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E D I T O R I A L E L’INFORMAFREEMAGAZINE nº 68 – anno XII numero 3 maggio-giugno 2017 ISSN 1828-0722 Editore

GOLIARDICA EDITRICE srl a socio unico sede operativa: I – 33050 Bagnaria Arsa, Italy via Aquileia 64/a tel +39 0432 996122 fax +39 040 566186 info@imagazine.it Direttore responsabile Andrea Zuttion Condirettore responsabile Claudio Cojutti Responsabile di redazione Andrea Doncovio Area commerciale Michela De Bernardi, Francesca Scarmignan, Fabrizio Dottori, Responsabile area legale Massimiliano Sinacori Supervisione prepress e stampa Stefano Cargnelutti Hanno collaborato Vanni Veronesi, Claudio Pizzin, Daniel Blasina, Ezio Scocco, Paolo Marizza, Vanni Feresin, Margherita Reguitti, Andrea Fiore, Livio Nonis, Cristian Vecchiet, Alfio Scarpa, Michele D’Urso, Michele Tomaselli, Manuel Millo, Andrea Coppola, Germano De March, Alberto Vittorio Spanghero, Renato Duca, Renato Cosma, Germano Pontoni, Isa Dorigo, Sandro Samez, Marianna Martinelli, Irene Devetak Registrazione Tribunale di Udine n. 53/05 del 07/12/2005 Stampato in proprio Tiratura 70.000 copie Credits copertina Giovanni Assirelli Credits sommario :: Igino Durisotti :: :: Giovanni Assirelli :: :: Claudio Pizzin :: :: Archivio A. Grilz :: :: Valentino Listuzzi :: © goliardica editrice srl a socio unico. Tutti i diritti sono riservati. L’invio di fotografie o altri materiali alla redazione ne autorizza la pubblicazione gratuita sulle testate e sui siti del gruppo goliardica editrice srl. Manoscritti, dattiloscritti, articoli, fotografie, disegni o altro non verranno restituiti, anche se non pubblicati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo, incluso qualsiasi tipo di sistema meccanico, elettronico, di memorizzazione delle informazioni ecc. senza l’autorizzazione scritta preventiva da parte dell’Editore. Gli Autori e l’Editore non potranno in alcun caso essere considerati responsabili per incidenti o conseguenti danni che derivino o siano causati, direttamente od indirettamente, dall’uso improprio delle informazioni ivi contenute. Tutti i marchi citati appartengono ai rispettivi proprietari, che ne detengono i diritti. L’Editore, nell’assoluzione degli obblighi sul copyright, resta a disposizione degli aventi diritto che non sia stato possibile rintracciare al momento della stampa della pubblicazione.

Cari lettrici e lettori, il prossimo 11 giugno le popolazioni di 27 Comuni del Friuli Venezia Giulia saranno chiamate alle urne per il rinnovo delle rispettive amministrazioni comunali. Un appuntamento che assume inevitabilmente risvolti più ampi, trattandosi dell’ultima tornata elettorale prima delle future elezioni politiche e di quelle regionali (le cui legislature prevedono la loro scadenza naturale nel 2018). Nel momento in cui leggerete questo editoriale, le campagne elettorali dei diversi candidati staranno entrando nel vivo, per conquistare il voto dei cittadini elettori. Comizi, promesse, strette di mano: tutti in fremente attività nella speranza che, nel segreto dell’urna, il maggior numero di persone scriva il nome ben evidenziato sulle migliaia di santini elettorali distribuiti senza parsimonia a destra e a manca. Poi arriverà il 12 giugno con lo spoglio delle schede (solo due Comuni con oltre 15.000 abitanti – Gorizia e Azzano X – potrebbero procrastinare il rito di ulteriori due settimane in caso di ballottaggio) e l’ufficializzazione dei risultati. E la gran parte dei candidati, che per un mese vi salutava sorridendo, stringendovi la mano e promettendovi mirabilie, tornerà a dimenticarsi dei cittadini elettori per dedicarsi ai propri interessi. Interrompo questo incipit a metà tra l’ironico e il polemico – ma tristemente realistico – con una domanda semplice e diretta: i cittadini elettori sono ancora disposti a farsi gettare fumo negli occhi? Sulla risposta a questo interrogativo si gioca una buona fetta del futuro dell’Italia, ormai stritolata da una campagna elettorale permanente nella quale la necessità di riformare, evolvere e sviluppare il sistema Paese viene quotidianamente sacrificata sull’altare del consenso e del tornaconto di questo o quello schieramento politico. E così, da arte del compromesso, in questi anni abbiamo assistito alla trasformazione della politica in arte del nulla. Uno show dell’effimero fatto di slogan privi di contenuti, urlati da aspiranti amministratori privi di competenze. Con l’unica preoccupazione di garantirsi la propria sopravvivenza in un sistema palesemente autoimmune, nel quale la casta dei privilegiati gode di benefici inalienabili, mentre il cittadino comune lotta per sopravvivere all’interno di un sistema evidentemente vessatorio. Ma fino a quando? Quanto manca prima che la brava gente passi alla via dei fatti? Se la politica sta attraversando una fase di buio pesto, è irrealistico pensare che a illuminarle il cammino potranno essere i suoi stessi protagonisti. Solo se i cittadini torneranno a interessarsi della cosa pubblica, pretendendo un rapporto continuo e alla pari di scambio di opinioni e di verifica dell’operato con i rappresentanti da loro eletti, si potrà invertire una tendenza destinata a condurci altrimenti verso il fondo del barile. Il microcosmo del proprio comune e del proprio consiglio comunale potrebbe rappresentare il laboratorio ideale da cui ripartire. Se invece riteniamo il voto un semplice detersivo con cui lavarci le mani e la coscienza per sentirci liberi di alzare successivamente l’indice contro il politico incapace da noi stessi eletto, abbiamo già perso. È vero, dedicare del tempo alla cosa pubblica costa energie e fatiche. Ma in questo momento storico non c’è scelta. Altrimenti – è giusto dircelo con franchezza – dobbiamo avere la coerenza di non lamentarci. Non mi resta che augurarvi … buona lettura! Andrea Zuttion



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Leggendo iMagazine ho deciso di trascorrere il giorno di Pasquetta visitando alcuni dei musei della Carnia descritti sull’ultimo numero. Desidero semplicemente dirvi grazie: quell’articolo mi ha stimolato ad andare a scoprire luoghi che si trovano a due passi da noi ma di cui talvolta non conosciamo l’esistenza. Davvero una bella esperienza. Lorenzo Furlan Gorizia

Ottimo il servizio tesi di imprintaonline: in un giorno ho avuto a disposizione le mie copie e, soprattutto, sono piaciute alla commissione! Michele Simsig Trieste

Il karaoke del giovedì sera da Ai Compari è un’occasione speciale per una serata in allegria, così come speciali sono le birre da scegliere. Luca Mian Monfalcone

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Intervista a Rossana Colic, titolare del bar “A modo mio” a Cervignano del Friuli Rossana Colic, come e quando è nata l’idea di aprire “A modo mio”? «Dopo anni di lavoro come dipendente in diverse realtà e dopo che le mie figlie erano un po’ cresciute, ho deciso di avviare un’attività tutta mia…» A proposito, come mai questo nome? «In realtà si è trattato di una pura casualità: però mi ha subito colpito e così ho deciso di farlo mio». Rossana Colic Quali sono a suo avviso i punti tra le sue collaboratrici di forza del locale? «Penso ce ne siano diversi e tutti sono stati costruiti nel tempo con fatica e impegno. Tenere aperto sette giorni su sette, festivi compresi, dalle 6.30 di mattina non è uno scherzo. Offriamo sempre qualità, servizio e cortesia, garantendo massima disponibilità nei confronti dei clienti. Questo è ciò che ci ha fatto scegliere: di questi tempi non è facile, i soldi sono pochi e cerchi sempre di spenderli al meglio». La vostra che genere di clientela è? «Una clientela che spazia dai ragazzini alle persone più adulte che desiderano scegliere la caffetteria o un pranzo veloce. Durante l’intera giornata, inoltre, molti clienti ci vengono a trovare per la nostra piccola pasticceria e gelateria artigianale. Il tutto senza dimenticare gli aperitivi, magari accompagnati dalle partite di calcio che accomunano un po’ tutti». Alle persone del suo staff cosa chiede quotidianamente per offrire un servizio sempre all’altezza? «Ho scelto un personale giovanissimo che io stessa ho formato. Alle ragazze ho sempre insegnato che la prima cosa da fare è porsi dall’altro lato del banco di servizio e comprendere cosa ci si potesse aspettare. Abbiamo un rapporto molto stretto e collaborativo: parlarsi e confrontarsi è il punto di forza». Il mondo della ristorazione è in continua evoluzione: dal punto di vista dell’offerta, quali sono oggi le esigenze principali da parte dei clienti? «In un periodo storico come questo il cliente cerca cortesia e qualità. In altre parole vuole essere sicuro di spendere bene». A proposito di evoluzione: ci sono nuovi progetti per il futuro? «Qui siamo in continuo fermento ed evoluzione. Cerchiamo sempre di sondare le necessità dei clienti per capire come muoverci e verso quali obiettivi dirigere le nostre iniziative e i nostri sforzi». Da diverso tempo ha puntato sul network di iMagazine per promuovere la sua attività: come mai questa scelta? «Ho scelto iMagazine per aprire le porte anche a chi non ci conosce, per stimolare la curiosità». “A modo mio” rientra anche nel circuito degli iMoneyPartner: come giudica il progetto dei buoni valore? «I buoni valore sono un’occasione per avvicinare le persone. Un modo perL’INFORMAFREEMAGAZINE dire “Noi ci siamo”». | gennaio-febbraio 2008 | 11



S O M M A R I O

maggio - giugno 20

L’ANALISI di Paolo Marizza

17 La crisi è finita?

CITTÀ FANTASMA IN FVG di Michele Tomaselli

20 Il risveglio dei borghi addormentati 28

MOBILITÀ SENZA AUTO a cura della redazione

25 Viaggiare in bici. Solcando il mare CRISTIAN NATOLI di Margherita Reguitti

28 Sguardo senza confini SEYCHELLES di Claudio Pizzin

30 Alle porte del paradiso 30

ALMERIGO GRILZ di Margherita Reguitti

34 Testimone del mondo VALENTINO LISTUZZI di Andrea Doncovio

36 Il sogno di una vita normale BACOLOGIA A GORIZIA di Renato Duca e Renato Cosma

34

38 Precursori del progresso GUGLIELMO RIAVIS di Vanni Feresin

41 Un galantuomo d’altri tempi RICORDI DI UNA DONNA di Alberto V. Spanghero

45 Anna, il Re e l’Ammiraglio 36

CONTROVERSIE FINANZIARIE di Massimiliano Sinacori

50 Investimenti sbagliati: chi paga? INCIDENTE STRADALE di Polizia di Stato

52 Cosa, come e quando fare

VALORE E AMICIZIA di Manuel Millo

54 Gli amici al tempo dei Social VELOCITÀ E LENTEZZA di Cristian Vecchiet

56 Che valore ha il tempo? BAMBINI E PSICOFARMACI di Andrea Fiore

58 Ripartire dalla famiglia

CARSO: NON SOLO PIETRE di Margherita Reguitti

66 Il custode della memoria STEFANO PITTON di Michele D’Urso

68 A guardia della lealtà COPPA DEI RIONI di Livio Nonis

70 Passione e intensità. Con fair-play CHEF…AME

75 La ricetta di Germano Pontoni 78

e segg. Gli eventi di maggio e giugno


: lettere alla redazione

▲ Trieste – Silverio Giurgevich (secondo da sinistra nella foto) è stato eletto nuovo presidente del Club Alpino Italiano del FVG. Rinnovato anche il comitato direttivo che risulta così composto: Silverio Giurgevich presidente (Trieste - XXX Ottobre), Pietro Boga (Cividale), Luigi Brusadin (Pordenone), Michele Cimenti (Moggio Udinese), Paolo Marini (Tolmezzo), Marco Pavan (Trieste - SAG), Sandro Plozner (Ravascletto), Aldo Scalettaris (Udine), Giampaolo Zernetti (Monfalcone). Collegio dei Revisori dei Conti: Carlo Martini (Claut), Aldo Modolo (Sacile), Giorgio Peratoner (Gorizia).

▲ Udine – Consegnati i premi Friul-Etica 2016. Quattro i premiati: Alain Schiratti, che ha abbandonato il calcio per donare un rene alla moglie Cristina; la Casa famiglia Suore della Provvidenza con suor Fiorella Piccolo che ospita mamme e minori in situazioni di disagio; e poi due premi alla memoria: al cavaliere del lavoro Andrea Pittini e al professor Franco Perraro, entrambi scomparsi nel 2016. Oltre al curatore Daniele Damele, all’evento sono intervenuti anche il presidente della Fondazione Friuli, Lionello D’Agostini, la psicologa del Centro regionale trapianti di Udine, Francesca Fiorillo, il maestro Giorgio Celiberti, Flavio Pressacco, la dirigente dell’Istituto scolastico Stringher Anna Maria Zilli e il presidente di Vallimpiadi Massimo Medves.

▲ Cividale del Friuli – Gli studenti del Civiform hanno costituito tre “Associazioni cooperative scolastiche” (Acs): una nel settore “Panetteria Pasticceria Gelateria”, una nel settore “Ristorazione” (che simulerà un’attività di catering) e una nel settore “Benessere” (che simulerà un centro di estetica). Coinvolti in tutto circa 40 studenti. «Questi interventi sono fondamentali per potenziare nei giovani competenze imprenditoriali che trovino riscontro diretto in un’esperienza operativa. Capire cosa vuol dire fare impresa non solo nella realizzazione, ma soprattutto nel metodo, permette di affrontare in modo cosciente il mondo del lavoro», ha affermato Gianpaolo Zamparo, presidente di Civiform.

▲ Trieste – Il sindaco Roberto Dipiazza (a sinistra) riceve Amerigo Alessandro Hofmann, ispettore forestale in pensione, nipote del triestino Amerigo Hofmann e figlio di Alberto Hofmann, assieme alla moglie. Il sindaco ha rivolto parole di vivo apprezzamento e di stima nei confronti di un’antica famiglia triestina che si è distinta in Italia, ma anche in Dalmazia, Carinzia, Montenegro, Giappone, Canada, Stati Uniti, Svizzera, Marocco, Libia, Cecoslovacchia, Grecia, sottolineando l’importanza del ruolo esercitato dal ‘forestale’ nell’ambito della tutela e della conservazione del prezioso patrimonio ambientale e dell’ecosistema.

▲ Gorizia – Donazione collettiva di sangue al Centro Trasfusionale dell’Ospedale Fatebenefratelli da parte di una rappresentanza del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Gorizia. Nata dalla volontà degli stessi vigili e con la collaborazione della sezione cittadina “Remo Uria Mulloni” di Fidas Isontina, l’attività ha registrato la partecipazione di 28 vigili in una giornata libera dal turno lavorativo.

▲ Venzone – Il presidente dell’Unione nazionale Pro loco d’Italia Antonino La Spina (secondo da destra tra i seduti) ha incontrato i 50 volontari di servizio civile che stanno prestando servizio nelle Pro Loco e Consorzi aderenti al Comitato regionale del Friuli Venezia Giulia.

È possibile inviare le proprie lettere e i propri commenti via posta ordinaria (iMagazine – via Aquileia 64/a – 33050 Bagnaria Arsa-UD), oppure via e-mail (redazione@imagazine.it).


▲ Palmanova – Anche per l’edizione 2017, l’Unesco Cithies Marathon ha voluto iMagazine tra i propri media partner in occasione dell’evento sportivo. La piazza di Palmanova ha così potuto offrire una cornice speciale al passaggio di tutti gli atleti, garantendo una visione spettacolare anche al pubblico presente.

▲ Taipana – Escursionisti provenienti da tutto il FVG e dalla Carinzia hanno raggiunto il rifugio del Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” per il tradizionale appuntamento di Pasquetta. Per l’occasione gli speleologi goriziani hanno accompagnato gli ospiti a visitare la “Grotta di Taipana”.

▲ Udine – Gli studenti dell’Università di Udine Nikolas Salvador, di Valdobbiadene (TV), Stefano Michelutti di Udine, Margherita Molinaro di San Daniele del Friuli e Alessandro Brisotto di Palmanova, sono i vincitori del premio di laurea “Danieli & C. Officine Meccaniche spa”, consistente in un finanziamento di 3.000 euro lordi a ciascuno di loro. Alla cerimonia di conferimento dei premi erano presenti anche Laura Rizzi, delegata del rettore ai Servizi di Orientamento e tutorato, Guido Nassimbeni, docente di ingegneria gestionale e Camilla Benedetti, responsabile risorse umane del Gruppo Danieli.



BANCHE E CRESCITA

L’ANALISI

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Rubrica di Paolo Marizza

La crisi

è finita?

La crescita del PIL e della produzione industriale in Italia è correlata anche allo stato di salute e alla capacità creditizia degli istituti bancari. Attraverso domande precise, abbiamo provato a comprenderne la situazione e, soprattutto, gli scenari futuri.

«

Per parlare dello stato di salute delle banche italiane bisogna partire dalla crisi finanziaria del 2008. Un evento che ha cambiato il corso della storia per le economie dei Paesi occidentali. Una crisi che ha avuto come epicentro proprio le banche. Il sistema finanziario globale è finito al collasso per colpa dell’eccessivo impiego di strumenti complessi e speculativi come i derivati e l’elevato volume di crediti concessi dalle banche anche a chi non sarebbe stato in grado di rimborsarli in futuro. I famigerati mutui subprime erano infatti concessi per l’acquisto della casa anche a famiglie senza redditi e senza lavoro. Questo terremoto ha lasciato inizialmente relativamente indenni le banche italiane, tradizionalmente meno speculative. Quando però la crisi si è trasferita ai debiti pubblici, anche loro hanno sofferto. Tra il 2010 e il 2012 il mercato ha iniziato a temere che l’Italia non fosse più capace di rimborsare il suo debito pubblico. Questa crisi di sfiducia ha finito col travolgere anche chi, di questo immenso debito, è il principale acquirente: le banche italiane appunto. L’ Italia non ha sofferto una crisi da mutui subprime come gli USA e in particolare la Spagna: i nostri subprime sono venuti dopo, nella forma di crediti erogati soprattutto a imprese che non ne avevano il merito (creditizio). Le banche italiane poi non hanno saputo cogliere le opportunità offerte dal programma di acquisto dei Titoli di Stato (cosiddetto quantitative easing) varato dalla BCE (Banca Centrale Europea), ovvero di alleggerirsi di un fardello che le mette a rischio nel caso di una ripresa dell’inflazione e dei tassi di interesse. Forse per reverenzialità nei confronti dello Stato, ma anche per mantenere una fonte di reddito relativamente sicura che compensasse situazioni di bassa redditività.

Le banche hanno contribuito alla crisi? Il timore che l’Italia e le sue banche fallissero, dato il fardello di un debito pubblico che è il terzo al mondo, aveva fatto schizzare ai massimi i tassi di interesse con cui lo Stato e gli istituti di credito si finanziavano sul mercato. Nei primi anni della crisi questi fattori si sono intrecciati con una profonda recessione dell’economia reale, con un aumento dei profili di rischio creditizio dei finanziamenti a famiglie e imprese. Il meccanismo del credito all’economia reale si è inceppato dando vita a quello che gli addetti ai lavori chiamano un «credit crunch», una stretta creditizia. In un’economia come quella italiana, che è fondata prevalentemente sul credito bancario, ciò ha contribuito ad alimentare la peggiore recessione dal Dopoguerra, ma i suoi prodromi hanno radici lontane, precisamente nella bassa o nulla crescita dell’economia nel decennio pre crisi, che a sua volta deriva dal decremento della produttività totale dei fattori produttivi. Una crisi epocale che ha visto il Pil crollare del 10%, la produzione industriale del 25% e una miriade di imprese andare in fallimento. I crediti deteriorati: come si sono generati? Con il crollo del Pil (cioè della ricchezza prodotta ogni anno dall’economia) e l’impennata della disoccupazione sempre più famiglie e imprese in tutta Italia si sono trovate in difficoltà a far fronte ai debiti contratti con le banche. Il problema dei debitori (famiglie e imprese) si è trasformato in un problema dei creditori (cioè le banche) man mano che i prestiti non onorati (i cosiddetti «crediti deteriorati») crescevano nel loro bilancio. Quella dei prestiti malati, ovvero incagliati e in sofferenza, è stata una mina a scoppio ritardato. Non è esplosa negli anni più duri |

maggio-giugno 2017

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quifinanza.it

minati parametri indicati dalle autorità. Per fare questo si fa un aumento di capitale. Cioè si chiede soldi al mercato emettendo nuove azioni. A oggi sono stati fatti aumenti di capitale per oltre 45 miliardi di euro. Cosa si è fatto per rimediare alle perdite? Non sempre questi aumenti sono stati sufficienti anche perché è capitato che per diverse banche in crisi il mercato non abbia dato la propria disponibilità a finanziarle. È capitato più di una volta: l’anno scorso con il fallimento degli aumenti di capitale della Banca Popolare di Vicenza, di Veneto Banca e del Monte dei Paschi di Siena. Nei primi due casi è intervenuto il Fondo Atlante, un fondo finanziato anche dalle banche italiane più solide, con il quale si intendeva supplire al cosiddetto “fallimento del mercato”, in questo caso dei capitali, ma che si è rivelato quanto meno velleitario. Le banche più solide che hanno finanziato tale fondo stanno considerando quei finanziamenti come “sofferenze”, nel senso che le probabilità di recuperarli dalla ristrutturazione delle banche salvate sono molto basse o nulle.

della recessione (2011-2012) ma successivamente, tra il 2013 e il 2015. Nell’anno più critico, il 2015, l’incidenza dei crediti deteriorati sul totale dei prestiti è arrivata fino al 22%. Come dire che un prestito su cinque era «malato» e molto spesso inesigibile. L’aumento esponenziale dei prestiti inesigibili ha costretto le banche a prendere le adeguate contromisure. Le ha costrette, ad esempio, ad accantonare riserve per far fronte a eventuali perdite. Oppure a fare svalutazioni. Cioè dichiarare a bilancio che dei 100 mila euro prestati alla società X per comprare macchinari e su cui le rate non sono state onorate, si conta di recuperarne 50 mila. Ad esempio pignorando e mettendo all’asta il macchinario. Svalutare Quando una banca è a rischio? significa mettere una pietra sopra quel prestito acIn generale i crediti malati non dovrebbero mai sucettando di andare incontro a una perdita. perare come valore a bilancio il livello del capitale. Più è alto questo rapporto, cioè le sofferenze superaQuante perdite hanno accumulato le Banche? no il capitale, più la banca è a rischio. Ovviamente più Quando si scrive un bilancio si prendono i ricavi il rapporto tra sofferenze e capitale si riduce sotto il (ciò che la banca incassa sotto forma di servizi, com- 100%, più la banca è da considerarsi solida. missioni e margine di interesse sui prestiti) e si sotAvere sofferenze che non superano il patrimonio traggono i costi. Innanzitutto quelli chiamati operativi è importante, anche in prospettiva. (come gli stipendi dei dipendenti o l’affitto delle sedi) Il peso delle svalutazioni impatterà sul conto ecoche in media pesano sui ricavi per il 60%. E poi si ag- nomico producendo quelle perdite di cui abbiamo giunge il tassello delle svalutazioni dei crediti mala- parlato che di riflesso riducono mano a mano il cati. Quelli che non si riscuoteranno o si riscuoteranno pitale. È quindi evidente che una banca che ha soffecon grande ritardo. Prima della crisi questa voce pesa- renze molto alte, andrà incontro a perdite sostanziose. va per il 10-20% dei ricavi. Oggi ci sono banche in crisi Come abbiamo visto si dovrà ripristinare il capiin cui solo le rettifiche sui prestiti malati erodono tutti tale chiedendo ai soci di iniettare nuovo denaro neli ricavi. Da qui diventa quasi automatico chiudere il bi- la propria banca. Ma se le sofferenze continuano ad lancio in perdita anziché in utile. E le perdite negli anni aumentare come è accaduto negli ultimi anni, quello hanno eroso il patrimonio delle banche, che è il moto- sforzo di aggiungere nuovo capitale rischia di essere re del credito: semplificando, la banca deve disporre in vanificato già l’anno successivo. media di 8 euro di patrimonio ogni 100 che presta; se il patrimonio si riduce, ad esempio a 6 euro causa per- Quali sono i rischi per il risparmiatore se una dite, la banca potrà erogare solo 72 euro. In questo pe- banca fallisce o fallisce l’aumento di capitale? riodo poi le autorità di vigilanza hanno imposto vincoCon l’entrata in vigore della direttiva comunitaria li patrimoniali più elevati in funzione della salute della BRRD (Bank recovery and resolution directive) si è banca stessa (per erogare 100 euro deve disporre di 10 introdotto il principio che lo Stato non debba farsi più euro e non più 8, ad esempio). carico del salvataggio di un istituto di credito in crisi Il rosso accumulato dagli istituti di credito in que- pagando con i soldi dei contribuenti gli errori dei bansti anni è stato pesante. A fronte di un’esplosione del chieri. Se una banca fallisce, a essere chiamati in cauvolume dei crediti deteriorati lordi a oltre 341 miliardi sa sono in primo luogo gli azionisti e in secondo luodi euro, le banche italiane, dal 2011 a oggi, hanno ac- go i creditori a seconda del privilegio. Prima i possescumulato oltre 62 miliardi di euro di perdite. sori di titoli di debito subordinati, poi quelli che hanCome si è visto le perdite che si accumulano anno no bond senior e così via fino ad arrivare ai correntisti dopo anno finiscono per portare il patrimonio a livel- con depositi superiori ai 100 mila euro. Al «bail-out» li da non garantire più la solidità della banca. Per ri- (salvataggio dall’esterno) si è contrapposto il «bailmediare, occorre riportare il patrimonio sopra deter- in» (salvataggio dall’interno). Tra il bianco e il nero ci 18

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sono comunque molte sfumature di grigio e il fallimento di un aumento di capitale non significa automaticamente che debitori e correntisti debbano intervenire per salvare la banca. Finora non c’è stata alcuna crisi talmente grave da coinvolgere l’anello più debole della catena: i correntisti. I depositi (sia quelli degli istituti più solidi, sia quelli degli istituti più fragili) sono tutti coperti dalla garanzia del fondo interbancario che tutela le somme depositate fino all’ammontare di 100 mila euro. Chi pensasse di spostare il conto da una banca a un’altra deve fare un’attenta analisi rischio-rendimento, tenendo conto del fatto che un istituto in difficoltà ha maggiore interesse a tenersi i clienti offrendo loro ad esempio remunerazioni più interessanti su prodotti come i conti di deposito. Se si ha un conto in una banca «a rischio» non basta accertarsi che questo rischio sia ben remunerato, come accaduto in alcuni deprecabili casi (obbligazioni bancarie subordinate). Tra il «bail-out» e il «bail-in» la normativa prevede una terza via: la ricapitalizzazione precauzionale a opera dello Stato. Di fatto una nazionalizzazione che può essere fatta solo se alcune condizioni sono rispettate: ad esempio se l’istituto è solvibile (cioè è in grado di affrontare situazioni di stress) o se c’è un rischio per la stabilità finanziaria del Paese… Lo Stato italiano, che negli ultimi giorni del 2016 ha stanziato 20 miliardi di euro per decreto, è entrato nel capitale del Monte dei Paschi di Siena e potrebbe entrare in Veneto e Vicenza. Questa operazione prevede comunque una parte di condivisione del rischio da parte dei creditori dell’istituto attraverso, per esempio, la conversione in azioni del debito subordinato. Nel caso in cui questo debito sia stato venduto in maniera non trasparente è possibile una forma di rimborso che varia da caso a caso. Da cosa dipende l’uscita dalla crisi? La buona notizia è che i crediti malati nei bilanci delle banche hanno smesso di crescere. Quella cattiva è che la pulizia dei bilanci di molte banche non è stata ancora conclusa. L’uscita dalla crisi dipende dalla capacità di smaltire in maniera efficace il fardello dei crediti a rischio favorendo le operazioni di cessione da parte delle banche. Il mercato dei crediti malati è condizionato da un forte divario tra domanda e offerta. Da una parte ci sono le banche che, pressate dalle autorità di vigilanza, hanno fretta di vendere. Dall’altra gli operatori specializzati che sono disposti a comprare, ma solo a prezzi adeguati al livello di rischio. In ultima analisi si uscirà dalla crisi quando l’Italia riprenderà a crescere in modo sostenibile, perché le banche riflettono nei loro bilanci la solidità delle economie che sostengono.

Paolo Marizza Paolo Marizza è Co-founder di Innoventually e Docente DEAMS Università di Trieste


ALLA SCOPERTA DI... LE CITTÁ FANTASMA DEL FVG Servizio di Michele Tomaselli

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Il risveglio dei borghi addormentati Da Movada a Palcoda, da Pozzis a Moggessa: un viaggio denso di emozioni in luoghi abbandonati dall’uomo e che la natura ha riconquistato. Conservando le storie incredibili dei loro abitanti di un tempo. iMagazine le ha rivissute per voi.

