E D I T O R I A L E L’INFORMAFREEMAGAZINE nº 61 – anno XI numero 2 marzo-aprile 2016 ISSN 1828-0722 Editore
GOLIARDICA EDITRICE srl a socio unico sede operativa: I – 33050 Bagnaria Arsa, Italy via Aquileia 64/a tel +39 0432 996122 fax +39 040 566186 info@imagazine.it Direttore responsabile Andrea Zuttion Condirettore responsabile Claudio Cojutti Responsabile di redazione Andrea Doncovio Redazione Giuliana Dalla Fior, Vanni Veronesi Area commerciale Michela De Bernardi, Francesca Scarmignan, Fabrizio Dottori Responsabile area legale Massimiliano Sinacori Supervisione prepress e stampa Stefano Cargnelutti Hanno collaborato Stefano Caso, Claudio Pizzin, Daniel Blasina, Germano De March, Paolo Marizza, Vanni Feresin, Renzo Bellogi, Margherita Reguitti, Andrea Fiore, Loredana Marano, Livio Nonis, Cristian Vecchiet, Alfio Scarpa, Michele D’Urso, Michele Tomaselli, Manuel Millo, Andrea Coppola, Giuliana De Stefani, Alberto Vittorio Spanghero, Renato Duca, Renato Cosma, Germano Pontoni Registrazione Tribunale di Udine n. 53/05 del 07/12/2005 Stampato in proprio Tiratura 70.000 copie Credits copertina Igino Durisotti Credits sommario :: Vanni Veronesi :: :: Silvia Stibilj :: :: Michele Tomaselli :: :: Consorzio di Bonifica :: :: Circolo Brandl :: © goliardica editrice srl a socio unico. Tutti i diritti sono riservati. L’invio di fotografie o altri materiali alla redazione ne autorizza la pubblicazione gratuita sulle testate e sui siti del gruppo l’informa srl. Manoscritti, dattiloscritti, articoli, fotografie, disegni o altro non verranno restituiti, anche se non pubblicati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo, incluso qualsiasi tipo di sistema meccanico, elettronico, di memorizzazione delle informazioni ecc. senza l’autorizzazione scritta preventiva da parte dell’Editore. Gli Autori e l’Editore non potranno in alcun caso essere considerati responsabili per incidenti o conseguenti danni che derivino o siano causati, direttamente od indirettamente, dall’uso improprio delle informazioni ivi contenute. Tutti i marchi citati appartengono ai rispettivi proprietari, che ne detengono i diritti. L’Editore, nell’assoluzione degli obblighi sul copyright, resta a disposizione degli aventi diritto che non sia stato possibile rintracciare al momento della stampa della pubblicazione.
Cari lettrici e lettori, questo numero di iMagazine ci conduce verso l’avvio della stagione primaverile. Un periodo dell’anno che secondo gli osservatori internazionali favorirà l’afflusso verso l’Europa e verso l’Italia di un numero crescente di migranti. Un fenomeno destinato a impattare in modo significativo sulle sorti dell’Unione europea sotto il profi lo politico, sociale ed economico. Eppure c’è anche un altro esodo che riguarda il nostro Paese. Quello di migliaia di giovani connazionali (oltre 100.000 nel 2015 secondo i dati ufficiali) che emigrano alla ricerca di un futuro migliore. Un numero spaventoso, reso ancor più drammatico dal fatto che la gran parte di loro sono ragazzi e ragazze altamente formati: in pratica, lo Stato investe nell’istruzione dei suoi giovani per poi lasciarli scappare fornendo ad altri Paesi dei professionisti pronti per arricchire le proprie aziende pubbliche o private. Ma perché un numero così elevato di giovani qualificati abbandona l’Italia? Un recente sondaggio effettuato tra un campione dei neo emigranti colpisce come una pugnalata al cuore, fotografando in modo tanto crudo quanto realistico la drammaticità della situazione. Ancor più se si pensa che questa fotografia è scattata dagli occhi di coloro che dovrebbero rappresentare il futuro del nostro Paese e che, invece, con amara rassegnazione decidono di fuggire da nepotismi, clientelismi e ruberie. Stufi di dover partecipare a concorsi pubblici in cui il nome del candidato vincitore è spesso conosciuto in anticipo (anzi il più delle volte il concorso pubblico viene bandito appositamente per assumere soggetti già individuati, in barba al tempo, ai costi e ai sacrifici che gli altri candidati devono sobbarcarsi per affrontare delle selezioni in cui – ignari – sono già stati decretati perdenti fin dall’inizio), stufi di dover accettare soluzioni troppo lontane dalle proprie inclinazioni o stufi di doversi ridurre a lecchini di corte per poter elemosinare anche gli stessi rinnovi contrattuali, impacchettano le proprie cose e salutano. Il più delle volte con un addio anziché un arrivederci. Domanda tanto semplice quanto provocatoria: che futuro può avere un Paese che lascia scappare in questa quantità i propri talenti senza intervenire in modo alcuno sulle cause che hanno prodotto tutto ciò? La risposta è fin troppo scontata, eppure l’inettitudine della nostra classe dirigente, il pachidermico malfunzionamento della Pubblica Amministrazione e le influenze della politica nelle aziende pubbliche dove alle capacità gestionali viene anteposta la fedeltà al partito continuano a rappresentare da decenni il classico problema di cui tutti sanno ma che nessuno vuole realmente affrontare. Convinti che sia sufficiente ignorare la questione per risolverla. Senza rendersi conto che a colpi di 100.000 giovani emigranti all’anno, il conto verrà presentato con insospettabile anticipo. E sarà molto salato. Nel frattempo, lasciandovi alle storie di persone che nel nostro territorio riescono a divenire eccellenze di cui andar fieri, non mi resta che auguravi … buona lettura! Andrea Zuttion
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dicono di noi... Leggo sempre la vostra rivista: complimenti per tutto quello che fate! Inoltre volevo segnalare che mi sono trovato bene presso Al Rosari, un locale molto familiare. Paolo Castelletti Campolongo Tapogliano La Rismondo è una farmacia davvero eccellente, con una vasta gamma di prodotti. L’accoglienza al suo interno è sempre ottima. Laura Basso Monfalcone Da L’Idea ho trovato molta scelta di prodotti, cornici di qualità e cortesia. Vasta scelta, accompagnata da una grande passione, anche presso La mia piccola Parigi: una sartoria davvero elegante. Da Lavasecco Express ho ricevuto cortesia, gentilezza e professionalità, mentre Il Grande Carro è una serra molto ben fornita, con piante belle e ben tenute. La titolare di Libreria Athenaeum è molto simpatica e sa consigliare molto bene: l’offerta di libri è molto varia. Miniussi, infine, è garanzia di professionalità con un’offerta completa e gustosa. Daniza Sgarbis Carron Gorizia Ho conosciuto Joia grazie agli iMoney: il personale è stato molto cordiale, ottima qualità del cibo, prezzi contenuti e il locale è davvero piacevole. Ottimo per la pausa pranzo in quanto il servizio è anche piuttosto veloce. Sicuramente un posto da provare e nel quale ritornare. Elisa Biancotto Cervignano del Friuli Segnalo la precisione, la cortesia e la cordialità del servizio ricevuto presso Libreria Athenaeum. Da Il Grande Carro il parcheggio è molto spazioso, mentre da Carli l’orario di apertura è molto comodo per la clientela. Locanda Casa Versa offre invece un locale molto bello. Elisa Ambrosi Gorizia 10 | gennaio-febbraio 2008 | L’INFORMAFREEMAGAZINE
Da Stile ho trovato un ambiente molto accogliente, mentre da Miniussi prodotti di qualità a un prezzo ragionevole. Class Caffè invece è un locale elegante e discreto. Giorgio Coppe Monfalcone
Da Renata è un locale con un’offerta culinaria varia accompagnata dalla cortesia del personale. Cortesia garantita anche presso Krishna, dove l’ambiente è molto accogliente. L’accoglienza del locale è uno dei punti di forza anche di GM Pub, assieme alla bontà dei prodotti offerti. Bontà riscontrata anche presso Al Rosari, dove il personale si è dimostrato molto cortese. Davide Radivo Duino Aurisina
Volevo complimentarmi per il servizio che avete svolto in occasione del Carnevale Monfalconese: la trasmissione sul vostro maxischermo della lettura del testamento ha reso tutto molto spettacolare. Spero che possiate rifarlo anche in futuro. Mirko Cosulich Monfalcone
Da Tre Noci ho trovato un bellissimo ambiente con personale molto preparato. L’ottima posizione è uno dei punti di forza di Boutique Ary’s, così come la disponibilità del personale nell’aiutare le scelte dei clienti. Elisa Rosso Trieste
Segnalo la bravura e la competenza della titolare di Carpe Diem. Oltre alla sua simpatia, che non guasta mai! Daniela Simsig Monfalcone
Da Fiori Foglie e Fantasia il personale è accogliente e c’è un buon assortimento di piante e di fiori, così come presso Il Grande Carro dove c’è un buon rapporto qualità/prezzo. Liliana Zambon Gorizia
Presso Il Grande Carro ho travato offerte buone e variegate. Di Boutique Ary’s segnalo la qualità dei prodotti, così come buona è l’offerta garantita da Dima Sport. Ampio e variegato il menu di Al Postiglione. Maurizio Cechet Bicinicco
La Farmacia Rismondo è molto ben fornita, con varia scelta di prodotti per il corpo; il personale, inoltre, è molto competente. Da Il Dolcefreddo ho trovato gelato e dolci di qualità con grande attenzione riservata alle allergie: disponibili anche prodotti senza zucchero. Gentilezza, competenza e raffinatezza sono le qualità principali di Candy Beauty Bar. Class Caffè garantisce una pasticceria varia e fresca, il personale è gentile e l’ambiente molto pulito. Molto gentile è anche il titolare di GM Pub: buono il menu e vastissima la scelta delle birre… da visitare! Fabrizio Sgarbi Gorizia
La Farmacia Rismondo è davvero super: al suo interno si trova tutto ciò di cui c’è bisogno. E le dottoresse sono molto gentili. Luigi Bastone Monfalcone
Ho letto con molta curiosità il servizio dedicato a Maurizio Mancini sullo scorso numero di iMagazine: grazie per farci conoscere queste realtà davvero inedite del nostro territorio. Christian Furlan Udine
iMoneyPartner? Yes, I am!
Intervista a Mauro Bonato, co-titolare di Dima Sport a Trieste
Mauro Bonato, come è nata l’idea di avviare il vostro negozio di articoli sportivi? “Assieme a colui che sarebbe divenuto il mio socio lavoravo già nel settore per una ditta di Padova che per scelte strategiche decise di chiudere il punto vendita di Trieste. La gente che ci fermava per strada, tuttavia, sentendo l’esigenza di questo servizio ci chiedeva di proseguire. Da qui la noMauro Bonato sugli sci stra scelta di aprire Dima Sport”. Una scelta rivelatasi vincente. All’interno della vostra attività i clienti cosa possono trovare? “Da noi è possibile trovare tutto quello che riguarda l’abbigliamento e le attrezzature per lo sci, il tennis, il trekking e le immersioni subacquee. Dalla prossima stagione invernale, inoltre, grazie all’inserimento di una nuova ragazza ci specializzeremo anche nel settore dello snowboard con particolare attenzione al mondo giovanile”. Il mondo dell’abbigliamento e dell’attrezzatura sportiva è in continua evoluzione: come sono cambiati i diversi prodotti negli ultimi anni? “Rispondo con un esempio personale. Sono un grande appassionato di sci e oggi quando scio faccio metà della fatica di vent’anni fa: i materiali – in particolare quelli che trattiamo noi – sono sempre più all’avanguardia e garantiscono la massima comodità per chi pratica sport”. Sono cambiate anche le esigenze della clientela? “Attraverso internet la gente si informa di più, ma spesso con il rischio di prendere per oro colato informazioni prive di verifica o di reale esperienza sul campo”. Dima Sport invece quali punti di forza garantisce? “Tecnicità, informazione e gentilezza. Che sintetizzo in un unico termine: professionalità. Io metto a disposizione dei miei clienti 40 anni di esperienza nel mondo dello sci: con cadenza regolare testo personalmente tutti i nuovi prodotti per poter offrire sempre il servizio migliore. I miei soci fanno lo stesso per il tennis e per il trekking, sport di cui sono appassionati”. Da diverso tempo avete puntato sul network di iMagazine per promuovere la vostra attività: come mai questa scelta? “La rivista ci è piaciuta da subito per il taglio fresco e giovanile. Inoltre ci siamo rapportati con una consulente molto professionale, in grado di comprendere le nostre esigenze”. Dima Sport rientra anche nel circuito degli iMoneyPartner: come valutate il progetto dei buoni valore iMoney? “Sicuramente in modo positivo: tutti coloro che hanno richiesto gratuitamente il buono sono stati molto contenti di poter usufruire di un vantaggio economico nei loro acquisti presso la nostra attività”.L’INFORMAFREEMAGAZINE | gennaio-febbraio 2008 | 11
S O M M A R I O
marzo - aprile 18
L’ANALISI di Paolo Marizza
16 Il capitalismo a tre dimensioni GRAZIADIO ISAIA ASCOLI di Vanni Veronesi
18 Saper leggere il libro del mondo 23
SILVIA STIBILJ di Giuliana Dalla Fior
23 L’armonia del movimento MADAGASCAR di Michele Tomaselli
26 Là dove il tempo si è fermato PELLAGRA E MALARIA
di Renato Duca e Renato Cosma
30 Le grandi piaghe del mondo dei campi 26
SEPOLTURE E CIMITERI MILITARI di Alberto V. Spanghero
33 L’ombra sua torna ch’era dipartita VISCO di Michele Tomaselli
36 Alle radici dell’antico confine LE GUERRE GRADISCANE di Vanni Feresin
30
38 A quattro secoli dalla grande battaglia LUCIANO LUNAZZI di Michele Tomaselli
41 L’ultimo hippie
DEVIS BONANNI di Margherita Reguitti
44 In ascolto della natura 33
MENO22PERCENTO a cura della redazione
46 Dal produttore alla nostra tavola ANNUARI IMAGAZINE a cura della redazione
48 Testimoni del futuro
PROTEZIONE CIVILE
51 Non solo emergenze GIOVANI E PREVARICAZIONI A cura della Polizia di Stato della Provincia di Gorizia
52 Bullismo? No, grazie
GIUSTIZIA E COSTI di Massimiliano Sinacori
Depenalizzazione
54 e immigrazione clandestina TANGIBILE E INVISIBILE di Manuel Millo
58 Emozioni e sentimenti GIOVANI E SESSUALITÀ di Cristian Vecchiet
60 Desiderio e temperanza MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI di Andrea Fiore
62 Trasgressioni pericolose AUTOSTIMA E COLPA di Giuliana De Stefani
64 Come posso cavarmela? ROBERTO KUSTERLE di Margherita Reguitti
70 L’immagine tra antico e moderno DONNE PER LO SPORT di Loredana Marano
72 La squadra prima di tutto FIGLI DI UNO SPORT MINORE di Michele D’Urso
74 Lara Maizinger NAUTICA di Livio Nonis
77 I medagliati dell’acqua CHEF…AME
79 La ricetta di Germano Pontoni 82
e segg. Gli eventi di marzo e aprile
: lettere alla redazione
▲ Turriaco – È nata la prima compagine del Friuli Venezia Giulia che consente ai non vedenti di praticare il baseball. Una realtà voluta dal presidente dell’Auser della provincia di Gorizia, Franco Buttignon, che ha trovato l’appoggio di diverse realtà sportive e istituzionali della regione, tra cui il Comune di Turriaco che garantisce a titolo gratuito l’utilizzo della palestra comunale per il periodo invernale. Importante anche il contributo della società Staranzano Baseball e Softball Club che garantisce l’affiliazione e il tesseramento degli atleti, nonché quello della Consulta regionale dei disabili – in particolare del presidente Vincenzo Zoccano – che garantisce il trasporto degli atleti. Gli allenamenti si svolgono il sabato pomeriggio, dalle 16 alle 18. Le sedute svolte nelle scorse settimane hanno visto la partecipazione di atleti provenienti dalle province di Gorizia, Udine e Trieste, supervisionati dai tecnici Renato Carraro, Diego Mineo, Riccardo Corbas, Luca Buttignon e dall’ex arbitro Lucio Bertogna.
▲ Cividale del Friuli – Alcuni rappresentanti dei 30 studenti provenienti da Argentina, Brasile e Panama arrivati al Convitto Nazionale ‘Paolo Diacono’ di Cividale con il progetto “Studiare in Friuli”, per frequentare le lezioni curricolari nei Licei dell’Istituto. I giovani, tutti tra i 14 e i 19 anni, sono stati ospitati all’interno del settore convittuale.
▲ Cervignano del Friuli – Due immagini della presentazione del libro di Giuseppe Garbin “Pedalando alla riscoperta della Bassa friulana orientale” nel quale l’autore propone sette diversi itinerari per riscoprire in bicicletta gli angoli meno conosciuti del territorio di riferimento. All’evento, moderato dal caporedattore di iMagazine Andrea Doncovio, sono intervenuti rappresentanti delle amministrazioni comunali coinvolte dai percorsi ciclabili e delle associazioni sportive ciclistiche.
▲ Gradisca d’Isonzo – L’ASD MIOSSPORT di Cervignano del Friuli ha ricevuto la Stella di Bronzo al Merito Sportivo, consegnata nel corso della cerimonia svoltasi alla presenza del presidente del CONI del Friuli Venezia Giulia, Giorgio Brandolin, del segretario generale del CONI, Roberto Fabbricini, in rappresentanza del presidente Giovanni Malagò. A consegnare il riconoscimento è stato il consigliere nazionale della FIPE (Federazione Italiana Pesistica), Fabiano Blasutig. Alla cerimonia erano presenti il presidente di MIOSSPORT, Ernesto Zanetti, atleti, dirigenti e soci fondatori del sodalizio cervignanese, tra cui Rossano Chiarotto e Marisa Colussi. Il sindaco di Cervignano, Gianluigi Savino, ha accompagnato la società cervignanese sul palco del teatro per la cerimonia di consegna della benemerenza sportiva. ◄ Udine – Don Tarcisio Bordignon, il “parroco degli ultimi”, Giada Rossi, atleta paralimpica di tennis tavolo, Pina Raso, presidente Università LiberEtà di Udine e, alla memoria, Sebastiano Marzona, sono le quattro personalità che hanno ricevuto i premi Friul-Etica 2015 a cura dell’Associazione Euretica in collaborazione con Comitato Friul Tomorrow 2018, Fondazione Crup, Unione nazionale consumatori di Udine e Siram Spa. Hanno consegnato i premi: Enrico Pizza, Assessore del Comune di Udine, Marco Maria Tosolini, componente CDA Fondazione Crup, Flavio Pressacco e Daniele Damele dell’associazione Euretica e la dirigente scolastica dell’Istituto Stringher Anna Maria Zilli.
È possibile inviare le proprie lettere e i propri commenti via posta ordinaria (iMagazine – via Aquileia 64/a – 33050 Bagnaria Arsa-UD), oppure via e-mail (redazione@imagazine.it).
▲ Monfalcone – La tradizionale lettura del testamento di Sion Anzoleto in piazza della Repubblica nel giorno di Martedì Grasso. Un evento cui hanno partecipato come ogni anno migliaia di persone provenienti da tutta la regione. Per favorire la miglior visione della cerimonia da parte di tutti i presenti, la Pro Loco di Monfalcone, grazie alla partnership con iMagazine, ha potuto fare affidamento sul maxischermo iMagazineVideoTruck che ha trasmesso in diretta e in alta definizione l’intero evento.
▲ Udine – Oltre 300 studenti di 44 istituti regionali hanno partecipato all’undicesima edizione del Concorso Presepi nelle scuole primarie e dell’infanzia del Friuli Venezia Giulia, promosso dal Comitato Regionale del FVG dell’Unione Nazionale delle Pro Loco d’Italia. Primo posto per la scuola primaria Giuseppe Mazzini di Udine. Secondo posto per la scuola dell’infanzia Bernard Aucouturier di Rorai Piccolo di Porcia. Terzo posto per la scuola dell’infanzia Monsignor Fain di Grado. Premio speciale per la scuola primaria Giovanni Bosco di Ciconicco di Fagagna.
▲ Udine – L’Università di Udine ha formato i primi 18 specialisti nella gestione di progetti nei settori dell’industria e dei servizi di ingegneria grazie al master “Project management: managing complexity” . Si tratta di: Katarzyna Krol, Lara Bernardi, Cristina Boeron, Debora Busnelli, Anna Canetti, Giacomo Cappellesso, Agostina Catella, Marco De Carli, Leonardo De Luca, Giorgia Forzan, Nicolò Lazzarini, Lucia Mosca, Giacomo Orlandini, Stefano Parente, Matteo Sartori, Francesco Tronchin, Raffaele Villano, Enrico Zorzi.
L’ANALISI ECONOMIA E TERZO SETTORE Servizio di Paolo Marizza
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Il capitalismo
a tre dimensioni
Settore pubblico e settore privato non sono più sufficienti per sostenere lo sviluppo e il benessere della nostra società. Ecco perché il mondo del non-profit ricoprirà un ruolo fondamentale nelle sfide del futuro.
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Quali sono gli atteggiamenti che prevalgono nella nostra società rispetto al capitalismo? Qual è il clima che si respira in questi anni di crisi, in un contesto di depressione economica e sociale di cui non si intravedono le modalità di superamento? Si colgono segnali contrastanti, spesso conflittuali, che vanno dagli entusiasmi superficiali ai pessimismi irrazionali, come un pendolo impazzito che oscilla tra nostalgie dello Stato “mamma”, ansie riformatrici dello stesso, denigrazioni dell’impresa privata ed esaltazione dell’individualismo delle start up. In base alle notizie della giornata c’è chi vede nel Capitalismo soltanto materialismo, egoismo, individualismo, mentre altri ne enfatizzano i valori etico culturali pluralistici e la capacità unica di assicurare la produzione continua di benessere sistemico, altri ancora gli oppongono visioni di tipo comunitario e solidaristico. Ma chi è veramente solidale: un sistema collettivista o un sistema capitalista? Per provare ad abbozzare una risposta si dovrebbe chiarire la natura di un sistema capitalista ripercorrendo alcuni eventi storicamente a noi vicini, ricordando che lo stesso Marx riconobbe nel capitalismo nascente dell’800 una delle forze che nella storia hanno generato promozione sociale. Con la caduta del Muro di Berlino fu proclamato il trionfo del capitalismo e l’inevitabile avvento della democrazia occidentale. Si arrivò a teorizzare la superiorità morale del capitalismo, in quanto contenitore dei germi dell’altruismo. Fu proprio in quegli anni che iniziò la nuova lunga marcia della Cina, oggi terza potenza economica mondiale. Anche quello cinese è capitalismo? In quale accezione? 16
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marzo-aprile 2016
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Una confusione di pensiero, ancora assai diffusa tra gli stessi addetti ai lavori, è quella che tende a identificare economia di mercato ed economia capitalistica. Si tratta di un errore grossolano: l’economia di mercato nasce alcuni secoli prima del capitalismo. Il capitalismo è un ben preciso modello di ordine sociale, mentre il mercato è un modello di regolazione della sfera economica. Esiste anche il capitalismo di Stato che, come nel caso cinese, cristallizza un modello di ordine sociale fondato sulla dicotomia tra leggi della produzione e leggi della distribuzione della ricchezza. Quando si tratta di produrre ricchezza non si deve guardare troppo per il sottile alla difesa dei diritti umani, al rispetto e all’integrità morale delle persone; quando si giunge alla distribuzione della stessa occorre ricordarsi del legame che tiene uniti tutti i membri della società e mettere in pratica logiche redistributive calate dall’alto. Tale dualismo è presente in forme e intensità diverse anche in molte democrazie occidentali e può minare alla base la legittimazione del capitalismo come modello di ordine sociale quando il profitto diventa obiettivo esclusivo, il fine ultimo è di natura prettamente economica e viene contrapposto a fini sociali. La citata supposta superiorità morale del capitalismo portatore di germi altruistici viene quindi messa fortemente in discussione dalle condizioni che storicamente ne determinano la concretizzazione in ordinamenti sociali. Negli ultimi 25 anni, dal 1989, le cose sono infatti andate diversamente. Il mondo occidentale ha sperimentato cambiamenti allarmanti ed epocali a un tempo: la corruttela delle classi politiche accompagnata da più o meno inquietanti livelli di corruzione nel mondo degli affari, la divaricazione tra finanza ed economia reale, l’aumento delle disugua-
glianze sociali, il declino e l’arresto dei processi di mobilità sociale, la messa in discussione del welfare state, le migrazioni di massa frutto di conflittualità geopolitiche irrisolte, il riscaldamento globale, numerose promesse di evoluzione democratica svanite. Problematiche ben note a cui si è tentato di dare delle risposte “additive”: capitalismo sostenibile, capitalismo inclusivo, socialmente responsabile, capitalismo consapevole, e altre. Sembrerebbe che con questi aggiustamenti il percorso trionfale del capitalismo possa riprendere. Non c’è dubbio che il capitalismo ha bisogno di essere ripensato a partire da una rinnovata centralità del bene comune e da una maggiore responsabilità sociale delle imprese. Ma la radice del problema sta più in profondità.
Il superamento del capitalismo duale La nostra società si fonda su due pilastri. Uno è rappresentato dal settore pubblico e dai servizi per il bene comune, come l’istruzione, la difesa, la sanità, la sicurezza, le infrastrutture. L’altro rappresenta le imprese del settore privato e le risorse che esso mobilita nell’economia di mercato per la fornitura di beni e servizi. Almeno questa è la visione nella percezione più diffusa e comune. Ma c’è un terzo pilastro, poco visibile, scarsamente presente nei media, non urlato, che però svolge un ruolo fondamentale. Sta sullo sfondo ed è quello che dà profondità e sostegno alla nostra casa comune: due dimensioni da sole non sostengono un tetto, siano esse quella pubblica o quella privata. La società ha bisogno di una terza dimensione per l’equilibrio complessivo. Alcuni lo chiamano terzo settore appunto, altri settore plurale, altri ancora “società civile” o l’ambito delle ONG e delle organizzazioni non-profit. Ma questa terza dimensione non ha la stessa rilevanza e legittimazione delle altre due, anche se comprende tutte quelle associazioni, molte basate su comunità, che svolgono un ruolo importantissimo e complementare. E non sono di proprietà né di investitori privati né dello Stato. È sorprendente scoprire quotidianamente che ci sono tantissime persone che in silenzio si mettono al servizio di organizzazioni di volontariato, al fine di condividere i loro interessi comuni e perseguire i loro sogni comuni. Le loro motivazioni hanno natura non strumentale: si fa qualcosa per il significato o il valore intrinseco di quel che si fa e scaturiscono da una speciale passione, la passione per il bene comune. Il settore plurale è enorme e di primo piano nella nostra vita. Lo viviamo sempre più frequentemente e lo consideriamo quasi come un fenomeno scontato: dal far la spesa in una cooperativa locale all’assistenza ai non vedenti, all’accompagnamento dei bimbi a scuola, alla associazione sportiva locale, al gruppo di sostegno ai profughi e ai rifugiati. Eppure questo settore si perde in mezzo ai grandi dibattiti in corso: sinistra contro destra; nord contro sud; settore privato contro settore pubblico. Tutti contro tutti. In una società sana, ciascuno dei tre settori coopera con gli altri due in uno sforzo di co-sviluppo equilibrato, contribuendo a un’evoluzione congiunta e mutuamente controllata, adattando dinamicamente i propri confini per il bene comune. Quando uno dei settori diventa dominante, la so-
cietà nel suo complesso soffre. Troppo potere nel settore pubblico si traduce spesso in dirigismo statale, dove lo statalismo invade e limita la sfera delle libertà private. Molti regimi che hanno abbracciato e perseguito questa mono-dimensionalità sono crollati sotto il loro stesso insostenibile peso. Un settore privato senza bilanciamenti si traduce nelle disparità di reddito e di irresponsabilità sociale d’impresa che stanno emergendo in molti Paesi. E anche un settore plurale troppo diffuso è in grado di creare fenomeni di tipo populista in cui aggregazioni dal basso e gruppi di comunità prevalgono sulle altre. I periodi di progresso sociale ed economico sono contraddistinti da condizioni di equilibrio, anche solo temporaneo e frammentario, delle tre dimensioni. Cosa fare allora per promuovere uno sviluppo bilanciato delle 3D? In un mondo con le forze del settore privato così influenti e diffuse in ambito globale e con l’emergere di potenti e nuovi capitalismi di Stato, il settore plurale deve e può svolgere un ruolo centrale nel ripristino di condizioni di equilibrio. Bisogna favorire la propensione ad associarsi anche attraverso nuove forme di rappresentanza e di riconoscimento del valore sociale ed economico creato. C’è grande bisogno di intrapresa sociale per consentire al mercato di svolgere appieno il suo ruolo di regolatore dell’economia. La figura centrale di un terzo settore con forte legittimazione sociale è rappresentata dall’imprenditore sociale che non è semplicemente un filantropo che dona parte del proprio reddito o del proprio tempo, ma è tipicamente anche un imprenditore che pone risorse e know-how imprenditoriale al servizio di una causa di interesse collettivo. Quello che serve è uno sforzo organizzativo comune, anche nella prospettiva di una maggiore istituzionalizzazione e legittimazione della terza dimensione, che condivida le innovazioni in ambito sociale e metta a fattor comune le migliori esperienze per dotare anche il settore plurale di quelle competenze e strumenti che consentano di diffonderne il successo sociale. Ma anche questo non sarà sufficiente se ciascuno di noi non si sente attore impegnato, almeno parzialmente, e soggetto non passivo. Possiamo lavorare nel settore privato e coinvolgerci nel settore pubblico, o viceversa, nelle dinamiche sempre più articolate della nostra modernità, ma gran parte della nostra vita è vissuta nelle comunità e in modo diretto o indiretto nei più diversi mondi associativi. Possiamo permetterci di non esserci? Dedicato con affetto a Fausto Felli, caro amico e mentore recentemente scomparso, che mi ha trasmesso la sua passione per il bene comune con l’esempio e l’impegno per l’innovazione sociale. Per anni Fausto si è battuto a livello nazionale ed europeo per promuovere una maggiore equità della salute e trovare soluzioni sostenibili per garantire l’accesso universale alla salute e alle cure a lungo termine.
Paolo Marizza Paolo Marizza è Docente DEAMS-Università di Trieste e Partner di Financial Innovations |
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ALLA SCOPERTA DI... GRAZIADIO ISAIA ASCOLI Servizio e immagini di Vanni Veronesi
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il libro del mondo
Fondatore della glottologia in Italia, primo autore di studi scientifici sui dialetti, scopritore del ceppo ladino e franco-provenzale, inventore della categoria di ‘sostrato’ e dell’idea stessa di «Friuli Venezia Giulia», l’ebreo goriziano Graziadio Isaia Ascoli attraversò l’Ottocento da protagonista della cultura mondiale. Genio assoluto della scienza, immaginò un’Italia ben più progredita rispetto alle sue classi dirigenti. Lasciando ai posteri una eredità culturale straordinaria.
Alla ricerca di una patria
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Nel 1848, mentre l’Europa è infiammata dalle rivoluzioni, una voce fuori dal coro si leva dalle rive dell’Isonzo: è quella di un diciannovenne ebreo di nome Graziadio Isaia Ascoli. Il suo opuscolo Gorizia italiana, tollerante, concorde. Verità e speranze nell’Austria del 1848 presenta una tesi lucidissima: la città è sì italiana, pur con forti minoranze slovene e germaniche, ma i goriziani stanno bene dove sono, in un’Austria-Ungheria che necessita solo di
riforme. Posizioni di un colto autodidatta, nato nel ghetto, rimasto orfano di padre a soli due anni ma comunque avviato a una formazione di alto livello: accanto alla tipica educazione ebraica legata alle Scritture e al Talmud, sotto la guida di personalità eccelse come il rabbino Abraham Vita Reggio, suo figlio Isacco Samuele e il biblista Samuel David Luzzatto, Ascoli è infatti gravido di studi letterari, storici, filosofici e linguistici, influenzati dalla frequentazione con don Stefano Kocijancic, bibliotecario del Seminario di Gorizia, e resi manifesti nel saggio Sull’idioma friulano e sulla sua affinità colla lingua valacca, il suo primo lavoro filologico, pubblicato nel ’46 a soli diciassette anni.
Un genio del linguaggio
Sposatosi con l’ebrea triestina Fanny Beatrice Kohen, dalla quale avrà quattro figli, negli anni ’50 il giovane Graziadio è ormai destinato alla scienza: dopo un curioso manuale di Pasitelegrafia, nel quale propone un sistema universale da applicare al telegrafo elettrico, tra il ’54 e il ’55 pubblica i primi fascicoli della rivista Studi orientali e linguistici, dove riunisce commenti e traduzioni di testi indiani, appunti di ambito semitico, note di dialettologia e un aggiornamento sugli sviluppi della linguistica in Germania, la quale ricambia nominandolo membro della Società Orientale di Halle e Lipsia. Alla diffusa concezione natura-
Ritratto fotografico di Graziadio Isaia Ascoli. In apertura, Monastero di San Gallo (Svizzera): foglio 1r. del manoscritto Sang. 904, contenente le Institutiones grammaticae di Prisciano di Cesarea. Il testo presenta oltre 9.000 glosse, 3.478 delle quali in antico irlandese, vera e propria base per la ricostruzione di questa lingua. Furono ampiamente studiate da Graziadio Isaia Ascoli. 18
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Interno della Sinagoga di Gorizia, presso la quale Ascoli si formò ai primi studi di lingua e cultura ebraica.
Sopra, due immagini della casa natale, con lapide commemorativa, di Graziadio Isaia Ascoli nell’omonima via di Gorizia.
listica del linguaggio, descritto come un essere vivente che nasce, matura e muore quasi ‘biologicamente’, Ascoli contrappone il richiamo alle condizioni storiche nelle quali il linguaggio si è evoluto, svincolandolo da modelli di laboratorio e riportandolo alla sfera dell’umano. Forte di questa impostazione, diventa il massimo studioso di indoeuropeo, protolingua madre di svariati idiomi successivi, non attestata in quanto tale ma ricostruibile attraverso il confronto fra latino, lingue italiche, greco, sanscrito, armeno, gotico, parlate scandinave e baltiche, paleo-slavo, celtico, idiomi anatolici e germanici. Lingue morte, eppure più vive che mai nella trattazione di Ascoli, alla pari di quelle che egli parla fluentemente (italiano, tedesco, sloveno, francese, ebraico) e dei suoi dialetti di conversazione domestica (friulano, istriano e triestino), come si coglie da queste righe:
Ritratto del giovane Carlo Cattaneo.
