ambientali tra-

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dizionali per la stagionatura dei salumi, per l’affinamento dei formaggi o l’invecchiamento dei vini. Secondo una analisi Coldiretti negli ultimi trenta anni il vino italiano è aumentato di un grado, ma si è verificato nel tempo un anticipo della vendemmia anche di un mese rispetto al tradizionale mese di settembre, smentendo quindi il proverbio “ad agosto riempi la cucina e a settembre la cantina”, ma anche quanto scritto in molti testi scolastici che andrebbero ora rivisti. Il caldo ha cambiato anche la distribuzione sul territorio dei vigneti che tendono ad espandersi verso l’alto con la presenza della vite a quasi 1200 metri di altezza come nel comune di Morgex e di La Salle, in provincia di Aosta, dove dai vitigni piu’ alti d’Europa si producono le uve per il Blanc de Morgex et de La Salle Dop. Si è verificato nel tempoanche un significativo spostamento della zona di coltivazione tradizionale di alcune colture come l’olivo che

è arrivato alle Alpi. È infatti in provincia di Sondrio, oltre il 46esimo parallelo, l’ultima frontiera nord dell’olio d’oliva italiano. Negli ultimi dieci anni la coltivazione dell’ulivo sui costoni più soleggiati della montagna valtellinese è passata da zero a circa diecimila piante, su quasi 30 mila metri quadrati di terreno. Nella Pianura Padana si coltiva oggi circa la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserva e di grano duro per la pasta, colture tipicamente mediterranee. Una situazione che ha avuto effetti straordinari in Sicilia dove Andrea Passanisi ha trasformato in opportunità il clima ormai torrido, coltivando i primi avocado Made in Italy, frutto tipicamente tropicale, a Giarre ai piedi dell’Etna. A Palermo invece, grazie al microclima e alla posizione soleggiata, Letizia Marcenò, che ha sempre voluto puntare sulla diversificazione aziendale, riesce addirittura produrre le prime banane nostrane.

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Clima: accordo nell’anno più caldo di sempre

È dal 2000 che si succedono record storici per le temperature massime

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to che anche nella Penisola ben nove dei dieci anni più caldi che sono successivi al 2000.

Dopo il 2014 ci sono il 2003, 2007, 2012, 2001, poi il 1994, 2009, 2011, 2000, 2008.

I cambiamenti climatici ci hanno portato la siccità autunnale

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l livello del fiume Po è più basso di quasi 2 metri, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. E’ l’effetto di una siccità record in un autunno del tutto anomalo dal punto di vista climatico. Il dato emerge da un monitoraggio di Coldiretti al Ponte della Becca dove il livello idrometrico del più grande fiume italiano è praticamente come quello dell’estate. Dal Piemonte alla Lombardia, dall’Emilia al Veneto la situazione è preoccupante per il bacino idrico del fiume Po dove si produce il 35 per cento della produzione agricola nazionale e che è fortemente dipendente dalla disponibilità di acqua. Nel triangolo d’oro del riso tra Vercelli, Pavia e Novara, dove si concreta la maggiore produzione d’Europa, c’è apprensione per la mancanza di pioggia, ma il problema in prospettiva riguarda anche la coltivazione del mais necessaria all’alimentazione degli animali. Si tratta peraltro di una realtà che è anche sintomatica delle difficoltà in cui si trova buona parte dell’Italia. Se la siccità ha addirittura innalzato il ri-

Clima

E il Po è sceso di due metri

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schio di incendi nelle zone boschive dell’Alto Adige, con erba e arbusti rinsecchiti nella zona nord-orientale della Sardegna, lo stato di criticità e stato rilevato dal sistema di monitoraggio delle riserve idriche nei serbatoi artificiali con il passaggio dalla fase di preallerta a quello di allerta. L’allarme generalizzato sulla situazione dei principali bacini idrici e dei terreni, anche perché sta mancando la neve che rappresenta una importante riserva. Nelle campagne infatti c’è preoccupazione per la mancanza di acqua necessaria per ristabilire le risorse idriche indispensabili nella fase di crescita delle coltivazioni.