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Avvolti nel mistero e immersi in una dimensione fuori dal tempo, alcuni borghi fantasma del Friuli Venezia Giulia ritornano a vivere. Spesso si tratta di paesi inghiottiti dalla vegetazione dove la luce filtra con fatica, ma nonostante le parvenze celano segreti, storie e leggende inimmaginabili. Qualcuno li chiama “belle addormentate” altri “paesi fantasma”: si tratta di luoghi che sono stati lasciati dall’uomo per svariati motivi e che conservano le suggestioni del passato. Misterio-

se le cause dell’abbandono ma senz’altro riconducibili alle difficoltà di collegamento con il mondo esterno, alle poche speranze di vita e al terremoto del 1976. Per chi è in cerca di un itinerario di viaggio fuori dalla folla e dalle mete di massa questi borghi, oggi spesso ridotti a ruderi, rappresentano una meta ideale per gite fuori porta. Iniziamo il percorso alla scoperta delle città fantasma del Friuli Venezia Giulia... È una domenica di gennaio. Fuori nevischia ma il meteo va migliorando, mi aspetta una giornata intensa, un viaggio nel tempo alla scoperta della Val Tramontina, nel cuore delle Prealpi Carniche, un piccolo mondo sospeso, ricco d’acqua. Giampiero, un oriundo del luogo, mi racconta che un tempo la valle era molto popolata, specialmente quando la produzione casearia era un business e l’allevamento delle mandrie era molto praticato. Col tempo queste tradizioni sono venute meno e oggi i villaggi sono stati abbandonati. Peraltro negli ’50 la Sade (Società Adriatica di Elettricità) costruì la diga che trasformò la vita della Val Tramontina e molti dei residenti furono di conseguenza costretti ad andarsene. Di quel mondo antico rimangono i resti di Movada, un piccolo borgo inA fianco: Alfeo Carnelutti, detto Cocco (ph. M. Tomaselli). Sopra: il borgo di Pozzis (ph. Igino Durisotti)

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ghiottito dalle acque del Meduno, che nelle stagioni di siccità spuntano fuori dal lago di Redona. L’itinerario parte da Comesta, una frazione del Comune di Tramonti di Sotto. Dopo circa un’ora e mezza di cammino, attraverso un esile e ripido sentiero arriviamo al borgo fantasma di Tamar: un ammasso di rovine, abitato fino alla fine degli anni ‘50, anche se oggi in parte ricostruito. I proprietari di alcuni stabili hanno deciso di recuperarli e di destinare un locale a ricovero. Il 30 settembre 2007 è stato inaugurato il bivacco “Guglielmo Varnerin”, in ricordo di uno degli ultimi abitanti. Da allora è gestito dalla sezione del CAI di San Vito al Tagliamento. Renato Miniutti, originario della vallata e artefice di questa ricostruzione, ha realizzato con perizia una meridiana, ben visibile entrando nel cuore del borgo. Degni di segnalazione anche un pozzo, un arco in pietra e l’assetto urbanistico originale: le abitazioni venivano disposte secondo una traiettoria circolare molto probabilmente per favorire i rapporti della comunità. Proseguiamo l’escursione fino a oltrepassare la Cascata del Velo e una vecchia fornace per la produzione di calce; dopo circa un’ora di sentiero impervio, anche se oggi risistemato, arriviamo a Palcoda, un borgo abbandonato tra aceri e noccioli, situato nel Canale del Chiarzó, che stupisce storicamente per il suo sviluppo nonostante l’isolamento. Le case sono ridotte a un cumulo di rovine e la natura si è riappropriata degli spazi che l’uomo le aveva portato via, anche se la chiesa del 1790, costruita dalla famiglia Masutti e intitolata a San Giacomo, è stata recentemente ristrutturata. Una passeggiata tra i ruderi ci riporta indietro nel tempo. Palcoda fu abitato stabilmente fin dal XVII secolo; le attività principali erano l’agricoltura, la pastorizia e la produzione di cappelli di paglia – questi ultimi venduti anche in Norvegia – e nel periodo di maggiore sviluppo arrivò a contare 150 abitanti, fino a quando, nel 1923, i Masutti, gli ultimi abitanti del paese, emigrarono altrove in cerca di fortuna, segnando così il destino della borgata. Tornò a rivivere, seppure brevemente, dopo l’8 settembre 1943, assieme al vicino borgo di Tamar, quando diventò il quartier generale di un gruppo di partigiani della Garibaldi-Tagliamento. Fu così teatro di rappresaglia tanto che, il 5 e il 6 dicembre 1944, la terza compagnia del plotone “Valanga” della Xª Flottiglia MAS mise a ferro e fuoco il paese uccidendo tre partigiani. Morirono Giannino Bosi, detto Battisti (comandante del gruppo “Sud”), Jole De Cilia, detta Paola (la sua compagna) e Eugenio Candon, detto Sergio, mentre quasi tutti gli altri furono processati e poi impiccati. Mauro Daltin, scrittore e appassionato viaggiatore, scrive nel libro I piedi sul Friuli: “Palcoda ha il sapore di tutti quei posti dove la natura si è andata a riprendere lo spazio che l’uomo le ha sottratto. Gli alberi occupano le strade, il muschio copre le pietre dei pavimenti, le ragnatele disegnano mezze lune agli angoli di archi pericolanti. I tronchi crescono sbilenchi, uno sopra l’altro e si appoggiano ai muri, attraversano finestre e puntano diritti verso le montagne

Palcoda, la chiesa intitolata a San Giacomo (ph. M. Tomaselli)

Primo piano del campanile della chiesa di San Giacomo nel borgo di Palcoda (ph. M. Tomaselli)

Palcoda, le rovine del borgo (ph. M. Tomaselli)

che, ad alzare il naso all’insù, le vedi lì e non riesci a distinguere il cielo dalla roccia. (…) I Masutti erano stati i primi a mettere piede in questo pezzo di terra, a rendere vivo, a costruire le case, la piazza, il mulino e la chiesa. Oltre alla loro famiglia c’era anche quella dei Moruzzi e un altro centinaio di persone, centocinquanta al massimo. Era un posto dimenticato da tutti. Non c’era una scuola e ai bambini veniva insegnato a leggere e scrivere secondo la buona volontà di una persona del borgo. Solo per pochissimo tempo, e in un anno imprecisato, ci fu una maestra. Le case erano illuminate da piccoli lumini a olio, non si mangiava né carne né pane e tutta l’alimentazione era a base di polenta e patate. Le donne producevano il carbon dolce che poi vendevano nei paesi vicini. Nel giro di un decennio dopo la Prima guerra mondiale, le famiglie co|

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Pozzis, la casa del Cocco (ph. Igino Durisotti)

Pozzis, la casa del Cocco con il cartello “Hasta la victoria siempre” (ph. Igino Durisotti) Pozzis, Markus, di Monaco di Baviera, ha comprato una casa che ha ristrutturato (ph. Igino Durisotti)

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minciarono ad abbandonare il borgo per sistemarsi in luoghi diversi, in Friuli, a Trieste, a Fiume, a Torino, a Padova, alcuni nelle Americhe. E l’ultimo a lasciare Palcoda, in quell’autunno del 1923, non poteva che essere un Masutti”. Sulla via del ritorno ci fermiamo a Vuar. Si tratta di un piccolo insediamento semidistrutto costruito dalla famiglia Rugo, nell’800: incorpora una casa patriarcale, architettonicamente molto interessante, che presenta una facciata a doppio ordine di loggiati. La settimana successiva con il fotografo Igino Durisotti arrivo in Val d’Arzino, una valle selvaggia e incontaminata nel cuore delle Prealpi Giulie. Un percorso interessante è quello che parte dalle sorgenti del torrente Arzino, sotto Sella Chianzutan, fino ad arrivare a Pozzis. Questo borgo, abbandonato nei primi anni ’60 per il fenomeno dell’emigrazione, è molto isolato da Verzegnis ed è famoso sopratutto per l’atroce delitto avvenuto nel 1999. Mauro Daltin lo definisce “L’ultimo avamposto del mondo”. Ad accoglierci troviamo il silenzio. Scendiamo lungo una strada strettissima; a un tratto un pastore belga mi viene incontro, mordendomi le gambe. Proseguiamo senza timori fino a oltrepassare un arco in legno che recita “Hasta la Victoria siempre”, e troviamo il Cocco, l’unico abitante della borgata, che ci offre ospitalità, ci prepara un the caldo e comincia a raccontarci le sue storie. Alfeo “Cocco” Carnelutti, classe 1944, originario di Pers di Majano, incontrò la borgata per la prima volta negli anni Cinquanta grazie a suo papà Guglielmo (uno dei più grandi cacciatori della zona), al ritorno da una battuta di caccia, quando allora vi risiedevano 40-50 persone. Nel 1982 non ci abitava più nessuno ma lui decise di venirci a vivere. Arrivò a Pozzis con una Renualt 4 tutta sfasciata e con dei caproni a bordo; occupò abusivamente una stanza semidistrutta di 3 metri per 3, senza acqua corrente e riscaldamen-


to, quindi sistemò i bovidi nella vicina stalla. Per due anni visse da eremita mangiando polenta, formaggio e qualche trota dell’Arzino. Quest’uomo appassionato di motoraduni, donne, sesso, rock&roll e Harley Davidson, di fede comunista, con tre matrimoni alle spalle e quattro figli si rese colpevole, nel 1996, di un crimine efferato: l’omicidio a colpi di pistola di una lucciola albanese poco più che ventenne, “Giuliana”, uccisa dal Cocco per evitare che informasse il racket della prostituzione della presenza di una donna nella sua casa. L’uomo infatti dava riparo ad Albana (all’anagrafe Entela Zaçaj), una giovane squillo sottratta dalla strada che, alla pari della vittima, si prostituiva per i marciapiedi. L’assassino dormì sonni tranquilli fintantoché l’ex amata prostituta, dopo essere fuggita, lo denunciò alla Polizia. Il cadavere di “Giuliana” venne poi ritrovato vicino al cimitero di Pozzis. Il Cocco venne condannato a 12 anni e 4 mesi di galera. Uscito per buona condotta dal carcere di Tolmezzo, raggiunse la Cina per sposarsi la terza volta. Oggi, Cocco ha chiuso col passato e a sentirlo parlare sembra l’ultimo difensore di questo mondo perduto. Ma anche altri avvenimenti storici coinvolsero Pozzis. Nel luglio 1944 divenne un caposaldo cosacco in cui fiorirono amori e matrimoni con la comunità locale; fu un feudo di partigiani russi e, nel 1872, l’epicentro di un’epidemia di isterodemonopatie (possessioni demoniache), molto probabilmente causata da una ragazza di 25 anni, tale Margherita Vidusson, che contagiò altre 24 ragazze e un giovane carabiniere del circondario. Del fenomeno s’interessò la scienza ma pure la Chiesa: tuttavia non si riuscì mai a dare una spiegazione scientifica, per questo Pozzis fu soprannominato “il borgo dell’orrore e della follia”. Secondo la testimonianza di Markus, un bavarese che ci ha comprato casa, Pozzis ospitò Giuseppe Taliercio, l’ingegnere sequestrato e ucciso dalle brigate rosse nel 1981 prima della sua prigionia a Tarcento. Secondo alcuni abitanti di San Francesco (la piccola frazione del Comune di Vito d’Asio che s’incontra in direzione di Pielungo sulla strada Regina Margherita) fu per un breve periodo il covo di Adriana Faranda, ex terrorista italiana militante delle brigate rosse. Dulcis in fundo sempre qui sono state girate alcune scene del film ‘Porca vacca’, con Renato Pozzetto e Laura Antonelli. Nelle settimane seguenti raggiungo invece Moggessa di Qua e Moggessa di Là, nel comune di Moggio Udinese. Ebbene sì: esistono due Moggesse che si trovano a mezz’ora di distanza l’una dall’altra. Ambedue sono raggiungibili solo a piedi, sebbene da una decina d’anni una stradina, riservata ai soli proprietari, collega Moggessa di Là alla Val Aupa. Nel primo Novecento Moggessa di Qua contava oltre 170 abitanti, ma oggi è ridotta a un cumulo di rovine e a qualche abitazione ristrutturata. Le tante bandierine colorate con le preghiere del Mantra che sventolano nell’aria e che creano un’atmosfera di pace fanno sembrare il borgo un angolo di Tibet.

Le bandierine colorate a Moggessa di Qua (ph. M. Tomaselli)

Scorcio di Moggessa di Là (ph. M. Tomaselli)

Per poter parlare con qualcuno mi devo recare a Moggessa di Là, oltre il Rio del Mulin, spartitraffico tra le due frazioni. Anche in questo caso scopro che degli abitanti non c’è nemmeno l’ombra. Mi raccontano che l’ultimo moggessano, Silvio Simonetti, se ne è andato per vivere con la figlia. Qui aveva trovato la pace dopo aver lavorato nella miniera di Cave del Predil, ma alla soglia degli ottant’anni è dovuto emigrare per vincere l’isolamento. Anche se disabitato il posto è magnifico: ci sono tre fontane con l’acqua che sgorga purissima, una chiesetta ristrutturata e interessanti esempi di architetture spontanee, quasi tutte risistemate. Nel racconto autobiografico Mestri di mont Tito Maniacco ricorda la borgata nella sua prima esperienza di insegnamento, durante una supplenza nella scuola elementare, in quell’unica classe di diciassette alunni, maschi e femmine, dalla prima alla quinta. Ci arrivò nel 1956 da Prapaveris, percorrendo quello stesso sentiero di oggi, in mezzo a un fitto bosco di faggi, ghiaioni e pini mughi per incontrare una comunità destinata a scomparire. Termina così il nostro viaggio, sebbene ci siano tanti altri luoghi da visitare: da Chiout degli Uomini (Chiusaforte) a Cja Ronc (Pinzano al Tagliamento), a Praforte (Castelnovo del Friuli), a San Vincenzo (Tramonti di Sotto), a Erto (Erto e Casso), a Riulade (Moggio Udinese), a Chisalizza (Lusevera), a Puller (Pulfero) a Picon e Cernizza (San Leonardo), a Cišnje, (San Leonardo) quest’ultima una sorta di Angkor Wat della Benecia: piccoli mondi abbandonati che custodiscono storie e curiosità tutte da riscoprire.

Michele Tomaselli |

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MOBILITÀ SENZA AUTO

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A cura della redazione Immagini Archivio Turismo FVG

Viaggiare in bici. Solcando il mare Visitare il Friuli Venezia Giulia utilizzando le due ruote e i mezzi pubblici: l’occasione ideale per muoversi all’aria aperta eliminando problemi di code e parcheggio.

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Grazie all’interazione tra una ramificata rete di percorsi ciclabili e un efficiente servizio di trasporto pubblico, visitare alcuni dei luoghi più affascinanti del Friuli Venezia Giulia in sella alla propria bicicletta e godendosi la brezza del mare è una piacevole realtà. Raggiungere agevolmente località ricche di fascino e cultura, senza lo stress del traffico automobilitico, con il rischio di lunghe code e l’incubo della ricerca di un parcheggio, non è più un sogno agoniato. Con il Delfino Verde, ad esempio, linea marittima che nei mesi di giugno, luglio e agosto collega Grado e Trieste, sfruttando il servizio “bicinbarca” è possibile abbinare al piacere di un viaggio tra mare e laguna quello di un’escursione su due ruote attraverso itinerari ricchi di sorprese. Ecco alcuni esempi.

Il Molo Audace del capoluogo regionale, luogo di attracco delle imbarcazioni, è un punto di partenza strategico per erscursioni in sella alla bici. Magari raggiungendo Borgo Teresiano per poi proseguire lungo tutte le Rive, costeggiando il mare con le sue viste spettacolari. Da lì è possibile poi avviarsi in Campo Marzio e verso il Passeggio Sant’Andrea, raggiungere il colle di San Vito, ridiscendere e inerpicarsi fi no al Castello e al parco antistante, per poi fare ritorno in Piazza Unità d’Italia. I più coraggiosi e desiderosi di pedalare potrebbero arrivare fino al Castello di Miramare, proseguire poi fino al Castello di Duino e, in località Sistiana, inoltrarsi poi nel polmone verde del Carso, attraversarlo per intero fino a raggiungere località Prosecco e poi Contovello, dove godere di una delle più belle viste sul golfo e poi tuffarsi nella discesa che riporta in città. un’altra possibilità sfiziosa è quella di caricare le bici sul Tram di Opcina, godere del panorama e di una delle più vecchie filovie d’Europa, e una volta arrivati in cima scendere alla fermata dell’Obelisco, montare in sella alle bici e inoltrarsi sulla passeggiata Napoleonica fino a Prosecco, e proseguire come sopra sulla discesa di Contovello. Accanto, il Delfino Verde. Sopra, ciclisti sulla spiaggia di Grado alle prime luci del giorno. |

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Da Grado, invece, in sella alla propria bici, grazie ai numerosi percorsi ciclabili disponibili, c’è solo l’imbarazzo della scelta sui luoghi da visitare. Attraverso il tracciato della Ciclovia Alpe Adria, ad esempio, è possibile raggiungere in circa mezz’ora l’area archeologica di Aquileia. Suggestiva la prima parte del tragitto, con l’opportunità di osservare sulla propria destra l’isola di Barbana e uno scorcio della laguna. Oltrepassata località Belvedere, si procede lungo l’antico sedime della ferrovia giungendo alle spalle della Basilica patriarcale, dove si possono parcheggiare le bici per iniziare il proprio tour a piedi nella città romana. Se a un’escursione nella storia si predilige invece un percorso prettamente naturalistico, sempre da Grado è possibile seguire l’itinerario ciclabile che – sulla direttrice per Fossalon – conduce alla Riserva Naturale della Val Cavanata. La presenza di numerosi ambienti nella riserva fra il mare e la terraferma (laguna, spiaggia, bosco, prato, valle da pesca, stagno) rende l’area ideale per la sosta, la nidificazione e lo svernamento di numerose specie di uccelli: complessivamente sono 260 le specie segnalate. Proseguendo lungo la stessa direttrice, è possibile raggiungere un altro luogo affascinante dal punto vista paesaggistico: Punta Sdobba. Lungo questo tragitto si possono ammirare le case degli agricoltori con i loro giardini ben curati, le rigogliose Calle bianche, le caprette e i pavoni. Questa area fa parte della Riserva Naturale della Foce dell’Isonzo, è situata sul lato destro della foce del fiume ed è costituita da una lingua di terra ricoperta da un fitto canneto.

Da qui, sarà poi possibile proseguire lungo l’itinerario dell’Isonzo che, attraverso un percorso di 44 chilometri, condurrà fino alla città di Gorizia. Per i più allenati o per i grandi appassionati della bicicletta, da Trieste o da Grado è possibile percorrere sulle due ruote anche l’itinerario del Mare Adriatico, fino a raggiungere Lignano Sabbiadoro (lunghezza totale 172 km). Questo percorso vuole congiungere Trieste con Venezia ed è parte integrante dell’itinerario europeo “Eurovelo” n. 8 (Cadice-Atene). È pianeggiante, si svolge su strada prevalentemente asfaltata e vi sono alcuni tratti di buon sterrato. Tra Trieste e Monfalcone, sul tratto carsico, vi sono delle salite con leggera pendenza (<4%) e qualche breve strappo. Si pedala in ciclopista da Trieste a Draga S. Elia e da Monfalcone a Grado. Lungo tutto il percorso vi sono solo pochi brevissimi tratti su strade con traffico. Trieste è la base naturale di partenza di questo affascinante itinerario che tocca le principali località di mare del Friuli Venezia Giulia, passando per il Carso e attraversando la Bassa Pianura friulana, in vicinanza della Laguna di Grado e Marano. Il Carso presenta aspetti naturalistici ed ambientali unici in Europa, ben rappresentati nel Parco della Val Rosandra, nella Grotta Gigante, nell’orto botanico “Carsiana” e sul sentiero Rilke. Da Monfalcone il viaggio appartiene al mondo agreste della Bassa pianura, con i suoi mille corsi d’acqua. Sempre in tema di mobilità sostenibile, grazie al servizio BiciBus è possibile esplorare il territorio


regionale intervallando tratti in bicicletta con spostamenti attraverso il mezzo pubblico lungo affascinanti percorsi nel territorio di Grado e del Collio. Da Gorizia, Mossa e Cormòns, ad esempio, sono facilmente raggiungibili itinerari ciclabili e percorsi ad anello adatti a tutti i tipi di ciclisti. Dai circuiti “Slow Collio” alle facili ciclopedonali a misura di bambini, dai saliscendi delle tipiche colline coltivate a vite e frutteti fino alle più impegnative salite verso il Monte Sabotino e Korada con possibilità di sconfinare nel Collio sloveno o lungo l’Isonzo. Da Monfalcone a Grado si incontrano numerosi percorsi ciclabili non impegnativi e adatti a tutti. un suggestivo itinerario ricco di spunti paesaggistici in zone particolarmente ricche di attrattive naturali ai margini della fascia litoranea. un affascinante tracciato tra terra e laguna conduce alla scoperta delle aree protette della Riserva Naturale Regionale Val Cavanata e Riserva Naturale Regionale Foce dell’Isonzo (Isola della Cona) e, attraverso la translagunare, al sito archeologico di Aquileia. Per informazioni sulla Linea Marittima Grado-Trieste e sul servizio BICIBUS contattare APT SpA: numero verde 800 955 957 o www.aptgorizia.it

Pagina accanto in alto, scorcio della laguna di Grado; in basso, l’ “itinerario del mare”. In questa pagina in alto a sinistra, il sentiero Rilke; a destra, l’ “itinerario BICIBUS”; in basso a sinistra, il servizio BICIBUS lungo una strada del Collio; a destra, ciclisti mentre ammirano il panorama dalla passeggiata Napoleonica a Trieste.

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PERSONAGGI

CRISTIAN NATOLI Intervista di Margherita Reguitti Immagini di Giovanni Assirelli

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Sguardo

senza confini

A 35 anni è uno dei registi emergenti del Friuli Venezia Giulia. Proprio in regione ha realizzato il backstage ufficiale della fiction “La porta rossa”: solo l’ultima tappa in ordine di tempo nel suo rapporto speciale con questa terra. Al punto da resistere al fascino delle grandi città.

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Il suo ultimo lavoro è stato la realizzazione del back stage della fortunata serie televisiva Rai “La porta rossa”. Cristian Natoli, goriziano, classe 1981, ha alle spalle già una lunga e importante carriera come regista di fiction, docufilm, reportage, reality e video clip. Ora anche produttore: con Chiara Toffolo ha fondato nel capoluogo isontino la “Tesla Production”. In questi giorni sta lavorando alla realizzazione di una serie di 4 spot per il web commissionati da un’importante società italiana. La sua carriera è iniziata nel 2005 con il film tv “I colori della gioventù”; dietro alla telecamera è stato prima operatore di ripresa poi, dal 2009, regista. Sono già molti i premi conquistati in importanti festival internazionali. Ha lavorato con Alessandro Angelini, Massimo Cappelli, Ivan Cotroneo, ha collaborato al Film “Zoran il mio nipote scemo” di Matteo Oleotto,

seguendone il back stage, ma anche con Gabriele Salvatores per “Il ragazzo invisibile 2”. Per Rai3 e Indigo è stato uno dei registi del docureality “Chiedi a papà”. Ama Gorizia, tanto da resistere al fascino delle grandi città che offrono molte occasioni di lavoro e contatti, ma dove è difficile vivere una vita che permetta anche pause di studio e di ricerca. Cristian, quando è iniziata l’avventura nel cinema? «È una passione nata con me. Con l’amico d’infanzia Carlo Ranalletta Felluga avevamo già deciso: da grande io avrei fatto il regista e lui l’imprenditore. Così è stato. Dopo aver frequentato il Dams cinema a Gorizia ho iniziato a muovere i primi passi in questo mondo, trovando che il Friuli Venezia Giulia, grazie all’attività dinamica della Film Commission e del Fondo audiovisivo, offre vere possibilità di lavoro». Quale è stato il suo primo lavoro importante? «Certamente nel 2009 il documentario “Attorés. Vent’anni dalla caduta del muro di Berlino”: un reportage sui confini in altri contesti europei. Un viaggio raccontato anche con interviste di storici e le testimonianze di chi ha vissuto la cortina di ferro, della quale ha conservato pezzi oltre a molti ricordi. Un lavoro che ha riscosso interesse e nel 2011 è stato in concorso al David di Donatello». A fianco, Natoli mentre verifica l’allestimento del set prima delle riprese. Sopra, ritratto artistico del regista.

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Cristian Natoli sul set del docufilm “Figli di Maria”: a sinistra con John Hemingway, a destra con Grazia Bergamas.

Essere nato in una città di confine quanto ha influenzato il suo lavoro? «Molto direi, tanto che il tema è stato il protagonista anche di un altro documentario dal titolo “Allamhatar” del 2013, dedicato alla scissione geografica italiana e slovena di Gorizia e Nova Gorica in rapporto/confronto con le città tedesca e polacca di Görlitz e Zgorzelec (lavoro finalista al Premio Celeste e esposto al Palazzo delle Arti di Napoli, n.d.r.). Attraverso gli occhi di una giovane fotografa goriziana, Veronica Franceschini, nata dopo la caduta del muro di Berlino, siamo andati alla ricerca delle differenze e delle similitudini di realtà urbane, culturali e sociali del passato e del presente segnate dalla divisione. Un percorso compiuto da una generazione che vuole comprendere, fra storia e finzione, gli errori del passato da non ripetere». Per lei che cosa ha significato il confine? «Dal punto di vista personale ed esperienziale il confine non è mai stata una limitazione o una costrizione. Paradossalmente mi sono accorto della sua esistenza quando è caduto, prima non l’ho mai vissuto come un problema. Anzi la nonna abitava in Slovenia, questo significava andare a fare festa, a divertirsi, rompendo la routine della quotidianità di casa». Una condizione esistenziale in accezione positiva. «Con in più un interesse antropologico fatto di reciproco scambio nel contesto di riferimenti culturali, linguistici ed estetici diversi. Le differenze fra italiani e sloveni hanno radici nella storia millenaria della città di Gorizia e in quella recente di Nova Gorica. In poche altre parti d’Italia e dell’Europa è possibile, spostandosi di pochi chilometri, fare uno stacco semantico-linguistico. Questo mi piace perché amo le differenze, da noi sempre vissute con buona convivenza umana, personale e sociale. Altra cosa sono le relazioni politiche e le divisioni create dalle due guerre del Novecento, fonti di odio e di differenze fra italiani e sloveni, fra partigiani e fascisti». Nel 2015 ancora una regia in un docufilm sulla Grande Guerra, per il quale ha ricevuto il premio speciale per il Miglior Film al Festival Internazionale “Un film per la Pace 2016”, opera trasmessa poi da Rai Storia… «È importante far conoscere aspetti della storia con radici in questa regione. Ecco perché in “Figli di Maria” ho voluto narrare la vicenda di Maria Bergamas, madre del milite ignoto, nata a Gradisca d’Isonzo che ad Aquileia scelse la salma che avrebbe ricordato tutti i caduti nell’Altare della Patria a Roma. La cifra del lavoro è un linguaggio espressivo di documentario di

narrazione, dove forti sono le atmosfere, con la finalità di emozionare senza essere né storici né scientifici. Ecco perché va guardato in complemento a un libro di storia». Con “Per mano ignota. Peteano una strage dimenticata” del 2012 il riconoscimento invece è arrivato anche da oltre oceano. «È stato finalista al Golden Door Film Festival di Jersey City, ma ha anche vinto il primo premio come miglior documentario al Cuneo Film Festival, oltre ad altri riconoscimenti. Ritengo che il pregio e la forza di questo lavoro stia nel mettere in evidenza come gli attentati abbiano una radice comune che tocca, soprattutto in questo momento storico, gli animi dello spettatore anche se parla lingue diverse. Questo è avvenuto negli Usa; sorprendendoci e rendendoci orgogliosi di avere fatto conoscere la storia di queste terre, dove a volte le cose accadono prima. Peteano infatti anticipò la strategia del terrore degli anni di piombo». Come realizza i suoi documentari? «La struttura narrativa emerge dal montaggio, prima però approfondisco i fatti e i personaggi. Scrivo con le immagini seguendo una traccia di massima della sceneggiatura. Diverso è il processo per un film di back stage, dove il trattamento del soggetto deve rispecchiare la linea guida del committente e il tutto deve essere realizzato in massimo tre minuti di film, sette nel caso di un back stage classic riassuntivo come in “La porta rossa”». Come è stato lavorare sul set di “La porta rossa”? «Una bella esperienza. Con la produzione è stata una sfida impegnativa ma di grande soddisfazione e crescita. Riassumere il film in back stage non era facile ma abbiamo scelto una modalità narrativa corale. Trieste poi è così affascinante e offre tante suggestioni per il nostro lavoro». Quali i progetti a breve e medio termine? «Con la nuova casa di produzione “Tesla Production” abbiamo avuto contatti con dei committenti per due film ai quali stiamo lavorando. Non anticipo nulla perché siamo proprio agli inizi, ma sono abbastanza ottimista sugli sviluppi. Oltre a ciò ho tre progetti nel cassetto ai quali tengo molto». Cosa non farà mai? «Lavorare da solo. Amo il cinema perché è fatto dall’insieme di professionalità diverse, dove ognuno ha un ruolo specializzato e non c’è spazio per i tuttologi. Per questo non farò mai il pittore, da solo in studio; dipingerei solo tele tristi». Margherita Reguitti |

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VIAGGI E METE

SEYCHELLES Servizio e immagini di Claudio Pizzin

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Alle porte del paradiso Acque cristalline, spiagge dai colori unici, tramonti che tolgono il fiato. Luoghi da favola dove la vita scorre con ritmi d’altri tempi.

