iMagazine 66

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E D I T O R I A L E L’INFORMAFREEMAGAZINE nº 66 – anno XII numero 7 gennaio-febbraio 2017 ISSN 1828-0722 Editore

GOLIARDICA EDITRICE srl a socio unico sede operativa: I – 33050 Bagnaria Arsa, Italy via Aquileia 64/a tel +39 0432 996122 fax +39 040 566186 info@imagazine.it Direttore responsabile Andrea Zuttion Condirettore responsabile Claudio Cojutti Responsabile di redazione Andrea Doncovio Area commerciale Michela De Bernardi, Francesca Scarmignan, Fabrizio Dottori, Stefano Vascotto Responsabile area legale Massimiliano Sinacori Supervisione prepress e stampa Stefano Cargnelutti Hanno collaborato Vanni Veronesi, Claudio Pizzin, Daniel Blasina, Kristina Frandolic, Paolo Marizza, Vanni Feresin, Margherita Reguitti, Andrea Fiore, Livio Nonis, Cristian Vecchiet, Alfio Scarpa, Michele D’Urso, Michele Tomaselli, Manuel Millo, Andrea Coppola, Giuliana De Stefani, Alberto Vittorio Spanghero, Renato Duca, Renato Cosma, Germano Pontoni, Isa Dorigo, Sandro Samez, Marianna Martinelli Registrazione Tribunale di Udine n. 53/05 del 07/12/2005 Stampato in proprio Tiratura 70.000 copie Credits copertina Stefano Pavesi Credits sommario :: Vanni Veronesi :: :: Stefano Pavesi :: :: Michele Tomaselli :: :: Claudio Pizzin :: :: Alberto V. Spanghero :: © goliardica editrice srl a socio unico. Tutti i diritti sono riservati. L’invio di fotografie o altri materiali alla redazione ne autorizza la pubblicazione gratuita sulle testate e sui siti del gruppo goliardica editrice srl. Manoscritti, dattiloscritti, articoli, fotografie, disegni o altro non verranno restituiti, anche se non pubblicati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo, incluso qualsiasi tipo di sistema meccanico, elettronico, di memorizzazione delle informazioni ecc. senza l’autorizzazione scritta preventiva da parte dell’Editore. Gli Autori e l’Editore non potranno in alcun caso essere considerati responsabili per incidenti o conseguenti danni che derivino o siano causati, direttamente od indirettamente, dall’uso improprio delle informazioni ivi contenute. Tutti i marchi citati appartengono ai rispettivi proprietari, che ne detengono i diritti. L’Editore, nell’assoluzione degli obblighi sul copyright, resta a disposizione degli aventi diritto che non sia stato possibile rintracciare al momento della stampa della pubblicazione.

Cari lettrici e lettori, il 20 gennaio, con la cerimonia di insediamento a Washington, Donald Trump diventerà ufficialmente il 45esimo presidente degli Stati Uniti d’America. Esattamente otto anni fa, dalle pagine di questa rivista, accoglievamo l’insediamento del suo predecessore Barack Obama con un articolo dal titolo emblematico: “Ce la farà?”. Come allora erano elevate le aspettative dell’opinione pubblica mondiale su quale sarebbe stato l’operato del primo presidente afroamericano della storia, altrettanto elevata è oggi la preoccupazione della stessa opinione pubblica su quello che sarà l’operato di “The Donald”, in particolare nella politica estera. Lungi da noi affrontare un’analisti geopolitica internazionale. Tuttavia per comprendere come ormai le impressioni influenzino la gente più dei fatti, ritengo utile rammentare che sotto la presidenza Obama (peraltro insignito del Premio Nobel per la Pace) gli USA hanno avuto un ruolo chiave nella caduta di Mubarak in Egitto e nelle successive sanguinose rivolte di piazza al Cairo, nei bombardamenti sulla Libia cui sono seguiti la morte di Gheddafi e l’attuale instabilità della regione, nell’armamento degli oppositori di Assad in Siria successivamente alleatisi con i tagliagole dell’Isis e nello sviluppo dei droni “intelligenti” che hanno bombardato per errore ospedali di Medici senza Frontiere in Pakistan e Afghanistan. Questo solo per sottolineare come orientare l’opinione pubblica al giorno d’oggi rischia di essere più semplice e subdolo di quanto si creda. Un fenomeno preoccupante che, sfruttando la potenza di fuoco dei grandi network editoriali in grado di utilizzare tutti gli strumenti delle piattaforme di comunicazione (tv, radio, web, social, carta stampata) riesce far apparire normale l’assurdo e viceversa. Un problema che mina il senso stesso della realtà, rendendo estremamente complicato per il cittadino qualunque stilare un’analisi critica di quanto accade attorno a sé. E se un cittadino non ha una conoscenza oggettiva dei fatti e della realtà, ma solo una visione calata dall’alto, diventa un cittadino manipolabile. Seguendo questo ragionamento, da oltreoceano ritorniamo alla situazione di casa nostra. In primavera uscirà l’annuale rapporto di Reporters sans Frontieres sulla libertà di stampa nei diversi Paesi del mondo. Nel 2016 l’Italia, cedendo quattro posizioni rispetto all’anno precedente, era scesa al 77esimo (settantasettesimo!) posto della graduatoria. Da allora, Mondadori ha cannibalizzato il pianeta libri nazionale e il gruppo L’Espresso è diventato editore di La Stampa. Facile intuire che il 2017 non porterà con sé impervie risalite in classifica… Tradotto nella pratica, nel nostro Paese l’informazione risulta in mano a un numero sempre più ristretto di editori che, a loro volta, risultano avere legami molto solidi di vicinanza con l’establishment. Ovvero coloro che per ruolo sarebbero deputati a controllare chi esercita il potere sono in realtà sotto il controllo dei loro controllati. Un gioco di parole che, a conti fatti, non fa sorridere, lasciando semmai uno spiacevole amaro in bocca. Perché un Paese in cui gli organi di informazione non sono trasparenti e la popolazione è manipolabile, è un Paese che rischia di andare alla deriva senza accorgersene. Quello che noi continueremo a fare, come dimostrato in dieci anni di storia e orgogliosi della nostra indipendenza, sarà semplicemente il nostro lavoro: raccontare la realtà con trasparenza e correttezza, fornendo ai lettori chiavi di lettura diverse per potersi costruire la propria visione del mondo. Anche per questo, non mi resta che augurarvi… buona lettura! Andrea Zuttion



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dicono di noi... Il vino di Tami è buono così come la pizza di Carpe Diem. Da Al Rosari sono molto molto disponibili e segnalo inoltre la qualità del cibo di Al Postiglione. La varietà della merce è il punto di forza di Boutique Ary’s, mentre la completezza dell’offerta è quello di Dima Sport. Da Brontolo si mangia bene e da Class Caffè sono molto simpatici e gentili. Antonio Paoloni Remanzacco Da Farmacia Bacchetti si sono dimostrati gentili e preparati per le mie esigenze. Da PizzAmore sono simpaticissimi, cortesi e se ti incontrano in altri luoghi ti salutano sempre. Alessandra Tomasin Gradisca d’Isonzo Gli Scapigliati, oltre a essere dei veri e propri artisti dei capelli, sono una potenza di simpatia. Farsi i capelli da loro è sempre rigenerante… in tutti i sensi! Elisa Rocca Cervignano del Friuli Segnalo il cibo di qualità e le porzioni abbondanti ricevuti Da Renata. Felix è un locale accogliente, mentre il menù di Al Lago è ottimo e i prezzi buoni. Andrej Kosmac offre un ambiente caratteristico e ottimo vino. Lara Bertoz Ronchi dei Legionari Complimenti per lo splendido scenario realizzato a Gorizia in Piazza Vittoria con la pista di pattinaggio sul ghiaccio. Sembrava di essere in un paesaggio da fiaba: i miei figli si sono divertiti un mondo e, grazie al vostro servizio gratuito di tutor, per la prima volta in vita mia anch’io ho pattinato! Giorgia Stacul Gorizia 10 | gennaio-febbraio 2008 | L’INFORMAFREEMAGAZINE

Da Rosso Peperoncino il servizio è veloce e le pizze sono veramente buone. Liliana Zambon Gorizia Il Grande Carro ha un’ampia offerta di piante sia da esterno che da interno. Da Rosso Peperoncino il servizio è stato veloce e puntuale, così come buono è stato il servizio ricevuto da Class Caffè: locale accogliente e in posizione centrale. Francesca Farano Vicenza Il gelato di Il dolcefreddo è molto buono e il cibo di Joia è di qualità. Roberto Paoloni Udine Desidero congratularmi per la vostra rivista: l’ho scoperta qualche mese fa e sono rimasta a dir poco sorpresa che un prodotto di questa qualità venga distribuito gratuitamente. Sono originaria del Trentino e nella mia regione, ma credo anche qui in Friuli Venezia Giulia, non ho mai visto un periodico di questo genere. Bravi! Amelia Monsatto Trieste Ho letto con emozione la storia di Luca Rigonat pubblicata sul numero 65 di iMagazine: una lezioni di vita che tutti noi avremmo bisogno di imparare. Grazie per portare a conoscenza di noi lettori queste storie. In un momento storico non facile è importante poter avere di fronte a noi esempi così straordinari. Marta Furlan Trieste


Da Bar Universo sono molto disponibili e gentili, mentre Al lago è un locale molto bello. Da Foraperfora sono gentili ed educati; segnalo inoltre la simpatia del titolare di Discoop. Attilio Grop Porpetto

Da imprintaonline ho ricevuto un servizio rapido e cortese. Inoltre la posizione è molto comoda per gli studenti: ci tornerò volentieri. Francesca Pellegrin Ronchi dei Legionari

Salone Francy offre un servizio con competenza e professionalità. Claudia Perini Torviscosa

Scrivo queste parole per farvi gli auguri per i dieci anni della vostra testata, sperando che possano essere di buon auspicio per il futuro, affinché il nostro iMagazine (da lettore storico lo sento anche un po’ mio) possa continuare a raccontare le storie del nostro territorio ancora per tanto tempo. Michele Spessot Gorizia

Da Salone Francy i prezzi sono buoni, così come buono è il servizio ricevuto presso On Italy. Da Oishii ho ricevuto una buona accoglienza, mentre l’offerta di Carpe Diem è variegata. Ottimo il servizio presso Vanilija, così come positivo il riscontro da Joia e Giemme. Rebirth è un salone davvero accogliente. Maurizio Cechet Bicinicco

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Intervista a Enrico e Gianluca Bertossi, titolari di “Bertossi Calzature e Pelletterie” a Ronchi dei Legionari Enrico e Gianluca Bertossi, cosa significa per voi essere gli eredi di un’antica tradizione di famiglia? «Significa seguire un solco ben tracciato dalle due generazioni che ci hanno preceduto, facendo sempre fede ai valori e agli insegnamenti che ci hanno lasciato. Giorno dopo giorno cerL’interno del negozio chiamo sempre di essere all’altezza dell’eredità lasciataci, sperando di migliorarci anche in momenti non facili come questi». Quando è maturata in voi la scelta di prendere in gestione il negozio creato dai nonni e poi gestito dai genitori? «Non c’è stato un vero momento in cui la scelta è maturata. È stato un lento e graduale percorso che ci ha visto nascere e crescere in negozio e alla fine degli studi ci è venuto naturale rimanere nel luogo in cui si è cresciuti». Nel 2007 avete realizzato un ampliamento e un rinnovamento dell’attività: oggi come definireste “Bertossi calzature e pelletterie”? «Un “work in progress”, nonostante il rinnovamento riteniamo il negozio un’attività in continua evoluzione e che sicuramente subirà altri restyling per rimanere al passo con i tempi. Un’evoluzione continua che ci permetta di rimanere sempre un punto di riferimento per i nostri affezionati clienti». Quali sono a vostro avviso i punti forti della vostra offerta? «Innanzitutto l’assortimento dei prodotti che offriamo ai nostri clienti è davvero ampio e vario, riuscendo così a soddisfare tutti e tutte le fasce d’età. Un altro nostro punto di forza è sicuramente il servizio, tutti i nostri collaboratori, infatti, sono formati professionalmente; oltre a conoscere perfettamente il prodotto, sanno trattare il cliente con cortesia e rispetto. Inoltre, nonostante l’abitudine del mercato di proporre continue promozioni e svendite, il nostro negozio ha sempre cercato di tenere un filo conduttore corretto e lineare, evitando così spiacevoli inconvenienti al cliente che acquista a prezzo normale». Nell’era delle vendite on line e degli acquisti fai da te, la clientela cosa può trovare di peculiare nella vostra attività? «Non è facile acquistare un paio di calzature; quasi a tutti, infatti, è capitato di trovarsi con i piedi doloranti per un acquisto errato. Per questo, i consigli che il nostro qualificato personale dà sono nell’era del digitale una cosa che non ha prezzo e ciò fa veramente la differenza tra un acquisto azzeccato e uno sbagliato». La storia della vostra azienda e della vostra famiglia è una storia di evoluzione continua: quali sono gli obiettivi per il futuro? «Gli obiettivi per il futuro ci sono e sono ambiziosi, sicuramente non facili da perseguire. Sono obiettivi e idee che al momento non intendiamo rendere pubblici. Possiamo dire che sono idee che ci consentiranno di entrare nel mondo del digitale senza perdere i nostri valori e le nostre linee guida, sempre nel rispetto del cliente e dall’elevato servizio». Per promuovere la vostra attività avete puntato sui diversi canali del network di iMagazine: come mai questa scelta? «Crediamo nella diversificazione, ogni anno cerchiamo nuovi network dove promuovere la nostra attività, questo ci permette di raggiungere sempre nuovi potenziali clienti». La vostra attività è anche iMoneyPartner: come giudicate il progetto dei buoni valore? «Per i nostri clienti può essere un incentivo, ferma restando la nostra filosofia che punta sul servizio, sulla qualità, sull’ampio assortimento e sulla correttezza». L’INFORMAFREEMAGAZINE | gennaio-febbraio 2008 | 11



S O M M A R I O

gennaio - febbraio 20

L’ANALISI di Paolo Marizza

17 Scegliere a quale gioco giocare GUARNERIO D’ARTEGNA di Vanni Veronesi

20 Le conseguenze dell’amore 24

SVEVA CASATI MODIGNANI Margherita Reguitti

24 Una donna da 10 e lode

LA CORDILLERA HUAYHAUSH di Michele Tomaselli

26 Sulle tracce dell’uomo che vinse la morte PANAMA di Claudio Pizzin

30 Il fascino dei Caraibi 26

ANGELO PORTELLI di Alberto V. Spanghero

34 Soldato bisiaco prigioniero dei Russi AUGUSTO CESARE SEGHIZZI di Vanni Feresin

37 Musica per l’Imperatore

ANTONIO DE DOTTORI di Renato Duca e Renato Cosma

30

40 Una vita per il bene comune PETER WILD di Michele Tomaselli

43 Un inglese tra le montagne NASCITE INDESIDERATE di Massimiliano Sinacori

46 Danno da omessa diagnosi prenatale 34

RELAZIONI E CONSEGUENZE di Manuel Millo

50 L’influenza della decisione

EDUCAZIONE E INCONGRUENZE di Cristian Vecchiet

52 Coerenza, questa sconosciuta…

DROGA E CURE di Andrea Fiore

54 Strade senza certezza ADATTAMENTO PERSONALE/2 di Giuliana De Stefani

56 Evolvere come persone J’ARRIVE a cura della redazione

64 Le cinque facce di Napoleone MARTA NOVELLO di Margherita Reguitti

66 Custode del passato, con sguardo sul futuro LUCA SFORZA di Andrea Doncovio

69 Passione e motori MARCO BRUGNERA di Michele D’Urso

72 Ai tempi del Joe Bar CHEF…AME

75 La ricetta di Germano Pontoni 78

e segg. Gli eventi di gennaio e febbraio


: lettere alla redazione

▲ Gorizia – Alcune immagini della pista si ghiaccio allestita in Piazza Vittoria a Gorizia per l’intero periodo del Dicembre Goriziano, di cui la nostra testata ha svolto il ruolo di media-partner. In alto una fase dello spettacolo inaugurale con l’esibizione delle pattinatrici dell’Unione Ginnastica Goriziana e dell’Asd PattinoDanza Gorizia. La pista affollata di gente. Il direttore di Telefriuli, Daniele Paroni, mentre intervista il caporedattore di iMagazine Andrea Doncovio, in merito all’iniziativa.

▲ Trieste – Foto di gruppo a margine della presentazione del progetto “Dopo di noi”, pensato per garantire una vecchiaia serena alle persone con disabilità e alle famiglie fornendo un supporto al percorso di vita. A tal proposito è stato avviato il percorso per il riconoscimento giuridico dell’omonima Fondazione.

▲ Nimis – Un’immagine della festa per i 20 anni dell’agriturismo “I Comelli”, celebrata all’interno della nuova cantina alle pendici del monte Bernadia.

▲ Ronchi dei Legionari – Due immagini dell’inaugurazione della mostra in memoria di Valdino Tomasin, a due anni dalla sua scomparsa, allestita nella sede dell’associazione culturale “Leali delle Notizie”. All’evento, presentato da Amerigo Visintini, hanno partecipato gli assessori comunali alla Cultura, Mauro Benvenuto, e alle Finanze, Paola Conte, il direttore generale della Bcc di Turriaco, Andrea Musig, il segretario generale della Fondazione Cassa di risparmio di Gorizia, Rossella Digiusto, la moglie e i figli di Tomasin.

▲ Savogna d’Isonzo – La piccola Benedetta, quattro anni, ventitré di piede e poco più di un metro di altezza, è iscritta all’ASKD Vipava di Savogna. Fa parte di un gruppo dove il piacere di indossare i pattini deve essere una priorità indispensabile, ma dove si fanno anche tante altre esperienze. E così, quando l’insegnante decide di aderire a una manifestazione nazionale organizzata dall’ACSI, Ente di Promozione Sportiva, a 400 chilometri da casa, Benedetta ha le stesse opportunità degli altri. Tutto è rapportato all’età ma tutti possono partecipare. E lei, che vede le amiche provare, con la sua musica ci gioca. Ma quando scende in pista sembra un piccolo puntino in una superficie di 800 metri quadri. Per niente intimorita, coccolata dalle amiche, fino all’ultimo con la mano nella mano della maestra entra e spiazza un po’ tutti. Con noncuranza fa tutto quello che il programma prevede; per lei, in fondo, è un bellissimo gioco. Quando la giuria alza le cartelle con i punteggi nessuno li ascolta. Solo alla fine ci si accorge che Benedetta salirà sul terzo gradino del podio italiano. Coppa, medaglia di bronzo, mano sul cuore per l’inno. Davanti a una scena cosi, qualche lacrima scende a tutti. Annamaria Declich ASKD Vipava

È possibile inviare le proprie lettere e i propri commenti via posta ordinaria (iMagazine – via Aquileia 64/a – 33050 Bagnaria Arsa-UD), oppure via e-mail (redazione@imagazine.it).


▲ Casarsa della Delizia – L’ex campione olimpico del nuoto nei 200 metri misti (medaglia d’oro a Sydney 2000) Massimiliano Rosolino ha fatto visita agli atleti dell’Atletica Coop Casarsa San Martino. Nella foto Rosolino è in mezzo tra il presidente del sodalizio Franco Cristofoli (a dx) e il presidente di Coop Casarsa Mauro Praturlon.

▲ Duino Aurisina – Foto di gruppo dei partecipanti all’escursione alle grotte preistoriche del Carso di Aurisina, organizzata dal Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” di Gorizia. Ad accompagnare gli escursionisti è stato il professor Paolo Paronuzzi dell’Università degli Studi di Udine. Maurizio Tavagnutti Presidente Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer”

▲ Muggia – I premiati del Concorso Fotografico Trieste Opicina Historic 2016 organizzato dal Club dei Venti all’Ora in collaborazione con mc59.com Categoria ‘La Gara’: 1° classificato Maria Grazia Fucci; 2° classificato Mauro Bernazza; 3° classificato Guido Zoch. Categoria ‘Reportage’: 1° classificato Fabrizio Ruzzier, 2° classificato Mauro Bernazza; 3° classificato Lorenzo Pozzecco.

▲ Udine – Alcuni rappresentanti dell’Udinese Club di Joannis intitolato alla memoria di Lucio Aiza sfilano sul terreno di gioco dello Stadio Friuli durante i festeggiamenti per i 120 dell’Udinese Calcio, lo scorso 5 dicembre prima della gara di campionato dei bianconeri contro il Bologna.



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L’ANALISI INNOVAZIONE E PRODUTTIVITÁ Rubrica di Paolo Marizza

« Scegliere

a quale gioco giocare

La crescita economica diventa impossibile se non si innova. Ma per farlo in modo efficace è indispensabile una strategia globale a livello di sistema Paese. Saremo in grado di farlo?

«

L’innovazione è un importante motore della crescita economica. Migliora la produttività del capitale e del lavoro innescando circoli virtuosi di investimenti, reddito e risparmio che portano a ulteriori investimenti. L’innovazione, sia attraverso la riduzione dei costi o la differenziazione del prodotto, è la più importante arma competitiva. Eppure, l’innovazione è ancora poco compresa, è un fenomeno complesso e molto diversificato. Le strategie di innovazione sono caratterizzabili rispetto a diverse dimensioni: 1) l’innovazione è di tipo incrementale o crea nuovi prodotti/servizi/mercati; 2) è associata con un prodotto/servizio stand-alone (in grado di funzionare autonomamente) o il prodotto/servizio è parte di un sistema. Ciascuna tipologia di innovazione è caratterizzata da un ecosistema specifico. In termini di impatti sulla crescita e sul PIL, recenti ricerche mostrano che le innovazioni incrementali danno un contributo significativamente maggiore rispetto a innovazioni cosiddette dirompenti. I settori industriali vivono diverse fasi nel loro ciclo di vita e ciascuna è dominata da un determinato tipo di innovazione, anche se strategie diverse possono coesistere. I mercati per i prodotti “stand alone” tendono a evolversi, spesso spinti e protetti da un brevetto in un regime iniziale di concorrenza monopolistica, in mercati in cui si compete attraverso ondate e nuovi cicli di innovazioni. Una evoluzione tipica avviene quando i brevetti arrivano alla fine della loro vita e i prodotti diventano commodity (prodotti realizzati senza differen-

ze qualitative, ndr) con l’ingresso di produttori a basso costo. Il prezzo sostituisce il valore del marchio come criterio di scelta dei clienti. La capacità di riconoscere e di eseguire la strategia di innovazione più appropriata al contesto diventa nella nostra era della post globalizzazione la capacità competitiva fondamentale. In questo contesto la maggior parte delle imprese tendono a sviluppare diverse strategie di innovazione contemporaneamente, ma giocare due o più partite allo stesso tempo richiede una intensità di azione, di risorse e una diversità di competenze che poche organizzazioni possono padroneggiare. La maggior parte delle imprese attribuiscono all’innovazione una parte significativa della loro redditività. Ma le strategie sono molto diverse. Le imprese in settori maturi usano percorsi diversi da quelle che operano in settori ad alta tecnologia. Si deve riconoscere che l’innovazione ha molte facce, ognuna delle quali rappresenta una logica distinta di innovazione, che richiede strategie e pratiche diverse. Questo punto di vista va contro la convinzione diffusa che vi siano migliori pratiche e politiche pubbliche universali per stimolare l’innovazione. In effetti tale sistema potrebbe intrappolare interi settori in percorsi e giochi competitivi a somma negativa con basso tasso di innovazione, bassa crescita e bassa redditività.

Giochi competitivi e innovazione

I percorsi competitivi (giochi) sono insiemi coerenti di strategie e regole utilizzate per prendere decisioni |

gennaio-febbraio 2017

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circa l’innovazione in diversi contesti. Ogni percorso/ gioco può essere visto come un flusso coerente di decisioni vincolate da alcuni fattori economici, sociali, istituzionali e tecnologici, che determinano un numero limitato di traiettorie che le imprese possono perseguire. Ogni percorso/gioco è caratterizzato da: i) una serie coerente di strategie e di regole; ii) un ecosistema di aziende interdipendenti che competono e collaborano con gli innovatori, innescando così dinamiche positive di crescita o evoluzioni negative; iii) un quadro di riferimento e una serie di accordi istituzionali, pubblici o privati, che supportano i particolari modelli di innovazione. Le imprese raramente innovano da sole: le università, istituti di ricerca, le comunità scientifiche e tecnologiche e imprenditoriali forniscono il capitale intellettuale e imprenditivo. In questo quadro rientrano le risorse finanziarie e di consulenza che provengono da istituzioni finanziarie e dalle agenzie pubbliche di sostegno all’innovazione. È di questi giorni la nascita della nuova piattaforma di investimento “ITAtech”, per trasformare i progetti di ricerca e di innovazione tecnico-scientifica in nuove imprese ad alto contenuto tecnologico. L’iniziativa, promossa da Cassa Depositi e Prestiti (CDP) e Fondo europeo per gli investimenti (FEI), è rivolta a progetti sia pubblici sia privati, con una dotazione iniziale di 200 milioni di euro dedicati ai processi di “trasferimento tecnologico” dalle università e dai centri di ricerca alle imprese, in vari settori a elevato potenziale di crescita.

L’iniziativa ITAtech è stata lanciata contestualmente al varo della piattaforma di investimento dedicata alle Piccole medie imprese (PMI) italiane, congiuntamente da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, dalla Commissione Europea, della CDP e del FEI. Il piano in questione, grazie a una serie di iniziative di messa a disposizione di garanzie e meccanismi di mitigazione dei rischi, ha l’obiettivo di attivare investimenti per le PMI per oltre 6 miliardi di euro. Con i 225 milioni di euro stanziati si vuole infatti attivare un effetto moltiplicatore in grado di sostenere un ammontare rilevante di nuovi investimenti, fornendo alle PMI maggiori margini di manovra finanziari per investire nel futuro, creare posti di lavoro e crescita. Ma come abbiamo detto l’innovazione ha molte facce e ognuna è caratterizzata da diverse modalità e insiemi di regole di business e istituzionali che più si adattano al processo competitivo in un settore in un determinato momento. Infatti anche dal punto di vista delle politiche pubbliche, la capacità di riconoscere i fattori critici nel “gioco” dell’innovazione in diversi momenti del ciclo di vita delle industrie (siano esse manifatturiere o di servizio) ha implicazioni significative per l’efficacia delle politiche stesse, in quanto queste dovrebbero essere specifiche e differenziate da un “gioco” all’altro. Per questi motivi l’innovazione è ancora oggetto di indagine, sia dal punto di vista della strategia di business che dal punto di vista delle politiche pubbliche. In particolare la sua grande diversità, dall’invenzione di Internet all’invenzione di nuovi principi attivi nelle biotecnologie, rende difficile generalizzare le modalità di stimolo e di intervento. L’innovazione può essere generalmente definita in termini di nuove applicazioni che creano nuova conoscenza e migliore utilità per la società.


Le teorie più comunemente accettate di innovazione tendono a riflettere le opinioni di Schumpeter, immaginando innovazioni come le ricerche basate sulla scienza che producono prodotti basati sulla proprietà intellettuale. C’è anche una credenza quasi mitica nel ruolo critico di imprenditori come agenti di ringiovanimento e, per estensione, in capitale di rischio che li sostengono. In questo filone di pensiero le grandi imprese con R&S (ricerca e sviluppo) sono importanti agenti di innovazione. Questo punto di vista ha portato a una forte associazione nella politica pubblica tra R&S e innovazione. In effetti, l’indicatore più popolare dei risultati nazionali sull’innovazione sembra essere la spesa delle imprese in R&S in percentuale del PIL. Dal nostro punto di vista, il sostegno pubblico all’innovazione o alla R&S nelle Università non è centrale. È un fattore tra i molti, ma in genere non un fattore determinante e sufficiente per l’innovazione. L’innovazione richiede il successo commerciale, la realizzazione di nuove idee e non riguarda l’avanzamento delle conoscenze e lo sviluppo della tecnologia. Questa distinzione importante ha un impatto sul ruolo delle politiche per lo sviluppo scientifico e della tecnologia. Infatti la ricerca di base rappresenta una fase pre-competitiva al di fuori del processo di innovazione. I fornitori di nuove conoscenze contribuiscono con input importanti al processo di innovazione, proprio come il quadro giuridico, normativo e istituzionale: sono facilitatori importanti, ma di rado sono al centro del processo. Negli ultimi anni la comprensione del fenomeno dell’innovazione è progredita con l’individuazione di tre nuovi paradigmi: - Innovazione come sistema modulare. Una gran parte dei nuovi prodotti e servizi sono inseriti in sistemi esistenti, come componenti complementari e componenti aggiuntivi. Si parla di piattaforme che trasformano l’innovazione in complesse evoluzioni di tipo architettonico. - Innovazione come interazione con i clienti. I nuovi mercati sono generalmente costruiti congiuntamente da innovatori e clienti. Le innovazioni sono il risultato di un processo di interazione e apprendimento tra innovatori e i clienti più aperti alle novità, il cui coinvolgimento è essenziale per lo sviluppo di nuovi prodotti/servizi. I clienti forniscono informazioni critiche per gli sviluppatori nelle fasi di pre-commercializzazione e del processo di definizione e lancio sul mercato. - Innovazione come ecosistema. Le imprese difficilmente innovano da sole e si basano su contributi di aziende complementari. Le innovazioni emergono dagli ecosistemi e sono raramente il lavoro di singole imprese. L’evidenza empirica e gli studi degli ultimi venticinque anni hanno documentato le interdipendenze tra gli attori chiave nell’evoluzione dei settori e dei cluster (imprese interconnesse) industriali.

sono gli obiettivi degli attori in gioco? La convergenza tra operatori della telefonia e dei produttori di contenuti multimediali sta conducendo verso nuovi assetti, verso nuove piattaforme competitive. Saranno gli iphone o altri PDA (palmari digitali) a sostituire i telefoni fissi o mobili? Saranno Time Warner, Mediaset, Netflix, Google, Skype e altri mediatori di informazioni i punti di ingresso per le comunicazioni di massa? La battaglia è in corso, Internet facilita l’ingresso di molti nuovi giocatori così come ha favorito innovazioni di piattaforme e architetture modulari in varie industrie e ecosistemi. Le strategie dominanti per l’innovazione di solito non sono basate su abilità scientifica o brevetti. Invece, le strategie emergono da (1) una visione coraggiosa sulla traiettoria di nuove tecnologie per soddisfare le esigenze non soddisfatte; (2) la capacità di costruire coalizioni e standard produttivi e di servizio aperti alla collaborazione; (3) la capacità di marketing e di promozione, per rendere le nuove piattaforme attrattive per la clientela. Costruire più grandi comunità di sviluppatori e utenti richiede capacità di collaborazione e di orchestrazione. Disporre di brevetti di prodotto è utile, ma spesso secondario rispetto alle capacità ed agli effetti di costruire reti, sistemi modulari e architetture competitive. I sistemi aperti e le innovazioni di rete riflettono la fase attuale del nostro sviluppo economico. La frammentazione del tessuto economico imprenditoriale italiano probabilmente richiede di intraprendere percorsi di innovazione e crescita basati sullo sviluppo di ecosistemi e architetture di business modulari, anche per superare il nanismo che lo contraddistingue. Si tratta di superare approcci e politiche in cui ogni settore dell’economia si affida di volta in volta a percorsi individuali e isolati, ciascuno con il proprio fabbisogno in termini di persone, conoscenze, capitali d’investimento e di quadro istituzionale. Una strategia di innovazione per il nostro Paese richiede uno sforzo molto più complesso e dovrà riflettere tanto la sua struttura industriale quanto le ambizioni Questi nuovi punti di vista aiutano la comprensione di ciò che vuole diventare. dell’evoluzione delle battaglie competitive e dei procesPaolo Marizza si di innovazione complessivi. Ad esempio oggi gli operatori delle telecomunicazioni e dei media sono impegnati Paolo Marizza è Docente DEAMS-Università di in battaglie simili. Si veda il caso Bolloré/Mediaset. Quali Trieste e Partner di Financial Innovations |

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ALLA SCOPERTA DI...