Se [in sancrito, ndr] il nome per la divinità presenta una normale derivazione dalla radice “splendere”, comune a quelli del giorno e del cielo (div “splendere”, div “cielo”, diva-divasa “giorno”, deva “dio”), non vi si può vedere l’ordinamento di una metafisica di mediocre antichità; giacché (prescindendo dai moderni parlari indiani) il diewa-s, “dio” dei lituani, e i consonanti vocaboli delle nazioni sorelle, il sub divo dei latini (“a cielo scoperto”), il dies, div, deiz, latino, armeno e armonico per “giorno”, attestano remotissima questa applicazione del pensiero ario-europeo (Studi orientali e linguistici, p. 250). Questa autorevolezza gli vale, nel ’61, la cattedra di ‘Grammatica comparata e di lingue orientali’ all’Accademia scientifico-letteraria di Milano, in concomitanza con l’uscita dei suoi Studi critici; sarà il primo insegnamento di linguistica scientifico-comparativa (che Ascoli ribattezza ‘glottologia’) in un’Italia appena unificata dalla Spedizione dei Mille.
Carta dei dialetti ladini pubblicata da Graziadio Isaia Ascoli nel 1873, in allegato al primo numero del suo Archivio glottologico italiano; le aree interessate all’indagine sono quelle in grigio. A fianco, il primo numero della rivista Il Politecnico, fondata e diretta da Carlo Cattaneo; fu il più importante periodico italiano dedicato alle scienze e più volte ospitò gli interventi di Graziadio Isaia Ascoli.
Fra scienza e passione civile
to il controllo austriaco che egli propone di ribattezzaL’arrivo a Milano coincide con l’ingresso nella rivista re in modo originale, richiamandosi alla romana VeneIl Politecnico di Carlo Cattaneo, ben felice di ospitare la tia et Histria, la X Regio creata da Augusto nel 7 d.C.: Prolusione ai corsi di grammatica comparata e lingue orientali con cui Ascoli ha aperto l’anno accademico: Noi diremo Venezia Propria il territorio rinchiuso negli attuali confini amministrativi delle province Nell’attuale mia missione sarebbe […] contro il venete [Veneto e Friuli, ndr]; diremo Venezia mio assunto l’adoperarmi a sollevare i miei uditori Tridentina o Retica - meglio Tridentina - quello che da quelle fatiche intellettuali alle quali appunto son pende dalle Alpi Tridentine e può aver per capitale chiamato a condurli. I Veri già conquistati dalle Trento; e Venezia Giulia sarà la provincia che tra la indagini che a me sono affidate mi tocca esibir loro Venezia Propria e le Alpi Giulie ed il mare rinserra non per modo che ne provino compiacenze più o meno Gorizia, Trieste e l’Istria (dall’articolo Le Venezie passeggere, ma per guisa che riescano seriamente pubblicato nel ’63 sul giornale Museo di famiglia). ad appropriarseli e ad addestrarsi con ciò alle sudate ma beanti scoperte di nuovi Veri. D’altronde, Con lo stesso sguardo attento alle minoranze, Grail soave licore agli orli del vaso è oggidì superfluo, ziadio pubblica nel ’65 uno studio in tedesco sulla linanzi oltraggioso, alla colta gioventù italiana. Essa gua degli zingari (Zigeunerisches), vera delizia per i sente ormai tutta che in ogni verso fa mestieri di glottologi in virtù della sua origine indiana contaminata studi forti; gli artifizi agevolanti disdegna; anela a con le tante influenze subite dal loro nomadismo. quei rattempramenti dell’ingegno che provengono dal lottare contro alle nobili difficoltà; sa che senza Gli anni dei capolavori gravi stenti non si cavan fossili dalla miniera nostra, Nel ’70 le Lezioni di fonologia comparata del sanma che son fossili palpitanti di vita umana (da Il scrito, del greco e del latino tracciano un bilancio di Politecnico, vol. XII, 1862, p. 302). nove anni accademici a Milano e accompagnano il lettore in un viaggio quasi ‘iniziatico’ nei segreti delle lingue La consonanza con Ippolito Nievo, che due anni pri- antiche: come quando, a pag. 185, si scopre che il triestima ha sottolineato l’importanza della letteratura civile no zima, ‘freddo’, è un prestito dall’antico bulgaro źima, il per un «popolo che sente e pensa», colloca Ascoli fra quale trova corrispondenza nel lituano žëma e addirittura gli intellettuali che hanno una idea ambiziosa di cosa nel sanscrito ž‘ jama, ‘inverno’. L’opera gli vale il premio dovrebbe essere l’Italia, comprese le zone rimaste sot- dell’Académie des Inscriptions et Belles Lettres di Parigi e lo consacra definitivamente fra i grandi, ma Ascoli non si ferma e nel ’73 dà alle stampe il primo numero dell’Archivio Glottologico Italiano. Una rivista rivoluzionaria fin dal Proemio, dove egli interviene nel dibattito più importante dell’epoca: quale italiano adottare come lingua unitaria? Il fiorentino, proposto da Alessandro Manzoni, pur godendo di una grande tradizione letteraria è solo uno degli idiomi parlati in Italia e ha pari dignità degli altri, tanto più che la distinzione fra lingua e dialetto non Il cortile interno del Palazzo del Senato a Milano, prima sede dell’Accademia scientifico-letteraria nella quale insegnò Ascoli. 20
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ha nulla di scientifico, poiché pertiene solo alla sfera amministrativa e dunque è figlia di scelte politiche. Spetta quindi ai governi innalzare il livello culturale della nazione attraverso un potenziamento dell’istruzione a tutti i livelli, per poter arrivare a un italiano che, pur arricchito dai vari influssi locali, si delinei naturalmente come sovraregionale. Sarà proprio l’Archivio glottologico italiano, tuttora attivo, a ospitare le più importanti scoperte di Ascoli: l’isolamento del gruppo franco-provenzale, l’individuazione del ceppo ladino, comprendente il friulano e le parlate romanze dei Grigioni e dell’Alto Adige, nonché lo studio delle glosse in antico irlandese ai manoscritti C. 301 inf. della Biblioteca Ambrosiana e Sang. 904 del monastero svizzero di San Gallo.
Gli ultimi anni
Nel frattempo l’uscita del secondo volume di Studi critici, nel ’77, e delle Iscrizioni inedite o mal note greche, latine, ebraiche di antichi sepolcri giudaici del Napolitano, tre anni dopo, segnano il suo ritorno agli antichi amori: l’indoeuropeo e l’ebraico, affrontato da un inedito punto di vista epigrafico. È poi la volta dell’Encyclopaedia Britannica, dove Ascoli pubblica nell’’80 l’articolo L’Italia dialettale, prima classificazione scientifica dei dialetti italiani, mentre nella Lettera glottologica dell’’81 inventa la categoria di ‘sostrato’, intesa come lingua che, se pure scomparsa in un dato territorio, ha influenzato quella da cui è stata soppiantata: è il tipico caso dei suffissi -icco e -acco di molte città friulane, traccia di un’antica presenza celtica sopravvissuta alla stratificazione romana. Solo verso la fine degli anni ’80 l’attività accademica di Ascoli rallenta: la nomina a membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione e a Senatore del Regno lo costringono a impegni istituzionali che onora con passione. Schierato nell’area liberale ostile alle politiche di Crispi, è l’unico a difendere in Senato il professor Ettore Ciccotti, respinto a un concorso per diventare docente di ruolo in quanto socialista e infine costretto a emigrare in Svizzera. Da riformista, inoltre, Graziadio continua a credere che per Partendo dall’alto: valorizzare l’italianità del Friuli Venezia Giulia rimasto - un’immagine del salterio C. 301 inf., conservato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano. Il codice presenta sotto l’Austria non ci sia bisogno di alcuna annessione, delle glosse in antico irlandese al testo latino, pubblima solo di una rinascita culturale a partire dalla creaziocate dall’Ascoli nell’Archivio Glottologico Italiano asne di una università italiana a Trieste. Gli eventi, di lì a sieme a quelle del codice sangallese 904; poco, si muoveranno su ben altri binari, ma Ascoli avrà - un’altra immagine (foglio 21r.) del manoscritto 904 di la fortuna di morire prima della Grande Guerra, il 21 San Gallo, contenente le Institutiones grammaticae di gennaio 1907, a Milano. Puntando lo sguardo verso la Prisciano di Cesarea e le 3.478 glosse in antico irlansua Gorizia, ancora intatta prima della catastrofe. dese studiate dall’Ascoli;
Vanni Veronesi
- Palazzo Madama a Roma, sede del Senato di cui fece parte anche Graziadio Isaia Ascoli. |
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PERSONAGGI
SILVIA STIBILJ Intervista di Giuliana Dalla Fior
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L’armonia
del movimento
A soli due anni indossava già i primi pattini; a ventidue è diventata campionessa mondiale di pattinaggio artistico a rotelle nella categoria “Solo Dance”. Nel mezzo, una storia di passione, sacrifici e sogni. Molti dei quali ancora da realizzare.
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Scivola leggera, volteggia, danza e le sue mani sembrano accarezzare l’aria con una armonia straordinaria tra figura e movimento. Il sorriso e gli occhi sapientemente truccati, la leggerezza del costume e l’agilità incantevole rendono le sue performance artistiche uno spettacolo che tutto il mondo ha apprezzato: sono le esibizioni su pattini a rotelle nella categoria “Solo Dance”, della campionessa mondiale Silvia Stibilj. Silvia, proviamo a fare qualche passo a ritroso a quando eri una bimbetta di pochi anni. Come è stato il tuo approccio con i pattini a rotelle? «Ho iniziato a pattinare prestissimo; avevo appena due anni e mezzo e quindi il ricordo è piuttosto vago. Ho cominciato per gioco, perché mio fratello Stefano pattinava e quindi, essendo io sempre presente, mi divertivo a indossare i pattini. Non ho mai voluto provare altri sport: è stato un amore a prima vista; a quell’età infatti un bambino o si innamora di uno sport o vuole provarne tanti». Quando hai deciso che il pattinaggio sarebbe stato il tuo sport e non solo un hobby? «Credo che il pattinaggio sia uno di quelli sport che si amano solo in età giovanile; se si
continua in questa avventura si sceglie automaticamente di farne una disciplina sportiva a tutti gli effetti, con pregi e difetti che tale scelta comporta». Se poi alla passione si uniscono anche risultati importanti… «Quando ho iniziato a fare le prime gare non badavo molto al risultato; poi è iniziata a crescere dentro di me la voglia di migliorare sempre più e di voler arrivare sempre più in alto nelle competizioni. Ho capito che potevo fare qualcosa di più in questo sport nel 2006 quando, per la prima volta, ho indossato la tuta della nazionale italiana». I successi, prima nazionali poi internazionali, ti hanno cambiata? «Credo di essere maturata in modo diverso dai miei coetanei: tutte le gare, soprattutto quelle internazionali, ti aiutano a condividere un sogno con tanti ragazzi e quindi cresci più in fretta, sia nel modo di pensare sia nel vivere la singola giornata, fatta di tanti sacrifici che poi vengono ripagati». In tutto questo che ruolo ha giocato la tua famiglia? «Ai miei familiari devo tantissimo perché questo è considerato uno sport minore, quindi |
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anche quando si diventa campioni non si ha mai l’autonomia per poter pagare le spese da soli. I genitori sono fondamentali e sono gli sponsor principali di ogni pattinatore». I tuoi compagni di scuola, quando già mietevi allori, come ti consideravano? «Mi chiamavano la “campionessa” ed erano in qualche modo sempre partecipi delle mie competizioni, perché le gare più importanti erano in concomitanza con l’inizio dell’anno scolastico e io dunque spesso mancavo anche per un’intera settimana. Quando tornavo mi accoglievano con feste a sorpresa, cartelloni e conservavano gli articoli di giornale appendendoli in classe». I tuoi insegnanti ti hanno mai ostacolata? «I docenti delle superiori sono stati sempre comprensivi nei miei confronti e li debbo ringraziare perché il loro atteggiamento mi ha aiutata nei momenti più critici, soprattutto se le assenze erano prolungate e se mancavo alle verifiche». Lo scorso mese di settembre sei diventata campionessa mondiale senior nella categoSopra, Silvia Stibilj impegnata assieme al partner sporria “Solo Dance” e vice campionessa mondiativo Andrea Bassi. le nella categoria “Coppia Danza”. Prima di Pagina precedente, in apertura, Silvia mentre danza sui scendere in pista cosa ti aspettavi? «Durante tutto l’anno mi ero preparata molpattini. tissimo: in quelle situazioni ogni atleta vuoSotto, Silvia festeggia la medaglia d’oro assieme al core- le vincere e dunque tira fuori il meglio di sé. ografo Sandro Guerra . Conoscevo le mie capacità e le ho sfruttate al massimo. Anche nella coppia danza sapevamo di fare molto bene e il secondo posto è stato un risultato grandioso. Sono state due settimane molto intense perché è capitato di avere anche due competizioni al giorno. Per questo desidero ringraziare molto il mio partner Andrea Bassi per essermi stato vicino non solo durante le nostre gare di coppia ma anche durante le mie gare in Solo Dance». Dall’alimentazione agli allenamenti: come si prepara una campionessa del mondo? «Verso gennaio/febbraio inizio la dieta vera e propria, studiata appositamente in base ai miei allenamenti dalla mia nutrizionista. Il giusto apporto calorico e gli allenamenti mi permettono di arrivare alle gare in condizione fisica ottimale. Prima delle competizioni gli allenamenti si intensificano fi no a due o tre sessioni al giorno di due ore ciascuna». La società sportiva cui appartieni come ha contribuito alla conquista del tuo oro mondiale? 24
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«L’ASD Pattinaggio Artistico Triestino è stata determinante, perché mi ha permesso di allenarmi con allenatori super preparati e competenti in un impianto sportivo adeguato. Poi va sottolineato che siamo come una grande famiglia: prima della mia partenza per Cali (Colombia) tutte le ragazzine mi aiutavano ad allentare la tensione facendomi ridere distogliendomi dal pensiero del Mondiale». Al di fuori del pattinaggio, quali sono gli hobby di Silvia Stibilj? «Durante la stagione invernale adoro sciare. Ascolto molta musica, in particolare nel corso dei miei spostamenti settimanali in treno; mi piace andare al cinema, ma ho poco tempo e preferisco dedicarlo ad altro. A teatro vado spesso a vedere musical, perché sono piacevoli e rilassanti». Hai citato prima Andrea Bassi, tuo partner nella danza di coppia e grande amico. Ci sono mai divergenze o contrasti tra voi? «Fortunatamente andiamo molto d’accordo; in pista talvolta ci arrabbiamo ma soltanto allo scopo di migliorare il nostro rendimento». Chi sceglie la musica per le esibizioni in gara? «Abbiamo il nostro coreografo, Sandro Guerra, che sceglie la musica e crea la coreografia. Ovviamente lui sa su quali generi ci possiamo cimentare e non sbaglia mai. Ringrazio veramente tanto di poter lavorare con lui». I colori degli abiti che indossi nelle competizioni sono sempre vivaci e luminosi. Corrispondono ai tuoi gusti anche nella vita quotidiana? «Assolutamente no. Normalmente amo i colori scuri o comunque non troppo accesi. Sarà che ho troppo colore in pista, ma al di fuori preferisco rimanere nell’anonimato». Quanto possono incidere abito e musica nella valutazione di una performance? «Sia l’abito sia la scelta della musica posso incidere, anche se il giudice dovrebbe essere il più obiettivo possibile». Molti campioni sono scaramantici: vale anche per te? «Sì, sono un po’ scaramantica. Ho le stesse calze dall’anno in cui sono entrata a far parte della nazionale italiana (2006); mi trucco sempre prima dalla parte destra del viso, analogamente nel mettere i pattini prima il destro poi il sinistro. Per ultima cosa ho un carillon con at-
Da sinistra, l’allenatrice Valentina Mocali, Silvia Stibilj, Giovanni D’Agostino (presidente del Pattinaggio Artistico Triestino), e la mamma di Silvia, Marina Bancich. Tra i principali tifosi di Silvia c’è anche il padre Claudio Stibilj. taccati tanti oggettini: lo tiene nello zaino il mio allenatore». Pattinatrice ma anche studentessa di Scienze Motorie all’Università di Trieste. Come vorresti impiegare la laurea che conseguirai? «Mi piacerebbe diventare a tutti gli effetti un’educatrice e quindi poter lavorare presso un asilo nido. Oppure aprire sempre in questo ambito una mia attività». Per una campionessa vivere e allenarsi a Trieste è un vantaggio o un limite? «Trieste ha una storia per il pattinaggio e quindi sono felice di essere cresciuta in questa città perché mi ha dato tanto sotto molti punti di vista. Ci sono diverse società sportive e lo sport gode di considerazione… Non avrei trovato posto migliore». Torniamo con lo sguardo al futuro: quali sono i tuoi prossimi desideri? «Sicuramente laurearmi, anche se conciliare tutti gli impegni diventa assai difficile. Poi continuare la mia carriera di allenatrice: è appena iniziata ma vorrei che proseguisse per molto tempo. E, fi nita la carriera da sportiva, crearmi una famiglia».
Giuliana Dalla Fior |
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VIAGGI E METE
MADAGASCAR Servizio e immagini di Michele Tomaselli
Là dove il tempo
si è fermato
Una natura selvaggia che l’UNESCO ha inserito tra i patrimoni più preziosi. Specie rarissime di animali e acque cristalline che stregano gli occhi. Un’isola Stato dove, terminata l’occupazione coloniale francese, tutto sembra restare immutato.
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Un miracolo della natura: una foresta pluviale fitta ed intricata con pini, baobab, eucalipti, orchidee, bambù, piante carnivore, palme del viaggiatore. E oltretutto popolata da lemuri: questi curiosi primati dagli occhioni spiritati e dalla coda ad anelli che sembrano dei peluche… A un tratto spunta dietro un tronco il lepilemur microdon, un lemure di circa mezzo metro di lunghezza che assomiglia a un dolcissimo pupazzo. Ma le sorprese non sono ancora finite: al calar delle tenebre, si aggira il fossa, unico predatore della boscaglia e simile a uno zibetto; un camaleonte diventa giallo grazie a un meccanismo “hi-tech” unico nel regno ani-
male e alla fine un microcebus rufus, un lemure piccolissimo ghiotto di banane, emette dei canti d’amore. Mi trovo nel Parco Nazionale delle Montagne d’Ambra, la maggior attrattiva naturalistica del Madagascar settentrionale: è costituito da coni vulcanici che raggiungono l’apice con il Picco d’Ambra a 1.475 metri e, come un’oasi, si trova nel bel mezzo di un territorio secco. In particolare, grazie al clima tropicale e alle abbondanti precipitazioni, si possono trovare migliaia di specie vegetali, numerosi torrenti e salti d’acqua. La bellezza dei suoi scenari è forgiata da conformazioni basaltiche generate dalla furia del fuoco, così da offrire una natura selvaggia che si estende per oltre 18.000 ettari. Tuttavia, nonostante la giornata piovosa, decido di salire sulla cima d’Ambra. Ho la fortuna di essere accompagnato da Luk, un giovane malgascio che sostiene di conoscere il posto. Tuttavia il sentiero è incerto, la foresta è impenetrabile, ed è necessario farsi strada con un machete. Ma non c’è limite al peggio e scopro che Luk non ha mai messo piede in questa foresta. Spesso dobbiamo attraversare delle sabbie mobili con fondo fangoso e acqua fino alle ginocchia. Vi sono piante rarissime, felci di ogni tipo, migliaia d’orchidee, piante carnivore e c’è anche la minaccia dei serpenti. Probabilmente è dai tempi dell’occupazione francese che nessuno ci sale! La foresta è fitta e buia, particolarmente ricca di piante urticanti e sanguisughe affamate. A un tratto il sottobosco comincia ad animarsi. È un pulsare di vita e di rumori: un concerto di grida e dei suoni più strani. In volo Sopra: nei pressi di Avenue de Baobab, alle porte di Morondova, uno dei luoghi più fotografati del Madagascar. Accanto: in rosso lo Stato insulare del Madagascar nell’area sud orientale del Continente africano.
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perenne, colonie di zanzare, calabroni e centinaia di altre specie animali. Sembra la giungla nera di Sandokan! Dopo circa sei ore, ben stufo di camminare, raggiungo il Grand Lake, un lago misterioso, a circa mezz’ora di distanza dalla cima. Ritornato al campo mi tolgo dalle gambe una ventina sanguisughe e dopo una doverosa doccia mi appresto a ritornare alla civiltà (si fa per dire!). Un flashback del mio viaggio in Madagascar, Stato insulare dell’Oceano Indiano, al largo delle coste del Mozambico, sul Tropico del Capricorno. Isola sinonimo di fuga, affascinante terra selvaggia e fra i Paesi con il più ricco patrimonio naturale del mondo. Gli abitanti ti accolgono con un tonga soa, cioè “benvenuto”. Come nella trama del noto cartoon televisivo Madagascar, interpretato dai quattro simpatici amici (Alex, un leone; Marty, una zebra maschio; Gloria, un ippopotamo femmina; Melman una giraffa ipocondriaca) inizio ad assaporare questo scrigno di diversità. Incomincio dalla capitale Antananarivo (Tana), per poi proseguire nella navigazione del fiume Tsiribihina con i villaggi di paglia, nelle visite dei parchi: Tsingy de Bemeraha, Kirindi, Ankarana e d’Ambre, per concludere a Nosy Be, sul mare, ammirando le splendide barriere coralline. Un salto indietro. A Tana, dopo aver effettuato un volo di 12 ore, incontro il mitico generale Bebe, da queste parti un istituzione, dacché ti devi rivolgere a lui se vuoi visitare il Madagascar e se hai necessità di cambiare valuta. Tra l’altro il suo ufficio è un vero e proprio bunker con tanto di guardie. Cambio settecento dollari con la moneta locale, gli ariary, e mi trovo a girare con una borsa zeppa di banconote: la cartamoneta di maggior taglio è quella da 10.000 ariary, che equivale a circa 4 euro. Dopo aver concordato l’itinerario, raggiungo il gruppo al famoso Restaurant Sakamanga, vicino all’albergo, gustando per la prima volta del filetto di zebù e assaggiando del rum alla vaniglia. Iniziamo a immergerci nella cultura malgascia… L’indomani partiamo per la piccola cittadina di Mindravazo nella regione del Menabe, per compiere una navigazione sul fiume Tsiribihina. A metà strada facciamo una sosta al mercato di Antisarabe, per acquistare qualche casco di banane e della papaya, mentre verso sera raggiungiamo le rive del grande fiume. Così avvistiamo i primi coccodrilli. Non è un caso che
Sopra da sinistra: - una tipica imbarcazione da pesca, all’interno della Laguna di Nosy Be; - attraversamento del fiume Manonmbolo, porta d’ingresso al parco Tsingy di Bemaraha; Sotto, navigazione sul fiume Tsiribihina.
il nome Tsiribihina significhi “là dove non bisogna nuotare”. Noi di certo non sguazzeremo nell’acqua! Il giorno successivo siamo pronti per compiere una crociera indimenticabile nel sud ovest del Madagascar ed esplorare Bemahara, patrimonio mondiale dell’UNESCO. Con noi viaggiano tre galline stipate in una gabbia: starnazzano ma non sanno ancora quale destino le aspetti... Più tardi, dopo aver caricato sull’imbarcazione le vettovaglie, compresa della legna, una moltitudine di bambini con gli occhi smaglianti come le stelle del cielo ci saluta dalla battigia del fiume esclamando: Bonjour vashaha (“buongiorno bianco”), regalandoci canti e danze tribali. È una notte bellissima: il cielo è illuminato dalla Via Lattea e dalla costellazione di Orione e ogni tanto scendono delle stelle cadenti. Così noi tutti esprimiamo un desiderio. Nel frattempo la nostra guida e capitano di “vascello” John ci mostra la spiaggia, sede del campo di sosta che, non troppo lontana dagli ultimi avvistamenti di coccodrilli, è l’ideale per stazionare la barca, accendere il fuoco e montare le tende. A cena rimaniamo colpiti dalla bravura dei nostri tre cuochi (due ragazze e un ragazzo) che per l’occasione preparano pasta molto speziata e spezzatino di zebù. Per esorciz|
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zare la fobia da coccodrillo, tra noi viaggiatori rievochiamo il film Anaconda con Jennifer Lopez. Arriviamo al quarto giorno. Smontate le tende, dopo un’abbondante colazione partiamo dedicando l’intera giornata sul fiume Tsiribihina. Dopo un paio d’ore di navigazione attracchiamo a riva per raggiungere una splendida cascata che, formando piscine naturali, sembra un paradiso terrestre. Non ci resta che tuffarci... Più tardi, ripresa la rotta, approdiamo sulla sponda sinistra del fiume per visitare un tipico villaggio di paglia e Attracco e visita al villaggio di paglia e fango lungo fango, contraddistinto dalla presenza di un grande essiccail fiume Tsiribihina. toio per la lavorazione del tabacco. Verso sera sbarchiamo quindi su una spiaggia, montiamo le tende e consumiamo le tre galline, grigliate per l’occasione. Ci allietano i canti e le danze tribali di un vicino villaggio. Ormai siamo entrati nel vivo del viaggio. L’indomani, nel primo pomeriggio arriviamo a Belo sur Tsiribihina, un comune rurale della provincia di Toliara, e qui, caricati i bagagli a dorso di uno zebù, raggiungiamo il nostro albergo. L’epilogo della giornata è un’ottima cena a base di gamberoni di fiume, anche se qualche scarafaggio non fa dormire sonni tranquilli. Il giorno seguente, a bordo di un camion 4x4 trasformato in rudimentale corriera, partiamo alla volta del parco Tsingy di Bemaraha: una riserva naturale ubicata vicino alla costa occidentale e inclusa nella lista del PatrimoCamaleonte fotografato nel parco Tsingy di Bemaraha. nio dell’UNESCO. Il viaggio è una vera e propria odissea: scomodo e movimentato, a causa delle continue vibrazioni provocate dalla condizioni della strada e dalla completa mancanza di ammortizzatori del mezzo. Dopo sei ore di sterrato, raggiungiamo la sponda del fiume Manonmbolo. Quasi impossibile descrivere questo luogo, unico nel suo genere. Un grande massiccio di origine carsica che si estende da nord a sud, per oltre 100 km, modellato da fenomeni erosivi e frastagliato da pinnacoli (in malgascio tsingy) alti centinaia di metri, affilati come rasoi, e interrotto da profondi canyon. Più tardi dopo aver montato le tende, visitiamo il piccolo circuito del Tsingy. Concludiamo la giornata con una visita notturna della riserva, osservando camaleonti e qualche serpente. L’indomani partiamo con le guide del parco alla volta del circuito del grande Tsingy. Arrivati al parcheggio le nostre guide ci consegnano 12 imbragature e ci invitaLemure fotografato nella riserva di Ankarana. no ad assicurarci perché il sentiero è attrezzato. Dopo circa 4 ore fra passaggi, taluni anche esposti, grotte, pinnacoUno zebù lungo le rive del fiume Tsiribihina. li e un ponte sospeso, concludiamo con entusiasmo questa incredibile esperienza, particolarmente felici per aver visto le galidie (manguste dalla coda ad anelli), un varano, camaleonti e lemuri bianchi. La giornata seguente, in canoa lungo il fiume Manonmbolo, giungiamo alle grotte dei pipistrelli e alle tombe dei “Vazimba” (i cosiddetti uomini nani), considerati i predecessori del popolo malgascio. Giunti al nono giorno, visitiamo la riserva di Kirindi. È il regno di una ricca farmacopea nonché il rifugio di manguste, ratti giganti, tartarughe, camaleonti, uccelli del 28
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paradiso e lemuri notturni. Abbiamo la fortuna di scrutare un fosa, il carnivoro più conosciuto del Madagascar (tanto da essergli stata assegnata la parte del cattivo nel film d’animazione Madagascar). Nel primo pomeriggio ci fermiamo nella caratteristica Avenue de Baobab: uno dei luoghi più fotografati del Paese, lo splendido viale con i baobab della specie Adansonia Grandidieri, allineati su entrambi i lati, a circa 15 chilometri da Morondava. L’indomani attraversiamo con le piroghe la foresta di mangrovie attorno a Morondava e raggiungiamo l’isola di Betania, dove visitiamo una piccola chiesa retta da due suore italiane. Dopo aver consumato dei gustosissimi granchi per pranzo, a cena Gabriele - di origini romane e gestore di un albergo vicino alla spiaggia - ci cucina dell’ottimo pesce barracuda. Giunti a metà del viaggio, prendiamo l’aereo per Antananarivo dove, dopo un’ora di volo, rivediamo il mitico Bebe. La mattina seguente raggiungiamo l’aeroporto di Antananarivo - Ivato e, dopo aver espletato le formalità burocratiche, ci imbarchiamo su un volo con destinazione Diego Suarez - Antsiranna. La più grande città del nord del Madagascar e capitale della provincia omonima deve il suo nome all’esploratore portoghese Diego Suárez che nel 1543 approdò nella Baia di Antsiranana. Inoltre fu protettorato francese fino agli anni Settanta. Le vie e le case richiamano architetture dell’epoca coloniale ma il fascino è racchiuso nell’atmosfera ormai decadente. Sembra che i coloni se ne siano andati solo qualche decennio fa lasciando alla salsedine dell’Oceano il compito di distruggere tutto. I successivi tre giorni li trascorriamo nel Parco Nazionale delle Montagne d’Ambra. È pazzesco pensare come nel giro di pochi chilometri dalla costa il clima cambi completamente, con vento, pioggia e temperature molto rigide. Io e Nicoletta troviamo da dormire nel bellissimo lodge del parco, mentre gli altri del gruppo, più coraggiosi, dormono nelle tende all’interno delle apposite piazzole coperte. Le ottime strutture ci permettono di utilizzare l’acqua corrente per cucinare del riso, mentre Dante riesce eccezionalmente a preparare delle salcicce di zebù. Nel frattempo la temperatura cade in picchiata libera, il libeccio si manifesta con enorme frastuono tra gli alberi e la pioggia scende a catinelle. Fortunatamente l’indomani il cielo migliora, così partiamo a piedi per visitare le cascate di Antamboka e di Antankarana. La tregua del tempo è però agli sgoccioli ed è imminente una nuova perturbazione. Così all’alba del nuovo giorno decido di salire al Pico d’Ambra, la montagna più alta della Riserva. La storia di quest’avventura è nota dal prologo dell’articolo, ma si arricchisce di una nuova protagonista: una galidia affamata che si divora i miei calzini imbrattati di sangue. La nostra esperienza sta per concludersi: il quindicesimo giorno ci trasferiamo verso la costa e, a circa metà strada, entriamo nella riserva di Ankarana per visitare il percorso attrezzato del piccolo Tsingy - molto simile a quel-
Camaleonte fotografato nei pressi di Avenue de Baobab.
Serpente nella riserva naturalistica di Nosy Be.
lo del Tsingy de Bemeraha - e la spettacolare grotta dei pipistrelli. Durante l’escursione manteniamo una forma di rispetto soprattutto perché, questi luoghi, sono ritenuti sacri dall’etnia degli Antankarana. In tarda serata raggiungiamo Ankjifi, un importante scalo marittimo del nord ovest del Madagascar affacciato sul canale di Mozambico, da cui partono i servizi marittimi per l’isola di Nosy Be. D’ora in avanti ci aspettano sabbie bianche e calde come il sole, mare azzurro e trasparente, fondali mozzafiato, barriere coralline e una natura rigogliosa. Peraltro a bordo di un catamarano potremo compiere una crociera meravigliosa per immergerci nei fondali più belli del mondo. Siamo arrivati alla fine del viaggio. Gli ultimi quattro giorni li trascorriamo navigando nell’arcipelago delle isole Mitsio, un paradiso composto da isolette di sabbia bianchissima, rocce e coralli affioranti. Sono quasi tutte disabitate a eccezione di Nosy Mitsio e Grande Mitsio che ospitano alcuni villaggi di pescatori. Noi tocchiamo le isole di Nosy Komba, Nosy Tanikely, Nosy Sakatja, Nosy Be e Nosy Lava. Quest’ultima custodisce le tombe dei re Sakalava (la stirpe dell’antico popolo malgascio), un faro oramai tutto arrugginito e un penitenziario costruito dai francesi nel 1911, che accoglieva i prigionieri politici fino al decadimento coloniale. Mentre oggi, in rovina, serve ancora a rinchiudere i carcerati, molti dei quali costretti ai lavori forzati.
Michele Tomaselli |
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ALLA SCOPERTA DI... PELLAGRA E MALARIA Servizio e immagini di Renato Duca e Renato Cosma
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Le grandi piaghe
del mondo dei campi
A inizio Novecento nell’Isontino e nella Bassa friulana continuavano a diffondersi malattie in grado di mietere centinaia di morti, in particolare nel mondo agricolo. Una situazione tragica destinata a mutare solo con una radicale sistemazione idraulica del territorio.