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Appena usciti dall’aeroporto dell’isola di Mahe, il sole delle Seychelles sembra essere la pozione magica sufficiente a rigenerare lo spirito. Dopo il viaggio dall’Italia con scalo a Istanbul, il primo impatto con questo paradiso naturale è proprio con il suo clima speciale in grado di contagiare le persone che lo vivono. Attorno a noi, infatti, vediamo uomini e donne sorridenti, sempre disponibili con i turisti in caso di necessità. Neanche il tempo per un caffè e prendiamo al volo un taxi con destinazione porto di Victoria: lì saliamo su una barca che ci conduce a Praslin, dove trascorreremo i primi giorni di permanenza sull’arcipelago. All’arrivo ci sistemiamo in una guesthouse che avevamo prenotato. La giornata è molto calda: il termometro segna 35 gradi. Girovaghiamo per

Baia Saint Anne, tra negozi e spettacoli da strada che ci catturano per la loro originalità. All’ora di pranzo facciamo il primo incontro con la cucina creola: buona, ma un tantino piccante. L’indomani, di buon mattino, ci viene consegnata la macchina che avevamo prenotato per poterci muovere in libertà. A queste latitudini, però, si guida sulla corsia di sinistra come nei Paesi anglosassoni: in pochi chilometri mi abituo alla novità e anche al cambio automatico. Raggiungiamo la Fond Ferdinand Reserve; accompagnati da una guida, ammiriamo il coco de mer e altre piante conosciute sui libri ma mai viste dal vivo: la vaniglia, la cannella, la guiaba, oltre a numerose specie di uccellini che ci osservano incuriositi. Più o meno l’espressione dei nostri occhi alla vista delle spiagge incantevoli che si susseguono senza soluzione di continuità lungo il tragitto che percorriamo in auto. Prima Anse Kerlan, dove degustiamo un altro pranzo creolo, quindi Anse Lazio: una lunga distesa di sabbia chiara che si trasforma in scenario da cartolina graSopra: Anse Source d’Argent. Accanto: Anse Consolation a Praslin. Pagina accanto in alto da sinistra in senso orario, Anse Lazio a Praslin; tramonto a La Digue; una tartaruga gigante; il cimitero di La Digue. Pagina accanto in basso, il matrimonio di una coppia italiana, ad Anse Severe.

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zie alla particolare colorazione del mare. Impossibile resistere: ci immergiamo per un bagno rilassante che nessuna parola può realmente descrivere. Sulla via del ritorno ci concediamo una sosta ad Anse la Blague e Anse Volbert, dove ci dedichiamo allo shopping, prima del meritato riposo. La mattina presto consegniamo l’auto che ci era stata affittata e, dopo i rituali saluti con la proprietaria della guesthouse, ci avviamo verso il porto. Dopo un quarto d’ora di navigazione raggiungiamo La Digue. Per alcuni giorni soggiorneremo in un’altra guesthouse: il Kot Babi. Per ambientarci, appena giunti sul posto, facciamo amicizia con alcune persone. Affittiamo due bici: mezzi indispensabili per potersi spostare agevolmente in questo territorio. Pedalando, nel primo pomeriggio arriviamo a Grand Anse, spiaggia bellissima e affollata dove ci concediamo un bagno ristoratore. Ma l’emozione più bella arriva verso sera, sulla strada del ritorno, ad Anse Reunion mentre il sole sta scomparendo all’orizzonte: un tramonto che toglie il fiato per la sua bellezza. Quella seguente è una magnifica giornata di sole. Il caldo si fa sentire già di primo mattino, ma non ci scoraggia a risalire in sella alle nostre bici. Raggiungiamo il cimitero dell’isola: restiamo stupiti per l’ordine e la pulizia. A qualche centinaio di metri di distanza, qualcosa attira la nostra curiosità. Alcune persone ferme ai bordi della strada guardano verso il mare, osservan-

do un carro trainato da un bue bardato a festa al bordo della strada. Li raggiungiamo anche noi e scopriamo che in riva al mare si sta celebrando un matrimonio. Gli sposi sono due ragazzi milanesi giunti fi n qui per coronare il loro sogno. Al termine della cerimonia ci invitano a farci fotografare assieme a loro. Dopo aver condiviso questa emozione inaspettata, ci concediamo un bagno ristoratore nelle calde acque di Anse Severe. Il caldo si fa sempre più intenso. Raggiungiamo prima Anse Patates e poi Anse Banana, dove troviamo un localino vista mare in cui degustiamo l’octopus al curry e un’insalata di… octopus! La stanchezza incomincia a farsi sentire e decidiamo di rientrare. L’indomani ci dirigiamo al Parco di Anse D’Argent dove ci imbattiamo nelle grandi tartarughe. La spiaggia invece si contraddistingue

Sopra: suggestiva immagine di San’a dopo il tramonto. Sotto: Marib e le rovine del tempio della regina Saba.

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A sinistra consueta partita di domino domenicale; a destra il terminal dei bus di Victoria.

Coco de Mer Con un diametro di 50 cm e un peso di 15-22 kg, i frutti del Coco de Mer contengono il seme più grande del regno vegetale. Il frutto, che richiede 6/7 anni per giungere a maturazione, è comunemente denominato cocco di mare o noce delle Seychelles e, 500 anni fa, alimentò storie meravigliose. Ogni tanto infatti giungevano galleggiando alle isole Maldive o in India, per effetto delle correnti. Ma questi frutti non potevano fornire informazioni sull’albero che li produceva, germinando e producendo altri alberi, visto che arrivavano tutti morti. Secondo la convinzione più diffusa, dovevano essere prodotti da un albero che cresceva al di sotto della superficie del mare. Così questo frutto fu chiamato “Coco de Mer”. Solo nel 1744 si scoprirono le Seychelles e la palma che li produceva, originaria delle isole Praslin e Curieuse. Poiché, a differenza delle noci di cocco, i frutti della lodoicea sono completamente pieni di polpa dura, non galleggiano alti in mare e, di conseguenza, l’acqua salata li uccide. La sua particolarità è di avere una strabiliante somiglianza all’anatomia del bacino di una donna (infatti viene anche chiamato Coco d’Amour), per questo in antichità gli venivano conferiti poteri soprannaturali. 32

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per gli enormi massi granitici, mentre in riva al mare incontriamo giovani coppie che hanno deciso di coronare il loro sogno d’amore in questa magnifica spiaggia. Sulla strada del ritorno scopriamo una piccola gelateria a cui non sappiamo resistere: i gusti di gelato sono pochi, ma la qualità è ottima. Quella successiva è una giornata impegnativa: in un market acquistiamo dell’acqua, il pranzo infatti sarà al sacco. La strada che percorriamo in bici è in salita e ci fa avvertire costantemente lo sforzo necessario per andare avanti. Raggiunta Grand Anse ci addentriamo nella foresta e incominciamo a salire lungo un sentiero impervio. Siamo assieme ad altre persone che ci fanno da guida. Dopo una ventina di minuti raggiungiamo la Petit Anse, spiaggia bellissima e poco affollata. Ci tuffiamo in acqua e trascorriamo un po’ di tempo al sole prima di riaddentrarci nuovamente nella foresta. La tappa seguente è Anse Cocos: un paradiso terrestre. Rimaniamo estasiati ad ammirare i colori del mare e le onde che si infrangono contro gli enormi blocchi di granito. Passiamo alcune ore ad abbrustolirci al sole cocente delle Seychelles. Stanchi ma felici affrontiamo la via del ritorno; dopo aver nuotato ci attende l’impegnativa salita nella foresta prima di alcuni chilometri in bici: una vera e propria gara di triathlon… L’indomani è domenica, giornata che i residenti dedicano al completo relax. Fin dalla prima mattina famiglie e amici si riuniscono e tutti assieme, a bordo dei camioncini che durante la settimana usano per il lavoro, partono per un picnic sulla spiaggia, accompagnati da musica reggae sparata a tutto volume. Nel frattempo un rumore attira la nostra attenzione: ci avviciniamo incuriositi verso quattro persone che stanno giocando a domino. A ogni cala-


Cisterne per la raccolta dell’acqua. Siamo a Victoria: a sinistra, la cattedrale dell’Immacolata Concezione; a destra la torre dell’orologio.

ta di tessera sbattono forte la mano sul tavolino, mentre sfottò e sonore risate accompagnano le varie mosse. L’allegria è contagiosa e anche noi veniamo invitati al loro tavolo. Tuttavia decliniamo l’invito: ci attende il mare per l’ultimo bagno prima dei saluti. Il giorno seguente, dopo una levataccia, si parte per Mahe che raggiungiamo dopo un’ora e mezza di navigazione con tappa a Praslin. Ad attenderci c’è un amico che ci accompagna alla casa dove trascorreremo gli ultimi giorni di permanenza alle Seychelles. Prendiamo un autobus con destinazione Victoria. Ignari che il viaggio sarà una vera e propria gimcana. Le continue curve e controcurve mettono alla prova non solo il conducente, ma anche i passeggeri a bordo e lo stesso mezzo che pare ansimare spossato. Durante la salita sembra sul punto di esalare l’ultimo respiro salvo poi riprendersi baldanzoso in piano dove è tutta un’altra musica. Lungo le strette strade di Mahe sfioriamo più volte qualche muretto, mentre i segni presenti sulla carrozzeria del bus testimoniano che altre volte è andata meno bene. Trascorriamo la giornata ad acquistare souvenir e ad ammirare la cattedrale dell’Immacolata Concezione, il colorito e rumoroso Sir Selwyn Clarke Market con il mercato del pesce e quello della frutta e verdura, la torre dell’orologio (costruita sul modello della torre di Vauxhall Bridge di Londra), il tempio indù e la moschea. Al terminal ci mettiamo in fi la per il ritorno: un improvviso temporale (ma le guide non avevano detto che qui non piove mai?) ci inzuppa d’acqua. Bagnati ma felici, risaliamo sull’autobus per un’altra gimcana. L’indomani è ora di ripartire per l’Italia. Dentro il bagaglio porteremo un’esperienza unica. Claudio Pizzin

Mangiare alle Seychelles Per quanto vi sforziate di essere turisti fai da te, le Seychelles sono abbastanza care. La maggior parte delle materie prime vengono importate obbligando a prezzi elevati. La meta, inoltre, è ancora relativamente esclusiva. I take away sono una vera àncora di salvezza per chi non vuole sottoporre a una cura dimagrante il proprio portafoglio. Si tratta di strutture semplici, piccoli locali o chioschi con formula prendi e vai, o ristorantini a metà strada fra il fast food e il self service, con tavolini cui accomodarsi per consumare nell’immediato. Con cifre giuste è possibile prendere e portare via “piatti unici” della cucina creola seychellese: riso bianco, pietanza principale (per lo più curry di carne, pesce o vegetale) e una verdura d’accompagnamento (per esempio insalata di papaya). Il pesce è l’alimento principale dell’isola, vista soprattutto l’abbondanza di materia prima e un’economia che oltre al turismo conta non poco sulla pesca. Il polpo è una delle specialità della cucina Seychellese. Da segnalare un classico internazionale, l’insalata di polpo; più interessanti sicuramente il curry di polpo, dal sapore deciso ma raffinato. |

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PERSONAGGI

PIETRO COMELLI RACCONTA ALMERIGO GRILZ Intervista di Margherita Reguitti Immagini Archivio A. Grilz

« Testimone

del mondo

A trent’anni dalla scomparsa su un campo di battaglia in Mozambico, Trieste ricorda uno dei suoi giornalisti più carismatici. Il curatore della mostra realizzata in suo onore, ripercorre per iMagazine la sua storia.

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Il progetto “I mondi di Almerigo” è una narrazione per immagini e diari di un uomo che ha vissuto e testimoniato la storia dagli anni ’60 a Trieste, fino agli anni ’80 nel mondo. Il protagonista di questo racconto è Almerigo Grilz (Trieste 11 aprile 1953 - Mozambico 19 maggio 1987), abile disegnatore, viaggiatore, politico, giornalista free lance, inviato di guerra. A trent’anni dalla morte il progetto, realizzato dall’associazione Spazio InAttuale per la cura di Pietro Comelli e Andrea Vezzà e il sostegno del Comune di Trieste, articolato in una mostra e una corposa pubblicazione, racconta per la prima volta Almerigo Grilz

nella sua complessità. Sullo sfondo gli anni ‘70 degli scontri anche violenti in piazza e nelle università, delle aspre contrapposizioni politiche, degli atti terroristici. Il percorso in 60 pannelli prende l’avvio dai disegni del bambino dotato di grande capacità e sensibilità artistica, tanto che Diego de Henriquez gli commissionò, quando era poco più che fanciullo, delle tavole con soggetti bellici della Grande Guerra, conservate nel museo triestino. Lungo e accurato è stato il lavoro di ricerca e di studio dei curatori per ricomporre l’archivio, che lui stesso aveva raccolto e strutturato in modo preciso. Documenti, fotografie, filmati, diari e testi oggi conservati da amici. Pietro Comelli, qual è il filo conduttore del progetto? «Rispetto ad altre esposizioni che gli furono dedicate, abbiamo inteso raccontare l’uomo, iniziando dal bambino-adolescente, studente contestatore anche duro in università, politico per 10 anni a destra, A sinistra, Pietro Comelli (con in mano la pubblicazione su Almerigo Grilz) e Andrea Vezzà (ph. Andrea Lasorte). Sopra, Almerigo Grilz inviato in Afghanistan. Pagina accanto, Grilz in Cambogia con i khmer rossi.

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fino all’ultimo giorno, quando una pallottola vagante mise fine al suo viaggio. Il percorso è cronologico ma lineare, senza suddivisioni in capitoli. Il filo rosso che lo percorre è la sua voglia di raccontare quanto accadeva attorno a lui disegnando, fotografando, scrivendo diari, articoli per testate italiane e straniere di diversi orientamenti politici, e facendo riprese che furono poi diffuse dalla Rai ma anche da televisioni internazionali. Da questo obiettivo deriva il titolo, che riassume la sua capacità di cogliere e raccontare con linguaggi differenti gli eventi nei quali era immerso». Tra quelle esposte, quali sono le immagini più sorprendenti? «Abbiamo esposto molte inedite. Certamente sorprendenti sono le immagini in bianco e nero che scattò nel 1966, a soli 13 anni, degli scontri fra cantierini e polizia, avvenuti a seguito della chiusura degli stabilimenti San Marco a Trieste. Appassionato del mondo anglosassone e nordico, nel 1981 fece un reportage del matrimonio di Carlo e Diana. Abbiamo scatti di viaggi in autostop nei paesi dell’Europa del Nord assieme a gruppi hippy e immagini come reporter di guerra. Scelse di abbandonare la politica attiva da consigliere comunale di Trieste per il MSI per fare il giornalista, guardando ai fatti del mondo con uno sguardo ampio, conservando le proprie idee senza però farsene condizionare. Filmò l’invasione israeliana del Libano, la lotta dei mujaheddin afghani contro l’armata sovietica, la guerriglia comunista nelle Filippine che portò alla cacciata di Marcos e il conflitto cambogiano fra i khmer rossi e le truppe governative. Raccontò le guerre mescolandosi con le parti per capirne le motivazioni e farne reportage di fatti oggettivi». Quale era lo stile nel raccontare i conflitti? «Molto interessanti sono i suoi diari nei quali il racconto scritto è accompagnato dal disegno; una duplice modalità espressiva che mai abbandonò. Oltre a ciò aveva due modi di raccontare i conflitti: da una parte in modo tecnico, con molta attenzione ai dettagli, dall’altra mettendo in evidenza l’aspetto umano. In alcune pagine descrisse con grande forza narrativa le lunghe marce in Etiopia, trasportando pesanti attrezzature di ripresa, a 40 gradi di temperatura, nel costante pericolo di autocombustione. Assetato, descrisse l’incontro con una donna che gli diede da bere, il cibo consumato con i mujaheddin, la fame di guerriglieri che, dopo un assalto a una caserma, fecero razzia di frutta sugli alberi per placare il digiuno di giorni. I suoi diari hanno forza, leggendoli sembra di vivere il racconto». Il suo nome è ricordato in Normandia. «L’associazione Reporters sans frontières ha voluto dedicare a tutti i reporter uccisi nel mondo dal 1944 un monumento a Bayeur, prima città francese della Normandia a essere liberata il giorno dopo il D-Day. Il suo nome è ricordato fra giornalisti e cineoperatori caduti durante lo svolgimento del proprio lavoro».

La mostra“I mondi di Almerigo” resterà aperta con ingresso libero fino all’11 maggio nella sala Veruda di palazzo Costanzi in piazza Piccola 2 a Trieste con orario, tutti i giorni, 1013/17-20. Il catalogo, edito da Spazio InAttuale, costo 25 euro, è in vendita nel circuito librario e nel book shop on line dell’associazione www.spazioinattuale.com. Quanto ha pesato essere nato a Trieste nelle sue scelte professionali? «Trieste è una città che possiede il gene della spinta al viaggio, per andare a vedere, capire e documentare. Non è casuale che abbia pagato un tributo così alto di vite; nel gennaio 1994 a Mostar Marco Luchetta, Alessandro Ota e Dario D’Angelo, a marzo dello stesso anno Miran Hrovatin a Mogadiscio con Ilaria Alpi. Credo che questa febbre di girare il mondo derivi dal fatto che, vivendo una realtà di confine, è connaturato il desiderio di capire quanto accade più in là, per vedere e comprendere oltre e di più». Qual è l’attualità della figura di Grilz? «Fu certamente un leader dotato di grande carisma e capacità di utilizzare strumenti diversi per raccontare i fatti. In un certo senso anticipò la multimedialità; seppe infatti utilizzare differenti modalità di comunicazione: dai fumetti ai volantini, dal disegno con tecniche diverse alla scrittura, dalla macchina fotografica al linguaggio radiofonico e del reportage televisivo. Fu innovatore quando fondò a Trieste il Centro nazionale audiovisivo e l’agenzia Albatros Press Agency». Come morì? «Fu colpito da una pallottola vagante il 19 maggio 1987 in Mozambico, mentre riprendeva una battaglia fra i miliziani anticomunisti e i fedeli al governo in carica. Fu sepolto nel luogo dove trovò la morte». Questa mostra viaggerà? «Prima ancora dell’inaugurazione lo scorso 11 aprile, erano già arrivate delle richieste da parte di associazioni in Veneto e in altre regioni italiane. Visto l’interesse - è già stata visitata da migliaia di persone e la tipologia di allestimento, credo proprio che il progetto sia destinato a viaggiare». Margherita Reguitti |

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AMICI DI FEDERICO Intervista di Andrea Doncovio

Il sogno

di una vita normale

Nel 2008 a Villa Vicentina nasceva un comitato per reperire fondi per finanziare le cure di un bambino affetto da una rara malattia. Nove anni dopo, quella realtà prosegue nella sua opera in favore dei piccoli meno fortunati. Come racconta il presidente Valentino Listuzzi.

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Un bambino di 5 anni a cui viene diagnosticato un raro tumore cerebrale. I consulti con gli esperti, quattro operazioni all’ospedale di Udine, 40 sedute di radioterapia e chemioterapia ad Aviano. E un verdetto dei medici secco come un pugno nello stomaco: nessuna speranza. E invece la storia di Federico Sedmak da Villa Vicentina e dei suoi “amici” è l’esatta antitesi. Una storia di speranza e di amore verso la vita, capace di rendere reale l’impossibile.

«Il 28 novembre 2008 – ricorda Valentino Lustuzzi, presidente del Comitato “Amici di Federico” – costituimmo ufficialmente la nostra realtà per aiutare il piccolo Federico. Da Parigi infatti venne proposta una cura farmacologica con successivo intervento presso le cliniche “Gustav Roussy” e “Necker”: ci attivammo subito per raccogliere fondi per far fronte a tutte le spese necessarie per affrontare l’intervento e la riabilitazione, inclusi gli oneri di viaggio e soggiorno all’estero della famiglia o di assistenti. Organizzammo manifestazioni, eventi, raccolte fondi…» Quale fu la risposta della gente? «Sull’apposito conto corrente bancario che avevamo aperto iniziarono a giungere ininterrottamente offerte private, raccolte fondi di cene aziendali o cene di classe, incassi da manifestazioni sportive di ogni tipo, lotterie, gare di pesca, cresime, comunioni, matrimoni… In meno di due anni confluirono oltre 150.000 euro: una dimostrazione straordinaria di genuina solidarietà». La famiglia del piccolo Federico come reagì? «Avrebbero voluto abbracciare tutti e far sapere che grazie al loro calore andavano avanti con tanta forza. Avevano riscoperto la voglia di credere nel prossimo con fiducia e speranza grazie a tutte le persone straordinarie, magari mai viste prima, che con la loro generosità - anche solo un messaggio, una preghiera, un pensiero - avevaA sinistra, Valentino Listuzzi. In alto, il piccolo Federico Sedmak durante un evento benefico in suo onore organizzato dal Comitato “Amici di Federico”.

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no dato loro un aiuto enorme. La grave situazione medica di Federico li aveva gettati nella disperazione. Poi i consulti in Francia iniziavano a dare esiti positivi, rassicurandoli circa la possibilità di sottoporre Federico a una terapia farmacologica mirata per il suo particolare tipo di tumore, allo scopo di rendere poi possibile quell’intervento chirurgico. Gli veniva data una speranza e nel frattempo si consolavano guardando il loro piccolo “leone” fare progressi: Federico era tornato ad andare in asilo tutte le mattine per due ore e quando tornava a casa con un disegno per mamma è papà, questo per loro era già un piccolo grande miracolo». A quasi nove anni di distanza, quali sono le condizioni di salute di Federico? «Gli ultimi esami effettuati hanno confermato che la massa tumorale è stabile e le condizioni di Federico sono buone. Sta proseguendo anche con tutte le terapie (kinesiterapia, ergoterapia, ortofonia), che vengono effettuate nell’orario scolastico nella classe speciale che frequenta. L’equipe multidisciplinare dell’Hospital National di Saint Maurice segue la sua riabilitazione. Il “leone” Federico si trova dalla fine del 2008 stabilmente a Parigi, assieme a papà Corrado, mamma Valentina e al fratellino Lorenzo. Nel 2015 è stato sottoposto presso l’Institut “Gustave Roussie” a un intervento chirurgico per risolvere il problema del respiro anomalo e della deglutizione, successivamente ha dovuto nuovamente sottoporsi a un intervento chirurgico ai nervi ottici e ai muscoli che muovono i globi oculari». Per i membri del Comitato cosa significa contribuire a tutto questo? «Per noi aiutare gli altri in questi anni è diventata un’abitudine, una cosa del tutto naturale. Il tempo che dedichi agli altri non è mai tempo sprecato. Quando dai qualcosa senza voler niente in cambio, quello che ricevi è più di quello che hai dato. Ogni piccola azione di ciascuno di noi può contribuire a rendere migliore il mondo in cui viviamo. Non ci interessa compiere grandi gesti, a volte è sufficiente il pensiero, l’importante è agire con sincerità. Anche un semplice sorriso può risollevare la giornata di qualcuno, perché le piccole cose sono importanti. Molte volte queste famiglie possono sentirsi escluse ed essere molto sole. Al Comitato non interessano le ricompense o le lodi: la cosa che davvero importa è essere stati d’aiuto per qualcuno». Non solo Federico, infatti. Il Comitato fornisce il proprio aiuto anche ad altri bambini… «Oltre al nostro “leone” Federico, abbiamo a cuore anche la salute di altri sfortunati bambini e giovani affetti da gravi patologie, che hanno tutto il diritto di sorridere alla vita. Lo scopo è fornire un valido sostegno avvicinandosi ai malati e alle loro famiglie, attraverso diverse iniziative importanti per far conoscere queste delicate patologie, sensibilizzando il prossimo a dare una mano. E poi, naturalmente, raccogliendo quei fondi per poter regalare a loro un sogno: quello di vivere una vita normale. A oggi il Comitato ha aiutato 34 famiglie (27 residenti in FVG, 5 in altre regioni d’Italia e 2 nell’Est Europa). Le loro storie sono purtroppo tutte simili: oltre alle gravi malattie, raramente trovano in questa società sempre più egoista persone disposte a esaudire le loro richie-

ste. Noi abbiamo imparato ad ascoltare le loro storie con il cuore». In base a quale criterio il Comitato sceglie chi aiutare? «Noi cerchiamo di aiutare più famiglie possibili e, ricevuta la segnalazione, vado personalmente da loro per capire le reali esigenze. A volte non si tratta di aiutarle economicamente, spesso hanno semplicemente bisogno di qualcuno che li ascolti con gentilezza, altre volte invece di fornir loro un sostegno nell’intricata burocrazia italiana». Se qualcuno volesse avvicinarsi alla vostra realtà per dare una mano o semplicemente segnalare casi che necessitano del vostro aiuto, come deve comportarsi? «Il Comitato per poter organizzare i vari eventi ha necessariamente bisogno dell’aiuto di tante persone: fortunatamente queste non mancano! Ciò non toglie che più siamo, più ci divertiamo e, soprattutto, più aiutiamo. Chi fosse a conoscenza di famiglie con bambini o giovani affetti da gravi patologie, bisognose di un sostegno economico, può mettersi in contatto con il sottoscritto telefonando al numero 339 8451098 oppure segnalarci il caso durante una delle nostre varie iniziative».

Andrea Doncovio

Il Comitato “Amici di Federico” è composto da sette componenti, gli stessi dalla data di costituzione: oltre ai genitori di Federico e a Valentino Listuzzi, sono presenti altre due persone di Villa Vicentina, una di Romans d’Isonzo e una di Campolongo Tapogliano. Per reperire fondi, il Comitato organizza ogni anno diversi eventi: Cena del Cuore, Festa della Birra Tipicamente Friulana, Pesca del Cuore, Galà della Magia, Veglioni di Carnevale e di Capodanno, Concerto dell’Epifania, Lotteria di Opere d’arte. Vengono inoltre proposte Bomboniere Solidali in occasione di battesimi, prime comunioni, cresime e matrimoni. «In tutte queste occasioni – sottolinea Listuzzi – abbiamo ricevuto riscontri positivi e i relativi importi raccolti sono stati suddivisi in parti eguali, consegnate direttamente alle famiglie bisognose o utilizzate per acquistare attrezzature specifiche e pagare cure costose».

Per chi desidera effettuare una donazione in favore del Comitato Amici di Federico, ecco le coordinate bancarie: bonifico bancario intestato a: COMITATO “AMICI DI FEDERICO” c/o CrediFriuli CREDITO COOPERATIVO FRIULI filiale di RUDA (UD) Conto: 07/21/0014806 IBAN: IT 14 K 07085 64480 007210014806 Codice BIC: CCRTIT2TK00


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ALLA SCOPERTA DI...