GUARNERIO D’ARTEGNA Servizio e immagini di Vanni Veronesi

Le conseguenze

dell’amore

Una vita spesa per la conoscenza, culminata con due gesti commoventi: dopo cinque secoli e mezzo la storia di Guarnerio d’Artegna, vero e proprio esempio di come ‘stare al mondo’, conserva un fascino straordinario. iMagazine l’ha ricostruita per voi.

Ambizioni e tentazioni

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Un imprecisato inizio del Quattrocento (forse il 1410), a Portogruaro o a Zoppola: è avvolta nell’oscurità la nascita di Guarnerio, che non a caso si prodigherà per ripristinare il titolo di conte d’Artegna, assegnato dal Patriarcato di Aquileia alcuni secoli prima ed evidentemente perduto dalla sua famiglia. Assicurarsi un albero genealogico di elevata schiatta, all’epoca, è fondamentale per avanzare nella società, tanto più che le ambizioni del giovane Guarnerio sono evidenti sin dalle prime testimonianze sul suo conto: l’immancabile laurea in legge all’Università di Padova e, soprattutto, la sua presenza a Roma a partire dal 1428, alle dipendenze del cardinale Antonio Panciera, nella sua residenza pres-

so San Biagio degli Armeni. L’ambiente dell’Urbe è quanto di meglio possa offrire la cultura italiana dell’epoca: proprio qui, a contatto con umanisti e intellettuali, Guarnerio matura il gusto per la letteratura latina, una delle poche certezze a cui appigliarsi in tempi travagliatissimi. Le prime avvisaglie della crisi si manifestano nel marzo del 1431, quando papa Martino V muore subito dopo aver convocato un concilio a Basilea. Il successore, Eugenio IV, è un tipico cittadino della Repubblica di Venezia, erede di un casato borghese arricchitosi con il commercio; facile, con un simile retroterra, spiegare la sua insofferenza nei confronti di un concilio piombatogli addosso contro la sua volontà, nonché il suo astio verso l’ambiente romano, che ha un emblema perfetto nel motto della famiglia Colonna: mole sua stat, «sta ferma sul suo peso». Lo scontro non tarda ad arrivare; sul fronte conciliare, i cardinali riuniti a Basilea conducono un’opposizione serrata, che culminerà nell’elezione di un antipapa (1439); sul fronA fianco: San Daniele del Friuli, Biblioteca Guarneriana, codice Guarneriano 8, f. 19r: sotto al testo del De civitate Dei di S. Agostino, copiato nel 1450, Guarnerio d’Artegna appone il suo stemma. Sopra: veduta della Biblioteca Guarneriana di San Daniele del Friuli.


Roma, via Giulia: chiesa di S. Biagio degli Armeni, Parigi, Biblioteca Nazionale: immagine tratta dal manopresso la quale dimorava il cardinale Antonio Panciera. scritto Copto 130, risalente al VI-VII secolo. Il codice riQui, dal 1428 al 1431, fu ospitato Guarnerio d’Artegna. porta la traduzione in copto saidico del Pastore di Erma.

te romano, proprio i Colonna danno vita a un governo autonomo della città. Messo spalle al muro, nel maggio 1434 il pontefice è costretto a una rocambolesca fuga sul Tevere, a bordo di una barca a remi. Sei mesi dopo Roma è ricondotta all’ordine, ma Eugenio ne rimarrà lontano fi no al 1443, preferendo risiedere fra Bologna e Firenze. È in questo clima infuocato che Guarnerio sceglie di riparare in Friuli e prendere i voti, unico trampolino possibile per un nobile decaduto come lui. La Roma, Basilica di San Pietro, portale del Filarete fede in Dio è forte, non altrettanto la vocazione: a (1445): San Pietro consegna le chiavi a papa Eugenio testimoniarlo è la nascita di sua figlia Pasqua, ne- IV (ph: http://stpetersbasilica.info). gli stessi mesi in cui egli avvia la carriera ecclesiastica (1435). Il neo chierico non può riconoscerla, ma non viene meno ai suoi doveri di padre: inizia così un sostegno clandestino alla figlia che durerà per oltre vent’anni.

Tra sacro e profano

Il 16 settembre 1438, nel duomo di Udine, Guarnerio viene consacrato ufficialmente sacerdote, ma i suoi veri interessi sono orientati altrove. Ereditata una parte della collezione libraria del cardinal Panciera e acquistati altri codici sul mercato, l’umanista friulano si ritrova fra le mani una serie di manoscritti religiosi di straordinario valore, fra cui la leggendaria Bibbia ‘Bizantina’. Il manoscritto, che si apre con il libro del profeta Daniele e dunque presuppone un primo volume perduto, parla già con i suoi numeri sbalorditivi: 34,8 cm di base e 52,8 cm d’altezza, 21 grandi iniziali figurate o istoriate, 1.144 piccole iniziali con decorazioni altrettanto raffinate e 175 testate miniate. Sull’o- Il duomo di Udine, dove Guarnerio fu consacrato sacerrigine di questo capolavoro assoluto dell’arte libra- dote il 16 settembre 1438. |

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ria gli studiosi dibattono da decenni: alcuni lo riconducono allo scriptorium del Santo Sepolcro di Gerusalemme e pensano a un arrivo in Italia attraverso i Crociati; altri lo collocano in Italia Meridionale, in un’area influenzata dalla cultura bizantina. Il manoscritto, di contenuto sacro, si affiancherà ben presto a quelli di contenuto profano: Philippicae, Paradoxa e De amicitia di Cicerone, copiati per Guarnerio a Lavariano dal canonico Nicolò di San Vito al Tagliamento; il De officiis sempre di Cicerone, copiato raptissime («rapidissimamente») dallo stesso Guarnerio; i riassunti dell’opera di Tito Livio, anch’essi trascritti raptim. Tra una lettura e l’altra, tuttavia, il chierico è costretto a fare il suo dovere ecclesiastico: lo troviamo quindi al concilio, nel frattempo spostato a Ferrara (1438) e poi a Firenze (1439). Le ambizioni dei porporati sono altissime: di fronte alla minaccia degli Ottomani, ormai da anni alle porte di Bisanzio, le chiese ortodossa e cattolica dovranno riunirsi per affrontare il nemico comune. La delegazione bizantina è un concentrato di giganti: al seguito dell’imperatore Giovanni VIII Paleologo, infatti, arrivano il cardinale Bessarione, il filosofo Giorgio Gemisto Pletone e lo scrittore Giovanni Argiropulo. Nomi che oggi parlaSopra, partendo da sinistra: - San Daniele del Friuli, Biblioteca Guarneriana: f. 156v del codice Guarneriano 3, la celebre ‘Bibbia Bizantina’. La splendida miniatura apre il libro dei Maccabei; - San Daniele del Friuli, Biblioteca Guarneriana: f. 28r del codice Guarneriano 3. Si notano le testate (i rettangoli rossi e blu con le scritte incipit), la piccola A miniata e la grande I iniziale formata dalla figura del santo; - San Daniele del Friuli, Biblioteca Guarneriana: f. 154v del codice Guarneriano 69, contenente il De officiis di Cicerone. Alla fi ne del manoscritto, Guarnerio specifi ca di aver copiato l’opera «rapidissimamente» (raptissime). 22

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no solo agli studiosi di filologia, eppure di importanza capitale nella storia dell’Europa, poiché assieme a loro giunge un vero e proprio fiume di manoscritti greci. Così, dopo secoli di oblio, in Occidente ricompaiono i ‘classici’: un flusso librario che aumenterà esponenzialmente dopo il 1453, quando Bisanzio cadrà defi nitivamente in mano turca – sancendo la velleità delle ambizioni conciliari – e gli ultimi intellettuali fuggiranno proprio in Italia. Guarnerio non riuscirà mai ad imparare il greco, ma il contatto con queste figure straordinarie avrà un influsso determinante, tanto da indurre Guarnerio a raccogliere e commissionare traduzioni latine di autori come Basilio di Cesarea, Tucidide, Luciano, Plutarco, Eschine, Senofonte e Demostene.

Ascesa, declino e nuove sfide

Questa seconda fase nella costruzione della sua biblioteca, databile a partire dal 1444, è anche la più feconda: Guarnerio, divenuto vicario del Patriarca di Aquileia (carica che gli consentirà, nel 1445, di essere il vero protagonista delle trattative fra la Serenissima e il Patriarcato dopo la conquista veneziana), cementa i suoi rapporti intellettuali legandosi a Giovanni da Spilimbergo e Francesco Diana, rettori della scuola di Udine, che gli mettono a disposizione i migliori studenti per la copiatura dei classici latini e greci. Accanto al già ricordato Nicolò da San Vito, dunque, compaiono Giovanni Belgrado, Nicolò de Collibus, Marco di Giovanni da Spilimbergo, Michele Salvatico; copisti provetti, ma comunque inferiori alla vera stella dello scriptorium di Guarnerio: Battista da Cingoli, un analfabeta. Paradossalmente, l’incapacità di comprendere il senso delle parole è il suo punto di forza: non potendo fraintendere alcunché, Cingoli riproduce i testi che deve copiare esattamente come li vede, creando una grafia che sconfina nel disegno artistico, così bella da fare invidia a qualsiasi stampatore. Questo stuolo di professionisti confezionerà manoscritti preziosissimi, con opere di Aulo Gel-


Sopra, l’interno della Biblioteca Guarneriana (ph: http://artbonus.gov.it); a lato, San Daniele del Friuli, Biblioteca Guarneriana: f. 1r del codice Guarneriano 53, testimone delle opere di Plauto.

lio, Valerio Massimo, Curzio Rufo, Cornelio Nepote, Svetonio, Nonio Marcello, S. Agostino, S. Girolamo, l’immancabile Cicerone, svariati autori greci (tradotti in latino), ma anche umanisti precedenti o contemporanei a Guarnerio. Ma ci sono anche presenze inattese, apparentemente incompatibili con la biblioteca di un serio vicario patriarcale, eppure tipiche di un animo mosso da una curiosità senza limiti: il poeta Marziale, autore di epigrammi in cui non mancano volgarità ed erotismo, e il commediografo Plauto, le cui opere sono infarcite di gustose scurrilità e situazioni imbarazzanti. Nel frattempo la figlia Pasqua è diventata maggiorenne. Ormai in età da marito, la sua scelta cade su Giovanni Baldana, figlio di Bartolomeo, amico di Guarnerio fi n dagli anni romani. Perché il matrimonio sia valido, tuttavia, occorre avere il riconoscimento ufficiale della paternità di Pasqua, sicché Guarnerio è posto di fronte a un bivio: ignorare le aspirazioni della figlia, mantenendo una posizione privilegiata all’interno della curia, oppure riconoscerla una volta per tutte, assicurandole un avvenire a scapito della propria carriera. Guarnerio non ha dubbi: sceglie la seconda strada. Il riconoscimento di Pasqua suscita scandalo nel Friuli dell’epoca: privato del titolo di vicario, ridimensionato a semplice pievano di San Daniele del Friuli, dal 1454 Guanerio si ritrova senza copisti qualificati. Si affida così a maestri di provincia, i cui scritti presentano tanti e tali errori da suggerire all’umanista friulano una nuova, eccitante sfida: la creazione di una scuola di grammatica, nella quale mettere a disposizione i libri della propria raccolta. Quella che era nata come semplice collezione privata, gelosamente custodita dal suo coltissimo proprietario, diventa così uno strumento didattico formidabile.

L’ultimo atto

All’appressarsi della morte, dopo aver riconosciuto sua figlia, il 7 ottobre 1466 Guarnerio compie il secondo gesto più importante della sua

vita: nel dettare le sue ultime volontà testamentarie, lascia alla chiesa di San Daniele «tutti li suoi libri che si ritrovava havere con obligo alla Chiesa di far fabricare in loco honesto et condecente una libraria et in quella tutti l’istessi libri ponere, con sue catene ligati, et ivi conservarli per uso dell’istessa Chiesa et che non siano mai levati di detta libraria per accomodar altri. Et se alcuno volesse sopra detti libri legere o studiare et al Consilio et Comunità piacesse, possa sopra detti libri e nell’istessa libraria e non altrove legere et studiare con licenza del Consiglio et Comunità di San Daniele». È l’atto di nascita di una delle prime biblioteche pubbliche del mondo: la Guarneriana, appunto, dove ancora oggi possiamo ammirare la collezione del suo fondatore, arricchita dai lasciti dei secoli successivi. Uno scrigno di tesori che continua a tramandare il ricordo di un umanista, ma soprattutto di un vero uomo.

Vanni Veronesi

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PERSONAGGI

SVEVA CASATI MODIGNANI Intervista di Margherita Reguitti

Una donna da 10 e lode I suoi romanzi hanno venduto più di 12 milioni di copie nel mondo. L’ultimo, da poco presentato in Friuli Venezia Giulia, affronta la crisi della scuola e quella dell’editoria attraverso le vicende dei suoi protagonisti. Due di loro provengono da Trieste: «Una città per me particolarmente bella, con tanti amici».

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Sveva Casati Modignani, signora della letteratura contemporanea, ha imparato a conoscere Trieste leggendo Svevo; poi il fato volle che il suo editore scegliesse per lei proprio questo pseudonimo. Autrice di successo ha fi rmato oltre trenta romanzi, tradotti in 20 Paesi per 12 milioni di copie vendute. Il suo ultimo lavoro dal titolo “Dieci e lode”, una storia d’amore ambientata nel mondo della scuola e dell’editoria, è stato presentato al Castello di Spessa nell’ambito della rassegna “Calici d’autore”, realizzata dal Comune e dalla Pro Loco di Capriva. Protagonisti del romanzo sono Fiamma e Lorenzo; lei direttrice di una piccola casa editrice, determinata a resistere all’assalto dei grandi gruppi editoriali, lui docente per vocazione, uomo colto e benestante, un missionario, che sceglie di insegnare in una scuola difficile, con ragazzi problematici, spesso defi niti “ s o m a r i ”. Due per24

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sone ultra quarantenni, con matrimoni naufragati alle spalle, convinti che la vita offra sempre una seconda possibilità. Da dove è nata la scelta di ambientare il romanzo in una scuola della periferia milanese? «Uno scrittore si guarda sempre intorno e coglie il bello e il brutto della vita. Questo è uno degli argomenti più brucianti di questi anni. Ho visto lo stato di degrado della così detta “buona scuola” che fa acqua da tutte le parti. Le istituzioni e la politica hanno disinteresse verso gli insegnanti, persone nella maggior parte dei casi preparate e motivate, con retribuzioni vergognose, pagati la metà rispetto ai colleghi francesi. Senza fondi e in edifici fatiscenti devono svolgere il loro lavoro importante e delicato: preparare gli uomini e le donne di domani. Ho visitato edifici scolastici che ospitano studenti in condizioni deplorevoli, arrivando al massimo della tragedia di scuole implose per le scosse del terremoto, nonostante la recente messa a norma sismica. Le pare una cosa onesta? Certo tutto questo ci sta, pensando che un ministro tempo fa dichiarò che la scuola non fa reddito». Come si è documentata per delineare il personaggio di Lorenzo Perego? «Ho incontrato tanti insegnanti, presidi, studenti in molte scuole e ho capito che a scuola ci sono tanti bravi professori. È grazie a loro e alle famiglie che i nostri ragazzi imparano a porsi delle domande e non solo a pensare che se sei furbo te la cavi. Lorenzo è un rampollo di buona borghesia, non lavora per necessità ma per passione, un missionario. Ha abbandonato un prestigioso liceo del centro per andare in un istituto professionale della periferia. I suoi sono ragazzi difficili, che non studiano, ma lui ha imparato che i somari sono spesso i più capaci, quelli che imparano di più e più velocemente, se si riesce a interessarli nel modo giusto».


Fiamma Morino invece è una donna separata, con due bambine e un lavoro impegnativo... «Anche questo personaggio agisce in un mondo che conosco bene e del quale è importante parlare: le piccole case editrici che oggi hanno una vita difficilissima perché il libro è da sempre un prodotto povero. Inoltre viviamo in un Paese dove un unico gruppo editoriale, la Mondadori, ha fagocitato tutto. Ma Fiamma non si arrende, è capace e motivata e sa gestire i rischi enormi del suo lavoro. Non vuole diventare ricca, vuole credere nei suoi autori di libri importanti e belli, avesse voluto diventare ricca avrebbe scelto altre vie. Ecco queste due persone, con i propri bagagli di esperienze positive e negative, si incontrano e nasce una bella storia». Due dei suoi personaggi, Ludmilla e Olga Miaselich, arrivano a Milano dal Friuli Venezia Giulia. Come mai? «Per l’esattezza da Trieste: sono madre e figlia, la prima è una maga che consiglia la gente bene di Milano, la seconda la bellissima e pazza figlia, imprevedibile e forte, rozza ma capace di diventare un’imprenditrice di successo. Sono personaggi costruiti basandomi su ricordi della mia infanzia. Ero piccola e mia mamma mi parlava di una veggente chiamata principessa Tatiana con ascendenze triestine. Ne fui così colpita da ispirare questi due personaggi. Trieste è per me una città particolarmente bella con la sua piazza affacciata sul mare, il Caffè degli Specchi e tanti amici che lì mi aspettano. Olga rappresenta la passione imprevedibile e selvaggia capace di affascinare un uomo come Lorenzo, all’apparenza così equilibrato e razionale. Ma nelle pagine vivono tanti altri personaggi, soprattutto donne, dai tratti veri e diversi». Come spiega il suo successo in Italia e all’estero, così costante e longevo? «Sono una miracolata! (Ride di un sorriso divertito e schietto, ndr) Forse nasce dal fatto che racconto qualcosa di universale. Le persone che incontro mi dicono di essersi commosse, divertite, identificate nei personaggi e riconosciute. Questo processo di identificazione nasce dal mio osservare la vita quotidiana attorno a me, dall’ascoltare i racconti, dal guardarsi in giro e stare in mezzo alla gente. Questo libro mi sta dando molte soddisfazioni. Incontro tanti insegnanti alle mie presentazioni; mi dicono che si riconoscono nella fatica di svolgere il loro lavoro tanto importante in edifici fatiscenti e senza i denari per comprare quello che serve, ma con tanta passione nel rapporto con i loro ragazzi, anche i più difficili, quelli definiti “somari” che spesso sono solo ragazzi annoiati con i quali è necessario trovare un linguaggio diverso per farli desiderare la bellezza del sapere farsi delle domande e dunque imparare oltre le conoscenze prestabilite». Nei suoi romanzi le donne sono protagoniste: si definirebbe femminista? «Io sono dalla parte delle donne, mi sembra legittimo dopo che per generazioni il sistema maschilista ci ha insegnato a metterci le une contro le altre. Sono convinta che la solidarietà fra le donne, il senso di sorellanza, oggi molto rari, potrebbero dare buoni frutti. Le donne sanno fare molto e bene; la prova ci viene dalla storia. Quando nel medioevo i crociati andavano in giro per il mondo a combattere erano le donne che a casa gestivano l’economia, amministravano la giustizia, educavano i figli. Dunque siamo capa-

ci, generose, abbiamo qualità non superiori ma diverse da quelle degli uomini. Ecco perché l’ideale è un rapporto fra donna e uomo basato sul rispetto e sulla parità». Dove trova ispirazione per i suoi libri? «Nella vita, credo che gli spunti per i romanzi più belli siano sotto i nostri occhi ogni giorno, andando a fare la spesa, in ufficio, nelle vie delle nostre città. Basta guardarci attorno e sapere vedere tutto quello che di meraviglioso c’è nella vita, sono già narrazioni che aspettano solo di essere raccontate». Questo romanzo è ambientato a Milano, che rapporto ha con la sua città? «Amo Milano, ci sono le mie radici, un tempo nella zona di via Padova, dove io vivo da sempre, vi erano bei palazzi liberty e case più modeste a schiera. Oggi tutto è cambiato; molti di questi edifici sono occupati da stranieri arrivati nel nostro Paese in cerca di una vita migliore che si trovano a vivere in condizioni difficili. Hanno occupato zone della città, tutto è cambiato, ma io non intendo trasferirmi anche se vivo blindata in casa». A cosa sta lavorando ora? «Al terzo volume di miei ricordi che uscirà per Electa, nel quale racconto il mondo del lavoro quando ero ragazza, prima di diventare scrittrice. In passato ho lavorato anche come giornalista ma non sopportavo i caporedattori che mi imponevano di cambiare o togliere aggettivi e parole. Per questo ho iniziato a scrivere: per raccontare liberamente le mie storie». Questo “Dieci e lode” a chi lo diamo? «Agli italiani, a tutti noi che ce lo meritiamo, capaci come siamo di affrontare una situazione quanto mai difficile senza arrenderci. Certo ci vorrebbe più onestà e competenza soprattutto nella politica, ora che non esiste più né destra né sinistra, per far tornare il nostro Paese ai livelli del dopoguerra quando Togliatti e De Gasperi, un comunista e un democristiano ma soprattutto due persone per bene, seppero fare di un’Italia distrutta dalla guerra una grande potenza». Margherita Reguitti In alto, Sveva Casati Modignani assieme alla giornalista Margherita Reguitti durante la presentazione del suo libro al Castello di Spessa (ph. Ubik Gorizia). Pagina accanto, in apertura, primo piano di Sveva Casati Modignani, pseudonimo di Bice Cairati (ph. Stefano Pavesi); in basso, la copertina di Dieci e lode, edito da Sperling & Kupfer (pag. 503, € 19,90). |

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VIAGGI E METE

LA CORDILLERA HUAYHUASH Servizio e immagini di Michele Tomaselli

Sulle tracce

dell’uomo che vinse la morte

Un’ascesa di dodici giorni verso le vette più estreme del Sudamerica. Un’avventura a 5000 metri d’altitudine tra ambienti spettacolari che nascondono leggende popolari e storie incredibili. Come quella di Joe Simpson.

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Simon Yates è uno scalatore inglese conosciuto per le vicende raccontate nel libro Touching the Void (La morte sospesa, di Joe Simpson). Fu lui che tagliò la corda al compagno di scalata Joe Simpson durante la spedizione al Siula Grande (6344 m) nella Cordillera Huayhuash in Perù. La storia è nota: i due raggiunsero la cima aprendo una nuova via sulla parete ovest ma, scendendo per la cresta nord, lungo la via aperta dai primi salitori, incapparono in condizioni estreme tanto che Joe, provato dalla fatica, si ruppe una gamba. Malgrado la difficoltà, Simon tentò di portarlo in salvo calandolo lungo le pareti ghiacciate; tuttavia qualcosa andò storto e, dopo attimi di terrore, Simon si vide costretto a tagliare la corda alla quale era appeso l’amico. Joe riuscì comunque a sopravvivere e ritornare al campo. La comunità alpinistica ritiene quella di Simpson una grande prova di sopravvivenza, un’importante e quasi incredibile testimonianza di vittoria della vita sulla morte. Nel 2003 il regista premio Oscar Kevin MacDonald portò questa storia sul grande schermo realizzando un capolavoro dei film di montagna. Nonostante avessi letto diverse volte il libro, non avrei mai pensato di poter anch’io trovarmi al co-

spetto del Siula Grande. Lo scorso mese di luglio mi fu offerto di partecipare a una spedizione nella Cordillera Huayhuash in Perù, toccando la Laguna Sarapococha al campo base di Joe Simpson. L’itinerario mi avrebbe consentito di compiere il periplo della Cordillera Huayhuash valicando valli e zone desertiche fino a conquistare la cima del Diablo Mudo (5350 m) dinnanzi al Siula Grande. Partecipando avrei potuto confrontarmi con la natura e vivere intense sensazioni di libertà, tra lagune e passi a oltre 5000 m. Queste montagne sono diventate famose in Italia da quando, il 6 luglio del 1969, i Ragni di Lecco, guidati dal friulano Riccardo Cassin, allora sessantenne, raggiunsero il Nevado Jirishanca, (6126 m) fino allora mai salito, la vetta più alta della Cordillera Huayhuash, e la seconda cima del Perù. Il 6 agosto 2016 arriva il giorno della partenza. Dopo la levataccia, mi trovo in aeroporto a Milano Malpensa alle 7.30 della mattina, dove prenderò l’aereo con Francesca e Gianna, mie compagne di viaggio. Al check-in riesco a imbarcare tutto l’armamentario, senza pagare il sovrapprezzo. Ci vogliono quasi 8 ore per arrivare all’aeroporto di Newark-Liberty nel New Jersey. Arrivati a destinazione, ci dirigiamo a Manhattan, nel cuore di New York. In città tutto è costoso e perfino il wi-fi dell’albergo è a pagamento. Tuttavia ci troviamo in pieno centro a due passi dalla stazione di Penn Station. Alla sera facciamo una breve passeggiata fino a raggiungere Broadway, l’ampia Avenue di New York sede Sopra: salendo verso il ghiacciaio del Diablo Mudo Accanto: flora delle Ande

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Il campo di Huayhuash a 4345 m

Il versante sud del Diablo Mudo

di teatri e spettacoli viaggianti. Abbiamo fame ma siamo costretti a mangiare al McDonald’s visto che non troviamo altro. La “grande mela” è straordinaria con le sue strade trafficate, i marciapiedi brulicanti e i quartieri multietnici. Chiude il sipario lo spettacolo di luci riflesse sui grattacieli. Dalle Stelle alle Stalle L’indomani atterriamo a Lima. Ad attenderci troviamo il mitico Hans, proprietario dell’agenzia che organizza il trek. Con un taxi sgangherato arriviamo alla stamberga di questa notte. È una topaia fatiscente ubicata nella periferia della città e frequentata da lucciole e clienti arrapati. È un via vai continuo di gente. Con difficoltà riesco a prendere sonno. Il giorno successivo raggiungiamo la stazione degli autobus: la nostra meta è Huaraz, nelle Ande. Non è facile uscire dal centro, le strade sono intasate e il traffico non scorre. Lima è una città caotica di oltre 9 milioni di abitanti, abbastanza pericolosa per la presenza di borseggiatori. Ci vogliono 8 ore di viaggio per arrivare a Huaraz, a 3000 m., il luogo del trekking per eccellenza. In alta stagione le sue vie brulicano di centinaia di escursionisti di ritorno dai sentieri o in procinto di partire per una spedizione. Dai suoi tetti si vede la Cordillera Blanca e la cima dell’Huascarán (6768 m.) la più alta montagna del Perù. Hans mi confida di esservi salito diversi anni fa e oggi si ritiene fortunato di essere sopravissuto perché è una montagna che non perdona e ogni anno miete numerose vittime. Nei giorni successivi, per favorire l’acclimatamento alle quote più elevate, raggiungiamo la Laguna di Llanganuco, a 3900 m., alle pendici dell’Huascarán. Un posto magnifico grazie ai colori turchesi dell’acqua e ai boschi di queñual. Proseguiamo in auto fino al ghiacciaio Pastoruri a 5000 metri di altitudine. Quest’ultimo è in fase avanzata di ritiro e oggi rischia addirittura di scomparire. Intanto, per combattere il mal di montagna, beviamo il mate de coca, un infuso a base di foglie di coca che magicamente ci fa sparire il mal di testa. Ritornando a valle intravediamo la Puya Raimondi, chiamata anche regina delle Ande, la più grande pianta della famiglia delle Bromeliaceae, endemica delle Ande, che può raggiungere i 10 metri di

Il campo di Viconga - Le piscine

Uno dei campi base e, sullo sfondo, lo Yerupaja Michele Tomaselli al ghiacciaio Pastoruri

Refuge des Grand Mulets a 3051 m. Sullo sfondo il ghiacciao delle Bosses Il ghiacciaio dei Pèlerins

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Scendendo dal passo Cuyoc a 5000 metri

In cammino in direzione di Viconga

altezza e che prese il nome dall’esploratore italiano Antonio Raimondi. Continuando il tour arriviamo a Yungay. Questo grazioso villaggio era stato distrutto da una valanga scesa dall’Huascarán, in conseguenza del terremoto del 1970. Guardandoci attorno ci sembra impossibile che sia stato cancellato dalla forza della natura. Eppure i segni della catastrofe ci sono tutti: il Camposanto, memoriale per le 25.000 vittime della valanga, racconta la storia di Yungay, cittadina morta e risorta dalle proprie ceneri. L’indomani, dopo aver approfittato dell’ultima doccia calda – da adesso in poi sarà impossibile lavarsi per dodici giorni – iniziamo l’avvicinamento alla Cordillera Huayhuash. Lungo una strada sterrata a strapiombo su Rio Llmac scendiamo in auto dentro una gola strettissima fino ad arrivare a Llmac, un piccolo villaggio dove si paga dazio per il parco. Qui incontriamo la nostra squadra: Victor, una guida italoperuviana che ci accompagnerà durante il trekking, e l’arriero (mulattiere) Persie, al comando dei quadrupedi per il trasporto viveri. Proseguiamo per Pocpa (3700 m.) dove montiamo le tende. Intanto nel paese tutti fanno bisboccia e bevono fiumi di birra. Victor mi racconta che ci troviamo sul Cammino Reale, la strada dell’impero Inca, lunga 5.000 km, che anticamente metteva in comunicazione diverse città del Sudamerica, e ancora oggi nasconde segreti e tesori. Nel 2013 fu ritrovato dell’oro nei pressi della miniera di Pallca, poi sottratto da un prete, mentre altre volte fu rinvenuto grazie ad alcuni bagliori riflessi sulle montagne. Storie che hanno dato origine a racconti popolari come quello dell’angelo-alieno custode d’immense ricchezze. A conferma che quando c’è di mezzo l’oro occorre procedere... con i piedi di piombo. Finalmente arriva il primo giorno di trekking. È una giornata fredda con molto vento. La tappa è monotona e non offre grandi scorci, si snoda lungo una

strada bianca con innumerevoli tornanti fino ad arrivare a Pallca dove, oltre all’oro, si estraevano anche altri metalli tra cui l’argento, il rame e lo zinco. Victor racconta che la miniera è stata chiusa recentemente a causa dell’inquinamento. Verso l’ora di pranzo siamo al campo di Quartelhuain (4170 m.). Persie ha già montato le tende e ci rifocilla con dell’ottima minestra. Nel frattempo escono dalle nuvole alcune cime della Cordillera Huayhuash: scorgiamo il Rondoy (5870 m), il Ninashanca (5607 m), lo Jirishanca (6094 m) e lo Yerupaja piccolo. Ormai siamo entrati nel vivo del viaggio: il programma dell’indomani prevede di arrivare alla laguna Mitucocha (4225 m.) nel cuore dell’Huayhuash. Ci svegliamo con il campo imbiancato di neve e la tenda talmente ghiacciata da impedirci di aprire le zip. La salita al passo Cacanan è impegnativa a causa della quota e delle difficoltà connesse alla respirazione. Ma a rigenerarci è la planata del gigante dei cieli: il condor, che osserviamo dileguarsi nei meandri infiniti dell’aria. Subito dopo iniziamo la discesa verso il fiume. Victor decide di proseguire sulla variante di sinistra per arrivare alle sorgenti di acqua calda dove beneficiamo di un pediluvio rigenerante. D’un tratto appare ai nostri occhi il Siula Grande (6344 m.) la montagna che vide le gesta di Joe Simpson e Simon Yates. Uno spettacolo straordinario. Arrivati al campo ci infiliamo nei sacchi a pelo e aspettiamo la cena. Nel terzo giorno del trekking saliamo al passo Carhuac e, complice il bel tempo, ci godiamo il panorama sulla cordillera Huayhuash. Mentre scendiamo sulle rive del lago Carhuacocha osserviamo un gruppo di viscaccie (mammiferi roditori) spostarsi verso alcune impronte fossili di ammoniti. Il campo di quest’oggi è magnifico e le montagne si specchiano nel lago creando un effetto mozzafiato. Il giorno seguente, con un giro molto faticoso, attraversiamo le lagune Gangrajanc, Siula e Quesilococha, fino a valicare il passo Siula a 4900 metri dove, grazie a uno strano gioco della natura, osserviamo le tre lagune in successione. Più tardi cominciamo a scendere verso il campo di Huayhuash sotto il peso della grandine. La tappa dell’indomani è breve con un ambiente diverso da quello dei giorni precedenti; arrivare al passo Portachuelo è semplice ma Gianna è affaticata e non riesce a salire a cavallo. Ha il mal di montagna, tossisce in continuazione e ha bisogno di essere accompagnata a quote più basse. Purtroppo sia-

Verso la laguna Mitucocha (4225 m.)