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Il mondo si è fermato sull’orlo del precipizio. Il 2015 che si appresta a conquistare il primo posto degli anni più caldi di sempre, alla testa di una classifica che vede peraltro tutti e dieci gli anni più caldi della storia successivi al 2000”. Con questa riflessione, il presidente nazionale Coldiretti, Roberto Moncalvo, ha commentato il testo dell’accordo alla conferenza Onu sul clima di Parigi di fronte alla tendenza evidente al surriscaldamento. Nel 2015 i mesi di febbraio, marzo, maggio, giugno, luglio, agosto, settembre e ottobre hanno infatti fatto registrare il record nella temperatura media sulla superficie della terra e degli oceani, secondo le elaborazioni Coldiretti sulla banca dati Noaa, il National Climatic Data Centre che rileva le temperature sul pianeta dal 1880. Mancano ancora il dato ufficiale mondiale di novembre, che tuttavia negli Stati Uniti è stato il più bollente di sempre, e quello di dicembre. Il 2015 molto probabilmente supererà quindi il 2014 che è stato fino ad ora in testa alla classifica degli anni con la temperatura più elevata davanti al 2010, seguito a sua volta dal 2005 e dal 1998 e poi a pari merito dal 2013 e dal 2003 e a seguire il 2002, il 2006 e il 2009. La tendenza al cambiamento climatico è evidente anche in Italia dove anche l’autunno, dopo una estate 2015 che si è classificata al terzo posto delle più calde di sempre, ha fatto registrare temperature record. Peraltro il 2014 è stato l’anno più caldo da quando esistono i rilevamenti climatici per l’Italia nel 1880, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Isac Cnr. L’anno scorso si è registrata una temperatura superiore di 1,45 gradi rispetto alla media ma che l’Italia abbia la febbre è confermato dal fat-

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Buoi e capponi protagonisti delle feste

Sucesso delle fiere di Moncalvo, Nizza, San Damiano e Vesime

Fiere

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nche quest’anno, nell’imminenza delle festività di fine anno, il nostro territorio è stato animato da importanti eventi legati unicamente e indissolubilmente alla tradizione e all’economia agricola. Quattro fiere, due del bue e due del cappone, hanno registrato grande successo e attirato l’interesse e la gola di numerossisimi visitatori. SAN DAMIANO D’ASTI 13 DICEMBRE: FIERA STORICA DEL CAPPONE La Fiera Storica del Cappone di San Damiano d’Asti è stata riproposta con successo il 13 dicembre. Rilanciata dall’amministrazione comunale e dall’Associazione per la Tutela del Cappone San Damiano presieduta da Lucia Canta, grazie anche all’impegno di Coldiretti, in questi anni gli allevatori di riferimento di questo prestigioso e quasi introvabile animale hanno saputo aggregarsi e proporre un interessante appuntamento nell’imminenza delle festività.Il cappone ha una tradizione gastronomica plurisecolare, legata in particolare ai festeggiamenti di fine anno. La carne è molto più gustosa e morbida di quella del pollo ed è particolarmente indicata per la preparazione di prelibate ricette, anche semplicemente bollito ed accompagnato da bagnèt o altre salse. Per l’ allevamento dei capponi a San Damiano si utilizza una razza autoctona che prende il nome di “Bionda”. Oltre alla tradizionale mostra mercato nel programma erano anche inseriti il presepe vivente a cura del Comitato Palio, spettacoli folk e gli “Antichi Mestieri”. Da sottolineare poi, direttamente nel “salotto buono” di piazza Libertà, dove erano collocati tutti gli esemplari migliori di capponi, la tradizionale distribuzione della scodella di brodo di Cappone con crostini di grissia e Barbera d’Asti. VESIME 12 DICEMBRE: FIERA DI SANTA LUCIA DEL CAPPONE Risalirebbe al 1700 la fiera del Cappone di Vesime. Si è tenuta il 12 dicembre una