L’ISTITUTO BACOLOGICO SPERIMENTALE DI GORIZIA Servizio di Renato Duca e Renato Cosma Illustrazioni di Alfio Scarpa

Precursori del progresso Per fermare le malattie che flagellavano la bachicoltura europea, nella seconda metà dell’Ottocento nacque un’istituzione destinata a rivoluzionare l’agricoltura. Attirando nel nostro territorio esperti perfino dal Giappone. Oltre a un certo Luigi Pasteur…

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Nella seconda metà dell’Ottocento, nel quadro di un diffuso ricorso alla ricerca scientifica per fronteggiare più efficacemente le malattie che colpivano i bachi da seta, in particolare la pebrina e la flaccidezza, veri flagelli per la bachicoltura isontina ed europea, si tenne a Vienna nell’ottobre del 1867 un Congresso internazionale bacologico. In quell’importante assise scientifica furono assunte precise determinazioni per la difesa e lo sviluppo della gelsicoltura-bachicoltura nell’ambito dell’Impero, tra cui l’aumento della piantumazione dei gelsi, la creazione di vivai ad hoc con incentivi finanziari agli agricoltori, e la costituzione di un organismo bacologico quale centro di studio, sperimentazione, documentazione, promozione e formazione, rivolto pure al confronto e a collaborazioni con realtà operanti oltre i confini della monarchia asburgica. A supporto di tutto ciò venne insediata una Commissione di Silvicoltura con compiti consultivi e di proposta, formata da sette membri (poi nove) scelti tra i maggiori bachicoltori ed esperti austriaci, che, nel luglio del 1868, elaborò la bozza di statuto del nuovo organismo, suggerendo il suo insediamento a Gorizia e il conferimento di una dotazione finanziaria di 6.000 fiorini/anno (circa 76.000 euro attuali) a fronte della sua gestione operativa. In adesione a tali indirizzi e su perorazione dell’I.R. Società Agraria goriziana, l’imperatore Francesco Giuseppe dispose, con Risoluzione Sovrana del 2 gennaio 1869, la costituzione nel capoluogo della Contea di un attrezzato centro di ricerca applicata con denominazione I.R. Istituto Bacologico Sperimentale di Gorizia e sede in via del Ponte Isonzo (odierna via Don Bosco), affidandone la guida all’eminente studioso Federico Haber38

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landt, professore presso la Scuola Superiore di Agricoltura di Ungarisch-Altenburg (oggi, Mosonmagyaróvár), noto per approfonditi studi sulle malattie del baco da seta. Questi chiamò al suo fianco, come vice direttore aggiunto dell’Istituto, il dottor Enrico Verson e avviò da subito la stampa a cadenza bimensile di un foglio periodico intitolato La Sericoltura Austriaca – Organo dell’I.R. Istituto Bacologico Sperimentale in Gorizia (Österreichische Seidenbau-Zeitung, Organ der k.k. Seidenbau-Versuchsstation in Görz). Tra le finalità statutarie del nuovo soggetto scientifico, puntualmente indicate nel numero 1 del suddetto periodico, rientravano “… non soltanto l’indagazione dei processi fisiologici e patologici nell’insetto serico, ma benanco […] l’incarico di secondare ed appoggiare coi sussidi della scienza gli sforzi del pratico bachicoltore; di mantener intime e continue relazioni con le società bacologiche e coi singoli bacai; di partecipar loro ogni ammeglioramento, ogni modificazione, che potesse valere ad assecurare e semplificarte la bachicoltura …” L’Istituto, prima struttura nel mondo con tali obiettivi di settore, divenne in poco tempo un autorevole punto di riferimento scientifico, non solo per i bachicoltori locali, ma anche a livello nazionale e internazionale, tanto da richiamare l’attenzione del governo giapponese, che inviò a Gorizia nel 1873 un proprio rappresentante ministeriale (ing. Nagaatsu Sasaki), per presenziare a un corso della durata di circa un mese sulle malattie dei bachi, tenuto dal professor Giovanni Bolle. Nel 1870, grazie all’intensa e incisiva azione promozionale dell’Istituto Sperimentale, nonché del barone Guglielmo Ritter de Zàhony (membro della citata Commissione di Silvicoltura) e della Società Agraria (allora presieduta dal conte Francesco Coronini), si svolse a Gorizia tra il 28 e il 29 novembre il primo Congresso bacologico


internazionale, un evento di grande rilievo per adesioni e contenuti e di notevole prestigio per la Contea e per Gorizia, che faceva seguito all’importante assise scientifica di Vienna di qualche anno prima. Tra le decisioni assunte, fu l’impegno di indire l’anno dopo a Udine un’ulteriore sessione di studio, un secondo Congresso Bacologico internazionale che si tenne il 14-15-16 settembre 1871, affidando al professor Federico Haberlandt e al conte Gherardo Freschi, presidente dell’Associazione Agraria Friulana, il compito di predisporre il programma dei lavori. Altamente qualificata fu la rappresentanza della realtà scientifica e imprenditoriale bacologica della Contea: Federico Haberlandt di Gorizia, Luigi Chiozza di Scodovacca, Enrico Verson di Gorizia, Angelo Levi di Gorizia, Alberto Levi di Villanova di Farra, Francesco Coronini di Gorizia, Gio. Batta Coronini di San Pietro (Gorizia), Antonio Dumlan Montanari di Gorizia, Tiziano Lupieri di Versa (Gorizia). Seguirono in ordine di tempo: il Congresso Internazionale di Rovereto (III) del 16, 17, 18, 19, 20 settembre 1872 (ben undici partecipanti dell’area goriziana); quello di Montpellier (IV) del 26 ottobre 1875, al quale presenziarono Giovanni Bolle dell’Istituto Bacologico goriziano e Alberto Levi, delegato della Società Agraria di Gorizia; quello di Milano (V) dell’11 settembre 1876, aperto a governanti, scienziati, studiosi di Istituti e Accademie, imprenditori del settore, tra cui una delegazione giapponese col citato ing. Sasaki, e i nostri Bolle e Levi. Presenziò ai lavori anche l’illustre chimico-biologo professor Luigi Pasteur, il quale esordì al brindisi di apertura con una eloquente riflessione sulla dimensione etica della Scienza. Il VI Congresso Bacologico si tenne a Parigi il 5 settembre 1878. Nel 1873 l’Istituto partecipò con una propria sezione di bacologia e sericoltura all’Esposizione mondiale di Vienna (1 maggio - 2 novembre), ospite del padiglione attrezzato dal Ministero dell’Agricoltura austriaco, guadagnando la Medaglia del Progresso conferitagli da una Giuria internazionale. Il professor Haberlandt aveva lasciato l’Istituto goriziano il 30 settembre 1872 per assumere la cattedra di Agronomia applicata presso l’I.R. Scuola Superiore di Agricoltura di Vienna, cedendo il testimone al professor Bolle, che lo guidò con altrettanta competenza e rigore scientifico fino al 1912, anno della sua volontaria messa in quiescenza. Va riconosciuto al professor Haberlandt il grande merito non solo di aver gestito l’Istituto in modo avveduto e sapiente, ma anche di aver contribuito alla formazione scientifica di qualificati collaboratori, poi chiamati alla guida di importanti centri di sperimentazione e ricerca nell’ambito dell’Impero e del Veneto. In particolare: il professor Giuseppe Pasqualis, destinato alla direzione della Stazione bacologica di Trento; il professor Verson, primo braccio destro di Haberlandt, incaricato dal Governo italiano di mettere in piedi e dirigere la Stazione bacologica di Padova; il professor Bolle, suo sostituto per ben quattro decenni. Tutti e tre gli studiosi furono Soci della benemerita Società Agraria di Gorizia. Nel 1881, l’Istituto ampliò il proprio campo d’azione assumendo la denominazione di I.R. Istituto di Bachi|

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coltura ed Enologia e dieci anni dopo, nel 1891, quella di I.R. Istituto Chimico-Agrario Sperimentale con un’ulteriore integrazione di competenze. Successivamente, nel 1924, l’Istituto fu trasformato in Ente Consorziale autonomo, quindi soppresso nel 1970 assieme alla Stazione Chimico-Agraria di Udine, e sostituito nelle funzioni dal Centro Regionale per la Sperimentazione Agraria per il Friuli Venezia Giulia, con subentro nel 1993 dell’ERSA (Ente Regionale per la Promozione e lo Sviluppo dell’Agricoltura), poi riqualificato nel 2004 in Agenzia Regionale per lo Sviluppo Rurale. Per quanto riguarda il professor Luigi Pasteur, va ricordato che nell’autunno del 1869 il grande scienziato giunse nel Friuli austriaco in quel di Ruda-Villa Vicentina, ospite della tenuta La Commenda di San Nicolò di Levata di proprietà della corona francese, per un periodo di riposo al fine di riprendersi da una grave forma di paralisi, manifestatasi l’anno precedente. Durante la permanenza nel piccolo borgo della Bassa friulana (25 novembre 1869 - 6 luglio 1870), già residenza estiva della principessa Maria Anna Elisa Bonaparte Baciocchi (sorella di Napoleone) e della figlia Elisa Napoleona Baciocchi contessa di Camerata Passionei de’ Mazzoleni, Pasteur ebbe un intenso contatto operativo con il chimico Luigi Chiozza, che aveva conosciuto e apprezzato a Parigi presso la Scuola di Chimica Pratica, diretta dal famoso professor Carlo Gerhardt. Utilizzando l’attrezzato laboratorio di cui Chiozza disponeva nell’accogliente residenza di Scodovacca, lo studioso transalpino poté verificare con successo il proprio metodo di selezione dei semi di baco portati dalla Francia, messo a punto già nel 1867 per prevenire la devastante epidemia dei filugelli. La sperimentazione sul campo confermò alla grande la tesi formulata, tanto che il 1870 fu considerato dagli addetti ai lavori, sotto tale profilo, anno d’oro per la bachicoltura e l’interessato poté affermare con compiacimento che “Heureusement le succès le plus complet est venu récompenser notre zèle à tous” (“fortunatamente il successo più completo ha premiato tutto il nostro zelo”). Pasteur, tra l’altro, ricevette a mani del professor Haberlandt il premio di 10.000 fiorini (corrispondenti circa a 126.000 euro di oggi) destinato dall’Amministrazione austriaca a chi avesse definito un metodo efficace contro la malattia dei bachi da seta e sui rimedi contro la medesima (Sovrano Rescritto di Gabinetto 17 gennaio 1857). Nel corso del soggiorno a Villa Vicentina l’illustre chimico-biologo ebbe anche modo, con l’aiuto della consorte Marie per la trascrizione dei testi, di completare e dare alle stampe, con dedica all’imperatrice Eugenia (consorte di Napoleone III), il proprio corposo trattato dal titolo Études sur la maladie des vers a sòieMoyen pratique assuré de la combattre et d’en prévenir le retour (Studi sulla malattia del baco da seta - Un modo conveniente per combattere e prevenire il ritorno: la pebrina-pébrine e la flaccidezza-flacherie).

Renato Duca e Renato Cosma Renato Duca è stato direttore del Consorzio di bonifica Bassa Friulana; Renato Cosma è stato condirettore del Consorzio di bonifica Pianura Isontina 40

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GUGLIELMO “WILLY” RIAVIS Servizio e immagini di Vanni Feresin

ALLA SCOPERTA DI...

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Un galantuomo

d’altri tempi

A cento anni dalla nascita (e a trenta dalla scomparsa) del celebra architetto e artista, a Gorizia e in tutto il territorio regionale le sue opere restano la testimonianza più fedele di una carriera inimitabile.

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Delineare in maniera puntuale, precisa, completa ed esaustiva in un articolo la poliedrica figura dell’uomo, insegnante, artista e architetto Guglielmo “Willy” Riavis è impossibile. Risulta in ogni caso necessario riportare alla memoria collettiva e all’attenzione pubblica l’opera e l’impegno che profuse per la città di Gorizia e l’Arcidiocesi. Il ricordo di Guglielmo Riavis, negli ultimi vent’anni, è venuto meno e anche per questa ragione cercheremo di dare un’idea possibilmente globale della sua pluridecennale attività, lasciando il giusto spazio al lato umano di questo personaggio che generalmente viene ricordato come “un galantuomo e gentiluomo d’altri tempi”.

Nacque, terzo di undici figli, a Klagenfurt il 13 aprile del 1917. Il padre Fiore Riaviz, originario di Tarnova, e la madre Elisabetta (Lisi) Bone di Voghersko si trasferirono in Austria durante il primo conflitto mondiale e vi restarono fino al termine della guerra. Ritornati a Gorizia, il padre trovò lavoro come tranviere e la famiglia prese il domicilio in via Cipriani e, successivamente, in via Duca d’Aosta (Borgo San Rocco). Negli anni del fascismo il cognome della famiglia venne cambiato in Riavis. Fin da piccolo Guglielmo rivelò grandi attitudini artistiche: ricevette infatti una medaglia d’oro dal Re Vittorio Emmanuele III e, a quindici anni, un premio dal Duce con un quadro del Castello di Gorizia bombardato e distrutto durante la Grande Guerra. Ottenuto il diploma alla Scuola di Avviamento Professionale (dove conobbe i fratelli Virgilio e Giordano Malni, con i quali collaborerà alla realizzazione di numerose opere in città, come la sede centrale della Cassa di Risparmio di Gorizia in Corso Italia), si iscrisse come privatista al Liceo Artistico di Venezia, dove si diplomò. Dopo l’esame di maturità si iscrisse all’Istituto di Architettura di Venezia dove si mantenne lavorando. Anche nel periodo universitario seppe farsi amare e apprezzare dagli amici e compagni per la sua indole bonaria e per la sempre generosa disponibilità che lo caratterizzò duA fianco, stemma dell’Arcivescovo Pietro Cocolin, realizzato a china; sopra, Guglielmo Riavis (in centro) durante un sopralluogo. |

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rante tutta l’esistenza. L’aneddotica in merito è molta ed è tutta indirizzata nel delinearlo come un uomo competente, colto, corretto e modesto, di grande spirito e dalla battuta immediata, amante della musica, dal disegno facile, preciso e rapido, che non si negava mai. Nel 1941 venne chiamato alle armi; nel 1943, in piena guerra, si sposò nella Chiesa di Sant’Andrea con Gabriella Copparoni e subito dopo fu trasferito con la moglie nella caserma militare di Villa Vicentina. Pochi mesi più tardi venne distaccato in Corsica, come ufficiale del Genio, e di lui si persero le notizie per due anni. Nel 1945 ritornò a Gorizia e venne, quasi subito, inviato a Napoli e poi, a seguito degli alleati, nell’esercito italiano, a Moncalieri, nelle vicinanze di Torino, dove abiterà con la famiglia fino alla fine del conflitto. Si laureò nel 1946 e, nel 1947, fece definitivamente ritorno a Gorizia. Iniziò a lavorare come sorvegliante presso il cantiere dell’impresa dei fratelli Rodolfo, Cirillo e Metodio Macuzzi: di questi ultimi sarà amico fraterno. In quegli anni, per conto di esuli istriani, si dedicò all’attività di grafico pubblicitario, realizzando etichette per vini, liquori e caramelle. Grazie a quell’esperienza realizzerà anche manifesti e medaglie per la Pro Loco (sfilata folkloristica), cartelloni pubblicitari per la Fiera di Sant’Andrea, per la Sagra di San Rocco e per la Croce Verde. Nello stesso tempo incomincerà a ideare design per l’arredamento di interni. Oltre a queste attività progettava e allestiva gli stand espositivi per la Fiera dell’Alpe Adria in tutta Manifesto per i 200 anni dell’Arcidiocesi di Gorizia (1951) la regione, ma anche in Austria, a Zagabria e a Firen-


ze. Guglielmo Riavis fu anche insegnante al Magistero della Donna, poi alla scuola media “G.I. Ascoli” e negli anni cinquanta, ottenuta l’abilitazione all’insegnamento a Roma, divenne insegnante di disegno del merletto nell’omonima scuola: fu proprio lui a rinnovare e rivoluzionare il disegno dei classici pizzi d’Idria, introducendo con la moglie Gabriella l’uso del colore nei merletti fino a quel momento bianchi o ecrù. Con un suo disegno realizzato alla scuola merletti vinse il primo premio alla Biennale Internazionale d’arte di Venezia – Sezione Arti Applicate e Artigianato. In seguito si dedicò anche alla pittura, specialmente nell’acquarello, grazie a un’innata precisione per il dettaglio, ben visibile anche nella disposizione dei mobili delle sacrestie, delle suppellettili sacre, nonché nella passione per le stoffe, per l’oggettistica antica che sapeva valorizzare unendola alle necessità del moderno. Iniziò l’attività di architetto intorno al 1959 progettando, insieme agli architetti Lidia Cinti Greggio e Giordano Malni, la sede centrale della Cassa di Risparmio di Gorizia (angolo corso Verdi – via Diaz). La sua opera architettonica conta circa seicento lavori. Collaborò, come presidente della commissione edilizia, con i sindaci goriziani Bernardis, Martina e Scarano, nonché nella commissione arte sacra per quindici anni, con gli arcivescovi Pangrazio, Cocolin (dei quali realizzerà lo stemma) e Bommarco. Tra le sue opere più significative si devono ricordare: il restauro del Mercato coperto, dell’interno del municipio, del Palazzo Lenassi, dell’Albergo “la Transalpina”, della “Casa del Capitolo” in corte sant’Ilario, della “Villa Verde” in via della Bona, appartenente alle suore di San Vincenzo, e del Convitto delle suore slovene della “Sacra Famiglia” in via don Bosco, la progettazione del nuovo oratorio della Parrocchia di San Rocco, del primo grattacielo in Corso Italia, delle case popolari a Sant’Andrea, del Palazzo “Isontina Alimentari”, delle case degli esuli istriani in zona Sant’Anna, della chiesa di Sant’Anna, della chiesa di San Marco Evangelista nel Villaggio del Pescatore, della chiesa di San Giuseppe Artigiano, la ristrutturazione dell’austro ungarica “Pensione da Sandro” in via Santa Chiara, della Pensione “Stella Maris” con l’annessa cappella a Grado, del Duomo di Gradisca, del Presbiterio della Cattedrale di Gorizia, dell’antica chiesetta romanica di Farra d’Isonzo. Senza scordare il rifacimento, secondo le nuove norme prodotte dal Concilio Vaticano II, dell’altare della Chiesa di Giasbana, della Chiesa di San Floriano, della Cappella e della Sacrestia delle Suore Orsoline, della Chiesa di San Dorligo della Valle, del Convento e della Cappella delle suore della Provvidenza di via Vittorio Veneto; nonché la progettazione di due chiese in Congo. Fu artefice del restauro di numerose antiche ville mitteleuropee a Gorizia e non solo: villa Braunizer, villa De Baguer a Montesanto, villa Caneparo, villa Milocco, villa Zanei, villa Orzan, villa “Mulino” a Farra d’Isonzo, villa Ferluga a Cormòns, villa Ernesto Macuz e gli interni del Palazzo Coronini–Cromberg.

Carro carnascialesco progettato da Riavis (1956)

Atrio del palazzo comunale di Gorizia, acquarello Riavis

Affresco tuttora visibile in via Vittorio Veneto n.100 (1950)

La sua opera è visibile anche nel sud dell’Iran dove realizzò numerose ville tra cui la “White House” inglese ad Ahwaz e il restauro dell’“Hotel Park”; successivamente, insieme alla figlia Milvia e al genero – l’architetto Sirus Fathi – progettò il nuovo ospedale universitario. L’architetto Guglielmo Riavis si spense il 6 settembre del 1987 lasciando alla città di Gorizia l’indelebile segno della sua multiforme e complessa opera che, a tutt’oggi, necessita di essere catalogata e studiata con particolare attenzione e cura.

Vanni Feresin |

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ALLA SCOPERTA DI... RICORDI DI UNA DONNA Servizio di Alberto V. Spanghero

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Anna,

il Re e l’Ammiraglio

L’arrivo dei soldati italiani e il ritorno di quelli austriaci dopo Caporetto. L’incontro con il sovrano Vittorio Emanuele III e il trasferimento a Genova nella casa dell’eroe Luigi Rizzo. Dai ricordi di Anna Spanghero di Turriaco (1908-2001), una storia al confine tra quotidianità ed epopea.

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Sono nata a Turriaco nel 1908, quando il mio paese faceva parte dello Stato austriaco. Nel 1914, quando scoppiò la Prima guerra mondiale, mio padre Celeste fu arruolato sotto le armi nell’esercito austro-ungarico. Quando alla fine di maggio 1915 la guerra era scoppiata anche fra l’Austria e l’Italia io, di sette anni, mia madre di 25 e mia sorella Maria di cinque, rimaste sole e impaurite, eravamo scappate nei boschi di Cà Rondòn a San Canzian d’Isonzo. In giro la gente andava dicendo che i soldati italiani erano cattivi e che ci avrebbero fatto del male, perché noi eravamo austriaci e loro nemici. Era il 24 maggio: gli italiani erano in attesa al di là del ponte di Pieris e noi eravamo di qua nascoste nel bosco. Per mangiare mia madre aveva portato da casa quattro galline, poche uova, una pentola e un sacchetto di farina da polenta. A Rondòn si dormiva in una stalla in mezzo ai cavalli e alle mucche. Quando gli animali facevano le loro cose, ci schizzavano tutte di urina. A noi bambini piaceva stare là, perché era un posto bello per giocare: eravamo tutte “sgarufate” (estremo disordine, ndr), sporche e spettinate. Dopo alcuni giorni, terminate le galline, la farina e le uova, siamo tornate a casa. Una settimana dopo la mattina del 5 giugno, di buonora sono arrivati i soldati italiani che hanno occupato tutto il paese. Trascorsero le settimane. Un giorno, mentre stavo giocando dalla marchesa Mangilli, sotto la loggetta, e camminavo strusciando le calosce di mia madre perché mi erano troppo grandi, a un tratto si parò davanti a me il Re Vittorio Emanuele III. “Chi è questa bella bambina?” mi chiese. “Son la Anna de la Fede” risposi io. E lui, accarezzandomi la guancia, rispose “Piacere!”. Il Re Vittorio Emanuele era piccolo di statura e veniva spesso dai marchesi Mangilli perché lì c’era la sede del comando del 13° Corpo d’Armata e sulla torretta si trovava l’osservatorio munito di cannocchiali che consentivano di vedere i combattimenti sul vicino Carso.

Dal giugno 1915 all’ottobre 1917, il Re si fermò a Turriaco dodici volte. C’era un continuo andirivieni di importanti personalità politiche e militari, tra cui tutti i generali di allora: da Cadorna a Giardino a Ciancio a Diaz. Venne Gabriele D’Annunzio e anche Benito Mussolini, che aveva gli occhi spiritati. Più volte passarono pure fotografi e giornalisti famosi come Sem Benelli e Ugo Ojetti. Una notte, alcuni soldati tentarono di entrare nella nostra camera, a casa di mia madre, e prendemmo tanta paura. Per nostra fortuna il catenaccio della porta resistette. Così dovemmo scappare dal nostro barba Gigi, zio Luigi Clemente. Ogni giorno Turriaco veniva bombardata dagli austriaci che sparavano dal Carso. Di notte una bomba aveva ucciso nel sonno tre miei cugini di 11, 17 e 19 anni. In precedenza la gente si commuoveva di più, mentre noi, con la guerra, nemmeno piangevamo. Forse ci eravamo abituati. Sopra: Turriaco, 9 maggio 1917, il Re a villa Mangilli; sotto: Anna Spanghero anni 30.

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Da sinistra: Luigi Rizzo e la moglie dopo una cermonia ufficiale (Grado, 28 agosto 1933); Anna Spanghero con Marianina (Pegli, febbraio 1937); l’ammiraglio Luigi Rizzo in alta uniforme (Milazzo 1887 - Roma 1951). Poi venne Caporetto e Turriaco fu tutta allagata. Noi bambini giocavamo con delle tinozze galleggiando sull’acqua tra le case. Quando ritornarono i soldati austriaci, mio zio Luigi corse loro incontro, sventolando la bandiera gialla e nera dell’Austria. Ma un soldato austriaco gli gridò: “Talianoooo!”. Quando nel 1915 arrivarono gli italiani, ci dissero che eravamo austriaci; ora gli austriaci dicevano che eravamo italiani. I triestini, invece, dicevano che noi eravamo “furlani”, mentre eravamo e siamo bisiachi. Passata la guerra, le vecchie province austriache, compresa la nostra, finirono sotto l’Italia. Noi ragazzette andavamo a servizio presso le famiglie benestanti di Trieste, Monfalcone, Udine e perfino di Venezia. In casa si diceva che era una bocca in meno da sfamare. Mia sorella Maria e Alma Bergamasco di Turriaco finirono addirittura a Pegli, in Liguria, presso la famiglia dell’ammiraglio Luigi Rizzo. Sembra che a interessarsi e a fare da intermediaria di questo “trasferimento” fosse stata la marchesa Orsola Mangilli. Conosceva bene la famiglia Marinaz di Grado: Giuseppina Marinaz, una delle tre figlie del dottor Angelo, sposò in modo rocambolesco Luigi Rizzo, già medaglia d’oro al valor militare per aver affondato con i M.A.S. la corazzata Wien. Il comandante Rizzo, allora tenente di vascello, era nato a Milazzo nel 1887. Nei concitati giorni della rotta di Caporetto, il 27 ottobre 1917 condusse all’altare la mamola (ragazza in gradese, ndr) Giuseppina. Il giorno seguente i due freschi sposi fuggirono precipitosamente da Grado, a bordo di due M.A.S., portandosi dietro anche il padre di Giuseppina, Angelo. Arrivarono fino alle foci del Tagliamento e poi proseguirono verso Venezia. Quando compii 14 anni, mia madre mi mandò a servizio presso la famiglia Zernettig a Monfalcone. Nel 1929 feci, per così dire, il grande salto e il 1° febbraio di quell’anno raggiunsi mia sorella a Genova. Partii con quattro straccetti di vestiti e una valigetta di cartone. I Rizzo mi davano 120 lire al mese e così, già il primo mese, mi comprai due vestiti e un paio di scarpe nuove. Io e mia sorella mandavamo quasi tutti i soldi dello stipendio a casa. Mia sorella lavava e cucinava, mentre io pulivo, facevo i letti e stiravo. I Rizzo mangiavano piatti semplici e così in cucina non c’erano da preparare cose complicate. In casa Luigi Rizzo era per tutti il “Comandante”. La domenica andavamo al cinema o a teatro. Io vidi quasi tutte le opere al Carlo Felice. Luigi Rizzo era un personaggio celebre, un eroe della patria: aveva ricevuto due medaglie d’oro e quattro d’argento al valor militare, oltre a tre croci di guerra. Il suo nome e le sue gesta erano su tutti i libri di storia patria e tutti lo volevano conoscere. Almeno un paio di volte al mese, in casa Rizzo si tenevano pranzi di gala con invitati eccellenti, pezzi grossi come ammiragli, generali, politici e anNella colonna di sinistra dall’alto: la marchesa Mangilli al mare con i figli e la bambinaia Fede Clemente (Grado, 1905); la Contessa Rizzo con i figli (Milazzo, aprile 1926); Maria Guglielmina e il fratello Giorgio, figli dell’Ammiraglio Luigi Rizzo (Genova, 1 agosto 1937); la famiglia Rizzo nei d’intorni di Pegli (primi anni Trenta). 46

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che persone di Casa Savoia, come il principe Umberto e il re Vittorio Emanuele III. Non mancava il suo grande amico Gabriele D’Annunzio, che assieme a Costanzo Ciano avevano fatto la famosa “Beffa di Buccari”. D’Annunzio era tutto nervi e “scattini” e aveva tutti i denti cariati color marrone. In quelle occasioni il pranzo veniva preparato da cuochi venuti da un ristorante rinomato, mentre noi restavamo in cucina o servivamo al tavolo. Si preparavano ostriche, aragoste e caviale accompagnato da champagne francese. Una volta venne pranzo il Re Vittorio Emanuele III. Io ero agitata, mi feci coraggio e mi presentai davanti a lui tutta compita e con un inchino bisbigliai: “Maestà si ricorda di me?” Lui mi guardò incerto sul da farsi e io ripresi: “Son la Anna de la Fede di Turriaco”. Lui sorrise e disse: “Ah sì, Turriaco, ora ricordo, quella bambina con le calosce. Ma sei cresciuta”. Mi diede un buffetto sulla guancia. Io arrossii e con un inchino lo lasciai. Al Re non piacevano tutti quei pranzi ricchi e sofisticati; preferiva mangiare cose semplici, cucinate alla casalinga. Riguardo alle personalità che venivano in casa, il comandante diceva che in fondo erano persone normali e che a farle diverse erano gli altri. Su questo non ero molto d’accordo. L’Ammiraglio e la signora contessa Giuseppina, sua moglie, avevano avuto una figlia, Maria Guglielmina, nata nel 1919, che in casa chiamavamo Marianina, e poi il figlio Giorgio, nato nel 1921. Mia sorella e io ci eravamo tanto affezionate a loro: ci volevamo bene. Ogni tanto, quando andavano in villeggiatura, al mare o in montagna, da veri signori portavano anche noi. I Rizzo, Luigi e il fratello Giovanni, erano siciliani e avevano nella piana di Milazzo campi, case, ville e vigneti. A Luigi io stiravo tutte le divise: l’alta uniforme, quella con le medaglie e le altre solo con i gradi e i nastrini. Ne aveva dodici in tutto. All’Ammiraglio nel 1932 fu conferita la cittadinanza onoraria di Grado e nell’ottobre dello stesso anno il Re Vittorio Emanuele III lo nominò conte di Grado e Premuda. In quell’occasione s’incontrò con la marchesa Mangilli e i suoi figli. Le marchesine Maria e Bianca lo prendevano in giro dicendo “Ammiraglio dica tre”. E lui “tce”. “Dica quattro”, e lui “quaccio”, suscitando grandi risate. Una volta venne a trovarlo il comandate austriaco della corazzata Santo Stefano, affondata il 10 giugno del 1918 da Rizzo con i M.A.S. Volle sapere nei minimi particolari luoghi e tempi della famosa incursione e come aveva fatto a eludere le difese portuali dell’imperial regia Marina Austriaca. Sul tavolo tutti e due improvvisarono il luogo della battaglia e i movimenti dei M.A.S. che culminarono con il lancio dei siluri e l’affondamento della corazzata. Nel 1941 io mi sposai con Stefano Foti, un agente di polizia, guarda caso pure lui di Milazzo. Dovetti abbandonare la casa Rizzo. Però andavo a trovarli quasi ogni giorno, perché io andai ad abitare in via Giara, che era lì vicino.

Alberto Vittorio Spanghero

Ricercatore e storico di Turriaco (racconto originale di Anna Spanghero)


CONTO TERMICO 2.0

Contributi

per nuove caldaie e stufe

L’incentivo verrà erogato in un’unica rata entro cinque mesi dall’effettuazione dell’intervento, favorendo l’acquisto di apparecchi dalle elevate prestazioni.