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La foresta di penitentes sul ghiacciaio del Diablo Mudo

mo senza telefono satellitare e Cajatambo, il paese più vicino, dista 30 chilometri. In questa situazione ci rendiamo conto che sarà difficile chiedere aiuto. Victor decide così di scendere a Cajatambo certo che la mattina seguente sarebbe arrivato al campo con un’automobile, così da portare Gianna a valle. Rassicurato dalla sue parole non mi resta che tuffarmi nelle pozze termali di Viconga. L’acqua è calda e mi immergo fino al collo. Nuotare a 4200 metri è una strana sensazione. All’alba dell’indomani vedo spuntare Victor dalla brughiera. Ce l’ha fatta. È riuscito a scovare un mezzo e portarlo qui vicino. Così, dopo aver fatto colazione, carichiamo Gianna sul cavallo e ci dirigiamo all’automobile. È triste vederla andar via ma ha assoluto bisogno di scendere più in basso. Ritornati alle tende saliamo al passo Cuyoc a 5.000 metri. Il sentiero è ripido e impegnativo ma offre scorci a 360 gradi sulle Cordillere Raura e Huyhuash e in particolare sul Diablo Mudo (5350 m): il nostro prossimo obiettivo. Nel frattempo la discesa mette a dura prova le nostre orecchie, assordate dallo scampanellio di centinaia di mucche presenti al pascolo. Nel pomeriggio arriviamo a Huanacpatay e ci accampiamo vicino a una roccia a forma di elefante. Il giorno dopo saliamo al Mirador S. Antonio a un’altitudine di 5000 metri; sulla sua sommità il panorama è interminabile e sembra quasi di toccare il cielo, l’aria è frizzante e le nuvole passano talmente veloci da farci sembrare immobili. In discesa assistiamo a uno spettacolo grandioso dirimpetto ai ghiacciai del Siula Grande e del Nevado Yerupaja. Dopo pranzo m’inoltro a cavallo nella valle di Sarapococha, per giungere al campo di Joe Simpson, ai piedi del Sarapo (6127 m). Dopo un tratto iniziale piuttosto ripido entro in una valle selvaggia fino a pervenire alla pietra che ricorda la spedizione. Siamo giunti all’ottavo giorno del trekking e approdiamo a Huayllapa: il villaggio è grazioso e ci dà l’opportunità di incontrare il popolo quechua. Prima di affrontare la faticaccia dell’indomani (2000 m. di dislivello) e l’ascensione al Diablo Mudo, decido di andare a dormire in un letto come si deve nell’alberghetto del paese. Potrò così caricare “le batterie” dopo tanti giorni di supplizio in tenda. La cura del sonno funziona e al risveglio mi trovo in condizione fisica smagliante, tanto da distanziare tutti gli altri mentre salgo al Passo Tapush (4750 m.)

Due immagini di bambini del villaggio di Huayllapa

In discesa, lungo le rive del lago di Gashapampa, osservo il ghiacciaio e la via di scalata che ci impegnerà durante la notte. Più tardi, giunti al campo, andiamo a dormire presto obbligati dalla levataccia prevista nel cuore dell’oscurità. Tuttavia non riesco a prendere sonno: il freddo mi penetra nelle ossa e la sveglia delle ore 2 mi sembra una liberazione. Muniti di pila frontale, partiamo in fila indiana verso il ghiacciaio. Qui ci leghiamo e cominciamo a salire in conserva con l’uso di piccozza e ramponi. Il freddo si fa sentire ma anche la fatica, specialmente al di sopra dei 5000 metri, quando dobbiamo superare i primi penitentes. Queste meraviglie gelate, alte anche due metri, assomigliano a strane lance e a figure incappucciate, ma rendono l’avanzata un inferno. A rigenerarci è la magia dell’alba che illumina, a poco a poco, le montagne della Cordillera Huyhuash. Finalmente, dopo 9 ore di scalata, siamo sulla vetta del Diablo Mudo a 5350 metri. Ce l’abbiamo fatta. Ci abbracciamo e urliamo di gioia, ma i nostri pensieri vanno ai nostri cari e agli amici che non ci sono più. E poi, non bisogna cantare vittoria troppo presto: dobbiamo ancora affrontare la lunghissima discesa per la laguna Jahuacocha, alla fine del nostro viaggio. Tutte immagini indelebili che accompagneranno la conclusione del trekking. Prima di imbarcarmi per l’Italia, tuttavia, ho ancora del tempo per togliermi un altro sfizio: assaggiare la pachamanca, il piatto tipico andino preparato con carne di agnello, manzo e capra e cucinato sotto terra. Una prelibatezza… Michele Tomaselli |

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VIAGGI E METE

PANAMA Servizio e immagini di Claudio Pizzin

Il fascino

dei Caraibi

Dal Parco nazionale di Coiba all’arcipelago delle isole San Blas: un viaggio tra rare specie animali, natura incontaminata e un mare da favola. In un Paese dove l’arte di arrangiarsi si conferma maestra di vita.

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I nuvoloni minacciosi all’orizzonte sono il biglietto da visita che Panama City ci offre al momento del nostro sbarco. È fine ottobre e la stagione umida non è ancora conclusa: il clima è afoso e fuori fa caldo. Il cielo grigio, tuttavia, non è l’unica sorpresa. Perché se per vedere il sole è sufficiente attendere qualche minuto, entrare in possesso del Balboa – la valuta locale – si dimostra da subito un’impresa. Abbandonato l’aeroporto e raggiunto il centro cittadino, io e mia moglie ci affanniamo alla ricerca di un ufficio di cambio o di un bancomat, ma le nostre richieste non trovano risposte precise tra la gente. La salvezza si materializza così in due agenti della Policia Nacional, che con gentilezza si offrono di accompagnarci verso un “Cajero automatico” (ufficio di cambio), tra gli sguardi curiosi e divertiti dei passanti dubbiosi tra considerarci semplici turisti o stranieri sotto sorveglianza. Nel frattempo i crampi allo stomaco ci avvertono che è arrivata ora di pranzo: decidiamo di fermarci al mercato dove consumiamo dell’ottimo pesce fresco. La disavventura della mattina è ormai un ricordo e ora possiamo pensare alla nostra vacanza. Tempo permettendo…

Le nuvole che ci avevano accolto al nostro arrivo si trasformano improvvisamente in un acquazzone tropicale. Troviamo così riparo in un piccolo mercato artigianale, dove prendiamo confidenza con i prodotti locali. L’indomani lasciamo Panama City alla volta di Santiago da dove proseguiamo, tra autobus e taxi, fino a Santa Catalina, amena località in riva al mare. Nostre compagne di viaggio continuano a essere le nuvole tropicali che, all’improvvisano, scaricano al suolo con violenza imponenti quantità d’acqua. Il giorno successivo raggiungiamo uno dei luoghi magici del Paese: l’isola di Coiba, considerata uno degli ultimi “paradisi naturali” incontaminati. In questo scenario meraviglioso ci concediamo il primo bagno nell’incantevole oceano in mezzo al paesaggio tropicale. Ma l’acqua cristallina è solo l’inizio di una scoperta continua: addentrandoci all’interno dell’isola ci imbattiamo prima in un iguana terrestre che alla nostra vista scompare veloce, successivamente in una varietà sterminata di uccelli, con i loro colori cangianti. Ma proprio mentre osserviamo tutto questo, un rumore possente e spaventoso ci mette i brividi. Sembra il ruggito di un leone, ma fortunatamente sono solo le scimmie urlatrici, presenti in gran numero sull’isola. Nel frattempo il sole inizia a scendere e così rientriamo per un bagno rigenerante e una cena di pesce in uno dei tanti ristoranti dello sperduto villaggio di Santa Catalina. Sopra: pescatori a Coco Blanco; accanto: il golfo di Panama City.

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Sopra, suggestivo tramonto a Bocas del Toro; a fianco, un esemplare di Bradipo.

L’indomani, di prima mattina, partiamo alla volta di Boquette, zona rinomata per la produzione di caffè. Arriviamo nel pomeriggio e, dopo un giro nel locale mercatino artigianale, al calar della sera entriamo in un locale e ci abbandoniamo al piacere di un buon espresso. Il giorno seguente, accompagnati da un giovane del posto che si rivela ottima guida, visitiamo una delle principali aziende produttrici di caffè, osservando da vicino tutte le fasi della produzione, dalla raccolta all’essicazione, con l’immancabile degustazione finale. Il giorno successivo, dopo un viaggio impegnativo a bordo di un combi, raggiungiamo Bocas del Toro. Scesi dal mezzo saliamo subito su una barca che prima ci conduce sull’isola Colon e successivamente sull’isola Bastimentos. Un sole magnifico ci accompagna durante il tragitto sulle lance che solcano veloci il mare. Nei luoghi dove ci fermiamo restiamo colpiti dalla cordialità di chi ci ospita. Siamo giunti fino qui però per poter ammirare la rana rossa, un animale minuscolo ma molto velenoso. L’appuntamento con l’escursione è per il giorno seguente, così nell’attesa ci abbandoniamo al relax della spiaggia sotto lo splendido sole caraibico. Prima di sera decidiamo di rientrare in hotel, ma la sorpresa ci spiazza: senza nemmeno cercarla, ci imbattiamo proprio nella rana rossa… Recuperiamo al volo la macchina fotografica e iniziamo a scattare in serie finché il piccolo rettile scompare. L’indomani una bellissima giornata di sole ci accoglie al nostro risveglio. Non contenti delle foto del giorno precedente decidiamo di incamminarci verso la foresta. Carmen, la proprietaria dell’hotel, ci ha segnalato che lì avremmo potuto incontrare nuovamente la rana rossa. La soffiata è corretta e la nostra testardaggine viene premiata, come testimoniato dalle istantanee che immortalano questo piccolo animale non più grande di un paio di centimetri. Il caldo nella foresta è molto umido, a tratti soffocante. Torniamo verso l’hotel dove ci attendono

Il Parco nazionale di Coiba (foto) è un’area naturale protetta che sorge sulla omonima isola dell’Oceano Pacifico, vicino alle coste panamensi. È considerato uno degli ultimi “paradisi naturali” incontaminati. Un tempo usata come isola-prigione, oggi è un parco nazionale, e dal 2005 è patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Coiba è la più grande isola centroamericana sul Pacifico e fa parte di un arcipelago composto da altre 36 isole che appartengono alle provincie panamensi di Veraguas e Chiriquí. |

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Esemplare di rana rossa.

Un’anziana mentre esegue a mano la mola.

Delfini giocano tra le onde del mare.

Boquette è un distretto di origine vulcanica, nella provincia di Chiriqui, famoso in tutto il mondo per la coltivazione di caffè (vedi foto) e noto anche come “la valle dei fiori e dell’eterna primavera” per il suo clima mite e soleggiato tutto l’anno. L’omonimo villaggio, con una popolazione di circa 15.000 abitanti, fu edificato nel 1911 alle pendici del vulcano Barù (noto anche come vulcano di Chiriqui) ad un’altitudine di 915 metri ed è il punto di accesso privilegiato per una visita al Parco Nazionale e alle numerose “fincas” dove il caffè viene coltivato. 32

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le valigie che carichiamo su una lancia per raggiungere l’isola Colon: qui pernottiamo in un alloggio all’interno della foresta. Al mattino veniamo svegliati da un violento acquazzone tropicale. In lontananza si sentono i versi spaventosi delle scimmie urlatrici: anche loro non sembrano gradire tutta quest’acqua. Ma come tipico di queste latitudini, nel giro di poco il sole torna a splendere nel cielo, accolto dal cinguettio di centinaia di uccelli che sembrano giocare con le onde del mare, scappando al divenire delle onde. La notte la trascorriamo in autobus. La destinazione è nuovamente Panama City, che raggiungiamo la mattina presto dopo un lungo viaggio. Scesi dal bus, saliamo subito su un altro che ci condurrà verso l’imbarco per raggiungere le isole di San Blas. Prima però ci attendono due ore di tragitto ai confini della realtà. L’autobus è dotato di venti posti a sedere, ma a bordo siamo più del doppio. Alla prima fermata comprendiamo subito il supplizio che ci accompagnerà: per far scendere le persone dall’unica porta d’uscita, infatti, tutti i passeggeri devono a loro volta fuoriuscire dal mezzo per poi risalire e ripartire. Operazione tragicomica da ripetere a ogni fermata, nella silenziosa indifferenza di tutti… Le persone più alte, nel frattempo, viste le dimensioni ristrette del bus, si piegano su sé stesse per non sbattere la testa contro il tettuccio. Accogliamo l’arrivo al porto come una liberazione. Qui veniamo subito avvicinati dagli organizzatori dei trasbordi verso le innumerevoli isole dell’arcipelago. La nostra è quella di Coco Blanco. Appena arrivati veniamo sistemati in una cabana (alloggio caratteristico). Dopo un bagno rigenerante in mare, nel pomeriggio raggiungiamo prima l’isola del Perro e, successivamente, quella di Puerco del monte. Nel tragitto ci regaliamo un’emozione unica: in mezzo al mare ci fermiamo in un’autentica piscina naturale di acqua bassa per un bagno indimenticabile. L’indomani ripartiamo per una nuova escursione e anche questa volta lo stupore non tarda ad arrivare. Una famigliola di delfini inizia a gironzolare attorno alla nostra imbarcazione, regalandoci emozioni impossibili da descrivere. Non ci accorgiamo nemmeno del temporale in arrivo che ci coglie di sorpresa facendoci ritornare in velocità alla nostra cabana per il pranzo. Questo mare stupendo ci cattura in modo totalizzante con i suoi paesaggi unici.


Le isole San Blas (foto) sono un arcipelago che comprende 378 isole e atolli di cui solo 49 abitati. Sono situate al largo della costa nord dell’istmo di Panama e a est del canale di Panama. Vi risiedono gli indiani cuna e fanno parte della comarca (provincia) di Kuna Yala, situata lungo la costa caraibica di Panama. Famosa zona velica, sono rinomate per la loro bellezza e l’assenza di uragani. Dopo un’altra giornata trascorsa a crogiolarci al sole, ci congediamo da chi ci ha ospitato ringraziando per la stupenda accoglienza ricevuta. Abbandoniamo questo angolo di paradiso per tornare al ritmo cittadino di Panama City, dove al porto un Suv ci attende per condurci in centro. Giunti in hotel deponiamo il bagaglio e raggiungiamo il Mercado de los Mariscos, addentrandoci poi nella città vecchia. Restiamo affascinati da tre chiese erette a poca distanza da loro: la Iglesias della Merced, quella di San Francisco e quella di San José, quest’ultima con il suo prezioso altare in oro. Tra un monumento e l’altro diamo una sbirciatina nelle bodegas di prodotti artigianali, ma i prezzi elevati ci fanno desistere dagli acquisti. Il giorno successivo raggiungiamo Miraflores per osservare dal vivo il celebre Canale di Panama. Mentre alcune imbarcazioni lo oltrepassano sotto lo sguardo curioso di molte persone, uno speaker illustra ai visitatori la storia dell’opera. C’è ancora tempo per una visita al vicino museo prima del rientro verso il centro. La giornata è soleggiata e, dopo aver provato l’approssimazione dei tassisti e le loro richieste esose ai turisti, optiamo per una passeggiata nella zona pedonale di Casco Viejo, la parte vecchia di Panama, con breve pausa lungo il tragitto in uno degli innumerevoli chioschi, dove ci concediamo un frugale spuntino prima di immergerci nuovamente in un altro mercato artesianal, per ammirare i prodotti tipici locali. Tutti luoghi che l’indomani abbiamo l’opportunità di osservare da una prospettiva diversa, grazie alla

vista mozzafiato che regala il Parco Metropolitano: un panorama inedito su Panama, completamente immersi nella natura. Quella stessa natura che ci accoglie anche nel Parco Soberania, dove ci immergiamo da soli nella foresta incontrando lungo il nostro cammino il bradipo, la lucertola, il pajarito e la scimmia. Siamo molto stanchi e la nostra vacanza è ormai agli sgoccioli. L’ultimo giorno lo trascorriamo in assoluto relax, camminando tra bancarelle e negozi in una Panama che ci sembra molto diversa da come l’avevamo immaginata, capace di alternare traffico caotico con ritmi a misura d’uomo. Una piacevole sorpresa che resterà per sempre impressa nelle nostre menti.

Claudio Pizzin

A destra il passaggio di una nave attraverso il Canale di Panama. Sotto, i grattacieli di Panama City visti dal Parco Metropolitano.

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ALLA SCOPERTA DI...

ANGELO PORTELLI (1888-1973) Servizio e immagini di Alberto V. Spanghero

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Soldato bisiaco

prigioniero dei Russi

Tra i 3.000 di Kirsanov c’era anche lui, austriaco di madrelingua italiana. La sua è la storia dei migliaia di “soldati irredenti” catturati sul fronte orientale da un esercito che non trattava tutti i nemici allo stesso modo. Dalla Siberia alla Cina, da Suez alla Sicilia: la cattura e la liberazione. Fino all’ultima fuga clandestina. Dalle autorità italiane…

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Presentiamo una parte del diario di guerra, scritto a posteriori, di Angelo Portelli, soldato bisiaco che ha vissuto l’esperienza della prigionia in Russia durante la Prima guerra mondiale. Portelli nacque a Turriaco il 17 gennaio del 1888. La sua classe fece la leva militare a Monfalcone il 20 maggio 1915 e tre giorni dopo fu arruolato nel 27° fanteria composto soprattutto da austriaci di madre lingua tedesca e spedito al Kader di Graz, una specie di centro addestramento reclute. Fatta una brevissima istruzione militare, fu inviato al fronte in Galizia. Dopo qualche mese, Angelo nel suo primo battesimo di fuoco sui Carpazi, senza sparare un colpo, fu fatto prigioniero dai russi. Era il novembre del 1915. Dopo una lunga marcia i prigionieri furono portati all’interno e subito divisi: quelli austriaci di lingua italiana da una parte e quelli ungheresi dall’altra. I russi non trattavano i prigionieri tutti allo stesso modo: mentre austriaci, ungheresi e germanici erano “il nemico”, gli austriaci di lingua italiana godevano di una certa simpatia. Per non parlare di quelli di lingua slava, che venivano considerati pressoché fratelli. Quanti fossero lo sappiamo solo con approssimazione: pensiamo più di 25-30.000. Dopo al34

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cuni giorni di marcia i prigionieri fecero una sosta in un campo nelle vicinanze di Kiev. I russi, saputo che Angelo era falegname, gli diedero da fare tutti i serramenti della stazione ferroviaria, con vitto e alloggio e pochi kopeki al giorno. Angelo rimase lì per quasi due anni, mentre nel frattempo incominciarono a giungere brutte notizie dovute alla Rivoluzione che generalmente veniva allora chiamata “Rivoluzione per la pace”. In breve tempo i prigionieri furono nuovamente raccolti e disseminati senza ordine in grandi campi, dove le condizioni sanitarie erano notevolmente peggiorate. Le baracche siberiane erano zeppe di soldati prigionieri i quali vivevano anche a 50° sotto zero. Impossibile descrivere la situazione: aria viziata e infetta, prigionieri con i piedi gonfi, altri con i denti che si distaccavano dalle gengive, vestiti e abiti stracciati e puzzolenti, corpi divorati dalle malattie, dagli insetti e indeboliti dalle ferite. I morti di tifo congelati venivano accatastati all’aperto come la legna per essere sepolti solo con l’avvento della buona stagione. Poco prima che finisse la guerra, in considerazione del fatto che gli irredenti si erano dimostrati ottimi lavoratori, tramite ufficiali militari


Sopra: Vladivostok 1919. Irredenti in marcia con portabandiera sfilano inquadrati per le vie della città; di fianco: Kirsanov 1916. Turriachesi prigionieri in Russia in una foto ricordo. In piedi da sinistra: Michele Clemente e Domenico Carlet; seduti: Giovani Blasig e Leone Sullig. Pagina accanto: Pechino 1918. Angelo Portelli, il terzo da sinistra, sopra il bambino, seduto sul risciò ed equipaggiato con la divisa giapponese.

italiani, diventati nel frattempo alleati, fu organizzato il loro rimpatrio. Per agevolare le operazioni di smistamento fu creato un campo soltanto per loro nelle vicinanze di Kirsanov. Si calcola che gli irredenti radunati, provenienti dal Trentino e dal Friuli austriaco, si aggirassero sulle 3.000 unità. Furono intraprese diverse iniziative da parte delle Autorità militari italiane che cominciarono a occuparsi attivamente dei prigionieri italiani, assistendoli in vario modo, compreso quello di trasportarli in Italia. Fu scelta la via orientale: partire da Kirsanov e attraversare tutta la Siberia fino a Vladivostok sulla costa del Pacifico. All’inizio i russi erano favorevoli al rimpatrio dei nostri. Poi nel 1917, quando i russi stipularono l’armistizio con gli Imperi Centrali, improvvisamente da amici gli italiani diventarono quasi nemici o quantomeno gente sospetta. Per cui i 3.000 di Kirsanov non avrebbero potuto che spostarsi a scaglioni e su treni diversi. In un regime instabile di rivoluzione e di guerra civile, il remotissimo Oceano Pacifico appariva una impresa folle: sebbene fosse l’unica tentabile.

Dopo rinvii e tentennamenti, i 3.000 cominciarono alla spicciolata il lungo viaggio di ritorno. Riuscirono a mettere insieme un treno composto da carri merci e fecero tutta la Transiberiana, lunga 9.280 km; in ventinove giorni raggiunsero la Cina. La Cina significava per tutti gli irredenti la Concessione Italiana di Tien Tsin, cioè buone caserme, vitto abbondante, docce, biancheria, uniformi e soprattutto ambiente nostrano: una specie di Paradiso. Agli irredenti venne subito fatto “giurare fedeltà al Re e all’Italia”. All’Ambasciata chiesero ad Angelo cosa sapesse fare: “Io – rispose – sono falegname e so suonare il clarino”. Fu subito vestito con la divisa italiana e inquadrato nella banda musicale. Tutte le delegazioni straniere avevano la propria banda e così Angelo sfilava per le vie della città durante le feste nazionali, politiche e ricorrenze varie. Fu trattato benissimo perché all’Ambasciata c’era da mangiare di tutto; dopo circa sei mesi di permanenza le Autorità italiane organizzarono via mare il rimpatrio. Finalmente il contingente degli irredenti fu imbarcato e piano piano incominciò il lungo viaggio di ritorno.


La navigazione via Suez durava dai trentacinque ai quaranta giorni e a bordo delle navi si faceva di tutto, compreso cantare per scacciare la malinconia. Gli irredenti cantavano le solite canzoni triestine quali La bora, Caligo, Ciola, ciola Bepi, I stornei... Poi furono “invitati” a cantare anche canzoni patriottiche quali O sole mio, Addio mia bella addio, Inno alla Guerra o Inno di Mameli. Queste ultime erano meno sentite e venivano cantate più per convenienza che per sentimento. Finalmente arrivarono in vista della Sicilia, ma mentre Angelo stava ammirando gli alberi di mandarini, un sommergibile tedesco lanciò un siluro contro la loro imbarcazione. Il comandante, con una manovra velocissima, riuscì a mettere la nave di prua evitando così il siluro che passò a pochi metri. La guerra non era ancora terminata. Passato lo Stretto di Messina, finalmente sbarcarono a Napoli. Era l’autunno del 1918. Portati in una caserma allestita apposta per i prigionieri, tutti volevano ritornare subito a casa, ma fu detto loro che non potevano farlo, perché la guerra non era ancora definitivamente conclusa e nelle loro terre tutto era distrutto. Angelo entrò nello sconforto più nero: ormai disperava di trovare la moglie e le figlie ancora vive. Non aveva più notizie di loro da quattro anni. I prigionieri furono caricati su un treno e trasportati a Torino, in un centro di “accoglienza”

per prigionieri ex austriaci. Angelo fu costretto a restare in città a “purgarsi” politicamente. Gli irredenti, infatti, al ritorno dalla Russia venivano trattenuti in campi appositamente allestiti perché fossero rieducati dal punto di vista politico. Fra le autorità di fede monarchica si era diffuso il timore che in loro fossero attecchite le “idee bolsceviche” per essere rimasti tanto a lungo in contatto con elementi rivoluzionari russi. Angelo dovette subire diversi interrogatori che le autorità politiche ritennero necessari rischiando, se trovato “positivo”, di essere mandato nei campi di rieducazione nell’isola di Lipari, in Sardegna, al Forte Procolo o a Trieste-Prosecco. Senza attendere che la Commissione d’inchiesta gli desse l’attestato formale di buona condotta, Angelo fuggì. Con mezzi di fortuna arrivò a Turriaco a guerra ormai finita: era il febbraio del 1919. Arrivato a casa, trovò la moglie Giovanna e le figlie Caterina e Maria, già grandi e, soprattutto, vive. Le bambine non conoscevano il loro padre, tanto che la sera Caterina disse a sua sorella: “Maria, chi xe quel’omo che al va a durmir cu la mama?” (Maria, chi è quell’uomo che va a dormire con la mamma?).

Alberto Vittorio Spanghero

Ricercatore e storico di Turriaco

L’odissea che i militari del Monfalconese (inquadrati nell’esercito austro-ungarico e fatti prigionieri dai russi nelle guerra 14-18) dovettero compiere prima di ritornare alle proprie case.


ALLA SCOPERTA DI... AUGUSTO CESARE SEGHIZZI Servizio e immagini di Vanni Feresin

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Musica per l’Imperatore Il maestro e compositore goriziano fondò nel 1915 il coro di voci bianche all’interno del campo di profuganza di Wagna di Leibnitz, in Stiria. Alla morte di Francesco Giuseppe I, compose in soli tre giorni una messa da Requiem. Che i suoi giovani cantori eseguirono in modo impeccabile.

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Il 2 dicembre 1916 venne eseguita nel campo di Wagna di Leibnitz, in Stiria, una grande messa da Requiem dedicata all’Imperatore Francesco Giuseppe I, scomparso il 21 novembre. Il coro del campo di profuganza di Wagna era composto da soli voci bianche, oltre quattrocento bambini ne facevano parte a partire dai cinque anni e fino ai dodici. Questa situazione particolare era dovuta al fatto che nel campo dimoravano solo donne, bimbi e anziani, in quanto gli uomini erano impegnati nei campi di battaglia. Il grande coro era stato fondato nel 1915 dal maestro goriziano Augusto Cesare Seghizzi, direttore della Cappella metropolitana di Gorizia, compositore e organista. Il maestro Seghizzi, oltre a dirigere e a insegnare ai bambini i vari mottetti e messe che venivano eseguiti ogni domenica e festività, componeva molta musica da chiesa per soli voci bianche con accompagnamento d’organo o orchestra. Un esempio di questa sua attività artistico-musicale è proprio la messa da Requiem dedicata all’Imperatore Francesco Giuseppe I, composta in soli tre giorni: venne scritta di getto tra il 24 e il 26 novembre e insegnata al piccolo coro i giorni seguenti, per essere eseguita il 2 dicembre 1916, giorno delle esequie del monarca. Era composta da tutte le parti tradizionali di una messa da morto anche con la presenza della lunga e magnifica sequenza del “Dies irae”. Le edizioni del 6 e del 12 dicembre 1916 de L’eco del Litorale – giornale austriaco in lingua italiana – risultano essere le uniche testimonianze dell’evento. Inevitabilmente di parte.

Da “L’eco del Litorale” del 6 dicembre 1916

Se il decesso del venerato Sovrano, l’Imperatore Francesco Giuseppe I, fu sinceramente rimpianto in ogni angolo dell’Austria nostra, anche l’accampamento di Wagna s’unì con animo concorde e sincero al grande lutto della Patria comune. Appena s’era sparsa a voce della morte dell’Imperatore, i fuggiaschi, colpiti dall’inattesa tristissima notizia, vollero subito dimostrare il loro cordoglio con tutta la prontezza del loro carattere meridionale. E subito cessò ogni canto nei lavoratori, ogni chiasso nelle baracche; si esposero drappi e bandiere nere; si eresse in più d’una baracca una specie d’altura o catafalco col quadro abbrunato del compianto Defunto ed alla sera si recitarono devote preghiere per l’anima Sua; su ogni volto si vedeva un riflesso del dolore comune. E non poteva essere altrimenti: i nostri poveri fuggiaschi, che nei bei tempi quando avevano ancora una casa propria ed una patria ristretta, della venerata persona del Sovrano avevano fatto sempre un culto sincero, i nostri friulani ed istriani che vivente Lo avevano acclamato sulle rive dell’Adria ed alle sponde dell’Isonzo, che in omaggio a Lui, nei Suoi diversi giubilei, Gli avevano eretto monumenti e lapidi ed al Suo augusto nome avevano dedicato ospedali ed orfanotrofi, dovevano ora sentire tutto il dolore Sopra: il coro di voci bianche del campo di Wagna di Leibnitz. |

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Il Campo profughi di Wagna, in Stiria, fu uno dei principali luoghi dove furono collocate forzosamente, in linea di massima divise per nazionalità, le popolazioni del Litorale austriaco durante la Grande Guerra. Nel campo di Wagna furono collocati circa 20.000 profughi provenienti dall’Isontino e dall’Istria, in massima parte italiani, ma anche circa 1.600 sloveni evacuati da Gorizia nell’estate del 1916. Precedentemente, prima del maggio 1915, nel campo erano state sistemate diverse migliaia di sfollati galiziani, in seguito all’offensiva russa dell’autunno 1914. che un figlio affettuoso può provare dinanzi l’esanime spoglia d’un amatissimo Padre. Per ordine della Direzione venne issata la bandiera nera sugli edifici d’amministrazione, sui lavoratorii, sulle scuole, sui campanili. Giovedì mattina si celebrarono nella chiesa di S. Carlo due Messe basse in suffragio dell’anima del compianto Imperatore coll’intervento di tutta la numerosa scolaresca. Nel pomeriggio dell’istesso giorno, mentre a Vienna la salma di Francesco Giuseppe veniva trasportata dallo sfarzo della reggia nel silenzio della tomba sotterranea dei Cappuccini, anche i nostri fuggiaschi si unirono in un ispirito al mesto convoglio della Capitale, mentre venivano chiusi gli uffici, le scuole e gli opifici di tutto l’accampamento. Sabato finalmente si tenne la solenne Messa di Requiem nella chiesa di S. Carlo, che per l’occasione venne addobbata a lutto profondo: drappi neri coprivano tutte le pareti del presbiterio e simili panneggiamenti decoravano in modo severo le colonne e gli archi dinanzi all’altar maggiore.