La pellagra
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Scambiata inizialmente per lebbra, la vera natura del morbo venne individuata solo nel 1730 dal medico spagnolo Gaspar Casal Julián, che lo definì el mal de la rosa per le lesioni tumide e arrossate che provocava sulle parti del corpo non coperte. Il termine pellagra, coniato nel 1771 dal medico milanese Francesco Frapolli, deriva da ‘pelle agra’, pelle ruvida, che costituisce, tra gli altri, l’effetto manifesto della malattia con desquamazione, eritema, cheratosi. Fu anche detta morbo delle quattro D - diarrea, dermatite, demenza, decesso (dementia, dermatitis, diarrhea, death in inglese) - a significare i sintomi e il decorso del male, che colpiva tutte le fasce di età, ma in maggior numero gli adulti. Accurati accertamenti, affidati nel 1776 dalla Repubblica di Venezia ai Provveditori di Sanità per porre rimedio all’epidemia dilagante, attribuirono la causa ai “… sorghi tur-
chi immaturi e guasti …”, proibendone l’uso alimentare. Venne messo sotto accusa soprattutto il ‘cinquantino’, un mais di secondo raccolto che spesso, non maturando completamente, era colpito da alterazioni e da muffe. Ma i magistrati della Serenissima erano ben lontani dalla verità, perché l’origine del morbo aveva altre radici. Infatti la malattia, caratterizzata da disturbi dell’apparato digerente e nervoso e da lesioni cutanee, in evidenza nelle parti esposte alla luce, era causata da carenza alimentare di vitamina PP (presente in genere nei prodotti freschi). Il morbo colpì soprattutto la gente dei campi, che basava la propria alimentazione sul granoturco (polenta). Nel 1784 Giuseppe II d’Asburgo (1765-1790) fondò a Legnano il primo ‘pellagrosario’, ovvero il primo ospedale e centro di ricerca per malati di pellagra, che peraltro non ebbe gran seguito. La pellagra costituì, con la povertà e l’alcolismo, una delle piaghe del Friuli Sette-Ottocentesco. La malattia imperversò pesantemente pure nelle aree agricole della Contea principesca di Gorizia e Gradisca, tanto che nei primi anni del Novecento la Dieta Provinciale goriziana si mosse attivamente per contrastare l’epidemia, particolarmente nel Distretto di Gradisca, stanziando fondi di bilancio in proposito e auspicando specifici interventi finanziari e legislativi da parte dell’Impero: “… nella seduta dietale del 20 settembre 1901 si deliberò di erogare dal civanzo dell’anno scorso ascendente a Cor. 4.952: in favore dell’ i.
A fianco: la cannuccia palustre; Sopra: canne palustri, rifugio della ‘zanzara anofele’. 30
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r. Commissione istituita dal Governo per combattere la pellagra nel Distretto politico di Gradisca […] Sopra proposta del Ministero dell’interno e con assenso del Parlamento, il Governo, per combattere la pellagra, erogherà quest’anno Cor. 10,000 mediante la predetta Commissione, e continuerà, per le dichiarazioni fatte in seno alla Camera dei deputati, a stanziare annualmente nei futuri bilanci dello Stato importi possibilmente maggiori a quello fissato per l’anno in corso, sempreché la nostra provincia continui ad accordare dal canto suo un corrispondente importo al predetto scopo sommamente umanitario. Per combattere la pellagra sono necessari dei provvedimenti con cui prevenire la comparsa di quella malattia endemica, e altri con cui curare i pellagrosi. In Italia è ora in discussione al Parlamento un progetto di legge tendente a fissare e regolare tali provvedimenti; da noi però non solo manca una siffatta legge, ma il Governo fin’ora neppure si pensò di presentare ai corpi legislativi un tale progetto di legge. Il Comitato di finanza propone quindi che piaccia a Codest’Eccelsa Dieta: 1. di approvare il conto preventivo del fondo generale dei poveri per l’anno 1902 […] deliberando che […] la somma di Cor. 4.000 venga erogata all’i.r. Commissione governativa istituita per combattere la pellagra nel Distretto politico di Gradisca […]; 2. s’incarica la Giunta provinciale a fare i passi opportuni, perche il Governo presenti al Parlamento un progetto di legge tendente ad impedire il manifestarsi della pellagra, e a prescrivere i mezzi di curare i pellagrosi …” (*) Non fu da meno la ‘Federazione dei Consorzi agricoli del Friuli’, sorta nel 1899, sull’energica spinta propulsiva del Movimento della cooperazione cattolica sostenuta inizialmente da don Adamo Zanetti di Mariano e, poi, da mons. Luigi Faidutti, strenui difensori del mondo contadino del Friuli austriaco. La benemerita istituzione attivò nel 1911 per l’ambito gradiscano una Commissione ‘pellagrologica’ distrettuale con il compito, tra l’altro, di censire il fenomeno, controllare i mulini e i depositi di granoturco, fare opera di informazione e orientamento alimentare presso la popolazione rurale del territorio. Inoltre, ritenendo la validità del processo di essicazione delle granaglie nella lotta contro la pellagra, la Federazione mise a disposizione degli agricoltori i propri ‘forni essicatoi’ di Romans, Aquileia e Ruda. (*) Pertrattazioni della Dieta Provinciale della Contea Principesca di Gorizia e Gradisca, redatte sulle annotazioni stenografiche (dal 27.12.1901 al 3.01.1903).
Da sinistra: - cannucce di palude; - esempleri di zanzara anofele (termine derivato dal Greco con significato di “dannoso”); in alto l’Anopheles Maculipennis, in basso l’Anopheles Bifurcatus. - una treccia di pannocchie di granoturco. In basso, canne palustri nella piana del Lisert, ad est di Monfalcone verso S. Giovanni di Duino, rifugio ideale di zanzare malariche (bonifica idraulica, 1930).
La malaria
La malaria, detta anche aer grevis dai Romani, mal aria nel Medioevo, paludismo nel Settecento, colpisce l’uomo dalla notte dei tempi. È un morbo causato da parassiti, protozoi del genere Plasmodium, tra cui il Plasmodium falciparum è il più pericoloso con un tasso molto elevato di mortalità. Esso presenta un quadro clinico di malattia febbrile acuta, che si manifesta con segni di gravità diversa a seconda delle specie infettante. I vettori sono zanzare del genere Anopheles, termine greco con significato di ‘dannoso’. La sua diffusione nella penisola italica fu contrastata dai Romani (anche nell’agro aquileiese) con cospicui interventi di regimazione idraulica e di sistemazione fondiaria e agraria, sostenuti da accurate ricerche epidemiologiche, che individuarono quali portatori dell’infezione minuscoli animaletti presenti nelle plaghe palustri. Il medico greco Ippocrate descrisse con chiarezza nei suoi Aforismi ed Epidemie l’effetto emblematico del male, rappresentato dalla cosiddetta febbre ‘intermittente’. In passato ne furono pesantemente colpiti il Monfalconese, la Bassa friulana, il Veneto, l’Istria e altre aree italiane, gravate da paludismo e da precarietà sanitaria. Restando nell’ambito Isontino, l’endemia malarica divampò pesantemente durante la Grande Guerra, dilatandosi pure negli anni successivi al conflitto, anche a causa della prolungata presenza nell’area di truppe provenienti da Paesi toccati dall’infezione, soprattutto Macedonia e Albania. La malaria in quegli anni colpì duramente la popolazione residente, per il 98% a San Giovanni di Duino, per il 53% a Duino, per il 69% nell’ambito dell’insediamento Adria Werke (poi Solvay), per il 42% a Panzano di Monfalcone e per il 31% nello stesso centro storico della Città:
“… sono questi i dati impressionanti ed io ritengo che nessun ragionevole cittadino non siasi convinto di dover concorrere al risanamento di questa insalubre plaga […] La città (Monfalcone) è risorta, gli edifici sono splendidi, le industrie fioriscono, ma o Signori manca ancora la condizione essenziale per lo sviluppo della regione, manca la salubrità dell’ambiente, perché in questa regione la malaria fa strage e immiserisce gli organismi, rende inattivi e, quindi, improduttiva una gran parte dei territori. Da tale condizione di cose sorse impellente la necessità di una grande bonifica che rendesse abitabili e sani i territori non abitabili, che assicurasse lo sviluppo degli stabilimenti industriali, la cui massa operaia oggi è minata dalla grave malattia malarica […] le condizioni di tutto il territorio che circonda Monfalcone sono molto gravi […] la zona che è alle porte della città e che confina con l’Adria-Soda è assolutamente inabitabile … “ (*). A fronteggiare l’epidemia non furono sufficienti né l’impegno dei sanitari e una massiccia distribuzione di chinino, né la ‘piccola bonifica’ eseguita dal Cantiere Navale Triestino, né gli interventi antianofelici disposti dal Comune di Monfalcone con la semina nei ristagni d’acqua di minuscoli pesci del genere ‘gambusie’. Non sortì risultato decisivo nemmeno l’irrorazione delle aeree interessate con ‘verde di Parigi’ (verderame) tramite un idrovolante del citato Cantiere Navale, promossa dall’Opera Rockfeller e dal Genio Aeronautico. Il fallimento di tutti quegli interventi dimostrò che nessun mezzo poteva neutralizzare la zanzara anofele e proteggere la popolazione, se prima non venivano eliminati gli acquitrini e i ristagni paludosi con una radicale sistemazione idraulica del comprensorio interessato. Come di fatto avvenne nella prima metà del Novecento con gli interventi radicali attuati nel Monfalconese dal ‘Consorzio di bonifica del Brancolo’ e dal ‘Consorzio di bonfica del Lisert’ e nella pianura friulana dal ‘Consorzio di bonifica Bassa Friulana’. (*) Michele Rinaldi, Sottoprefetto di Trieste: intervento all’Assemblea costitutiva del ‘Consorzio di bonifica del Lisert’ dell’11/10/1925, nel corso della quale il funzionario rappresentò in tutta la sua drammaticità la situazione igienico-sanitaria della fascia litoranea monfalconese.
Renato Duca e Renato Cosma
Renato Duca è stato direttore del Consorzio di bonifica Bassa Friulana; Renato Cosma è stato condirettore del Consorzio di bonifica Pianura Isontina
ALLA SCOPERTA DI... SEPOLTURE E CIMITERI MILITARI Servizio di Alberto V. Spanghero. Immagini di Foto Archivio Circolo Brandl – Turriaco
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L’ombra sua torna ch’era dipartita Dai primi funerali celebrati rapidamente durante le mattine dei giorni di guerra alle tombe monumentali per ricordare i milioni di caduti di un conflitto tragico: a un secolo di distanza, la memoria di un’intera generazione sembra aver trovato finalmente la pace.
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All’inizio della guerra del 1915-1918 fra Italia e Austria, quando i caduti non erano ancora molti, s’incominciò a vedere nei paesi della Bisiacaria, preferibilmente la mattina, i funerali dei militari morti negli ospedali o al fronte. Poi in seguito, quando i caduti aumentarono di numero, i funerali si facevano a tutte le ore del giorno. Piccoli gruppi in grigioverde si avviavano mestamente inquadrati verso i cimiteri senza fiori e spesso senza sacerdote. La bara veniva trasportata a spalla oppure posta su un carro trainato da un cavallo adattato per l’occorrenza. In seguito, con l’aumento vertiginoso dei morti si provvedeva a tumulazioni multiple senza alcuna pompa funebre e senza servizio religioso. In tutti i cimiteri stazionavano in attesa gruppi di militari anziani, scavatori di fosse. In un primo momento le sepolture erano a carico dei comuni, ma in seguito, visto l’alto numero dei decessi, l’incombenza veniva sostenuta dall’Amministrazione militare. I cimiteri civili della piana monfalconese ben presto diventarono insufficienti a contenere tutte le salme, per cui fu necessario allargarli velocemente, impiantandone di nuovi chiamati “cimiteri militari”. L’area cimiteriale, una volta segnata, veniva delimitata con un semplice steccato di legno e canne di granoturco. Fin dal luglio 1915 il Commissariato Civile, per tramite dell’Ufficio Sanità Militare di Cervignano, dette le necessarie istruzioni sulla sepoltura dei caduti. Invitò pertanto i sindaci dei paesi interessati o i commissari per i comuni ad assegnare in ogni cimitero posti sepa-
rati per gli ufficiali e per gli uomini di truppa. Ad ogni caduto veniva fornita una targa metallica con nome, cognome, grado e corpo di appartenenza. Non sappiamo se per le fosse comuni fossero stilati degli elenchi o lasciate con l’indicazione “militari ignoti”. Le salme dei militari venivano dapprima raccolte e ammucchiate e poi trasportate velocemente per la sepoltura verso recinti cimiteriali improvvisati. Questi cimiteri, disposti su tutte le doline dell’altipiano carsico e lungo i fiumi Isonzo e Vipacco, ben presto crebbero velocemente di numero in maniera impressionante. In molti casi i corpi dei caduti erano di alcuni giorni, magari esposti al sole, con le conseguenze che lasciamo immaginare. Spesso, a causa dell’alto numero di soldati morti negli ospedali sparsi nei paesi del Monfalconese, si dovette far uso di manodopera civile e di carri privati. Infatti alcuni volontari di Turriaco furono impiegati ripetutamente in questi macabri trasporti. Per evitare l’insorgere e il proliferare di malattie contagiose, dovute anche ai corpi in avanzato stato di putrefazione, gli addetti ai lavori dovevano sottoporsi a continui controlli e a misure profilattiche adeguate al caso. All’inizio ogni cadavere veniva sepolto singolarmente, poi, in seguito alle orrende carneficine che ren-
A lato, cadaveri di soldati austriaci in attesa di sepoltura. Sopra, cimitero austro-ungarico ad Aidussina. Qui a fianco: autoambulanze della Croce Rossa | marzo-aprile 2016 | 33Italiana. Foto in apertura: Turriaco, casa Cecchini, agosto 1916. a Accantonamento ospedaliero della 16 Divisione.
devano i corpi irriconoscibili o all’eccessiva quantità di cadaveri, si provvide a sepolture in fosse comuni. Di questo “lavoro straordinario” e ingrato furono incaricati alcuni becchini locali, i così detti pizigheti in dialetto bisiaco. Ognuno di loro percepiva una paga mensile posticipata di 45 lire. Gli addetti alle “pompe funebri” disponevano di un carro, tipo scalaro, trainato da un cavallo, e di un cassone con il coperchio, che poteva contenere fino a dieci corpi. Quando il macabro carico era completato, i cadaveri venivano trasportati fino al cimitero e là buttati “nudi e crudi” in grandi fosse comuni. Si procedeva a strati: il primo strato veniva disteso sul fondo della fossa e subito coperto da un leggero spessore di terra. La fossa rimaneva scoperta in attesa di altri cadaveri per allestire uno strato successivo, fino al totale riempimento. Per i morti di malattie contagiose a ogni strato di cadaveri si aggiungeva uno di calce viva. Nel novembre del 1916 l’Intendenza Generale dell’Esercito in zona di guerra indicava alle autorità locali civili e militari le modalità da seguire, dov’era possibile, per procedere a una corretta identificazione e la registrazione delle salme. Perciò, tutte le sepolture dovevano essere contrassegnate e registrate, affinché i congiunti potessero in seguito rintracciarle. In secondo luogo si doveva curare e migliorare le tombe e i camposanti, dando loro il miglior decoro possibile. A ciascun cimitero allestito in zona di guerra fu dato in qualità di custode un militare anziano “preferibilmente intelligente, pratico di lavori di terra, di adattamento del tipo (giardinieri, sterratori, orticoltori)”, il quale avrebbe dovuto tenere ordinate e sgombre da erbe le tombe, rimediare ai piccoli guasti che l’acqua e il gelo o altre cause avrebbero potuto cagionare alle tombe stesse. Per tale servizio a questi soldati furono dati badile, piccone, rastrello, roncola, scopa, carriola a mano e altri oggetti adatti allo scopo. All’inizio del 1917, nel Monfalconese c’erano 17 cimiteri “identificati” e 35 i “recinti” improvvisati sparsi in ogni luogo. Il numero delle salme registrate dei caduti fu di 3.146, di cui solo 2.536 identificate e 610 di militari sconosciuti, dei quali non fu possibile leggere alcuna indicazione. Nella Prima guerra mondiale morirono milioni di soldati. A causa di un così alto numero di vittime in tutta Europa si creò il problema di come trattare i caduti. In primo luogo la salma doveva essere, nel limite delle possibilità, identificata e tutti i soldati morti in guerra dovevano essere trattati da eroi. Ognuno aveva il diritto di avere una lapide, sulla quale fossero scritti il proprio nome e il reggimento di appartenenza, affinché la memoria dell’interessato si conservasse nel tempo; era inoltre consentito fare la distinzione tra caduti propri, alleati o nemici. I cimiteri di guerra dovevano rappresentare il simbolo di espressione di gratitudine dell’inPartendo dall’alto: - cimitero di Turriaco in una foto del marzo 1916; - Monfalcone, cimitero italiano dietro le Scuole popolari; - cimitero italiano a Podgora; - Monfalcone-Panzano, il cimitero militare italiano; - l’ossario della brigata Ferrara sul monte S. Michele. 34
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tera Nazione verso quelli che, con il proprio sacrificio, erano rimasti fedeli al proprio giuramento. Va sottolineato che tutte queste opere dovevano avere un significato e una valenza artistica e formativa Agli inizi degli anni Venti fu creato l’Ufficio Cura Onoranze Salme Caduti in Guerra (C.O.S.C.G.): questa organizzazione a livello nazionale fu incaricata della colossale opera di catalogazione e riordino di tutti i cimiteri di guerra. Questo ufficio con sede a Udine comprendeva le sedi staccate di Trento, Treviso e Gorizia e alle sue dipendenze aveva 150 ufficiali, 35 cappellani militari e 7.000 soldati con il compito di perlustrare tutti i campi di battaglia alla ricerca di resti dei caduti in combattimento. Durante questo immane lavoro furono raccolte più di 70.000 salme lungo tutta la linea del fronte; altre 150.000 furono esumate e riseppellite e più di 2.000 ignoti furono identificati. Alla fine del 1922 i duecento cimiteri furono ridotti a 62. Il 24 maggio 1923 fu consacrato il nuovo “cimitero degli invitti” della III Armata sul colle di Sant’Elia di Redipuglia e nel 1938 sorsero i due grandi Sacrari di Redipuglia e di Oslavia, nei quali furono tumulate nel primo 100.187 e nel secondo 57.200 salme di soldati appartenenti alla due Armate. Concludiamo questa escursione sulla memoria lugubris della Grande Guerra con il Cimitero degli Eroi di Aquileia, sorto al termine della guerra per idea di monsignor Celso Costantini e del giornalista Ugo Oietti. Attualmente il cimitero raccoglie 227 salme. Tra tutte le tombe si distingue il monumento al Milite Ignoto, dove sono sepolti i Dieci Ignoti raccolti su tutti i campi di battaglia dal Trentino al Carso: l’undicesimo riposa, dal 4 novembre del 1921, in un loculo ricavato nell’altare della Patria, in piazza Venezia a Roma. Sul muro dell’abside a nord della Basilica di Aquileia, di fronte al monumento agli ignoti, una targa marmorea riporta alcuni versetti di D’Annunzio: “O Aquileia, donna di tristezza, sovrana di dolore, tu serbi le primizie della forza nei tumuli di zolle, all’ombra dei cipressi pensierosi. Custodisci nell’erba i morti primi: una verginità di sangue sacro e quasi un rifiorire di martirio che rinnovella in te la melodia. La Madre chiama e in te incomincia il canto... il sacrificio arde dall’alpe al mare”. Dal 4 novembre del 1954 nel Cimitero degli Eroi ad Aquileia riposa la salma di Maria Bergamas, che ebbe il doloroso compito di scegliere fra undici bare quella che doveva rappresentare a Roma il caduto ignoto. Il cimitero degli Eroi di Aquileia è l’unico rimasto tale fra tutti quelli di guerra, dai quali, a partire dai primi anni Venti, vennero riesumate le salme e collocate negli ossari più importanti.
Alberto Vittorio Spanghero
Ricercatore e storico di Turriaco Dall’alto: - cimitero di soldati italiani in territorio austriaco; - cimitero civile e militare a S. Pier d’Isonzo; - Sdraussina, cimitero italiano degli asfissiati; - cimitero dei militatri italiani a Sagrado (ph del 29/6/1916); - L’Arca dei dieci Militi Ignoti e la tomba di Maria Bergamas al Cimitero degli Eroi ad Aquileia. |
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ALLA SCOPERTA DI...
VISCO Servizio e immagini di Michele Tomaselli
Alle radici dell’antico confine Nel 1874 si conclusero i lavori di realizzazione della Dogana che a Visco separava il Regno d’Italia dall’Impero Austroungarico. Contribuendo allo sviluppo economico dell’intera area. Ma anche a quello del contrabbando.
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Aveva un cliente speciale l’antico confine di Visco, un ragazzo dai calzoni corti: soldato, esploratore, professore universitario ma anche apprezzato scrittore, morto poi a 104 anni. Nei primi anni del Novecento soleva venire in bicicletta in paese, in Austria, a comprare i bussolai, un dolcetto tipico veneziano a forma di ciambella, insaporito da un’ombra di vino. Visco era a due chilometri dalla sua città, Palmanova, ma bisognava passare il confine di Stato. Se si andava a piedi non serviva esibire alcun documento, mentre se si transitava con la bicicletta era necessario mostrare una tessera di riconoscimento. Così suo padre lo iscrisse al Touring Club italiano, l’associazione nata nel 1894, che aveva lo scopo di diffondere i valori del ciclismo e del viaggio nonché promuovere l’utilizzo di antesignane piste ciclabili. Stiamo parlando del signore delle cime: Ardito Desio, l’uomo che nel 1954 conquistò il K2 portando lustro all’Italia. Un tempo il confine fra il Regno d’Italia e l’Impero d’Austria-Ungheria correva sulle pianura della Bassa friulana; l’iniquo confine, appellativo con cui si de-
finiva questa frontiera che si sviluppava tra Visinale del Judrio e il canale Medadola nei pressi della laguna di Grado. Si trattava di una linea confinaria tra le più assurde della storia, che si sviluppava nella campagna friulana senza una logica ben definita. Infatti, a seguito della Terza Guerra d’Indipendenza (1866) e degli esiti della Pace di Vienna, venne trasferito al Regno d’Italia il Regno Lombardo Veneto, o meglio la parte che rimaneva, visto che la Lombardia era già stata ceduta ai sabaudi nel 1859; l’Austria manteneva il predominio sul Friuli orientale e venne riconfermata la demarcazione territoriale precedente, tra il Lombardo Veneto e l’Illiria, cosicché nel diverso regime daziario fra i due rifioriti Stati vennero istituite nuove stazioni doganali fra le quali: Monte Croce Carnico, Pontebba, Stupizza, Robis, San Giovanni al Natisone, Cormòns, Prepotto, Mernicco, San’Andrat del Judrio, Vencò, Visinale del Judrio e Brazzano, Chiopris, Trivignano, Palmanova, Torre Zuino (Torviscosa), Strassoldo e Visco. Il confine di Visco diventò valico di categoria, da locale a internazionale, il 24 luglio 1866 quando nel centro del paese si scatenarono dei tumulti. Tuttavia la versione ufficiale dell’episodio è incerta, ma sembra comunque attendibile quella narrata nel libro parrocchiale dei defunti che per quel giorno riporta la morte del soldato Michael Jenkelic, del Cesareo Regio Reggimento Ussari Württemberg, a seguito di una scaramuccia. Qui a fianco: il sindaco di Visco Elena Cecotti inaugura la Mostra del Confine. Foto in apertura: l’antica Dogana austriaca oggi sede del Museo del Confine.
Così non passò tanto altro tempo che, nel 1871, venne acquistato un terreno dal Governo austriaco, per la costruzione di una Dogana che già nel 1874 risultava ultimata. Dietro ad essa si trovava la Trattoria Al Vecchio Confine (tutt’oggi esistente) che riconduceva la sua fortuna commerciale al contrabbando, una pratica che filava a gonfie vele; ad animarlo erano per lo più i locali e gente vicina, come i morteglianesi, che pare fossero dei maLo scorso 30 gennaio, in occasione della Giorestri nel campo e ne avessero fatto un’arte. Ancora oggi se si vuole evidenziare l’astuzia di qualcuno lo si defini- nata della Memoria, in cui autorità e delegazioni sce Blave di Mortean, a ricordare il periodo più favorevo- italiane e straniere hanno reso omaggio alle vitle degli spalloni di frontiera, quando il granoturco (la bla- time del campo di internamento di Visco, è stato ve) era alto e favoriva i movimenti nascosti e la rimozio- inaugurato il Museo del Confine. L’intervento edine delle trappole. lizio, reso possibile grazie a un contributo regioAll’osteria Al Vecchio Confine si riunivano soprattutto nale di 944 mila euro, ha riguardato il risanameni venditori di tabacco e di sale, che oltrepassavano la fron- to conservativo della Dogana austriaca e in partitiera lungo varchi preparati ad hoc da alcuni passeur. Ma colare la realizzazione di un’area museale. c’era contrabbando “più in su”, come dimostra la cronaca Per quanto riguarda l’allestimento interno del del 20 agosto 1912, quando un’impavida signorina si pre- piano terra, l’assessore comunale Mauro Ongasentò al confine molto elegante, con la balia a due bambi- ro ha raccolto le testimonianze e, attraverso alcuni; ciononostante fu tradita dall’ansia, diventando il più ne foto d’archivio, ha ricostruito i fatti più salienbel colpo per il ricevitore doganale Strosser. Nell’automo- ti della storia del confine di Visco. Le immagini, di bile che la trasportava e nella sua camera d’albergo furono grandi dimensioni, sono state organizzate seconrinvenuti numerosi sacchetti di droga. In tutto dieci chido un percorso iconografico che si snoda tra l’anlogrammi di cocaina per un valore di circa 4.000 corone. La Dogana rappresentava un blocco, ma anche un po- tica dogana, la Chiesa parrocchiale, l’antico ponsto che favoriva lo scambio. Così la piccola economia pa- te delle mille acque e via Montello. Al primo piano, inoltre, è stata allestita la moesana di Visco (circa 900 abitanti) cresceva sempre più. Agli inizi del Novecento si contavano diverse attività arti- stra temporanea: “1915 Un medico a Visco”, che giane fra cui due falegnami, tre muratori, una fabbrica di racconta la storia di un giovane medico volontareti metalliche, due fabbri, nove calzolai, una sartoria per rio della Croce Rossa, il tenente veneto Floriasignore, due barbieri, cinque sarti e diversi ortolani. Inol- no Ferrazzi (1885), il quale lavorò durante tutto il tre prestavano servizio due carrozze (Giuseppe Suerz e 1915 a Visco, nell’ospedale da campo n. 35. ApGiacomo Caissutti) mentre il signor Del Mestri aveva tra- passionato di fotografia, Ferrazzi scattò numerosformato un camion in autobus per trasportare i passegge- se istantanee con le sue macchine fotografiche ri dal confine di Visco alla stazione ferroviaria di Sagra- del campo. La mostra oltre a raccogliere queste do. Oltretutto c’erano sei osterie, tutte fornite di buon vino preziose immagini ospita divise e reperti sanita(durante la Grande Guerra aumentarono a 10) e un muli- ri dell’epoca provenienti dalla Collezione di Fano a motore diesel. bio Zucconi. Il 24 maggio 1915 Visco diede il benvenuto ai soldaIl Museo sul Confine, fornito di sala confeti italiani al momento del loro ingresso nelle nuove ter- renze e aula didattica, ospita su prenotaziore redente: Cervignano e il suo mandamento, porta ver- ne incontri, mostre e manifestazioni culturali. so i territori di Gorizia e Trieste, dove di fatto ebbe ini- Info: Comune di Visco, via Montello 2, tel. 0432 zio la Prima guerra mondiale. Come gran parte della Bas997003, www.comune.visco.ud.it sa friulana, il paese venne trasformato in un’immensa retrovia del fronte. Secondo il professor Ferrucio Tassin a Visco si tro- Sopra, la mostra temporanea dedicata al tenente vavano 5 ospedali: lo 072 ubicato nell’ex dogana austria- Ferrazzi; sotto, l’interno del Museo del Confi ne. ca, lo 079 nelle scuole elementari, lo 080 nel Municipio; lo 016 (ospedale da campo) nella casa Gaspardis. Inoltre lo 035, insediato nell’area esterna della Dogana, ove oggi si trova la Caserma smilitarizzata “Liugi Sbaiz”, che fu destinato a campo d’isolamento per colerosi. Lo stesso poteva contenere più di 1.000 persone. Peraltro registrò svariati morti fra cui 1.071 militari e 80 civili. Nel 1943 durante la Seconda guerra mondiale fu sede di un agghiacciante campo d’internamento per prigionieri jugoslavi, in cui morirono 25 persone.
Michele Tomaselli 37
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ALLA SCOPERTA DI...
LE GUERRE GRADISCANE Servizio di Vanni Feresin
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A quattro secoli
dalla grande battaglia
Nel marzo del 1616 il territorio di Gradisca fu sconvolto da venticinque giorni di pesanti bombardamenti in cui si spararono 14.000 cannonate. A quattrocento anni da quegli eventi, ecco perché Austriaci e Veneziani giunsero allo scontro.
I prodromi
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Nell’autunno del 1615 l’Arciduca d’Austria Ferdinando d’Asburgo, imperatore dal 1619, diede ordine al conte Volfango di Tersatto di marciare con le sue truppe croate (uscocche) dall’Istria nel territorio del monfalconese, appartenente a Venezia, per prevenire gli attacchi veneziani in quella zona. Gerolamo Donà podestà di Monfalcone, informò in data 27 novembre 1615: “Heri sera alle due hore di notte, lontano otto miglia di qui s’attrovava quantità di gente nemica a piedi ed a cavallo. Circa al Vespro è arrivato il Signor Governatore Retrese con 40 Cavalli Cappelletti, ma troppo tardi perché al levar del sole fino a mezzogiorno detti Uscocchi a piedi et altri a Cavallo, hanno depridato et abbrugiato cinque Ville di questo territorio coll’occisione di una sola persona menado via buona quantità di Animali grossi et munuti”. Il procuratore di Cividale pochi giorni dopo scriveva: “Ho avvisi per via di Graz che sabato passato fosse toccato Tamburo et fatta rassegna di ottocento fanti destinati con presidio in Gradisca et Goritia. Le aggiungo che il foco acceso heri nel territorio di Monfalcone abbruggiò le ville di Redipuglia, Vermegliano, Selz et buona parte de Ronchis”. 38
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Con il susseguirsi delle settimane le notizie, anche da parte udinese, divenivano sempre più imponenti, riguardo i continui assalti degli Uscocchi nel territorio del confine tra Austria e Venezia: “Si hanno rinforzato le Guardie delle fortezza di Gradisca e Goritia con li soldati delle cernide, havendo anche condotti alcuni pezzi di Artiglieria sopra le mura, e da quel di Gradisca hanno fatto sentire molti tieri più per timore che per altro, standosene con gran custodia. Vogliono molti che il Petazzi che si è trovato nell’impresa d’Istria con un Capitano Francol triestino, soggetto di gran valore et esperienza, siano poi con circa 300 huomeni, sotto sette insegne entrati per il passo della Valle di Doberdò nel territorio di Monfalcone et abbiano abbruggiato le ville e predati animali senza fare offesa, per quel che si sappia, nelle persone, altro che al Prete di Ronchi et ad un Contadino, i quali hanno ricevuto diverse busse”. Gorizia nei primi giorni di dicembre del 1615 era già “tutta in armi intimorita et mal provvista con circa doi mille anime”, continua il cronista Faustino Moissesso descrivendo la mobilitazione generale: “Gli scorazzamenti delle bande, l’attrupparsi di gente armata attorno all’ultimo lembo del veneto territorio, affrettarono le ostilità che già a Vienna e a Venezia prevedevansi imminenti: prime avvisaglie, le violenze degli Uscocchi, prezzolati dal castellano del Carso Volfango Frangipane conte di Tersatto, e dai triestini Benevuto Petazzi e Daniele Francol”.
Le motivazioni della guerra
“Ma Ben presto la biscia si volse a mordere il ciarlatano”, così Faustino di Moisesso sintetizzò le motivazioni della guerra. Nel primo decennio del secolo XVII gli Uscocchi
Qui a fianco, raffigurazione di Giovanni de Medici, Governatore dell’esercito Veneto nel Friuli (ph. V. Feresin). Pagina accanto, in apertura il castello di Gradisca d’Isonzo; in basso disegno dell’antica Loggia.
infersero tali danni e tante offese alla Repubblica di San Marco che la situazione si fece insostenibile. Si giunse ben presto tra il Senato veneto e la Corte arciducale di Graz allo scontro, prima diplomatico e poi con la campagna di guerra vera e propria svoltasi tra il 1615 e il 1617, lungo tutta la linea di confine da Pontebba alla Dalmazia. Questo conflitto venne definito “Guerra del Friuli” o “Guerre Gradiscane” perché si svolse nella maggior parte sull’Isonzo e intorno alle inespugnabili mura della fortezza veneziana di Gradisca, andata perduta dalla Serenissima già nel 1511 e mai più recuperata. La guerra gradiscana dimostrò che Venezia non aveva mai dimenticato la sua piazzaforte sull’Isonzo e che anche dopo un secolo, e nonostante la fondazione di Palmanova, non si era rassegnata alla sua perdita.