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Il Conto Termico 2.0, in vigore dal 31 maggio 2016, potenzia e semplifica il meccanismo di sostegno già introdotto dal decreto 28/12/2012, che incentiva interventi per l’incremento dell’efficienza energetica e la produzione di energia termica da fonti rinnovabili. I beneficiari sono Pubbliche Amministrazioni (PA), imprese e privati che potranno accedere a fondi per 900 milioni di euro annui, di cui 200 destinati alla PA. Responsabile della gestione del meccanismo e dell’erogazione degli incentivi è il Gestore dei Servizi Energetici. Il nuovo Conto Termico è un meccanismo, nel suo complesso, rinnovato rispetto a quello introdotto dal decreto del 2012. Oltre a un ampliamento delle modalità di accesso e dei soggetti ammessi (sono ricomprese oggi anche le società in house e le cooperative di abitanti), sono stati introdotti nuovi interventi di efficienza energetica. Le variazioni più significative riguardano anche la dimensione degli impianti ammissibili, che è stata aumentata, mentre è stata snellita la procedura di accesso diretto per gli apparecchi a catalogo. Altre novità riguardano gli incentivi stessi: sono infatti previsti sia l’innalzamento del limite per la loro erogazione in un’unica rata (dai precedenti 600 agli attuali 5.000 euro), sia la riduzione dei tempi di pagamento che, nel nuovo meccanismo, passano da 6 a 2 mesi. Con il Conto Termico 2.0 è possibile riqualificare i propri edifici per migliorarne le prestazioni energetiche, riducendo i costi dei consumi e recuperando in tempi brevi parte della spesa 48

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sostenuta. Inoltre, il CT 2.0 consente alle PA di esercitare il loro ruolo esemplare previsto dalle direttive sull’efficienza energetica e contribuisce a costruire un “Paese più efficiente”. Tra le numerose le novità introdotte, ecco le più interessanti: ● L’erogazione dell’incentivo è stata abbassata da due rate annuali a un’unica rata. Ciò significa che l’incentivo ora verrà erogato entro cinque mesi dall’effettuazione dell’intervento a differenza di quanto previsto dal decreto precedente (18 mesi). ● Per le caldaie o stufe a pellet/legna è stato abbassato il limite massimo dell’emissione delle polveri per gli apparecchi che possono goderne da 40 a 30 microgrammi a metro cubo. Ciò significa che acquistando un apparecchio in conto termico si ha anche la garanzia di acquistare un apparecchio particolarmente prestante. ● La pubblicazione on line, sul sito del GSE (Gestore dei Servizi Energetici - www.gse. it) di un elenco di apparecchi, periodicamente aggiornato, che possono accedere al contributo. Quali sono gli interventi che possono accedere a questo contributo? ● Sostituzione di caldaie o stufe a legna, carbone, pellet o gasolio con nuove stufe o caldaie a pellet o legna (misura 2B). ● Installazione di impianti solari termici, anche abbinati a sistemi di solar cooling (raffrescamento estivo con pannelli solari - misura 2C).


● Sostituzione di scalda-acqua elettrici con scalda-acqua a pompa di calore (misura 2D). ● Sostituzione di caldaie tradizionali con pompe di calore a gas o elettriche, anche geotermiche. Come si fa ad accedere al contributo previsto dal Conto Termico 2.0? È necessario iscriversi all’apposito portale predisposto dal Gestore Servizi Energetici, quindi presentare al GSE la domanda corredata dalla scheda raccolta dati, dalla relazione tecnica, dal progetto, dall’asseverazione e dalle foto attestanti l’intervento. In ogni caso se tale procedura dovesse risultare troppo complicata ci si può sempre rivolgere a un CONTO TERMICO POINT dove personale qualificato sarà in grado di fornire la consulenza necessaria prima dell’intervento, una valutazione globale dei risultati ottenibili e, in seguito, istruire la pratica e seguirla durante tutto l’iter, fino all’erogazione del contributo.

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Investimenti sbagliati:

chi paga?

Rubrica a cura di Massimiliano Sinacori

D I R I T T O

La Consob ha istituito una nuova realtà con il compito di tutelare gli investitori dalle negligenze degli intermediari finanziari.

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Negli ultimi anni si è registrato un forte incremento del numero di cause tra i risparmiatori (cosiddetti “investitori retail”) e alcuni dei maggiori istituti di credito nazionali, in particolare per quanto riguarda la materia degli investimenti. Il proliferare incalzante di questa forma di contenzioso ha portato il nostro ordinamento a dotarsi di un nuovo strumento stragiudiziale finalizzato a fornire una valida alternativa alla via giudiziaria, che sia in grado di rispondere con celerità ed efficienza alle esigenze degli investitori e del sistema finanziario. Con delibera n. 19602 del 4 maggio 2016 la Consob (Commissione nazionale per le società e la Borsa) ha istituto l’ACF (Arbitro per le controversie finanziarie) che si occupa esclusivamente di problematiche in materia di violazione da parte degli intermediari di obblighi di diligenza, correttezza, informazione e trasparenza quando prestano servizi di investimento e di gestione collettiva del risparmio. L’ACF si affianca al già esistente ABF (Arbitro bancario e finanziario) che è competente per tutte le altre controversie di natura bancaria. I soggetti che possono adire l’ACF sono quegli investitori che non possiedono particolari competenze professionali, che sono invece possedute da parte di operatori del settore “qualificati”, come banche, compagnie assicurative e imprese di grandi dimensioni. Chi vuole proporre il ricorso all’ACF deve, necessariamente, aver già presentato un reclamo all’intermediario, senza aver ricevuto una risposta entro i successivi 60 giorni, ovvero, qualora ab|

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bia ricevuto una risposta nei termini e questa sia stata ritenuta insoddisfacente; inoltre, ai fini della procedibilità, non devono essere pendenti altre procedure di risoluzione extragiudiziale per i medesimi fatti oggetto dell’istanza che si intende proporre all’Arbitro Finanziario. Il ricorso può essere presentato, gratuitamente, online sul sito dell’ACF per richieste di risarcimento che non superino complessivamente la somma di 500.000 euro. È possibile proporre il ricorso personalmente o con l’ausilio di un procuratore o di un’associazione rappresentativa dei consumatori; tuttavia è bene evidenziare che, alla luce della complessità della materia, la redazione del ricorso da parte di un procuratore con competenze specifiche sui temi trattati rende maggiori le probabilità di una decisione favorevole per il ricorrente. L’organo decisionale è costituito da un unico Collegio con sede a Roma, ed è composto da professionisti del settore con comprovata competenza, esperienza e onorabilità, al fine di garantire l’imparzialità e l’indipendenza necessaria. Il Collegio in funzione decisionale è composto dal Presidente e da altri quattro membri, di cui due nominati dalla Consob (come avviene per il Presidente), uno nominato dalle associazioni di categoria degli intermediari maggiormente rappresentative a livello nazionale e uno designato dal Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti. L’aspetto che rende questo nuovo strumento più appetibile rispetto agli altri rimedi stragiudiziali esperibili è certamente rappresentato dalle tempistiche che si propone di rispettare: infatti, l’intera procedura dovrebbe esaurirsi entro il termine di 180 giorni.


Una volta ricevuto il ricorso, nei 7 giorni successivi, l’ACF valuta se questo è stato redatto in modo completo e corretto e, in caso di esito positivo, provvede a inviarlo tempestivamente all’intermediario attraverso la piattaforma informatica. Dal ricevimento del ricorso l’intermediario ha 30 giorni di tempo (45 se assistito da un’associazione di categoria) per depositare sulla piattaforma le proprie deduzioni difensive e la relativa documentazione, volte a provare di aver tenuto un comportamento corretto rispetto ai doveri imposti dalla legge in materia di investimenti. Scaduto questo termine, il ricorrente può, nei 15 giorni successivi, controdedurre con osservazioni ed eventuale documentazione, a cui l’intermediario può replicare in via definitiva con un ulteriore termine di 15 giorni, seguendo le stesse modalità. All’esito di questa fase la controversia passa in decisione al Collegio che dovrebbe deliberare nel termine di 90 giorni. Nel prossimo mese di luglio verranno emesse le prime decisioni. Nel caso di esito positivo per il ricorrente è necessario sapere che l’intermediario non è tenuto a rispettare la decisione, come invece avviene per le sentenze giudiziarie che hanno forza vincolante per le parti, tuttavia, la decisione dell’ACF è rafforzata da una serie di sanzioni accessorie che rendono tale rimedio interessante. In primo luogo, se l’intermediario non adempie alla decisione, ne viene data notizia tramite pubblicazione sul sito dell’ACF e su due quotidiani nazionali, e pertanto ne consegue un danno reputazionale che non è di poco conto per un istituto di credito. In secondo luogo, poiché l’ACF costituisce una condizione di procedibilità per l’eventuale giudizio ordinario innanzi alle autorità giurisdizionali, la decisione favorevole avrà certamente un peso significativo nella causa civile contro l’intermediario. Parimenti, la decisione dell’ACF non è vincolante nemmeno nei confronti del risparmiatore che, qualora non ritenesse soddisfacente l’esito dell’arbitrato, potrebbe sempre instaurare un nuovo giudizio davanti al giudice civile.

Massimiliano Sinacori Per approfondimenti ed esame di alcune pronunce e della casistica in materia è possibile rivolgere domande od ottenere chiarimenti via e-mail all’indirizzo:  massimiliano@avvocatosinacori.com


Incidente stradale:

Rubrica a cura della Polizia di Stato della Provincia di Gorizia

P O L I Z I A D I S TA T O

cosa, come e quando fare

Dalla messa in sicurezza delle persone alla rimozione dei veicoli, dalle richieste di danno alle testimonianze da rilasciare: approfondimento in due puntate su un mondo complesso e in evoluzione continua. L’incidente stradale è definito dalla con- Cerchiamo anche di individuare ed elencare tutte venzione di Vienna sul traffico stradale del le persone coinvolte e controllare l’eventuale pre1968 come un evento (che avviene sulla senza di feriti, e se necessario cercare dei testistrada, ovvero area a uso pubblico destina- moni e annotarne le generalità. Se possibile, trata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e sportare i feriti non troppo gravi in una zona sicura degli animali sulle sue pertinenze o su altro e prestare loro soccorso, chiedere aiuto alle altre luogo soggetto a pubblico passaggio) in cui persone coinvolte e ai testimoni. Ovviamente anrimangano coinvolti veicoli, esseri umani o che se si assiste a un incidente stradale è opporanimali, fermi o in movimento, e dal quale tuno fermarsi e mettersi a disposizione per fornire derivino lesioni a cose, animali, o persone. aiuto ai malcapitati. Quando incorriamo in un incidente straSi ricorda che, ai sensi dell’articolo 189 comma dale, in attesa dei soccorsi, è opportuno 3 del Codice della Strada, in caso di incidente strasegnalare la situazione di pericolo agli dale con solo danni a cose e in presenza di veicoaltri utenti della strada, collocando il trian- li marcianti, gli utenti coinvolti sono obbligati a rigolo (c.d. segnale mobile di pericolo) e fa- muovere i mezzi dalla loro posizione statica finale cendo opportune segnalazioni per indurli a onde evitare intralcio alla circolazione. rallentare. È consigliabile indossare il giubLa nostra legislazione prevede che per condurbino rifrangente, anche se non siamo sulle re un veicolo a motore è obbligatorio che il mezzo strade nelle quali è obbligatorio (autostra- sia assicurato sulla responsabilità civile (R.C.). de e tangenziali). Infatti dal 1° aprile 2004 L’obbligo dell’assicurazione per la responsabilità è obbligatorio rendersi più visibili quando civile (c.d. polizza R.C. Auto) è imposto dal Codisi scende dall’auto per motivi di emergen- ce della Strada a tutti i veicoli a motore non circoza, utilizzando un giubbotto retrorifletten- lanti su rotaie. L’obbligo dell’assicurazione per la te. Il giubbotto retroriflettente è obbligato- responsabilità civile degli autoveicoli venne istiturio per il conducente sia in caso di inciden- ito in Italia con la Legge 24 dicembre 1969 numete che di guasto meccanico, fuori dai cen- ro 990 (entrata in vigore il 12 giugno 1971), il cui artri abitati e in condizioni di scarsa visibilità ticolo 1 recita: “I veicoli a motore senza guida di (neve, pioggia, nebbia, ecc). Inoltre è sem- rotaie, compresi i filoveicoli e i rimorchi non pospre opportuno stabilire dettagli sulle auto sono essere posti in circolazione su strade di uso coinvolte nell’incidente: numero, il tipo e pubblico o su aree a queste equiparate se non silocalizzazione saranno molto utili ai soccor- ano coperti secondo le disposizioni della presenritori. È giusto anche verificare la possibilità te legge, dall’assicurazione per la responsabilità di ulteriori rischi (es. rischio d’incendio, d’e- civile verso terzi prevista dell’art. 2054 del C.C.”. splosione o di incidenti a catena) in manie- L’obbligatorietà della stipulazione decade quanra da prevenire altre situazioni di pericolo. do il veicolo è stato sottoposto a demolizione o ra52

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SINISTRI SU STRADA / 1


diazione dal Pubblico registro automobilistico. Si segnala inoltre che a decorrere dal 18 ottobre 2015 cessa l’obbligo di esporre sul veicolo il contrassegno (cosiddetto “tagliando”) rilasciato dalla compagnia assicuratrice assieme al certificato di assicurazione; per quest’ultimo invece, vige ancora l’obbligo di portarlo al seguito per poter essere esibito in fase di controllo. Il certificato di assicurazione è la quietanza di sottoscrizione della polizza, in pratica la prova documentata del contratto stipulato. Con la polizza R.C. Auto, in caso di incidente stradale, è l’assicurazione di chi ha provocato il sinistro, c.d. responsabile civile, che paga i danni subiti dai terzi. Nei casi di incidenti stradali in cui le parti coinvolte siano d’accordo in merito alle rispettive responsabilità, la procedura per la denuncia del sinistro parte sempre da una accurata compilazione del Modulo di Constatazione Amichevole di Sinistro Stradale (c.d. modulo Blu, ex C.I.D ora modello C.A.I.), che una volta completato con i dati richiesti dovrà essere firmato da tutti i conducenti coinvolti, i quali ne tratterranno almeno una copia. La compilazione del Modulo C.A.I. è semplice e intuitiva, basta inserire i dati dei veicoli e dei conducenti coinvolti nel sinistro seguendo le istruzioni riportate nell’ultima pagina del modulo stesso. Nel caso in cui nessuno dei conducenti abbia con sé il Modulo si consiglia di raccogliere almeno i seguenti dati: data, luogo e ora del sinistro; targa, tipo, compagnia di assicurazione e generalità del proprietario dell’altro veicolo; descrizione il più possibile dettagliata della dinamica del sinistro e dei punti di impatto aiutandovi con un disegno molto semplice che riproduca eventuali diritti di precedenza o altre segnaletiche stradali; generalità di eventuali feriti e di eventuali testimoni che possano confermare la dinamica del sinistro. Se le versioni fornite dalle parti non concordano, è consigliabile non firmare il modulo C.A.I. e richiedere l’intervento di un organo di polizia stradale (Polizia Stradale, Carabinieri, Polizia Locale). L’intervento delle Forze dell’Ordine è, invece, obbligatorio qualora ci siano feriti (gravi o gravissimi), in caso di incidente con molti veicoli coinvolti, quando si profilino responsabilità penali, ovvero nel caso in cui l’altro conducente coinvolto sia in evidente stato di ebbrezza o sotto effetto di stupefacenti. È giusto e doveroso inoltre far intervenire sul luogo un organo di polizia stradale qualora uno dei conducenti coinvolti non sia assicurato e nei casi in cui non si riesce a ripristinare la normale circolazione, questo per ovvi motivi di sicurezza stradale. Negli incidenti con feriti gravi o gravissimi (nuove ipotesi di reato procedibili d’Ufficio di cui agli artt. 589 bis e 590 bis del Codice Pe-

nale – Legge 23 marzo 2016 numero 41) o con gravi danni alle cose, i veicoli non dovrebbero mai essere spostati. Bisogna comunque mettere, il più possibile, in sicurezza lo stato dei luoghi, in attesa dell’organo di polizia stradale deputato all’intervento. Per ottenere il risarcimento, il danneggiato deve inviare all’assicurazione la richiesta di risarcimento dei danni subiti, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, descrivendo dettagliatamente il sinistro e allegando tutti i relativi documenti (modulo C.A.I., eventuale verbale delle forze dell’ordine, documentazione medica, ecc). La richiesta danni può essere inviata direttamente al proprio assicuratore nei casi in cui è possibile applicare la procedura del c.d. risarcimento diretto. Tale procedura, facoltativa (alternativa alla procedura tradizionale e non obbligatoria), si applica solo per gli incidenti occorsi tra non più di due veicoli a motore con targa italiana (Repubblica di San Marino o Città del Vaticano) regolarmente assicurati con polizza R.C., solo se il sinistro avviene in Italia. Con questo sistema, il danneggiato viene risarcito direttamente dalla propria Compagnia senza doversi rivolgere alla controparte o all’impresa assicuratrice di quest’ultima. Di contro il nuovo sistema risarcitorio dell’indennizzo diretto, non tutela al meglio il danneggiato, e ciò in ragione dell’evidente conflitto di interessi tra l’assicuratore, che vuole contenere i costi dei sinistri, e il danneggiato che vorrebbe ottenere il massimo risarcimento. Quando non è applicabile, o non si voglia usufruire della suddetta procedura, la richiesta va generalmente indirizzata all’assicurazione di chi, in tutto o in parte, ha causato l’incidente, ovvero del responsabile civile. fine prima parte

dott. Ezio Scocco Direttore II° Settore Polizia Stradale Gorizia Ispettore Superiore SUPS |

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VALORE E AMICIZIA

Gli amici nel tempo dei Social

Nell’antichità si esisteva in quanto esseri pensanti. Oggi sembriamo esistere solo in base a quante persone ci conoscono. In una relazione individualistica basata sul possesso.

Rubrica di Manuel Millo

S O C I A L E

Cosa ci spinge oggi a parlare di amicizia? Forse il fatto che mentre in un tempo non troppo lontano si collezionavano le figurine oggi nell’era dei social network si collezionano amici, fans o followers? Ma cosa sta succedendo veramente? Ai rapporti umani? Alle persone? Quale valore ha la telefonata o la visita di un amico nel nostro quotidiano rispetto a un messaggio o una chat? Di cosa abbiamo veramente bisogno a livello relazionale? Quali sono le scelte che si celano dietro a questo innumerevole seguito di contatti che chiamiamo amici? Aprendo il dizionario alla voce amicizia noteremo alcuni spunti essenziali per la condivisione attiva di questo articolo: “Amicizia è reciproco affetto, costante e operoso, tra persona e persona, nato da una scelta che tiene conto della conformità dei voleri o dei caratteri e da una prolungata consuetudine”. C’è una parola che non solo identifica questo legame ma che

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prende parte al connubio dei termini posti a titolo del nostro saggio. Valore e Amicizia si uniscono al tema del reciproco affetto. Alcune volte infatti il rischio nella collezione dei volti sui social è proprio questo: confondere il termine valore del reciproco affetto sul piano morale e sensibile con quello di un valore legato alla logica del numero, del contatto. Esisto non in quanto penso, come direbbe Cartesio nella sua trattazione filosofico-scientifica (Il Metodo - Cogito ergo Sum), ma in base a quante persone mi conoscono, addirittura a quanti contatti possiedo. Un Valore che non si stabilisce dunque su una relazione bidirezionale e attiva ma su una terminologia individualistica del possesso. Arriviamo qui con uno spiccato interesse a cogliere cosa ci sia effettivamente nascosto dietro a tutto ciò. Vogliamo togliere il velo di Maya, come direbbe il filosofo Schopenauer. Indagare la realtà che si cela dietro all’apparenza. Noi vediamo persone che collezionano altre persone. Ma con rapida indagine etimologica abbiamo colto che dietro a questa collezione si cela in verità un desiderio di possesso che nutre uno dei bisogni essenziali dell’uomo: definire la sua esistenza. Sapere che ci sei attraverso il riconoscimento dell’altro. E più “altri” ci sono a riconoscerti, più senso e valore assume la tua esistenza. A tal merito esiste un testo illuminante sul senso dell’esserci e dell’altro; si chiama Totalità e Infinito di Emanuel Levinas. Per pro-


durvi una rapida anche se parziale sintesi, il noto studioso ci indirizza a un senso profondo del legame tra l’io e l’altro. Perché nel momento in cui io comprendo l’altro come soggetto, nell’altro trovo senso e significato per la mia esistenza. Perché non solo mi rendo conto di non essere al centro del mondo e quindi ridimensiono un potenziale atto di vanagloria nei confronti dell’universo ma in modo particolare mi rendo conto che l’altro parla dello stesso universo completando quello che è il mio punto di vista e quelli che sono gli interrogativi più profondi dentro l’animo di ciascuno di noi. Senza la condivisione la vita stessa non avrebbe senso. Il fulcro di questo è la comprensione dell’eccezionalità valoriale dell’altro come soggetto per comprendere la verità esistenziale che è riposta nel cuore di chi la sta cercando. Cercherò di essere più rapido e intuitivo con una citazione dello scrittore italico Tito Maccio Plauto: “Dove sono amici, là sono ricchezze”. Amicizia è ricchezza per la vita. È amore che placa le pulsioni più istintuali. La cosa stupefacente è che non c’è nulla di nuovo. In ogni epoca storica le persone non solo hanno vissuto alti e bassi come noi, ma proprio come noi hanno costruito legami di amicizia e di amore, vincoli indissolubili che li hanno sostenuti in ogni condizione che la natura stessa avesse posto loro davanti. Pensiamo all’esempio di Cicerone. Nel suo testo Lelius de amicitia del 44 a.C., dedicato ad Attico, si disquisisce in merito a questo tema da un punto di vista molto originale per l’epoca e che richiama la ciclicità di una storia comune. Infatti al tempo dei romani l’amicizia significava creare legami personali a scopo di sostegno politico. Cicerone invece fa dialogare i suoi interlocutori verso il senso di questo legame, da dove nasca e a quali fini tenda. Si percepisce l’orientamento Platonico. La vera amicizia, ci dice Cicerone, è un sentimento del tutto disinteressato, un rapporto insostituibile, quasi indissolubile, che dopo la sapienza, rappresenta il massimo bene cui l’uomo possa aspirare.

Manuel Millo

Membro Onorario AGCI Ass Gen Cooperative Italiane


Che valore ha

Rubrica di Cristian Vecchiet

P E D A G O G I A

il tempo?

Dai fast food alla simultaneità del multitasking: la società contemporanea ci impone ritmi veloci per fare sempre più cose in un arco temporale ristretto. Con il rischio di non accorgerci che anche la nostra vita scorre più rapida di quanto crediamo… La dimensione del tempo, come quella dello spazio, struttura la nostra vita e il nostro essere. Viviamo nel tempo e nello spazio. Tra il tempo e lo spazio, tuttavia, ad avere una specificità antropologica, è il tempo. Il tempo è la “distensio animi” (S. Agostino, Le confessioni), una estensione dell’anima, una dimensione interna dell’uomo che lo coinvolge integralmente. È la dimensione verticale, trascendente, dell’uomo. Il tempo quindi non è solo cronologia ma qualcosa di essenzialmente più grande e profondo. Il tempo non è solo consequenzialità ma intimità di rapporto con l’altro, con sé, con la natura, col mondo. Il rapporto col tempo delinea il rapporto che ciascuno di noi vive con gli altri, con se stesso, con le cose. Infatti si tratta di una dimensione interna della persona che rinvia al senso che la persona attribuisce alla vita e al mondo. La percezione e il rapporto col tempo sono intimamente legati alla visione del mondo che maturiamo e che di fatto viviamo. Basti pensare al tempo presente, fatto in buona parte per molti di noi da frenesia e fugacità. Bisogna fare tutto velocemente per fare molto e guadagnare il più possibile. Vivere il tempo con frenesia vuol dire però guardare solo alla superficie delle cose della vita e questo induce a tastare solo l’epidermide della realtà. Due simboli interessanti del nostro modo contemporaneo di vivere il tempo sono il fast food e il multitasking. Il fast food è il mangiare veloce, per non perdere tempo, per potersi dedicare ad altro, 56

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possibilmente al lavoro. Il multitasking è l’utilizzo in contemporanea di più strumenti comunicativi (tablet, cellulare, PC…), sempre al fine di fare il più possibile nel minor tempo possibile. Si è tutti in qualche misura spinti a fare molte cose, possibilmente in contemporanea e possibilmente con risparmio di risorse, ma quello che rischia di rimanere impoverito è il rapporto con la realtà, il contatto con lo spessore della vita e quindi anche il cambiamento della realtà e di noi stessi. E tutto questo col risultato - per un incrocio forse solo all’apparenza contraddittorio - che la frenesia del fare si allea o comunque pare contribuisca a ingenerare la poca voglia di fare, il perdere tempo semplicemente perché manca la percezione dell’importanza dell’investire opportunamente il tempo. Si pensi che molti giovani vivono la giornata all’insegna del non fare niente. Segnali in senso contrario di certo non mancano. Indice questo della percezione della necessità di una inversione di rotta. Pensiamo al fenomeno dello slow food, sorto con l’intento di rilanciare una alimentazione lenta, che educhi a gustare i sapori e riscoprire i cibi, soprattutto locali. Non manca chi lancia il progetto politico della cittaslow, una rete di comuni sotto i 50.000 abitanti che mirano alla qualità della vita. E neppure chi propone la slow school (M. Holt, 2002). La cura del tempo costituisce un versante importante dell’attenzione educativa. Bisogna riportare l’arte dell’educazione a uno stile di vita capace di riscoprire la lentezza, di concedere tempo al tempo per

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V E LO C I TÁ E L E N T E Z Z A


renderlo qualitativo. La quantità non è la qualità, ma senza la quantità anche la qualità viene meno. Sulla linea de L’elogio della lentezza di Maffei possiamo ritenere che si debba reintegrare lentezza e velocità (Maffei L., 2014). Bisogna quindi riscoprire l’educazione a un tempo che sappia arricchirsi di esplorazioni, di sperimentazioni, di approfondimenti e riflessioni. La fretta di fronte a un tramonto, nella lettura di una poesia, ma anche nell’esercizio del proprio corpo o nell’apprendimento di un mestiere o nello studio, è semplicemente incompatibile sia con la bellezza e la profondità di quanto si sta facendo, sia con i processi di apprendimento, interiorizzazione, integrazione. Cosa fare, dunque? Innanzitutto seguire l’indicazione che J. J. Rousseau ci offre nell’Emilio: «L’educazione dei fanciulli è un mestiere in cui bisogna saper perdere tempo per guadagnarne». Gli adulti devono assumersi la responsabilità di dedicare tempo ed energie all’educazione e questa sarebbe una testimonianza incisiva del buon investimento del tempo. È opportuno inoltre sempre testimoniare un modo di vivere che sappia stare nel tempo anche con lentezza, dedicandosi a qualunque cosa di positivo ci aiuti a scalfire la superficie delle cose e a cogliere, assaporare e avvicinarci alla profondità della realtà, a una dimensione più verticale e non solo orizzontale dell’esistenza. È opportuno poi offrire ai ragazzi delle indicazioni e delle regole, per non vivere nella sola fretta, per non buttare via il tempo e per usarlo al meglio, dando a esso contenuti che sappiano riempire di senso, prospettiva e bellezza l’esistenza. Senza dimenticare che certe cose le si fanno perlopiù in determinati periodi della vita. Cer-

te cose non vanno fatte con la fretta; il tempo, una volta perso, è difficile da recuperare. Le regole non sono un mantra e non hanno l’ultima parola sulla realtà, ma educano a sperimentare un modo diverso di fare le cose e di stare al mondo. Ad esempio, per studiare e fare i compiti, c’è bisogno di un tempo esclusivo dedicato. Un tempo dedicato senza l’interferenza del cellulare o altro. Ma anche lo stare a tavola ha bisogno di un tempo dedicato, perché non è mera alimentazione ma anche un atto simbolico di relazione. Persino il dormire necessita di un tempo esclusivo. A maggior ragione ha bisogno di un tempo dedicato la relazione umana. E, ovviamente, la riflessione. Per concludere, vengono in mente le parole di Branduardi: “No, non perdetelo il tempo ragazzi, non è poi tanto quanto si crede; date anche molto a chi ve lo chiede, dopo domenica è lunedì. […] Camminano le ore, non si fermano i minuti; se ne va, è la vita che se ne va; se ne va, dura solo il tempo di un gioco; se ne va, non sprecatela in sogni da poco; […] No, non perdetelo il tempo ragazzi, non è poi quanto si crede; non è da tutti catturare la vita, non disprezzate chi non ce la fa. Vanno le nuvole coi giorni di ieri, guardale bene e saprai chi eri; è così fragile la giovinezza, non consumatela nella tristezza. Dopo domenica è lunedì” (Branduardi A., Domenica e lunedì).

Cristian Vecchiet

Collaboratore presso l’associazione La Viarte, è docente di Etica e Teologia dell’Educazione presso l’Istituto Universitario Salesiano di Venezia.


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BAMBINI E PSICOFARMACI

Ripartire dalla famiglia

Sono in costante aumento i casi di genitori che si rivolgono ai servizi sanitari per richiedere una diagnosi per i propri figli. Ma la maggior parte delle volte, i problemi non nascono dai più piccoli…

S O C I E T À

Qual è lo stato di salute della famiglia, intesa quale nucleo sociale per eccellenza? Da questa domanda volutamente provocatoria, parte una riflessione a più ampio raggio che ci conduce ad affrontare una questione delicata come la somministrazione di psicofarmaci ai bambini. Utilizzando un semplice sillogismo, è inevitabile che se nella società odierna un numero sempre maggiore di famiglie è in crisi – non dal punto di vista economico, bensì nei rapporti e nelle relazioni al suo interno – la stessa crisi coinvolga anche ciascuno dei singoli componenti. Bambini compresi. Ma i bambini, per loro natura, a eccezione di rari casi specifici, non nascono con problematiche psichiche o sociali: queste, semmai, sono il risultato di un’interazione complessa in cui gioca un ruolo fondamentale il contesto di crescita. Un aspetto tanto determinante quanto difficile da accettare.

Rubrica a cura di Andrea Fiore

Chi risolve il problema?