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rinnovata edizione a cura della pro loco con la Fiera di Santa Lucia. Numerosi i capi presenti, circa 400 fra capponi, polli e faraone, portati in piazza da 19 allevatori. Ovviamente i capponi sono molto ricercati e gli esemplari portati in Fiera sono andati a ruba, contesi anche dai ristoratori locali. Una giuria ha anche provveduto alle premiazioni per i migliori esemplari. Il primo premio è andato a Franco Merlo di Monastero Bormida, secondi a pari merito Pinuccia Rizzolio di Monastero e Pietro Giolito di Nizza, terza e quarta altre due allevatrici di Vesime: Gabriella Valli Tealdo e Ortensia Cirio. MONCALVO 9 DICEMBRE: FIERA DI SUA MAESTÀ IL BUE GRASSO Giuseppe Prosio, giornalista e storico della città Aleramica, giura che la ricerca storica sulla data della Fiera del Bue Grasso, che quest’anno è giunta alla 378esima edizione, è stata prudentemente arrotondata per difetto. Sicuramente è un record, come l’eccezionale partecipazione di quest’anno, almeno 2 mila e 200 persone, ha evidenziato Luisella Braghero, presidente della Fiera, sottolineando il pienone sotto alla tensostruttura sistemata in piazza per distribuire, a cura della pro loco, il sontuoso bollito misto. Un centinaio i capi esposti, tutti di ottima fattura ha sentenziato il presidente della giuria, Marco Lanfranco, accompagnando i 25 buoi in gara lungo la passerella nell’apposito ring. Alla presenza della presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, il Gran Premio è stato assegnato a “Rino” un mastodonte allevato da Paolo Guastavigna di Bergamento, mentro il premio per il bue più pesante è andato a “Bello”, oltre 1300 chilogrammi, allevato da Katia Gavello di San Paolo Solbrito. Era anche l’animale più longevo, ingrassato per 11 anni. NIZZA MONFERRATO 6 DICEMBRE: FIERA DEL BUE GRASSO E DEL MANZO

Sergio Chiamparino alla Fiera di Sua maestà il Bue Grasso a Moncalvo

Lucia Canta Presidentessa Allevatori Capponi San Damiano

Un’immagine della Fiera del Bue Grasso e del Manzo di Nizza M.to

“Bello”, allevato da Katia Gavello di San Paolo Solbrito, è stato il grande protagonista anche della decima edizione dell’era moderna della Fiera del Bue Grasso e del Manzo di Nizza Monferrato. Anche in questo caso le ricerche storiche farebbero risalire al 1600 le prime edizione della locale esposizione bovina. Un’ottantina i capi esposti, i vincitori sono poi stati fatti sfilare su un tappeto rosso, lungo la via Maestra, con in testa una magnifica coppia di buoi portata in fiera dall’allevatore di Monastero Franco Merlo e suo nipote Danilo (nella fotografia). Anche a Nizza, il Foro Boario ha fatto il pienone per il tradizionale gran bollito misto preparato dalla pro loco.

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Campagna Amica in inverno!

Colazione naturale alla Primaria “Rossignoli” di Nizza

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Prosegue il programma di Educazione alla Campagna Amica: i genitori hanno preparato una sana colazione con i prodotti del territorio zionale e sana colazione a base di pane preparato dai genitori accompagnato a burro, zucchero e marmellata, dissetandosi con il delizioso latte delle stalle del luogo. “L’Esposizione Universale appena conclusa a Milano, dal tema nutrire il pianeta – dichiara il Segretario Zona Coldiretti Nizza, Fabio Teodo - ci ha lasciato in eredità l’importanza di sapersi nutrire con cibi sani genuini e legati

alla tradizione; ciò ha catalizzato l’attenzione di insegnanti, genitori ed alunni della Scuola Primaria Rossignoli”. Tutti coloro che hanno avuto la possibilità di partecipare a questa “particolare” colazione sono stati felici di vivere un’esperienza legata a gusti semplici e tradizionali utilizzando materie prime naturali quali il grano, il latte ed i frutti trasformati in confetture.