Nel mezzo della chiesa s’ergeva il catafalco, su cui spiccavano, tra i ceri e le verdi piante, gli stemmi dell’Impero e di Casa d’Asburgo, nonché, in alto, sopra la bara, la corona e lo scettro imperiale. Ma spiccavano ancor più, non tanto per la loro squisita fattura, quanto per il gentile pensiero che le accompagnava, due bellissime ghirlande che vennero acquistate spontaneamente coi magri e lagrimati spiccioli dei profughi e deposte da appositi delegati ai piedi del catafalco. I nastri della prima ghirlanda avevano la scritta: “L’Istria fedele al venerato Monarca”, mentre la seconda era fregiata della dedica: “All’Imperatore e Padre – i devotissimi Friulani”. Anche a nome dei profughi della baracca 16 venne deposta una ghirlanda speciale. Alla mesta cerimonia commemorativa intervennero in corpore tutti gli impiegati, medici, insegnanti ed addetti all’accampamento, nonché gli allievi delle scuole industriali ed agraria, del collegio militarizzato e dei due orfanotrofi. Il corpo dei pompieri prestava servizio d’onore attorno al catafalco. La s. Messa fu pontificata da mons. Francesco Castelliz, commissario arcivescovile, assistito da tutto il Clero dell’accampamento. Il coro degli scolari, con accompagnamento di grande orchestra, eseguì in modo ammirabile una nuova “Missa da Requiem” a due voci bianche, scritta appositamente per l’occasione dal nostro M.o Seghizzi, in cui non sappiamo se maggiormente lodare la facilità e la spontaneità nel creare in pochissimi giorni un lavoro che a detta di intendenti è giudicato di valore reale ed intrinseco, ed al pubblico profano piacque assai per la sua musica ispirata e piena di effetto, oppure la bravura e la pazienza del maestro nell’istruire in sì breve tempo i suoi piccoli cantori. Dopo la messa il M. R. catechista don Barbieri lesse dal pergamo un elaborato ed efficace Elogio funebre di Sua Maestà, in cui apparì la bella figura del compianto Monarca, cir-


Sopra: la chiesa San Carlo a Wagna; di fianco: l’imperatore Francesco Giuseppe (immagine tratta dall’Almanacco di Wagna del 1917).

condata dall’aureola dell’amore e della venerazione, sul triste sfondo delle lotte intestine e mondiali e dei troppo frequenti, tragici dolori di famiglia. Assai commovente e davvero appropriata alle attuali circostanze di tempo e di luogo, fu l’apostrofe finale, in cui i profughi italiani dell’Austria giurano al novello Imperatore Carlo I quella sincera, inconcussa fedeltà che essi sempre mantennero al Sire defunto. Col canto del “Libera” e coll’assoluzione di rito, impartita sia composta ormai non d’altro che da un incanto alito di dal Pontificante, si chiuse la funebre cerimonia. brezze e dalla pura azzurria di mistici orizzonti. Esalta lo spirito e lo compenetra della pungente nota Da “L’eco del Litorale” del 12 dicembre 1916 del dolore e della tristezza che s’apre il varco a traverso Messa da Requiem per 2 voci bianche e orchestra [Sic!] tutto il tessuto armonico. del M.o A. Seghizzi eseguita nella Chiesa dell’acIl Sanctus è pure un imponentissimo squarcio della mescampamento il 2 dicembre 1916 per la morte di S. M. sa. Di particolare bellezza per la sua espressione quasi eteFrancesco Giuseppe I. rea, celestiale è il Pleni sunt coeli che rivela forse (nel canLa messa di Requiem è tratta da una seconda ispirazione; to) uno sforzo dell’artista verso una nuova forma d’armonia è una profonda concezione splendidamente evoluta che attin- (eterofonia) di cui oggi molto si discute. L’effetto è stupenge i più alti vertici dello spirito musicale, un’affermazione mi- do; sembra che un’onda di gaudio angelico si stenda sulla rabile dal geniale Augustus Magister. Forse una delle sue su- terra travagliata. preme rivelazioni. (Il maestro ha pensato, scritto ed eseguito Nell’Agnus Dei si opera una mutazione vaga, dolce. la sua Messa nel brevissimo spazi di dieci giorni.) Musica bel- Passa la musica dall’invocazione che dal Dio dei mondi, la, veramente sentita, infinitamente triste, potentemente dolo- impetra la soppressione del peccato, la vittoria della luce, rosa, intonata in tutta la linea delle sue splicazioni alla gra- al grido di speranza folle ma sicura nella calma serenità vezza dogliosa dell’ora. La forma stessa oratoriale influisce di plaghe ultraterrene. È un contrasto superbo di armonie convintamente sulla maestosa solennità del lavoro perfetto. È d’altissima forza che rievocano lo scoramento e la commouna grande sinfonia ampia quella che, fino all’ultimo battito zione del primo “Requiem”. della vita armonica dell’opera, svolge l’orchestra, mentre le Ed il popolo, radunato nella vastità incensata del temvoci umane in alcuni momenti, con verace espressione tocca- pio abbrunato, è stato circompreso dalla potenza della muno i ritmi della musica chiesastica. sica. Ho veduto della gente con gli occhi pieni di lagrime, Il preludiante Requiem eternam si svolge con una flebile la musica è piaciuta non solo a quelli che hanno il senso ed tenuità plorante di suoni, sommessamente, pienamente. Ad un il talento della valutazione artistica, ma essa ha commostratto s’afforza, si diffonde, arriva ad una straordinaria poten- so il popolo. È un vanto ed un onore di più per l’artista che zialità, dove l’orchestra dalla larga onda sinfoniale si unisce l’ha concepita. in una tempestosa fusione di toni alle voci squillanti ed argenLa Messa fu diretta dall’autore stesso maestro Seghiztine del piccolo coro. zi. L’esecuzione fu fine, delicata ed impeccabile. Il piccolo Qui pure emergono potenti le vibrazioni delle trombe fra i coro di bambine e bambini delle scuole popolari è degno getti freschi, melodiosi dell’organo. È un attimo di profondo d’uno speciale encomio. scoramento, di viva comozione [Sic!]. Questi ragazzetti, sotto l’esperta guida del loro maeIl Kyrie è un tessuto meraviglioso di vaporosi e lievissimi stro, superarono in brevissimo tempo tutte le difficoltà imintrecci. La “Sequentia”, felicissima nel suo incessante incal- poste della composizione, lo stesso si dice della nostra orzarsi di motivi fugati, è pure una forte pagina della concezio- chestrina che suona con la lodevolissima collaborazione Seghizziana. ne del magico, violino della Sig.na Nives Luzzatto, le cui Il più sensibile momento musicale di questa è certamen- splendide grandissime doti artistiche sono celebri. All’orte la nota disperatamente angosciosa e straziante: Lacrimosa gano c’era il maestro Rodolfo Clemente che con la sua prodies illa. I cuori sussultano, lacerati dalla pienezza delle pene fonda cognizione e provata esperienza in fatto di musica mortali e dall’oscuro affanno minaccioso d’oltretomba. molto giovò al buon successo del lavoro. Un sereno spunto melodico è l’Offertorium: una melodia Vanni Feresin ricca, piena, conseguente. Si ha l’impressione che l’orchestra |

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ALLA SCOPERTA DI... ANTONIO DE DOTTORI Servizio di R. Duca e R. Cosma

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Una vita

per il bene comune

Nel 2017 ricorrono i duecento anni dalla nascita e i centodieci dalla morte di uno dei grandi protagonisti dell’Ottocento isontino. I cui progetti e opere continuano ad apportare benefici preziosi al territorio.

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Il prossimo 25 aprile ricorreranno duecento anni dalla nascita di Antonio de Dottori, nobile degli Alberoni, e il 13 aprile i centodieci dalla sua morte. “… È il Dottori oggidì l’unico superstite di quei pochi illuminati nelle cui menti surse e fu coltivata oltre mezzo secolo fa, la grande idea dell’irrigazione dell’Agro monfalconese colle acque del vicino Isonzo, idea che accolta sotto il suo patrocinio, fu propagata, difesa e predicata tanto, che il seguito degli adepti crebbe per modo da potere, sotto l’impero delle nuove leggi, prepararne l’attuazione, e vedere, come osiamo

sperare, anche tra breve compiuta la creazione [...] Fu di preziosissimo sussidio ai colleghi giuristi nel campo della legislazione, particolarmente nella discussione del regolamento comunale, e poi in tutti quanti i lavori attinenti alle riforme della pubblica istruzione, alle materie agrarie, al commercio, alle comunicazioni, all’industria vinifera e serica, ed in tutte quante le questioni importanti in generale sul campo degli interessi morali e materiali della nostra terra, nel difendere e propugnare i quali fu costantemente fedele al principio liberale e nazionale [...] Fu in progresso degli anni anche membro di quasi tutti i Consigli comunali del Territorio, dovunque procedendo col miglior esempio e studiandosi di guadagnar tutti gli animi a quei principi di solerzia, vigilanza, di specchiata onestà, disinteresse ed amorevole trattamento dei conterranei senza distinzione di rango...”. Così i nipoti del ramo de Dottori e del ramo Morelli de Rossi esternarono nel giugno 1897 al nonno ottuagenario - Antonio de Dottori degli Alberoni, patriarca di una delle famiglie imprenditoriali agricole più facoltose e importanti della Contea Principesca di Gorizia e Gradisca e della vicina Provincia del Friuli - il loro affetto e la deferente ammirazione nella circostanza del suo onomastico, condensando in una brochure a lui dedicata le molteplici benemerenze, acquisite in tanti decenni di impegno nelle varie sedi pubbliche e nei diversi amA fianco, Antonio de Dottori degli Alberoni (18171907); sopra, il Canale de Dottori e la centrale elettrica di Fogliano nel 1910.

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biti istituzionali e sociali della Contea al servizio e nel superiore interesse della Comunità. L’opera svolta da Antonio de Dottori, in sinergia con altri illustri personaggi del suo tempo per rompere l’isolamento del Monfalconese e farlo emergere socialmente e crescere economicamente, fu costante, puntigliosa ed efficace. Ne fanno fede le importanti infrastrutture realizzate nel territorio nell’arco di oltre un cinquantennio, dal 1860 al 1914, anche grazie alla sua pervicace azione di promozione, tra cui: la ferrovia per Gorizia e verso Cervignano, l’introduzione della pratica irrigua e l’attivazione delle centrali idroelettriche sul Canale principale (che poi gli venne dedicato), la costruzione del tratto finale dello stesso con carattere di navigabilità (Canale E. Valentinis, di cui quest’anno ricorrono centodieci anni dall’inaugurazione) per avvicinare il porto alla città, i ponti sull’Isonzo a Sagrado e a Pieris. Tenuto conto del contesto istituzionale, normativo e sociale del periodo, la sua fu una lunga battaglia d’avanguardia, meritoriamente vinta. Fu un vero protagonista, strenuo sostenitore non solo di un modo diverso di fare agricoltura, grazie alla preziosa disponibilità dell’acqua irrigua, ma anche dell’indifferibilità di una decisa svolta socio-economica del territorio: “ ... Gli stretti legami che il de Dottori aveva con il Veneto pel tramite dell’Associazione Agraria Friulana non furono indifferenti nella sua opera di pioniere della bonifica isontina. Sul finire del secolo il nipote Giuseppe Morelli de Rossi, anch’egli membro della Direzione dell’Associazione Agraria, divenne uno degli artefici della ricostruzione viticola del Friuli ...” (Paolo Gaspari, ‘La fine del mondo contadino in Friuli’, 2006, p. 54). Le radici della famiglia Dottori erano venetogradesi, perché Pietro Dottori q.m (latino quondam, italiano fu) Michiel, originario di Venezia, nel 1694 ottenne la cittadinanza di Grado e successivamente, nel 1719, quella di Ronchi (Archivio Storico Comune di Monfalcone). I de Dottori ebbero residenza a Ronchi, all’inizio forse in un edificio dominicale diverso dal complesso edilizio tardo settecentesco, divenuto poi storica casa padronale della famiglia, ubicata nel rione di San Vito (San Vido Cau de Soto), lungo l’odierna via XXIV Maggio. II palazzo venne più volte ristrutturato e modificato nel tempo, soprattutto dopo la Grande Guerra, quando fu gravemente danneggiato da un incendio appiccato dai soldati italiani in ritirata. Quel nucleo residenziale fu edificato su commissione del padre del nostro protagonista, Giuseppe Felice Dottori, che ne divenne unico proprietario nel 1825. La famiglia si fregiava pure di uno ‘stemma’, di cui purtroppo s’è persa ogni traccia, citato nella brochure più sopra menzionata. Antonio de Dottori nacque a Ronchi il 25 aprile 1817 da Giuseppe Felice e Antonia Monferà.


A fianco, cartolina commemorativa dell’inaugurazione delle Opere sull’Isonzo a Sagrado; in basso a sinistra, presa e derivazione sull’Isonzo a Sagrado per il Canale de Dottori; in basso a destra, cartolina commemorativa del 1° centenario di costituzione del Consorzio Acque.

Portò all’altare il 29 aprile 1840 Carolina della Bona, sorella di monsignor Giuseppe della Bona, allora Vescovo di Trento, da cui ebbe tre figli: Giuseppe, Federico e Antonia Elena poi coniugata Morelli de Rossi. Federico sposò Irene Prokop (figlia di Giuseppe e Anna de Lionelli), da cui ebbe quattro figli: Antonio Giuseppe Battista poi coniugato con Ines de Nordis, Anna Carolina poi coniugata Vianello, Giuseppe Angelo Battista poi coniugato con Maria Costessich e Giovanni. Il nipote Antonio, primogenito di Federico, assunse la conduzione dell’azienda agricola di famiglia, fino alla sua morte, avvenuta nel 1955. Non ebbe figli. Giuseppe, invece, intraprese la carriera di magistrato ed ebbe cinque figli (Federico, Irene, Antonio, Maria e Sergio). Antonio de Dottori assolse gli studi ginnasiali a Udine, ove rimase qualche tempo a far pratica amministrativa presso il Municipio cittadino. Rientrato a Ronchi assunse le redini dell’azienda agricola di famiglia, poiché il fratello maggiore Giovanni (amico dell’abate di Ronchi Leonardo Brumati e della poetessa di San Lorenzo di Manzano Caterina Percoto) aveva seguito la vocazione sacerdotale. Ricoprì numerosi importanti incarichi pubblici e lasciò molti scritti e articoli su tematiche di varia natura, specialmente agricola. Venne insignito di diverse onorificenze. In occasione del suo 80° genetliaco, Antonio de Dottori venne omaggiato nella sua dimora di Ronchi dalle massime Autorità della Contea e locali, dai familiari, da amici e popolo con una solenne cerimonia, riportata anche dalla stampa locale e nazionale. Nel corso della cerimonia gli venne donata una preziosa pergamena riportante la seguente epigrafe, stilata dal Commendator Luigi Pajer de Morniva, allo-

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ra Capitano Provinciale e Presidente dell’I.R. Società Agraria di Gorizia: AL CAVALIERE ANTONIO DOTTORI DEGLI ALBERONI DI OGNI VIRTU’ CIVILE ADORNO DECORO E VANTO DEL FRIULI CHE A OTTANT’ANNI DI VITA INTEMPERATA ONUSTO DI CARICHE ED ONORI CON GIOVANILE ARDORE INGEGNO CUORE OPERA IL XXV APRILE MDCCCXCVII AMICI E COLLEGHI RICONOSCENTI BENE AUGURANDO D.D.D.

Antonio de Dottori si spense serenamente nella dimora di Ronchi il 13 aprile 1907, in tempo per vedere completata e inaugurata il 25 giugno 1905, al cospetto delle più alte Autorità dell’Impero e della Contea, quella imponente opera irrigatoria che aveva tanto voluto, che a lui venne emblematicamente dedicata e che tutt’ora arreca grande beneficio all’economia agricola del Monfalconese. Riposa nel camposanto di Ronchi, nella tomba di famiglia, che ospita le spoglie dei suoi figli e di diversi nipoti e pronipoti. La lezione di vita che Antonio de Dottori degli Alberoni ci ha trasmesso - fatta di dedizione alla causa comune, di senso della cosa pubblica, di spirito di servizio - è una prezioso patrimonio, una testimonianza esemplare per chiunque, un valore che va preservato dall’oblio, per non dimenticare, per un doveroso rispetto della memoria che la società odierna sembra aver irrimediabilmente smarrito.

Renato Duca e Renato Cosma Renato Duca è stato direttore del Consorzio di bonifica Bassa Friulana; Renato Cosma è stato condirettore del Consorzio di bonifica Pianura Isontina


PERSONAGGI

PETER WILD Intervista e immagini di Michele Tomaselli

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Un inglese tra le montagne Un ingegnere del Sussex stregato da un borgo caratteristico situato nel comune di Chiusaforte. Che nemmeno la furia di un incendio lo ha convinto ad abbandonare. «Perché qui a Patocco splende sempre il sole».

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Arrivarci in auto è quasi un’impresa, ma Patocco è un borgo che ti conquista al primo sguardo, adagiato sotto le pareti del Monte Cimone e circondato da boschi di faggio e abeti. In primavera è avvolto da una coltre di soffice bruma e i vicoli profumano di legna bruciata. Per chi sale in auto dalla frazione di Chiout Michel, rimane invisibile fi no all’ultima curva di strada, poi si svela poco a poco. Sembra un’isola sospesa a mezz’aria tra le montagne, una “città incantata” come quella descritta dal regista Hayao Miyazaki nel suo omonimo fi lm, poi Premio Oscar. La borgata è composta da vecchie case in pietra, oramai quasi tutte ristrutturate, una chiesa con una torre campanaria e variegate fioriture. Settant’anni fa era popolata da centotrenta persone e teneva perfi no una scuola, malgrado oggi abbia perso il suo ultimo residente, Giancarlo Della Mea. Nonostante la vicinanza col polo sciistico di Sella Nevea, sono pochi i turisti che si spingono fi n quassù, da quando un incendio sul Monte Jovet sfiorò l’abitato, costringendo gli abitanti a evacuare. In inverno, poi, la strada è coperta da

metri di neve. Ma Patocco sembra risorto a nuova vita grazie ad alcuni artisti e intellettuali di mezza Europa che l’hanno scelto per vivere meglio. È il caso di Peter Wild, inglese di 55 anni, che dal 1996 ci trascorre diversi mesi all’anno; un amore a prima vista, scoccato oltre trent’anni fa, e oggi sempre più forte grazie alla connessione a internet che gli consente di gestire in loco la sua azienda in Thailandia. Peter, lei è un ingegnere specializzato in elettronica e in telecomunicazioni originario del Sussex, una contea storica dell’Inghilterra meridionale. La sua scelta di vivere a Patocco è quantomeno singolare: quando ha scoperto le nostre montagne? «Nel 1979, da studente, arrivai in Val Raccolana per trascorrere una settimana bianca. Allora Sella Nevea era una stazione pioniera dello sci

In apertura: primo piano di Peter Wild; a fianco: scorcio caratteristico di Patocco. |

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Un cartello indica ai visitatori la strada per intraprendere il giro guidato del borgo di Patocco.

alpino che, da pochi anni, aveva inaugurato la funivia del Canin e la sciovia a valle. La neve in quota arrivava a raggiungere anche i sei metri. La moderna località tagliava strisce e strisce di piste e dopo ogni nevicata brulicava di bella gente e amanti dello slalom. Arrivai quassù dacché in Inghilterra non avevamo grandi opportunità per sciare, il caso poi ha voluto che mi trovassi bene con i friulani: gente forte e decisa che stava vivendo sulla propria pelle il dramma del terremoto. Di quella Sella Nevea mi ricordo l’hotel Nevea, la baita da Tarcisio ma sopratutto la mitica discoteca dei tanti incontri. Tuttavia Patocco lo scoprii molti anni più tardi…» Un ritorno scritto nel destino. «Quella breve vacanza mi aveva elettrizzato, così appena terminato le scuole superiori decisi di ritornare in Val Raccolana. Vi rimasi per sei mesi. L’anno dopo rientrai in Inghilterra per frequentare la facoltà d’Ingegneria a Newcastle, malgrado ogni estate ritornassi nelle vostre montagne. E così, una volta divenuto ingegnere, mi trasferii in Friuli. Per sbarcare il lunario facevo quello che mi capitava: il disc jockey alla discoteca Top Sound di Sella Nevea o il manovale di una fornace a Villesse. E mentre acquisivo esperienza nel mondo del lavoro avviavo la mia azienda in Inghilterra. Un passo abbastanza lungo, ma dettato dalla mia passione per l’elettronica. La società offriva consulenze nello sviluppo hardware e software. Avevo clienti sparsi in tutto il mondo e viaggiavo tra America, Taiwan, Corea e Giappone. Ma il mio Eden era sempre la Val Raccolana e quando potevo ci ritornavo». Fino a vent’anni fa la strada per Patocco terminava a Chiout Michel, poi bisogna44

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va proseguire a piedi. Lei quando ci è arrivato? «Negli anni Ottanta quando una ragazza di Chiout Michel me ne parlò. Così, spinto dalla curiosità lo visitai. Fu amore a prima vista... Poi, nel 1997, chiusa la mia ditta in Inghilterra, comprai una vecchia casa che un po’ alla volta oggi sto ristrutturando». Durante gli inverni lei si trasferisce in Thailandia, dove gestisce una piccola azienda di elettronica. Il “cavallo di battaglia” di Patocco a suo avviso qual è? «T’insegna ad apprezzare il silenzio e a ritrovare una tua dimensione... Amo questo silenzio, così difficile da trovare nella vita di tutti i giorni. Qui tutto scorre lento e hai modo di riflettere su tante cose, in più riesco a lavorare con tranquillità e a beneficiare dell’ambiente. Sono circondato da una vallata rigogliosa con boschi che profumano di pino, cime innevate che salutano il sole e abbondanti fioriture. A differenza di quanto accade nelle altre borgate qui ci troviamo nel paese del sole». Patocco è anche “la città incantata” di Pedro Odraska, un artista cecoslovacco scappato da Praga durante la rivolta del 1968 contro i sovietici… «La sua abitazione è contigua alla mia, ma ultimante ci viene solo d’estate, perché vive a Parigi con la moglie. Da quanto so Pedro è arrivato in Friuli nel 1976, per dare manforte ai terremotati. Anche lui è arrivato quassù per caso e all’istante si è invaghito della borgata. Qualcuno gli offrì le chiavi di quella che molti anni dopo, pare per usucapione, diventò la sua casa. Ogni Ferragosto organizza una grigliata a cui partecipano più di 100 persone».


Un’immagine di Giancarlo Della Mea, l’ultimo residente che ha avuto Patocco, assieme alla moglie.

Nel 2013 un incendio di grandi proporzioni mise a rischio i boschi della Val Raccolana. Si dice che un comandante non abbandona mai la nave, così Peter Wild non lasciò Patocco quando il fuoco lambì l’abitato… «Io sono nato vicino al mare (ride, ndr)… Il fuoco divampò per tre settimane sul Monte Jovet prima di attraversare Rio Chiout Cali e spostarsi sui fianchi settentrionali della Val Raccolana. Furono distrutti quasi 1.000 ettari di foresta: ricordo ancora che sabato 3 agosto quelle lingue di fuoco facevano davvero paura ed erano vicine alle nostre case. Gli uomini del Corpo forestale, della Protezione civile e dei Vigili del Fuoco piombarono quassù per convincermi a lasciare il paese, ma io decisi di rimanere. Volevo essere sicuro che Patocco non corresse alcun pericolo». Qual è il periodo migliore per vistare Patocco? «In estate. Suggerisco la seconda domenica di luglio nella ricorrenza del patrono, ma anche durante l’autunno, una stagione magica con i suoi colori caldi e i suoi profumi intensi». La polenta è il piatto che le ha dato il benvenuto in Italia, ma tra il Merlot friulano e lo Scotch della sua amata Inghilterra chi vince? «La birra… Un piacere intenso, soprattutto se bevuta con moderazione». Siamo arrivati alla fi ne. Peter, che dono vorrebbe ricevere la Val Raccolana, ma anche Patocco, nell’anno nuovo? «Senz’altro il ritorno del Giro d’Italia con uscite nelle vicine “cugine“ Carinzia e Slovenia. Nel 2013 abbiamo avuto modo di ospitare un finale di tappa che ha emozionato gli animi delle due ruote. Per la prossima occasione mi auguro

che possano essere migliorate le attrezzature e le infrastrutture dell’ Altipiano del Montasio, la nostra carta vincente, anche con il recupero della viabilità rurale». A tal proposito l’architetto friulano Roberto Pirzio Biroli ha suggerito all’Amministrazione comunale del sindaco Fuccaro di applicare delle pavimentazioni naturali in terra stabilizzata (tipo Glorit) delimitate da recinti di legno, per la sistemazione dei parcheggi. «Come ultimo desiderio mi accontenterei che la strada per Patocco venga sempre ripulita dalla neve». Michele Tomaselli Nota dell’autore Desidero ringraziare il perito Alessandro Chittaro, il perito Gerry Martina, Giancarlo Della Mea con consorte e i valligiani. Tra il Merlot friulano e lo Scotch inglese, Peter Wild dichiara di preferire la... birra.

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www.laboratorionomentano.it

N A S C I T E I N D E S I D E R AT E

Danno da

omessa diagnosi prenatale

Rubrica a cura di Massimiliano Sinacori

D I R I T T O

La bimba nasce affetta da sindrome di Down e i genitori portano in tribunale il ginecologo per non averli avvisati in tempo per un potenziale aborto. Ma la Corte di Cassazione è chiara: non esiste alcun diritto del nascituro a non nascere…

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Con la sentenza del 22 dicembre del 2015, n. 25767, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno delineato un nuovo orientamento volto a dirimere il forte contrasto giurisprudenziale inerente il delicato problema del risarcimento in caso di omessa diagnosi prenatale di malformazioni fetali e conseguente nascita di un figlio affetto da malattie genetiche. Nella vicenda in questione, i genitori di una bambina affetta da sindrome di Down convenivano in giudizio il ginecologo ritenendo sussistente la responsabilità, in capo a quest’ultimo, per il danno da – utilizzando la discutibile definizione giurisprudenziale – “nascita indesiderata”, assumendo che lo stesso avesse colposamente omesso di informarli rispetto alla possibilità di svolgere ulteriori esami di accertamento volti a verificare lo stato di salute del feto. Secondo la ricostruzione dei ricorrenti tale condotta omissiva avrebbe pregiudicato irrimediabilmente il diritto della madre di decidere se proseguire o interrompere la gravidanza, facendo sorgere così un diritto al risarcimento del danno sia in capo ai genitori che in capo alla figlia stessa. Le due questioni che hanno costituito oggetto di maggior interesse per la Suprema Corte riguardano: da un lato, l’onere probatorio posto in capo ai genitori al fine di ottenere il risarcimento del danno e, dall’altro, la possibilità di richiedere tale risarcimento da parte del figlio nato con disabilità. |

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In merito al primo punto le Sezioni Unite hanno evidenziato come, dopo il novantesimo giorno di gestazione, esista un vero e proprio diritto all’autodeterminazione della gestante di scegliere liberamente per l’interruzione della gravidanza, nel rispetto di quanto stabilito all’art. 6 della Legge n. 194/1978. L’esercizio di tale diritto è, tuttavia, subordinato alla circostanza che l’interruzione della gravidanza sia legalmente consentita. Con riferimento al caso in esame, la Corte ha ritenuto necessaria, ai fini della tutela risarcitoria, la sussistenza di rilevanti anomalie del nascituro, accertabili mediante appositi esami clinici, e che queste anomalie fossero, altresì, idonee a determinare un grave pericolo per lo stato di salute fisica o psichica della donna incinta. La Corte chiarisce, dunque, che il genitore che agisce per il risarcimento del danno ha l’onere di provare, ai sensi dell’art. 2697 c.c., che la madre, ove fosse stata tempestivamente informata dell’anomalia fetale, avrebbe esercitato la facoltà di interrompere la gravidanza nel rispetto delle condizioni di legge summenzionate. Secondo le Sezioni unite, in aderenza all’orientamento maggioritario sviluppatosi nella giurisprudenza nazionale ed europea, tale onere probatorio può essere assolto dal genitore anche in via presuntiva, fornendo la dimostrazione di altre circostanze dalle quali si possa ragionevolmente risalire, per via induttiva, a quale sarebbe stata la decisione della madre, ove correttamente informata. In particolare, la pro-


va non può in alcun modo ritenersi raggiunta per il solo fatto che la gestante abbia richiesto di essere sottoposta a esami volti ad accertare la presenza di anomalie del feto, in quanto, da tale comportamento non è possibile trarre deduzioni in ordine alla successiva scelta della donna di proseguire o meno la gravidanza. Ancor più delicato è il secondo punto affrontato nella sentenza, riguardante la possibilità di chiedere il risarcimento direttamente in capo al nuovo nato. A creare un forte contrasto giurisprudenziale sulla questione era stata la sentenza n. 16754/2012 con cui la Corte di Cassazione aveva aperto uno spiraglio rispetto al riconoscimento della legittimazione attiva in capo al figlio per la violazione diretta del suo diritto alla salute. La recente sentenza in commento prende le distanze da questo orientamento cercando di dare una disciplina organica al problema anche alla luce dei principi dell’ordinamento nazionale. Proprio sui principi di valutazione del danno viene a mancare il fondamento logico di un eventuale pretesa avanzata dal figlio nato con disabilità. Secondo le Sezioni Unite ciò che non è possibile è la comparazione tra la vita non sana e la non vita, che sarebbe l’alternativa in concreto. Inoltre, la Corte rileva che nel nostro ordinamento, fermo restando il diritto alla salute, non esiste alcun diritto del nascituro a non nascere, pertanto tale situazione non può essere oggetto di comparazione rispetto a una vita con disabilità, tutelata al pari di ogni altra vita. La ricostruzione che ha portato la Cassazione a negare la possibilità per il neonato con disabilità di chiedere il risarcimento del danno da “nascita indesiderata”, lungi dall’essere influenzata da dinamiche di matrice politica, appare sorretta da forti argomentazioni giuridiche, pertanto sembra ragionevole, in questo caso, che il bene vita (sia pur questa gravata da una situazione di disabilità, non per questo meno dignitosa) debba trovare adeguata tutela nella legislazione delle politiche sociali e non nelle dinamiche risarcitorie. Tale esclusione dalla tutela risarcitoria sussiste solamente nell’ipotesi di omessa diagnosi, mentre, nel caso in cui la disabilità sia conseguenza diretta della colpa medica il nuovo nato avrà, giustamente, diritto al risarcimento del danno subito.

Massimiliano Sinacori Per approfondimenti ed esame di alcune pronunce e della casistica in materia è possibile rivolgere domande od ottenere chiarimenti via e-mail all’indirizzo  massimiliano@avvocatosinacori.com


CONTO TERMICO 2.0

Contributi

per nuove caldaie e stufe

L’incentivo verrà erogato in un’unica rata entro cinque mesi dall’effettuazione dell’intervento, favorendo l’acquisto di apparecchi dalle elevate prestazioni.

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Il Conto Termico 2.0, in vigore dal 31 maggio 2016, potenzia e semplifica il meccanismo di sostegno già introdotto dal decreto 28/12/2012, che incentiva interventi per l’incremento dell’efficienza energetica e la produzione di energia termica da fonti rinnovabili. I beneficiari sono Pubbliche Amministrazioni (PA), imprese e privati che potranno accedere a fondi per 900 milioni di euro annui, di cui 200 destinati alla PA. Responsabile della gestione del meccanismo e dell’erogazione degli incentivi è il Gestore dei Servizi Energetici. Il nuovo Conto Termico è un meccanismo, nel suo complesso, rinnovato rispetto a quello introdotto dal decreto del 2012. Oltre a un ampliamento delle modalità di accesso e dei soggetti ammessi (sono ricomprese oggi anche le società in house e le cooperative di abitanti), sono stati introdotti nuovi interventi di efficienza energetica. Le variazioni più significative riguardano anche la dimensione degli impianti ammissibili, che è stata aumentata, mentre è stata snellita la procedura di accesso diretto per gli apparecchi a catalogo. Altre novità riguardano gli incentivi stessi: sono infatti previsti sia l’innalzamento del limite per la loro erogazione in un’unica rata (dai precedenti 600 agli attuali 5.000 euro), sia la riduzione dei tempi di pagamento che, nel nuovo meccanismo, passano da 6 a 2 mesi. Con il Conto Termico 2.0 è possibile riqualificare i propri edifici per migliorarne le prestazioni energetiche, riducendo i costi dei consumi e recuperando in tempi brevi parte della spesa 48

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sostenuta. Inoltre, il CT 2.0 consente alle PA di esercitare il loro ruolo esemplare previsto dalle direttive sull’efficienza energetica e contribuisce a costruire un “Paese più efficiente”. Tra le numerose le novità introdotte, ecco le più interessanti: ● L’erogazione dell’incentivo è stata abbassata da due rate annuali a un’unica rata. Ciò significa che l’incentivo ora verrà erogato entro cinque mesi dall’effettuazione dell’intervento a differenza di quanto previsto dal decreto precedente (18 mesi). ● Per le caldaie o stufe a pellet/legna è stato abbassato il limite massimo dell’emissione delle polveri per gli apparecchi che possono goderne da 40 a 30 microgrammi a metro cubo. Ciò significa che acquistando un apparecchio in conto termico si ha anche la garanzia di acquistare un apparecchio particolarmente prestante. ● La pubblicazione on line, sul sito del GSE (Gestore dei Servizi Energetici - www.gse. it) di un elenco di apparecchi, periodicamente aggiornato, che possono accedere al contributo. Quali sono gli interventi che possono accedere a questo contributo? ● Sostituzione di caldaie o stufe a legna, carbone, pellet o gasolio con nuove stufe o caldaie a pellet o legna (misura 2B). ● Installazione di impianti solari termici, anche abbinati a sistemi di solar cooling (raffrescamento estivo con pannelli solari - misura 2C).