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I casi di famiglie che si rivolgono ai servizi sanitari per problemi legati ai propri figli sono in sensibile aumento, come dimostra l’esperienza sul campo. Questo perché oggi i genitori preferiscono delegare all’esterno la risoluzione dei problemi. Così rivolgersi a uno psicologo piuttosto che a un neuropsichiatra infantile è divenuto qualcosa di estremamente naturale, nella convinzione che lo specialista saprà individuare e risolvere le problematiche del bambino. Senza tuttavia tenere conto di una questione fondamentale: la presa in carico di un bambino da parte dei servizi equivale alla presa in carico di tutta la famiglia. Perché i problemi dei figli – esperienza insegna |

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– il più delle volte nascono all’interno delle dinamiche familiari.

La diagnosi prima di tutto

Come accennato pocanzi, il numero delle famiglie che si rivolgono ai servizi è in continua crescita. Tuttavia resta invece stabile rispetto al passato un altro dato: il numero dei bambini per i quali viene diagnosticato un problema da richiedere anche un percorso con psicofarmaci. Un aspetto che conferma il ragionamento iniziale, con genitori che tendono a richiedere all’esterno una soluzione a problemi che non riguardano solo i loro figli, ma l’intero vissuto familiare. Ora invece desidero soffermarmi su quei casi in cui la diagnosi conferma la necessità di una presa in carico. Fortunatamente, nei servizi preposti in Friuli Venezia Giulia operano professionisti dalle riconosciute capacità. La domanda che segue è tanto logica quanto delicata: questi specialisti come intervengono sui bambini con diagnosi neuropsichiatrica? E, soprattutto, in quali casi possono essere somministrati loro psicofarmaci? Per rispondere sono necessarie chiare precisazioni.

Un bambino non è un adulto

Dal punto di vista medico, i farmaci non vanno mai né demonizzati né abusati. Quando parliamo della loro somministrazione ai bambini dobbiamo però tener conto di tre aspetti. Il primo riguarda lo specialista di riferimento. Lo sviluppo cerebrale e cognitivo di un bambino è infatti estremamente diverso da quello di un adulto. Ecco perché la presa in carico non può essere effettuata da un neurologo o uno psichiatra dell’adulto, bensì da un neuropsichiatra infantile o da un neurologo pediatra. Può sembrare una sfumatura, invece è una condizione imprescindibile: lo speciali-


sta dei bambini ha una formazione precisa e complessa che non appartiene agli specialisti degli adulti. Il secondo aspetto, consequenziale al primo, riguarda il dosaggio e il monitoraggio. Il neuropsichiatra infantile, conscio delle caratteristiche fisiche del bambino, valuterà i quantitativi di farmaco da somministrare, monitorando nel tempo con verifiche costanti sia gli effetti che le eventuali controindicazioni. Infine, se il ricorso al farmaco rappresenta l’extrema ratio del percorso di cura e viene somministrato solo in caso di necessità, affinché la terapia abbia successo è fondamentale il coinvolgimento di tutti gli attori che entrano in contatto con il piccolo paziente nella vita quotidiana: dalla famiglia al mondo della scuola. Se un bambino infatti assume psicofarmaci è necessario che i suoi insegnanti lo sappiano per poter garantire un valido trattamento inglobato e integrato.

Un’accortezza valida per tutti

Visto il tema trattato, desidero chiudere il mio intervento ponendo l’attenzione sulla conservazione dei farmaci (di qualunque genere) in casa, in particolare laddove sono presenti bambini. I farmaci non devono essere facilmente accessibili, né tantomeno mescolati tra loro, onde evitare che, durante l’assunzione, possano essere erroneamente scambiati tra i diversi componenti della famiglia. Può sembrare una banalità, eppure capita più spesso di quanto si pensi.

dott. Andrea Fiore

Medico delle Farmaco-Tossicodipendenze, psichiatra - andrea.fiore@imagazine.it


Dalla Psichiatria alla Medicina Naturale: la persona... prima di tutto! Il dottor Roberto Pagnanelli è medico-chirurgo e psicoterapeuta. Specializzato in Psichiatria, è diplomato in Medicina Psicosomatica, in Medicina Omeopatica e in Psicoterapie Brevi. È autore di pubblicazioni su riviste scientifiche e di volumi di successo. Ideatore della Musicoterapia Cinematografica, lavora a Trieste, Monfalcone, Udine e Gorizia. Dottor Pagnanelli, dalla psichiatria alla psicoterapia, dalla medicina psicosomatica a quella omeopatica: in cosa consiste la sua attività? «Credo che consista, essenzialmente, nel proporre al paziente il ‘suo personale’ tipo di terapia, sia essa farmacologica, naturale o psicologica attraverso psicoterapia e le tecniche di ipnosi. La scelta della strategia terapeutica, per poter centrare l’obiettivo, dev’essere quanto mai varia». Lei spazia in settori molto diversi. «Un medico, prima che come professionista, si espone al prossimo come uomo e come tale deve seguire i suoi interessi e ciò che sente nel cuore. Nella mia formazione professionale ho inteso unire due parti fondamentali dell’essere umano: la componente fisica e quella psicologica. Entrambe sono indispensabili nella riuscita della cura. Non possiamo, come medici, non considerare queste due tappe: l’impiego di medicine - e quindi di sostanze - da un lato, e il considerare la componente psicologica, dall’altro». Lei entra in contatto ogni giorno con numerose persone: quali sono le problematiche più attuali nella quotidianità odierna? «Ai disturbi fisici, quali intolleranze alimentari, eczemi, cefalee, disturbi psicosomatici e gastrointestinali si uniscono quelli di tipo prettamente psicologico, caratteriale o esistenziale. Gli uomini devono ritrovare il ‘gusto di vivere’, il ‘piacere della vita’ la cui assenza è un dato che si riscontra sempre più frequentemente, nei giovani e nei meno giovani». Quando e come è nata la sua passione per la medicina? «In realtà avrei voluto fare l’avvocato, mi fermò l’idea che avrei potuto difendere un colpevole e magari salvarlo dal carcere, solo in base alla mia abilità. Decisi così di cercare di aiutare tutti coloro che ne avessero bisogno, indipendentemente. A 18 anni avevo una ragazza che avrebbe voluto sposare un medico e così mi sono lasciato convincere. Mi sono presentato alla segreteria dell’Università all’ultimo giorno utile e mi sono iscritto a Medicina». In questi anni, a suo avviso, come sono cambiate le problematiche psicosociali della gente? «Le problematiche hanno seguito da vicino gli accadimenti della nostra società: insicurezza in se stessi, nel proprio futuro e negli altri, la sfiducia nelle istituzioni e nella famiglia, la ricerca di successi effimeri proposti da pubblicità e mondo televisivo, la mancanza di punti di riferimento, hanno portato a perdere di vista se stessi e una buona fetta della propria interiorità. Soprattutto, si è perso di vista il lato umano e la solidarietà fra persone, in una società in cui tutti attaccano tutti, il più delle volte non per necessità ma per partito preso. Tutto ciò è sfociato in solitudine, crisi depressive, panico, incertezze e sfiducia nel nostro domani.

Da parte mia cerco di spingere a ritrovare il lato umano e positivo di sé e del proprio carattere. Perché dentro di noi, in ogni persona, alberga qualcosa di buono». Quando un paziente le espone i propri problemi, qual è il suo primo pensiero? «Il mio primo pensiero e probabilmente l’unico è “come poterlo aiutare”, in quale modo è possibile sposare e adattare a lui ciò che ho imparato nel corso degli anni. A volte sorridendo e con un pizzico d’ironia. Capita che i vicini si lamentino, poiché il paziente, in seduta, ride di gusto…» Per poter garantire un efficace percorso di cura è indispensabile la correttezza delle diagnosi: quali criteri segue per stilare le sue? «La diagnosi viene effettuata attraverso il colloquio e il cosiddetto ‘occhio clinico’ e, quando necessario, mediante test psicodiagnostici, svolti come un gioco. Devo ammettere tuttavia di non aver mai avuto simpatia per le diagnosi, intese come un’etichetta che uno di noi si porta dietro nel tempo. Sono utili solo per orientare la bussola in campo terapeutico, ma di fronte a noi non dimentichiamo che abbiamo sempre una persona». Quella del medico, prima che un mestiere è una vera e propria missione: quali sono i punti fermi che caratterizzano il suo operare? «La lealtà verso me stesso e verso gli altri, l’onestà e, soprattutto, la voglia di vedere il paziente migliorare e stare bene. So che ci vuole tempo ma spesso succede. È questa l’idea che mi ha spinto fin da ragazzo a dedicare la maggior parte del mio tempo allo studio e, in seguito, al lavoro e alla scrittura». Lei ha scritto diversi libri. «A trent’anni ho scoperto da mio fratello, che scrisse un volume sul Borgo Teresiano a Trieste, che si poteva pubblicare davvero. Era incredibile vedere un proprio lavoro letto da qualcun altro. Fino ad allora credevo fosse solo un’attività per… scrittori di fama. Così inviai un manoscritto che tenevo nel cassetto e dopo alcuni giorni una casa editrice mi rispose che si poteva fare. Alcuni sono stati dei best-seller in Italia, restando per mesi in testa alle classifiche di vendita nel settore della psicologia e della medicina alternativa. In seguito ho dato sfogo alla mia passione per la musica, che impiegavo quotidianamente in ambulatorio sotto forma di Musicoterapia, per dar vita a CD per diverse patologie psichiche, tutt’ora prodotti e presenti nelle librerie». Ai giovani medici potrebbe dare un consiglio? «L’unico consiglio è di impiegare il cuore nelle proprie scelte, staccarsi dall’eccesso di tecnologia e guardare la persona negli occhi. Si imparano ancora un sacco di cose». Per appuntamenti: Cell. 330-240171 E-mail: robertopagnanelli@libero.it Sito web: www.robertopagnanelli.it


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(as) s a g g i Elizabeth Jane Howard Allontanarsi Fazi Editore, 2017 Pagg. 670 € 20,00 È il 1945 e la guerra è finita. Il momento tanto atteso e sognato dai Cazalet per anni è finalmente arrivato. Eppure l’eccitazione di fronte alla notizia che le armi sono state deposte è ormai sopita, e l’Inghilterra è ancora paralizzata nella morFederico Zampaglione, Giacomo Gensini Dove tutto è a metà Mondadori, 2017 Pagg. 312 € 18,00

sa della privazione. Mentre l’impero si disgrega, a Home Place i Cazalet si apprestano a trascorrere quello che ha tutto il sapore dell’ultimo Natale insieme: il gusto malinconico del tempo che passa. I bambini sono ormai cresciuti, le ragazze si sono fatte donne, gli adulti cominciano a invecchiare. La lunga convivenza forzata è finita e la libertà obbliga a prendere delle decisioni: dovrebbe essere un momento felice, ma la guerra ha lasciato una ferita profonda, e ricominciare non è facile.

Il Morrison Café è il tempio della scena musicale alternativa romana, e qui il giovedì sera suonano i Bangers. Lodo, il cantante, è innamorato di Giulia, una delle sue coinquiline, a Roma per studiare recitazione e cercare di sfondare come attrice. Libero Ferri è un cantautore pop che un tempo riempiva gli stadi, ma dopo

un paio di dischi sbagliati non riesce a venir fuori da un terribile blocco creativo. Il successo gli ha assicurato il benessere e una villa dotata di una sala d’incisione super accessoriata, in cui trascorre giornate frustranti a caccia di un’ispirazione che pare svanita. Accanto a lui Luna, la sua bellissima moglie, affermata press agent, sicura di sé, che da anni lo sostiene, ma che Libero teme di perdere, come ha perso il successo e la fama. Una ragione in più per cercare di mettere a segno il grande ritorno. Strade che parrebbero destinate a non incontrarsi mai, quelle di Lodo e Libero, ma quando invece si incrociano, ecco scoccare la scintilla in grado di rimettere tutto in gioco.

Biagio Goldstein Bolocan Il Traduttore Feltrinelli, 2017 Pagg. 256 € 16,00 Milano, 1956. L’appartamento di via Borsieri è in penombra. Ovunque sono ammassati libri. Ce ne sono migliaia, stipati sugli scaffali e accatastati per terra. Accanto alla finestra, una scrivania, anch’essa incorniciata da colonne di libri, e, dietro, quello che potrebbe sembrare un in-

sieme di vestiti ammonticchiati alla rinfusa ma che, avvicinandosi, si svela in tutta la sua oscenità: il cadavere di Cesare Paladini-Sforza, raffinato slavista e traduttore. Il caso viene affidato al vicecommissario Ofelio Guerini, che capisce subito che si tratterà di un’indagine complicata. La vittima lavorava a un’opera scottante, destinata a suscitare grande clamore: un romanzo straordinario, scritto da un poeta russo inviso al regime. Più Guerini procede nelle indagini e alza il velo sull’affascinante figura di Paladini-Sforza, più affiorano piste inquietanti e si squadernano interessi politici internazionali…

Elan Mastai Tutti i nostri oggi sbagliati Sperling & Kupfer, 2017 Pagg. 384 € 18,90 Anno 2016. La Terra è un’oasi di pace, progresso e benessere, grazie a un’invenzione tecnologica che ha risolto problemi come l’inquinamento, la povertà, le tensioni sociali. La gente va in vacanza sulla Luna e, ben presto, potrà anche viaggiare nel tempo. Tom Barren è nato in questo mondo, ma si sente fuori luogo. Trentenne senza arte né parte, figlio di uno scienziato che si vergogna della sua inettitudine, orfano della madre,

che era l’unica ad amarlo, Tom è innamorato di una ragazza che non lo ricambia ma per la quale sarebbe disposto a tutto. Anche a sfidare le leggi della fisica pur di cancellare un errore fatale. Tornato indietro nel tempo per raddrizzare il corso degli eventi, Tom combina un guaio. E così, una volta catapultato di nuovo nel presente, si ritrova in un mondo disastroso che stenta a riconoscere. Incompetenza tecnologica, inquinamento, caos politico: è il nostro 2016, non il suo. Eppure, in questo oggi sbagliato, Tom scopre di avere una carriera invidiabile, un’intera famiglia che lo ama e forse, finalmente, un’anima gemella. E allora, meglio tentare di restituire all’umanità l’utopia perduta, o restare a godersi la felicità in questo mondo imperfetto?

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MOSTRE IN FVG (calendario aggiornato su www.imagazine.it) Fino al 14 maggio ▶TRA CIELO E MARE Personale di pittura di Fabio Colussi. Trieste. Sala Comunale d’Arte, piazza Unità 4. Orario: lun-dom 10-13/17-20. Ingresso libero. Info: www. comune.trieste.it Fino al 14 maggio ▶TRANSPAREN-ANIMA Mostra di Lorenzo Viscidi Bluer. Cividale del Friuli (UD). Chiesa di Santa Maria dei Battuti. Orario: lun/ven 15.30-19, sab-dom 1013/15.30-19. Ingresso libero. Info: www.imagazine.it

Fino al 27 maggio ▶ARCHETIPI, SIMBOLOGIE, TRASFORMAZIONI Cinque opere di Renato Guttuso, Claudio Parmiggiani, Piero Gilardi, Massimo Poldelmengo e Carlo Vidoni. Pordenone. Fondazione Furlan, via Mazzini 49. Orario: mar-sab 17-19.30. Ingresso libero. Info: www. fondazioneadofurlan.org Fino al 28 maggio ▶MASSIMILIANO E L’ESOTISMO Arte orientale al Castello di Miramare. Trieste. Castello di Miramare, viale Miramare. Orario: lun-dom 9-19. Ingresso: € 8. Info: www.castellomiramare.it Fino al 30 maggio ▶MADE IN ROMA AND AQUILEIA I centri di produzione nell’Impero Romano. Aquileia (UD). Palazzo Meizlik, via Popone 7. Orario: mar-ven 10-18, sabdom 10-19. Ingresso: € 4. Info: www.fondazioneaquileia.it

Fino al 3 giugno ▶MATTOTTI. PRIMI LAVORI Mostra di racconti e fumetti. Udine. Casa Cavazzini, via Cavour 14. Orario: mardom 10-19. Ingresso: € 5. Info: www.civicimuseiudine.it

Fino al 4 giugno ▶MOROSO CONCEPT FOR CONTEMPORARY ART Esposte opere di Alfredo Aceto, Canemorto, Roberto Fassone, Francesco Fonassi, Anna Franceschini, Invernomuto, Margherita Moscardini, Valerio Nicolai, Luigi Presicce, Stefano Serretta, Ilaria Vinci, Driant Zeneli. Udine. Museo Etnografico del Friuli, via Grazzano 1. Orario: mar-dom 10.3019. Info: www.civicimuseiudine.it Fino all’8 giugno ▶MARIONETTE E BURATTINI In mostra opere del teatro di figura della Collezione Maria Signorelli dichiarati “di eccezionale interesse culturale“ dal MIBACT. Cividale del Friuli (UD). Monastero di Santa Maria in Valle, via Monastero Maggiore 34. Orario: lun-ven 10-13/15-18; sabdom 10-18. Info: www.cividale.net

Fino all’11 giugno ▶CARSO: NON SOLO PIETRE Mostra personale di Enzo Valentinuz.

Gorizia. Musei Provinciali, borgo Castello 13. Orario: mar-dom 9-19. Ingresso: € 3,50. Info: www.gomuseums.net Fino al 2 luglio ▶TU MI SPOSERAI Oltre cento opere originali di Gigetta Tamaro. Trieste. Magazzino delle Idee, corso Cavour 2. Orario: mar-dom 10-19. Ingresso libero. Info: www.imagazine.it

Fino al 9 luglio ▶ATTILIO SNIDERO Operaio, comunista, sindacalista. Mostra documentaria sull’attività alla SAICI dal 1940 al 1980. Torviscosa (UD). Centro Informazione e Documentazione, piazzale Marinotti 1. Orario: sab 15–19, domenica 10-19. Ingresso libero. Info: www.cid-torviscosa.it Fino al 16 luglio ▶TRAPPOLE E VELENI Fascino segreto di ragni e scorpioni. La più grande collezione Tassonomica privata di ragni d’Europa. Trieste. Civico Museo di Storia Naturale, via dei Tominz 4. Orario: lun/mer/ gio/ven 10-17; sab-dom 10-19. Ingresso: € 3. Info: www.museostorianaturaletrieste.it

Fino al 20 agosto ▶LE STANZE SEGRETE DI VITTORIO SGARBI Rappresentate le principali “scuole” italiane dal 1400 al 1900. Sezione dedicata anche agli artisti triestini. Trieste. Salone degli Incanti, riva Sauro 1. Orario: mar-ven 10-13/16-19, sab-dom e festivi 10-19. Ingresso: € 8. Info: www. lestanzesegretedivittoriosgarbi.it Fino al 27 agosto ▶PARADOXA Mostra d’arte contemporanea orientale. Udine. Casa Cavazzini, via Cavour 14. Orario: mardom 10.30-19. Ingresso: € 5. Info: www.civicimuseiudine.it

Fino al 10 dicembre ▶GORIZIA MAGICA Libri e giocattoli per ragazzi (19001945). Gorizia. Fondazione Carigo, via Carducci 2. Orario: mer 16-19, sab-dom e festivi 10-14/15-19. Ingresso libero. Info: www.fondazionecarigo.it Fino al 7 gennaio ▶L’OFFENSIVA DI CARTA La Grande Guerra illustrata. Dalla collezione Luxardo al fumetto contemporaneo. Udine. Castello, piazzale del Castello 1. Orario: mar-dom 10.30-17. Ingresso: € 8. Info: www.civicimuseiudine.it

Fino al 30 luglio ▶ITALIA METAFISICA Mostra fotografica di George Tatge. Pordenone. Galleria Bertoia, corso Vittorio Emanuele II 60. Orario: merdom 15-19. Ingresso: € 3. Info: www.comune.pordenone.it

I COSTI E GLI ORARI DI APERTURA POSSONO VARIARE SENZA PREAVVISO. VERIFICARE SEMPRE RIVOLGENDOSI AGLI APPOSITI RECAPITI.


MOSTRE CARSO: NON SOLO PIETRE Servizio di Margherita Reguitti Immagini di Alessio Buldrin

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Il custode

della memoria

Fino all’11 giugno è visitabile a Gorizia la mostra di Enzo Valentinuz. Un percorso espositivo emozionante, nel quale i sassi calpestati dai soldati che hanno combattuto in questi luoghi durante la Grande Guerra raccontano storie impossibili da dimenticare.

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In questi anni liquidi nei quali tutto pare poter essere delocalizzabile, vi sono degli artisti la cui creatività è fortemente e inscindibilmente legata alla loro terra. Enzo Valentinuz (foto in basso) è uno di questi: le sue opere raccontano la storia, la natura, la bellezza e la memoria della Grande Guerra sul Carso. Il mondo creativo di Valentinuz, la sintesi dei temi della sua attività dal 2000 a oggi, sono riassunti nella mostra “Carso: non solo pietre”, allestita fino all’11 giugno ai Musei Provinciali di Borgo Castello a Gorizia e realizzata in collaborazione con l’associazione Lapis, il sostegno della Fondazione Carigo, della Provincia di Gorizia, dell’ERPAC e il patrocinio della Biblioteca statale isontina. Una narrazione nella quale la gioia e il dolore si contaminano, la durezza delle pietre acquista nuova forma ed energia, attraverso i colori, la stratificazione delle esperienze di vita e di materia. «Attraverso un esercizio concettuale di artista contemporaneo – ha ricordato il curatore della mostra Diego Collovini – Valen66

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tinuz crea un dialogo fra passato e presente, connotato da forza espressiva e originalità di linguaggio». Raffaella Sgubin, direttore dei Servizi Musei e Archivi storici dell’ Ente regionale patrimonio culturale, ha sottolineato come le forme e i colori siano evocativi della Secessione viennese, mentre Alessandra Martina, curatrice del Museo della Grande Guerra, ha rimarcato l’inusuale evento contemporaneo fra le testimonianze storiche. Nelle quattro sale del complesso museale sono esposte una quarantina di opere. Si tratta di altorilievi e sculture che richiedono al visitatore sia attenzione nell’osservazione sia abbandono all’emozione dello sguardo. I materiali lapidei, raccolti sul terreno, sono tessere di un mosaico contemporaneo. Le forme non sono forgiate alterandone l’originalità primitiva, ma composte in altorilievi che virano dai grigi naturali ai colori puri della tavolozza di pittore. Spesso le schegge poggiano su campiture di malte policrome, hanno come cornici strutture architettoniche possenti, sono legate da filo spinato o semplicemente sono le une sulle altre, creando una trama astratta o evocativa di immagini. «Ho colto – spiega Valentinuz – la suggestiva bellezza delle pietraie del Carso passeggiando in inverno. Ne sono rimasto prima affascinato, poi il pensiero è andato alla memoria della guerra. Nella mia mente è iniziato un viaggio a ritroso: ho sentito la violenza dei cannoni e dei mortai dai quali sono scaturite le


schegge. Ho immaginato i campi di battaglia sulle alture e nelle doline dove oggi regna la pace». Da questa riflessione personale è nata la spinta al racconto utilizzando le pietre come elemento compositivo pittorico. La mostra allestita a Borgo Castello crea un dialogo particolarmente suggestivo e intenso in quanto il contenuto artistico dialoga con il contenitore, in uno scambio emozionale fra la vita di trincea e l’energia del colore. Apre il percorso una struttura composta da filo spinato ingabbiato accanto a una grande opera sospesa dal titolo “La grande carsiana”, sintesi di pieno a vuoto, di luce capace di filtrare attraverso la pietra. Nel ciclo “Persi e dispersi” vengono evocati i combattenti allineati in schiere, mentre in “Sentieri della memoria” domina il dualismo cromatico biancoblu. Pietre e malte colorate compongono il trittico di oltre due metri di “Aquiloni di guerra” mentre la composizione “Bandiere”, imponente opera di 4 metri di lunghezza, rimanda ai simboli delle tante nazioni coinvolte nel conflitto mondiale. La memoria dei fatti storici accaduti un secolo fa in queste terre perde drammaticità e si trasforma in lieve bellezza in “Arazzi carsici”. Filtrate e rielaborate attraverso l’arte, le tragiche vicende umane assumono dunque una nuova potenza e parlano un linguaggio di speranza. Il ricordo, attraverso un processo di astrazione, diviene composizione ed espressione estetica tridimensionale. Opere che raccontano questo territorio di frontiera e la sua storia con la forza di uno sguardo aperto e confidente verso il futuro.

Margherita Reguitti

Enzo Valentinuz nasce a Romans d’Isonzo nel 1946, dove vive e lavora. Il suo percorso artistico si divide in due grandi esperienze vissute a 30 anni di distanza. La prima inizia nella seconda metà degli anni ‘60. Dopo il diploma di Maestro d’Arte in decorazione pittorica all’istituto d’Arte di Gorizia, allievo di Cesare Mocchiutti, frequenta poi l’Accademia di Belle Arti di Venezia. Nel 1968 la prima personale seguita da un’intensa attività espositiva, conseguendo anche importanti premi e riconoscimenti nazionali. Un percorso artistico che viene interrotto per scelte personali nel 1973. Nei tre decenni a seguire l’arte per Valentinuz è un mondo e un linguaggio necessari che però coltiva solo in forma passiva partecipando dall’esterno, leggendo, studiando e frequentando musei e gallerie. Riprende nel 2000 scegliendo come tecnica espressiva il “graffito su intonaco”. Da allora la sua attività prosegue con vigore ed energia esplorando tecniche diverse. Sono oltre 120 le esposizioni, mostre personali e collettive alle quali partecipa in Italia, Austria, Francia e Slovenia. Dal 2005 inizia a sperimentare l’utilizzo nella produzione artistica di pietre calcaree, come elemento pittorico. Una scelta personale e artistica che trae vita e forza dal forte rapporto dell’artista con il territorio. La mostra goriziana è stata preceduta dal progetto espositivo realizzato nel Museo Archeologico nazionale di Aquileia, per il quale è stato anche pubblicato un catalogo. Riferimenti: 328 1474727 - enzovalentinuz@libero.it


F I G L I D I U N O S P O R T M I N O R E o v v e r o , s a r a n n o ( s t a t i ) q u a s i f a m o s i !

Sentinels Isonzo, a guardia della lealtà Non ci capisco niente di Football Americano, o quasi. Quel quasi poggia sulla striminzita base di sapere chi è Joe Montana e che la gara più importante al mondo di questo sport è il Super Bowl. Però a me piacciono tutti gli sport e perciò chiedo lumi a Stefano Pitton, giocatore fra i più rappresentativi di una squadra che spesso coglie menzione in articoli della stampa sportiva locale, stiamo parlando dei ‘Sentinels Isonzo’, di Fogliano Redipuglia.

Stefano, un nome impegnativo il vostro, copia forse quello di una squadra americana? «In realtà no, perché i Sentinels come squadra sono esistiti solo nella finzione del film Le Riserve». Perciò avete portato un sogno nella realtà… «Onore al merito, a realizzarlo sono stati i due fondatori del club: Marco Frizzi e Mauro Bais; quest’ultimo è attualmente il nostro presidente». E lei come è arrivato al Football? «Ci fu una specie di ‘reclutamento’; venni invitato a partecipare e fu amore a prima vista con casco e spalliere». Come siete riusciti a sostenere l’attività? «È una storia di passione per lo sport; qualcosa ci hanno dato i ‘Draghi’ di Udine, forma68

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zione storica della regione, qualcosa è arrivato dalla Federazione, qualcosa di nostro… Le mie spalliere sono state usate in un campionato americano di qualche anno fa e hanno anche partecipato a un film!» Materiali robusti allora… Come funziona il vostro gioco? «In sostanza l’obiettivo è la conquista del territorio, in modo da riuscire a portare la palla oltre la linea di meta per realizzare lo scopo della giocata che è il ‘Touch down’. La squadra che parte all’attacco deve conquistare una fetta minima di territorio, consistente in un certo numero di ‘Yards’; se riesce nell’intento ha diritto a continuare l’azione di attacco, in caso contrario l’attacco passa alla squadra avversaria». A parole sembra semplice. «Mica tanto, perché ci sono formazioni di attaccanti e di difensori, nel senso che gli atleti usati nella fase di attacco hanno certe caratteristiche che i difensori non hanno, per cui si hanno due formazioni che si alternano a seconda della fase di gioco e dello statistico di ognuno». In quanti siete a giocare? «Noi abbiamo oltre quaranta atleti e partecipiamo al campionato di terza divisione dove si gioca in nove per fase, mentre in prima e seconda divisione si gioca in undici per fase». Una curiosità: cos’è lo ‘statistico’? «È un componente della squadra che annota tutte le azioni e ne ricava tabelle statistiche che sono utilizzate nello sviluppo del gioco». Quindi se salite di categoria dovrete giocare in undici? «La terza divisione è un campionato a sé stante, una specie di categoria di ‘accesso’; chi la vince conquista il titolo di Divisione e basta, non sale di categoria né ci sono sbocchi internazionali. Per le divisioni maggiori è diverso; lì si sale e si retrocede e chi vince il titolo della massima serie conquista, come anche nella nostra divisione, il ‘Super Bowl’». Perché questa partita è così importante? «Perché per parteciparvi bisogna già aver vinto la proprio ‘League’, il proprio girone. Nelle serie maggiori ce ne sono due: uno Nord e uno Sud. Perciò il ‘Super Bowl’ non può mai essere giocato fra due squadre della stessa città o dello stesso girone. Per la cronaca, l’anno scorso in Italia si sono af-


Sopra, i Sentinels Isonzo; pagina accanto, un primo piano di Stefano Pitton.

frontate Palermo e Bologna, e l’hanno spuntata i siciliani. In più, come nel baseball abbiamo lo ‘All Star Game’, un evento di fine campionato dove vengono scelti i migliori di ogni squadra e si compongono due formazioni che si affrontano in una specie di ‘Gran galà’». Esiste anche da voi il ‘terzo tempo’? «Sì, abbiamo anche noi qualcosa di simile. In realtà far parte di una squadra è molto coinvolgente, perché in campo ci si deve aiutare, proteggere e sostenere». Allude alla violenza dei contatti? «Vi è un alto impatto, devi essere preparato fisicamente e stare bene sempre, altrimenti sono guai, però c’è una lealtà che non so se altri sport hanno. E questo è bellissimo». Dicono che lei sia una specie di ‘Anima’ dei Sentinels... «Nulla di tale, mi metto solo d’impegno, sono uno dei ‘capitani’ e gioco come ‘Line Backer’, ruolo che possiamo indicare come ‘il regista della difesa’, mentre il ‘Quarter back’, il ruolo di Joe Montana, è il regista dell’attacco; diciamo che me la cavo abbastanza bene e questo è stato notato, fruttandomi un paio di convocazioni per lo ‘All Star Game’». Lei è classe 1989: per ora il suo ricordo più bello qual è? «Quando sono riuscito a strappare la palla all’attacco avversario, seminare tutti e fare ‘Touch down’; cose che riescono di rado, e a pochi».