Il grande successo della “Colletta Alimentare” Nell’Astigino sono stati raccolti 47000 Kg di alimenti in un solo giorno

Eventi

erminato l’impianto del susino che va ad arricchire il già variegato frutteto e la semina invernale dell’aglio e del grano, l’attività didattica di Campagna Amica rivolta all’educazione alimentare ed al rispetto dei ritmi della natura e delle sue prelibatezze, lunedì 14 dicembre si è realizzata una nuova entusiasmante giornata alla Scuola Primaria Rossignoli di Nizza Monferrato. Campagna Amica, con la positiva inclusione di Slow Food condotta delle Colline Astigiane “Tullio Mussa”, della Centrale del Latte di Asti e Alessandria e con la fattiva collaborazione della Bottega Campagna Amica di Cascina Perfumo, ha interpretato una tradi-

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Alcuni volontari Coldiretti alla Colletta del 28 novembre

sce tutto l’anno sul nostro territorio. Rispetto all’analoga iniziativa 2014 il quantitativo raccolto è stato leggermente inferiore, ma è assolutamente trascurabile se si considera il perdurare della crisi economica, il proliferare di collette alimentari, lo spostamento della spesa alimentare su più giorni della settimana (compreso la domenica per i grandi supermercati). Ma, al di là dei chilogrammi di alimenti raccolti, come sempre la Colletta testimonia la

presenza di un diffuso senso di solidarietà e amicizia, nei donatori e nei volontari; un grande segno per un’umanità diversa e possibile per tutti, anche in un tempo di grandi preoccupazioni, smarrimento e diffidenza. A livello astigiano il Banco Alimentare ha espresso profonda gratitudine al mondo “Coldiretti” per il rinnovato e significativo sostegno logistico e operativo, da parte degli associati, dei dipendenti e dei dirigenti !

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a diciannovesima Giornata Nazionale della Colletta Alimentare, per l’Astigiano, ha fatto registrare, come da anni, un grande successo, con il coinvolgimento di almeno 5000 donatori, oltre 100 supermercati, almeno 600 volontari e 25 trasportatori, mettendo in atto quella “cultura dell’incontro e della condivisione” a cui ci ha richiamato Papa Francesco lo scorso ottobre. Nella sola giornata del 28 novembre 2015 sono stati donati 47.000 Kg di alimenti che la sede astigiana del Banco Alimentare del Piemonte distribuirà ad oltre 30 Strutture Caritative convenzionate e senza scopo di lucro, con almeno 6000 persone bisognose. Gli alimenti derivanti dalla Colletta rappresentano quasi il 20% di quello che il Banco Alimentare distribui-

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Allergie, intolleranze, intossicazioni alimentari Per una diagnosi basta un test con un semplice prelievo di sangue

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a maggior parte delle persone può mangiare, senza problemi, una grande varietà di cibi. Invece, per una piccola percentuale di individui, determinati alimenti o componenti alimentari possono provocare reazioni negative: da una leggera eruzione cutanea ad una risposta allergica di grave entità. Le reazioni negative agli alimenti possono essere causate da allergia o intolleranza alimentare. La reazione negativa al cibo è spesso erroneamente definita allergia alimentare, mentre in molti casi è provocata da altre cause come un’intossicazione alimentare di tipo microbico, un’avversione psicologica al cibo o un’intolleranza ad un determinato ingrediente di un alimento. L’allergia alimentare è una forma specifica di intolleran-

za ad alimenti o a componenti alimentari che attiva il sistema immunitario. Un allergene (proteina presente nell’alimento a rischio che nella maggioranza delle persone è del tutto innocua) innesca una catena di reazioni del sistema immunitario, tra cui la produzione di anticorpi. Gli anticorpi determinano il rilascio di sostanze chimiche organiche, come l’istamina, che provocano vari sintomi: prurito,