● Sostituzione di scalda-acqua elettrici con scalda-acqua a pompa di calore (misura 2D). ● Sostituzione di caldaie tradizionali con pompe di calore a gas o elettriche, anche geotermiche. Come si fa ad accedere al contributo previsto dal Conto Termico 2.0? È necessario iscriversi all’apposito portale predisposto dal Gestore Servizi Energetici, quindi presentare al GSE la domanda corredata dalla scheda raccolta dati, dalla relazione tecnica, dal progetto, dall’asseverazione e dalle foto attestanti l’intervento. In ogni caso se tale procedura dovesse risultare troppo complicata ci si può sempre rivolgere a un CONTO TERMICO POINT dove personale qualificato sarà in grado di fornire la consulenza necessaria prima dell’intervento, una valutazione globale dei risultati ottenibili e, in seguito, istruire la pratica e seguirla durante tutto l’iter, fino all’erogazione del contributo.

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RELAZIONI E CONSEGUENZE

L’influenza

della decisione

Rubrica di Manuel Millo

S O C I A L E

Il nostro agire è spesso condizionato da quello di altri individui e, a loro volta, le nostre azioni influenzano chi ci sta accanto. Ma da dove ha origine questo processo?

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Sì, avete letto bene. La decisione ha preso l’influenza. E l’inverno non ne è il responsabile. Ma cosa intendiamo dire per influenza? Partiamo dal significato profondo del termine. Influenza deriva dal termine latino “Influere”, che nello specifico significa “azione di una cosa che opera su un’altra”. Visto sotto questo aspetto allora chi opera sopra le nostre decisioni? Spesso siamo influenzati dagli altri e a nostra volta influenziamo, con la nostra vita e le nostre scelte, il prossimo. Ma da dove parte questo processo? Può esserci un “motore primo”, come direbbe Aristotele, che genera questo meccanismo? Così ho pensato di sfogliare il giornale e concentrarmi sulle notizie a caccia di qualche spunto, ma è stato più faticoso del previsto. Allora ho diretto l’attenzione verso la radio per avere qualche intuizione migliorativa, ma troppe persone parlavano una sopra l’altra. Ed è venuto il momento della televisione: da quale canale partire per trovare una rete affidabile e un telegiornale concreto? D’accordo direte voi, meglio le news online dallo smartphone. Nulla, solo nebbia ancor più fitta. Cosa sta succedendo? Perché tutta questa confusione. Non ho preso il caffè stamane o ne ho bevuti troppi? C’è davvero “l’influenza” in tutto ciò ma non riesco a vederla? Caro lettore questa potrebbe essere la storia di ognuno di noi in una mattina qualunque |

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di una calda giornata invernale o di un fresco albeggiare estivo. Un piccolo e simpatico preludio per cominciare a riflettere sul nostro quotidiano attuale, dove il senso di smarrimento sembra derivare anche dall’acquisto di un dentifricio al supermarket. Ma che cosa sta succedendo veramente? Le persone sembrano inferocite quando arriva il momento di fare i regali per le feste e sono apparentemente serene davanti a situazioni sociali ben più critiche. Nella vita quotidiana il tempo sembra scorrere freneticamente e con grande frequenza l’essere umano ne viene travolto senza quasi nemmeno rendersene conto. Come se tutti noi fossimo ingranaggi di un sistema macchinoso e sovrasensibile. Eppure nelle tematiche dei processi decisionali quotidiani molte nostre sensazioni e molti sentimenti sono intrecciati nel vissuto di qualcuno e qualcosa che in noi non soggiace. L’analisi psicologica può aiutarci a comprendere come in questo grande turbinio di percezioni sensoriali, dove a volte ci sembra di essere incatenati, una soluzione ci possa essere. Se prendessimo in analisi le nostre scelte decisionali (anche le più semplici) potremmo riscontrare che esse seguono un paradossale senso logico composto e intrecciato dal mondo interiore e dal mondo esteriore del vissuto collettivo. Fatta questa breve riflessione, come procedere? Come essere sicuri di non


subire influenze? È davvero possibile o è solo una concezione utopica, dal momento che siamo parte di un unico spazio/tempo umano? Sulla base delle teorie di Leon Festinger gli psicosociologi hanno scoperto che, nella lotta tra una finzione coerente e una realtà sconcertante, è la finzione che detiene il primato. Per questo accade spesso che l’immagine verosimile fornita dai media televisivi ha la meglio sul “vero”. Ma allora come difendersi? Nel racconto biblico del Vangelo di Matteo (Mt 13,24-30) a un certo punto Gesù narra la parabola della “zizzania” (una specie di gramigna detta anche “loglio cattivo”) e, nello specifico, di come questa cresca, confondendosi con i cereali buoni, insieme alle spighe di grano. Questa breve narrazione ci indica un dato fondamentale: insieme alle piante sane ci sono anche quelle degeneri; inoltre non possono essere separate se non alla fine, perché il rischio iniziale sarebbe quello di ledere anche la pianta sana. Quale spunto trarre per il nostro vissuto quotidiano sul tema dell’influenza mediatica ed emozionale, sul nostro destino e sul carattere decisionale che ogni singolo ente umano in quanto essenza della realtà collettiva vive e partecipa nell’altro? Tematiche di sapore filosofico, in linea con il significato profondo della parola stessa: filosofia in quanto desiderio e amore di sapere (sapere come derivato del verbo “sàpere” latino, cioè gustare). Bene, oggi stiamo facendo di più: stiamo traducendo (tradere, portare oltre) il senso di queste influenze partendo dalle etimologie e dal codice che esse

rappresentano per giungere a una sintesi pratica e attiva che dia luce ai nostri interrogativi. Qualcuno vorrebbe arrivare alla verità; corretto. Però sarebbe più conveniente prendere in prestito la riflessione socratica per condividere che la verità emerge attraverso il confronto condiviso (come in un effervescente simposio platonico). Perché questa nostra vita è tale proprio nella presa di coscienza che viviamo esperienze sociali comuni. Da questo deriva dunque la necessaria e funzionale scelta di conoscere il nostro vissuto interiore per comprendere il profondo e marcato indirizzo esistenzialistico. Quale medicamento dunque a questa decisione “influenzata” può dare il medico dell’anima? Il poeta Eschilo, già nel 470 a.C., ci ricordava che “…chi sporca l’acqua limpida con il fango non troverà mai da bere”. Prendiamo questo buon consiglio in una trasposizione attualizzata per ricordare sempre che anche se “le parole non sono le cose” (M. Focault) esse possono diventare “medicine dell’animo per chi soffre”(Eschilo). E se il desiderio è quello di soccorrere “l’amica decisione” ricordiamo che nella via che unisce il cuore alla ragione troveremo il sentiero per questo prezioso ausilio. Come se fosse una rotta, già percorsa e salvaguardata, che nella condivisione umana trova il suo senso più compiuto e affermato.

Manuel Millo

Membro Onorario AGCI Ass Gen Cooperative Italiane


www.abbastanzamente.it

EDUCAZIONE E INCONGRUENZE

Rubrica di Cristian Vecchiet

P E D A G O G I A

Coerenza, questa sconosciuta… Fare affermazioni in contraddizione tra loro. Avviene sempre più spesso tra i giovani, la cui dissonanza cognitiva sembra favorita dal contesto culturale in cui viviamo, che evita al pensiero di andare in profondità. Una sfida ardua per gli educatori. Alla quale, però, non ci si può sottrarre. Più volte abbiamo rimarcato quanto la visione del mondo – quella che con gergo tecnico viene definita Weltanschauung – sia decisiva nella crescita e nella formazione della persona. La visione del mondo corrisponde all’insieme articolato e gerarchico dei valori a cui la persona aderisce, al complesso della rappresentazione della realtà che ne deriva. Tale visione consente di stare al mondo, di interpretare la realtà e di agire nel mondo. La Weltanschauung nella sua complessità, tuttavia, non costituisce un insieme di idee ben articolate in cui consapevolmente ci si riconosce. La rappresentazione del mondo è un insieme composito in parte consapevole e in parte inconsapevole, in parte coerente e in parte ambivalente quando non contraddittoria e la cui stratificazione non ci è mai del tutto chiara. C’è sempre e inevitabilmente uno strato di opacità che avvolge i nostri schemi di interpretazione della realtà e di azione. Non tutto ci è chiaro di noi stessi e soprattutto non di tutto siamo consapevoli. Forse il livello di consapevolezza coincide davvero solo con la parte scoperta dell’iceberg che rappresenta il nostro mondo interno. E questo in certa misura è positivo perché costituisce una difesa ed è funzionale alla nostra maturazione e alla nostra salvaguardia. Tuttavia questa sorta di opacità non è contrassegnata esclusivamente dalla difficoltà di essere trasparenti a noi stessi e agli altri. Spesso, infatti, capita che la rappresen52

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tazione consapevole che abbiamo di noi presenti delle forti incongruenze e queste vengono accettate senza troppi interrogativi. Si tratta di incongruenze a diversi livelli. Per esempio possiamo dire che è necessario essere duri nei confronti di chi sbaglia, senza ricordare le volte in cui noi abbiamo sbagliato. Oppure possiamo soffrire anche terribilmente perché qualcuno non è stato di parola o per relazioni interrotte a causa di superficialità e affermare che è stato ingiusto e al tempo stesso ribadire reiteratamente che ciascuno ha il diritto di fare ciò che vuole, di pensare e dire ciò che ha in testa. A favorire l’accettazione pedissequa di incongruenze o di rappresentazioni che fanno fatica a stare insieme vi è anche indubbiamente la cultura in cui siamo immersi. Viviamo in un contesto socio-culturale caratterizzato da pluralismo e questo è altamente positivo. Tuttavia non di rado questo pluralismo scivola in sincretismo o, peggio ancora, in legittimazione di qualunque visione del mondo: chiunque può aderire a qualunque opinione e chiunque in un certo senso si può sentire legittimato a mescolare idee che tra di loro non stanno in piedi. Uno dei fenomeni che spesso si riscontrano è rappresentato dalla “dissonanza cognitiva”, il meccanismo per il quale una persona afferma due o più pensieri che risultano in contraddizione tra di loro. Sostenere una visione della realtà le cui dimensioni non sono congruenti tra di loro porta peraltro a forme di disagio psicologico, psichico e comportamentale.


La ricerca della congruenza tra le parti della propria rappresentazione del mondo costituisce un versante importante nel percorso di maturazione. È importante perché la congruenza forma una identità coerente, mentre l’incoerenza fomenta una identità frantumata. È importante perché favorisce la maturazione dell’equilibrio psichico e psicologico e permette un rapporto positivo con gli altri e la costruzione e il mantenimento di relazioni sane. È importante perché la coerenza della visione del mondo è parallela alla congruenza tra le parti di sé, tra i propri pensieri, i propri sentimenti, le proprie azioni. Non conta la perfezione ma la tendenza verso la coerenza interna tra i pensieri e tra i pensieri, i sentimenti e le azioni. Da quanto detto deriva ancora una volta l’importanza della funzione educativa. Quanti a vario titolo esercitano una funzione educativa hanno il dovere di educare alla riflessione profonda, all’ascolto di tutte le parti di sé, a mettere a confronto i diversi aspetti della propria rappresentazione della realtà, a maturare uno sguardo congruente, ricco e coerente con la dimensione affettiva e morale. Per questo è decisivo che gli adulti imparino ad ascoltare con attenzione i ragazzi, a fare attenzione a quello che dicono, a come lo dicono, al perché lo dicono. È importante che facciano lo sforzo di capire cosa suscita determinati pensieri, come si legano ai loro sentimenti, ai loro vissuti e alle loro azioni. Cercare di capire il loro modo di interpretare la realtà e le ragioni dei loro schemi cognitivi, emotivi, morali, è necessario per il passo successivo, quello di far emergere il senso di eventuali incongruenze e di indicare i motivi per i quali parti contraddittorie non possono coesistere. Infine è un compito educativo anche suggerire delle alternative, mostrare la possibilità di costruire una visione dinamica e coerente. Certo, è un percorso faticoso quello dell’educazione alla capacità di riflettere con serietà e profondità, di mettersi in discussione e di accogliere come opportunità positiva la possibilità di rivedere i propri punti di vista, soprattutto quando radicati, ma è imprescindibile per una crescita positiva e per il potenziamento del senso morale e anche civico dei ragazzi.

Cristian Vecchiet

Collaboratore presso l’associazione La Viarte, è docente di Etica e Teologia dell’Educazione presso l’Istituto Universitario Salesiano di Venezia.


DROGA E CURE

Strade senza certezza

Dal dibattito sulla legalizzazione delle droghe leggere alle aperture delle “Stanze del buco” in mezza Europa: esiste un modello di cura delle tossicodipendenze universalmente efficace? La risposta è semplice: no.

S O C I E T À

Lo scorso mese di ottobre è stata inaugurata a Parigi la prima “Stanza del buco” di tutta la Francia. Un luogo, all’interno di un ospedale, dove le persone con tossicodipendenza possono iniettarsi droghe pesanti sotto la supervisione di personale medico e infermieristico. Realtà simili esistono anche in altri Paesi europei (Germania, Spagna, Danimarca, Svizzera, Lussemburgo, Norvegia, Olanda…), non in Italia. Essendo purtroppo quello della tossicodipendenza un fenomeno universale, ed essendoci al contempo modalità di affrontarlo assai diverse da Paese a Paese, la domanda che ci poniamo è molto semplice: dopo decenni di sperimentazioni e polemiche, esiste una cura più efficace di altre? La risposta è no, ma per comprenderla nella sua interezza è necessario analizzare la questione senza pregiudizi.

Rubrica a cura di Andrea Fiore

Il fine giustifica i mezzi?

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Per affrontare il problema parto dalla mia esperienza professionale. Personalmente non sono contrario a nessuna cosa pensata a scopo terapeutico, con la salute del paziente quale obiettivo finale da raggiungere. Più volte in passato si è definito il metadone (oppioide sintetico utilizzato per ridurre l’assuefazione nella terapia sostitutiva della dipendenza da stupefacenti) quale “droga di Stato”. Mi permetto di dissentire: tutte le cure, infatti, possono essere appropriate se portate avanti con le dovute attenzioni. Esistono migliaia di persone che possono affermare di essere ancora in vita per aver assunto proprio metadone. |

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L’Organizzazione Mondiale per la Sanità ha sottolineato quale obiettivo primario l’aumento della durata media della vita dell’individuo. Da qui la mia provocazione: se determinate tipologie terapeutiche vanno in questa direzione, perché escluderle a priori?

Il contesto prima di tutto

Non escludere alcuna terapia equivale a mettere a disposizione dei medici una gamma più ampia e completa di opzioni, aiutando i servizi a scegliere la strada più adatta per il paziente che si ha di fronte. Perché se da un lato è vero che quella farmacologica ambulatoriale affiancata al sostegno psicologico e sociale risulta a oggi la terapia unanimemente riconosciuta come più efficace, è altrettanto vero che la terapia perfetta non esiste. Prima ancora di quella parigina, aveva fatto molto discutere l’apertura della cosiddetta “Stanza del buco” a Zurigo, in Svizzera, in un quartiere ad alto tasso di frequentazione di tossicodipendenti. Una scelta sorretta da questo tipo di ragionamento: se possiamo fornire eroina controllata (in termini di nocività del prodotto) e sotto il controllo sanitario a soggetti che altrimenti la ricercherebbero ugualmente dagli spacciatori, perché non farlo? I risultati pratici della scelta hanno condotto alla riduzione delle morti, alla riduzione dello spaccio e alla riduzione della criminalità. Discorso analogo per gli Stati Uniti, dove sono legalmente attivi i distributori automatici di metadone, cui i soggetti monitorati dai servizi sanitari possono accedere gratuitamente ogni 24 ore attraverso una tessera elettronica. Diversamente, anche in questo caso, gli stessi soggetti andrebbero a cercare una dose in maniera illegale.


Consumo in aumento

Se la cura delle persone tossicodipendenti rappresenta una sfida importante, altrettanto rilevante risulterebbe il contrasto del fenomeno a monte. In altre parole diminuire il numero dei soggetti che entrano in contatto con le droghe. Un obiettivo che attualmente, statistiche alla mano, risulta irraggiungibile. In tutto il mondo, infatti, il consumo delle droghe è in aumento. La gran parte degli operatori sanitari concordano nell’individuare nella società attuale molto pretenziosa e competitiva una delle concause più forti: per reggere ritmi e stress sempre più faticosi, le persone tendono a cercare nuove energie, o semplicemente evasione, nelle sostanze illecite.

Dura lex, sed lex

Il consumo delle droghe è dettato quindi dal momento storico-culturale e dal loro effetto, non certo da una questione di legalità o illegalità. Ecco perché disciplinarlo dal punto di vista legislativo è tanto fondamentale quanto complesso. Prendendo a esempio il caso italiano, la Legge Fini-Giovanardi in materia aveva imposto forti restrizioni al consumo della cannabis con l’aumento dei controlli da parte delle Forze dell’Ordine: ciononostante il consumo di cannabis è rimasto inalterato. Questo per ribadire il concetto di partenza: solo intervenendo a 360 gradi e senza pregiudizi sarà possibile affrontare con successo una problematica così drammatica.

dott. Andrea Fiore

Medico delle Farmaco-Tossicodipendenze, psichiatra andrea.fiore@imagazine.it


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ADAT TAMENTO PERS O N AL E/2

Evolvere

come persone

Rubrica a cura di Giuliana De Stefani

P S I C O L O G I A

Nel corso del tempo tutti noi cambiamo. Ma quanti realmente se ne rendono conto? Ecco perché da ragazzi come da adulti, è la consapevolezza a fare la differenza.

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Nel proseguire la riflessione attorno al concetto di “adattamento personale” possiamo rilevare come sia correlato a una certa armonia dell’individuo con i suoi ambienti… A come sia riuscito a trovare una sua collocazione compatibile con la scuola, la famiglia, la squadra in cui gioca, gli amici, l’associazione di cui fa parte. In sostanza di come sia riuscito ad adattarsi in modo attivo in contesti diversi che richiedono specifici atteggiamenti e azioni. Idealmente parlando, una persona appare ben adattata quando “armonizza” con l’ambiente, cioè quando lo conosce e lo comprende e quindi riesce a collocare se stessa in un ruolo funzionale a quello specifico contesto. Insomma, si tratta di scoprire quale può essere il nostro posto… Per l’adulto, la legittima collocazione in un contesto conduce al riconoscimento sociale del ruolo e delle conseguenti funzioni attribuitegli, diventa una questione di primaria importanza per l’adattamento personale: il soggetto sa di agire all’interno di una cornice precisa che gli attribuisce alcune responsabilità, compiti specifici da assolvere, problemi che richiedono soluzione. In sostanza nella legittimità vengono chiarite le aspettative sociali in merito ad atteggiamenti e comportamenti di un soggetto che svolga uno specifico ruolo. La conoscenza di |

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tali aspettative ci può infondere sicurezza poiché delimita il nostro campo d’azione e quindi anche le responsabilità. Agire e interagire negli ambienti sociali accresce inoltre la consapevolezza sulle proprie risorse personali spendibili nella gestione delle difficoltà: non ci si spaventa e si affrontano serenamente i problemi. Essere ben adattati implica quindi essere attivi. Le caratteristiche della maturità che abbiamo precedentemente già citato (autosufficienza, perseveranza, accettazione di responsabilità personali e intraprendenza) descrivono perfettamente questo ruolo decisamente attivo della persona del suo contesto e, se messe in pratica, le permetteranno di percepirsi come auto-efficace, capace di incidere sulla realtà in una certa misura. Questa consapevolezza risulta preziosa nel rafforzare l’individuo nella sua crescita verso una ideale condizione adulta: il piacere di sentirsi capaci, efficaci, produttivi, può sostituire o almeno temperare il desiderio infantile di non crescere e fare il principino o la principessa. Il primo guadagno che la personalità ricava durante il passaggio da adolescente ad adulto consiste in una nuova visione della vita, più realistica, e nella scoperta di possedere strumenti cognitivi e comunicativi per affrontarla con una certa efficacia. Aumenta la potenza


personale in forma di consapevolezza e comprensione. Il secondo guadagno nel diventare adulti deriva paradossalmente da una perdita: l’abbandono del narcisismo infantile e il contenimento di quello adulto permettono la rivelazione del “vero adulto” liberandolo da una gabbia in cui si dibatteva per ottenere sempre di più, essere il migliore, vincere sempre facilmente… Questo aspetto è in stretta relazione alla crescita del fattore gentilezza (rispetto, autocontrollo, proteggere e aiutare gli altri, associarsi con le persone) di cui abbiamo precedentemente parlato. Tale atteggiamento aperto e accogliente si esplica nell’equilibrare i propri bisogni con quelli altrui e si rivela particolarmente fecondo per la personalità. Le infonde autorevolezza, la conduce a elargire protezione e permessi a crescere a tutti coloro che la circondano, creando un effetto domino nelle relazioni che saranno collaborative piuttosto che competitive. Uno dei momenti di massimo adattamento personale, cioè di benessere in un contesto, lo si prova quando si insegna qualcosa a delle persone. All’interno dei due ruoli ben definiti, lo scambio tra docente e allievo è molto di più della lezione o della pratica che vengono spiegate… Se da un lato per il discepolo la relazione è chiaramente improntata prevalentemente a ri-

cevere attenzione, sostegno e guida, quindi un assoluto guadagno, forse per il docente non si risolve semplicemente con il dare... Per l’adulto, che sia educatore, genitore o comunque esponente di una professione d’aiuto, l’azione formativa di giovani e adulti costituisce la chiusura di un cerchio dell’evoluzione della propria personalità adulta, il raggiungimento del ruolo più elevato. È la verifica della propria capacità di leggere la realtà e governare un importantissimo e insostituibile processo, comprendere le persone, dare permessi a crescere, proteggere, guidare verso l’evoluzione personale. In particolare per il ruolo di genitore, su cui pesano ulteriori responsabilità di gestione dei rapporti con i figli. La nostra personalità non è affatto statica... Ogni giorno con le esperienze e la rielaborazione delle conoscenze re-informa il suo status. Siamo plastici, duttili, insomma siamo destinati a evolvere. Pensiamo a come eravamo vent’anni fa... siamo cambiati? Ma certo. Più o meno consapevolmente, questo fa la differenza. Ma non solo i giovani evolvono, anche gli adulti, i cinquantenni, i settantenni… solo che forse non se ne rendono conto. Varrà la pena di parlarne?

Giuliana De Stefani

Psicologa psicoterapeuta



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SCADENZA 15 GENNAIO ▶ MARANATÀ Sezione: poesia Lunghezza: max 40 versi Quota: € 15,00 Premi: montepremi in denaro, medaglie Info: 338 8177641 www. bimboaquilone.it SCADENZA 16 GENNAIO ▶ SAN VALENTINO… INNAMORATI A CAMOGLI Sezioni: poesia Lunghezza: max 15 versi Quota: nessuna Premi: attestato Info: 335 7274514 www.ascotcamogli.it SCADENZA 20 GENNAIO ▶ PREMIO ARTURO GIOVANNITTI Sezione: poesia Lunghezza: libera Quota: € 10,00 Premi: montepremi in denaro, libri, attestati Info: 377 1456065 asscultarturogiovannitti@gmail.com ▶ PREMIO ALDA MERINI Sezioni: A) poesia; B) narrativa Lunghezza: A) un foglio A4; B) 5 fogli A4 Quota: € 20,00 Premi: montepremi in denaro, pubblicazione opera, targhe, diplomi, attestati Info: 392 1101833 premioaldamerini-1@libero.it SCADENZA 26 GENNAIO ▶ CONCORSO “LUCIANO NICOLIS” Sezione: poesia Lunghezza: max 40 versi Quota: € 15,00 Premi: montepremi in denaro, medaglie e targhe Info: 347 1046867 rigonicarlo@hotmail.com

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SCADENZA 27 GENNAIO ▶ PREMIO NAZIONALE FELICITÀ Sezione: racconti Lunghezza: max 7.500 parole Quota: € 15,00 Premi: pubblicazione opera Info: 329 8074764 www. murenacoaching.it SCADENZA 30 GENNAIO ▶ IL CLUB DEI POETI Sezioni: A) poesia; B) narrativa Lunghezza: A) max 36 versi; B) max 10 cartelle Quota: € 18,00 Premi: targhe, pubblicazione opera Info: 02 98233100 www. club.it SCADENZA 31 GENNAIO ▶ LE DIECI VILLE Sezione: racconto Lunghezza: max 5 pagine Quota: € 20,00 Premi: montepremi in denaro, diplomi Info: 010 5578853 www. concorsole10ville.it ▶ INEDITO Sezioni: A) poesia; B) romanzo; C) racconto Lunghezza: A) max 40 versi; B) max 540.000 battute; C) max 45.000 battute Quota: € 30,00 Premi: contributo in denaro alla pubblicazione Info: 333 6063633 www. premioinedito.it ▶ PREMIO SALVATORE CERINO Sezione: poesia Lunghezza: max 25 versi Quota: € 10,00 Premi: targhe, medaglie, diplomi Info: 339 4202659 www.salottocerino.it

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▶ PREMIO E. CANTONE Sezione: poesia Lunghezza: 45 versi Quota: nessuna Premi: montepremi in denaro, pergamene Info: 0541 945132 geocorrado@libero.it ▶ SAN LORENZO 2017 Sezioni: A) poesia; B) racconto breve Lunghezza: A) max 30 versi; B) max 3 pagine Quota: € 25,00 Premi: montepremi in denaro, fiorini d’oro, attestati Info: 338 2124276 www.liberartesesto.net ▶ IL RACCONTO NEL CASSETTO Sezione: narrativa Lunghezza: max 40.000 battute Quota: € 20,00 Premi: montepremi in denaro Info: 081 5066684 www.assoali.it ▶ PREMIO GIOTTO Sezioni: A) poesia; B) racconto Lunghezza: A) max 36 versi; B) max 2 pagine A4 Quota: € 10,00 Premi: montepremi in denaro, attestati Info: 055 8448251 concorsoletterariovicchio@gmail.com ▶ UMBERTIDE XXV APRILE Sezione: poesia Lunghezza: max 40 versi Quota: € 10,00 Premi: montepremi in denaro Info: 075 9415958 www. cscsanfrancesco.it ▶ IL GIARDINO DI BABUK Sezioni: A) poesia; B) racconto breve Lunghezza: A) max 30 versi; B) max 15.000 battute

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Quota: nessuna Premi: montepremi in denaro Info: 347 8562152 premio@ larecherche.it ▶ CORPO DI DONNA Sezione: poesia Lunghezza: libera Quota: € 5,00 Premi: libri Info: 333 8519576 www.annalisascialpi.it ▶ LA FAMIGLIA Sezioni: A) narrativa; B) poesia Lunghezza: A) max 3 pagine; B) libera Quota: nessuna Premi: montepremi in denaro Info: 0533 948529 biblioteca@comune.lagosanto.fe.it SCADENZA 1 FEBBRAIO ▶ IL SIGILLO DI DANTE Sezione: poesia Lunghezza: libera Quota: € 25,00 Premi: montepremi in denaro, diplomi, trofei, soggiorni gratuiti Info: 338 6771039 www. sarzanadantesca.it SCADENZA 8 FEBBRAIO ▶ 88.88 Sezione: racconti brevi Lunghezza: max 8.888 battute Quota: € 8,00 Premi: montepremi in denaro, penne stilografiche Info: 338 1236078 www. yowras.it SCADENZA 10 FEBBRAIO ▶ PREMIO RAFFAELLO CIONI Sezioni: A) poesia; B) narrativa Lunghezza: A) max 35 versi; B) max 2 cartelle Quota: € 15,00 Premi: montepremi in denaro Info: 347 4928440 www. prolocobarberino.net SCADENZA 13 FEBBRAIO ▶ PREMIO ANNA VERTUA GENTILE Sezione: narrativa Lunghezza: max 5 cartelle Quota: nessuna Premi: buoni acquisto libri, targhe Info: 0377 314288 biblioteca@comune.codogno.lo.it


MUSICOTERAPIA PER LE OSSESSIONI Lo psichiatra Roberto Pagnanelli ha pubblicato un CD-Audio dal titolo “Musicoterapia per le ossessioni” – edito da Edizioni il Punto d’Incontro di Vicenza – audio-guida con le tecniche mentali e le esperienze immaginative per affrontare e superare le ossessioni. La musica per stimolare l’emisfero destro del cervello, immaginativo-creativo, in grado di contrastare l’attività dell’emisfero sinistro, logico-deduttivo.

Musicoterapia per le ossessioni Edizioni il Punto d’Incontro: € 14,50 Su internet o nelle migliori librerie Per ordinazioni: Edizioni il Punto d’Incontro tel. 0444-239189

Le ossessioni rappresentano una delle patologie più difficili da curare e trattare, per un medico. Infatti non esistono farmaci specifici ‘anti pensiero’. Se a un paziente che non dorme possiamo proporre un ipnotico, a uno ansioso un ansiolitico, a un depresso un antidepressivo e a uno psicotico un neurolettico, a un paziente tormentato dai pensieri non possiamo prescrivere un farmaco ‘antipensiero’ che annulli, in una volta sola, i suoi tormenti interiori. La psichiatria, infatti, per quanto abbia compiuto passi da gigante, non è in grado, eccezion fatta per qualche antidepressivo, di porre un argine ai dubbi e alle domande di chi ne soffre. “Come posso liberarmi dai pensieri?” – chiedono i pazienti una volL’Autore Il dottor Roberto Pagnanelli è medicochirurgo e psicoterapeuta. Specializzato in Psichiatria, è diplomato in Medicina Psicosomatica, in Medicina Omeopatica e in

ta arrivati in studio. In effetti l’attività di pensiero è connaturata in ogni essere umano, solo che, a volte, prende un abbrivio strano e porta la mente a soffocare nei propri pensieri. “Avrò chiuso la porta di casa?”, “Sarei in grado di fare del male a qualcuno?”, “Perché sono al mondo?” – sono i dubbi che inquietano la mente. Il paziente, per ridurre la propria ansia, deve mettere in moto dei comportamenti ‘compulsivi’ atti a ridurre la paura di conseguenze nefaste. “Se non tocco tre volte il cancello di casa non posso essere sicuro che a un parente stretto non capiti qualcosa di terribile…”. Così molte persone trovano rimedio nei fiori di Bach, come White Chestnut, nell’omeopatia, grazie a Coffea Cruda, nei sali di Schüssler fra i quali Magnesium Phosphoricum. Tuttavia la musica, in grado di comunicare direttamente con la parte analogica del cervello, può essere di grande aiuto per ridurre l’attività ideativa e riportarla sui ‘giusti binari’. È nata così la Musicoterapia cinematografica, una tecnica innovativa psicoterapeutica che porta i pazienti sulla via della guarigione. Per consentire a chiunque di entrare nel vivo delle proprie ossessioni e di svolgere a casa gli “esercizi mentali del benessere”. Una colonna sonora che, come in un film d’azione, accompagna l’ascoltatore in un percorso di autoguarigione. Psicoterapie Brevi. È autore di pubblicazioni su riviste scientifiche e di volumi di successo. Ideatore della Musicoterapia Cinematografica, lavora a Trieste, Monfalcone, Udine e Gorizia. Per appuntamenti: Cell. 330-240171 E-mail: robertopagnanelli@libero.it Sito web: www.robertopagnanelli.it


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L E G G E R E

(as) s a g g i Carlos Ruiz Zafón Il Labirinto degli Spiriti Mondadori, 2016 Pagg. 832 € 23,00 Barcellona, fine anni ‘50. Daniel Sempere non è più il ragazzino che abbiamo conosciuto tra i cunicoli del Cimitero dei Libri Dimenticati, alla scoperta del volume che gli avrebbe cambiato la vita. Il mistero della morte di sua madre Isabella ha aperto una voragine nella sua anima, un abisso dal quaCaroline Vermalle Due cuori a Parigi Feltrinelli, 2016 Pagg. 240 € 15,00

le la moglie Bea e il fedele amico Fermín stanno cercando di salvarlo. Proprio quando Daniel crede di essere arrivato a un passo dalla soluzione dell’enigma, un complotto ancora più oscuro e misterioso di quello che avrebbe potuto immaginare si estende fino a lui dalle viscere del Regime. È in quel momento che fa la sua comparsa Alicia Gris, un’anima emersa dalle ombre della guerra, per condurre Daniel al cuore delle tenebre e aiutarlo a svelare la storia segreta della sua famiglia, anche se il prezzo da pagare sarà altissimo.