Gli Uscocchi
La vicenda degli Uscocchi ha una sua parabola che va dal 1520 al 1620, anno della loro dispersione dopo la guerra gradiscana. Profughi “saltati dentro” è il significato della parola uskok. Inizialmente furono milizie al servizio degli Ottomani e poi, per varie ragioni ma non religiose, optarono per la sudditanza asburgica e rivolsero i loro attacchi verso i precedenti padroni. Gli Uscocchi saltavano con le loro audaci azioni di qua e di là della frontiera, colpivano e poi si rintanavano, protetti dal limite territoriale dello Stato. Furono sfruttati dagli Asburgo e brutalmente rimossi quando i giochi politici si spostarono altrove. Gli arciduchi d’Austria avevano favorito gli Uscocchi in quanto ravvisavano in loro un argine contro le invasioni dei Turchi, nonché un intralcio sulle vie dei traffici marittimi di Venezia e della pressione militare contro l’Istria e Trieste.
sta terra, e ricevutosi dal Giustiniano, in nome del General di Palma, il giuramento della fedeltà, la gente si divise in più corpi. Il Conte Pompi con la sua banda e con una compagnia di cappelletti e una d’infateria, s’incamminò verso Meriano; la banda del Conte di Valdemarino con pari forze verso Romanso; il Capitan Pozzo con cento fanti verso Villesso; il Giustiniano con resto verso Cormonso: alla qual terra giunto vicino deputò, secondo gl’ordini del Generale, Marc’Antonio di Manzano, che andasse a parlamentare con quel popolo e intendere se volevano rendersi prima di essere battuti”. Le genti di Cormòns si arresero immediatamente, così come quelle Faustino Moisesso di Sagrado e dei paese limitrofi e in meno di un giorno: descrive il primo giorno di guerra “Né più di qua del Lisonzo v’erano rimasti luoghi in po“Alli diciotto di dicembre il Generale scrisse al Luogote- ter dell’Arciduca, fuor che Gradisca con villaggio o due nente di Udine, co’l quale parimente avevasi maturato que- vicini, e i colli che con il vantaggio del sito e di alcuni casto negozio, e richieselo che la stessa notte mandasse fuori la stellotti mantenevansi ancora sotto l’originario dominio”. compagnia de’ cavalli soliti a mantenersi dalla comunità in tempo di guerra, con l’ordine che il seguente giorno innan- La difesa imperiale Così Giuseppe Caprin nel 1892 descrive la difesa dezi l’alba arrivasse nella campagna detta Modoletti, presso al villaggio di Medeuzza, ultimo confine de’ Veneziani verso lo gli arciducali: “Gli Arciducali, appena videro minacciaStato arciducale; e poscoia al Giustiniano, che seco era in ta la sponda sinistra dell’Isonzo, levarono una trincea Palma, diede le commissioni di quanto partitamente avesse dalla villa di Sant’Andrea sino a Sdraussina, poi una luad operare. Nel seguente giorno dunque, qualche ora innan- netta a speroni sopra un’altura tra Gradisca e Gorizia zi l’alba giunsero nella predetta campagna Pompeo Giusti- chiamata “Guardati avanti”, e una seconda sul montiniani da Palma con attorno millecinquecento fanti, quattro cello di Santa Trinità in Lucinico. I Veneti, passato il Iucompagnie di cappelletti e due pezzi di artiglieria; da Udi- dri, munirono con terrapieni Mariano e fecero dei forti ne le bande de gli uomini d’arme, da Cividale Marc’Antonio a Farra, Medea e Romans. Più tardi innalzarono quelManzano con una buona truppa di gentiluomini avventurie- li nominati dall’Erizzo e dal Priuli, e tre piccoli nella ri, e da altre parti Francesco di Strassoldo e Urbano Savor- valle, chiamati il primo “Lando”, il secondo “Albanese” gnano, pur ciascuno di loro con un’altra buona truppa d’a- ed il terzo dei “Francesi”, e il contrafforte a Santa Mamici e di aderenti, e senza questi, anco alcuni altri. E capita- ria di Fogliano, che doveva tener in rispetto quello delronvi tutti, quasi in un medesimo punto: dove in su la campa- la Stella, sul monte Sagrado, guardato dagli arciducagna lette furono le commissioni del General di Palma, e to- li. Costruirono approdi, gabbionate, argini, parapetti, sto il Giustiniano ordinolli e isquadronolli e feceli marciare siepi, steccati, bastite, accostandosi sempre più alla fosverso Medea, alla qual terra giungervi che ancora non era sa dei torrioni gradiscani”. Gradisca fu al centro della giorno, e senza alcuna difficoltà vi entrarono. Occupata que- battaglia per settimane senza cadere nelle mani venete. |
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La grande battaglia
Il primo bombardamento durò venticinque giorni, dal 5 al 29 marzo 1616. Si spararono quattordicimila cannonate, “riempiute di polvere asciutta e legate con corda incatramata, le quali venivano poste dai petardieri tra le screpolature delle muraglie e quindi accese. Si riuscì con le mine ad aprire due brecce, tosto otturare dalle donne di Gradisca, alla cui testa figurarono Elisabetta moglie di Riccardo Strassoldo e Torriana contessa dei Torriani, che non sdegnarono di portare la gerla piena di terra. Rovinò sotto la grandine delle palle parte del rivellino e quasi tutto il torrione della campana; i proiettili, dopo aver in più luoghi crivellata la camicia dei bastioni, danneggiarono le chiese e le case”.
Pompeo Giustiniani
to fu nominato “Governatore Generale di tutte le militie di Candia”, incarico che non svolse viste le continue incursioni dei pirati Uscocchi. Quindi il Senato lo promosse “Soprintendente generale delle milizie così da piedi come da cavallo” e con un decreto del Collegio gli fu imposto di assoldare trecento fanti con due capitani sotto la sua guida. Nel dicembre del 1615, pertanto, Giustiniani ricopriva un incarico fondamentale e rispondeva solo al Luogotenente di Udine Silvestro Morosini e al Provveditore Generale di Palmanova, Francesco Erizzo. La nobiltà locale della Patria del Friuli non accettò mai il Soprintendente Generale, in quanto era visto come un elemento estraneo alla comunità locale. Giunto a Palmanova Giustiniani chiese maggiori truppe alla nobiltà udinese che gliele concesse ma per tutta risposta il patriziato si rifiutò di sottostare ai suoi ordini. Maggiori opposizioni le ebbe dopo la fallita conquista di Gradisca, roccaforte Asburgica, nel marzo del 1616. Così nel giugno del 1616 ottenne anche la patente di Mastro di Campo e i privilegi annessi [proposta vagliata e approvata dal Senato Veneziano] ma tale nomina non gli venne mai riconosciuta con il costante rifiuto, da parte degli ufficiali e della nobiltà, di seguire i suoi ordini. Pompeo Giustiniani, dopo alcune vittorie circoscritte a Vipulzano e San Pietro di Villanova, morirà la mattina del 10 ottobre 1616 per un colpo di moschetto.
Nacque ad Aiaccio nel 1569 da un colonnello genovese e una donna corsa. Iscritto nella nobiltà di Genova nel 1594, intraprese la carriera militare. Appena quattordicenne partecipò alla guerra in Fiandra come alfiere di una compagnia di cavalleria corsa e nel 1587 divenne capitano dell’esercito di Alessandro Farnese. Dopo aver combattuto presso il re spagnolo, Pompeo Giustiniani, dichiarando la mancata valorizzazione dei suoi meriti militari da parte del monarca cattolico, venne assoldato da Venezia, nel 1613, per 3.000 ducati annui garantiti dal Senato della Serenissima. Giunto nello Stato Vene- Daniele Antonini Nacque a Udine nel 1588, studiò matematica a Bologna con Antonio Cataldi poi a Padova con Galileo Galilei con I personaggi principali cui si instaurò un rapporto filiale e un importante epistoladella Guerra Gradiscana rio. Lo studio della matematica era abbinato a quello dell’inPietro Barbarigo, Provveditore delle Armi in Terrafer- gegneria militare per cui Daniele si recò in Fiandra nel 1611 sotto il comando di Pompeo Giustiniani con cui combatterà ma, senatore della Serenissima; nelle guerre gradiscane. Il 7 dicembre del 1615 gli venne afAntonio Priuli, Cavaliere e procuratore di San Marco; fidato il comando unico della cavalleria della città di Udine, Francesco Erizzo, Provveditore di Palmanova, sena- fatta di 48 soldati a cavallo. Descritto come un uomo coltistore della Serenissima, diplomatico e generale; simo saggio, calmo ma inflessibile nelle decisioni, impavido Pompeo Giustiniani, Soprintendente Generale delle della morte, appena nominato comandante chiese un ademilizie veneziane e Mastro di Campo; guamento delle paghe dei militari in quanto questi avrebbeDaniele Antonini, Comandante della cavalleria di Udine; ro dovuto allontanarsi dalla città e avrebbero dovuto comGiovanni de Medici, Comandante dell’esercito vene- battere per la Patria. Il 30 gennaio 1616, presso il fosso della fortezza di Gradisca, riportò un notevole successo sugli ziano sull’Isonzo dopo la morte di Giustiniani; imperiali provocando la morte di Daniele Francolo, capitaLuigi principe d’Este, Mastro di Campo dopo no arciducale, ma il 10 marzo successivo morirà colpito da l’abbandono del de Medici; una cannonata. Enrico du Val de Dampierre, condottiero arciducale Vanni Feresin combatté anche contro i turchi nella guerra dei 30 anni; Don Baldassarre Marradas y Vique, Cavaliere di Malta, condottiero arciducale e comandante di cinque Bibliografia essenziale: compagnie corazzate; G. CAPRIN, Guerre Gradiscane in “Pianure Friulane seguito ai libri Adamo marchese di Trautmanndorf, comandante Marine Istriane – Lagune di Grado”, Stabilimento Artistico Tipografidell’esercito arciducale, comandante generale delle co G. Caprin editore, 1892, Trieste, pp. 145 – 161; truppe croate confinarie e delle bande uscocche; M. GADDI e A. ZANINI a cura di, “Venezia non è da guerra”. L’IsonAlbrecht von Waldstein, duca di Friedland, comandan- tino, la Società Friulana e la Serenissima nella guerra di Gradisca te di 400 corazzieri arciducali, comandante anche nella (1615 – 1617), Atti del Convegno internazionale di studi storici, Gradiguerra dei 30 anni; sca d’Isonzo, 26 – 27 ottobre 2007 organizzato dal Comune di GradiFrancesco Martinengo di Malpaga, condottiero al sol- sca d’Isonzo, Editrice Universitaria Udinese srl, 2008, Udine, pp. 35 do del duca Emanuele Filiberto di Savoia; – 48; 107 – 125; 389 – 397; Riccardo conte di Strassoldo, comandante della Historia della ultima Guerra del Friuli di Faustino Moisesso, Episodi fortezza di Gradisca, colonnello delle milizie urbane e Scelti, a cura dell’Amministrazione Provinciale di Gorizia, 1969, Gosoprintendente dei castelli di Trieste e Fiume. rizia, pp. IV, 6 – 7, 85 – 86. 40
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PERSONAGGI
L’ultimo
LUCIANO LUNAZZI Intervista e immagini di Michele Tomaselli
hippie
Nato in Carnia e cresciuto in Svizzera. Poi l’amore per l’Oriente e i viaggi lungo la Via della Seta fino a Katmandu. Quindi, a 42 anni in Germania, la scoperta dell’arte e il riavvicinamento alla propria terra. E ora sul web (e non solo) è diventato una star.
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Magic bus non è solo il brano cantato da Pete Townshend, del gruppo rock britannico The Who. E neppure il Magic Bus del romanzo “Nelle terre estreme” di Jon Krakauer, poi riversato sul grande schermo nel film “Into the Wild” di Sean Penn; ma piuttosto il simbolo di un’epoca, lo stereotipo degli anni Sessanta che accompagnava migliaia di nuove generazioni verso l’India, alla ricerca di emozioni forti, spesso psichedeliche. Un bus tutto colorato e dipinto con i fiori più strani, che arrancava da Istanbul a Katmandu, attraverso una strada lunga 6.000 km. Si poteva viaggiare senza grossi problemi sull’itinerario che ripercorreva la Via della Seta. Si partiva da Londra e Amsterdam (ma qualsiasi luogo andava bene), si oltrepassava la Jugoslavia, la Bulgaria (o la Grecia) fino ad arrivare a Istanbul, in Turchia. L’Hippie Trail, la rotta della beat generation, così com’era chiamata, partiva dalla metropoli turca e attraversava la Turchia, l’Iran, l’Afghanistan, il Pakistan e l’India fino di arrivare in Nepal. Era necessario inerpicarsi sul leggendario Khyber Pass, un valico di confine tra il Pakistan e l’Afghanistan, attraverso una stradicciola da brivido, stretta e impervia, con precipizi dappertutto. Peraltro, il luogo è leggendario, si sono combattute battaglie risalenti all’impero persiano e mongolo
ed è scenario dei racconti di Rudyard Kipling; tuttavia l’accesso fu consentito fino al 1979, quando presero inizio la rivoluzione islamica e la guerra afghana. A detta di molti viaggiatori, l’Hippie Trail è stata l’ultima occasione per rivivere le atmosfere delle Mille e una notte in una scoperta di culture e civiltà. È curioso sapere che la nota casa editrice australiana Lonely Planet, è figlia di un Hippie Trail: i suoi fondatori Tony e Maureen Wheeler, dopo averlo percorso scrissero “Across Asia on the Cheap” (“Attraversare l’Asia con quattro soldi”), un diario di successo che avviò l’editoria da viaggio. Dopo questo lungo itinerario la cultura hippie è riuscita a espandersi in tutto il mondo, in particolare grazie all’accostamento della musica rock, folk e blues, alle sceneggiature a tema, ai manifesti pubblicitari, alle copertine dei vinili e ai concerti rock. La sua arte ha avuto principalmente lo scopo di descrivere una meravigliosa esperienza estatica e spirituale, fra cui spiccava la vitalità e la ricchezza di energia. Ne parliamo con Luciano Lunazzi (foto in alto) il re di “Tacons” e delle pillole sull’homo furlanus, ultimo dei figli dei fiori della Carnia (di Cjalina di Davâr – Chialina di Ovaro) che, dopo 25 anni in giro per il mondo, ha deciso di percorrere una nuova vita, quella dell’artista, sentendo il bisogno di trasmettere i colo|
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ri hippie. Le sue opere indicano chiaramente l’intenzione di raccontare le esperienze vissute in viaggio. Il suo è un linguaggio particolarmente originale che ricorre a una tecnica mista con l’uso di pittura acrilica, del pennarello, di graffitismo e al collage di materiali di riciclo come pagine di riviste, dischi di vinile. Le sue principali opere sono: il Magic Bus, gli Strange Cats, i Gelsi e i Flux kids. Luciano Lunazzi, i suoi Magic Bus sono la metafora del senso di viaggiare. Una metafora strettamente legata alla sua vita… «Ci sono esperienze, nella vita, che aprono nuovi orizzonti e fanno scoprire nuovi traguardi. Ai miei tempi i giovani cercavano nell’Oriente una guida spirituale per crescere in pace. Io, nel 1975, girovagavo fra l’Iran, l’Afghanistan, il Pakistan e l’India. Non avevo una patente, né tanto meno soldi e per muovermi utilizzavo il Magic Bus oppure il treno. Mezzi di trasporto che mi sono rimasti indelebilmente impressi. Peraltro ricordo volentieri la rete ferroviaria indiana, una tra le più estese al mondo, che emanava un fascino del tutto particolare e unico e sembrava racchiudere dentro di sé l’India, con tutti i suoi umori, colori, odori. Quando aprivo il finestrino la fuliggine della locomotiva mi penetrava addosso, ma poteva capitarmi anche peggio. Come quando restai seduto sul tetto di un treno per ben 36 ore. Il Magic Bus è un percorso artistico che rappresenta il senso del viaggiare, ed è forse l’espressione più importante della mia vita». Quanti Paesi ha visitato? «Tanti… Nel 1975 sono partito per l’Hippie Trail. Ho visitato i Balcani, la Grecia, la Turchia, l’Iran, l’Afghanistan, il Pakistan, l’India e il Nepal. Ricordo che le agenzie chiedevano uno sproposito per viaggiare e io con quei soldi ci campavo dodici mesi in India; così era più economico partire da soli. Successivamente ho viaggiato in Norvegia, in Svezia, in Finlandia, in Australia, in Indonesia, in Thailandia, in California, in Messico, nel nord Africa, in Germania e in Spagna. Entrando nel dettaglio: dal 1980 al 1988 ho vissuto a San Francisco, negli Stati Uniti; nel 1991 ho fatto la stagione estiva sulla riviera romagnola in Italia; poi sono partito per le isole greche. Più tardi, dal 1993 al 1996, ho fatto l’aiuto cuoco in Germania. Infine è arrivata la Spagna, un posto davvero speciale: vivevo a Ibiza, un’isola strepitosa». Qual era il suo segreto per viaggiare? «Lavorare nei Paesi ricchi e viaggiare nei Paesi poveri». In tutto questo peregrinare com’è giunto all’arte pop? In questa pagina, alcune delle opere di Luciano Lunazzi: dall’alto Carnia Libera, Cuba libre mojito libre, Keep on trucking, Hummer alles uber alles; nella foto in basso, l’orologio dedicato a O’ Rey Di Natale. 42
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«Sono un autodidatta e provengo da esperienze psichedeliche; sono arrivato all’arte andando in giro per il mondo. Ricordo mia nonna che coltivava 120 tipi di erbe anche se non era mai uscita da Ovaro. Tuttavia quando ero bambino mi sentivo oppresso e avevo bisogno di scoprire il mondo. Nel 1959, a 7 anni, fui costretto a seguire i miei genitori a Neuchâtel, in Svizzera, ma ebbi l’opportunità di iscrivermi alla scuola di pasticcere. Nel corso dei miei viaggi ho apprezzato la Pop Art, l’Iperrealismo e i lavori di Keith Harring, di Jean Michel Basquiat e di Andy Warhol. Coerentemente con il messaggio della Pop Art, che predilige l’impiego di materiali poveri e di riciclo, realizzo le mie opere esclusivamente con cartoni usati, dischi di vinile e ritagli di giornale». Quando è stato illuminato dalla pittura? «A 42 anni a Bonn, nella Renania Settentrionale - Vestfalia. Abitavo di fronte alla casa di Ludwig van Beethoven e facevo l’aiuto cuoco, ma avevo tante cose in testa. Bonn era ancora la capitale della Germania prima dell’unificazione con quella dell’Est. Poi la città sparì assieme al muro di Berlino nelle conseguenze secondarie della storia. Non ero ancora un pittore né un artista, ma sentivo che avevo qualcosa dentro. Poi, nel 1996 sono arrivato in Spagna e qui ho iniziato a dipingere paesaggi fantasiosi. Nel 2004, con mia grande gioia, sono ritornato in Friuli. Un’illuminazione che mi ha portato a capire finalmente quello che volevo». Del suo Hippie Trail cosa ricorda in particolare? «Al Pudding Shop di Istanbul - tappa obbligata per chi volesse compiere il “grande salto” per arrivare in India - mi ricordo un turco che sembrava un lottatore di sumo e si fumava un cannone. Esisteva una bacheca affissa al muro per quanti cercassero un passaggio per raggiungere Kabul, in auto o su furgone Volkswagen modello T1 o T2. Chi partiva sarebbe diventato l’ultimo viaggiatore romantico del pellegrinaggio verso l’Oriente. Poi sono arrivati gli aerei e i treni super veloci…» E in quel Pudding Shop cosa successe? «Conobbi due toscani che volevano andare a Teheran, in Iran, allora governato dallo Scià di Persia. Soldi non ne avevamo e quei pochi in tasca dovevamo spenderli per realizzare i nostri sogni fatti di viaggi, divertimenti ed evasioni. A bordo di una Ford Taunus li accompagnai al confine con l’Afghanistan. Ma l’auto era ridotta malissimo con le portiere bloccate, i finestrini cigolanti e le molle sui sedili. Così, non restò altro che abbandonarla alla frontiera». In Australia invece andò peggio… «Avevo il visto in scadenza e l’ufficio immigrazioni mi costrinse a partire. Cosicché m’imbarcarono sul primo aereo disponibile. Il 26 luglio 1990 raggiunsi Singapore». Torniamo al presente: 91 mila contatti sul web con i suoi Tacons – Supposte di Friulano. Sembra
Luciano Lunazzi (nella foto di Igino Durisotti) è nato a Chialina di Ovaro nel 1952. Tra le sue opere più conosciute spiccano i Magic Bus su supporti di cartone usato. I suoi lavori sono realizzati con tecnica mista e acrilica, collage e pennarello, e si compongono di diversi materiali, dai dischi in vinile alle riviste di giornali. Lunazzi è anche il protagonista di “Tacons”, web pillole dedicate agli stereotipi sull’ “Homo furlanus”. che la rete sia divenuta la continuazione del suo viaggio in giro per il mondo. Qual è il segreto? «Per me è stato abbastanza semplice: ho usato la spontaneità che mi ha sempre contraddistinto. Inoltre parlando sufficientemente bene cinque lingue ho potuto confrontarmi con popoli e culture. Attraverso il viaggio ho imparato l’arte della comunicazione che adesso metto in pratica sui social network. D’altronde Facebook e YouTube sono una finestra sul mondo». Da dov’è iniziato il suo successo? «Senz’altro con L’uomo di Cartone, un video documentario del regista Andrea Scalone che mi ha consacrato su Facebook. Ma anche O’ Rey, un orologio dedicato al bomber Totò Di Natale, che con l’uso di messaggi subliminali, intendeva mettere al bando il trasferimento di O’ Rey Di Natale alla Juventus. Che alla fine rimase a Udine…» Siamo arrivati alla conclusione. Se Luciano Lunazzi dovesse partire per un altro viaggio dove andrebbe? «In Argentina, non ci sono ancora stato. Quando potevo andarci comandava la dittatura, ma per mia scelta non ho mai visitato Paesi autocratici».
Michele Tomaselli |
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PERSONAGGI
DEVIS BONANNI Servizio di Margherita Reguitti Immagini di Devis Bonanni
In ascolto della natura Faceva il tecnico informatico, ma non era felice. La scelta di cambiare vita e l’apertura di una fattoria per l’autosussistenza. Ma senza isolarsi dal mondo: «Non voglio ritirarmi in un eremo, ma partecipare a un cambiamento più grande». E intanto i suoi libri conquistano il pubblico.
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Devis Bonanni (classe 1984) a Raveo, in Carnia, 10 anni fa ha fondato “Pecora Nera”, una fattoria, oggi di un ettaro, dove vive e lavora assieme alla compagna Monica. Da tecnico informatico a contadino e scrittore; iniziando da zero con l’obiettivo di produrre cibo sano e vivere in modo più naturale. Una scelta che Devis condivide con le persone che lo vanno a trovare, sul suo blog e con chi legge i suoi libri. Dieci anni fa la decisione di cambiare vita: lasciare un lavoro fisso di informatico per fare il contadino. Ribellione o chiarezza di visione? «C’era quella componente di ribellione che attraversa tutti i giovani, innestata su una sensibilità ai temi ambientali. Oggi guardando indietro vedo tutto molto chiaramente, ma dieci anni fa inciampai in alcuni input positivi: per esempio lessi un articolo che parlava di autosufficienza alimentare, di come organizzare una fattoria di due ettari per mantenere una famiglia. Poi dopo la maturità decisi di visitare un ecovillaggio, la Comune di Bagnaia». 44
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Quanto è grande la sua proprietà e che cosa coltiva? «Circa un ettaro. Con la mia compagna coltivo le cose più disparate in ottica di autoconsumo e piccolo commercio. Dalla frutta, soprattutto mele e pere, ai cereali come frumento, farro, orzo e segale. Facciamo il pane in casa. Abbiamo varietà locali di mais da polenta e fagioli. Per anticipare e prolungare la stagione utilizziamo un paio di serre. Qui a 500 metri di altitudine ci sono alcuni limiti ma è comunque possibile avere una discreta varietà di ortaggi. Posso affermare che raggiungiamo un 70-80% di autoproduzione». Come sono le sue giornate? «I ritmi sono dettati dalle stagioni e dalle condizioni meteo. In questo senso non esistono domeniche o cartellini da timbrare. Lavoro oggi molto più di quand’ero un tecnico informatico ma la motivazione è diversa quando si porta avanti un progetto in cui si crede anziché svolgere mansioni in cambio di uno stipendio. I lavori sono tra i più vari e non faccio mai la stessa cosa al mattino e al pomeriggio». Nel 2012 il primo libro “Pecoranera”, a fine 2015 il secondo “Il buon selvaggio”. La scrittura è una dote riemersa o una voglia di condivisione? «Scrivere il primo libro è stato un evento assolutamente inatteso. La casa editrice Marsilio per cui ho pubblicato aveva intercettato il mio blog e ha fiutato i tempi maturi per raccontare una scelta di decrescita e downshifting (termine che indica la rinuncia a una car-
Qui sopra e nella pagina accanto alcune immagini di Devis Bonanni e della sua fattoria. A destra Monica, compagna di vita di Devis. riera stressante per una vita più gratificante, ndr). Tuttavia è pur vero che avevo un blog e già stavo condividendo la mia esperienza on line. La condivisione e la comunicazione delle mie scelte è sempre stata un punto cardine della mia azione. A che pro ritirarsi in un eremo senza partecipare a un cambiamento di più ampio respiro?» Contadino, scrittore, ricercatore, sperimentatore: come si definirebbe? «Il mio universo personale ha queste due solide colonne: i campi e i libri, azione e riflessione, esperienza diretta e costruzione di significati astratti. Una passione completa che alimenta l’altra. Il mio agire è simbolico e concreto». Ne “Il buon selvaggio” emergono letture impegnative: il suo filosofo di riferimento, Thoreau, de Mirabeau, ma anche Toro Seduto, Kissinger e citazioni di film. La sua è una cultura onnivora? «Per scriverlo ho cercato stimoli e riferimenti in ogni campo. Prima è stato un percorso non premeditato poi, quando l’idea del libro si è delineata, sono andato in cerca delle informazioni che mi mancavano. Pubblicato il libro, sfinito da troppa saggistica, mi sono rifatto con mesi e mesi di sola narrativa». Nel libro lei approfondisce il tema dell’alimentazione; c’è un modo di nutrirsi ideale? «C’è ma non lo conosciamo e, se lo conoscessimo, non lo metteremmo in pratica. Per gli animali alimentarsi fa parte della sfera istintiva e dunque scelgono secondo natura. Per noi umani è anche cultura, convivialità, emozione. Il dibattito è ancora fresco perché solo da cinquant’anni, dall’epoca dei supermercati e del crollo del mondo agricolo dei nostri nonni, ci chiediamo cosa mangiare. Prima, per centinaia di migliaia di anni, il problema è sempre stato come riuscire a non morire di fame». In passato ha sofferto di disturbi alimentari: che rapporto c’è fra lo stare bene e il cibo? «Di me stesso dico sempre che sono una persona normopeso sull’orlo dell’obesità. Il mio percorso ali-
mentare è stato piuttosto accidentato. A diciott’anni non mangiavo praticamente nessuna verdura. Durante gli anni dell’ufficio arrivai a superare i cento chili. Ho incarnato uno stile di vita completamente sbagliato, figlio dell’abbondanza, e oggi pratico il suo opposto. Al centro della mia esperienza, che forse si potrebbe definire di autoguarigione (non ho mai consultato un dietologo), c’è il continuo interrogarsi sull’influenza dell’alimentazione sul mio copro e sulla mia sfera emozionale. Non ho una ricetta universale ma un suggerimento sì: non mangiate in maniera automatica, ne va della vostra vita». Ogni anno ospita nella sua fattoria persone che in cambio di vitto e alloggio lavorano con lei. Che mondo le portano questi ospiti? «Le persone che arrivano mi aiutano a comprendere la grande fortuna di abitare una terra ancora incontaminata dove l’agricoltura industriale, per motivi pedoclimatici ed economici, non è penetrata. Attraverso i loro occhi ho riscoperto la bellezza che davo per scontata». Niente auto, solo bicicletta, niente televisione. Ma sì alla rete? «Credo di avere un approccio laico alla tecnologia. Non ne possiamo fare a meno dato che la usiamo dai tempi della clava e quindi tanto vale cercare di utilizzarla al meglio. La televisione è un media piuttosto impositivo e centralizzato, c’è un editore che sceglie i contenuti e un utente che ne fruisce. Internet è invece piuttosto democratico perché si può essere al contempo produttori e consumatori di contenuti. Io credo che la democrazia affondi meglio le radici in mezzi democratici in quanto diffusi e accessibili. Così migliaia di impianti solari sono più democratici di una centrale nucleare, la riproduzione delle sementi locali è più democratica delle grandi ditte sementiere, le filiere agricole regionali sono più sostenibili e meno inique delle commodities agroalimentari quotate in borsa».
Margherita Reguitti |
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MENO22PERCENTO
Dal produttore
alla nostra tavola
Abbattere le tempistiche, la logistica e i prezzi per garantire a tutti l’accesso ai prodotti naturali dell’eccellenza italiana. Un obiettivo che diventa realtà grazie a una Community di appassionati del buon cibo. Come ci spiega uno dei suoi fondatori.
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Nuove tecnologie e prodotti della terra. Sono queste le basi di partenza del progetto Meno22percento. Per comprenderne la filosofia e i dettagli pratici, ci siamo rivolti a uno dei suoi fondatori, l’imprenditore Livio Di Blasi ( foto). Partiamo dall’origine: com’è nata l’idea di questo progetto? «In Italia si realizzano prodotti eccellenti, che meritano di essere conosciuti e resi finalmente disponibili alla portata di tutti, per il bene di tutti. I problemi legati alla logistica rendono il collegamento tra il piccolo produttore e la nostra tavola molto complesso, poco eco-sostenibile e, soprattutto, molto costoso». Si spieghi meglio. «Per arrivare alla nostra tavola, i prodotti naturali di molti piccoli produttori devono percorrere un lungo tragitto che vede coinvolti numerosi attori. Ciò influenza fortemente le tempistiche, la logistica, l’integrità degli imballaggi e del prodotto e, soprattutto, il prezzo». L’obiettivo è quindi semplicemente quello di offrire un servizio più efficiente? «Non solo. Ci sono dei piccoli produttori appas-
sionati ed esperti del settore che, per rimanere coerenti con le loro idee progettuali ed eco-sostenibili, non vendono i loro prodotti alla grande distribuzione, ma li vendono solo porta a porta nel loro territorio o a chi va ad acquistarli nella loro azienda agricola. Più raramente li vendono online, dato che il costo del prodotto, sommato alle spese dei corrieri, lievita fortemente: spesso il prezzo alla fine della filiera distributiva raddoppia. Di conseguenza difficilmente quei prodotti potranno essere messi a nostra disposizione, soprattutto se abitiamo a diverse “regioni” di distanza. Per questo motivo a volte i prodotti dell’eccellenza italiana vengono venduti con maggior facilità all’estero, piuttosto che distribuiti nel nostro territorio». Un’assurdità che il vostro progetto può modificare in che modo? «Meno22percento è un sistema logistico di consegna dei prodotti dalle campagne alle famiglie, realmente rivoluzionario. Il nostro nuovo sistema distributivo garantisce una consegna integra, eco-sostenibile e, in particolare, un prezzo molto conveniente dei prodotti, privo degli aumenti dovuti alle spese di trasporto, necessarie quando si acquista on-line». Nel caso di Meno22percento come operate nel concreto? «Una tale ingegnosa evoluzione del sistema di consegna dei prodotti è possibile solo per mezzo dell’esistenza di una Community di appassionati del buon cibo, che si prendono cura di diventare il punto di riferimento del progetto Meno22percento per la propria zona».
In pratica il consumatore finale diventa a sua volta distributore, monitorando la qualità dei prodotti. «Meno22percento garantisce il costante e attento scouting dei produttori più apprezzabili del panorama italiano: solo quei produttori che dimostrano di realizzare un buonissimo prodotto genuino, naturale e garantito sono i nostri fornitori. Siamo attenti alle segnalazioni da tutta Italia e verifichiamo personalmente ogni produttore: quando i prodotti di uno specifico produttore sono riportati sul nostro sito (www. meno22percento.it), significa che il produttore si attiene a precisi valori di naturalità e genuinità e che fa sempre il possibile per darci il meglio, nel rispetto della terra e delle tradizioni». Oltre ai prodotti da acquistare, sul vostro sito viene dato ampio spazio a blog tematici degli utenti: come mai? «In questo modo vogliamo valorizzare, promuovere e supportare tutti quegli esperti pieni di passione e di cultura del buon cibo e delle tradizioni e dare visibilità ai prodotti genuini e di nicchia che anno dopo anno riescono a realizzare per noi. Questo progetto si basa solo sulla passione per il buon cibo e il rispetto di precisi valori e standard di etica produttiva». A proposito, come mai questo nome? «“Meno22percento” esprime un concetto semplice: la nostra attenzione principale è sempre quella di proporre cibi di valore, al prezzo più conveniente a cui sia possibile acquistarli: un vero prezzo “dal produttore, alla nostra tavola”». Torniamo alla Community: dove vorreste arrivare con il coinvolgimento della gente? «Il nostro desiderio è quello di creare un grande movimento di appassionati che condividono la propria conoscenza e passione per il buon cibo. Ci aspettiamo di ricevere le loro ricette più speciali, le tecniche più particolari – storiche o innovative – i valori della tradizione che conoscono e condividono, i momenti di convivialità, le iniziative e tutto ciò che è importante sapere in merito al mangiare bene e sano. Vogliamo avvicinare ogni angolo dell’Italia e condividere le incredibili specialità che ogni regione offre». I primi risultati come sono? «Sul nostro portale si possono prendere i prodotti, leggere le storie, vedere i video, condividere know how e racconti. Il mondo di Meno22percento è una comunità pulsante e attiva, entusiasta, che condivide una grande passione. Oltre a ciò abbiamo invitato esperti del mondo del cibo, famosi chef e food blogger e tanti altri opinion leader di settore, a darci le informazioni più interessanti e importanti relative a questo soggetto così ricco di creatività e meraviglia».
2006-2016, 10 ANNI DI IMAGAZINE
Testimoni
del futuro
Seconda puntata dello speciale dedicato ai 10 anni di attività della nostra testata. Questa volta il focus è rivolto a uno dei progetti più emozionanti: l’Annuario scolastico donato a studenti e insegnanti del territorio.