naso che cola, tosse o affanno. Le allergie agli alimenti o ai componenti alimentari sono spesso ereditarie e vengono in genere diagnosticate nei primi anni di vita. L’intolleranza alimentare, che coinvolge il metabolismo, ma non il sistema immunitario, è una reazione anomala dell’organismo mediata dalle immunoglobuline di tipo IGG che si manifesta nel momento in cui sono assunti determinati cibi, ovvero è una patologia causata da una assimilazione non corretta del cibo. Per accertare eventuali intolleranze, si può effettuare il Test delle Intolleranze Alimentari, che consiste in un semplice prelievo di sangue con cui si saggiano diverse tipologie di alimenti.

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Un Natale stile Anni Sessanta Gli italiani hanno passato oltre 3 ore ai fornelli porto con la cucina, con la manipolazione del cibo che diventa un modo per esprimere se stessi. Lo show cooking casalingo per gli amici si afferma come appuntamento dei momenti di festa e trascina il boom dell’informazione legata all’enogastronomia. Una tendenza che porta ad arricchire il Natale con tocchi di personalità o con menu tematici, ma anche a cambiare i contenuti della tavola. Il 61% sceglie prodotti Made in Italy e ben il 30% prodotti locali a chilometri zero. Il risultato è un cambiamento anche nei prodotti simbolo del Natale e se il panettone consumato dal 76 per cento degli italiani vince la tradizionale sfida con il pandoro, scelto “solo” dal 68 per cento, sulla metà delle tavole (51%) saranno serviti dolci della tradizione fatti in casa. Non c’è invece sfida tra spumante e champagne con il primo scelto da quasi nove italiani

I PIATTI SUL PODIO DELLE FESTE 2015 Spumante

86%

Lenticchie

80%

Panettone

76%

Fonte: Indagine Coldiretti/Ixe’

su dieci (86%). Dopo lo spumante, il piatto più gettonato delle feste sono, a sorpresa, le lenticchie che sorpassano il panettone e sono chiamate a portar fortuna, soprattutto nella notte più lunga dell’anno dall’80 per cento degli italiani. Il ritorno in cucina spinge anche verso una scelta attenta degli ingredienti, con una tendenza elevata alla ricerca di materie prime fresche e genuine. Il risultato è un vero boom degli acquisti nelle fattorie o nei mercatini degli agricoltori dove faranno la spesa di Natale quasi un italiano su cinque (17%), secondo l’analisi Coldiretti/Ixè.

Consumi

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rascorrendo mediamente 3,1 ore per la preparazione del pasto principale del Natale, quest’anno è tornato il “fai da te” casalingo che non si registrava da oltre cinquanta anni. Praticamente per le festività, l’enogastronomia è vincente in tutte le forme, dall’acquisto dei prodotti agli strumenti per la preparazione casalinga fai da te dei cibi. Un ritorno al passato determinato però da motivazioni diverse con gli italiani, soprattutto giovani, che si gratificano ai fornelli, e la cucina e il buon cibo che si affermano tra le nuove generazioni come primarie attività di svago, relax e affermazione personale. La passione per la cucina peraltro oggi ha contagiato praticamente in egual misura uomini e donne con l’emergere di una mascolinità di nuovo conio che esprime la sua soggettività in termini creativi nel rap-

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Previdenza numero 15 – 2015

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numero 15 – 2015

Autorizzo Coldiretti Asti ad inserire i miei dati nelle liste per la gestione degli Annunci Economici sul periodico “Il Notiziario Agricolo”. In qualsiasi momento in base all’Art.13 della legge 675/96 potrò chiedere la modifica o la cancellazione, oppure negare il consenso al loro utilizzo scrivendo a Coldiretti Asti, C.so F. Cavallotti n. 41 – 14100 Asti.

Luogo

S. Damiano Cisterna Celle Enomondo Ferrere

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