Siamo agli sgoccioli: a proposito, quanto tempo dura una partita? «Quella delle serie maggiori è costituita in quattro tempi da 15’, e si riposa fra il secondo e il terzo. Per noi l’unica differenza è che i tempi sono da 12’. Però di tempo quasi effettivo, quindi certe partite durano oltre le due ore». Bisognerebbe essere professionisti… «Lavoro a giornata, anche se con orari variabili, e sono già contento, visto che prima lavoravo a turno, almeno adesso riesco a fare tutti gli allenamenti. Però si sappia che, stanchi dal lavoro o no, i ‘Sentinels Isonzo’ puntano in alto». E chi lo aveva mai messo in dubbio. Olè Sentinels! Chiunque voglia segnalare “un mito della porta accanto”, può scrivere alla redazione di iMagazine:  info@imagazine.it Per rileggere tutte le puntate precedenti di “Figli di uno sport minore” visita la sezione “approfondimenti” di www.imagazine.it

Una fase di gara.

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SPORT

COPPA DEI RIONI Servizio e immagini di Livio Nonis

Passione e intensità.

Con fair-play

Dopo il successo della passata edizione, torna a Monfalcone l’evento sportivo che contrappone i diversi rioni cittadini. Oltre al basket, quest’anno spazio anche al calcio a 5. Ecco le date e i protagonisti.

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Coppa dei rioni atto secondo. Visto il grande successo di pubblico ottenuto lo scorso anno, quando oltre mille persone hanno assistito nei tre giorni di gare agli incontri di basket, gli organizzatori hanno deciso di ripetere l’evento; anzi, grazie al patrocinio del Comune di Monfalcone hanno pensato di inserire nel programma anche un torneo di calcio a 5. Monfalcone è terra di sportivi: la palla a spicchi della pallacanestro e quella a scacchi del calcio hanno sfornato atleti che hanno calcato campi di serie A e B, e alcuni di questi si sono rimessi in discussione giocando il torneo di pallacanestro dello scorso anno (tra questi Marco Benigni, tutt’ora capitano della Falconstar Monfalcone in C Gold). Il torneo di quest’anno si disputerà nell’Area Ver-

de della città dal 22 al 25 giugno. Confermati anche i rioni partecipanti: Aris/San Polo/Anconetta campione uscente, il rione Via Romana/Solvay, il rione di Panzano, il rione Centro e il rione Largo Isonzo/Crociera. Il regolamento del torneo stabilisce che ci sia sempre una donna in campo e che tutte le squadre si incontrino tra loro nelle gare in programma dal 22 al 24 giugno, mentre domenica 25 si disputeranno le semifinali e, alle 21.30, la finalissima. Già noti i nomi dei coach che guideranno le squadre: Maurizio Zuppi allenerà il Centro, Fabio Banello via Romana, Andrea Beretta Largo Isonzo, Massimo Lussin Panzano e Thomas Miani Aris. Tutti allenatori di grosso calibro protagonisti sui palcoscenici regionali e nazionali. Da segnalare inoltre il proseguimento della collaborazione con l’associazione Progetto Basket di coach Paolo Montena, sempre in prima linea nel sostegno di queste iniziative. Di fianco, da sinistra, Paolo Montena e Adriano Paliaga. In alto, la squadra vincitrice nella scorsa edizione. Pagina accanto in alto, due fasi di gara dell’edizione 2016.

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Per quanto riguarda il torneo di calcio a 5, le partite saranno disputate in Piazza della Repubblica dove verrà allestito un campo di erba sintetica di misura regolamentare (30x18 mt). Il girone “all’italiana”, con la partecipazione degli stessi rioni, si giocherà a partire dal tardo pomeriggio dei giorni 16 e 17 giugno, mentre le semifinali e la finalissima si svolgeranno domenica 18. Alla fine dei due tornei saranno sommati i punteggi e verrà dichiarato il rione vincitore. Lo spirito della Coppa rimane totalmente improntato al divertimento, all’aggregazione sociale e al fairplay, come dimostrato dalla rinnovata collaborazione con Adriano Paliaga e il suo progetto incentrato sulla correttezza e, per l’appunto, sul fair-play. Il comitato promotore, composto da Riccardo Miniussi, Federico Vidani, Luca Gasparotto, Riccardo Tessarolo e Cristina Tanzariello, ha già dichiarato di non volersi fermare qui: “Il Comune, che ringraziamo calorosamente, si è infatti dimostrato entusiasta di sposare il nostro progetto e siamo fortemente intenzionati ad ampliare ulteriormente la manifestazione negli anni a venire”.

Livio Nonis

Coppa dei rioni – Date e orari

Calcio a 5. Piazza della Repubblica - 16-17/06 dalle ore 18 girone eliminatorio. - 18/06 dalle ore 18 semifinali. Ore 22 FINALISSIMA.

Pallacanestro. Area Verde - 22-24/06 dalle ore 19 girone eliminatorio. - 25/06 dalle ore 19 semifinali. Ore 21.30 FINALISSIMA.

Tornano in campo le giovani promesse Dal 22 maggio al 10 giugno a Fiumicello la 19^ edizione del torneo di calcio.

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Ritorna a Fiumicello il tradizionale appuntamento calcistico con il 19esimo torneo “Giovani promesse’’, organizzato dall’Associazione Fiumicello 2004, per la categoria esordienti misti 9x9. Coinvolti anche quest’anno i migliori settori giovanili del Friuli Venezia Giulia e del Veneto, che si sfideranno dal 22 maggio al 10 giugno sul campo comunale “Enzo Andrian”, suddivisi nei seguenti gironi: “girone A” Fiumicello 2004, Trieste calcio, Liventina, Ancona Udine; “girone B” Sistiana Duino Aurisina, Tolmezzo Carnia, Donatello Calcio (vincitore della passata edizione, foto a destra), Cjarlins Muzane; “girone C” Julia Sagittaria, Graphistudio Pordenone (femminile), San Luigi Calcio, Udinese Calcio; “girone D” Triestina 1918, Pordenone Calcio, Manzanese, Ronchi Calcio. In programma tre partite a serata con 2 tempi di 25 minuti. Le partite inizieranno alle ore 18.30,

19.30 e 20.30. Dai quarti di finale alle finali, in programma 3 tempi da 20 minuti con 2 partite a serata con inizio alle ore 18.30 e 20. Previsti premi per il miglior portiere, per il capocannoniere e per il miglior giocatore del torneo, scelto da una apposita giuria e premiato con una pergamena ricordo e una medaglia d’oro.

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Agriturismo Al Rosari Via Curiel 43/a, AQUILEIA (UD) Tel. 0431 918834 - Cell. 338 1575184

L’agriturismo “Al Rosari” è un locale grazioso e curato situato ai bordi dell’abitato che costeggia il centro storico di Aquileia. L’ambiente ricco di tradizione e il menù proposto da Romina e Patrizia è sempre arricchito con prodotti, ovviamente a km 0, composto da piatti tipici della cucina casalinga friulana e vini di produzione propria. Molto apprezzata l’oca e l’anatra. Presso l’agriturismo “Al Rosari” è possibile consumare, oltre che un pasto completo, anche semplici ma succulenti spuntini a base di formaggi, salumi e un bicchiere di buon vino. L’agriturismo “Al Rosari” accetta prenotazioni per gruppi, scolaresche e cerimonie.

Romina e Patrizia, quando e come è nata l’idea di aprire il locale?

«L’idea è nata da nostro padre che, avendo tre figlie femmine, ha pensato fosse la miglior cosa da fare per farci entrare in azienda e continuare quello che lui aveva cominciato. Amante della compagnia, anche per lui era fondamentale stare in mezzo alla gente».

“Al Rosari”, come mai questo nome?

«Il nome deriva dalla zona, che era una palude bonificata anni fa: si chiamava “Palut dal Rosari”. All’ingresso della strada bianca che porta all’agriturismo si può notare inoltre un capitello con un mosaico raffigurante la Madonna del La cuoca Patrizia Rosario».

Quali sono le specialità che proponete?

«I piatti derivano principalmente dal nostro allevamento di oche e anatre; i formaggi e la carne di maiale provengono da allevamenti di Fossalon. Gli insaccati di nostra produzione sono salame, pancetta e ossocollo, mentre i nostri vini di produzione propria sono Malvasia, Friulano, Cabernet, Sauvignon e Merlot».

Quali sono secondo voi i punti di forza della vostra offerta?

«Cerchiamo sempre di offrire qualità dei cibi con preparazioni che ricordano i piatti della nonna, che si potevano apprezzare anni addietro. Inoltre puntiamo sull’ospitalità e a offrire il miglior rapporto qualità/ prezzo. Per noi è indispensabile riuscire ad accontentare tutti i clienti dai più piccoli ai più grandi. I bimbi apprezzano molto gli gnocchi al sugo d’oca, i clienti più adulti invece apprezzano principalmente l’oca e l’anatra che, accompagnate con polenta, ricordano quello che mangiavano da giovani».

chef…ame! Patrizia ci suggerisce:

Oca in umido con polenta Ingredienti per 4 persone 8 pezzi d’oca 2 cipolle Sale Pepe Origano Polenta Vino bianco

Preparazione Preparare i pezzi d’oca, metterli in pentola a freddo con i fegati, i durelli e la cipolla, quindi salare, far rosolare bene e aggiungere un rametto di rosmarino. Bagnare con vino bianco: quando il vino sarà evaporato coprire con acqua e far bollire a fuoco vivo fino a completamento cottura. Aggiustare con pepe e un pizzico di origano, frullare la cipolla, i fegati e i durelli per ottenere il sugo. Impiattare assieme alla polenta e… buon appetito! |

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chef…ame!

Sardelle ripiene con la panura aromatizzata Ricetta del Maestro di Cucina Germano Pontoni

Preparazione

Ingredienti per 4 persone Togliere la testa e sventrare le sardelle, lavare velocemente e met- - 16 sardelle tere a sgocciolare, quindi tenere in frigorifero. Nel frattempo trita- - 6 cucchiai di pane grattugiato re finemente l’aglio e far imbiondire con 3 cucchiai di olio, aggiun- - 3 cucchiai di olio extravergine di oliva gere 4 cucchiai di pane grattugiato, il prezzemolo, sale e pepe. Far - 1 spicchio di aglio raffreddare, aggiungere il grana, mescolare e tenere in frigorifero - 1 cucchiaio di prezzemolo tritato per 2 ore. Allargare quindi le sardelle e farcire con la panura; ri- 1 cucchiaio di formaggio Grana chiudere e sistemare in una pirofila da forno con sotto il vino e l’olio, passarle in questo condimento, cospargere sopra il pane grat- - mezzo bicchiere di vino bianco - sale tugiato rimasto e infornare per 10 minuti a 190°. - pepe Servire le sardelle calde con un’insalatina di stagione accanto.

Pane & Pesci È un progetto nato lo scorso anno per valorizzare il pane bianco, curato dall’Associazione Culturale Progetto Quattro Stagioni con il sostegno morale ed economico dell’Amministrazione Comunale di Pasian di Prato, che consiste nel promuovere dopo 133 anni un’iniziativa sorta allora per combattere la Pellagra, pandemia dell’800, attraverso la preparazione di pane bianco o di frumento in un forno rurale, il primo in regione a quel tempo. Il progetto vede oggi panifici, produttori di pane artigianale e integrale (e di farine di diversi cereali) abbinati al pescato di mare in giornata, al-

levato in laguna e in acque dolci. Molta importanza, nell’ultimo periodo, viene data al pesce allevato in acque salubri e al pesce azzurro ricco di Omega3, mentre va sempre posta attenzione al consumo di pesce crudo, attualmente molto di moda.

Ci sono situazioni, come vedere mangiare un panino, che magari a qualcuno non dicono niente. A me invece mettevano addosso una grande soddisfazione. Accanto ai tavoli del forno di Cercivento, c’era lo spaccio della Cooperativa Carnica e la sera, dopo una giornata di lavoro, passavano gli uomini che avevano la fortuna di averlo. Si fermavano a bere un bicchiere di vino e qualcuno mangiava un panino di sgombro o di mortadella mentre chiacchieravano. Bambino, io ero lì e osservavo e ascoltavo questi uomini.

Mi piaceva osservare il modo in cui uno guardava il panino imbottito, i morsi che dava dopo aver scrutato dove si presentava meglio e dopo ogni morso la sistemazione del pane fra le mani per poter dar quella dopo con lo stesso gusto di prima. Osservarlo mi metteva un appetito tale che ancora oggi mi viene in mente e mi sento sazio nel gustare il solo ricordo di questo uomo indaffarato attorno a un panino imbottito. Tanto è vero che pane e sgombro è uno dei cibi che mangio più volentieri. (Da Pan e Gaban di William De Stalis, Cercivento 1996)

Germano Pontoni

Maestro di Cucina Cell: 347 3491310 Mail: germanoca@libero.it

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Centro Benessere Dentale di Gradisca d’Isonzo

I nostri servizi - IGIENE DENTALE: PREVENZIONE, PULIZIA DEI DENTI - CONSERVATIVA: OTTURAZIONE, CURA DELLA CARIE - ENDODONZIA: CURA DEI CANALI RADICOLARI DEI DENTI - PEDODONZIA: LE CURE PER I DENTINI DEI PIÙ PICCOLI - SBIANCAMENTO DENTALE: PER UN SORRISO SICURO ED EFFICACE

- ORTODONZIA CONSERVATIVA ED ESTETICA: RIALLINEAMENTO DEI DENTI; APPARECCHIO INVISIBILE

- PARODONTOLOGIA: CURA DELLA PIORREA - PROTESICA FUNZIONALE ED ESTETICA: PROTESI DENTALI FISSE E MOBILI ► IMPLANTOLOGIA – IMPLANTOLOGIA A CARICO IMMEDIATO: SOLUZIONE FISSA PER L’EDENTULISMO - CHIRURGIA AVANZATA: TECNICHE SPECIALIZZATE DI INTERVENTO ORALE Centro Benessere Dentale - A Gradisca d’Isonzo (GO) in Viale Trieste, 34 Tel./Fax: 0481 969739, cell.: 333/3213683 - A Trieste in Via Erta di Sant’Anna, 12 Tel.: 040/8320830 - A Cavalicco di Tavagnacco (UD) in Via San Bernardo, 30/5 Tel.: 0432/570995 E-mail: info@centrobenesseredentale.it Sito: www.centrobenesseredentale.it

Direttore Sanitario Dott. Nicola Greco

DOTT. ALESSANDRO, COSA SI INTENDE PER TRATTAMENTO ENDODONTICO? La terapia endodontica, più comunemente chiamata devitalizzazione, è un processo che comporta la rimozione del nervo, il tessuto molle composto da Dott. Alessandro Poiani vasi sanguigni e nervi all’interno del dente e dei canali radicolari. Viene dunque rimosso il tessuto pulpare sia a livello della corona che delle radici. Dopo una piccola radiografia digitale, che permette di diagnosticare e attestare la condizione iniziale del dente prima del trattamento, si procede con l’anestesia locale e l’apertura della cavità di accesso, quindi con la rimozione della porzione di dente che copre la polpa fino ad arrivare ai canali, che attraversano la radice in tutta la sua lunghezza. QUANDO DIVENTA INDISPENSABILE PROCEDERE CON TALE TRATTAMENTO? Tale trattamento diviene indispensabile ed inevitabile quando una carie non viene presa e curata in tempo. L’evento cariogeno evolvendosi va in profondità, dove la contaminazione batterica provoca una forte infiammazione ed infezione. La polpa viene così esposta e ha inizio il fastidioso mal di denti, che dura fino a quando resta viva. In seguito, dopo aver fatto male per un periodo più o meno lungo, essa va in necrosi, quindi muore.


Il dentista? Il mio migliore amico!

Il trattamento endodontico nei dentini da latte ha assunto negli anni sempre più rilievo. Se prima si procedeva con una semplice otturazione provvisoria o addirittura con l’estrazione del dente gravemente cariato, ora si capisce l’importanza che ricopre il suo mantenimento all’interno dell’arcata per non alterare gli spazi di eruzione e permettere una corretta permuta del permanente. Inoltre è importante che il dente deciduo resti in bocca tutto il tempo necessario per non

perdere una buona funzione masticatoria, fonatoria, deglutitoria ed infine, non meno importante, estetica. è giusto dunque attuare le procedure atte a salvare e curare il dente del bambino permettendogli la sua permanenza nel cavo orale, e salvaguardando così l’insorgere di problematiche legate alla sua precoce perdita. Tuttavia, quando questo non è davvero possibile, per scongiurare possibili problemi una volta estratto il dentino deve essere presa in considerazione la possibilità di applicare un mantenitore di spazio, che aiuta e permette di ridurre al minimo lo spostamento dei denti e preserva lo spazio per l’eruzione dei permanenti corrispondenti.

DOTT. ALESSANDRO, IN QUANTE FASI SI ARTICOLA LA TERAPIA ENDODONTICA? La cura canalare comporta vari passaggi, tutti molto importanti e ciascuno propedeutico al successivo. Ancor prima dell’apertura del dente è necessario assicurarsi che il campo operativo sia ben isolato; per questo motivo talvolta vi è anche una piccola ricostruzione del dente prima del trattamento, se la corona è gravemente danneggiata. In seguito l’odontoiatra metterà un ulteriore supporto di isolamento mediante l’uso della diga, un telo di gomma teso da un archetto in metallo e tenuto intorno al dente grazie ad un uncino. Dopo questi accorgimenti l’endodonzista inizierà la cura vera e propria, che consiste nella ricerca dei canali (i quali variano da 1 a 4 a seconda del dente). Verrà loro misurata la lunghezza, verranno strumentati, quindi ripuliti dal residuo di pol-

pa, ed infine lavati con un antisettico per eliminare tutti i batteri. La nostra esperienza al vostro servizio! Dopo la pulizia ed un’otturazione provvisoria si passa alla ricostruzione integrale della corona del dente, grazie ad un perno in fibra di vetro che viene cementato all’interno del canale radicolare; il materiale di cui è composto ricorda l’elasticità della dentina: questo permette un carico masticatorio ottimale ed evita che il dente ricostruito si fratturi. Infatti, in seguito alla rimozione della polpa esso diviene più fragile, e incline alla rottura, poiché perdendo la sua naturale elasticità il dente non più vitale diviene più arido. Grazie alla devitalizzazione è dunque possibile, in seguito, ottenere il totale recupero dell’elemento ed inoltre la possibilità di un suo reinserimento nell’arcata dentaria grazie ad un opportuno intervento protesico.

L’endodonzia nei denti decidui..

Lo sapevi che...

La cura dei canali radicolari dei denti è talvolta l’unica alternativa all’estrazione. Per questo motivo è molto importante che essa sia il più possibile accurata e precisa. Talvolta tuttavia può capitare che nonostante tutto la terapia endodontica vada ripetuta. Questo procedimento prende il nome di ritrattamento.

Un mezzo moderno ed efficace per tenere sotto controllo la devitalizzazione di un dente sono le radiografie digitali ad uso odontoiatrico, oramai innocue nella loro esecuzione ma piuttosto utili e vantaggiose per quanto riguarda un corretto trattamento endodontico e la sua conservazione nel tempo.


I tuoi eventi su iMagazine!

FOLKLORE

Visita il sito www.imagazine.it, entra nella sezione eventi e segnala direttamente on line le tue iniziative.

Legenda Caffetteria

Afterhour

Birreria

Eventi a tema

Enoteca

Sale convegni

Special drinks

Musica dal vivo/karaoke

Stuzzicheria

Musica da ballo

Vegetariano/biologico/regimi

Happy hour

Cucina carne

Giochi

Cucina pesce

Internet point

Paninoteca

TV satellitare/digitale

Pizza

Giochi e spazi per bambini

Gelateria

Pernottamento

Catering

Buoni pasto

Organizzazione feste

Parcheggio

13-14 / 19-21 maggio ▶ Sapori Pro Loco

Nel prato tra le esedre di Villa Manin, le Pro Loco proporranno i propri piatti tipici. Previsti incontri di approfondimento dei prodotti di qualità del territorio, concerti, animazione per bambini e show pirotecnico finale. Codroipo (UD). Villa Manin di Passariano. Info: www.prolocoregionefvg.it

ristorante

Il range di prezzo indicato (ove applicabile) si riferisce al costo medio di un pasto, escluse bevande alcoliche. I dati segnalati sono stati forniti direttamente dal Gestore del locale. Qualora doveste verificare delle discordanze, Vi invitiamo a segnalarcelo.

1-4 giugno ▶ Itinerannia

Tra gusto e arte una vetrina per conoscere tutte le peculiarità della Bassa friulana. Dalle specialità gastronomiche alle mostre d’arte, dai concerti agli appuntamenti sportivi, con anche escursioni in barca. San Giorgio di Nogaro (UD). Info: www.itinerannia.org

ristorante

e inoltre... 21 maggio ▶ Fiesta da Viarte

Case private offrono ai visitatori cibo tipico friulano, vino e bevande. Cormóns (GO). Sentiero del Cret Paradis. Info: www. fiestedaviarte.org

27-28 maggio ▶ Terra e Fiume

Concerti, spettacoli e stand gastronomici. Cervignano del Friuli (UD). Info: www.cervignanodelfriuli.net


scopri tutti gli eventi in regione su www.imagazine.it

Pub

85^ edizione della più antica manifestazione enoica italiana. In programma concerti, degustazioni, mercatini, corsi di cucina, giochi, spettacoli circensi, attività sportive, visite guidate ed eventi per famiglie e bambini. Buttrio (UD). Villa di Toppo-Florio. Info: www. buri.it

trattoria

9-11 giugno ▶ Fiera regionale dei vini di Buttrio

agriturismo

23-25 giugno ▶ Aria di San Daniele

La grande festa del Prosciutto crudo di San Daniele tra degustazioni, conferenze a tema, concerti, eventi sportivi e numerosi momenti di incontro con esperti del settore gastronomico. San Daniele del Friuli (UD). Info: www.ariadisandaniele.it

28 maggio ▶ Festa delle Meridiane

Visite guidate, mostre, incontri, degustazioni. Aiello del Friuli (UD). Info: www.ilpaesedellemeridiane.com

8-13 giugno ▶ Mostra del Vino e del Pesce

Rassegna vitivinicola, degustazioni, musica, sport. Monfalcone (GO). Piazza della Repubblica. Info: www.monfalcone.info


L I V E

M U S I C

24 maggio ▶ Fiorella Mannoia

Arriva in FVG “Combattente il Tour”, nuovo progetto live di una delle voci più raffinate ed eleganti della musica italiana. In scaletta undici brani inediti del nuovo disco. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 21. Info: www.azalea.it

11 giugno ▶ Tiziano Ferro

Il “Mestiere della Vita”, certificato 7 Platino per oltre 350.000 copie vendute, è il disco più venduto degli ultimi tre anni. A Lignano l’artista lo proporrà assieme ai brani più famosi del suo repertorio. Lignano Sabbiadoro (UD). Stadio Teghil. Ore 21.30. Info: www.azalea.it

e inoltre... 18 maggio ▶ Glauco Venier 4et

La Vedova in Jazz. Udine. Trattoria Alla Vedova. Ore 21.45. Info: www.allavedova.it

19 maggio ▶ Arianna Antinori

Rock, soul and blues. Marano Lagunare (UD). Ore 21. Info: 0431 640259 80

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settembre-ottobre 2007

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15 giugno ▶ Airbourne

“Breakin’ Outta Hell” è il quarto e ultimo disco del gruppo nuovo volto dell’hard rock australiano. Al suo interno anche la canzone “It’s All for Rock ‘n’ Roll”, omaggio a Lemmy Kilmister, frontman dei Motorhead. Lignano Sabbiadoro (UD). Arena Alpe Adria. Ore 21.30. Info: www.azalea.it

29 giugno ▶ Franco Battiato

Uno dei più grandi compositori italiani sarà accompagnato dalla Royal Philharmonic Concert Orchestra diretta da Carlo Guaitoli, con Angelo Privitera alle tastiere e programmazioni. Palmanova (UD). Piazza Grande. Ore 21.30. Info: www. azalea.it

21 maggio ▶ Playa Desnuda

Concerto reggae-rocksteady. Pordenone. Piazza Cavour. Ore 21. Info: www.comune.pordenone.it

10 giugno ▶ Raf

Tutti i suoi successi. Aiello del Friuli (UD). Palmanova Outlet Village. Ore 21. Info: www.palmanovaoutlet.it L’INFORMAFREEMAGAZINE

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CLASSIC ARTS

17-18 maggio

▶ Le sorelle Macaluso

Una famiglia sospesa fra vita e morte: sul palco si muovono infatti vivi e defunti allo stesso tempo, sette sorelle che si fermano a evocare, rinfacciare, sognare, piangere e ridere della loro storia. Trieste. Teatro Stabile Sloveno. Ore 20.30. Info: www. ilrossetti.com

19-20 maggio

▶ Angelo Pintus

Le due date conclusive del suo trionfale tour “Ormai Sono una Milf”, in Pintus racconta come cambia la vita di un uomo a 40 anni, vista però con gli occhi di chi si sente sempre un eterno bambino. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 21. Info: www.azalea.it

e inoltre... 10-14 maggio ▶ Il Prezzo

Con Umberto Orsini, Massimo Popolizio, Alvia Reale, Elia Schilton. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 20.30 (14/5 ore 16). Info: www.ilrossetticom

14 maggio ▶ Brundibar

Opera per bambini in due parti. Trieste. Teatro Verdi. Ore 18. Info: www.teatroverdi-trieste.com


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27 maggio

▶ Orchestra Filarmonica della Scala

Una delle massime orchestre del mondo affidata alla straordinaria bacchetta di Myung–Whun Chung, chiamata a interpretare una pietra miliare della musica: la Quinta di Ludwig van Beethoven. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 20.45. Info: www.teatroudine.it

9 giugno

▶Tosca

Musica di Giacomo Puccini. Melodramma in tre atti su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica dall’omonimo dramma di Victorien Sardou. Repliche il 10/11/13/15/17 giugno. Trieste. Teatro Verdi. Ore 20.30. Info: www.teatroverdi-trieste.com

18 maggio ▶ Orchestra Filarmonica di Novosibirsk

Diretta da Gintaras Rinkevičius. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 20.45. Info: www.teatroudine.it

26 maggio ▶ Amiche

Due donne, due amiche. Fino all’imprevisto che scatena la rivoluzione fra loro. Pordenone. Castello di Torre. Ore 20. Info: 371 1587456


S PO R T

26-27 maggio ▶ Giro d’Italia

Due tappe della Carovana Rosa toccheranno il FVG: prima l’arrivo a Piancavallo dopo la partenza da San Candido (Alto Adige). Quindi, l’indomani, il via da Pordenone alla volta di Asiago. Pordenone. Info: www.gazzetta.it

26-28 maggio ▶ Verzegnis – Sella Chianzutan

Gara automobilistica internazionale di velocità in salita. Si correrà sulla strada provinciale 1 della Val d’Arzino nel comune di Verzegnis per 5,640 km, nel comprensorio della Carnia. Verzegnis (UD). Info: www.scuderiafriuli.com

e inoltre... 11-14 maggio ▶ Coppa del Mondo di Paraciclismo

Prima prova europea della competizione iridata. Maniago (PN). Info: www.giubileodisabiliroma.it

10 giugno ▶ Sunset Run Half Marathon

La mezza maratona al tramonto sul lungomare. Lignano Sabbiadoro (UD). Info: www.lignanosunset.it 84

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settembre-ottobre 2007

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7-10 giugno ▶ Campionati nazionali assoluti di scherma

Gare di spada, sciabola e fioretto con la partecipazione di 42 atleti per arma maschile e altrettanti nel femminile. In contemporanea si svolgeranno anche le gare per gli atleti paralimpici. Gorizia. Palestra UGG e Quartiere fieristico. Info: www.turismofvg.it

10 giugno ▶ International SkyRace Carnia

Gara internazionale di corsa di alta montagna su percorso di 24,250 km e dislivello complessivo di 2004 m. Partenza e arrivo dai Laghetti di Timau. Paluzza (UD). Info: www.aldomoropaluzza.it

11 giugno ▶ Trail dei Cramars

Partenza e arrivo da Vinaio di Lauco. Lauco (UD). Info: www.traildeicramars.it

16-18 giugno ▶ Magraid

Correndo nella steppa. Gara a tappe. Cordenons (PN). Località Parareit. Info: www.magraid.it