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Oltre 50.000 annuari donati a studenti, insegnanti e personale scolastico del territorio. Un dato imponente che si commenta da solo. Eppure non è da qui che vuole partire il nostro ragionamento. Perché mai come in questo caso qualsiasi numero sarebbe vuoto e privo di significato senza il volto della persona a cui è associato. Nel nostro caso specifico i volti del nostro futuro. «L’Annuario scolastico – spiega la responsabile dell’iniziativa, Cinzia Martinelli – è probabilmente il progetto più emozionante tra quelli realizzati dal network di iMagazine. Osservare gli sguardi sorridenti degli studenti più grandi o quelli dolcemente meravigliati degli alunni più giovani mentre sfogliano la propria copia
dell’Annuario sono momenti indelebili che ci ripagano degli sforzi compiuti». Sforzi sia organizzativi che economici. Dal 2008 – anno di avvio del Progetto Annuario – ad oggi, infatti, iMagazine si è fatto totalmente carico dell’iniziativa, senza alcun fi nanziamento da parte di istituzioni pubbliche. «Investire sulle nuove generazioni – prosegue Martinelli – è per noi un aspetto fondamentale, in particolar modo nel contesto scolastico, all’interno del quale si formano gli adulti del domani. Il nostro Annuario non vuole infatti essere una mera raccolta di foto di tutti gli studenti della scuola, ma uno strumento in cui custodire attraverso immagini e testi scritti le esperienze più significative di un’intera annata». Perché, come la gran parte dei progetti del network iMagazine, anche quello dell’Annuario scolastico volge lo sguardo al futuro. «Sarebbe sbagliato e limitante – sottolinea Martinelli – ritenere che la funzione dell’Annuario si esaurisca al momento della consegna dei book al termine della scuola. Gli annuari hanno inA fianco: Cinzia Martinelli, responsabile del progetto Annuari scolastici iMagazine. In queste pagine, tre immagini delle consegne degli annuari durante lo scorso anno scolastico.
fatti lo scopo di custodire e tramandare nel tempo momenti indelebili della formazione dei nostri giovani. Quando fra qualche anno gli allievi di oggi riprenderanno tra le mani gli annuari, avranno la possibilità di rivedere l’adolescente che erano e, probabilmente, comprendere meglio l’adulto che sono diventati». Il tutto, osservando nel tempo il proprio percorso di crescita. Perché un altro degli aspetti cardine del progetto è legato alla sua durata negli anni, consentendo così a ciascuno studente di poter avere a disposizione un annuario per ogni classe frequentata. «Ora che siamo giunti all’ottavo anno dell’iniziativa – prosegue la responsabile – ci sono numerosi alunni che possiedono i book di più annate: immaginate un ragazzo oggi 14enne che in camera sua può sfogliare l’Annuario di quando a 6 anni frequentava la prima elementare, rivedendo i volti dei compagni e delle maestre di allora. Ecco, attraverso l’Annuario scolastico noi desideriamo donare ai giovani del nostro territorio questa opportunità di crescita, di riflessione e di emozione. A nostro avviso qualcosa di unico». Anche nell’era delle nuove tecnologie e social network che potrebbero far apparire vetusto un book cartaceo e privo di interazione. «In realtà – precisa Martinelli con un sorriso – la prima cosa che molti studenti fanno quando ricevono la propria copia personale dell’Annuario è quella di farsi autografare dai compagni le rispettive foto: più interazione di così! Per quanto concerne le nuove tecnologie, le riteniamo uno strumento fondamentale per integrare il nostro progetto. Sul portale web www.annuari. imagazine.it, ad esempio, insegnanti, studenti e loro familiari hanno la possibilità di poter richiedere copie ulteriori degli annuari che li riguardano. Anche in questo caso, per comprendere la portata dell’opera è necessario aprire la mente al futuro. Immaginate una persona adulta che ha smarrito la propria copia dell’Annuario di quando era bambino, oppure un genitore o un nonno che desidererebbero rivedere le immagini dei propri figli o nipoti ai tempi della scuola: attraverso il nostro portale potranno richiedere la copia cartacea di un Annuario di decine d’anni prima e rivivere emozioni di cui solo loro e nessun altro potrà mai comprendere il significato. Anche per questo il nostro Progetto rappresenta il vero Facebook delle origini».
Dal 2008 a oggi sono oltre una cinquantina gli istituti scolastici del Friuli Venezia Giulia che hanno aderito al Progetto Annuario scolastico iMagazine. La partecipazione all’iniziativa è gratuita: ogni scuola può avanzare la propria richiesta (annuario@imagazine.it) e fissare con i referenti dell’iniziativa la data per la realizzazione delle fotografie e per la raccolta del materiale informativo sulle attività svolte durante l’annata. Tutti contenuti che saranno racchiusi nell’Annuario che iMagazine dona gratuitamente a fine anno scolastico a ciascuno studente e agli insegnanti.
Sul sito www.annuari.imagazine.it è possibile consultare l’elenco – suddiviso per anni scolastici – di tutte le scuole che dal 2008 a oggi hanno aderito al Progetto. Nell’apposita sezione, inoltre, sono disponibili le foto di gruppo scattate al momento della consegna degli Annuari.
A cura della redazione (puntata 2/6) |
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C IV ILE
Le attività della Protezione Civile del Friuli Venezia Giulia a sostegno del volontariato.
Servizio e immagini a cura di Protezione Civile della Regione FVG
PROTEZION E
Non solo emergenze Non solo attività di addestramento, prevenzione ed emergenze per i volontari dei Gruppi Comunali del Friuli Venezia Giulia e delle associazioni facenti parte del sistema, ma anche partecipazione attiva a numerose attività di solidarietà. Tra queste, prime fra tutte per impegno in termini di uomini e mezzi, è l’attività della Colletta Alimentare, che ogni anno a fine novembre si sviluppa su tutto il territorio nazionale. In tutta la regione ormai da anni i Gruppi Comunali di Protezione Civile, assieme agli alpini dell’ANA, garantiscono il supporto per la raccolta dai punti vendita aderenti all’iniziativa al centro di raccolta di Udine dell’associazione Banco Alimentare. Nella passata edizione sono stati 590 i volontari impegnati nel servizio di raccolta e trasporto, con il coinvolgimento di oltre 120 Comuni e con una percorrenza complessiva superiore ai 3.000 chilometri da parte degli oltre 90 mezzi impiegati. Come promemoria si ricorda che in regione la Colletta ha fruttato una raccolta di 8.990 tonnellate di generi alimentari. Nell’arco dell’anno poi sono numerosi i gruppi che provvedono alla distribuzione alle famiglie bisognose.
Non meno importante è l’attività svolta in occasione dell’evento nazionale di Telethon, la manifestazione destinata alla raccolta di fondi per la ricerca sulle malattie genetiche che, in particolare a Udine, viene organizzata su due giornate. Tra gli eventi in programma anche la marcia “24 x 1 ora”: nel corso dell’ultima edizione oltre 400 atleti hanno corso ininterrottamente per sensibilizzare la raccolta di fondi. In questo contesto, ormai da oltre dieci edizioni, volontari dei gruppi comunali, dell’Associazione Nazionale Alpini e dell’Associazione Nazionale Carabinieri, garantiscono il presidio lungo il percorso nonché l’assistenza logistica per il punto ristoro e per l’area atleti. Una decina i gruppi interessati per un impiego di oltre 120 volontari nelle due giornate. Oltre a queste due importanti iniziative, si inseriscono anche le attività dell’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla), della LILT (Lega Italiana Lotta Tumori), nonché il supporto alle manifestazioni sportive del Compitato Paralimpico con le gare di coppa del mondo di sci per disabili e del campionato del mondo di ciclismo per disabili. In questi contesti i volontari di Protezione civile impiegati nella regione sono stati, nel 2015, oltre 600. |
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www.youthunitedpress.com
G I O VA N I E P R E VA R I C A Z I O N I
Rubrica a cura della Polizia di Stato della Provincia di Gorizia
P O L I Z I A D I S TA T O
Bullismo? No, grazie Il “bullismo” è al centro delle cronache per i tristi epiloghi che vedono come protagonisti adolescenti e bambini. Purtroppo i casi evidenziati dai mass media sono una minima parte di quelli che si verificano quotidianamente in tutto il territorio nazionale. Il bullismo è diventato una vera piaga dei nostri tempo, alle azioni offensive messe in atto deliberatamentempi, ma non si tratta di un fenomeno comple- te da uno o più coetanei. Non si fa quindi riferimento a un tamente nuovo, bensì una recrudescenza di fat- singolo atto, ma a una serie di comportamenti portati avanti che sono sempre accaduti, soprattutto in ambito ti ripetutamente, da un singolo individuo o da un gruppo scolastico. Chi da adolescente non è stato deriso nei confronti di un singolo individuo o un gruppo di individui o preso di mira dal compagno più grande e robu- considerati più deboli. Gli atti di prepotenza sono intenzionali, cioè sono messi sto di lui? Semplicemente quelle azioni, considerate come un dispetto o una prepotenza, non de- in atto dal bullo (o dai bulli) per provocare un danno alla vitgeneravano in condotte particolarmente dannose tima o per divertimento. I protagonisti sono sempre bambini o ragazzi, in genere per chi le subiva. Oggi, invece, gli episodi legati al fenomeno sono in età scolare, che condividono lo stesso contesto, più codivenuti sensibilmente preoccupanti, non solo per munemente la scuola, fra i quali c’è asimmetria nella relala gravità dei comportamenti vessatori dei “bulli” zione, cioè uno squilibrio di potere tra chi compie l’azione e ma anche perché questi vengono perpetrati non chi la subisce (per ragioni di età, di forza e per la popolarità solo all’interno delle mura scolastiche ma anche che il bullo ha nel gruppo di suoi pari). Inoltre, la vittima non all’esterno e le “vittime” sono sempre più giovani. è in grado di difendersi, è isolata e ha paura di denunciare Inoltre con l’utilizzo dei social network l’azio- gli episodi di bullismo perché teme vendette. ne del bullo viene amplificata, rendendola ulteriorIl bullismo può essere diretto (con esplicite azioni fisiche mente penosa per la vittima. o verbali nei confronti della vittima) o indiretto (con azioni Anche il “bullo”, che prima veniva individuato che danneggiano la vittima nelle sue relazioni con le altre fra quei ragazzi dall’infanzia difficile, in particola- persone, come l’esclusione dal gruppo dei pari, l’isolamenre con situazioni familiari monoparentali, ora non to, la diffusione di pettegolezzi sul suo conto). risponde a un identikit preciso; spesso, infatti, acIl bullismo è anche offendere e isolare ragazzi appartecade che viva in ambienti famigliari con solidi lega- nenti a minoranze etniche, omossessuali o ragazzi divermi affettivi e con un’ottima condizione economica. samente abili. Inoltre sono considerati atti di bullismo l’atMa cos’è il bullismo? Per bullismo si intendono tuare forme di ricatto (richieste di soldi o altri beni materiali, tutte quelle azioni di sistematica prevaricazione e aiuto nel fare i compiti) sotto minaccia di violenza o il metsopruso messe in atto da parte di un bambino o tere in atto comportamenti di tipo sessuale non desiderato adolescente (o da parte di un gruppo) - il “bullo” - che sfociano nelle molestie sessuali. Rientra in quest’ultinei confronti di un altro bambino o adolescente - la ma forma di prevaricazione l’invio di video e/o foto oscene. “vittima” - riconosciuto dal bullo come più debole. Il più delle volte l’appartenenza al gruppo, che implica regole stabilite, richiede autentiche dimostrazioni di fedelQuando è bullismo tà, determinando quei fenomeni di comportamenti devianUn ragazzo è oggetto di bullismo quando vie- ti che potrebbero essere l’inizio di un processo di stabilizne esposto, ripetutamente e sistematicamente nel zazione della devianza. Quando le azioni di bullismo si ve52
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rificano attraverso Internet (posta elettronica, social net- i comportamenti più ricorrenti nel bambino preso di work, chat, blog, forum) o attraverso il telefono cellulare si mira dal bullo: ● è spesso triste e scontento quando torna a casa da parla di cyberbullismo. scuola; ● manifesta disagi prima di andare a scuola come Quando non è bullismo Non è bullismo invece un singolo episodio di prepomal di testa o mal di pancia; tenza o maltrattamento tra studenti. Perché un atto ven- ● si ammala facilmente; ga considerato di bullismo deve instaurarsi una relazio- ● ha spesso lividi o ferite che non riesce a giustificare; ne ripetuta nel tempo che crea dei ruoli definiti: bullo e ● è spesso solo e non porta amici a casa; vittima. Quindi non si può parlare di bullismo quando ● non viene invitato alle feste; due compagni di scuola, che hanno la stessa forza fi- ● ha spesso libri rovinati o “perde” penne, matite, gomme e colori; sica o psicologica, litigano o discutono. In una normale situazione di litigio tra pari c’è simmetria nella relazio- ● fa incubi la notte o ha un sonno particolarmente agitato; ne tra i protagonisti. Nella discussione ci si spiega il perché si è in disac- ● ha un calo nel rendimento perché perde interesse nelle attività scolastiche ed extrascolastiche; cordo e si cerca di trovare soluzioni. Non si supera mai un certo limite, essendo in grado di allontanarsi se troppo ● chiede denaro a casa per poter fronteggiare le richieste dei bulli. arrabbiati e di chiedere scusa. La stessa attenzione va prestata dai genitori nei Non è bullismo se alcuni ragazzi entrano di notte nella loro scuola, la allagano, la danneggiano o portano via confronti dei figli particolarmente litigiosi e tendenzialdelle cose, ma è vandalismo perché la violenza è rivolta mente prepotenti, cercando di comprendere i motivi della loro aggressività; riconoscere in loro un evena cose e oggetti. tuale disagio e cercare un rimedio, magari anche con Il bullismo al femminile l’ausilio di esperti, è il miglior aiuto che si possa dare Il bullismo al femminile è altrettanto diffuso, ma meno affinché non diventino dei bulli. riconoscibile; è soprattutto “un bullismo psicologico” anche se si sono verificati casi di bullismo fisico. Si concre- La collaborazione con le Forze dell’Ordine Numerose sono le iniziative della Polizia di Stato tizza con lo schernire la vittima sull’abbigliamento, sull’apromosse negli Istituti scolastici di ogni ordine e graspetto fisico o con l’esclusione dalle attività di gruppo. do, attraverso una specifica attività di prevenzione, I segnali per diffondere e rafforzare il concetto di legalità, del Alcuni segnali riscontrabili nei ragazzi vittime di bul- rispetto delle regole e di quei principi di tolleranza su lismo sono il rifiutare, apparentemente senza motivo, di cui si fonda una società civile. andare a scuola o voler andare a scuola con modalità In particolare, l’Ufficio Minori della Questura è diverse dal solito, evidenziando una particolare tensio- sempre a disposizione per coloro che abbiano la nene e chiusura nell’affrontare qualsiasi argomento riguar- cessità di affrontare il fenomeno del bullismo; dalla di la sfera scolastica o le occasioni di aggregazione con semplice richiesta di informazioni alla segnalazione i compagni di scuola. Possono improvvisamente sorge- di episodi specifici. re disturbi psicosomatici: nei soggetti più piccoli disturbi È doveroso sottolineare l’importanza di segnaladel sonno ed enuresi, nei grandi una maggiore e ingiusti- re qualsiasi fatto di rilievo di cui si è venuti a conoficata irritabilità. scenza poiché gli atti di bullismo, il più delle volte, È sempre importante comunque osservare attenta- sono perseguibili penalmente e gli autori che abbiamente i singoli casi e rivolgersi ad una figura professiona- no compiuto i 14 anni, cioè imputabili, vengono sele al fine di evitare inutili preoccupazioni. gnalati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni. Da non sottovalutare Inoltre, è anche attivo presso le sale operative delLe vittime di bullismo difficilmente parlano con gli adul- le Questure il numero gratuito 43002 per segnalare ti di quello che succede loro. Non si sfogano, si vergogna- con un sms i fenomeni di bullismo e di spaccio di sono e hanno paura. I ragazzi devono imparare che il bul- stanze stupefacenti nell’ambito scolastico. Il messaglismo è un comportamento assolutamente sbagliato che gio inviato deve contenere all’inizio l’indicazione della non fa parte del naturale processo di crescita. Per fare provincia nella quale si è verificato l’evento da segnaciò è importante incoraggiarli a sviluppare le loro carat- lare. Tutte le segnalazioni pervenute verranno trattate teristiche positive e le loro abilità, stimolandoli a stabilire con modalità protette nei limiti della vigente normativa. relazioni con i coetanei, a non isolarsi, a saper esprimeIn conclusione, per affrontare il fenomeno del bulre la loro rabbia in modo costruttivo. Il bullismo non è uno lismo è necessario un impegno corale; è indispensascherzo perché nello scherzo l’intento è di divertirsi tutti bile imparare a conoscere bene il fenomeno del bulliinsieme e non di ferire l’altro. smo e farlo conoscere affinché ci si possa impegnaL’onere più grande nel capire se un adolescente sia re, genitori, Istituzioni scolastiche e Forze dell’Ordivittima del bullismo spetta ovviamente ai genitori ai qua- ne, per far crescere i bambini e gli adolescenti con li, grazie all’esperienza maturata dalla Polizia di Stato una cultura senza violenza e prepotenza, rispettannella trattazione di numerosi casi, suggeriamo alcuni fra do le regole e il prossimo. |
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G I U S T I Z I A E CO S T I
Depenalizzazione dei reati e immigrazione clandestina
Rubrica a cura di Massimiliano Sinacori
D I R I T T O
Quanto costa alla società civile e al funzionamento della macchina giudiziaria la mancata abrogazione del reato in materia di immigrazione?
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Venerdì 15 gennaio 2016 il Governo Renzi, su proposta del Ministro della Giustizia Andrea Orlando, ha approvato in esame definitivo due decreti legislativi (n. 7/2016 e n. 8/2016) recanti disposizioni in materia di depenalizzazione e di abrogazione dei reati, a norma dell’art. 2, comma 2, della legge 28 aprile 2014, n. 67. L’obiettivo della riforma è quello di deflazionare il sistema penale, sostanziale e processuale, trasformando numerosi delitti e contravvenzioni in illeciti con sanzioni pecuniarie civili. Con tale decisione il Governo auspica di rendere più effettive le sanzioni, restringendo i tempi di esecuzione delle stesse, scongiurando la minaccia di un processo penale dalla durata ben più lunga. L’art. 1 del D.lgs n. 8/2016 indica genericamente che sono stati depenalizzati tutti i reati per i quali è prevista la sola pena della multa o dell’ammenda; quelli che nelle ipotesi aggravate prevedono la pena detentiva devono considerarsi come fattispecie autonome di reato. Sono stati inoltre previsti dei parametri edittali per la pena pecuniaria amministrativa rispetto a quelli dell’originale multa o ammenda, con dei limiti in caso di pena pecuniaria proporzionale (non inferiore a 5.000 euro né superiore a 50.000 euro). I principali reati del Codice Penale depenalizzati sono: atti osceni (art. 527 c.p.), pubbli|
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cazioni e spettacoli osceni (art. 528 c.p.), rifiuto di prestare la propria opera in occasione di un tumulto (art.652 c.p.), abuso di credulità popolare (art. 661 c.p.), rappresentazioni teatrali o cinematografie abusive (art. 668 c.p) e atti contrari alla pubblica decenza (art. 726 c.p.). Rientrano nella riforma anche alcune fattispecie previste nelle legislazioni speciali, quali: protezione del diritto d’autore, guida senza patente, coltivazione autorizzata di marijuana nonché uso di apparecchi radioelettrici privati. Il Decreto n. 7/2016 dispone invece l’abrogazione di reati più noti all’opinione pubblica, come i reati di falsità, ingiuria, sottrazione di cose comuni e appropriazione di cose smarrite. L’art. 3 del citato provvedimento ha previsto che in questi casi, oltre alle restituzioni e al risarcimento del danno, il soggetto che viola tali norme sia altresì obbligato al pagamento della sanzione civile prevista per ognuna. Conseguenza di tale scelta è anche l’applicazione della disciplina civile agli illeciti elencati e, pertanto, una compressione del termine di prescrizione degli stessi a cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato. Anche il risarcimento del danno ai soggetti danneggiati verrà calcolato secondo le ordinarie regole del processo civile, in quanto compatibili. Per quanto concerne i criteri di commisurazione delle sanzioni pecuniarie (a seconda dei casi da euro 100 a 8.000 ovvero da 200 a 12.000) il giudice civile sarà tenuto a osservare la gravità della violazione, la reiterazione dell’illecito, l’arricchimento del
soggetto responsabile, l’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze dell’illecito, la personalità dell’agente nonché le sue condizioni economiche.
Il grande escluso Se le modifiche così descritte sono state accolte con positività dagli ambienti giudiziari, non si può certo dire lo stesso dell’esclusione da tali provvedimenti del reato di immigrazione clandestina, ai sensi dell’art. 10 bis del Testo unico in materia di immigrazione e condizione dello straniero (D.lgs n. 286/1998). Da sempre oggetto di aspre critiche, il reato di “Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato” sanziona penalmente non già la commissione di un fatto offensivo di un bene costituzionalmente protetto, bensì una particolare condizione personale e sociale: quella di uno straniero clandestino. A tale condizione si ricollega anche la violazione di una norma di rango amministrativo (art. 13 D.lgs n. 286/1998) che non prevede una pena pecuniaria, ma una più incisiva espulsione del soggetto senza documenti di soggiorno regolari. La questione (sentenza 8 luglio 2010 n. 250) è stata portata all’attenzione della Corte Costituzionale la quale, tuttavia, ha ritenuto che la disposizione penale non fosse da ritenere illegittima in quanto finalizzata a un tutelabile interesse: la pubblica sicurezza. Il procedimento penale si svolge davanti al Giudice di Pace e la pena prevista per lo stesso è una ammenda da 5.000 a 10.000 euro, senza facoltà di conversione (ad esempio a lavori socialmente utili). Nei lavori preparatori dei decreti depenalizzatori si è molto discusso in merito alla possibilità di inserire anche questo reato nel ventaglio dei riformati, in quanto è tangibile, per chi vi lavora quotidianamente, l’inutilità del procedimento penale che normalmente si conclude con l’applicazione di una pena pecuniaria che rimane non pagata. Tuttavia l’Esecutivo ha ritenuto di non procedere all’eliminazione del reato di immigrazione clandestina ritenendo che ciò avrebbe scandalizzato e scoraggiato l’opinione pubblica, la quale però continuerà a subire la poca deterrenza e gli ingenti costi di questi procedimenti.
Massimiliano Sinacori Per approfondimenti ed esame di alcune pronunce e della casistica in materia è possibile rivolgere domande od ottenere chiarimenti via e-mail all’indirizzo massimiliano@ avvocatosinacori.com
CONTO TERMICO
Incentivo
per gli impianti di calore
Installare stufe, camini o caldaie a legna o pellet ricevendo un rimborso in grado di coprire fino all’80% della spesa effettuata. Ecco come richiederlo.
Che cos’è?
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Il Conto Termico è un contributo in conto capitale che lo Stato assicura a coloro che acquistano una nuova stufa o caldaia ad alta efficienza a legna o pellet, in sostituzione di una vecchia stufa o caldaia a legna, pellet o gasolio. Lo scopo di questo contributo è duplice, da una parte il legislatore ha voluto svecchiare il parco dei generatori di calore (stufe e caldaie) sostituendolo con apparecchi di nuova generazione più efficienti e puliti, dall’altro ha voluto invece incentivare l’ utilizzo di fonti rinnovabili di energia. Con il Decreto Ministeriale 28 12 2012, istitutivo del sistema di contribuzione, i Ministeri di Ambiente e Sviluppo Economico hanno affidato la gestione, istruttoria pratica e liquidazione, al GSE (Gestore dei Servizi Energetici), società con vasta esperienza nel settore visto che ha gestito in questi ultimi anni il sistema incentivante del fotovoltaico, garantendone il notevole successo. Il contributo non è una detrazione fiscale come per le ristrutturazioni edilizie o l’efficienza energetica, ma è una somma di denaro che viene rimborsata al consumatore. I beneficiari del Conto Termico sono persone fisiche, pubbliche amministrazioni ed imprese.
ratore di calore (stufa o caldaia) a legna, pellet o gasolio. Non tutti gli apparecchi sono incentivabili, ma solamente quelli con determinate caratteristiche. Questo fatto è una garanzia per il consumatore, in quanto ha la certezza che l’apparecchio, se è incentivabile, ha superato rigorosi controlli tecnici e assicura alte prestazioni. Gli apparati riscaldanti oggetto dell’incentivo dovranno rispondere alle normative: UNI EN 14785 del 2006 per le stufe e termostufe a pellet (rendimento superiore all’85%; emissione in atmosfera ≤40 microgrammi per m³; emissioni CO al 13% O2 inferiore a 250 microgrammi per m³); UNI EN 13240 per stufe e termostufe a legna (rendimento superiore all’85%; emissione in atmosfera ≤80 microgrammi per m³; emissioni CO al 13% O2 inferiore a 1.250 microgrammi per m³).
Vincoli degli impianti
È indispensabile una dichiarazione di conformità dell’impianto rilasciata da un tecnico abilitato, così come è richiesta per tutti gli impianti a biomassa che accedono agli incentivi almeno una manutenzione annuale obbligatoria sulla stufa e Apparati che godono dell’incentivo sul canale fumario. Il pellet utilizzato dovrà poi Requisito essenziale per poter accedere agli essere certificato e conforme alla normativa UNI incentivi è la rottamazione di un vecchio gene- EN 14961-2 Classe A1 A2. 56
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Calcolo degli incentivi
Gli incentivi sono calcolati in base alle prestazioni dell’apparato e alla zona climatica nella quale si trova l’edificio come evidenziato dalla formula nel riquadro in basso, e in taluni casi possono ricoprire anche il 100% del costo dell’apparecchio. Per accedere agli incentivi è necessario compilare entro 60 giorni dal termine lavori la scheda-domanda sul portale del GSE, presentando tutta la documentazione richiesta (copia delle fatture e bonifici, dichiarazione di conformità dell’impianto, schede tecniche dei componenti, certificato di bassa emissione polveri, certificato di smaltimento dell’impianto esistente o autocertificazione, identificazione catastale dell’immobile). La formula per il calcolo degli incentivi per stufe a pellet, stufe a legna e termocamini è la seguente:
Itot =Ci • hr • Ce • 3,35 • ln(Pn) Itot è l’incentivo annuo in euro Ci
è il coefficiente di valorizzazione dell’energia termica prodotta pari a 0,040 €/kWht
hr
sono le ore di funzionamento stimate in relazione alla zona climatica di appartenenza
Ce
è il coefficiente premiante riferito alle emissioni di polveri distinto per tipologia installata, il valore è tanto più alto quanto più basse sono le emissioni di polveri (può essere pari a 1 – 1,2 – 1,5)
3,35 coefficiente correttivo ln
logaritmo naturale
Pn
è la potenza termica nominale dell’apparecchio
Se poi si vuole evitare il lavoro burocratico ci si può recare presso un CONTO TERMICO POINT dove personale qualificato sarà in grado di valutare preventivamente il progetto e seguire poi la pratica passo dopo passo fino alla liquidazione.
@ Teodoro Quarto__Verso infiniti spazi
TA N G I B I L E E I N V I S I B I L E
Emozioni
Rubrica di Manuel Millo
S O C I A L E
e sentimenti
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Osservando l’universo da una finestra tutto il mondo potrebbe essere contenuto in due metri quadrati; curioso vero? Con bizzarra frequenza i nostri occhi guardano all’esterno, verso l’orizzonte come a ritenere che tutto possa essere racchiuso ed esteso nel medesimo tempo lì davanti a noi: pensieri, sensazioni, immagini dissonanti che parlano di un luogo che forse non esiste veramente; pura apparenza o meglio copia di una realtà perfetta a cui tutti aneliamo, direbbe Platone con un linguaggio attuale. Sì perché il nostro, il balcone sulla vita, è solo un mero punto di vista rispetto l’infinito. Ma la verità verso cui inconsciamente o consciamente siamo attratti può disvelarsi solo dalla condivisione. Molti pensatori lo avevano già compreso nel V sec. a.C., pensate un po’. Socrate con il suo metodo di ricerca (la maieutica, l’arte di far emergere il vero dalle conoscenze universali già presenti dentro di noi - sulla linea del famoso conosci te stesso, prontuario medico dello spirito) aveva compreso che la verità è già scritta dentro l’anima e basta farla risalire con le opportune domande e con la condivisione fraterna, intesa come amore e rispetto dell’opinione altrui. È importante conoscere se stessi. Fare questo ci permette di arrivare a dedurre il mondo in cui ci troviamo. E così capire ancor meglio noi in un confronto di crescita ed elevazione costante verso quella sfera perfetta che è rappresentata dalla pace interiore. Perché è proprio grazie a quella quiete profonda che sono in grado di vivere qualsiasi cosa accada dentro e fuori di me. |
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In quanti casi vi è capitato di sentire una fitta allo stomaco e non sapere da dove arrivi? O qualcuno è stato molto lesto a sferrarvi un pugno e scappare, oppure nessuno fisicamente ha compiuto l’azione; eppure in qualche modo questa energia si è presentata con tutto il suo impeto e con paradossale imponenza vi ha arrestato ma anche svegliato da un effimero torpore. Non che ricevere un dolore al ventre sia piacevole ma intendo che questo male è servito per portarvi verso il bene, per darvi uno slancio a riflettere. Del resto sempre la filosofia antica, in questo caso addirittura presocratica, ci ricorda che la vita è fatta di costante movimento e tensione di opposti. Proprio da qui nasce la vita. Pensate effettivamente come un imprevisto vi ha smosso dal vostro stato di quiete apparente e vi ha condotto dove siete oggi. Riflettete. Come è possibile sentire qualcosa che è apparentemente invisibile agli occhi? Queste sensazioni come riescono ad atterrarmi senza toccarmi fisicamente? Come posso discernere una sensazione buona da una cattiva? Questa ampia premessa ci porta a parlare delle emozioni. Dei sentimenti che stanno alla loro base. Ma sono la stessa cosa? Parte tutto dal cervello? O dalla mente? Perché mente e cervello non sono proprio la stessa cosa. Certo fisicamente noi abbiamo un cervello, ma la nostra mente dove si trova? Che cos’è esattamente? Da dizionario è il complesso delle possibilità e dei contenuti intellettuali e spirituali dell’individuo. Allora già da questa rapida ed efficace descrizione possiamo trarre spunto per evidenziare che le emozioni, essendo stati mentali, sono parte del mio contenuto intellettuale e spirituale e come tali dunque sono create dal nostro
modo di percepire la realtà, generate dai sentimenti. Per questo vanno vissute e governate con intelletto in modo adeguato, ricordando che poniamo sul mondo, attraverso i nostri occhi e i nostri sensi, molte cornici che non sempre “gli e ci” appartengono (“È l’animo che devi cambiare non il cielo sotto cui vivi” – L. A. Seneca). Con questa interpretazione il desiderio è riflettere su come sia importante riuscire a porre in azione il pensiero davanti alle situazioni fisiche e/o psicologiche che avvengono nel nostro cammino, a unire ragione e passione, cuore e intelletto nella vita quotidiana, per vivere la nostra vita pienamente, evitando che certe emozioni si radichino e formino sentimenti altalenanti o fuorvianti dalla vita serena, che si trasformino in catene o peggio ancora in una prigione di sensi di colpa. Per evitare che siano irrazionali vampate di sensazioni. (“La passione spinge il nostro cuore a diventare un campo di battaglia, mentre la ragione vuole trasformare la discordia, la rivalità, l’incomprensione in sentimenti che conducono all’armonia e alla felicità. Per questo la ragione e la passione sono il timone e le vele della nostra anima” – Kahlil Gibran). Gli antichi monaci cristiani (300-600 d.C.), avendo compreso che spesso molte nostre scelte o stati d’animo erano dati dalla fretta con cui ci immergiamo nelle situazioni, consigliavano di porre ai nostri pensieri e stati d’animo domande del genere: “Da dove vieni? Dal mio cuore o qualcuno ti ha portato dall’esterno? Cosa vuoi? Perché tanta fretta e tanta veemenza?” Già con queste domande il pensiero comincia a reagire in modo oggettivo.
Sentire il vento tra i capelli è qualcosa di meraviglioso ma se diventa un tifone il rischio è che travolga completamente noi stessi verso il vuoto dell’ignoto. Succede che la verità si trova “in medias res” (Orazio, ars poetica), nel giusto mezzo. Succede che siamo chiamati a diventare maturi anche quando la cosa ci spaventa un pochino. Succede che diventa necessario il dialogo interiore con noi stessi, con il nostro Io interiore per comprendere non solo quello che ci sta accadendo ma anche quello che ci è accaduto in passato e avere la possibilità di rileggerlo con gli occhi dell’adulto. Perché oggi lo possiamo essere per noi stessi. E per tutti coloro che incontreremo e che potremo aiutare. Adulti. Con coraggio. Amando ciò che eravamo e che siamo. Sapendo che nel chiedere aiuto non c’è nulla di male. Non dobbiamo dimostrare nulla a nessuno. La società ci vorrebbe dei titani indistruttibili. Ma noi siamo fatti di anima e corpo. Soggetti alle leggi della natura di cui facciamo parte e come tale da accettare e rispettare. Non abbiate paura. Sorridete con profondità. Sempre. Vivete la vostra vita nella condivisione e nell’amore reciproco ricordando sempre la posizione in cui vi trovate rispetto al cosmo infinito. “Il Signore conosce i pensieri dell’uomo: non sono che un soffio” (Salmo 94).