Essere all’altezza del mito di Parigi non è facile. È ciò che imparano, loro malgrado, Guillaume – guida turistica professionista e aspirante scrittore – e gli altri impiegati dell’agenzia di viaggi i love paris, sull’orlo del fallimento. Il motivo? La sindrome di Parigi, una sorta

di depressione che colpisce i turisti stranieri quando si accorgono che la città che avevano tanto idealizzato non corrisponde alle loro aspettative. Parigi può essere un posto che fa paura e a volte i parigini sono davvero scostanti, nessuno lo sa meglio di Guillaume, che nella Ville Lumière ha visto i propri sogni spegnersi uno dopo l’altro. A salvarlo, solo un gruppo ristretto di amici, tra cui la ribelle ed eccentrica Edie. Quando la ragazza annuncia di volersi trasferire a New York, a Guillaume crolla il mondo addosso. Ma questa volta Parigi sorprenderà anche lui…

Stephenie Meyer La Specialista Rizzoli, 2016 Pagg. 544 € 20,00 Lei lavorava per il governo degli Stati Uniti, per un’agenzia così segreta che non ha neanche un nome. È un’esperta nel suo campo, ma adesso sa qualcosa che non dovrebbe sapere, e i suoi ex capi la vogliono morta. Subito. Non può restare a lungo nello stesso

posto, né mantenere la medesima identità per troppo tempo, e l’unica persona di cui si fidava è stata uccisa. Quando le viene offerta la possibilità di mettersi in salvo, in cambio di un ultimo lavoro, lei accetta, ma nel momento in cui si prepara ad affrontare la sfida più dura, si innamora di un uomo. E sarà una passione che può soltanto diminuire le sue possibilità di sopravvivenza. Mentre tutto si complica, la Specialista sarà costretta a mettere in pratica il suo «talento» come mai prima.

Christian Romanini Sul Troi di Aquilee Glesie Furlane, 2016 Pagg. 128 € 12,00 Un affascinante diario di viaggio, interamente scritto in friulano, nel quale l’autore ripercorre a piedi il tragitto dal Santuario di Barbana fino a quello del Monte Lussari, con-

cludendolo al Santuario di Castelmonte, perché – come ammette lui stesso – “bisogna avere coscienza dei propri limiti”. Un percorso tra fede e natura, che il protagonista compie con penna e taccuino in mano per annotare tutti i dettagli, i colori, i suoni e le persone incontrate nel suo cammino. Un libro che, in questo modo, non diventa solo testimonianza ma anche una vera e propria guida per coloro che desiderano ripercorrere questa via antica, dal fascino immutato.

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MOSTRE IN FVG (calendario aggiornato su www.imagazine.it) 7-19 gennaio ▶LA MUSICA È MOVIMENTO Mostra di incisioni di Cristiana Falcoz. Monfalcone (GO). Antico Caffè Carducci, via Duca d’Aosta 83. Ingresso libero. Orario: mar-dom 7.3022. Info: 0481 412332 Fino al 15 gennaio ▶MOSAICAMENTE Omaggio a Vincent Van Gogh. Trieste. Sala Fittke, piazza Piccola 3. Ingresso libero. Orario: 10-13/17-20. Info: www.triestecultura.it

Fino al 22 gennaio ▶ ELETTRODOMESTICITÀ Design e innovazione nel Nord Est da Zanussi a Electrolux. Pordenone. Galleria Bertoia, corso Vittorio Emanuele II 60. Ingresso: € 3. Orario: mer-dom 15-19. Info: www.comune.pordenone.it Fino al 29 gennaio ▶ LA NATURA SELVAGGIA DI GIANNI BORTA Esposti oli su tela, incisioni e mosaici: opere in gran parte ispirate ai viaggi in Oriente e dipinte en plein air. Cividale del Friuli (UD). Chiesa di Santa Maria dei Battuti, via Borgo di Ponte. Ingresso libero. Orario: lun, gio, ven 15.3019, sab-dom 10-13/15.3019. Info: www.cividale.net

Fino al 29 gennaio ▶GIULIO JUSTOLIN Mostra di pittura. Campolongo Tapogliano (UD). Municipio, piazza Indipendenza 2. Ingresso libero. Orario: ven 1719, sab-dom 10-12. Info: www.comune.campolongotapogliano.ud.it

▶IL MONDO DI NICOLETTA COSTA Retrospettiva sull’illustratrice per l’infanzia. Muggia (TS). Sala d’Arte, piazza Marconi 1. Ingresso libero. Orario: mar-ven 1719, sab 10-12/17-19, dom 10-12. Info: 040 3360340 Fino al 31 gennaio ▶DARKO RITROVATO Mostra in onore di Darko Bevilacqua: esposta anche “La grande madre terra”, opera inedita appositamente assemblata per l’occasione. Cividale del Friuli (UD). Museo Archeologico Nazionale, piazza Duomo 13. Ingresso: € 4. Orario: lunedì 9-14, da martedì a domenica 8.30-19.30. Info: www.museoarcheologicocividale.beniculturali.it

Fino al 5 febbraio ▶PROFILI D’ARTE Mostra di Massimiliano Busan e Paolo Figar. Gorizia. Palazzo Attems, piazza de Amicis 2. Ingresso: € 6. Orario: mer-dom 10-17, gio 10-19. Info: musei@provincia.gorizia.it Fino al 5 febbraio ▶ROSETO Personale di Patrizia Devidé. Nell’esposizione le ferite e il dolore del quotidiano si compongono nella cura del ricordo. Gradisca d’Isonzo (GO). Galleria Spazzapan, via Ciotti 51. Ingresso: € 3. Orario: mer-ven 15-19, sabdom 10-19. Info: www. galleriaspazzapan.it

Fino al 10 febbraio ▶TENSIONI LEGGERE Mostra personale di Sandi Renko. Sacile (PN). Studio d’Arte GR, viale Zancanaro 44. Ingresso libero. Orario: su prenotazione. Info: 0434 738016 www.studioartegr.com

▶ MATIJA TOMC Selezione di scatti che il fotografo di moda Matija Tomc, in bilico tra arte e fashion, ha realizzato negli ultimi due anni. Trieste. Bracerie Venete, via della Madonnina 5. Ingresso libero. Orario: mardom 17-19. Info: www.exibart.com Fino al 19 febbraio ▶DA TRIESTE ALLA LUNA IN STEREO3D La mostra offre per la prima volta al pubblico una selezione dei positivi su carta e diapositive su vetro realizzate tra il 1850 e il 1930, presenti nel Fondo delle fotografie stereoscopiche. Trieste. Palazzo Gopcevich, via Rossini 4. Ingresso: € 4. Orario: mar-dom 10-19. Info: www.triestecultura.it

Fino al 26 febbraio ▶J’ARRIVE Napoleone Bonaparte, le cinque facce del trionfo. Prima europea. Udine. Ex Chiesa di San Francesco, via Odorico da Pordenone 1. Ingresso: € 10. Orario: ven-sab 1013/15-18; dom 10-18. Info: www.azalea.it Fino al 26 febbraio ▶CARMELO ZOTTI. CARTE INEDITE 1952/2007 Esposte 145 opere di 50 anni di carriera dell’artista triestino. Pordenone. Galleria Sagittaria, via Concordia 7. Ingresso libero. Orario: mar-dom 16-19. Info: www.centroculturapordenone.it

14-17; dom 10-17. Info: 040 301479 Fino al 5 marzo ▶FRANCESCO GIUSEPPE A MIRAMARE Attraverso dipinti, rilievi marmorei, stampe, litografie e acquerelli, un’indagine sui rapporti familiari della Casa asburgica, in particolare tra Francesco Giuseppe e Massimiliano. Trieste. Castello di Miramare, viale Miramare. Ingresso: € 8. Orario: 9-19. Info: www.castello-miramare.it Fino al 19 marzo ▶LORENZO MATTOTTI - SCONFINI Circa 400 opere – tra quaderni, disegni, progetti per manifesti, illustrazioni, tavole originali, tele e filmati d’animazione – compongono il percorso espositivo della mostra. Codroipo (UD). Villa Manin di Passariano. Ingresso: € 10. Orario: mar-dom 10-19. Info: www.villamanin-eventi.it

Fino al 30 marzo ▶SETA Filande del novecento. Donne e macchine protagoniste della sericoltura in Friuli e nel Litorale. Gorizia. Museo della Moda e delle Arti Applicate, Borgo Castello. Ingresso: € 3,50. Orario: mar-dom 919. Info: www.provincia. gorizia.it Fino al 16 aprile ▶GIUSEPPE LORENZO GATTERI Una selezione di oltre un centinaio di pezzi della raccolta di disegni e incisioni del fondo Weber Gatteri, realizzate dal pittore triestino. Trieste. Museo Revoltella, via Diaz 27. Ingresso: € 7. Orario: mer-lun 1019. Info: www.museorevoltella.it

Fino al 26 febbraio ▶BEL VEDERE In “scena” una città costruita utilizzando le fotografie di paesaggio, prive di qualsivoglia gerarchia estetica. Trieste. Civico Museo Sartorio, largo Papa Giovanni XXIII. Ingresso libero. Info: mar-gio 10-13; ven-sab

I COSTI E GLI ORARI DI APERTURA POSSONO VARIARE SENZA PREAVVISO. VERIFICARE SEMPRE RIVOLGENDOSI AGLI APPOSITI RECAPITI.


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MOSTRE

J’ARRIVE Servizio a cura della redazione. Immagini di Simone Di Luca

Le cinque facce

di Napoleone

Dall’ascesa all’esilio, da soldato a imperatore. Per la prima volta in Europa, a Udine l’esposizione che racconta la vita dell’uomo che ha cambiato la storia dell’umanità.

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A Udine uno straordinario evento celebra la figura di Napoleone Bonaparte, indissolubilmente legato al Friuli Venezia Giulia, dove ha fi rmato lo storico trattato di Campoformido nel 1797, trattato che segnò la fi ne della Repubblica di Venezia e che vede proprio nel 2017 il 220° anniversario dalla sua stipula. “J’Arrive – Napoleone Bonaparte, le cinque facce del trionfo” è l’esposizione dedicata alla vita di uno dei personaggi che maggiormente ha influenzato la storia dell’umanità. Già capace di totalizzare oltre 700 mila visitatori a San Paolo (Brasile), Astana (Kazakistan) e Melbourne (Australia), “J’Arrive” sbarca per la prima volta in Europa a Udine. La mostra è visitabile nell’Ex Chiesa di San Francesco fi no al 26 febbraio (venerdì e sabato orario 10-13/15-18, domenica 1018, info www.azalea.it). “J’Arrive” propone una collezione di oggetti originali dell’epoca e personali di Napoleone. Oggetti, armi, uniformi, documenti che evocano diversi aspetti della vita del condottiero, dai trionfi militari alla sua vita strettamente intima e privata, restituendo un quadro a tutto tondo della società e del costume dell’età napoleonica. L’esposizione trasporterà il pubblico in un viaggio attraverso le cinque fasi della consacrazione di Napoleone, le cinque facce del suo trionfo appunto. Il soldato, il generale, il console, l’imperatore, l’esiliato, un viaggio che parte dalla Rivoluzione Francese del 1789 e termina con la mor64

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te di Napoleone. Il pubblico avrà la rara opportunità di vedere questa incredibile collezione che contribuirà alla ricostruzione di luoghi, avvenimenti, battaglie e documenti originali che permetteranno di conoscere la storia che si cela dietro ogni oggetto. Per tutto il percorso si sviluppano poi le sezioni su Napoleone innovatore, che descrivono l’eredità da lui lasciata al mondo, dalla scoperta della Stele di Rosetta (da cui nasce l’egittologia), al Codice Civile, dall’istituzione dei licei, al consiglio di stato, dalla numerazione delle strade fi no alle prime sperimentazioni sul cibo in scatola. Per la prima volta a livello mondiale, grazie a una tecnica innovativa di ricostruzione facciale, verrà esposto un Napoleone in 3D che mostrerà al visitatore le vere sembianze dell’imperatore nel corso della sua vita. Fra i pezzi esposti, tutti provenienti dalla Fondation Napoléon, troveremo il fucile da caccia che Napoleone donò al capitano Besson nel 1815, un orologio da tasca in oro, argento, diamanti e perle appartenuto alla famiglia di Napoleone, il leggendario “chapeau” e una copia originale del Codice Civile Francese del 1804, tutti pezzi di valore inestimabile. Non mancheranno testimonianze relative al Napoleone condottiero: la celebre Battaglia di Marengo è evocata dalla grande tela di Boze, Lefevre e Vernet e dall‘uniforme che NapoIn apertura, modello in 3D di Napoleone Bonaparte; pagina a fianco, visita dei giornalisti durante l’apertura in anteprima della mostra riservata alla stampa.


leone indossò, pezzo anche questo di rarità assoluta. Significativa è la presenza di porcellane, tra cui il vaso “fuseau” della manifattura di Sèvres, con il ritratto di Napoleone incoronato, donato dell’imperatrice Maria Luisa alla moglie del maresciallo Ney, Eglé Auguié, come regalo di Natale del 1813. Di grande valore anche il gruppo di 19 piatti appartenenti al servizio personale dell’imperatore, due dei quali decorati con scene della visita di Napoleone a Venezia nel 1807, il suo ingresso in città e la regata sul Canal Grande. L’ultima sezione della mostra è dedicata all’epilogo della straordinaria vicenda napoleonica, con alcuni oggetti personali che ricordano gli anni di Sant’ Elena come il “nécessaire dentaire” (Napoleone era attento alla cura dei denti) e il “nécessaire de portemanteau” (con l’occorrente per la toilette) utilizzato ad Austerlitz. Presenti anche gli appunti, poco conosciuti, delle lezioni di inglese intraprese da Napoleone durante l’esilio. La mostra si conclude con la minuziosa ricostruzione della tomba di Napoleone, attualmente posta al museo Les Invalides di Parigi, che ogni anno richiama milioni di visitatori. L’allestimento della mostra si sviluppa su una superficie di oltre 800 metri quadrati. Pareti in

alluminio rivestite in tessuto scandiscono le aree espositive, formate da una serie di moduli flessibili, che creano di volta in volta diverse ambientazioni. Percorrendo la mostra il visitatore ha dunque la sensazione di trovarsi immerso in epoche e contesti differenti, grazie a un allestimento inclusivo, di forte impatto visivo ed emozionale, che valorizza gli oggetti esposti e facilita la fruizione dei contenuti. Il percorso espositivo, realizzato da ABS Group e Don Stop, è inoltre arricchito da installazioni multimediali, che rendono la visita ancora più coinvolgente e appassionante. In particolare, nella sezione che racconta le gesta militari del generale Napoleone, alcuni schermi integrati nelle pareti in tessuto consentono di rivivere le battaglie che hanno reso celebre il suo esercito.


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PERSONAGGI

MARTA NOVELLO Intervista di Margherita Reguitti Immagini di Claudio Pizzin

Custode del passato,

con sguardo sul futuro

Si completeranno nel 2018 i lavori di ristrutturazione del Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, ma già quest’anno saranno allestiti nuovi spazi espositivi e sono allo studio importanti novità. La direttrice della struttura le ha anticipate a iMagazine.

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Il Museo Archeologico di Aquileia cambia look: sono infatti iniziati i lavori di ristrutturazione dello storico e prestigioso edificio costruito nel 1882, finanziati per un importo di un milione e mezzo di euro che comprenderanno la ristrutturazione dell’edificio centrale, l’adeguamento dei sistemi e degli impianti tecnologici e la messa a norma di sicurezza, oltre al riallestimento delle esposizioni. La conclusione dell’intervento, finanziato dal Ministero per i Beni culturali e il Turismo, è prevista per il 2018. Dei progetti per il 2017 abbiamo parlato con l’archeologa Marta Novello che da un anno dirige il Museo. Il Museo Archeologico Nazionale (MAN) cambia volto dopo oltre 60 anni, cosa resterà e cosa sarà rinnovato? «È la prima volta, dopo la grande ristrutturazione degli anni ’50, che si ricreano i presupposti per una riorganizzazione dell’intero complesso museale. Gli interventi allora realizzati, e via via aggiornati nel corso del tempo, con soluzioni in alcuni casi ancora attuali, richiedono un adeguamento agli standard museali odierni, secondo un progetto unitario che investa l’intero sistema espositivo, gli allestimenti e gli apparati didattici, così come gli spazi di accoglienza che non

possono oggi mancare in uno fra i più importanti musei archeologici italiani». Quali sono state le linee guida del progetto? «La nuova centralità riservata, rispetto a un tempo, al pubblico dei visitatori ha costituito una delle linee guida del progetto, fin dalla riconfigurazione del sistema d’ingresso, che verrà dotato di più adeguati spazi per i servizi di biglietteria, guardaroba e bookshop, di cui il Museo è attualmente sprovvisto e che acquistano particolare importanza nell’accoglienza e nella presentazione al pubblico dell’istituzione museale. A una maggiore attenzione ai servizi per il pubblico abbiamo voluto aggiungere anche una nuova attenzione per la città. Con il prosieguo dei lavori, ci piacerebbe infatti aprire il giardino anteriore del Museo, attualmente non sufficientemente valorizzato, trasformandolo in una sorta di parco aperto alla fruizione, per accentuare il senso di appartenenza nei confronti dello straordinario patrimonio archeologico di Aquileia». Come cambieranno gli interni? «Grande impegno verrà posto nella riorganizzazione del sistema espositivo e di comunicazione, che prevede anche un nuovo apparato didattico bilingue. Verranno installati nuovi supporti multimediali che consentiranno di dare una forma narrativa all’illustrazione del ruolo strategico di Aquileia durante l’età romana, puntando l’attenzione sulla sua funzione quale centro di scambi economici, culturali e religiosi». In apertura, un primo piano della direttrice del Museo di Aquileia Maria Novello, 43 anni, laureata all’Università di Padova in Lettere classiche con indirizzo archeologico. Specializzata in Archeologia, ha conseguito un dottorato con una tesi sui mosaici romani; a fianco, la facciata del Museo di Aquileia.

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Per la prima volta con Art bonus i privati possono essere parte del progetto culturale, in che modo? «L’Art bonus costituisce un importante strumento di partecipazione dei privati alla valorizzazione del patrimonio culturale pubblico, “Il Nastro”, uno dei mosaici in fase di restauro del Museo Archeologico di Aquileia tramite l’introduzione dell’agevolazione fiscale al 65% per le erogazioni liberali effet- lavoro costituito dal dottor Caburlotto, che prevede la tuate a sostegno della cultura. Tramite questo strumento, partecipazione delle due colleghe Anna Chiarelli delsarà possibile partecipare al restauro dei reperti più signi- la Soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio ficativi delle collezioni, scelti fra statue e mosaici, e alla di Venezia e laguna, con il ruolo di responsabile unirealizzazione della nuova sezione espositiva dedicata alle co del procedimento, e Stefania Casucci della Sopringemme, contribuendo in tal modo direttamente alla rea- tendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio del FVG, lizzazione del progetto di rinnovamento del Museo. Ab- con il ruolo di progettista. È stata un’importante occabiamo tenuto moltissimo, insieme al direttore del Polo mu- sione per condividere esperienze, capacità e punti di seale del FVG Luca Caburlotto, all’utilizzo di tale stru- vista che sono certa daranno i loro frutti». Essere direttore oggi di un importate Museo comento, che riteniamo vada al di là del solo aspetto economico, contribuendo ad attivare nei cittadini un maggior sa richiede? «Richiede una nuova attenzione e la capacità di rivolsentimento di appartenenza nei confronti del contesto stogersi a un pubblico sempre più ampio e articolato di virico-artistico, archeologico e culturale». I lavori interferiranno con la fruibilità del Museo? sitatori con un’offerta culturale di qualità, che valoriz«Il Museo rimarrà sempre aperto al pubblico, con chiu- zi quella che è la vocazione naturale di ogni istituzione sura progressiva solo delle singole sezioni interessate dai museale e cioè di essere non solo un luogo di conservalavori, cercando di evitare il più possibile i disagi nei con- zione ma anche di trasmissione dei valori della cultura. fronti dei visitatori. Si cercherà anzi di offrire servizi al- In questo momento storico il Museo costituisce un luogo ternativi, potenziando le aperture del Museo paleocristia- privilegiato per l’attuazione di quella politica di condivino e organizzando eventi e iniziative all’interno dei ma- sione culturale che è il presupposto di ogni convivenza». Cosa si augura professionalmente e personalgazzini e delle Gallerie lapidarie, che rimarranno sempre mente per questo anno che inizia? aperte al pubblico durante l’intero periodo dei lavori». Quali sono i progetti espositivi per il 2017? «Naturalmente mi auguro che i progetti avviati «L’attività sarà concentrata sulla riorganizzazione possano essere realizzati al meglio». Uno slogan per promuovere il MAN? dell’allestimento permanente e sulla progettazione di ul«Un nuovo Museo per raccontare la città». teriori spazi espositivi all’interno dei magazzini, sulla cui valorizzazione punteremo senz’altro nei mesi estivi. Ma Margherita Reguitti prima di poter anticipare qualcosa abbiamo bisogno di fare ancora qualche verifica». Progetti in rete con istituzioni nazionali e internazionali? «Durante il periodo dei lavori punteremo senz’altro alla valorizzazione della collezione del Museo attraverso la partecipazione a iniziative ed eventi espositivi organizzati in collaborazione con altre istituzioni. Con la Fondazione Aquileia è già in programmazione un nuovo progetto espositivo nel quale i materiali del Museo avranno un ruolo di grande importanza e numerose sono le iniziative sia in Italia sia all’estero a cui parteciperemo mediante il prestito di reperti significativi». Un primo bilancio della sua direzione? «È stato un anno di grande lavoro, ma anche di grande soddisfazione. La possibilità di poter contribuire, gra- Museo Archeologico Nazionale: zie all’erogazione del finanziamento straordinario da par- orari: da martedì a domenica, dalle 8.30 alle 19.30. te del Ministero, al rinnovamento del Museo è certamente Fino al 31 gennaio 2017 è in programma la mostra un’opportunità molto stimolante, anche se comporta una “La magia delle perle di vetro”. grande responsabilità. E tutto il lavoro che è stato fatto, Biglietto intero: euro 7, ridotto: euro 3,50. con il completamento della fase di progettazione in tem- Telefono: 0431.91035 pi record per rispettare le tempistiche di attuazione degli www.museoarcheologicoaquileia.beniculturali.it. interventi, non sarebbe stato possibile senza il gruppo di Ingresso libero ogni prima domenica del mese. |

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LUCA SFORZA Intervista di Andrea Doncovio Immagini di Luca Sforza

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Motori e passione In sella al suo scooter ha conquistato il titolo italiano nella categoria Open 100 cc. Il coronamento di anni di lavoro per il team goriziano TCR Laboratory. Ma nuove sfide sono già dietro l’angolo: «Perché per me gareggiare significa sviluppo».

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Tecnologia, motoristica, evoluzione, velocità. La storia di Luca Sforza, goriziano classe 1991, racchiude tutti questi elementi. Un percorso che, nonostante la giovane età, può fare affidamento su anni di esperienze maturate in pista e in officina. Perché il mondo delle corse, qualsiasi sia il mezzo, non si limita alle gare. Ciò che avviene sui circuiti è infatti il risultato di un lavoro di squadra. Nel caso specifico il TCR Laboratory, dove il termine “laboratorio” risulta quanto mai azzeccato: perché i dati che emergono dalla pista servono per fornire nuove soluzioni tecniche, sia per migliorare gli scooter da corsa sia per studiare ed elaborare innovazioni da proporre alle grandi aziende produttrici a livello nazionale

e internazionale. Un lavoro a 360 gradi, come spiega il diretto interessato in questa intervista. Luca Sforza, com’è nata la sua passione per i motori? «La passione è nata quasi per caso dopo che i miei genitori mi comprarono uno scooter. Iniziando dalle prime elaborazioni come qualsiasi ragazzino e dai ritrovi con gli amici il sabato pomeriggio nei vari parcheggi, ognuno in sella al suo scooter a disputare le prime garette. Come tutti i ragazzi guardavo con occhi sognanti i piloti che avevano la possibilità di correre in pista, e come tutti speravo di avere la possibilità, prima o poi, di arrivare a quei livelli». E poi arrivò la possibilità di iniziare. «Una volta compiuti 18 anni presi la decisione di voler provare a correre in pista. In seguito all’incontro con l’attuale responsabile tecnico del nostro team, Gregor Brescak, prendemmo la decisione di preparare il mio scooter per fare qualche sgambata su circuito». Ha citato il suo team, il TCR Laboratory. Come si è sviluppato? «Ufficialmente costituito nel 1998, è stato fondato dal mio amico e socio Gregor Brescak che aveva alIn apertura, primo piano di Luca Sforza in pista A fianco, il box della TCR Laboratory durante una gara |

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Luca Sforza con lo scooter numero 7 in gara

lestito una piccola Factory (reparto corse, ndr), preparando due Piaggio ZIP SP con cui ha conquistato diversi titoli nazionali. Nel 2006, l’anno del mio arrivo, ci fu la rivoluzione che portò ad accantonare i collaudati ZIP SP (con 8 anni di sviluppo) e a puntare su due Gilera Runner my 2006, proprio quello regalatomi dai miei genitori molto tempo prima… Da allora sono passati ormai 11 anni fatti di amicizia, passione, lavoro, sacrifici e collaborazione per superare sempre a nuovi limiti e tenere alto il nome del nostro team, divenuto sinonimo di esperienza e precisione». Negli anni il progetto come si è evoluto? «All’inizio eravamo un gruppo di amici che lavoravano in nome di una passione comune. Successivamente, ci siamo ingranditi e abbiamo iniziato a lavorare su altri fronti: in primis lo Scootercross, in seguito le minimoto e le Ohvale. Abbiamo quindi affrontato un processo di riorganizzazione logistica che ci ha permesso di mantenere alta la qualità del lavoro in ogni frangente. Il nostro approccio professionale alle corse è poi sfociato in collaborazioni e partnership con aziende italiane ed estere di primo livello, come la G&B Meccanica o la Roost Exhaust System». Il vostro è un percorso di elaborazione ed evoluzione continue. Quali sono quelle di cui va più fiero? «Sono molto fiero della creazione del nostro Kit Cuscinetto Conico per Scooter Piaggio. Un kit nato in pista sui nostri mezzi e derivante dalla necessità di avere un avantreno più stabile nella guida al limite. Rappresenta per me il coronamento di una riorganizzazione che ha condotto la nostra esperienza e la tecnologia usata in pista alla portata di tutti gli utenti, persino di quello stradale. Abbiamo infatti potuto dare a tutti gli scooteristi un kit che rende migliore la guida cittadina di ogni giorno, sia in termini di sicurezza che in termini di qualità». 70

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Dall’officina alla pista: lei si è recentemente laureato Campione Nord nella categoria Scooter Open 100 cc (centrimetri cubici, ndr) italiana. Per Luca Sforza cosa significa gareggiare? «In una parola significa sviluppo, sia a livello personale che a livello tecnico. Corro per migliorare me stesso, per affinare la mia sensibilità e per poter dare indicazioni migliori ai tecnici. Indicazioni finalizzate allo sviluppo o alla creazione di nuove componenti per alzare sempre più l’asticella. La soddisfazione massima, poi, arriva nel momento in cui dalle sensazioni provate in sella, una volta quantificate e ridotte in numeri dagli ingegneri, nasce una nuova soluzione tecnica: in quel momento è come se una parte di te sbocciasse». Dalla pista alla strada: che differenza c’è tra guidare uno scooter a tutta velocità in pista e guidarlo in mezzo al traffico di una città? «Possiedo sia uno scooter stradale che una moto. Lo scooter stradale è lo stesso che uso per le gare (Gilera Runner), ma di 200 cc. La guida è profondamente diversa, già a partire dalla posizione in sella: quello stradale ha subito piccole migliorie per renderlo più stabile e sicuro rispetto a come viene venduto dai concessionari. Guidare in pista ti rende molto più consapevole dei rischi che ci sono in strada, ti rende più attento e padrone di quella che è la velocità e di come gestirla, soprattutto in relazione alle condizioni del fondo stradale, spesso molto più insidiose di quelle che si presentano in pista. Da quando corro in pista, in strada guido molto più piano e prestando molta più attenzione. Credo che chiunque dovrebbe provare almeno una volta a fare un corso di giuda sportiva con lo scooter in pista: darebbe molta sicurezza e consapevolezza a tutti gli scooteristi». Torniamo alle gare: per poter essere competitivo a questi livelli quanto si allena? «Negli sport motoristici vale sempre la regola “più giri meglio è”. Svolgo almeno tre allenamenti a settimana. Oltre all’allenamento in palestra ho a disposizione uno ScooterCross e uno scooter preparato per FlatTrack in modo da poter stare in sella anche nel periodo invernale quando le piste nelle nostre zone sono chiuse a causa del clima avverso. Con gli scooter mi alleno almeno una volta a settimana, meteo permettendo». Nel vostro team ci sono anche altri piloti: com’è il rapporto con loro? «Finora è sempre stato bellissimo. Siamo in competizione tra noi com’è giusto che sia, ma dentro e fuori dalla pista ci aiutiamo e sproniamo a vicenda. Alla fine dei turni ci confrontiamo e quello più veloce consiglia agli altri come affrontare una particolare curva o un particolare settore. Inoltre, così facendo, quando ci troviamo su piste nuove si velocizza il percorso di adattamento e di conoscenza con il circuito a beneficio di tutti i piloti del team». Come si diventa piloti “ufficiali”? «Non c’è una ricetta, ma non devono mancare impegno, una buona sensibilità in sella e un pizzico di


fortuna. Con il budget necessario si può entrare in un buon team, ma alla base di tutto c’è sicuramente la passione. Essere pilota ufficiale significa soprattutto avere la responsabilità di sviluppare lo scooter nel migliore dei modi possibili». Il mondo delle gare di scooter che seguito ha tra il pubblico? «Quando ne parlo a chi non mi conosce dapprima sorridono, poi diventano increduli, successivamente strabuzzano gli occhi quando mostro le foto con il ginocchio a terra e faccio vedere le schede dei tempi (in alcune piste siamo persino più veloci delle Pitbike o delle MiniGP). Il nostro sport non è molto conosciuto in Italia poiché tutti vedono lo scooter come semplice mezzo di mobilità cittadina: abbiamo stimato che per passare da uno scooter stradale a uno scooter da pista ci vogliono circa 250 ore di lavoro. All’estero, invece, soprattutto in Francia, in alcuni Stati dell’America e in Asia siamo molto seguiti, proprio per la diversa concezione che in quei luoghi si ha dello scooter». Investimenti tecnologici, spostamenti, riparazioni, prove… Questo progetto richiede molte risorse in termini di tempo e denaro. In una fase in cui anche i grandi team motoristici fanno dei passi indietro nei circus delle corse, qual è il segreto per avere successo? «Il segreto è il duro lavoro. Per avere successo e per fare passi avanti si devono fare sacrifici, essere umili, avere la capacità di imparare dagli errori e volersi migliorare di continuo. La nostra fortuna, poi, è di avere molti sponsor e partner che credono nelle nostre capacità e nei nostri progetti e ci supportano in modo deciso, sapendo di poter trarre un valore aggiunto dalla nostra collaborazione». Il 2017 cosa riserverà al TCR Laboratory? «Parteciperemo nuovamente al Campionato Nazionale Velocità MOTOASI per difendere il titolo conquistato. Ma ci schiereremo in griglia di partenza con un nuovo scooter: il Piaggio Diesis. Una nostra nuova scommessa dopo 10 anni di successi e sviluppi in sella al Gilera Runner. Dall’altro lato del box ci sarà il mio compagno di team, Daniele Costa, che, dopo un inverno passato ad affi nare il suo scooter grazie ai dati raccolti nel 2016, sarà chiamato a verificare se la strada intrapresa sia quella giusta e, nel caso, puntare alla vittoria». Luca Sforza, invece, quali obiettivi personali vorrebbe centrare? «Sarei soddisfatto di chiudere il campionato nelle prime cinque posizioni. Un cambio di scooter è sempre difficile, tanto più dopo dieci anni e una simbiosi perfetta tra me e il Runner. Con il Diesis, oltre al telaio, mi troverò in sella a un mezzo con un bilanciamento e una distribuzione dei pesi completamente diversi rispetto a quelli a cui ero abituato. Quindi il primo obbiettivo è

Un primo piano di Luca Sforza

sentirmi a mio agio in sella e poter guidare come voglio e posso fare, sperando di avere nuovamente il favore delle armi». Oltre ai motori, quali sono le sue altre passioni nella vita? «Mi piace andare a fare giri in mountain bike, lo trovo molto rilassante oltre a essere un ottimo allenamento. Mi piace anche andare al cinema e leggere. Alla fine della giornata, però, il pensiero torna sempre ai motori». Agli appassionati di motori e delle corse che vorrebbero trasformare questa passione nel loro lavoro quale consiglio darebbe? «Non è il momento storico-economico migliore per intraprendere questa strada, soprattutto se si vuole trasformare una passione in un lavoro e fonte di reddito. Tuttavia un buon consiglio è quello di rimboccarsi le maniche lavorando con umiltà e nella maniera migliore e più professionale possibile. La prima cosa che penso, da responsabile del team, è: “Se io fossi uno sponsor, perché sceglierei di supportare il TCR Laboratory?”, e ogni volta mi impegno e lavoro per trovare una risposta soddisfacente». Andrea Doncovio

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F I G L I D I U N O S P O R T M I N O R E o v v e r o , s a r a n n o ( s t a t i ) q u a s i f a m o s i !