Manuel Millo Membro Onorario AGCI Ass Gen Cooperative Italiane
blog.libero.it
G I O VA N I E S E S S UA L I TÀ
Rubrica di Cristian Vecchiet
P E D A G O G I A
Desiderio e temperanza Dietro ai sentimenti ci sono valori che esigono di essere apprezzati e salvaguardati. Educare al riconoscimento del desiderio vuol dire comprendere e avere cura dei valori importanti. Di sesso e sessualità si parla e si scrive praticamente ovunque. È un tema inflazionato, ormai da decenni. Non solo: molto frequente è altresì la simbolica sessuale. Basti pensare agli spot pubblicitari. Scene o immagini che richiamano più o meno velatamente alla sfera sessuale. Oppure si pensi agli intercalari e agli epiteti che spesso utilizziamo. La simbolica, le parole, i gesti hanno un peso evidente nella crescita della persona. Formano una mentalità, favoriscono l’interiorizzazione e la sedimentazione di convinzioni che diventano profonde e che entrano a far parte del pensiero spontaneo. E chiaramente si traducono in azioni e in stile comportamentale. Mentalità, stile di pensiero e di comportamento di cui si è difficilmente consapevoli, così come accade di tutto ciò che è profondo. A dimostrazione della pervasività dei messaggi a valenza sessuale si pensi al linguaggio o ai gesti sessualizzati di bambini e adolescenti. Forse non conoscono neppure il significato di determinati gesti o parole, eppure le utilizzano. E questo utilizzo forma comunque una mentalità e un modo di essere. Questo ci dice probabilmente quanto conti la sfera sessuale e pulsionale nella natura della persona. La sessualità è parte costitutiva della persona. L’uomo è tale perché è sessuato. La sessualità accomuna l’uomo agli animali. Eppure essa dovrebbe essere vissuta dagli uomini in modo essenzialmente diverso rispetto agli animali. La sessualità è funzionale alla riproduzione e permette il 60
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godimento fisico. Tuttavia per gli uomini non è solo questo. È radicalmente molto altro. L’atto sessuale non può essere visto esclusivamente come sfogo o mero appagamento di pulsioni ma è parte integrante di un rapporto e permette di veicolare sentimenti, senso di appartenenza, accudimento e protezione. Per questo l’atto sessuale è costitutivamente e radicalmente relazionale. Ed è solo rispettando la natura dialogica e relazionale dell’atto sessuale che esso può umanizzare l’uomo. Ecco perché si rende opportuna una sana educazione sessuale. Come si può fare educazione sessuale? Le strade percorribili sono diverse. Qui ne voglio esplicitare due. L’educazione al desiderio e alla temperanza. Credo sia decisivo educare all’ascolto e al riconoscimento del desiderio. Questo vuol dire che bisogna educare gradualmente a distinguere tra i propri desideri: ce ne sono di più e di meno importanti. E per farlo è importante educare ad ascoltare, riconoscere e dare un nome ai propri sentimenti. E questo perché dietro ai sentimenti ci sono dei valori che esigono di essere apprezzati e salvaguardati. Educare al riconoscimento del desiderio vuol dire educare ad avere cura dei valori importanti. Per avere cura dei valori che contano vale la pena di coltivare la virtù della temperanza. La virtù della temperanza è molto spesso dimenticata quando non osteggiata. Buona parte della cultura contemporanea l’ha relegata a cosa del passato. In re-
altà è decisiva per vivere una vita buona. Di cosa si tratta? È la pratica della moderazione, della giusta misura, della sobrietà. Praticare la temperanza vuol dire evitare gli eccessi. La temperanza è la virtù che ci dice che gli istinti vanno disciplinati. Ma cosa vuol dire praticare la temperanza? Vuol dire esercitare la forza di dire di “no” all’istinto e all’impulso, quando l’istinto e l’impulso non sono a servizio di un progetto di vita umanizzante. Se l’istinto e la pulsione servono solo al piacere immediato e fine a se stesso, forse è meglio non assecondarlo. Forse può valer la pena dilazionare il piacere immediato per incanalare quell’energia a favore di un progetto relazionale. L’energia non sprigionata subito non è una perdita ma è un guadagno più grande in un tempo successivo. Perché è importante moderare e governare gli impulsi? Perché il senso della pulsione è di mettere al servizio di un progetto relazionale la propria forza, la propria vitalità. L’energia delle pulsioni è assolutamente vitale e decisiva nella formazione della personalità di ciascuno ed è indispensabile per realizzare qualunque progettualità, per raggiungere qualunque obiettivo nella vita sia il più ordinario che il più straordinario. Pensiamo all’importanza degli impulsi negli sportivi o anche negli studiosi. È indispensabile per lanciarsi in avanti. È decisiva per essere tenaci e per non mollare. Eppure senza un fine nobile che dà un senso e una direzione agli istinti, questi rischiano di diventare disgregativi e laceranti. La virtù della temperanza è importante in molte delle attività umane. Basti pensare all’importanza
della moderazione nel mangiare e nel bere. A maggior ragione è importante la temperanza nel proprio rapporto con le pulsioni sessuali. La sessualità ha una natura oggettivamente e intrinsecamente relazionale. Per questo il suo esercizio richiede una particolare attenzione e vigilanza. Come si fa a educare alla temperanza? È importante dire di “no” quando è necessario ai bambini fin da piccoli. Educare alla moderazione fin nelle piccole cose. È importante non dare tutto e subito e a seconda dell’età e della situazione spiegare perché molte volte è bene dilazionare le richieste. Imparare a dire di “no” da parte di chi educa e insegnare ad accettare i “no” da parte chi li riceve è una virtù necessaria in educazione. Senza i “no” detti e imposti al momento opportuno non c’è educazione. L’educazione sessuale passa attraverso l’educazione integrale della persona. Quello che conta è formare una persona capace di riconoscere i valori che contano e a cui liberamente decide di aderire. Il desiderio ci indica i valori da tutelare e salvaguardare. La temperanza ci aiuta a proteggere quei valori con la pratica della moderazione e dell’attenzione verso le cose che contano. Imparare ad ascoltare e a leggere il proprio mondo interno e a tenere a bada le pulsioni è una premessa indispensabile per consentire la cura degli affetti e delle relazioni.
Cristian Vecchiet
Collaboratore presso l’associazione La Viarte, è docente di Etica e Teologia dell’Educazione presso l’Istituto Universitario Salesiano di Venezia.
M A L AT T I E S E S S UA L M E N T E T R A S M I S S I B I L I
Trasgressioni pericolose S O C I E T À
Da anni la percentuale delle patologie diffuse tra la popolazione attraverso rapporti sessuali non accenna a diminuire. Perché nell’era della ricerca scientifica, la soluzione resta sempre una: sensibilizzare sull’importanza delle precauzioni.
Rubrica a cura di Andrea Fiore
Nella nostra società avanzata le statistiche sanitarie mettono in luce contraddizioni talvolta difficili da spiegare. Grazie ai progressi della ricerca scientifica, infatti, numerose patologie fino a qualche tempo fa impossibili da debellare sono ora curabili con strumenti efficaci, con conseguente diminuzione dei loro rilevamenti tra la popolazione. Non è il caso, invece, delle malattie trasmissibili sessualmente, che continuano a mantenere un andamento costante nel tempo, con due facce della stessa medaglia destinate a vivere per conto proprio: da un lato il fenomeno non aumenta, ma dall’altro non accenna nemmeno a diminuire. Tant’è che secondo i dati in nostro possesso, il 2-3% della popolazione attorno ai 60 anni in Italia risulta aver contratto l’epatite C senza aver mai subito interventi chirurgici. Come sono stati contagiati, dunque?
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Precauzione, questa sconosciuta La risposta alla domanda di cui sopra, nella stragrande maggioranza dei casi, è solo una: attraverso rapporti sessuali non protetti. Un problema di cui la nostra società è consapevole dell’esistenza ma che, al tempo stesso, avverte come molto lontano dalla propria quotidianità. Secondo diverse ricerche, la stragrande maggioranza degli uomini e delle donne che hanno relazioni con più persone, consumano i loro rapporti senza l’utilizzo del |
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preservativo che, ancora oggi, rappresenta il più efficace contrasto alla diffusione di virus quali HIV ed Epatite virale C. E tutto ciò nonostante la pericolosità del rischio sia nota. Una situazione al limite del paradosso, riassumibile in questo ragionamento: ‘avere rapporti non protetti con persone diverse dal mio/mia partner è rischioso; ma le persone che frequento sicuramente non hanno queste malattie’. E le persone che a loro volta queste ultime frequentano? Far finta di non comprendere il quesito è il modo più semplice per non interrompere una pericolosa catena di Sant’Antonio.
Mutano i malati, non le malattie Introduciamo subito un distinguo importante di termini: virus e patologia sono due concetti differenti. Essere contagiati da un virus, infatti, non implica automaticamente contrarre la patologia che da esso deriva. Utilizzando un esempio concreto, chi viene contagiato dal virus HIV non diviene automaticamente un malato di AIDS, ma può tuttavia diffondere il virus ad altre persone che invece rischiano di contrarre la malattia. Facile intuire, quindi, come intrattenere relazioni con partner diversi senza utilizzare il preservativo alzi drasticamente le probabilità di essere contagiati da patologie che ci appaiono distanti dalla nostra realtà ma che sono ben presenti in mezzo a noi. Dati alla mano, infatti, il numero di persone che ha contratto malattie sessualmente trasmissibili è pressoché inalterato da anni. A cam-
biare, tuttavia, è la tipologia dei soggetti. Negli anni ‘80, l’AIDS era fortemente diffusa sia tra le persone omosessuali sia nel mondo del cinema a luci rosse. Una forte campagna di sensibilizzazione, l’utilizzo del preservativo e un costante monitoraggio sanitario con analisi regolari hanno mutato radicalmente lo scenario: oggi le categorie all’epoca più a rischio sono diventate quelle maggiormente attente e, conseguentemente, sicure; il contrario delle categorie ritenute meno a rischio, che invece diffidano dalle precauzioni alzando notevolmente la soglia di pericolo per la propria salute.
Salviamo i nostri giovani Queste problematicità interessano la nostra società nella sua interezza: tanto i giovani quanto le persone adulte sono a rischio. Tuttavia, mentre sensibilizzare uomini e donne maturi appare molto complesso, diverso può essere il discorso per i giovani, ovvero gli adulti di domani. Ecco perché è fondamentale avviare un percorso continuativo di educazione e sensibilizzazione sia alla sessualità che all’utilizzo del preservativo nei rapporti. Passando dalle parole ai fatti, abbassare il costo dei preservativi per consentire a studenti privi di reddito di poterli acquistare con facilità potrebbe essere un primo passo in questa direzione.
dott. Andrea Fiore Medico delle Farmaco-Tossicodipendenze, psichiatra andrea.fiore@imagazine.it
www.modellidicambiamento.com
AUTOST I MA A CO L PA
Come posso cavarmela?
Rubrica a cura di Giuliana De Stefani
P S I C O L O G I A
Saper accettare i propri limiti e non viverli sentendosi inferiori agli altri è indispensabile per vivere serenamente senza cadere in forme di disagio personale.
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Autostima e colpa sono due costrutti inversamente proporzionali: se uno cresce, l’altro diminuisce e viceversa. Questo meccanismo omeostatico intrapsichico risulta utilissimo alla personalità matura dell’adulto per rilevare l’adeguata coerenza del proprio agire in relazione ai personali valori di convivenza civile: se mi sento moralmente giù ci può essere un motivo e mi interessa capirlo e affrontarlo. In sostanza nella persona che ha mal agito o mal pensato si può creare uno squilibrio, spesso umorale, che si accompagna a forme diverse di lieve o intenso disagio personale: ogni “sintomo” che si presenti ha lo scopo preciso di segnalare al soggetto stesso la necessità di affrontare la sua zona d’ombra. Ormai nella nostra società è divenuta prassi anche il ricorso a consulti in campo psicologico che servono a sostenere in modo professionale il percorso di analisi e comprensione delle problematiche sottostanti il disagio. In sostanza, osserviamo che una personalità ben integrata dispone già naturalmente della capacità di intuire i propri nodi e di valutare se sia necessario farsi aiutare professionalmente. Si verifica quindi un paradosso: dallo psicologo vanno le persone abbastanza “sane”, cioè coloro che hanno consapevolezza di un intimo problema o disagio, lo accettano, vogliono capirlo meglio e sono interessati e disponibili a fare qualcosa per superarlo. Potremmo fare l’analogia con l’atleta che si cimenta con il superamento del proprio record: è davvero indispensabile che accetti il proprio limite e |
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lo consideri il valido punto di partenza per una nuova fase di potenziamento tecnico e mentale. Ma non sempre la dinamica “autostima-colpa” induce all’evoluzione sana della personalità. Poiché la dominante e tirannica pseudocultura di onnipotenza aborrisce i limiti biologici, intellettivi ed emotivi dell’uomo, automaticamente può indurre in taluni soggetti l’impossibilità dell’accettazione serena di un qualsiasi status di difetto. Ecco che “sentirsi di meno” rispetto ad altri in qualche campo specifico spesso si traduce con una generalizzazione: “essere inferiori” tout court e per sempre, sentirsi vittime di questa ingiustizia sociale o divina, e diventare piuttosto ostili verso coloro che sembrano passarsela meglio. A questo punto, poiché per andare avanti e avere una vita accettabile e sufficientemente funzionale ognuno deve raggiungere un certo equilibrio psicologico che garantisca stabilità, si formeranno delle strutture di personalità in grado di garantire una stampella, cioè una certa coerenza di stile comportamentale. Proviamo a vedere qualche dinamica comune per mantenere una buona immagine di sé e un’autostima sufficiente. 1. Il modo più classico consiste nel “dimenticare” la propria colpa. Il fenomeno della rimozione di freudiana memoria interessa le colpe più precoci e più intime che non trovano le parole per diventare oggettive e quindi essere comunicate. Un blocco cancellatorio questo che può generare a livello comportamentale un disagio consistente che interferisce notevolmente con la vita: bisogna valutare se
è opportuno andare a trattare materiali antichi e dolorosi e sicuramente necessita di un supporto professionale. 2. Simile apparentemente al dimenticare la propria colpa è il fenomeno molto frequente della ridefinizione e svalutazione del fatto. Se vogliamo fare un esempio chiarificatore ipotizziamo che una persona, avendone avuto l’opportunità, abbia ripetutamente sottratto piccole cose o modeste somme a un conoscente, un socio, un amico. Non è pensabile che non fosse cosciente di agire male, in disprezzo della fiducia che gli veniva accordata. A ogni nuova sottrazione sarebbe aumentato il senso di colpa, l’astio nei confronti della propria vittima che potrebbe accorgersi della scorrettezza e chiederne conto, generando inevitabilmente il crollo dell’autostima. Una via d’uscita modestamente creativa, che purtroppo la Storia ci ha già mostrato tante volte in eventi epocali come ad esempio le stragi a sfondo etnico, consiste nel togliere valore ai fatti oggettivi (Ma dai erano solo pochi soldi! Tanto quell’oggetto tu non lo adoperavi!) fino ad avventurarsi in nuove definizioni dei fatti (Ma quale furto: l’avevo preso in prestito, se te ne fossi accorto e me l’avessi chiesto te l’avrei restituito!). In sostanza una malafede manipolatoria della realtà per cercare di attutire l’impatto infamante della parola “rubare”. La conseguenza è che non affrontando mai la verità, cioè il fatto e la colpa generata, il soggetto dovrà continuare a “fare finta” di essere una brava persona: come si suol dire “non riesce a pagare il dazio” e resta intrappolata in un’impasse psicologica. Diverso è il caso della “mancanza di colpa”, ovvero della strenua negazione di responsabilità per un fatto oggettivo che abbia indebolito l’autostima della persona. Tutte le energie della persona servono ad arginare la portata del fatto infamante: per non far entrare nella coscienza la consapevolezza della colpa il soggetto parte al contrattacco. Da Persecutore dannoso si presenta socialmente come Vittima innocente, cercando di gettare fumo negli occhi e confondendo le responsabilità. La ricostruzione di una verginità senza colpa si presenta con una certa ciclicità in questi soggetti che, con captatio benevolentia, periodicamente mostrano comportamenti esemplari ed edificanti fino all’inevitabile reiterarsi delle spinte pulsionali predatorie e scorrette (il lupo perde il pelo ma non il vizio). Manca la capacità di assumere semplicemente la propria responsabilità che senza esito viene buttata addosso ad altri con rabbia e arroganza, esibendo una lesa maestà per essere stato messo sotto accusa. Una specie di sindrome di Pinocchio che normalmente rivela un caso non trattabile e senz’altro da evitare.
Giuliana De Stefani Psicologa psicoterapeuta
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(as) s a g g i Maria Paola Colombo Il bambino magico Mondadori, 2016 Pagg. 300 € 18,50 In una notte africana, sotto l’albero delle parole, il piccolo Gora regge tra le braccia un neonato con la pelle bianca come il latte di capra. È uno zeruzeru: un africano albino. Una sventura. Un bambino magico. Ma per Gora è soltanto Moussa, suo fratello. Gora e Moussa crescono inseparabili: un Antonio Pascale Le aggravanti sentimentali Einaudi, 2016 Pagg. 192 € 18,50 Cosa può combinare un uomo, sulla soglia dei cinquanta, da solo in città mentre moglie e figli sono al mare? Per esempio, lasciarsi trascinare alla rocambolesca premiazione di un vecchio maestro del cinema, per poi infilarsi in lunghe discussioni sul senso del tragico, la stabilità delle orRosinella Celeste Lucas Giù la maschera Gaspari Editore, 2016 Pagg. 64 € 10,00 La poetessa di Fiumicello descrive da una prospettiva slontanata schegge emotive, le sublima attraverso una scrittura scorciata, allusiva, rapida ed elegante. Si avverAnaela Tuzzi Come crescere ed educare il tuo cane l’informa professional, 2016 Pagg. 146 € 20,00 Il numero di persone che scelgono di adottare un cane per sé o per la propria famiglia è in continuo aumento ma, purtroppo, non sempre si tratta di persone consapevoli delle re-
bambino nero e la sua ombra bianca. Ai loro giochi selvaggi si unisce Miriam, che preferisce le corse sfrenate alle bambole di stracci. Miriam è il desiderio che spinge a infrangere i divieti, che allarga l’orizzonte delle avventure, oltre il perimetro del villaggio, oltre il confine dell’Africa e dell’infanzia. Fino all’Europa, all’Italia, alle strade di una Milano distratta, dove, ventenni, approdano come migranti, stranieri, ultimi tra gli ultimi. Nel loro sguardo si specchia un’Italia sognata come l’El Dorado che si svela nelle sue contraddizioni, ostilità, solitudini, ma che è anche capace di gesti inattesi di immaginazione e generosità. bite planetarie, i sentimenti post lavatrice e la ricerca della felicità. Con lui, un gruppo di sgangherati amici: Giacomo che da promettente film-maker si è ridotto a consegnare le pizze; Paola che si sente «fuori mercato» a trentacinque anni e arriverà a tentare un gesto estremo; Luigi, artista affermato, che si caccia in una relazione pericolosa dietro l’altra. Nessuno di loro è davvero felice, per quanto si sforzi di vivere seguendo i propri sentimenti. Ma in fondo chissà quanta parte ha la volontà, e quanta il caso, nelle nostre vite. E, soprattutto, quanta parte ha l’amore.
te nell’ellittica precisione descrittiva della narrazione, circonfusa da un alone di malinconico incantamento fabulatorio, di stupore, di trasfigurazione mitica, la lunga consuetudine con gli enigmi della poesia. È una poesia, la sua, sempre tramata su percorsi dell’anima recuperati come lampi improvvisi attraverso una sorta di “archeologia del frammento” impressionisticamente incisiva, intrisa di emozioni e di odori (Licio Damiani). sponsabilità e dell’impegno che questa scelta comporta. Il cane non ha bisogno solo di essere curato e seguito fisicamente ma anche di essere preparato caratterialmente. Avere un cane vuol dire impegnarsi costantemente a seguirlo con passione e determinazione. Il cane è un essere vivente e come tale va trattato. In questo libro Anaela Tuzzi, autorità assoluta in materia, offrirà un contributo basato su 40 anni di esperienza, con consigli pratici per l’educazione dei cuccioli e per l’addestramento alle gare.
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RICHARD KATZ E PATRICIA KAMINSKI: UN APPREZZAMENTO DA OLTRE OCEANO Richard Katz e Patricia Kaminski sono due studiosi di fama mondiale che devono la loro notorietà alla scoperta e alla divulgazione scientifica delle proprietà terapeutiche dei fiori che nascono in California, nella Sierra Nevada: i fiori californiani. Seguaci ed estimatori del medico britannico Edward Bach, inventore del metodo che porta il suo nome, hanno trascorso la vita a studiare e promuovere la conoscenza della floriterapia, coinvolgendo in tutto il pianeta oltre mille professionisti e curando milioni di persone.
Cinque personaggi hanno legato il proprio nome alle terapie che hanno creato, spesso partendo da presupposti empirici. Samuel Hahnemann (1755-1843) padre dell’omeopatia, Wilhelm Schüssler (1821-1898) ideatore dei ‘sali della vita’, Edward Bach (1886-1936) creatore della floriterapia e, non ultimi, lo psicologo Richard Katz e la moglie esperta di botanica Patricia Kaminski, tutt’ora viventi. Questi ultimi, prendendo lo spunto dal successo che riscuotevano nel vecchio continente i fiori di Bach, hanno studiato, raccolto, catalogato e coltivato negli anni ’70 le 103 piante che nascono in California. Prestando la loro opera in Sierra Nevada fra monti boscosi, laghetti alpini, prati e torrenti d’acqua fresca, hanno fondato nel 1979 la Flower Essence Society, una scuola e un centro medico, Terra Flora, conosciuti in tutto il mondo. Perché vi raccontiamo queste cose? Perché qualche settimana fa l’editore ENEA di Milano – con cui abbiamo trovato un accordo per la pubblicazione di un volume che uscirà in primavera – ha chiesto al dottor Katz l’autorizzazione all’impiego d’immagini di cui possedeva il copyright. Con sorpresa lo stesso Richard ha chiesto di visionare il manoscritto. “L’ha letto con attenzione e ne è rimasto impressionato…” – ci ha comunicato l’editore qualche giorno fa. “Vi ha scritto una mail, che vi giro” (nel box a fianco, il testo integrale). Era strano che un uomo che avevamo immaginato nei nostri libri e nel corso dei nostri studi si facesse vivo davvero, con noi. Era come se un personaggio della letteratura uscisse dal libro che leggevate da bambini. Mark
Siamo onorati che to. Per quarant’ann abbiate sc elto questo argomeni e diffondere le no ci siamo impegnati a promulgare stre essenze con os servazioni, ric erche cliniche e sper im che in Italia. Abbi enta zioni in tutto il mondo e anam vostra ric erca, ba o apprez zato particolarmente la sata su esempi cli nici che nascono dalla vostra pratic a. originale, le pers Il vostro approccio terapeutico è onal dal libro e sono re ità dei vostri pa zienti emergono se riferite di storie re assolutamente vive nel testo. Voi ali sul viaggio di guarigione, consigli e suggerimenti m vostre raffigura zio olto utili sulle essenze flore ali. Le ni più profonda e sa impartiranno una comprensione ranno fonte d’ispi ra zione fra i professionisti. Grazie pe scrivere le esperie r il vostro ot timo lavoro e per de nz riamo buona fortu e in modo così vivace. Vi auguna per la pubblic az ione di questo libro, e siamo pron ti ad modo fosse necess essere d’aiuto in qualsiasi altro ario. Warm wishes, Richard Katz
Twain dalle pagine di Tom Sawyer, Jack London da Zanna Bianca, Emilio Salgari da un romanzo di Sandokan. È andata proprio così. Nel testo ogni fiore diventava un personaggio che si muoveva davanti al lettore come l’attore di un film, con il suo carattere e la sua personalità. Era originale che da oltre oceano nascesse un interesse così vivo per un lavoro in lingua italiana, nato e cresciuto nelle nostre terre. Ma siamo ancora agli inizi. I dottori Katz e Kaminski si sono resi disponibili a scrivere la prefazione. A volte la realtà sa andare oltre i sogni…
Due nuovi studi a Udine e Gorizia Il dottor Roberto Pagnanelli è medico-chirurgo La dottoressa Cristina Orel è psicologa-clinie psicoterapeuta. Autore di pubblicazioni su rivi- ca, laureata all’Università degli Studi di Padova. Si è specializzata in Meste scientifiche, è Ideatore della dicina Psicosomatica presMusicoterapia Cinematografica. so l’Istituto Riza di Milano. Esperto in Medicine Naturali laRiceve a Trieste, Monfalcovora a Trieste, Monfalcone, Gorine, Gorizia e Udine. zia e Udine. Cell.: 330-240171 www.robertopagnanelli.it robertopagnanelli@libero.it
Cell.: 333-6913969 www.laforzadellamente.it cristinaorel@libero.it
MOSTRE IN FVG (calendario aggiornato su www.imagazine.it) 5-17 marzo ▶LA BELLA E LA BESTIA Mostra di pittura che porta la firma della poliedrica Nadia Bencic Cadò, pittrice, poetessa, scrittrice, fotografa. Monfalcone (GO). Caffè Carducci, via Duca d’Aosta 83. Orario: da martedì a domenica 7.30-22. Ingresso libero. Info: 0481 412332
Fino al 6 marzo ▶NATURA E DESIGN NELLE COLLEZIONI GERVASONI 18822015 Prodotti storici si affiancano alle ultime creazioni, mettendo in risalto l’eccellenza di una produzione in cui le conoscenze dei materiali, dei processi lavorativi e dei meccanismi della comunicazione si uniscono alla cultura del progetto. Gradisca d’Isonzo (GO). Galleria Spazzapan, via Ciotti 51. Orario: mar/sab/ dom 10-19; mer/gio/ven 15-19. Ingresso € 3. Info: galleriaspazzapan@libero.it Fino all’11 marzo ▶À LA FRONTIÈRE...! Progetto speciale nel quale si susseguono mostre realizzate da artisti provenienti da Bosnia, Lituania, Slovacchia, Polonia e Ucraina, inserite in un ricco programma di eventi collaterali. Trieste. Studio Tommaseo, via del Monte 2/1. Orario: 17-20. Ingresso libero. Info: 040 639187 www.triestecontemporanea.it
Fino al 13 marzo ▶IL RUOLO DELLE FIGURE Aleksander Peca è uno dei rappresentanti più in vista della nuova generazione dei pittori goriziani. Muggia (TS). Museo d’arte moderna, via Ro-
ma 9. Orario: mar-ven 1719, sab 10-12/17-19, dom 10-12. Ingresso libero. Info: 040 9278632 www.comune.muggia.ts.it/museo Fino al 26 marzo ▶DALLE TERRE, CON LE ALI… Le Alas dello scultore Pablo Augusto Garelli ci condurranno verso le Città future immaginate dall’architetto-artista Romano Botti, voli prospettici ai quali seguiranno le scenografiche simmetrie colte dagli scatti di Afro Del Zuanne, per procedere con le possibilità immaginate e realizzate dei personaggi grafici di Carin Marzaro e concludersi con le possibilità direzionali suggerite dalle grandi chine colorate di Giuseppina Lesa. Udine. Salone CariFVG, via Del Monte 1. Orario: lun–ven 8.0513.30/14.30-20, sab 9-13. Ingresso libero. Info: 0432 599295 Fino al 30 marzo ▶TEBAH Mostra dell’artista Elisabetta Bacci, composta da quattordici opere appartenenti al ciclo della “Tebah”, in cui l’oro del rettangolo centrale diviene centro emanatore di una luce e di un’energia che non è solo fisica, ma in qualche modo soprannaturale. Trieste. Trattoria Ai Fiori, piazza Hortis 7. Orario: mar-sab a pranzo e cena. Ingresso libero. Info: 329 2229124
Fino al 30 marzo ▶PREZIOSI RITORNI L’esposizione ha un duplice oggetto: proporre al pubblico preziosi manufatti provenienti dal monastero e presentare nuovi reperti restituiti alla nostra conoscenza dal terreno grazie alle ricerche compiute negli ultimi anni. Cividale del Friuli (UD). Monastero di Santa Maria in Valle. Orario: lunven 10-13/15-18; sabdom 10-18. Info: www. monasterodisantamariainvalle.it
Fino al 2 aprile ▶ZIGAINA E PASOLINI: IN SCENA Partendo dalle foto di scena del film Teorema, tratte dal fondo del fotografo Angelo Novi, depositato presso la Cineteca di Bologna, e tratte dall’archivio Zigaina, l’esposizione procede con materiali fotografici relativi a Medea e Il Decameron provenienti da diversi archivi tra cui l’Archivio storico del Cinema AFE di Roma depositario dell’archivio del fotografo Mario Tursi. Cervignano del Friuli (UD). Casa della Musica, largo Bradaschia. Orario: lun/mer/gio/ven/sab 15-20. Ingresso libero. Info: www.cervignanodelfriuli.net
Fino al 3 aprile ▶SOLI DI NOTTE La mostra riunisce un’importante nucleo di opere, molte delle quali mai esposte in Italia, legato a uno specifico momento del lavoro di Joan Mirò. Codroipo (UD). Villa Manin di Passariano. Orario: mar-dom 10-19. Ingresso € 12. Info: www.villamanin-eventi.it Fino al 3 aprile ▶FIUMI DI LUCE Storia, arte e simbologia dell’illuminazione. Udine. Museo Etnografico, via Grazzano. Orario: mar-dom 10.30-17. Ingresso: intero € 5, ridotto € 2,50. Info: www.udinecultura.it
Fino al 12 giugno ▶SENZA CONFINI La selezione di immagini isolata nell’immenso archivio di Steve McCurry, e qui proposta, ha l’intento di offrire un viaggio simbolico attraverso i suoi 40 anni di fotografia per raccontarlo come ha vissuto: Senza Confini. Pordenone. Galleria Bertoia, Corso Vittorio Emanuele II 60. Orario: merdom 15-19. Info: 0434 392915 www.comune. pordenone.it
Fino al 19 giugno ▶14-18 DUE FONTI, UNA CITTÀ. STORIE TRIESTINE La mostra propone fotografie, reperti, oggettivistica e documenti provenienti dai musei cittadini. Trieste. Salone degli Incanti, Riva Sauro 1. Orario: lun-gio 11-19, ven-sab 1121, dom 10-19. Ingresso: intero € 6, ridotto € 4. Info: http://triesteduefrontiunacitta.it Fino al 18 settembre ▶MENSE E BANCHETTI NELLA UDINE RINASCIMENTALE I reperti, soprattutto ceramici, rinvenuti nel corso delle numerose ricerche archeologiche e i ricettari dell’epoca raccontano usanze e rituali nei banchetti e nelle tavole della Udine del XV e XVI secolo. Udine. Castello. Orario: mar-dom 10.30-17. Info: www.udinecultura.it
Fino al 31 maggio ▶NAUTILUS Luce, mare, energia per il pianeta. Trieste. Expocentre, via Diaz 12. Orario: feriale 913/15-20, festivo 9-20. Ingresso: intero € 7, ridotto € 5. Info: www.expomareamico.it
I COSTI E GLI ORARI DI APERTURA POSSONO VARIARE SENZA PREAVVISO. VERIFICARE SEMPRE RIVOLGENDOSI AGLI APPOSITI RECAPITI.
PERSONAGGI
ROBERTO KUSTERLE Servizio di Margherita Reguitti. Immagini per cortesia di R. Kusterle
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L’immagine
tra antico e moderno
È uscito “Morus nigra”, l’ultimo lavoro del fotografo goriziano: «La tecnologia mi permette una libertà che prima non era possibile». Ma il ruolo dell’artista resta ancora fondamentale.
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Prima il corpo umano, con i suoi misteri, le sue potenzialità multiformi, il suo fascino. Poi la relazione, la metamorfosi, la contaminazione fra umano, animale e vegetale, in uno scambio di forme antiche e contemporanee. Senza possibilità di confusioni è la fotografia di Roberto Kusterle, seppur meticcia nei linguaggi. Il suo è un viaggio iniziato da lontano e proseguito con coerenza fortemente riconoscibile di metodo e forma. I gelsi, le more, il corpo umano e infine il bozzolo e la mutazione del baco in farfalla, sono i soggetti del nuovo lavoro del fotografo goriziano dal titolo “Morus nigra”, sviluppato in un volume e una serie di fotografie di grande formato, esposte in anteprima a Bologna lo scorso febbraio durante la Fiera internazionale di arte contemporanea. Scultura, pittura e fotografia si fondono nell’opera di Kusterle, in una frantumazione dei confini fra le arti. La fotografia è dunque solo la sintesi di un atto creativo complesso che, attraverso gli strumenti offerti dalla tecnologia digitale, gli permette di esprimersi con canoni classici di forme e contenuti contemporanei. 70
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Questo ciclo della sua produzione segna anche un ritorno al colore, dopo un lungo periodo nel quale ha prediletto il bianco e nero e le infinite gamme di grigi. «Quando inizio un lavoro – spiega Kusterle – non so mai dove mi porterà. In questo caso ho iniziato a fotografare dei filari di gelsi in inverno. Un albero che da sempre mi interessa: forte, nodoso, affascinante, solitario. Se ne vedono lungo la strada fra Udine e Buttrio. Dentro alle cavità dei tronchi contorti, dalla corteccia gibbosa, ho immaginato e realizzato delle colate incandescenti e luminose che raffreddandosi diventano lava». Attorno a questa materia naturale, calda e brillante, sorgente di potenza atavica, appaiono forme di animali fantastici, sopravvissuti ed emergenti da un’ipotetica preistoria. «Lascio che la mia fantasia – precisa – plasmi liberamente componendo pietre, radici e legni raccolti lungo l’Isonzo, dai quali nascono occhi, zampe, corpi di animali che si aggrappano al tronco del gelso. In altri casi, dalla composizione al computer di immagini diverse, emergono, dalle irregolarità della corteccia, parti organiche di corpi, vene e arterie». Una commistione fra vegetale e animale e umano che crea altro. La trasformazione della natura nelle opere di Kusterle non si allontana dalla natura stessa, sorprendente e diversa a seconda del punto di vista di chi guarda, in un personale esercizio di immaginazione.
In queste pagine alcune delle opere di Roberto Kusterle. In apertura, foto ritratto dell’artista goriziano. «Individuare, leggere e ricomporre tante forme di una bellezza non consueta – aggiunge Kusterle – sono i processi del mio lavoro. Lo scatto è solo il gesto finale». La parte centrale del progetto “Morus nigra” è dedicata al corpo umano femminile, morbido, plastico, pittorico, sbiancato dal colorito rosa della pelle, sostenuto o avvolto da panneggi, sul quale cola il rosso delle more. Sul candore marmoreo dei corpi perfetti, percorso dall’azzurro delle vene, viene spremuto il rosso del frutto, in un’apoteosi di piacere e desiderio. Non c’è ricerca di bellezza fisica fine a se stessa, ma di morbidezza dei corpi e di dettagli, che emergono dagli sfondi scuri, accentuando il senso di sospensione e leggerezza. Sculture vive di carne, colorate di succhi e umori fissate nella fotografia. Uno scatto che, prima di essere stampato su carta e quindi incollato su supporti di materiali leggeri plastici in grandi formati, sarà ulteriormente lavorato al computer. «La tecnologia – confida – mi ha permesso una libertà che prima non era possibile, quando costruivo nei minimi dettagli il soggetto della fotografia analogica, imponendomi limiti al pensiero e alla creatività. Oggi con programmi come Photoshop posso costruire e dipingere. Non serve più un bozzetto su carta, disegno con arnesi digitali, disponendo di una varietà di possibilità e forme che rappresentano una sollecitazione straordinaria per raggiungere ciò che cerco. Spesso io stesso sono sorpreso dal risultato fi nale che contiene tanto di tutto». Prima della stampa un ultimo passaggio al computer; quasi la nota di colore sull’incisione che rende l’opera seriale unica. Nella terza e ultima parte del raffi nato volume, che contiene i testi critici di Sabrina Zannier e Gian Paolo Gri e apparati di Stefano Chiarandini, sui corpi umani maschili e femminili si adagiano le foglie dei gelsi, trasparenze intersecate con vene e capillari, il baco e la farfalla. È la chiusura del percorso: dall’albero al frutto, dall’essere umano al mondo vegetale e animale.
«Tutto ciò che è natura – conclude Kusterle – è materia creativa. Io mi sento scelto dalla natura che rispetto. Lei mi dà le forme e i colori, affinché la possa ricostruire interpretandola. Ho fatto lavori con bacche, pietre, crete, conchiglie. Nel mio essere istintivo prendo materia grezza e la manipolo, trasformo, ricompongo e poi scatto. Cercando trovo la bellezza delle cose ignote che mi permettono di percorrere vie nuove, in piena libertà, trovando soluzioni diverse di temi e linguaggi». Nei progetti a breve di Kusterle un’antologia alla Fondazione 107 di Torino e un intervento ideato per il Caffè Florian di Venezia. Nello storico luogo d’incontro, in piazza San Marco, una sala sarà dedicata ai sui lavori inediti dedicati al mare.
Margherita Reguitti Roberto Kusterle (1948), fotografo goriziano, inizia la sua attività espositiva alla fine degli anni ’80. La fotografia è una meta raggiunta e scelta dopo aver praticato la pittura e le arti visive. Le sue opere sono fisiche e concettuali, studia, elabora e trasforma il corpo umano, quello vegetale e minerale. Le sue fotografie, spesso in bianco e nero, sono sculture, a volte complesse ed enigmatiche, a volte semplici e dirette; passi consequenziali di un viaggio personale e artistico. |
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EVENTI PREMIO DONNE PER LO SPORT Servizio e immagini di Loredana Marano
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La squadra
prima delle vittorie
In collaborazione con la Unesco Cities Marathon, l’associazione “Fare Donna FVG” promuove un riconoscimento speciale per l’universo sportivo femminile. Entro il 31 marzo le associazioni del territorio potranno segnalare i nomi delle loro candidate.
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Seconda edizione del Premio “Donne per lo sport” che l’Associazione “FareDonna Fvg” ha organizzato in collaborazione con la Unesco Cities Marathon, che collegherà il 28 marzo 2016 due città Unesco, Cividale del Friuli e Aquileia, passando attraverso Palmanova, unica candidatura italiana proprio all’Unesco, in attesa dell’ambito riconoscimento. Un evento simbolico per il Friuli Venezia Giulia, che unisce i valori della storia e dell’arte a quelli dello sport: un messaggio forte per il territorio, il contesto più opportuno per inserire anche un riconoscimento all’impegno delle donne, atlete e non, legate al mondo sportivo. Il Premio si concluderà con la serata di premiazione, venerdì 15 aprile 2016, a partire dalle ore 18, nel Teatro Pasolini di Cervignano del Friuli, contestualmente alla tradizionale conferenza stampa di chiusura della Maratona Aquileia-Palmanova-Cividale. “Fare Donna Fvg” è un’associazione che ha sede proprio a Cervignano e che si distingue per aver scelto
‘il fare’ quale radice del pensiero che sorregge l’ideazione e l’organizzazione del gruppo. Ciò significa che Fare Donna FVG si propone di risolvere i problemi o di affrontarli per tappe, partendo da angolazioni diverse da quelle usualmente esperite, e guarda con particolare attenzione alla cura degli altri, all’ambiente sanitario, alle problematiche sociali, allo sport, al lavoro. Il ‘fare’ rimanda alla responsabilità di cittadine attente alla società civile e proiettate verso impegno e consapevolezza da trasmettere ai figli. Il sito http://faredonna.altervista.org raccoglie le numerose iniziative portate a termine dal 2012. In questo quadro il Premio “Donne per lo sport” si pone come iniziativa a favore della diffusione dello sport attraverso il riconoscimento del valore delle atlete e delle donne che con passione, tenacia e sacrificio elevano il valore sportivo a riferimento del tessuto sociale e aggregativo della comunità di appartenenza, e che durante l’anno si sono distinte nei vari ambiti. Il Premio, nato nel 2012, sostenuto allora dall’Assessorato allo Sport della Regione Fvg e dal Coni regionale, si era concluso il 1 dicembre 2012 presso l’Auditorium di Pordenone con grande partecipazione di pubblico e di candidate. Si è voluto riproporlo per il significato sotteso e A fianco, un’immagine della premiazione della prima edizione del concorso, svoltasi a Pordenone. Sopra, alcune delle donne simbolo della Unesco Cities Marathon del 2015.
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l’alto valore civile: premiare le capacità agonistiche, riconoscere l’impegno, sottolineare i valori connessi allo sport, quali la conoscenza del sé e del proprio corpo, l’aggregazione e la coesione sociale, l’educazione al rispetto dell’avversario, allo spirito di squadra, alla lealtà, al riconoscimento delle regole comuni, significa puntare a obiettivi a lungo termine. Un’occasione per essere uniti, per applaudire le atlete di tutte le specialità olimpiche, per premiare le donne che lavorano dietro le quinte e che permettono alle giovani di allenarsi e di sviluppare i propri talenti. Perché la squadra è importante, non solo la vittoria.
Loredana Marano Il Premio si articola in tre momenti:
1. Le Federazioni e le Associazioni sportive segnalano le atlete meritevoli con un breve commento di accompagnamento, inoltrando motivazione e foto della candidata a: faredonnafvg@yahoo.it 2. La Commissione tecnica valuta le segnalazioni e aggiudica i riconoscimenti. 3. Serata di Premiazione in cui verranno attribuiti i premi a: - DONNA SPORTIVA DELL’ANNO 2016 - PROMESSA SPORTIVA DELL’ANNO 2016 - PREMIO “TENACIA” - PREMIO “FEDELTÀ” - DONNA PORTATRICE DI VALORI UNIVERSALI NELLO SPORT Ai fini delle segnalazioni, si richiede la seguente documentazione: - fototessera della candidata; - dati sensibili, comprensivi di recapito telefonico e mail della candidata e del referente dell’Associazione di appartenenza; - curriculum vitae e motivazione alla candidatura, da inoltrarsi in formato word, specificando la categoria segnalata per la premiazione; - liberatoria alla pubblicazione degli atti della candidata se minorenne. Ciascuna associazione potrà segnalare una sola candidata e la candidatura dovrà avvenire unicamente a mezzo e-mail (faredonnafvg@yahoo.it). Le associazioni possono segnalare atlete o donne appartenenti ad associazioni diverse dalla propria. Le segnalazioni dovranno pervenire entro giovedì 31 marzo 2016. Il sito http://donneperlosport.wordpress.com raccoglie le candidature suddivise per sezioni. Per informazioni contattare la presidente Consuelo Modesti o la vicepresidente Serena Tell.
F I G L I D I U N O S P O R T M I N O R E o v v e r o , s a r a n n o ( s t a t i ) q u a s i f a m o s i !
Sport è gioia di vivere Qualcuno ha detto che la vita è un gioco. E se tanti giochi sono definiti sport, per la proprietà transitiva della regola secondo cui ognuno tira l’acqua al suo mulino, con il vostro permesso mi sento di affermare che la vita è uno sport. Ai miei occhi gli orsetti, nei loro combattimenti infantili, sono aspiranti lottatori, come i delfini provetti apneisti e così avanti. Anche gli umani apprendono il loro ruolo attraverso giochi, e se insisti nella pratica poi ti restano qualità fisiche indiscutibili, senza per forza essere stato un campione. Lara Maizinger, 44 anni, tarvisiana doc, è un’atleta che ha… giocato molto! Fra tutti gli sport che ha praticato, qual è stato il primo? «Sicuramente la discesa libera, dove mi cimentai già in tenerissima età, per poi passare, quando divenni un po’ più grandicella allo sci di fondo. Però, come tutti i miei coetanei, non disdegnavo cimentarmi anche in altro: ho praticato l’atletica leggera, spaziando dal mezzofondo al salto in lungo al salto in alto. In questa ultima specialità vinsi anche i campionati regionali con la misura di un metro e quaranta. Avevo tredici anni». Cambiava disciplina per attrazione o per noia? «Per attrazione e per sfida: sfida con me stessa, perché volevo vedere quali fossero i miei limiti. A incoraggiarmi erano poi i risultati, visto che, indipendentemente dal tipo di competizione, ero sempre ai primi posti». Sport diversi ma stessi risultati… «Nello sci da discesa, seppur davvero piccina, portavo comunque a casa le mie coppet-
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te; nello sci di fondo, invece, mi piazzavo sempre sul podio o immediatamente a ridosso, con pochissimo distacco dai primi. Anche chi arrivava dopo di me lo faceva con scarti minimi; diciamo che, spesso, per questione di metri ci giocavamo l’ordine della classifica finale. Gara dopo gara sono arrivata fino alle finali nazionali di Asiago, anche se lì poi non ho colto il podio. La fatica fisica mi stimola, e perciò anche le corse campestri, dove la resistenza era la principale caratteristica da possedere, mi davano grandi soddisfazioni». Tornando allo sci, lei si è allenata anche con una certa Gabriella Paruzzi… «Tutti sanno chi è e cosa ha vinto; siamo entrambe legate al Tarvisiano e appartenevamo alla stessa associazione sportiva. Lei è più grande di me, e quindi faceva parte di un’altra categoria. In tutti i sensi!» A Lara Maizinger cosa è mancato per primeggiare? «Nella vita conta essere al posto giusto al momento giusto e avere le qualità richieste dal momento; sicuramente una attenzione maggiore da parte di qualche allenatore mi avrebbe giovato, e non solo a me, perché c’erano anche tante altre ragazze che avrebbero avuto le potenzialità per emergere, se debitamente curate. Posso aggiungere che, per carattere, ho sempre avuto mille interessi, fra i quali anche quello per la collezione dei francobolli, e questo, forse, non va bene per essere uno specialista». Oggi pratica ancora sport? «La ricchezza più grande è il tempo e se manca quello è molto difficile restare nelle competizioni. Adesso mi limito solo a fare grandi camminate, sia d’estate che d’inverno, fra le montagne nel nostro stupendo Tarvisiano». Parla con ammirazione dei suoi luoghi di origine; qual è la tradizione del territorio che le piace di più? «Parlo con ammirazione perché sono luoghi che ancora oggi mi piacciono tantissimo, in ogni stagione. Sono affascinata da queste montagne, e di conseguenza sono innamorata di tutte le tradizioni locali, come, ad esempio, quella dei Krampus». In questo piccolo mondo si trova un’alta percentuale di campioni, dai locali Gabriella Paruzzi (medaglia d’oro olimpica) al
A destra, Lara Maizinger quando, adolescente, praticava sci di fondo. Pagina accanto, un primo piano di Lara ai giorni nostri (ph. Alberto Leban).
fresco vincitore della Coppa del Mondo di sky race Tadej Pivk, a campioni ‘importati’ come l’alpinista Nives Meroi e il maestro di sleddog Ararad Khatchikian. Come spiega questo fenomeno? «Forse sarà per il frico e la polenta (ride, ndr)» Lei vive a Tarvisio e lavora nel campo della ristorazione a Fusine Laghi, lago inferiore per la precisione. Scambierebbe mai la montagna per il mare? «Anche il mare ha il suo fascino, ma io, nata e cresciuta tra i monti, al mare, nonostante tutti i giorni possa ammirare un lago, mi sentirei un pesce fuor d’acqua». E con questo divertente paragone chiudo l’intervista. Ringrazio Lara della sua bella energia e spero che tutti voi ne abbiate tratto uno spunto per continuare a praticare sport anche se non siete stati dei numeri uno. In fondo quelli che devi aspettare sono più simpatici di quelli che ti staccano di chilometri, perciò è di gente come voi, figli di sport minori, che voglio parlare. E se passate per il Tarvisiano, ri-
cordatevi di andare a visitare i Laghi di Fusine, questo piccolo paradiso terrestre a due passi da casa nostra, dove troverete un pesce fuor d’acqua. No, niente pesce. Meglio “Sirena del Lago”. Buon Loch Ness a tutti! Chiunque voglia segnalare “un mito della porta accanto”, può scrivere alla redazione di iMagazine: info@imagazine.it Per rileggere tutte le puntate precedenti di “Figli di uno sport minore” visita la sezione “approfondimenti” di www.imagazine.it
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ALLA SCOPERTA DI... ASSOCIAZIONE SPORTIVA NAUTICA Servizio di Livio Nonis. Immagini di ASNAT
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I medagliati
dell’acqua
In attesa delle quattro regate estive che assegneranno l’edizione 2016 dell’ambito Trofeo della Laguna, i campioni in carica dell’ASNAT di Terzo di Aquileia proseguono la propria attività a 360 gradi. Sorretti dalla passione per il mare che dura da 34 anni.
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Una realtà fondata nel 1982 e formata attualmente da 235 soci, di cui 144 con posto barca lungo la confluenza dei fiumi Ausa e Corno, a brevissima distanza dalla Laguna di Grado e Marano. Sono i dati sintetici dell’ASNAT (Associazione Sportiva Nautica) con sede a Terzo di Aquileia. Un sodalizio impegnato nella costante opera di manutenzione dell’area verde, dei pontili e degli argini presso cui sorge la propria base operativa, ma anche attivissimo in ambito sportivo nel quale, dalla navigazione alla pesca, continua a ottenere risultati di prestigio. Quello principale, dopo un’attesa di diversi anni, è rappresentato dalla conquista del “Trofeo della Laguna”, la storica competizione velica che mette a confronto barche ed equipaggi dei quattro club nautici limitrofi all’area di riferimento: l’ASNAT di Terzo, la Baiana di Torviscosa, la Lega Navale di Grado e la NAUTISETTE di Aquileia. Una competizione impegnativa che si svolge in quattro distinte regate in programma ogni anno tra i mesi di giugno e settembre, in ognuna delle quali si incrociano – con effetti davvero spettacolari – oltre sessante vele. E dopo il trionfo della passata edizione (affiancato dal secondo posto ottenuto anche nel premio “Altra Laguna”
previsto sempre all’interno della stessa competizione), il 2016 vedrà proprio l’ASNAT presentarsi alla partenza con il titolo di campione in carica. Non solo vela, tuttavia. Assieme ad altre associazioni del territorio, infatti, l’ASNAT è impegnata nell’organizzazione del “Campionato della Laguna di Pesca da Natante”. Una manifestazione che si svolge sotto le insegne della F.I.P.S.A.S. (Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee) e che si articola in più gare nelle quali associazioni diverse si incontrano e si confrontano in nome dello sport e della partecipazione. Competizione nella quale anche nel 2015 l’ASNAT l’ha fatta da padrona, conquistando non solo il Campionato per il settimo anno consecutivo, ma piazzando anche i propri atleti sempre al primo posto in tutte le gare. Da ricordare che già nel 2013 l’ASNAT ha voluto premiare la bravura dei suoi pescatori iscrivendoli al “Campionato Italiano per Squadre di Società Canna da Natante”.
Livio Nonis
A fianco: una fase di gara del Campionato della Laguna di Pesca da Natante. In alto: imbarcazioni impegnate nel Trofeo della Laguna. |
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F Viale Borgo Palazzo, 137 BERGAMO Tel 035 3230911 www.promoberg.it 3-6 MARZO
▶BERGAMO CREATTIVA
Fiera nazionale delle arti manuali 17-20 MARZO
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Cremona Fiere s.p.a. Piazza Zelioli Lanzini, 1 CREMONA Tel 0372 598011 www.cremonafiere.it 12-14 MARZO
▶ARTE CREMONA
Fiera d’arte moderna e contemporanea 9-10 APRILE
▶LILLIPUT
▶MOSTRA SCAMBIO
Salone educativo dedicato all’infanzia
Edizione primavera 20-22 APRILE
12-15 APRILE
▶BIOENERGY ITALY
▶IDEA INNOVATION DESIGN EXPO
Salone tecnologie per le rinnovabili
Nuove tecnologie per l’industria del mobile
20-22 APRILE
29 APRILE – 31 MAGGIO
▶INFIT CONVENTION
▶FOOD WASTE MANAGEMENT
Gestione degli sprechi agricoli e agroalimentari
Fitness e body wellness
20-22 APRILE
▶GREEN CHEMISTRY
Risorse per il futuro della filiera agroalimentare
▶RADIANTISTICA EXPO
Mostra mercato radiantistico
via della Fiera, 11 FERRARA Tel 0532 900713 www.ferrarafiere.it 6-8 APRILE
▶RESTAURO
Beni artistici, storici, archeologici
Viale della Fiera, 20 BOLOGNA Tel 051 282111 www.bolognafiere.it 4-6 MARZO
16 APRILE
▶ESPOSIZIONE NAZIONALE CANINA 23-25 APRILE
▶SALONE NAZIONALE DELLE SAGRE ENOGASTRONOMICHE
▶FESTIVAL DELL’ORIENTE 4-6 MARZO
▶EU DI SHOW
Salone europeo delle attività subacquee
Piazza Adua, 1 FIRENZE
4-6 MARZO
Tel 055 49721 www.firenzefiera.it
▶FAMAART
Cornici e accessori
23 APRILE – 1 MAGGIO
17-18 MARZO
▶MOSTRA MERCATO INTERNAZIONALE DELL’ARTIGIANATO
▶NUCE INTERNATIONAL
Nutrizione e cosmesi 17-20 MARZO
▶COSMOPACK
Salone internazionale del Packaging
▶COSMOPROF
Salone internazionale della profumeria e cosmesi 1-3 APRILE
▶TANEXPO 4-6 APRILE
Mercato dei diritti derivati 4-7 APRILE
Editoria libraria e multimediale per l’infanzia
28-30 APRILE
▶FRANCHISING & RETAIL EXPO 78
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Salone Italiano della Creatività Fieramilanocity 11-13 MARZO
Fumetto, Cartoons, Cosplay, Fantasy e Collezionismo Fieramilano 15-18 MARZO
▶EXPOCOMFORT
Riscaldamento, condizionamento, refrigerazione Fieramilano 18-20 MARZO
▶FA’ LA COSA GIUSTA!
Consumo critico e stili di vita sostenibili Fieramilanocity 18-20 MARZO
▶MILANO AUTO CLASSICA
Salone del Veicolo d’Epoca Fieramilano 8-10 APRILE
Arte moderna e contemporanea
Fieramilanocity 12-17 APRILE
▶SALONE INTERNAZIONALE DEL MOBILE Fieramilano 12-17 APRILE
▶SALONE INTERNAZIONALE DEL BAGNO Fieramilano 12-17 APRILE
▶EUROCUCINA
Biennale dei mobili per cucina Fieramilano 12-17 APRILE
▶SALONE INTERNAZIONALE DEL COMPLEMENTO D’ARREDO Fieramilano
Via N. Tommaseo, 59 PADOVA Tel 049 840111 www.padovafiere.it 10-11 MARZO
Digitale e Ict per le imprese
▶FIERA PRIMAVERA
▶MONDOMARE
18-20 MARZO
Caravan, Camper, Tempo Libero e Plein Air 18–20 MARZO
Nautica, pesca e subacquea 18–20 MARZO
▶TURISMO & VACANZE Fieramilanocity Piazzale Carlo Magno 1 MILANO Fieramilano Strada statale del Sempione 28 RHO Tel 02 49971 www.fieramilano.it 2-5 MARZO
▶MIFUR
Salone Internazionale della Pellicceria e della Pelle
| L’INFORMAFREEMAGAZINE
▶ELETTROMONDO
Il punto d’incontro tra mondo elettrico e termoidraulico 16–17 APRILE
▶QUATTROZAMPE IN FIERA
▶CARTOOMICS
▶EXPOCAMPER
Campionaria
▶BOLOGNA LICENSING TRADE FAIR
Accessori per abbigliamento, pelletteria, calzature
▶HOBBY SHOW
Piazzale J. F. Kennedy, 1 GENOVA Tel 010 53911 www.fiera.ge.it 1 APRILE
Esposizione internazionale di arte funeraria e cimitariale
12-14 APRILE
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▶SMAU BUSINESS
18-21 MARZO
▶CREAMODA EXPO
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Fieramilano 11-13 MARZO
▶MIART
Via Fura, 34/a BRESCIA Tel 030 3463470 www.brixiaexpo.it 12-13 MARZO
▶CHILDREN’S BOOK FAIR
E
Idee e soluzioni per regalarsi qualche giorno di relax 20–22 MARZO
▶WORLD ALLERGEN FOOD
Allergie e intolleranze alimentari 8–10 APRILE
▶EXPOBICI PADOVA 9–17 APRILE
▶ANTIQUARIA PADOVA
Mostra mercato di antiquariato 14–16 APRILE
Via Rizzi, 67/a PARMA Tel 0521/9961 www.fiereparma.it FINO AL 6 MARZO
▶MERCANTEINFIERA
Modernariato, antichità, collezionismo FINO AL 6 MARZO
▶ARTPARMA
Arte moderna e contemporanea 17-19 MARZO
▶MACSPE
Tecnologie per produrre e filiere industriali 11-13 APRILE
▶CAMPIONATO MONDIALE DELLA PIZZA
Via Cotonificio, 96 Torreano di Martignacco (UD) UDINE Tel 0432 4951 www.udinegoriziafiere.it Via della Barca, 15 GORIZIA 12-13 MARZO
▶FSB SHOW
Fitness, sport, benessere Udine 16-19 MARZO
▶YOUNG
Il futuro e tu Udine 1-3 APRILE
▶POLLICEVERDE
Mostra mercato prodotti da giardino Gorizia 16-17 APRILE
▶UDINE MOTORI
Rassegna dell’auto e del veicolo usato Udine 21-25 APRILE
▶A TUTTA BIRRA
Fiera della birra
Viale Treviso 1 PORDENONE Tel 0434 23 21 11 www.fierapordenone.it 5-13 MARZO
▶ORTOGIARDINO
Floricoltura, vivaistica, orticoltura, attrezzatura per giardini, parchi 2-4 APRILE
▶ECOCASA ENERGY
Energia sostenibile per le abitazioni 23-24 APRILE
▶RADIOAMATORE HIFI CAR
Udine
Viale del Lavoro, 8 VERONA Tel 045 8298111 www.veronafiere.it 13 MARZO
▶MOSTRA SCAMBIO DEL GIOCATTOLO D’EPOCA 13 MARZO
▶MOSTRA MERCATO DEL DISCO E DEL FUMETTO 31 MARZO
▶CONCORSO INTERNAZIONALE DI 30 APRILE – 1 MAGGIO PACKAGING ▶NORDEST COLLEZIONA
Elettronica e informatica Collezionismo e hobby
1-3 APRILE
▶5 STAR WINES
Premio enologico internazionale
Via Emilia, 155 RIMINI Tel 0541 744111 www.riminifiera.it 16-18 MARZO
▶ENADA PRIMAVERA
Apparecchi da intrattenimento e da gioco 26-27 MARZO
▶ANIMAL SHOW
Mostra internazionale di cani e gatti 8-10 APRILE
▶MY SPECIAL CAR SHOW
10-13 APRILE
▶VINITALY
Salone internazionale del vino e dei distillati 10-13 APRILE
▶ENOLITECH
Tecniche per viticoltura e olearie 10-13 APRILE
▶SOL&AGRIFOOD
Agroalimentare di qualità 30 APRILE – 2 MAGGIO
▶SPORT EXPO
Fiera dello sport giovanile
Salone dell’auto speciale e sportiva 15-17 APRILE
▶FIERA DELLA ROMAGNA
Via dell’Oreficeria, 16 VICENZA Tel 0444 969111 ▶INVEST WORLD FORUM www.vicenzafiera.it Investimenti nel settore 11-14/18-20 MARZO 29-30 APRILE
immobiliare, turistico, culturale
29 APRILE - 1 MAGGIO
▶DIGITAL WORLD
Innovazione, tecnologia e mondo del digitale
▶SPAZIOCASA
Idee e soluzioni per la casa 17-20 APRILE
▶ABILMENTE ROMA PRIMAVERA
Manualità creativa
chef…ame!
Radicchio con il suo gambetto cicciole e polenta abbrustolita “Lidric cul poc, fricis e polente rustide” Ricetta del Maetro di Cucina Germano Pontoni Preparazione
Mondare le foglie e la radicella del radicchio, lavare e lasciare in ammollo in acqua per qualche minuto (per eventuale sedimento di terriccio); sgocciolare ed asciugare. Mettere il radicchio in una terrina di coccio. Tagliare a striscioline le fette di pancetta e farle rosolare dolcemente in una padella; condire con sale e pepe e mescolare il radicchio; riscaldare un piatto di coccio. Quando la pancetta tende a rosolare e il suo grasso a fuoriuscire, bagnare con l’aceto e velocemente versare sopra il radicchio, mescolare velocemente. Coprire con il piatto caldo per qualche minuto, nel frattempo abbrustolire sulla piastra o in una padella pesante la polenta. Disporre il radicchio sui piatti e servire accanto, o a parte, la polenta che deve essere abbrustolita esternamente e morbida all’interno.
Ingredienti per 4 persone 400 gr. di radicchio di campo (lidric/radic cul poc - cicoria triestina o grumulo bianco) con la sua radicella 150 gr. di pancetta stagionata arrotolata tagliata a fette non troppo sottili 3 cucchiai di aceto di vino rosso, sale e pepe q.b. 8 fette di polenta gialla.
È un piatto invernale saporito e alquanto sostanzioso, che viene consumato nei periodi freddi, ma che non si limita solo all’inverno, poichè il periodo di raccolta e consumo del radicchio arriva fino a metà primavera (aprile), quando è ancora gradito questo condimento tradizionale.
Lidric cul poc Pochi sanno che questo radicchio ha, come altri della sua famiglia delle composite, molti fratelli, alcuni conosciutissimi come il Radicchio di Treviso, di Verona, di Chioggia o, come ultimamente viene “super coccolato”, “la Rosa di Gorizia”, ma ha anche fratelli chiamiamoli “minori” come il radicchio canarino, o il Grumulo biondo che insieme al nostro “Lidric cul poc”; è più conosciuto come Cicoria bionda di Trieste. Sono gli ortaggi che vengono seminati il mese di luglio e la cui chioma si riduce verso il mese di settembre, per poi essere raccolti e consumati dopo consistenti abbassamenti termici che concorrono a ridurre drasticamente il gusto amaro del fogliame, conferendo al prodotto il caratteristico sapore. La “tolettatura” fatta da mani esperte permette di riconoscerne il miglior modo per esaltarne il cespo, che quindi viene messo a mollo in acqua per far perdere il terriccio, per essere poi sgocciolato e confezionato. Da una ventina d’anni, grazie a ricette innovative e creative, questi ortaggi hanno una nuova giovinezza. Le erbe selvatiche come le “radicelle”, il “tarassaco” e altri germogli della campagna erano le verdure che si consumavano fino in Quaresima
quando non inizia il processo di salita del seme, così anche il “Lidric” (o “radic”) era al centro del tavolo, condito con le Cicciole (“fricis”) o in primavera con le uova sode schiacciate con la forchetta, l’aceto di vino e il pepe, che sono gli insa- Germano Pontoni, poritori di eccellenza. An- presidente che la polenta faceva la sua dell’Unione Cuochi FIC FVG Cell: 347 3491310 parte, e molte volte questa Mail: germanoca@libero.it era la cena della civiltà rurale contadina. Oggi gli aceti di frutta o profumati con altre essenze e fiori spontanei o condimenti light, come l’olio Evo per sostituire i grassi animali (pancetta o lardo) purchè sistemati nei piatti firmati, diventano per i Radicchi blasonati l’eccellenza. Ma il mix della bravura di mani sapienti legate ai ricordi, con scelte sia di radicchi sia di condimenti nostrani che esaltano i sapori propri di questi piatti, permette di riproporre in modo innovativo nella presenza, ma assolutamente senza modificarne il gusto, il “Lidric cul poc” che la nostra generazione di ieri gradisce, magari con accanto una bella fetta di polenta “bionda” abbrustolita e con il cuore morbido.
Centro Benessere Dentale di Gradisca d’Isonzo
Direttore Sanitario Dott. Nicola Greco
Iniziamo con un chiarimento: in cosa consiste esattamente l’implantologia? - IGIENE DENTALE: In sostanza si tratta delle soluzioni in caso di per PREVENZIONE, PULIZIA DEI DENTI dita dei denti. L’implantologia è infatti in grado di so- CONSERVATIVA: stituire i denti persi con degli impianti dentali, con OTTURAZIONE, CURA DELLA CARIE sentendo una valida riuscita funzionale e, spesso, - ENDODONZIA: anche estetica. Gli impianti sono costituiti da due CURA DEI CANALI RADICOLARI DEI DENTI elementi principali: una radice in titanio da posizio- PEDODONZIA: nare all’interno delle ossa mascellari o mandibolari LE CURE PER I DENTINI DEI PIù PICCOLI del paziente ed un pilastro, che crea la connessione - SBIANCAMENTO DENTALE: tra l’impianto inserito e la protesi riabilitativa. Il tita PER UN SORRISO SICURO ED EFFICACE nio è un metallo leggero ed inerte con notevole bio- ORTODONZIA CONSERVATIVA ED ESTETICA: RIALLINEAMENTO DEI DENTI; APPARECCHIO INVISIBILE compatibilità grazie all’ossido che lo riveste e che lo rende in grado di fungere da ancoraggio per l’osso; - PARODONTOLOGIA: queste caratteristiche rendono estremamente raro il CURA DELLA PIORREA rigetto dell’impianto (inteso come reazione dell’ospi-► PROTESICA FUNZIONALE ED ESTETICA: PROTESI DENTALI FISSE E MOBILI te verso un materiale estraneo). Attualmente il tita► IMPLANTOLOGIA – IMPLANTOLOGIA A CARICO nio non costituisce più l’unico materiale valido utiliz IMMEDIATO: SOLUZIONE FISSA PER L’EDENTULISMO zabile per impianti dentali. La forma e la superficie - CHIRURGIA AVANZATA: degli impianti nel corso degli anni ha subito diverse TECNICHE SPECIALIZZATE DI INTERVENTO ORALE modifiche e variazioni; la morfologia predominante è comunque quella cilindro/conica con diametri e lunCentro Benessere Dentale ghezze variabili. - A Gradisca d’Isonzo (GO) In che cosa consiste l’intervento? in Viale Trieste, 34 Nell’implantologia classica, l’intervento viene diTel./Fax: 0481 969739, cell.: 333/3213683 viso in due fasi. Durante la prima fase si applicano gli - A Trieste impianti che rappresentano il punto di aggancio delle in Via Erta di Sant’Anna, 12 protesi all’interno del cavo orale. Dopo l’inserimento il Tel.: 040/8320830 medico deve attendere un periodo variabile (qualche - A Cavalicco di Tavagnacco (UD) mese), per attendere l’integrazione del metallo nell’osin Via San Bernardo, 30/5 so della bocca. Solo quando l’unione tra la superficie Tel.: 0432/570995 dell’impianto e l’osso sarà intervenuta si passerà alla E-mail: info@centrobenesseredentale.it Sito: www.centrobenesseredentale.it seconda fase dell’intervento, che è costituita dall’appli-
I nostri servizi
cazione sugli impianti dei congegni protesici. In determinati casi, al verificarsi di certe condizioni favorevoli, è possibile evitare di attendere il periodo di osteointegrazione e procedere immediatamente alla fase di protesizzazione. Il carico immediato è la metodica implantare che effettuiamo per far riavere i denti fissi ai nostri pazienti in meno di 36 ore. Attraverso una protesi provvisoria fissa posizionata sugli impianti dentali appena inseriti, il paziente non deve più preoccuparsi di rimanere senza denti in attesa della guarigione dei tessuti per posizionare successivamente la protesi definitiva fissa. Il carico immediato può essere applicato sull’intera arcata, su uno o più impianti. La terminologia “Carico Immediato” significa che i denti sono immediatamente posizionati sugli impian-
Il dentista? Il mio migliore amico!
ti dentali in modo fisso, non si tratta quindi di una protesi mobile. Fra le metodiche di implantologia a carico immediato, notevole è l’esperienza dei nostri medici, oltre che nei casi di impianti singoli anche nelle tecniche “All on four” o “All on six” (letteralmente: “Tutto su quattro” o “Tutto su sei”) che permettono di ripristinare l’arcata completamente edentula, posizionando soltanto quattro o sei impianti in siti ossei strategici, atti a garantire un’ottima risposta alle sollecitazioni masticatorie. Il paziente potrà, quindi, ottenere una protesi fissa provvisoria entro le 36 ore dall’intervento. Nella tecnica “All on four” e “All on six”, gli impianti utilizzati garantiscono, per forma, superficie e dimensione un’ideale stabilità strutturale e rapidi successi di guarigione ossea.
La riuscita estetica e funzionale degli interventi implantologici rasenta la perfezione, con percentuali di successo elevatissime, ma gli impianti dentali necessitano di un’igiene orale scrupolosa
al fine di poter durare a lungo nel tempo e garantire prestazioni ottimali. Se l’igiene dentale non viene rispettata, c’è il rischio concreto che insorgano pericolose infezioni. Spetta quindi al paziente, dunque, seguire le indicazioni fornite dal proprio dentista e adottare un regime alimentare, uno stile di vita e un’igiene orale adeguati, al fine di mantenere gli eccellenti risultati conseguiti grazie all’intervento.
LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI Qual è la durata degli impianti? Le statistiche confermano che il 95% degli impianti inseriti in tutti questi anni sono ancora in posizione se il paziente si attiene alla manutenzione consigliata e cioè a visite periodiche regolari (almeno ogni 6 mesi), seduta di igiene professionale (almeno ogni 6 mesi) e igiene orale domiciliare come consigliata. Un impianto è sempre possibile? Le limitazioni all’implantologia (o comunque i fattori che aumentano il rischio di perdita degli impianti)sono davvero poche. Fra le più comuni ci sono le gravi anemie, l’osteoporosi, le cardiopatie, il diabete, le coagulopatie, forti fumatori e chi, invece, soffre di parodontite dovrà sottoporsi a più controlli periodici. Più in generale, comunque, tutte le malattie o disfunzioni di una certa gravità vanno valutate preventivamente dall’implantologo durante il colloquio con il paziente e i controlli
di routine. L’intervento implantologico è sconsigliato anche nel caso in cui un paziente stia attraversando un periodo di intenso stress psicofisico, in quanto il sistema immunitario ne potrebbe risultare indebolito, e durante la gravidanza. Dopo l’inserimento dell’impianto può insorgere gonfiore? In ogni caso, se si segue scrupolosamente il protocollo dato dal nostro studio, non insorgeranno particolari problemi. Mancanza di osso, come si può procedere? È possibile, con l’utilizzo di biomateriali, rigenerare l’osso mancante. Sono tecniche sofisticate e chiaramente la prognosi implantare è maggiore quanto minore è il ricorso a tecniche rigenerative. Saranno comunque eseguite valutazioni specifiche quali: panoramica dentale e Tac (eseguibili in studio).