Ai tempi del Joe Bar Per tutti gli appassionati di motociclismo che hanno raggiunto il traguardo degli anta, il mitico Joe Bar Team, fumetto d’oltralpe che inizialmente era pubblicato come inserto nella rivista specializzata ‘Moto Sprint’, più che un passatempo era un vero e proprio ‘Cult’, da imitare e sostenere. «Confermo!», dichiara convinto Marco Brugnera, classe 1967, appassionato pilota monfalconese. «Ci ritrovavamo al bar proprio come i personaggi del fumetto, e come loro facevamo a gara a inventare sfide, miti e leggende attorno al mondo del motociclismo». E in cosa consisteva questo vostro esercizio di fantasia? «In realtà si prendeva spunto da fatti veri, partendo dal modo di guidare di ognuno fino all’abbigliamento che indossava, e poi si cuciva attorno il mito, della serie, quello lì è un gran ‘manico’, non toglie il gas nemmeno se dorme, oppure, quell’altro va così piano che i moscerini non si schiantano sul cupolino della carena ma sulla targa, e così via». Avevate tutti la moto nel sangue… «Quello è certo. Non ho mai praticato altri sport: non ne sentivo il bisogno». Quindi ha cominciato da piccolo con il mini cross? «No, ho cominciato da adulto. La passione per le due ruote ce l’avevo come tutti quelli della mia generazione: guidare il mitico ‘motorino’ rappresentava una tappa fondamentale verso l’emancipazione. Il mitico Benelli 50 cc di papà, comunque, ho iniziato a guidarlo che gli anni erano ancora a una cifra, o quasi. Erano altri tempi, si andava per i campi senza problemi di traffico e patentini». Perciò, come succedeva ai tempi, visto che le elaborazioni erano quasi libere, ha ‘truccato’ il motorino di suo padre? «Assolutamente no, il Benelli era intoccabile. A 14 anni ho avuto il mio primo ‘Ciao’ della Piaggio, ma anche con quello non ho impegnato tempo e soldi per elaborazioni, anche perché i pezzi costa-

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vano. In quel periodo avevo molto il ‘gusto dell’impennata’, tanto che, mi vergogno un po’, ero uno degli incubi dei vigili urbani di Monfalcone. Come detto, erano altri tempi…» In che senso? «Non c’era malizia in quello che facevamo; il rispetto verso la divisa e le persone più grandi non è mai mancato, eravamo solo ‘esuberanti’, ed era difficile per noi stessi tenerci a freno, figuriamoci se poi ci pungolavano con qualche sfida, tipo ‘tot’ metri su una ruota. Di andare a correre in pista non ci passava nemmeno per l’anticamera del cervello: amavamo la strada! A 16 anni ho preso il Gilera 125 da Enduro, ma sempre e solo per andarci in giro. Quando sono diventato maggiorenne sono passato alle stradali». Ed è arrivato il Joe Bar. «Esatto. Si andava a fare il giro a Sella Chianzutan, con tanto di deviazione obbligatoria per bere il caffè dalla ‘Lucia’, bar famoso fra i motociclisti di tutto il Friuli e oltre, al punto che si può ometterne tranquillamente l’ubicazione, tanto è conosciuto. E regnava l’incoscienza più assoluta». Fino a che, un giorno… «Un giorno ho letto troppo da vicino il marchio di fabbrica di una mietitrebbia; per puro miracolo nessuno si fece male, ma da quel momento decisi che avrei corso solo in pista». Siamo agli inizi degli anni Novanta. «C’era ancora la guerra nella ex Jugoslavia e si prendeva parte, fuori classifica, al campionato Sloveno e Croato di Super Sport. Eravamo ben accetti anche perché ‘rimpolpavamo i ranghi’. Le spese erano limitate e si faceva esperienza, così nel 1993 ho preso parte al trofeo ‘Suzuki monomarca’. Ho imparato a cadere e rialzarmi sempre, sia dall’asfalto che dalle situazioni economiche». Come faceva a mantenersi? «Non ho altri vizi e col tempo impari a gestirti. Sono sempre stato aiutato da qualche amico sia per le riparazioni che per l’organizzazione; basti dire che il mio team manager era Sergio Marini, il giornalista famoso con il soprannome de ‘Il Serpente’, che è sempre stato un buon organizzatore, e il mio meccanico era suo cugino, il leggendario Silvio Valentinis, amico di tutti i motociclisti del monfalconese, purtroppo prematuramente scomparso». Dopo un anno di gavetta nelle Sport Production, arriva il fatidico 1996. «Raccolsi tutti i miei averi e, con l’aiuto di qualche piccolo sponsor, mi sono affidato al professio-


nale ‘Bertocchi Team’ di Trieste, con il quale corsi il Campionato Italiano SuperBike, diventando vice campione, dietro al famoso Casoli. Questo è stato il mio massimo; dopo ho militato ancora un paio di anni in diversi campionati partecipando anche a un GP valido per il titolo mondiale delle 600 Super Sport a Misano Adriatico. Non ho mai vinto un gran premio; tante volte sul podio, ma mai sul gradino più alto». Cosa le è mancato per vincere? «Di sicuro pneumatici senza biechi! Scherzo, ma a quei livelli i materiali sono determinanti; volendo precisare, la mia ‘opera omnia’, è stato il giro più veloce in gara al Mugello, ottenuto con pista metà asciutta e metà bagnata, e quella volta il mio ‘polso’ fece la differenza, anche se alla fine arrivai sempre secondo». Competere nelle due ruote cosa le ha insegnato? «Ad avere nervi saldi e una visione positiva in qualunque circostanza e ad accettare le sfide della vita. Voglio citare il dottor Costa, il famoso Medico Titolare della clinica mobile che segue i piloti nei vari circuiti, dei quali servigi ho usufruito anche io, il quale afferma: “I piloti sono delle persone straordinarie, capaci di recuperi incredibili e di affrontare qualsiasi avversità”. Forse dipende da quella scarica di adrenalina che ti tiene su per giorni interi». Addirittura giorni? «Un gran premio, specialmente per noi dei piccoli team, non è solo i giorno della gara ma è un po’ tutta la stagione. Mi spiego con un esempio: si era al Mugello e fusi il motore la sera prima della gara. Avevo quello di scorta e con l’aiuto dell’amico meccanico Fulvio Condolf passai la notte a sostituire il motore e il giorno dopo, senza aver riposato neppure un attimo, corsi il Gran Premio, arrivando sesto». Un’impresa nell’impresa. «Giusto per rimarcare il differente modo di affrontare la vita, cito quella volta in cui sono partito da Gorizia per andare a gareggiare a Misano con il Ducato e tanto di roulotte trainata. Con me a bordo c’erano la morosa di allora e un amico che ci seguiva quasi ovunque. Pioveva a dirotto e il furgone è andato in panne almeno tre volte; a ogni sosta, sempre sotto il diluvio, ho dovuto smontare e pulire il filtro del gasolio. Dieci ore per percorrere poco più di 320 chilometri. Il mio amico è andato in paranoia al primo stop e si è preoccupato così tanto di tutto, dal diluvio al ritardo alla competizione che, arrivati a Misano, mi è toccato portarlo in Pronto Soccorso, nonché assisterlo, fra sessioni di prove e gara, per tutti i quattro giorni successivi». Rossi a parte, o meglio, prima di Rossi chi era il suo pilota preferito? «Ho conosciuto tanti campioni, che fuori dalle competizioni erano degli amiconi capaci anche di

Sopra poster di Marco Brugnera, che il pilota ha dedicato ai suoi genitori. Pagina accanto, Brugnera impegnato nel GP delle 600 Super Sport a Misano Adriatico nel maggio del 1998.

rivelarti qualche segreto della pista, ma che poi in gara non facevano sconti per nessuno. Scott Russell mi era molto simpatico, così come Aaron Slight: non a caso il mio primogenito si chiama così». Corre anche lui? «No, assolutamente! Ho due figli, Aaron di 17 anni, che va prudentemente in moto, e Anna di 14; possono fare tutto, ma non il pilota. Non è per cattiveria; se ci si prepara si può fare anche quello, ma per loro vorrei altro». E per lei cosa desidera ancora? «Non ho ancora perso il gusto delle sfide; a quasi cinquant’anni, dopo aver fatto di tutto, dal magazziniere al meccanico all’autista di Scuolabus, mi accingo a cambiare lavoro e, ancora una volta, a ricominciare da zero. Almeno dal punto di vista lavorativo. Per quanto riguarda i sentimenti, assieme ad Alicia, la mia compagna, lavoriamo per ultimare casa». Perché le sfide, nella vita di uno sportivo vero, non finiscono mai. Proprio come quelle degli eroi del Joe Bar Team. RRRRoooooooaaaaaarrrrrrr!!!! Chiunque voglia segnalare “un mito della porta accanto”, può scrivere alla redazione di iMagazine:  info@imagazine.it Per rileggere tutte le puntate precedenti di “Figli di uno sport minore” visita la sezione “approfondimenti” di www.imagazine.it |

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chef…ame!

Radicchio rosa di Fiumicello con pancetta stesa e crema di formaggi Ricetta del Maestro di Cucina Germano Pontoni Preparazione

Lessare con la buccia le patate in acqua salata, farle raffreddare, sbucciarle e tagliarle a cubetti. Mondare e tagliare in 4 spicchi il radicchio, lasciare parte della radice, sbucciare, lavare e sgocciolare. Mantenere a parte 4 spicchi di radicchio, il rimanente tagliarlo a pezzetti. Schiacciare l’aglio e metterlo in una casseruola con metà del burro, far imbiondire, toglierlo e aggiungere il radicchio, insaporire e cuocere coperto per pochi minuti. Quando si sarà ridotto di volume, lasciar raffreddare e metterlo in una bacinella, aggiungere le patate, 50 gr di Grana, 100 gr di Montasio tagliato a cubetti, mescolare e regolare di sale. Pennellare con il burro 4 stampini da sformato, rivestirli con le fette di pancetta lasciando sbordare le fette stesse, riempire con il preparato e livellare. Sbattere in una bacinella 50 gr di Grana, il latte e 1 tuorlo d’uovo. Versare sopra la preparazione, rivestire con la pancetta che sborda. Infornare per 20 minuti a 200° e lasciare riposare in caldo. Nel frattempo, a parte, versare in una casseruola la besciamella, aggiungere il Grana e riscaldare a bagnomaria. Quando è calda mettere il formaggio Montasio tagliato a cubetti, mescolare con una frusta, aggiungere il tuorlo di uovo rimasto, regolare di sale e pepe macinato al momento. Se la salsa è troppo densa, aggiungere del latte. Filtrare e mantenere la crema a bagnomaria facendo attenzione che l’acqua non deve assolutamente bollire, altrimenti la salsa granisce. Versare 1 cucchiaio di crema di formaggio nel piatto, togliere dagli stampini la preparazione, sistemare con la pancetta arricciata in alto, guarnire con gocce di aceto balsamico. Servire.

Una rosa per San Valentino

In molte parti del mondo la ricorrenza di San Valentino viene affiancata alla giornata degli innamorati. E la Rosa Rossa è un ingrediente importante per questa giornata. Si tratta di un classico il cui significato è molto semplice: amore vero, passionale e profondo. Se si vuole seguire la tradizione è bene che si sappia che se si tratta di un amore a prima vista si deve regalare una sola rosa! Anche a Fiumicello, nella Bassa friulana, nella ricorrenza di San Valentino (14 febbraio) si fa festa e la Rosa Rossa, proprio in quel periodo, è nel massimo del suo splendore. Non scriviamo di boccioli di rosa che possono arricchire risotti e pietanze ma di ortaggi che guarda caso offrono dei petali (foglie) rossi, sfumati in chiaro: presenti da qualche anno in questo comune dell’Aquileiese, sono il vanto degli orticoltori e di quanti sanno “godere” di questo ortaggio. Sono infatti oramai quattro anni che durante

Ingredienti per 4 persone - 6 cespi di media grandezza di Radicchio Rosa di Fiumicello - 2 patate - 1 spicchio di aglio - 24 fette di pancetta stesa stufata - 200 gr di formaggio Montasio fresco - 100 gr di Grana grattugiato - 4 cucchiai di burro - 100 gr di besciamella - 2 tuorli d’uovo - 2 cucchiai di latte - gocce di aceto balsamico - sale e pepe q.b.

le serate gastronomiche della Festa degli Innamorati viene proposto agli ospiti un piatto legato proprio alla Rosa e a San Valentino con una preparazione elaborata a prima vista, ma molto semplice e ripetibile. È una cicoria che ha Germano Pontoni, come parente il Radic- presidente chio di Treviso e, come dell’Unione Cuochi FIC FVG tale, dopo la raccolta Cell: 347 3491310 viene lavorato in più Mail: germanoca@libero.it fasi. Dopo una particolare toelettatura viene messo in commercio. La produzione in forma artigianale viene fatta nell’ambito regionale e sta riscontrando un grande interesse. Gastronomi e produttori locali l’hanno soprannominata “La Rosa del Friuli”, in onore al territorio che ne diventa il partner più importante.


Centro Benessere Dentale di Gradisca d’Isonzo

Direttore Sanitario Dott. Nicola Greco

Dott. Gianni, cos’è una carie e come si manifesta? - IGIENE DENTALE: La carie dentaria è una patoPREVENZIONE, PULIZIA DEI DENTI logia su base infettiva di origine ► CONSERVATIVA: batterica, la più diffusa tra le paOTTURAZIONE, CURA DELLA CARIE tologie del cavo orale. - ENDODONZIA: Si tratta di una malattia degeCURA DEI CANALI RADICOLARI DEI DENTI - PEDODONZIA: nerativa in quanto la decalcificaDott. Gianni Zanetel LE CURE PER I DENTINI DEI PIÙ PICCOLI zione progressiva dello smalto, che - SBIANCAMENTO DENTALE: crea la barriera protettiva, determina la distruzione dei PER UN SORRISO SICURO ED EFFICACE tessuti duri del dente formando all’interno di esso delle - ORTODONZIA CONSERVATIVA ED ESTETICA: RIALLINEAMENTO DEI DENTI; APPARECCHIO INVISIBILE cavità, motivo per il quale notiamo che le carie sono delle piccole macchie scure. - PARODONTOLOGIA: CURA DELLA PIORREA Inizialmente non provoca dolore, ma il suo progre - PROTESICA FUNZIONALE ED ESTETICA: dire fino allo strato più interno procede senza sosta, PROTESI DENTALI FISSE E MOBILI fino ad arrivare alla polpa dentale, dove il dolore è in- IMPLANTOLOGIA – IMPLANTOLOGIA A CARICO IMMEDIATO: SOLUZIONE FISSA PER L’EDENTULISMO dice di profonda infezione per la quale, probabilmente, non è più possibile procedere con l’accurata puli- CHIRURGIA AVANZATA: TECNICHE SPECIALIZZATE DI INTERVENTO ORALE zia e otturazione del dente ma diviene necessaria la cura canalare. Centro Benessere Dentale Quali sono le cause da attribuire all’insorgere di una - A Gradisca d’Isonzo (GO) (Direttore Sanitario dott. Nicola Greco) carie? in Viale Trieste, 34 I principali fattori che causano la carie dentaria Tel./Fax: 0481 969739, cell.: 333/3213683 sono da attribuirsi ad un eccesso di zuccheri (sem- A Trieste plici derivanti dai dolci ma anche complessi come il in Via Erta di Sant’Anna, 12 Tel.: 040/8320830 pane e la pasta) che favoriscono la fermentazione dei batteri e la produzione di acidi che attaccano la - A Cavalicco di Tavagnacco (UD) superficie del dente, alla placca batterica non rimos(Direttore Sanitario dott.ssa Tiziana Fonzar) sa adeguatamente, alla flora microbica e alle condiin Via San Bernardo, 30/5 zioni generali dell’individuo. Tel.: 0432/570995 E-mail: info@centrobenesseredentale.it Sito: www.centrobenesseredentale.it

I nostri servizi


Il dentista? Il mio migliore amico! La prevenzione come miglior cura: LA SIGILLATURA. I primi denti permanenti compaiono nei bambini all’età di sei anni: parliamo dei molari. Appena nati, questi denti risultano più sensibili all’insorgere della carie poiché non sono perfettamente mineralizzati; inoltre, trovandosi nella zona periferica del cavo orale, sono più difficili da raggiungere per una corretta pulizia. Per questo motivo risulta che circa l’80% dei bambini e ragazzi in crescita è soggetto a lesioni cariose nei moDott. Gianni, cosa si intende per “condizioni generali dell’individuo”? La carie è causata da batteri che in condizioni normali vivono nella bocca e sono importanti. Al mutare di tali condizioni, tuttavia, essi diventano nocivi. Troppi zuccheri ad esempio rendono acido il pH della bocca, provocandone la continua demineralizzazione. Come ho già accennato, dunque, bisogna fare molta attenzione alle abitudini alimentari e alla propria Igiene Orale Domestica. è causa di formazione di placca cariogena inoltre anche un’arcata dentaria disarmonica, poiché i denti storti trattengono i batteri e ne rendono difficile la rimozione. La nostra esperienza al vostro servizio! Oltre ad evitare spuntini extra, è in aggiunta preferibile non lavarsi i denti immediatamente, poiché il livello di acidità combinato con lo spazzolamento può a lungo andare essere causa di erosione. Tuttavia

Lo sapevi che...

Anche la saliva contribuisce alla prevenzione della carie. Essa svolge un’importante azione protettiva, tampona l’acidità della bocca, elimina i residui di cibo ed i batteri presenti all’interno del cavo orale; ha dunque funzione microbicida ed immunitaria.

lari e premolari, dunque nei denti che hanno la fondamentale funzione masticatoria. Ecco che allora diventa indispensabile prevenire l’attacco batterico attraverso la sigillatura, la quale ha efficacia massima se attuata in tempi rapidi dopo l’eruzione. Essa è una resina che viene applicata ai dentini semplicemente ricoprendo i solchi masticatori dei molari, dove la placca batterica è più facile che rimanga intrappolata. La sigillatura che protegge lo smalto dagli attacchi permane sul dente per alcuni anni. Non necessita di venir rimossa, tuttavia si usura col tempo e va dunque tenuta sotto controllo e ripetuta quando la resina si è consumata. è vivamente consigliabile farlo entro e non oltre mezz’ora dopo ogni pasto. L’ideale sarebbe almeno tre volte al giorno, con l’uso di un buon dentifricio contenente fluoro, del filo inDott. Gianni Zanetel terdentale e del comodo scovolino per prevenire le carie interprossimali (tra dente e dente). Quando questo non basta, tuttavia, l’intervento del dentista assicura un’efficace cura mini invasiva che, grazie ai nuovi materiali compositi, unisce la necessità di risanare il dente ad una semplice ma sempre più fondamentale questione estetica, laddove dunque, al contrario delle vecchie amalgame grigie peraltro attualmente criticate anche per la presenza di mercurio, non vi è nessuna differenza tra il prima e il dopo.

Un’alterazione del flusso salivare (una sua scarsa produzione) può dunque essere causa di lesioni cariose o contribuire alla loro rapida espansione su tutta la superficie del dente. Per ovviare tale problema può allora risultare utile masticare un chewing gum senza zucchero, in maniera tale da stimolare la produzione di saliva e aumentare così il livello del pH.


I tuoi eventi su iMagazine!

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20 gennaio ▶ Vacanze Romane - Musical

La storia d’amore tra la Principessa Anna, che si ribella alle dure regole di corte, e il giornalista alla ricerca di scoop, Joe Bradley, è una storia eterna come Roma, la città che la ospita: una storia di amore e malinconia, di magia e romanticismo. Gorizia. Teatro Verdi. Ore 20.45. Info: www.comune.gorizia.it/teatro

ristorante

Il range di prezzo indicato (ove applicabile) si riferisce al costo medio di un pasto, escluse bevande alcoliche. I dati segnalati sono stati forniti direttamente dal Gestore del locale. Qualora doveste verificare delle discordanze, Vi invitiamo a segnalarcelo.

7-8 febbraio ▶ Calendar Girls

Stanche di vecchie e fallimentari iniziative di beneficenza, un gruppo di donne cinquantenni decide di realizzare un calendario che le vede ritratte in normali attività domestiche. Ma senza vestiti. Monfalcone (GO). Teatro Comunale. Ore 20.45. Info: www.teatromonfalcone.it

ristorante

e inoltre... 19 gennaio ▶ Dichiaro guerra al tempo

Danza. Con Manuela Kustermann e Melania Giglio Cervignano del Friuli (UD). Teatro Pasolini. Ore 21. Info: www.teatropasolini.it

7-8 febbraio ▶ Arturo Brachetti

Uno spettacolo in cui gli oggetti prendono forma… Trieste. Sala Tripcovich. Ore 21. Info: www.azalea.it


scopri tutti gli eventi in regione su www.imagazine.it

Pub

La fatica di vivere, a 50 anni, con nuove mode e tecnologie, con la scuola della figlia e le dispendiose attività extrascolastiche. Senza tralasciare gli acciacchi del mezzo secolo… Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 21. Info: www.azalea.it

trattoria

19 febbraio ▶ Pucci – In…Tolleranza Zero

agriturismo

22-26 febbraio ▶ Sister Act – Il Musical

Rosari e pailettes, canti sacri e colpi di pistola, gangster e novizie: mondi inconciliabili? No, se sul palcoscenico arriva il musical di Alan Menken, basato sull’omonimo film scritto da Joseph Howard. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 20.30 (21/2 anche ore 16, 22/2 solo ore 16). Info: www.ilrossetti.com

8 febbraio ▶ Nudi e Crudi

Con Maria Amelia Monti e Paolo Calabresi Gradisca d’Isonzo (GO). Nuovo Teatro Comunale. Ore 21. Info: www.artistiassociatigorizia.it

17 febbraio ▶ Revelación

Spettacolo dedicato al tango Cormóns (GO). Teatro Comunale. Ore 21. Info: www. artistiassociatigorizia.it


L I V E

M U S I C

13 gennaio ▶ Paolo Fresu Devil 4Et

Un intenso viaggio musicale, confluito nell’ultimo disco pubblicato, “Desertico”, tra l’Africa e il mondo occidentale attraverso il jazz, il rock e il meticcio. Cervignano del Friuli (UD). Teatro Pasolini. Ore 21. Info: www.teatropasolini.it

21 gennaio ▶ Kristjan Randalu

La sua musica è definita da Jazz Time “una terra esotica e innominabile”. Randalu si muove tra classica e jazz con un equilibrio e un senso della simmetria unici, un tocco originale, chiaro e preciso. Pordenone. Teatro Verdi. Ore 21. Info: www.controtempo.org

e inoltre... 24 gennaio ▶ Bertrand Chamayou

Concerto per pianoforte Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 20.45. Info: www.teatroudine.it

27 gennaio ▶ Angela Hewitt 80

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settembre-ottobre 2007

| L’INFORMAFREEMAGAZINE

Concerto della pianista canadese Sacile (PN). Fazioli Concert Hall. Ore 20.45. Info: www. fazioli.com


w w w.i m a gazi ne.i t

9 febbraio ▶ Rick Wakeman

Il tastierista e compositore britannico è tra i principali esponenti del progressive rock degli anni Settanta. Ex degli Yes, è stato inoltre l’arrangiatore di diversi album di David Bowie ed Elton John. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 21. Info: www.azalea.it

23 febbraio ▶ Art Garfunkel

Il celebre artista americano sarà accompagnato sul palco dal chitarrista Tab Laven e dal tastierista Cliff Carter per un recital intimo dove interpreterà il suo repertorio da solista, i grandi successi di Simon & Garfunkel. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 21. Info: www.ilrossetti.com

11 febbraio ▶ Coro Polifonico di Ruda

Missa Dalmatica San Vito al Tagliamento (PN). Auditorium Comunale. Ore 20.45. Info: www.ertfvg.it

23 febbraio ▶ Quintetto Anemos

Viaggio nella letteratura musicale eurpopea Monfalcone (GO). Teatro Comunale. Ore 20.45. Info: www. teatromonfalcone.it


FOLKLORE

21-22 gennaio

▶ Snow Art Pontebba

Seconda edizione del Festival internazionale delle sculture di neve, che vedrà all’opera concorrenti provenienti sia dal Friuli Venezia Giulia che da Austria e Slovenia. Pontebba (UD). Info: www.turismofvg.it

23 febbraio – 1 marzo

▶ Carnevale Muggesano

Per una settimana la città viene invasa dal clima carnevalesco con spettacoli, feste ed esibizioni. Grande attesa per la sfilata delle otto compagnie cittadine in programma domenica 26 febbraio. Muggia (TS). Info: www.carnevaldemuja.com

e inoltre... 14-19 febbraio ▶ Festa di San Valentino

Musica, cultura ed enogastronomia Fiumicello (UD). Info: www.comune.fiumicello. ud.it

19 febbraio ▶ Carnevale Goriziano

Tradizionale sfilata allegorica Gorizia. Tradizionale sfilata allegorica 82

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26 febbraio / 1 marzo

▶ Carnevale di Romans

Cinquantesima edizione della sfilata in maschera, con l’immancabile concorso riservato ai gruppi e carri allegorici. Il mercoledì delle ceneri chiusura con degustazione in piazza di aringa e baccalà. Romans d’Isonzo (GO). Info: www. comune.romans.go.it

28 febbraio

▶ Carnevale Monfalconese

L’evento più atteso da tutta la città ritorna il giorno del Martedì Grasso, con la lettura del testamento di sior Anzoleto, la Cantada in piazza e la sfilata di gruppi e carri allegorici lungo le vie del centro. Monfalcone (GO). Info: www. monfalcone.info

25 febbraio ▶ Carnevale Saurano

Sfilata notturna e degustazioni Sauris (UD). Info: 0433 86076

26 febbraio – 1 marzo ▶ Püst

Carnevale resiano, con sfilate e danze Resia (UD). Info: provalresia@gmail. com


S PO R T

14-15 gennaio

▶ Lignano Beach Training

Piloti italiani e stranieri sfrutteranno la spiaggia di Lignano per una serie di test ad alto contenuto spettacolare in vista della ripartenza della stagione agonistica. Lignano Sabbiadoro (UD). Info: www.mcsoffroad.it

16-19 gennaio

▶ Campionati Italiani di sci per disabilità intellettiva

Evento a partecipazione europea con gare sia di sci alpino che di fondo. Cerimonia d’apertura con la sfilata di tutte le squadre partecipanti e serata finale con spettacolo danzante. Tarvisio (UD). Info: www.sciclubdue.it

e inoltre... 14-15 gennaio ▶ Snow Rugby

In campo otto diverse compagini maschili Tarvisio (UD). Località Camporosso. Info: http:// snowrugby.com

3 febbraio ▶ Ski Krono Varmost

Cronoscalata di sci alpinismo in notturna Forni di Sopra (UD). Ore 20. Info: www.for-adventure.it 84

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28 gennaio

▶ Vertical Race Notturna

Gara di sci alpinismo individuale. Risalita lungo la pista Canalone/Lavet fino al terminal della funivia sul M.te Zoncolan (1750 mt). Dislivello: 860 mt per una lunghezza di 4 km. Ravascletto (UD). Ore 19. Info: www.aldomoropaluzza.it

26 febbraio

▶ Miege Maratone dal Ricuard

Manifestazione podistica su strada non competitiva, sulla distanza della mezza maratona, 21.097 km, a ricordo del sisma del 6 maggio 1976. Da Osoppo a Gemona via Trasaghis, Bordano e Venzone. Osoppo (UD). Info: www.e20sportrun.it

12 febbraio ▶ Memorial Giulio Fruch

Gara di slittino Rigolato (UD). Info: 0433 68030

26 febbraio – 2 marzo ▶ Sprint race

Campionati del mondo di scialpinismo Aviano (PN). Località Piancavallo. Info: www.transcavallo.it L’INFORMAFREEMAGAZINE

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MEETING

15 gennaio ▶ Vivere per leggere, leggere per vivere

Loredana Cassan conduce l’incontro “Dal film Matrix alla Matrix reale”. Per scoprire che i messaggi che il film Matrix cela non sono molto lontani dalla realtà. Cividale del Friuli (UD). Foro Giulio Cesare. Ore 18. Info: 0432 730090

17 gennaio ▶ Andrea Scanzi

Giornalista e attore teatrale, Scanzi è una di quelle personalità inquiete e curiose che ficcano il naso in ogni dove, che provano a capire e a valutare ogni aspetto dell’umana società. Ecco l’occasione per un confronto a tu per tu. San Daniele del Friuli (UD). Auditorium scuole medie. Ore 20.45. Info: www.leggermente.it

20-29 gennaio ▶ Trieste Film Festival

Ventottesima edizione della principale rassegna cinematografica dedicata ai film dell’Europa Centro-Orientale, ma con contaminazioni provenienti da tutto il mondo, come confermato dalle opere che verranno proiettate. Trieste. Info: www.triestefilmfestival.it

e inoltre... 10 gennaio – 28 febbraio ▶ Conosciamo la Grande Guerra in FVG

Ciclo di incontri con esperti Udine. Palazzo Mantica. Ore 16. Info: www.filologicafriulana.it

16 gennaio / 13 febbraio ▶ Monfalcone e il Novecento

Incontri per scoprire la storia dei principali edifici cittadini Monfalcone (GO). Biblioteca comunale. Ore 18. Info: www. comune.monfalcone.go.it 86

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YOUNG

22 gennaio ▶ Il paese senza parole

In paese non si parla quasi mai: le parole vanno comprate e non tutti i bambini possono permetterselo. Così Philéas, quando s’innamora di Cybelle, non ha abbastanza denaro nel salvadanaio per dirglielo... Monfalcone (GO). Teatro Comunale. Ore 17. Info: www. teatromonfalcone.it

5 febbraio ▶ I tre porcellini

Una delle fiabe più note, rivista dalla parte del lupo… Cambiando la prospettiva, anche la storia assumerà un finale diverso? Dai 3 anni in su… Gradisca d’Isonzo (GO). Nuovo Teatro Comunale. Ore 16. Info: www.artistiassociatigorizia.it

19 febbraio ▶ Zac_Colpito al cuore!