Lo sapevi che... Un reperto Maya, databile intorno al 6-700 d.C. e rinvenuto nel 1931 a Playa de Los Muertos in Honduras, è forse la prima testimonianza di un’implantologia orale. Si tratta di un frammento di mandibola umana che presenta inseriti negli alveoli naturali alcuni denti nonchè tre incisivi artificiali ottenuti da valve di conchiglia. Si era pensato ad un rituale post-mortem, ma verso gli anni ‘70, il prof. Amedeo Bobbio, docente in discipline implan-
tologiche presso l’Università di San Paolo (Brasile), ha confermato radiologicamente l’osteogenesi attorno ai pezzi di conchiglia inseriti, che verosimilmente indicherebbe un vero e proprio intervento di implantologia orale. L’osteointegrabilità del materiale (Conchiglia Tridacna) è stata poi anche confermata da una sperimentazione sui ratti effettuata dal dott. M.E. Pasqualini presso il Policlinico di Milano. Inseriti dei frammenti sterilizzati di valva conchigliare e trascorsi tre mesi, si è constatata la biocompatibilità istologica del materiale incluso, non essendosi riscontrata interposizione di tessuto fibroso.
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Il range di prezzo indicato (ove applicabile) si riferisce al costo medio di un pasto, escluse bevande alcoliche. I dati segnalati sono stati forniti direttamente dal Gestore del locale. Qualora doveste verificare delle discordanze, Vi invitiamo a segnalarcelo.
15-16 marzo ▶ L’ora del Rosario
Tra aneddoti, racconti e gag in perfetto stile Fiorello, lo showman darà ampio spazio anche alle consuete improvvisazioni. Non mancheranno musica, gag, inediti e duetti di grande spessore con artisti del calibro di Mina e Tony Renis. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 21. Info: www.teatroudine.it
31 marzo ▶ Da Vienna a Broadway
Dall’operetta della Mitteleuropa alle grandi melodie del musical internazionale. Con il tenore Andrea Binetti e il soprano Stefania Seculin, e con il corpo di ballo della scuola di danza classica “Giselle” di Gorizia diretta da Carlotta Tosoratti. Nell’ambito della 1^ edizione del Festival del Bel Canto. Gradisca d’Isonzo (GO). Nuovo Teatro Comunale. Ore 21. Info: www.artistiassociatigorizia.it
e inoltre...
Pub
17 marzo ▶ Ale & Franz
Tanti lati – Latitanti. Gorizia. Teatro Verdi. Ore 20.45. Info: www.comune.gorizia.it/teatro
24 marzo ▶ European Youth Orchestra
Vladimir Ashkenazy, direttore; Behzod Abduraimov, pianoforte Pordenone. Teatro Verdi. Ore 20.45. Info: www. comunalegiuseppeverdi.it
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trattoria
“Ormai Sono una Milf” racconta come cambia la vita a 40 anni, vista però con gli occhi di chi si sente sempre un eterno bambino. Sul palco Pintus propone tutti i personaggi che lo hanno reso celebre. Il 10 aprile a Udine (Teatro Nuovo Giovanni da Udine alle ore 18). Trieste. Sala Tripcovich. Ore 21. Info: www.azalea.it
trattoria
9-10 aprile ▶ Angelo Pintus
agriturismo
12 aprile ▶ Aldo, Giovanni e Giacomo
25 anni di carriera e di successi, ottenuti nei locali, nei teatri, in tv e al cinema, un percorso memorabile per tre artisti che non hanno più bisogno di presentazioni e che tornano ora live, a tre anni di distanza dall’ultimo progetto “Ammutta Muddica”. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 21. Info: www.azalea.it
9 aprile ▶ Quattro buffe storie
Con Glauco Mauri e Roberto Sturno Cormòns (GO). Teatro Comunale. Ore 21. Info: www.artistiassociatigorizia.it
14 aprile ▶ Tiziano Terzani
Filmati, letture e musica a cura di Marzo Zanot Cervignano del Friuli (UD). Sala Aurora. Ore 20.30. Info: http://corimaequo.altervista.org
L I V E
M U S I C
20 marzo
▶ Dream Theater
Il tour segue la pubblicazione dell’ultimo album in studio, il tredicesimo, intitolato “The Astonishing”, balzato in testa alle classifiche di mezzo mondo. Questo ultimo lavoro si presenta come un doppio monumentale concept album, composto da 34 tracce divise in due atti. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 21. Info: www.azalea.it
14 aprile
▶ Daniele Silvestri
Dopo il lancio del nuovo sito internet stile quotidiano di informazione, per la prima volta nei teatri di tutta Italia. Si annuncia speciale il nuovo tour dell’artista romano, per il lancio dell’ultimo disco “Acrobati”. Non mancheranno ovviamente le sue hit storiche. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 21. Info: www.azalea.it
e inoltre... 17 marzo ▶ Elina Duni Quartet
Concerto jazz Cervignano del Friuli (UD). Teatro Pasolini. Ore 21. Info: www.euritmica.it
15 aprile ▶ Chris Cornell
Higher Truth Tour Trieste. Politeama Rossetti. Ore 21. Info: www.azalea.it 84
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settembre-ottobre 2007
| L’INFORMAFREEMAGAZINE
w w w.imag azi ne.i t
20 aprile
▶ Gianna Nannini
History è la grande collezione di successi di Gianna Nannini. Nell’album brani della storia, sei brani inediti e anche “Un’estate Italiana Remake”, che annunciano il nuovo corso artistico della cantautrice di Siena: gli arrangiamenti sono molto più scarni e la voce di Gianna sempre più centrale. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 21. Info: www.azalea.it
26 aprile
▶ Steven Wilson
“Hand. Cannot. Erase.” è il quarto album dell’artista. Tema centrale di questo lavoro è l’alienazione in musica del mondo contemporaneo, visto dal punto di vista femminile. Unico concerto in tutto il Nord Italia per il fondatore dei Porcupine Tree. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 21. Info: www.azalea.it
23 aprile ▶ Pink Sonic
Pink Floyd Tribute Show Trieste. Sala Tripcovich. Ore 21. Info: www.azalea.it
24 aprile ▶ Ezio Bosso
The 12th Room Trieste. Politeama Rossetti. Ore 21. Info: www.azalea.it
SPO R T 28 marzo ▶ Unesco Cities Marathon
Quarta edizione della maratona che unisce Cividale del Friuli e Aquileia, transitando per Palmanova. Oltre alla gara principale, in programma anche le gare: Iulia Augusta Run, Nordic Walking, Run for Life, Staffetta e Hand-bike. Cividale del Friuli (UD). Info: www.unescocitiesmarathon.it
23-24 aprile ▶ Ecomaratona del Collio
25-27 marzo ▶ World Dance Trophy
EcoMaratona del Collio” di 46 km, 4° “Trail del Collio” di 22 km, 2° “MiniTrail” di 8 km e 3° “Camminando nel Collio” da 3-612 km (manifestazione podistica ludico-motoria a passo libero aperta a tutti). Cormòns (GO). Info: www.maratonacittadelvino.it
L’evento, organizzato dal Club Sunshine di Palmanova, farà convergere a Lignano Sabbiadoro migliaia di danzatori che avranno l’opportunità di confrontarsi in un contesto di livello mondiale. Lignano Sabbiadoro (UD). Palasport. Info: www.worldancetrophy.com
e inoltre... 3 aprile ▶ Scialpinistica del Monte Canin
Campionato regionale a squadre Chiusaforte (UD). Sella Nevea, Conca Prevala. Info: 335 7886927
3 aprile ▶ Vivi Città
Manifestazione podistica competitiva e non. Gorizia. Partenza e arrivo da Piazza Transalpina. Info: www.fvg.uisp.it
FOLKLORE 8-10 aprile ▶ Monfalcone in Fiore
19-20 marzo ▶ In Primavera: fiori, acque e castelli
Piazza della Repubblica si trasforma in uno giardino colorato dove la primavera diventa rigogliosa grazie alle piante e ai fiori provenienti da tutta la regione e dai territorio limitrofi. Previsti anche appuntamenti culturali a tema. Monfalcone (GO). Piazza della Repubblica. Info: www.comune.monfalcone.go.it
Prati, colonne, scalinate e sale degli antichi manieri saranno decorati a festa e ospiteranno le nuove proposte di maestri artigiani, artisti e antiquari, che saranno ambientati sapientemente, senza nascondere gli antichi arredi. Attesi anche vivaisti selezionati con collezioni speciali. Cervignano del Friuli (UD). Strassoldo. Info: www.castellodistrassoldo.it
29 aprile – 1 maggio ▶ Streeat Foodtruck Festival
Prelibatezze italiane e internazionali dal dolce al salato incontreranno la praticità del cibo di strada. Presenti numerosi Food Truck, alcuni dei migliori birrai d’Italia e ottima musica di sottofondo. Udine. Piazza Primo Maggio. Info: www.streeatfoodtruckfestival. com
e inoltre... 16-23 marzo ▶ Trieste in Fiore
Grande fiera dei fiori di primavera Trieste. Viale XX Settembre. Info: www.comune.trieste.it
22-25 aprile / 29 aprile – 1 maggio ▶ Ethnic Festival
Gastronomia, spettacoli, laboratori, sfilate e concerti di musica live. Gradisca d’Isonzo (GO). Info: www.ethnicfestival.it
MEETING
5-8 marzo ▶ Olio Capitale
La più importante fiera specializzata interamente dedicata alle migliori produzioni di olio extravergine d’oliva. Vetrina di eccellenza a livello internazionale, Olio Capitale è l’unico evento a puntare esclusivamente sull’extravergine di qualità. Trieste. Stazione Marittima. Info: www.oliocapitale.it
5-12 marzo ▶ Dedica Festival
Dedicato alla figura di Yasmina Khadra, pseudonimo dello scrittore algerino di lingua francese Mohammed Moulessehoul, la 22^ edizione della kermesse culturale ospiterà dibattiti, concerti, film e spettacoli teatrali. Pordenone. Info: www.dedicafestival.it
22-30 aprile ▶ Far East Film Festival
18^ edizione della principale rassegna europea dedicata al cinema asiatico. Per una settimana in programma proiezioni di opere, dibattiti, ma anche feste e momenti di aggregazione su temi strettamente correlati con l’Oriente. Udine. Info: www.fareastfilm.com
e inoltre... 4 aprile ▶ Amianto
Riduzione dall’omonimo testo di Roberto Covaz. Monfalcone (GO). Biblioteca comunale. Ore 18. Info: www.bibliotecamonfalcone.it
15 aprile ▶ Donne per lo Sport 88
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settembre-ottobre 2007
| L’INFORMAFREEMAGAZINE
Premio promosso dall’Associazione Fare Donna FVG. Cervignano del Friuli (UD). Teatro Pasolini. Ore 18. Info: http://faredonna.altervista.org
BAMBINI
6 marzo ▶ Voci
Una storia magica e toccante che insegna ai bambini, e ricorda agli adulti, l’importanza di affrontare la vita superandone gli ostacoli e accettandone i doni. Ci invita a esprimere con coraggio e senza pregiudizi la voce che ognuno ha nel cuore. Con Claudio Milani. Cervignano del Friuli (UD). Teatro Pasolini. Ore 16. Info: www.teatropasolini.it
12-13 marzo ▶ Memorie di un calzino solitario
Guide impeccabili, compunte e scrupolose introdurranno alla scoperta delle sale del museo. Una normale visita al museo? Ma l’abito non fa il monaco, figuriamoci in un museo della moda! Con Enrico Cavallero, Chiara Cardinali, Serena Finatti. Gorizia. Museo della Moda e delle arti applicate. Ore 16 e 17.30. Info: www.artistiassociatigorizia.it
20 marzo ▶ Hansel e Gretel dei fratelli merendoni
Due anziani burattinai in pensione, che, incapaci di rimanere lontani dalla loro baracca, desiderano riproporre la finzione del loro gioco poetico, fatto per fantasticare, non per ingannare. Finché non vengono abbandonati dai loro burattini perché troppo vecchi e miseri… Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 17. Info: www.teatroudine.it
e inoltre...
13 marzo ▶ Storie tutte d’un fiato
Età consigliata 4-10 anni Trieste. Teatro Bobbio. Ore 11. Info: www.contradateatroragazzi.it
16-17 marzo ▶ Mummeshanz
Spettacolo per tutta la famiglia Trieste. Teatro Bobbio. Ore 16.30. Info: www. contradateatroragazzi.it
L’INFORMAFREEMAGAZINE
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settembre-ottobre 2007
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F U O R I
R E G I O N E
T R E V I S O 4-20 marzo
▶MOSTRA DEI VINI Una delle più grandi esposizione del Triveneto: stand enogastronomico con specialità, musica live, ballo liscio, orchestre esibizione danza, selezione miss mondo, gara ciclistica, giochi gonfiabili per bambini. Vazzola. Località Visnà. Info: 340 2737745 12 marzo
▶GEMITAIZ Nonostante tutto live tour 2016: un concerto di puro rap per il cantante romano. San Biagio di Callalta. Supersonic Music Arena. Ore 22. Info www.azalea.it 22 marzo
▶ALDO, GIOVANNI E GIACOMO “The best of…”. Con Silvana Fallisi. Musica dal vivo con la grande orchestra dei Good Fellas. Regia di Arturo Brachetti. Treviso. Palaverde. Ore 21. Info: www.azalea.it 2 aprile
▶MUSEO DEL CAFFÈ Il percorso permette al visitatore di scoprire e conoscere l’intera filiera dell’espresso. Il Museo, di circa 600 metri quadri, è suddiviso in quattro sezioni che terminano con la sala degustazione. Conegliano. Museo del Caffè. Info: museodelcaffe@dersut.it 9 aprile
▶NESSI Spettacolo teatrale di e con Alessandro Bergonzoni, per la regia di Riccardo Rodolfi. Conegliano. Teatro Accademia. Ore 20.45. Info: 0438 22880 10 aprile
▶INTERNATIONAL PIANO FESTIVAL La pianista sudcoreana Ha Ju Ae eseguirà uno straordinario concerto su musiche di Bach, Beethoven, Debussy e Schumann. Treviso. Auditorium Stefanini. Ore 20.30. Info: studio.musica@tin.it 17 aprile
▶MOSTRA DI FIORI E PIANTE Decine di espositori trasformeranno le strade del centro in un vero e proprio giardino con i colori della primavera. Moriago della Battaglia. Località Mosnigo. Info: 333 3099134
F U O R I
R E G I O N E
V E N E Z I A Fino al 13 marzo
▶RITRATTO DI UNA MUSA Omaggio a Henriette Nigrin, una donna che con la sua intelligenza e sensibilità ha saputo affiancare, ispirare e sostenere uno degli artisti più raffinati del secolo scorso. Venezia. Museo Fortuny. Info: 848 082000 Fino al 15 marzo
▶SPECCHI REALI DELLE APPARENZE Nuovo progetto espositivo che la grande fotografa Sarah Moon ha costruito nel corso degli anni durante le frequentazioni della casa-laboratorio. Venezia. Museo Fortuny. Info: 848 082000 Fino al 17 marzo
▶ROMAINE BROOKS Legata sentimentalmente alla scrittrice Nathalie Clifford Barney e, contemporaneamente, alla danzatrice Ida Rubinstein - sua modella per molti dipinti - l’artista americana ebbe anche un’intensa relazione con il Vate, che immortalò, con la sua tipica pittura dai toni grigi, in due famosi ritratti. Venezia. Museo Fortuny. Info: 848 082000 Fino al 28 marzo
▶GIUDECCA FOTOGRAFIA Tre proposte espositive differenti fra loro che cercano d’interpretare l’essenza della fotografia di oggi in una logica che si muove verso il superamento dei generi e la trasversalità. Venezia. Casa dei Tre Oci. Info: www.treoci.org Fino al 4 aprile
▶POSTWAR ERA una nuova lettura dell’arte americana ed europea attraverso un confronto tra due momenti artistici, dal secondo dopoguerra fino al 1979. Venezia. Peggy Guggenheim Collection. Info: info@guggenheim-venice.it Fino al 10 aprile
▶SPLENDORI DEL RINASCIMENTO VENEZIANO La mostra permette di riscoprire il geniale artista Andrea Schiavone nella sua indipendente grandezza, ma anche di apprezzare la diversificata attività che egli svolse nel campo della grafica, dell’incisione, del libro illustrato e delle arti applicate. Venezia. Museo Correr. Info: http://correr.visitmuve.it Fino al 10 aprile
▶L’ALCHIMIA DEL COLORE La mostra illustra le tecniche tintoree naturali del tessile. Tingere è una delle prime attività tecnologiche dell’uomo e la sua evoluzione rispecchia quella della stessa umanità. Venezia. Palazzo Mocenigo. Info: http://mocenigo.visitmuve.it
O L T R E CARINZIA 10-26 marzo
▶MERCATINO DI PASQUA Prodotti artigianali e di vivaismo fanno da cornice al mercato che saluta la primavera e rappresenta l’occasione ideale per alcuni regali a tema per l’imminente Pasqua. Klagenfurt. Info: www. klagenfurt.at 11-13 marzo
▶GARA DI SLEDDOG Un perfetto lavoro di squadra tra uomini e animali è il presupposto necessario per ottenere un buon piazzamento in questa gara di sleddog che, se non è la più lunga, è senza dubbio la più dura d’Europa, con 70 mute di cani provenienti da nove Paesi del mondo. Innerkrems. Info: www. carinzia.at 12 marzo
▶BIKINI FLASHMOB La spiaggia si trasferisce sulla neve. E così lungo le piste da sci sarà possibile incontrare sciatori in costume da bagno pronti a raggiungere i diversi rifugi in cui “tuffarsi” in improvvisati momenti di festa. Nassfeld. Info: www. nassfeld.at 27 marzo
▶FUOCO DI PASQUA All’imbrunire si accende la magia del grande fuoco rituale, salutato con brindisi benaugurali e ottimo cibo. Bad Kleinkirchheim. Info: www. badkleinkirchheim.at 16 aprile
▶SKI & GOLF TROPHY Una sfida avvincente su due sport: al mattino gara di sci tra i paletti delle piste, nel pomeriggio torneo di golf a nove buche. Nassfeld. Info: www.nassfeld.at 17 aprile
▶WÖRTHERSEE AUTOFREI Un’intera giornata senza automobile per riscoprire la quiete del Lago Wörthersee: protagonisti ciclismo, pattinaggio e corsa, per un evento pensato a tutte le famiglie. Klagenfurt. Wörthersee. Info: www.kaernten-radelt.at
C O N F I N E C R O A Z I A 12-13 marzo
▶OLEUM OLIVARUM Il pittoresco paesino di Crasizza accoglie una delle più antiche fiere in Croazia dedicate all’olio d’oliva. Numerosi stand con degustazioni a base di eccellenti oli d’oliva abbinati alle specialità gastronomiche istriane, nonché ai vini e al miele di produzione locale. Buie. Località Crassiza. Info: info@istria-buje-buie.com 19 marzo
▶BLIK Campionato boulder dell’Istria e Quarnero. Arrampicata sportiva su parete artificiale. Pinguente. Località Rozzo. Info: +385 (0)91 799 5150 21 marzo – 15 maggio
▶GIORNATE DELL’ASPARAGO ISTRIANO Occasione per gustare specialità fantasiose, saporite e profumate, preparate con il tipico asparago selvatico: dai classici come le frittate, le zuppe, la pasta fatta in casa e i risotti, alle originali combinazioni con la carne e il pesce o addirittura squisiti dessert. Umago, Cittanova, Buie, Verteneglio. Info: +385 (0)52 757 075 26 marzo
▶ISTRA TREK Undicesima edizione della gara di trekking per tre diverse categorie: Ultra (40 km), Challenger (25 km) e Light (10 km). Gallignana. Info: www.istratrek.srk-alba.hr 28 marzo
▶RUN. EAT. DRINK: RUN 4 THE HAM Gastronomia e movimento si fondono in un unico evento. Attraversando stupendi paesaggi, le gare consentono la degustazione di prodotti istriani e la corsa nella natura. Dignano. Info: www.istra.hr 2-3 aprile
▶KAMENJAK ROCKY TRAILS La gara ciclistica è divisa in due parti: sabato è previsto l’XCO (MTB cross country olimpico), gara internazionale; domenica invece si tiene la gara XCM (maratona MTB). Medolino. Info: adrenalina@adrenalina.hr 8-10 aprile
▶ISTRAKON Festival di scienze-limite, di letteratura e cinema fantascientifici, accompagnato da un eterogeneo programma di conferenze, officine di giochi elettronici, tornei di carte, officine di scrittura creativa, competizioni sportive, sfilate di moda e party tematici.
Pisino. Info: www.istrakon.hr
S L O V E N I A 11 marzo
▶SALUTO ALLA PRIMAVERA I bambini e gli adulti metteranno a galleggiare nel fiume le casette colorate, decorate con fiori di carta, con dentro candele accese. Queste luci galleggianti si chiamano barche di San Gregorio. Lubiana. Info: www.visitljubljana.com 12 marzo
▶MARATONA DI POKLJUKA Ventiseiesima edizione della competizione internazionale di sci di fondo. Pokljuka. Info: www.biathlon-pokljuka.com 16-20 marzo
▶COPPA ALPINA DI BIATHLON I migliori interpreti della disciplina si sfidano sulle nevi di Pokljuka in uno degli ultimi appuntamenti della stagione. Pokljuka. Info: www.biathlon-pokljuka.com 17-20 marzo
▶SALTO E VOLO CON GLI SCI Tappa di Coppa del Mondo, con gli atleti del panorama internazionale pronti a sfidarsi per la conquista di punti fondamentali per la classifica generale e per tentare nuovi record sulla distanza. Planica. Info: www.planica.info 19-20 marzo
▶BLED CHESS FESTIVAL Manifestazione internazionale di scacchi, secondo lo stile svizzero. Ogni giocatore ha a disposizione 10 minuti per mossa. Bled. Info: www.bled.si 15-17 aprile
▶FESTIVAL DEL CIOCCOLATO Tre giorni di pura immersione nel “Cibo degli dei”, con le bancarelle dei migliori maestri cioccolatieri. Radovljica. Info: www.radolca.si 16 aprile
▶SHAOLIN Spettacolo di arti marziali per ricordare i monaci del famoso tempio cinese Shaolin che, con meditazione e esercizi, raggiungono capacità fisiche straordinarie. Lubiana. Info: www.visitljubljana.com
inserzione a pagamento
Intervista e immagini di Davide Ukmar
E se mangiando si realizzassero i desideri? Lucia Fiorenzato, si presenti... “Sono veneta d’origine e vivo tra Italia e Slovenia. Laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche a Gorizia, con il Metodo Kinergia® ho trasformato una passione nella mia professione e ora mi occupo di connettere persone e contesti differenti per creare condivisione. Utilizzando la Legge d’Attrazione”. Ovvero? “È la capacità innata che tutti abbiamo di attrarci cose, persone, situazioni”. Intende il pensiero positivo, l’orientarsi ai risultati, il concentrarsi fermamente sui desideri? “Questo e molto altro. Il nostro organismo è in grado di emettere biofrequenze organizzate e in questo modo attrae ciò su cui dirigiamo la nostra attenzione. Mettendo assieme tutto ciò che ha detto lei con questa straordinaria capacità del nostro organismo, si ottiene una combinazione vincente”. Per fare cosa? “Per attrarre ciò che veramente ci fa bene e allo stesso tempo darci più opzioni per le nostre scelte, portare benefici nella vita di ogni giorno, potenziare l’organismo, raggiungere i nostri obiettivi, trasformare le sfide in opportunità”. Un esempio più concreto? “Per far funzionare la Legge d’Attrazione serve avere energia da direzionare fisicamente verso ciò che vogliamo attrarre verso di noi. Il nostro “carburante” per eccellenza è il cibo. Eppure tanti sperimentano l’esatto opposto: hanno intolleranze alimentari, allergie, difficoltà dige-
stive… E così dopo pranzo viene l’abbiocco, invece di essere energici e vigorosi. Con i cicli d’incontri e le sessioni singole, si può potenziare l’organismo, in modo che tragga il meglio da ciò che assume e perché ciascuno sia sempre più in grado di distinguere “a pelle” ciò che veramente lo nutre da ciò che semplicemente gli riempie lo stomaco. Parafrasando Virginia Wolf: non si può pensare bene, amare bene, dormire bene, …attrarre bene… se non si ha mangiato bene”. Il Metodo Kinergia® in cosa consiste? “Si può scegliere di essere in gruppo o da soli con l’Operatore, il meccanismo del metodo è lo stesso e sempre altamente personalizzato. L’Operatore stabilisce un codice di comunicazione con l’organismo della persona e lo interroga per sapere di cosa abbia bisogno per stare sempre meglio. Tramite le procedure, l’organismo risponde scegliendo le risorse a lui più utili, tra quelle che l’operatore mette a disposizione, per avere risultati nei contesti che stanno più a cuore alla persona. E così, attraverso semplici esercizi eseguiti su di sé, si attiva la Legge d’Attrazione a proprio vantaggio, si risolvono le Cinque Ferite, si migliora la compatibilità coi cibi, trovando soluzioni per tutti gli ambiti della vita”. Da soli o in gruppo: come si sceglie la modalità migliore? “Dipende dagli obiettivi: queste sono attività complementari. Individualmente si entra più nel dettaglio di ciò che interessa alla persona, mentre il sostegno del gruppo sfrutta la forza collettiva, permettendo di affrontare sfide troppo impegnative per la sola persona”. Questo metodo per chi è più indicato? “Il procedimento è molto pratico e alla portata di tutti. È indicato sia per chi ha già tutto e cerca qualcosa di nuovo, sia per chi vuole ancora ottenere qualcosa e cerca il modo per farlo”.
Lucia Fiorenzato (foto in alto) conduce sessioni individuali e incontri di gruppo a Trieste, Gorizia e in Slovenia. Info: +39 328 4214886 fiorenzatolucia@gmail.com www.fiorenzatolucia.eu
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2 marzo Tanti auguri Luisa!
marzo-aprile 2015
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Eugenio, Andrea e Marina
3 marzo Buon compleanno Daniel!
Lo staff di iMagazine
4 marzo Buon compleanno Dimitri!
A&M
10 marzo Auguri di buon compleanno ad Anna
Andrea
22 marzo Tanti auguri Elisa! Mamma e papà, Riccardo, Marina e Andrea 23 marzo Auguri papà!
Massimo, Daniela, Stefano, Eva
26 marzo Buon compleanno Cinzia!
Lo staff di iMagazine
2 aprile A Giulia e Giorgio congratulazioni per il traguardo Anna, Diana, Arianna e Claudio 2 aprile Auguri carissimi a Giulia e Giorgio 3 aprile Buon compleanno Anita
Andrea
Cinzia e Nick
3 aprile Tanti auguri Giorgio Pietro, Giulia, Anna, Diana, Arianna, Claudio, Andrea, Franz 9 aprile A Valentina e Massimiliano i migliori auguri per la vostra vita insieme! Lo staff di iMagazine 24 aprile Tanti auguri di buon compleanno a Daniela! Andrea, Rosalia e Massimo Mandaci entro il 1º aprile i tuoi auguri per le ricorrenze di maggio e giugno! Li pubblicheremo gratuitamente su iMagazine! Segnalaci giorno, evento, mittente e destinatario e spedisci il tutto via e-mail (info@imagazine.it), via posta ordinaria (iMagazine, c/o via Aquileia 64/a, 33050 Bagnaria Arsa – UD) o via fax (040 566186).
Fonte: Federfarma Gorizia e Ordine dei Farmacisti di Trieste
96 | marzo-aprile 2015 FARMACIE DI TURNO
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ALLA SALUTE via Cosulich 117 Monfalcone, tel. 0481 711315 CENTRALE pzza Repubblica 16 Monfalcone, tel. 0481 410341 COMUNALE 1 via Aquileia 53 Monfalcone, tel. 0481 482787 COMUNALE 2 via Manlio 14 Monfalcone, tel. 0481 480405 REDENTORE via IX Giugno 36 Monfalcone, tel. 0481 410340 RISMONDO via Toti 53 Monfalcone, tel. 0481 410701 SAN ANTONIO via Romana 93 Monfalcone, tel. 0481 40497 SAN NICOLÒ via Iº Maggio 92 Monfalcone, tel. 0481 790338 ALL’ANGELO via Roma 18 Ronchi dei L., tel. 0481 777019 ALLA STAZIONE v.le Garibaldi 3 Vermegliano, tel. 0481 777446 LEDRI via Marina 1 Grado, tel. 0431 80058 COMUNALE via C. Colombo 14 Grado, tel. 0431 80895 ZANARDI via Trieste 31, Staranzano, tel 0481 481252 AL LAGO via Roma 13, Doberdò, tel 0481 78300 LUCIANI via Dante 41, Sagrado, tel 0481 99214 SPANGHERO via Aquileia 89, Turriaco, tel 0481 76025 VISINTIN via Matteotti 31, San Pier d’Isonzo, tel 0481 70135 RAMPINO piazza Venezia 15, San Canzian d’Is., tel 0481 76039 DI MARINO via Redipuglia 77, Fogliano, tel 0481 489174 TRIESTE via Mazzini 43, tel. 040.631785 TRIESTE via Combi 17, tel. 040.302800 TRIESTE via Fabio Severo 122, tel. 040.571088 TRIESTE piazza Ospedale 8, tel. 040.767391 TRIESTE capo di piazza Mons. Santin 2 tel. 040.365840 TRIESTE via Commerciale 21 tel. 040.421121 TRIESTE via Ginnastica 6, tel. 040.772148 TRIESTE piazza Venezia 2, tel. 040.308248 TRIESTE via Curiel 7/B (Borgo S. Sergio), tel. 040.281256 TRIESTE via Giulia 14, tel. 040.572015 TRIESTE via Dante 7, tel. 040.630213 TRIESTE via Costalunga 318/A, tel. 040.813268 TRIESTE via Giulia 1, tel. 040.635368 TRIESTE corso Italia 14, tel. 040.631661 TRIESTE largo S. Vardabasso 1, tel. 040.766643 TRIESTE piazza della Borsa 12, tel. 040.367967 TRIESTE via Rossetti 33, tel. 040.633080 TRIESTE via Mascagni 2, tel. 040.820002 TRIESTE via S. Giusto 1, tel. 040.308982 TRIESTE via Roma 15 (angolo via Valdirivo), tel. 040.639042 TRIESTE via Piccardi 16, tel. 040.633050 TRIESTE via Baiamonti 50, tel. 040.812325 TRIESTE piazza Oberdan 2, tel. 040.364928 TRIESTE piazzale Gioberti 8, tel. 040.54393 TRIESTE via Oriani 2 (largo Barriera), tel. 040.764441 TRIESTE piazza Cavana 1, tel. 040.300940 TRIESTE viale Miramare 117, tel. 040.410928 TRIESTE via dell’Istria 33, tel. 040.638454 TRIESTE piazza Giotti 1, tel. 040.635264 TRIESTE via Belpoggio 4 (angolo via Lazzaretto Vecchio), tel. 040.306283 TRIESTE via Bernini 4 (angolo via del Bosco), tel. 040.309114 TRIESTE largo Piave 2, tel. 040.361655 TRIESTE via Felluga 46, tel. 040.390280 TRIESTE piazza Libertà 6, tel. 040.421125 TRIESTE via dell’Istria 18/B, tel. 040.7606477 TRIESTE via di Servola 44, tel. 040.816296 TRIESTE viale XX Settembre 6, tel. 040.371377 TRIESTE via dell’Orologio 6 (via Diaz 2), tel. 040.300605 TRIESTE via Pasteur 4/1, tel. 040.911667 TRIESTE via Tor S. Piero 2, tel. 040.421040 TRIESTE piazza Goldoni 8, tel. 040.634144 TRIESTE via Revoltella 41, tel. 040.941048 TRIESTE via Ginnastica 39/A, tel. 040.764943 TRIESTE campo S. Giacomo 1, tel. 040.639749 TRIESTE piazzale Valmaura 11, tel. 040.812308 TRIESTE via Roma 16 (angolo via Rossini), tel. 040.364330 TRIESTE piazza Garibaldi 6, tel. 040.368647 TRIESTE via Stock 9, tel. 040.414304 TRIESTE largo Sonnino 4, tel. 040.660438 TRIESTE piazza S. Giovanni 5, tel. 040.631304 TRIESTE via Alpi Giulie 2, tel. 040.828428 TRIESTE via Cavana 11, tel. 040.302303 TRIESTE largo Osoppo 1, tel. 040.410515 TRIESTE via Settefontane 39, tel. 040.390898
Le farmacie contrassegnate dal fondino arancione anticipano di un giorno le date di turno indicate. Le farmacie di Trieste iniziano e terminano i turni 2 giorni dopo rispetto alle date indicate
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07-13
30-06
23-29
16-22
09-15
02-08
26-01
19-25
12-18
05-11 2015 | 97 MARZO | marzo-aprile APRILE
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98 | maggio-giugno 2015 | 98 | marzo-aprile 2012 |
ED IZIO
Maratona Unesco 2016 (Pasquetta) Dai che sei a metà strada!
Maratone Unesco 2016 (Lunis di Pasche) Dai che tu sês a mieze strade
Unesco-Marathonlauf 2016 (Ostermontag) Hopp, hopp! Du hast ja schon die halbe Strecke geschafft.
Maratona Unesco 2016 (Pasqueta) Dai che te son a metà strada!
Martedì Grasso 2016 E il bel costume del ‘700?
Maratona Unesco 2016 (Pasqueta) Demo dai che semo a metà strada!
Unescov maraton 2016 (velikonočni ponedeljek) »Daj, saj si že na pol poti!«
Per le traduzioni si ringrazia: Marjeta Kranner e Anna Magaina (sloveno), Isa Dorigo - Ufficio comunità linguistiche Provincia di Gorizia (friulano), Iris Jammernegg - Università di Udine (tedesco), Marianna Martinelli (bisiaco), Alessandro Samez (triestino).