In scena un attore e dei muppets animati a vista, i personaggi di un sogno: un coniglio in giacca e cravatta, la sua amata che danza in un abito da sposa, una volpe affamata che si muove in silenzio, come l’ombra di Zac uscita dal suo specchio. Cervignano del Friuli (UD). Teatro Pasolini. Ore 17. Info: www.teatropasolini.it

e inoltre... 29 gennaio ▶ La spada nella roccia

Grande show per tutta la famiglia Trieste. Teatro Bobbio. Ore 16.30. Info: www.contrada.it

19 febbraio ▶ La voce della Sirenetta

Liberamente tratto dalla fiaba di H. C. Andersen Cormóns (GO). Teatro comunale. Ore 16. Info: www.artistiassociatigorizia.it L’INFORMAFREEMAGAZINE

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F

I

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▶FIRENZE LIBRO APERTO

Festival del Libro

Viale Borgo Palazzo, 137 BERGAMO Tel 035 3230911 www.promoberg.it 14-22 GENNAIO ▶ITALIAN FINE ART

Mostra Mercato di Alto Antiquariato

3-5 FEBBRAIO ▶BERGAMO SPOSI

Fiera del Matrimonio

15-17 FEBBRAIO ▶STRD2017

Turismo Sostenibile e Accessibile

23-26 FEBBRAIO ▶DANZA IN FIERA

Evento dedicato alla danza e al ballo

Piazzale J. F. Kennedy, 1 GENOVA Tel 010 53911 www.fiera.ge.it 21-29 GENNAIO ▶ANTIQUA

Salone dell’antiquariato

17-19 FEBBRAIO ▶AGRI TRAVEL & SLOW TRAVEL EXPO

11-12 FEBBRAIO ▶WORLD CATS

2-5 MARZO ▶BERGAMO CREATTIVA PRIMAVERA

17-20 FEBBRAIO ▶ARTE GENOVA

Fiera del Turismo Agri e Slow Fiera della arti manuali

Viale della Fiera, 20 BOLOGNA Tel 051 282111 www.bolognafiere.it 18-19 GENNAIO ▶MARCA

Alimentari e prodotti per la casa

27-30 GENNAIO ▶ARTE FIERA

Arte Contemporanea

16-18 FEBBRAIO ▶FORUM CLUB

Fitness, wellness e club acquatici

24-26 FEBBRAIO E 3-5 MARZO ▶FESTIVAL DELL’ORIENTE 1-2 MARZO ▶ALMA ORIENTA

Esposizione internazionale del Libro Genealogico del Gatto di Razza Pregiata Arte Moderna e Contemporanea

26-27 FEBBRAIO ▶COMMERCIANTI PER UN GIORNO

Mercatino dell’antiquariato

Fieramilanocity Piazzale Carlo Magno 1 MILANO Fieramilano Strada statale del Sempione 28 RHO Tel 02 49971 www.fieramilano.it 18-20 GENNAIO ▶PTE-PROMOTION TRADE EXHIBITION

Oggetto pubblicitario

Fieramilanocity

Giornate dell’orientamento

27-30 GENNAIO ▶HOMI

Attività Subacquee

Fieramilano

3-5 MARZO ▶EUDI SHOW

Salone degli stili di vita

28 GENNAIO – 5 FEBBRAIO ▶MAM via della Fiera, 11 FERRARA Tel 0532 900713 www.ferrarafiere.it 28-29 GENNAIO ▶AUTO E MOTO DEL PASSATO

Ricambi d’Auto e Moto d’Epoca

11-12 FEBBRAIO ▶ELETTRONICA FERRARA

Radioamatore – collezionismo

25-26 FEBBRAIO ▶LIBERAMENTE

Salone del tempo libero, divertimento e vita all’aria aperta

Piazza Adua, 1 FIRENZE Tel 055 49721 www.firenzefiera.it 10-13 GENNAIO ▶PITTI IMMAGINE UOMO

Moda maschile

19-21 GENNAIO ▶PITTI IMMAGINE BIMBO

Le tendenze di moda per i più piccoli

25-27 GENNAIO ▶PITTI IMMAGINE FILATI

Filati, fibre e settori merceologici

10-11 FEBBRAIO ▶BUY WINE

Fiera del vino toscano

11-13 FEBBRAIO ▶IMMAGINE ITALIA

Anteprima collezioni intimo e lingerie

Arte e antiquariato

Fieramilanocity 1-3 FEBBRAIO ▶MILANO UNICA

Salone Italiano del Tessile

Fieramilano 12-15 FEBBRAIO ▶MICAM

Calzature

Fieramilano 12-15 FEBBRAIO ▶MIPEL

Pelletteria e accessori moda

Fieramilano 21-23 FEBBRAIO ▶SIMAC TANNING-TECH

Tecnologia destinata alla produzione di calzature e pelletteria

Fieramilano 21-23 FEBBRAIO ▶LINEAPELLE

Pelli, accessori, componenti, sintetico

Fieramilano 22-24 FEBBRAIO ▶MYPLANT & GARDEN

Florovivaismo

Fieramilano 24-27 FEBBRAIO ▶THE ONE MILANO

Moda prêt à porter in tessuto, pelliccia, pelle e accessori

Fieramilanocity 25-27 FEBBRAIO ▶MIDO

Ottica, Optometria e Oftalmologia

17-19 FEBBRAIO ▶TOURISMA

Fieramilano 3-5 MARZO ▶CARTOOMICS

17-19 FEBBRAIO

Fieramilano

Salone Internazionale dell’Archeologia

Fumetto, Cartoons, Cosplay, Fantasy


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E

▶SIGEP

Gelateria, Pasticceria, Panificazione Artigianali e Caffè

Viale Virgilio, 70/90 MODENA Tel 059 848899 www.modenafiere.it 14-15 GENNAIO ▶EXPO ELETTRONICA 2017

Mostra Mercato di Elettronica

14-15 GENNAIO ▶MO-DEL

Modellismo statico e dinamico

21-25 GENNAIO ▶A.B. TECH EXPO

Tecnologie e Prodotti per la panificazione, pasticceria e dolciario

11-12 FEBBRAIO ▶AUTOMOTOCICLO D’EPOCA

Mostra scambio

18-21 FEBBRAIO ▶BEER ATTRACTION

Specialità birrarie, birre artigianali, food e tecnologie

14-15 GENNAIO ▶COS-MO

14-15 GENNAIO ▶MO.MA

Via Cotonificio, 96 Torreano di Martignacco (UD) UDINE Tel 0432 4951 www.udinegoriziafiere.it Via della Barca, 15 GORIZIA 13-15 GENNAIO ▶UDINE SPOSA

Fumetto a misura di cosplayers Makers e tecnologie open source

24-26 GENNAIO ▶GATER EXPO

Tessuti ed accessori moda

11-19 FEBBRAIO ▶MODENANTIQUARIA

Mostra Mercato d’Alto Antiquariato

11-19 FEBBRAIO ▶PETRA

Antico, Decorazione e Design per parchi

11-19 FEBBRAIO ▶EXCELSIOR

Rassegna d’arte italiana del XIX secolo

Fiera del Matrimonio Udine

26-29 GENNAIO ▶AGRIEST TECH

Meccanica Agraria, Viticoltura ed Enologia Udine

16-19 FEBBRAIO ▶EXPOMEGO Via N. Tommaseo, 59 PADOVA Tel 049 840111 www.padovafiere.it 14-15 GENNAIO ▶ESPOSIZIONE CANINA 11-12 FEBBRAIO ▶PADOVA SPOSI

L’evento per il matrimonio

Via Rizzi, 67/a PARMA Tel 0521/9961 www.fiereparma.it 25-27 FEBBRAIO ▶PARMA GOLF

Il mondo del golf

25 FEBBRAIO – 5 MARZO ▶MERCANTEINFIERA

Materiali di ogni epoca e stile

Viale Treviso 1 PORDENONE Tel 0434 23 21 11 www.fierapordenone.it 14-22 GENNAIO ▶PORDENONE ANTIQUARIA

Mostra mercato d’antiquariato

14-22 GENNAIO ▶PORDENONE ARTE

Fiera campionaria Gorizia

Viale del Lavoro, 8 VERONA Tel 045 8298111 www.veronafiere.it 20-22 GENNAIO ▶FIERA INTERNAZIONALE DEL MOTOCICLO 4-5 FEBBRAIO ▶ELETTROEXPO

Elettronica, informatica e radioamatore

4-5 FEBBRAIO ▶MOSTRA SCAMBIO DEL GIOCATTOLO D’EPOCA 9-12 FEBBRAIO ▶LEGNO & EDILIZIA

Impiego del legno nell’edilizia

22-25 FEBBRAIO ▶SAMOTER

Macchine per movimento terra, da cantiere e per l`edilizia

22-25 FEBBRAIO ▶TRANSPOTEC & LOGITEC

Salone dei trasporti e della logistica

22-25 FEBBRAIO ▶ASPHALTICA

Soluzioni e tecnologie per produzioni stradali, sicurezza e infrastrutture

Arte Moderna e Contemporanea

26-27 GENNAIO ▶AQUA FARM

Mostra-convegno per l’acquacoltura sostenibile e l’industria della pesca

28-29 GENNAIO ▶FIERA DEL DISCO

Disco usato da collezione

11-14 FEBBRAIO ▶CUCINARE

Salone dell’enogastronomia

Via dell’Oreficeria, 16 VICENZA Tel 0444 969111 www.vicenzafiera.it 20-25 GENNAIO ▶VICENZA ORO

Oreficeria, gioielleria e pietre preziose

20-25 GENNAIO ▶T-GOLD

Macchinari per l’oreficeria e preziosi

Via Emilia, 155 RIMINI Tel 0541 744111 www.riminifiera.it 21-25 GENNAIO

11-13 FEBBRAIO ▶HIT SHOW

Armi e munizioni sportive e civili

25-27 FEBBRAIO ▶PESCARE SHOW

Pesca sportiva


F U O R I

R E G I O N E

T R E V I S O 27 gennaio – 5 febbraio

▶FESTA DEL RADICCHIO ROSSO DI TREVISO 31esima edizione dell’evento gastronomico che consente di degustare variegate pietanze tutte accomunate dal “fiore che si mangia”. In programma anche show-cooking e appuntamenti culturali. Casier. Località Dosson. Info: www.radicchiorossodosson.it 29 gennaio

▶GRAN GALÀ DEI PAPPAGALLI Evento unico in Italia, giunto alla sua settima edizione. Saranno esposti esemplari anche di grandi dimensioni, dai turachi ai tucani. Ingresso gratuito. Vazzola. Località Visnà. Info: 340 2737745 Fino al 5 febbraio

▶FORZE DELLA NATURA Mostra in cui l’elemento naturale viene declinato nella sua accezione più ampia: da forza generatrice a ordine di tutte le cose, da complesso degli esseri che compongono l’universo ad ambiente di vita. Treviso. Cà dei Ricchi. Info: www.trevisoricercaarte.org Fino al 19 febbraio

▶LA GEOGRAFIA SERVE PER FARE LA GUERRA? Mappe, atlanti e opere d’arte racconteranno, attraverso tre percorsi strettamente legati e continuamente in dialogo, la grande forza comunicativa e persuasiva delle carte geografiche. Treviso. Fondazione Benetton. Info: www.fbsr.it 24 febbraio – 18 giugno

▶BELLINI E I BELLINIANI Nel quinto centenario della morte del maestro una grande mostra ne ripercorre l’arte attraverso le sue opere, capaci di influenzare numerosi artisti dell’epoca e non solo. Conegliano. Pinacoteca comunale. Info: www.palazzosarcinelli.it 5 marzo

▶TREVISO MARATHON Evento podistico internazionale sulla distanza dei 42,195 Km lungo le terre del Prosecco. Previste anche gare collaterali con distanze inferiori, a partire dalla Mezza Maratona. Treviso. Info: www.trevisomarathon.com Fino al 17 aprile

▶DA GUTTUSO A VEDOVA A SCHIFANO Due generazioni di pittori, che vanno da Afro e Guttuso fino a Novelli e Schifano. Qui ognuno presente con un’opera simbolo per ogni anno che va dal 1946 al 2000. Treviso. Musei Civici. Info: www.museicivicitreviso.it


F U O R I

R E G I O N E

V E N E Z I A 14 gennaio – 2 aprile

▶ARTICO  ULTIMA FRONTIERA L’esposizione presenta 120 immagini, rigorosamente in bianco e nero, di tre maestri della fotografia di reportage, quali Paolo Solari Bozzi, Ragnar Axelsson e Carsten Egevang. Venezia. Casa dei Tre Oci. Info: www.treoci.org 20 gennaio – 25 aprile

▶PRIMA DELL’ALFABETO Quasi 200 opere della Collezione Ligabue esposte per la prima volta – tra cui tavolette e straordinari sigilli risalenti a oltre 5000 anni or sono – rievocano la grande civiltà dell’Antica Mesopotamia. Venezia. Palazzo Loredan. Info: www.istitutoveneto.it 27/29 gennaio

▶MAREK JANOWSKI Il direttore polacco dirigerà l’Orchestra Sinfonica del Teatro La Fenice in un coinvolgente programma che spazierà tra le musiche di Brahms, Schubert e Schumann (27/1 ore 20; 29/1 ore 17). Venezia. Teatro La Fenice. Info: www.teatrolafenice.it 11-28 febbraio

▶CARNEVALE DI VENEZIA Per tre settimane le calli e i campi di Venezia si animeranno di feste, spettacoli e sfilate in maschera nell’ambito di uno dei Carnevali più famosi al mondo. Immancabile la tradizionale Festa Veneziana sull’Acqua. Venezia. Info: www.carnevale.venezia.it Fino al 18 febbraio

▶LETIZIA CARIELLO  CONNECTION Arte e ricerca si fondono in un percorso di esplorazione cognitiva dalle diverse prospettive di analisi con le opere di Letizia Cariello e alcuni pezzi della collezione MAAM. Venezia. Palazzo Garzoni Moro. Info: www.palazzogarzonimoro.com Fino al 5 marzo

▶ATTORNO A KLIMT “Giuditta, eroismo e seduzione” è il titolo della prima esposizione dedicata all’arte moderna e contemporanea con le opere custodite nelle collezioni civiche veneziane. Mestre. Centro Culturale Candiani. Info: www.centroculturalecandiani.it Fino al 27 marzo

▶LA BOTTEGA CADORIN Esposto lo straordinario patrimonio artistico e storico della famiglia Cadorin, testimonianza dell’intensa attività di almeno tre generazioni di artisti, architetti, musicisti e fotografi attivi a Venezia tra Ottocento e Novecento. Venezia. Palazzo Fortuny. Info: www.museiciviciveneziani.it


O L T R E

C O N F I N E C R O A Z I A 29 gennaio

▶CAMPIONATO INVERNALE ISTRIANO DI CORSA Dai dilettanti ai professionisti, ogni anno questa manifestazione podistica vede accrescere il numero di partecipanti, impegnati lungo percorsi immersi nella natura. Rovigno. Info: www.trickeri.org 4 febbraio

▶ISTRATREK Dodicesima edizione della gara di trekking che prevede tre diverse categorie: Ultra, Challenger e Light, con altrettanti percorsi differenziati per i gradi di difficoltà. Montona. Info: www.istratrek.srk-alba.hr/istratrekv2 18-19 febbraio

▶CHOCO&WINE FEST Festival del cioccolato e del vino, con showcooking e degustazioni, e la creazione della scultura di cioccolato a cura di Stefano Comelli. In programma giochi per bambini. Verteneglio. Info: info@istria-brtonigla. com 19 febbraio

▶LAGUNA POREČ GRAND PRIX Gara ciclistica internazionale aperta ai ciclisti per le categorie Maschi Elite e U-23. L’evento è inserito nel calendario mondiale dell’Unione ciclistica internazionale. Parenzo. Info: http://hr.lagunaporec.com 22-25 febbraio

▶PROMOHOTEL Fiera internazionale di prodotti alimentari, bevande e attrezzatura per il turismo che richiama ogni anno migliaia di visitatori da tutta l’area balcanica. Parenzo. Info: www.promohotel.hr 24-25 febbraio

▶GIORNATE DEL MIELE Dodicesima mostra internazionale e simposio scientifico. In programma incontri informativi sulla produzione del miele e immancabili degustazioni. Pisino. Info: www.lipa-pazin.hr 28 febbraio

▶CARNEVALE DI POLA Nel giorno di Martedì Grasso le vie della città si aprono al corteo mascherato con gruppi e carri allegorici. In serata l’atto finale con la messa al rogo del fantoccio di Carnevale. Pola. Info: www.pulainfo.hr

C A R I N Z I A 20-22 gennaio

▶EIS TOTAL Al rifugio Pitzal cascate di ghiaccio dalle forme bizzarre, una parete a sbalzo per le scalate e una vivace atmosfera da campo base attendono gli alpinisti da tutte la Alpi. Mandarfen. Info: www.mc2alpin.at 22 gennaio

▶GENUSSREGION GAILTAL Un’intera giornata dedicata alle prelibatezze gastronomiche della regione, con la possibilità di degustare i migliori prodotti locali: dagli speck ai formaggi… Nassfeld. Info: www.nassfeld.at 24 gennaio – 4 febbraio

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settembre-ottobre 2007

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▶TOUR ALTERNATIVO DELLE 11 CITTÀ OLANDESI Il più grande spettacolo mondiale di pattinaggio sportivo con 3.000 concorrenti per le maratone di pattinaggio su 50, 100 e 200 km che si svolgono sulla pista del lago ghiacciato. Weissensee. Info: www.carinzia.at


O L T R E

C O N F I N E S L O V E N I A 26-29 gennaio

▶JUNIOR CUP DI BIATHLON Evento sportivo internazionale riservato alla categoria juniores, con giovani biatleti provenienti dall’intera Alpe Adria. Poljuka. Info: www.biathlon-pokljuka.com 1-3 febbraio

▶MENT Festival che ospita oltre 50 artisti emergenti tra musicisti e band provenienti da tutta Europa. L’evento diventa per loro trampolino di lancio per esibirsi nei principali festival estivi del Continente. Lubiana. Info: www.ment.si 1-4 febbraio

▶NATOURE ALPE ADRIA Manifestazione fieristica che presenta l’offerta turistica della Slovenia e delle altre destinazioni della regione delle Alpi e dell’Adriatico. Lubiana. Info: www.visitljubljana.com 5 febbraio

▶CAMMINO DI GALETOVEC Tradizionale escursione sugli sci giunta alla sua ventunesima edizione, che condurrà i partecipanti in uno dei comprensori più affascinanti della Slovenia. Bled. Info: www.bohinjskabela.si 18 febbraio

▶COPPA INVERNALE DI NUOTO Gara internazionale di nuoto nelle gelide acque del Lago di Bled. Una sfida al limite in uno scenario naturale magico. Bled. Info: www.strel-swimming.com 20-24 febbraio

▶FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI MONTAGNA In programma proiezioni di opere provenienti dalla Slovenia e dall’estero, incontri letterari con famosi alpinisti, presentazioni di libri a tema e tavole rotonde. Lubiana. Info: http://imffd.com 24 febbraio – 1 marzo

▶CARNEVALE ISTRIANO Da Pirano a Portorose si susseguono sfilate allegoriche lungo le vie dei paesi, ma anche eleganti feste notturne in maschera nei locali di tendenza della movida. Pirano e Portorose. Info: www.slovenia. info

27-28 gennaio

▶SCHLAG DAS ASS La gara di sci più lunga del mondo con 25,6 chilometri di piste e 6.400 metri di dislivello lungo il comprensorio dell’Alpe Nassfeld. Hermagor. Info: www.schlagdasass.at 1 febbraio

▶ANTE PANTE Come segno di riconoscenza per la salvezza da un’alluvione medievale, la sera che precede la Candelora, i bambini portano su lunghi pali delle chiesette illuminate, realizzate per l’occasione, che vengono affidate alle onde del fiume. Bad Eisenkappel. Info: www.bad-eisenkappel.info 25 febbraio

▶SABATO GRASSO La città diventa palcoscenico per trampolieri, giocolieri e personaggi in costume che animano il corteo seguito annualmente da oltre 10 mila spettatori. Villach. Info: www.villacher-fasching.at

L’INFORMAFREEMAGAZINE

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settembre-ottobre 2007

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ODONTOIATRIA SOCIALE, ATTIVO IL PROGRAMMA REGIONALE

È partito il Programma regionale di Odontoiatria sociale. Sono infatti attivi i Centri Unici di Prenotazione (CUP) regionali per la prenotazione del servizio. L’offerta odontoiatrica del Programma è dedicata ai residenti del Friuli Venezia Giulia a eccezione delle urgenze a cui possono accedere anche i cittadini non residenti e che sono trattate nei cinque Pronto Soccorso regionali dedicati e già attivi a Trieste, Gorizia, Udine e Pordenone, mentre l’apertura a Gemona è prevista nel mese di gennaio. Il Programma investe sull’età evolutiva in un’ottica di prevenzione tanto che la fascia di età 0-6 anni verrà esentata dalla compartecipazione al ticket mentre la fascia dai 7 ai 14 anni sarà soggetta alle normali regole di compartecipazione alla spesa. Attenzione viene posta anche alla vulnerabilità sanitaria, ovvero a quei pazienti (oncologici, trapiantati, ecc.) che per condizioni patologiche e fisiologiche necessitano di maggior tutela sanitaria, e alla vulnerabilità sociale; per questi utenti vengono definiti percorsi dedicati. Fra i servizi offerti, le visite odontostomatologiche garantite a tutta la popolazione residente in FVG indipendentemente dai limiti di reddito. Per quanto concerne le liste d’attesa, il Programma prevede la presa in carico, entro 30 giorni, dei pazienti che hanno patologie sistemiche si-

gnificative, ad esempio quelli che devono iniziare una chemioterapia o i trapiantati. Per realizzare questi obiettivi si è implementato il personale attraverso selezione e assunzione con contratto libero professionale per un totale di circa 30 unità. Infine i criteri di inclusione per il trattamento gratuito per le protesi sono l’età superiore a 65 anni, l’edentulia (mancanza di tutti i denti) e un ISEE inferiore a 6.000 euro, mentre è prevista una contribuzione pari a 250 euro per la protesi se il cittadino ha un ISEE tra i 6.000 e i 10.000 euro, che sale a 500 euro tra i 10.000 e i 15.000 euro di ISEE.

COMUNE DI MONFALCONE

Abitanti: 28.038

(dati Anagrafe ott - nov 2016) nati: 55, deceduti: 60, immigrati: 216, emigrati: 260, matrimoni: 10 Recapiti: 0481 494280, www.comune.monfalcone.go.it

COMUNE DI STARANZANO Abitanti: 7.241

(dati Anagrafe ago-ott 2016) nati: 12, deceduti: 15, immigrati: 112, emigrati: 63, matrimoni: 6 Recapiti: 0481 716911, www.comunedistaranzano.it

COMUNE DI RONCHI DEI LEGIONARI Dati: N.P.

Recapiti: 0481 477111, www.comuneronchi.it

COMUNE DI SAN CANZIAN D’ISONZO Dati: N.P.

Recapiti: 0481 472311, www.comune.sancanziandisonzo.go.it


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marzo-aprile 2015

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6 gennaio Buon compleanno Stefania! Stefano 7 gennaio Tanti auguri Marzia! Stefano 11 gennaio Auguri zia Saby! Cinzia a Nick 18 gennaio Buon anniversario Letizia Davide 26 gennaio Buon compleanno alla nostra amica Raff y! Benedetta, Carola, Elena e Fede 29 gennaio Tanti auguri Barbara Cinzia 6 febbraio Buon compleanno Giovanni! Cris e Lucilla 12 febbraio Tantissimi auguri a Simone Donatella 17 febbraio Cinque anni assieme: buon anniversario Paolo! Susy 21 febbraio Buon compleanno Marina! Andrea, Elisa, Riccardo, Graziana, Cesare, Luisa, Eugenio Mandaci entro il 1º febbraio i tuoi auguri per le ricorrenze di marzo e aprile! Li pubblicheremo gratuitamente su iMagazine! Segnalaci giorno, evento, mittente e destinatario e spedisci il tutto via e-mail (info@imagazine.it), via posta ordinaria (iMagazine, c/o via Aquileia 64/a, 33050 Bagnaria Arsa – UD) o via fax (040 566186).


Fonte: Federfarma Gorizia e Ordine dei Farmacisti di Trieste

96 | marzo-aprile 2015 FARMACIE DI TURNO

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ALLA SALUTE via Cosulich 117 Monfalcone, tel. 0481 711315 CENTRALE pzza Repubblica 16 Monfalcone, tel. 0481 410341 COMUNALE 1 via Aquileia 53 Monfalcone, tel. 0481 482787 COMUNALE 2 via Manlio 14 Monfalcone, tel. 0481 480405 REDENTORE via IX Giugno 36 Monfalcone, tel. 0481 410340 RISMONDO via Toti 53 Monfalcone, tel. 0481 410701 SAN ANTONIO via Romana 93 Monfalcone, tel. 0481 40497 SAN NICOLÒ via Iº Maggio 92 Monfalcone, tel. 0481 790338 ALL’ANGELO via Roma 18 Ronchi dei L., tel. 0481 777019 ALLA STAZIONE v.le Garibaldi 3 Vermegliano, tel. 0481 777446 LEDRI via Marina 1 Grado, tel. 0431 80058 COMUNALE via C. Colombo 14 Grado, tel. 0431 80895 ZANARDI via Trieste 31, Staranzano, tel 0481 481252 AL LAGO via Roma 13, Doberdò, tel 0481 78300 LUCIANI via Dante 41, Sagrado, tel 0481 99214 SPANGHERO via Aquileia 89, Turriaco, tel 0481 76025 VISINTIN via Matteotti 31, San Pier d’Isonzo, tel 0481 70135 RAMPINO piazza Venezia 15, San Canzian d’Is., tel 0481 76039 DI MARINO via Redipuglia 77, Fogliano, tel 0481 489174 TRIESTE via Mazzini 43, tel. 040.631785 TRIESTE via Combi 17, tel. 040.302800 TRIESTE via Fabio Severo 122, tel. 040.571088 TRIESTE piazza Ospedale 8, tel. 040.767391 TRIESTE capo di piazza Mons. Santin 2 tel. 040.365840 TRIESTE via Commerciale 21 tel. 040.421121 TRIESTE via Ginnastica 6, tel. 040.772148 TRIESTE piazza Venezia 2, tel. 040.308248 TRIESTE via Curiel 7/B (Borgo S. Sergio), tel. 040.281256 TRIESTE via Giulia 14, tel. 040.572015 TRIESTE via Dante 7, tel. 040.630213 TRIESTE via Costalunga 318/A, tel. 040.813268 TRIESTE via Giulia 1, tel. 040.635368 TRIESTE corso Italia 14, tel. 040.631661 TRIESTE largo S. Vardabasso 1, tel. 040.766643 TRIESTE piazza della Borsa 12, tel. 040.367967 TRIESTE via Rossetti 33, tel. 040.633080 TRIESTE via Mascagni 2, tel. 040.820002 TRIESTE via S. Giusto 1, tel. 040.308982 TRIESTE via Roma 15 (angolo via Valdirivo), tel. 040.639042 TRIESTE via Piccardi 16, tel. 040.633050 TRIESTE via Baiamonti 50, tel. 040.812325 TRIESTE piazza Oberdan 2, tel. 040.364928 TRIESTE piazzale Gioberti 8, tel. 040.54393 TRIESTE via Oriani 2 (largo Barriera), tel. 040.764441 TRIESTE piazza Cavana 1, tel. 040.300940 TRIESTE viale Miramare 117, tel. 040.410928 TRIESTE via dell’Istria 33, tel. 040.638454 TRIESTE piazza Giotti 1, tel. 040.635264 TRIESTE via Belpoggio 4 (angolo via Lazzaretto Vecchio), tel. 040.306283 TRIESTE via Bernini 4 (angolo via del Bosco), tel. 040.309114 TRIESTE largo Piave 2, tel. 040.361655 TRIESTE via Felluga 46, tel. 040.390280 TRIESTE piazza Libertà 6, tel. 040.421125 TRIESTE via dell’Istria 18/B, tel. 040.7606477 TRIESTE via di Servola 44, tel. 040.816296 TRIESTE viale XX Settembre 6, tel. 040.371377 TRIESTE via dell’Orologio 6 (via Diaz 2), tel. 040.300605 TRIESTE via Pasteur 4/1, tel. 040.911667 TRIESTE via Tor S. Piero 2, tel. 040.421040 TRIESTE piazza Goldoni 8, tel. 040.634144 TRIESTE via Revoltella 41, tel. 040.941048 TRIESTE via Brunner 14, tel. 040.764943 TRIESTE campo S. Giacomo 1, tel. 040.639749 TRIESTE piazzale Valmaura 11, tel. 040.812308 TRIESTE via Roma 16 (angolo via Rossini), tel. 040.364330 TRIESTE piazza Garibaldi 6, tel. 040.368647 TRIESTE via Stock 9, tel. 040.414304 TRIESTE largo Sonnino 4, tel. 040.660438 TRIESTE piazza S. Giovanni 5, tel. 040.631304 TRIESTE via Alpi Giulie 2, tel. 040.828428 TRIESTE via Cavana 11, tel. 040.302303 TRIESTE largo Osoppo 1, tel. 040.410515 TRIESTE via Settefontane 39, tel. 040.390898


Le farmacie contrassegnate dal fondino arancione anticipano di un giorno le date di turno indicate. Le farmacie di Trieste iniziano e terminano i turni 2 giorni dopo rispetto alle date indicate

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07-13 2015 | 97 GENNAIO| marzo-aprile FEBBRAIO

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98 | maggio-giugno 2015 98 | marzo-aprile 2012 |

Cerneval in FVG -qual te vol? -tuti, ciapa qua! Pustovanje v FJK. “Katerega izbereš?” “Vse, kot lahko opaziš.” Karneval in FJV. - welchen wählst du? - alle, hier sind sie!

Carnevâl in FVG. - cuâl sielzistu? - ducj, veju ca!

Carneval in FVG. Qual te scegli? Tuti, ecoli qua.

Per le traduzioni si ringrazia: Kristina Frandolic (sloveno), Isa Dorigo - Ufficio comunità linguistiche Regione FVG (friulano), Andrea Coppola Università di Trieste (tedesco), Marianna Martinelli (bisiaco), Alessandro Samez (triestino).




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