MEETING

8-22 maggio ▶ In/visible cities

Festival della multimedialità urbana. Gorizia e i suoi spazi attraverso il connubio tra arte e tecnologia, emozioni e innovazioni che la rendono un palcoscenico aperto e diffuso. Gorizia. Info: http://invisiblecities.eu

11-14 maggio ▶ Vicino/lontano

13^ edizione del festival culturale che propone dibattiti, conferenze e approfondimenti sull’attualità. Il 13 maggio assegnazione del Premio Terzani al giornalista Sorj Chalandon. Udine. Info: www.vicinolontano.it

e inoltre... 17 maggio ▶ Gli orafi della speranza

Presentazione del libro di Roberto Terpin. Gradisca d’Isonzo (GO). Consorzio Isontino Servizi Integrati. Ore 18.30. Info: www.imagazine.it

19-21 maggio ▶ Pordenoneviaggia

Festival dedicato al viaggio e ai viaggiatori. Pordenone. Info: www.pordenoneviaggia.it 86

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w w w.im a gazi ne.i t

19-21 maggio ▶ Terminal

Festival dell’arte in strada. Ballerini acrobati, giocolieri, mangiafuoco, trasformisti e musicisti provenienti da tutto il mondo, per spettacoli e danze mozzafiato. Udine. Centro storico. Info: www.terminal-festival.com

25-28 maggio ▶ èStoria

“Italia Mia” è il titolo scelto per l’edizione 2017 del festival che proporrà approfondimenti con storici, giornalisti, autori, studiosi, artisti e personalità dei più diversi campi. Gorizia. Info: www.estoria.it

1-4 giugno ▶ Non solo pezzi di legno

Festival Internazionale dell’Arte di Strada. Fontanafredda (PN). Località Ceolini. Info: www.nonsolopezzidilegno.it

14-18 giugno ▶ Risonanze

Festival dell’abete rosso di risonanza della Valcanale. Malborghetto Valbruna (UD). Info: www.risonanzefestival.com L’INFORMAFREEMAGAZINE

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F 24-28 MAGGIO ▶AUTOPROMOTEC

Viale Borgo Palazzo, 137 BERGAMO Tel 035 3230911 www.promoberg.it 24-25 MAGGIO ▶INDUSTRIA VALVE SUMMIT

Ingegneria e costruzioni per l’acquisto

Viale della Fiera, 20 BOLOGNA Tel 051 282111 www.bolognafiere.it 5-7 MAGGIO ▶COSMOFARMA

Prodotti e Servizi per la Salute, il Benessere e la Bellezza in Farmacia 11-13 MAGGIO ▶FRANCHISING & RETAIL

Attrezzature e Aftermarket Automobilistico 8-9 GIUGNO ▶SMAU

ICT per Imprese e Pubbliche Amministrazioni 8-9 GIUGNO ▶R2B

Ricerca Industriale

Cremona Fiere s.p.a. Piazza Zelioli Lanzini, 1 CREMONA Tel 0372 598011 www.cremonafiere.it 19-21 MAGGIO ▶SALONE DEL CAVALLO AMERICANO

26-30 GIUGNO ▶SEMINARI QUALYFOOD

Formazione per l’industria alimentare

Prodotti e Attrezzature per gli Animali da Compagnia

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11-13 MAGGIO ▶FLORENCE CREATIVITY

Piazza Adua, 1 FIRENZE Tel 055 49721 www.firenzefiera.it

E Biennale del comparto marittimo

Fatto a mano in Italia 19 MAGGIO

▶NEXTECH

Il meglio della musica elettronica 13-16 GIUGNO

▶PITTI IMMAGINE UOMO

Collezione abbigliamento e accessori moda maschile e Collezione donna

Fieramilanocity Piazzale Carlo Magno 1 MILANO Fieramilano Strada statale del Sempione 28 RHO Tel 02 49971 www.fieramilano.it 8-11 MAGGIO ▶FRUIT & VEG INNOVATION

Piazzale J. F. Kennedy, 1 GENOVA Tel 010 53911 www.fiera.ge.it 20-21 MAGGIO ▶GIZMARK

Elettronica, informatica e Hi Tech 20-21 MAGGIO

▶GENOVA DIVE SHOW

11-14 MAGGIO ▶ZOOMARK INTERNATIONAL

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Festa del mare e della subacquea 30 GIUGNO

▶SHIPBROKERS DINNER

Salone della frutta e delle verdure Fieramilano

8-11 MAGGIO ▶TUTTOFOOD

Salone dell’alimentazione, del dolciario, del prodotto biologico, delle bevande e del prodotto a marca Fieramilano

17-19 MAGGIO

▶LAMIERA

Macchine, impianti, attrezzature per la lavorazione di lamiere, tubi, profilati, fili e carpenteria metallica. Stampi. Saldatura. Trattamenti termici. Trattamento e finitura superfici. Subfornitura. Fieramilano

19-22 MAGGIO ▶CHIBIMART

Accessori per la moda e bijoux exposition Fieramilanocity

19-22 MAGGIO ▶SÌ. SPOSAITALIA COLLEZIONI

Presentazione Internazionale di Abiti da Sposa e da Cerimonia Fieramilanocity

16-18 GIUGNO ▶EXPO ENCI

Esposizione internazionale canina Fieramilano

▶MADE IN STEEL

La fiera dell’acciaio Fieramilano

17-20 MAGGIO

Via N. Tommaseo, 59 PADOVA


F Tel 049 840111 www.padovafiere.it 13-21 MAGGIO ▶FIERA CAMPIONARIA

13-21 MAGGIO ▶DESIGN, OUTLET, CASA

La vetrina per il brand

6-7 MAGGIO ▶NORDEST COLLEZIONA

Collezionismo militare, convegno filatelico numismatico, minerali e bigiotteria 21 MAGGIO ▶NAONISCON

▶GOLOSARIA

Evento dedicato ai giochi di ruolo, di simulazione, di società e di carte

Il cibo e il vino di qualità

8 GIUGNO

26-28 MAGGIO

▶GLASS PACK

Via Rizzi, 67/a PARMA Tel 0521/9961 www.fiereparma.it 3-5 MARZO 23-25 MAGGIO ▶SPS IPC DRIVES

Tecnologie per l’automazione elettrica

Packaging su vetro: design, produzione, personalizzazione

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Tel 0541 744111 www.riminifiera.it 7-9 MAGGIO ▶MIR

Innovazione e tecnologie in luci e musica 10-12 MAGGIO

▶MACFRUT

Via Filangeri, 15 REGGIO EMILIA Tel 0522 503511 www.fierereggioemilia.it

27 MAGGIO ▶FIERA DEL FUMETTO

Via Emilia, 155 RIMINI

12-14 MAGGIO ▶BEER FESTIVAL

La birra artigianale in fiera Udine

12-14 MAGGIO ▶COUNTRY ROCK FESTIVAL Udine

Per i professionisti della frutta e verdura 18-20 MAGGIO

▶EXPODENTAL

Meeting internazionale 1-4 GIUGNO

▶RIMINI WELLNESS

Fitness, benessere e sport 23 GIUGNO – 2 LUGLIO

58^ edizione della mostra mercato nazionale

Viale Treviso 1 PORDENONE Tel 0434 23 21 11 www.fierapordenone.it

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▶GINNASTICA IN FESTA

Punto di incontro per produttori, distributori, rivenditori e vapers 23-25 GIUGNO ▶PULIRE

Produzioni e tecnologie per attività di igiene ambientale 26-28 MAGGIO

Viale del Lavoro, 8 VERONA Tel 045 8298111 www.veronafiere.it

▶VERONA MINERAL SHOW GEO BUSINESS

Fiera internazionale di minerali, fossili e preziosi

5-7 MAGGIO ▶VERONA LEGEND CARS

Fiera dell’auto d’epoca 16-18 MAGGIO ▶AUTOMOTIVE DEALER DAY

Via Cotonificio, 96 Torreano di Martignacco (UD) UDINE Tel 0432 4951 www.udinegoriziafiere.it Via della Barca, 15 GORIZIA

▶VAPITALY

Informazioni, strategie e strumenti per la commercializzazione automobilistica 19-21 MAGGIO ▶VERONAFIL

Manifestazione filatelica, numismatica, cartofila 20-22 MAGGIO

Via dell’Oreficeria, 16 VICENZA Tel 0444 969111 www.vicenzafiera.it 6-7 MAGGIO ▶ESOTIKA PET SHOW

Fiera nazionale dedicata agli animali esotici e da compagnia 2-4 GIUGNO ▶GAME FAIR

La festa della natura. In Fiera


F U O R I

R E G I O N E

T R E V I S O 12-14 maggio

▶ADUNATA NAZIONALE ALPINI 90^ edizione dell’evento nazionale che richiamerà in città le Penne Nera da tutta Italia. Domenica in programma la grande sfilata. Treviso. Info: www.treviso2017.it 12-28 maggio

▶SAGRA DELLE ROSE Grande evento della primavera trevigiana con stand gastronomici, musica dal vivo, esposizioni storiche in ricordo delle due guerre mondiali. Oltre all’immancabile concorso e premiazione delle rose più belle. Treviso. Località Monigo. Info: 339 8045380 18-28 maggio

▶FESTA DELLE RANE Degustazioni di piatti a base di rane ma anche di prodotti tipici del territorio. Musica live, ballo liscio, orchestre ed esibizione di scuole di musica. In programma anche la tradizionale gara ciclistica. Santa Lucia di Piave. Info: 347 2439683 20 maggio – 4 giugno

▶MOSTRA DEL VINO SUPERIORE DEI COLLI Selezionata esposizione con degustazione di Vini Tipici dei Colli di Conegliano e di Valdobbiadene, abbinati alla gastronomia tipica locale con spiedo e carni alla griglia. Previste serate a tema con abbinamento vini e prodotti tipici. Tarzo. Località Corbanese. Info: 339 8614543 27-28 maggio

▶MOSTRA DEL MODELLISMO STATICO E DINAMICO Treni, aerei, navi, mezzi di locomozione: due giornate di dimostrazioni ed esposizioni per ammirare modelli unici provenienti da tutta Italia e dall’estero. Spresiano. Info: 339 8614543 Fino al 28 maggio

▶ALESSANDRA FREGUJA  VIBES Arte e musica si incontrano e comunicano tra loro in una mostra tutta dedicata al mondo del jazz e alle sue vibrazioni e mutevoli cromatismi. Treviso. Basilico 13. Info: www.alessandrafreguja.com Fino al 18 giugno

▶BELLINI E I BELLINIANI Indagine artistica approfondita sulla figura imprescindibile di Giovanni Bellini, nell’anno del quinto centenario della morte del maestro. Conegliano. Pinacoteca comunale. Info: www.palazzosarcinelli.it 90

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F U O R I

R E G I O N E

V E N E Z I A 10 maggio – 5 novembre

▶MARIALUISA TADEI. ENDLESSLY Caratterizzati dalla vivacità dei colori e dalla sinuosità delle forme, i lavori scultorei sono realizzati con vari materiali quali acciaio, alluminio, bronzo, vetroresina, alabastro e vetro soffiato. Venezia. Il Giardino Bianco - Art Space. Info: info@ilgiardinobianco.it 27-28 maggio

▶FESTA DELLA SENSA Rievocazione che più di ogni altra fa rivivere la millenaria storia della Serenissima Repubblica di Venezia, il suo intimo rapporto con il Mare e con la pratica della Voga alla Veneta. Venezia. Canal Grande. Info: www.marcadoc.com 4 giugno

▶VOGALONGA Manifestazione sportiva ludico-motoria amatoriale, non competitiva, che si svolgerà nel contesto della laguna di Venezia su un tracciato di 30 chilometri circa. 43^ edizione. Venezia. Info: www.vogalonga.com Fino al 25 giugno

▶LANCEROTTO  IL RITORNO DI UN PROTAGONISTA Nel centenario della morte del pittore, prima esposizione dedicata interamente all’artista noalese, a riconoscimento del ruolo di primaria rilevanza che Lancerotto ha ricoperto nella stagione pittorica veneta tra Otto e Novecento. Stra. Museo Nazionale Villa Pisani. Info: www.villapisani.beniculturali.it Fino al 26 giugno

▶RITA KERNNLARSEN  DIPINTI SURREALISTI Un inedito approfondimento dedicato all’arte surrealista di Rita Kernn-Larsen, rinomata pittrice danese, ospite della Collezione Peggy Guggenheim. Venezia. Collezione Peggy Guggenheim. Info: www.guggenheim-venice.it Fino al 2 luglio

▶ATTORNO A TIZIANO. L’ANNUNCIO E LA LUCE VERSO IL CONTEMPORANEO In dialogo capolavori dell’arte antica e icone dell’arte contemporanea, valorizzando soprattutto il patrimonio dei Musei Civici, accanto ad alcune straordinarie opere provenienti da collezioni private. Venezia. Centro Culturale Candiani. Info: www.centroculturalecandiani.it Fino al 6 luglio

▶SERENA BOCCANEGRA  SOTTO AL LETTO DI MIA NONNA Attraverso il filo di un’amorevole memoria, simbolizzata da una variegata sequenza di oggetti e micro mondi sognati dall’autrice, emerge in senso catartico l’importanza del rapporto dell’artista con il proprio contesto famigliare. Venezia. Bottega d’Arte Gibigiana. Info: bottega.gibigiana@gmail.com L’INFORMAFREEMAGAZINE

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O L T R E

C O N F I N E

C R O A Z I A 13-14 maggio

▶SUPER SURFERS CHALLENGE Quarta edizione della gara internazionale di stand-up paddle valida per la qualificazione per la Coppa del Mondo. Sulla distanza di 13 km. Lanterna. Info: www.surfmania.net 18-21 maggio

▶ROVIGNO BEACH POLO EVENT Vicino al Porton Biondi verrà installata l’arena su cui si svolgerà il torneo. Quattro squadre internazionali per uno spettacolo agonistico di alta intensità. Rovigno. Info: http://croatiapolo.com 20 maggio

▶REPUBBLICA DI ALBONA Regata di barche a vela da crociera. I migliori equipaggi delle barche a vela dell’Istria e del Quarnero dimostreranno nel mare di fronte a Riva la loro capacità di domare il vento e le onde. Albona. Info: www.jkkvarner.hr 24-28 maggio

▶DANCESTAR FESTIVAL Campionato mondiale di ballo. In gara più di 5.000 tra i migliori ballerini del mondo. Previsti anche eventi didattici per gli appassionati. Parenzo. Info: www.dancestar.org 25-28 maggio

▶CROATIA MATCH CUP Una delle competizioni di vela più prestigiose al mondo, il World Match Racing Tour, con le avvincenti sfide tra catamarani insieme a un programma di intrattenimento con eventi enogastronomici. Parenzo. Info: http://croatiamatchcup.hr 27 maggio

▶FESTIVAL DELLO SCAMPO DEL QUARNERO Manifestazione gastronomica alla quale i cuochi dei ristoranti locali preparano piatti esclusivamente a base di scampi quarnerini. Possibile assaggiare anche i pluripremiati vini dei produttori locali. Riva. Info: www.istra.hr 31 maggio – 7 giugno

▶NIKOLA TESLA EV RALLY CROATIA Il rally più silenzioso del mondo, riservato ad auto elettriche. Partenza da Rovigno e arrivo a Zagabria, con passaggio attraverso 5 isole e 6 parchi nazionali. Rovigno. Info: www.nikolateslaevrally.com.

C A R I N Z I A 20-26 maggio

▶ TOUR DE KÄRNTEN 6 tappe di ciclismo nella Carinzia centrale con lunghezze tra 54 e 122 km e fino a 2.100 metri di altezza al giorno. Per un percorso complessivo di 360 km di lunghezza totale. Ossiach. Info: http://tourdekaernten.at 24-27 maggio

▶ AUTONEWS Raduno GTI a Reifnitz sul lago Wörthersee: tra esposizioni d’auto, concerti live e spettacoli dal vivo, quattro giorni ad alto tasso di adrenalina. Reifnitz. Info: www.woerthersee.com 27 maggio

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▶ SWIM MANIAK Per gli appassionati di nuoto un evento che mette alla prova la velocità e la resistenza dei partecipanti, tutti in azione nelle acque del lago Klopein. Klopeiner See. Info: www.swimaniak.com


O L T R E

C O N F I N E

S L O V E N I A 13-14 maggio

▶OPEN NATIONAL MAJORETTE CHAMPIONSHIP Oltre 800 majorettes da tutta la Slovenia giungono a Lasko per conquistare con le proprie esibizioni a corpo libero e con coreografie mirate il titolo nazionale. Lasko. Info: www.stik-lasko.si 19-21 maggio

▶FESTIVAL DEL REFOSCO Nel villaggio di Marezige i viticoltori del territorio confrontano i rispettivi vini per eleggere il Refosco e la Malvasia migliore, che vengono poi offerti a tutti i visitatori. In programma anche eventi sportivi e culturali. Capodistria. Info: www.koper.si 19-21 maggio

▶VINSKA VIGRED La primavera del vino è un festival che ogni anno coinvolge ventimila visitatori a Bela Krajina, tra serate musicali, incontri culturali e degustazioni di prodotti enogastronomici. Metlika. Info: www.metlika-turizem.si 21 maggio

▶GIORNATA DEL CAVALLO LIPIZZANO Festeggiamenti per ricordare i 437 anni da quando l’arciduca Carlo II, figlio dell’imperatore Ferdinando I d’Asburgo, avviò la costruzione del futuro allevamento imperiale di cavalli a Lipizza. Lipizza. Info: www.slovenia.info 25 maggio

▶DRUGA GODBA Festival musicale e culturale che quest’anno collegherà simbolicamente le due città di Pirano e Lubiana, con un programma che mira a coinvolgere un pubblico transgenerazionale. Pirano. Info: www.slovenia.info 27-28 maggio

▶FESTA DEI CARCIOFI A Strugnano un’intera giornata dedicata alle delizie locali preparate a base di carciofi e con altre prelibatezze autoctone. Immancabili le degustazioni aperte al pubblico. Strugnano. Info: www.slovenia.info 24 giugno – 2 luglio

▶BREŽICE Oltre 25.000 visitatori da tutta la Slovenia e dall’estero per assistere a concerti, spettacoli da strada, rappresentazioni teatrali ed eventi sportivi. Brežice. Info: www.discoverbrezice.com

3-4 giugno

▶ SPECK FEST Festa gastronomica in cui sarà possibile degustare le migliori qualità di speck del Gailtal. Numerosi eventi collaterali: dai concerti alle escursioni. Hermagor. Info: www.speckfest.at 24-26 giugno

▶ EUROPA CUP Torneo internazionale di calcio a 5 amatoriale aperto agli appassionati di ogni stato e di ogni età. Oltre alle partite, in programma anche eventi musicali e gastronomici. Millstätter See. Info: www.europacup.at 2 luglio

▶IRONMAN AUSTRIA TRIATHLON Una delle gare ufficiali “Ironman” del mondo. Il programma sportivo davvero eroico è riservato agli oltre 2.800 atleti iscritti, provenienti da 5 continenti (3,8 km a nuoto, 180 km in bici, 42 km di corsa). Wörthersee. Info: www.ironman.com

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SALUTE: APPROVATO IL DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE 2017 Novità in arrivo negli ambiti della riabilitazione e nell’area materno infantile. Questionari telefonici per i pazienti dimessi dopo interventi chirurgici. La Giunta regionale ha approvato il documento di Programmazione 2017 del Servizio sanitario regionale (Ssr) con cui ciascuna Azienda riprende e fa propri gli indirizzi tracciati dalle Linee di gestione. Tra i progetti di riorganizzazione delle funzioni, oltre alla prosecuzione del piano dell’Emergenza Urgenza e alla riorganizzazione dei laboratori con l’approvazione del piano della medicina di Laboratorio e la realizzazione di 3 centri hub nei presidi ospedalieri di Pordenone, Trieste e Udine, nel corso del 2017 c’è l’obiettivo di adottare il piano Oncologico, il piano della Riabilitazione, il piano della Salute mentale e il documento di riorganizzazione dell’attività pediatrica. Sul fronte della prevenzione, saranno attivati i programmi di identificazione precoce della fibrosi cistica e dell’identificazione precoce dei neonati con emoglobinopatia nella popolazione a rischio. In tema di riabilitazione, alle Aziende è richiesto di completare entro quest’anno il processo di riqualificazione dei posti letto di Rsa pubblici e privati che entreranno a far parte della rete di riabilitazione estensiva extra ospedaliera.

COMUNE DI MONFALCONE

Abitanti: 28.018

(dati Anagrafe feb - mar 2017) nati: 47, deceduti: 67, immigrati: 280, emigrati: 258, matrimoni: 6 Recapiti: 0481 494280, www.comune.monfalcone.go.it

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marzo-aprile 2015

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In tema di autismo, l’obiettivo regionale per l’anno 2017 è quello di implementare a livello aziendale il percorso diagnostico assistenziale per il minore affetto da disturbi dello spettro autistico. Nell’area materno-infantile gli obiettivi individuati come prioritari sono la responsabilizzazione diretta delle ostetriche nella gestione del percorso per la gravidanza fisiologica, il mantenimento e/o miglioramento della percentuale dei parti cesarei e dei parti indotti farmacologicamente e l’individuazione degli interventi pediatrici che, per assicurare adeguati livelli di sicurezza e qualità, è necessario centralizzare in un’unica struttura o essere eseguiti, eventualmente in più sedi, da una sola équipe chirurgica e anestesiologica. Nel 2017 la programmazione prevede di implementare alcune modalità innovative di gestione del rapporto con i cittadini: in particolare il contatto telefonico dopo la dimissione da un reparto chirurgico post intervento, che ha l’obiettivo di far sentire al cittadino la vicinanza della struttura che lo ha curato anche dopo l’avvenuta dimissione. Per quanto riguarda infine il personale, complessivamente le aziende prevedono l’assunzione di circa 400 unità nel corso del 2017, mentre per quanto riguarda gli investimenti (acquisti di tecnologie e interventi edilizi ordinari e straordinari) è stato confermato quanto già previsto nei piani pluriennali.

COMUNE DI SAN CANZIAN D’ISONZO Abitanti: 6.173

(dati Anagrafe feb - mar 2017) nati: 6, deceduti: 11, immigrati: 60, emigrati: 47, matrimoni: 0 Recapiti: 0481 472311, www.comune.sancanziandisonzo.go.it

COMUNE DI STARANZANO Abitanti: 7.256

(dati Anagrafe gen - feb 2017) nati: 10, deceduti: 12, immigrati: 69, emigrati: 55, matrimoni: 3 Recapiti: 0481 716911, www.comunedistaranzano.it

COMUNE DI RONCHI DEI LEGIONARI Dati: N.P.

Recapiti: 0481 477111, www.comuneronchi.it


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3 maggio Buon compleanno Graziana! Cesare, Marina, Elisa, Riccardo, Andrea 9 maggio Tanti auguri Nick! 14 maggio Tanti auguri Luca! 17 maggio Tanti auguri Claudio! 25 maggio Buon compleanno Damiano!

Cinzia

Papà Stefano

Lo staff di iMagazine

Lo staff di iMagazine

27 maggio Tanti auguri Luigi! Eva, Alexandra, Stefano, Manuel 30 maggio Buon compleanno Eva! 18 giugno Buon compleanno Andrea! 20 giugno Auguri Fabio! 20 giugno Buon anniversario Marina!

Stefano e fans

Vanni

Stefano

Andrea

27 giugno Buon compleanno Sasa Alexandra, Nika, Eva, Stefano 29 giugno Tanti auguri Vanni! 29 giugno Tanti auguri Paola!

Lo staff di iMagazine

Luca, Marta, Stefano

Mandaci entro il 1º giugno i tuoi auguri per le ricorrenze di luglio e agosto! Li pubblicheremo gratuitamente su iMagazine! Segnalaci giorno, evento, mittente e destinatario e spedisci il tutto via e-mail (info@imagazine.it), via posta ordinaria (iMagazine, c/o via Aquileia 64/a, 33050 Bagnaria Arsa – UD) o via fax (040 566186).


Fonte: Federfarma Gorizia e Ordine dei Farmacisti di Trieste

96 | marzo-aprile 2015 FARMACIE DI TURNO

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ALLA SALUTE via Cosulich 117 Monfalcone, tel. 0481 711315 CENTRALE pzza Repubblica 16 Monfalcone, tel. 0481 410341 COMUNALE 1 via Aquileia 53 Monfalcone, tel. 0481 482787 COMUNALE 2 via Manlio 14 Monfalcone, tel. 0481 480405 REDENTORE via IX Giugno 36 Monfalcone, tel. 0481 410340 RISMONDO via Toti 53 Monfalcone, tel. 0481 410701 SAN ANTONIO via Romana 93 Monfalcone, tel. 0481 40497 SAN NICOLÒ via Iº Maggio 92 Monfalcone, tel. 0481 790338 ALL’ANGELO via Roma 18 Ronchi dei L., tel. 0481 777019 ALLA STAZIONE v.le Garibaldi 3 Vermegliano, tel. 0481 777446 LEDRI via Marina 1 Grado, tel. 0431 80058 COMUNALE via C. Colombo 14 Grado, tel. 0431 80895 ZANARDI via Trieste 31, Staranzano, tel 0481 481252 AL LAGO via Roma 13, Doberdò, tel 0481 78300 LUCIANI via Dante 41, Sagrado, tel 0481 99214 SPANGHERO via Aquileia 89, Turriaco, tel 0481 76025 VISINTIN via Matteotti 31, San Pier d’Isonzo, tel 0481 70135 RAMPINO piazza Venezia 15, San Canzian d’Is., tel 0481 76039 DI MARINO via Redipuglia 77, Fogliano, tel 0481 489174 TRIESTE via Mazzini 43, tel. 040.631785 TRIESTE via Combi 17, tel. 040.302800 TRIESTE via Fabio Severo 122, tel. 040.571088 TRIESTE piazza Ospedale 8, tel. 040.767391 TRIESTE capo di piazza Mons. Santin 2 tel. 040.365840 TRIESTE via Commerciale 21 tel. 040.421121 TRIESTE via Ginnastica 6, tel. 040.772148 TRIESTE piazza Venezia 2, tel. 040.308248 TRIESTE via Curiel 7/B (Borgo S. Sergio), tel. 040.281256 TRIESTE via Giulia 14, tel. 040.572015 TRIESTE via Dante 7, tel. 040.630213 TRIESTE via Costalunga 318/A, tel. 040.813268 TRIESTE via Giulia 1, tel. 040.635368 TRIESTE corso Italia 14, tel. 040.631661 TRIESTE largo S. Vardabasso 1, tel. 040.766643 TRIESTE piazza della Borsa 12, tel. 040.367967 TRIESTE via Rossetti 33, tel. 040.633080 TRIESTE via Mascagni 2, tel. 040.820002 TRIESTE via S. Giusto 1, tel. 040.308982 TRIESTE via Roma 15 (angolo via Valdirivo), tel. 040.639042 TRIESTE via Piccardi 16, tel. 040.633050 TRIESTE via Baiamonti 50, tel. 040.812325 TRIESTE piazza Oberdan 2, tel. 040.364928 TRIESTE piazzale Gioberti 8, tel. 040.54393 TRIESTE via Oriani 2 (largo Barriera), tel. 040.764441 TRIESTE piazza Cavana 1, tel. 040.300940 TRIESTE viale Miramare 117, tel. 040.410928 TRIESTE via dell’Istria 33, tel. 040.638454 TRIESTE piazza Giotti 1, tel. 040.635264 TRIESTE via Belpoggio 4 (angolo via Lazzaretto Vecchio), tel. 040.306283 TRIESTE via Bernini 4 (angolo via del Bosco), tel. 040.309114 TRIESTE largo Piave 2, tel. 040.361655 TRIESTE via Felluga 46, tel. 040.390280 TRIESTE piazza Libertà 6, tel. 040.421125 TRIESTE via dell’Istria 18/B, tel. 040.7606477 TRIESTE via di Servola 44, tel. 040.816296 TRIESTE viale XX Settembre 6, tel. 040.371377 TRIESTE via dell’Orologio 6 (via Diaz 2), tel. 040.300605 TRIESTE via Pasteur 4/1, tel. 040.911667 TRIESTE via Tor S. Piero 2, tel. 040.421040 TRIESTE piazza Goldoni 8, tel. 040.634144 TRIESTE via Revoltella 41, tel. 040.941048 TRIESTE via Brunner 14, tel. 040.764943 TRIESTE campo S. Giacomo 1, tel. 040.639749 TRIESTE piazzale Valmaura 11, tel. 040.812308 TRIESTE via Roma 16 (angolo via Rossini), tel. 040.364330 TRIESTE piazza Garibaldi 6, tel. 040.368647 TRIESTE via Stock 9, tel. 040.414304 TRIESTE largo Sonnino 4, tel. 040.660438 TRIESTE piazza S. Giovanni 5, tel. 040.631304 TRIESTE via Alpi Giulie 2, tel. 040.828428 TRIESTE via Cavana 11, tel. 040.302303 TRIESTE largo Osoppo 1, tel. 040.410515 TRIESTE via Settefontane 39, tel. 040.390898


Le farmacie contrassegnate dal fondino arancione anticipano di un giorno le date di turno indicate. Le farmacie di Trieste iniziano e terminano i turni 2 giorni dopo rispetto alle date indicate

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2015 | 97 MAGGIO | marzo-aprile GIUGNO

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98 | maggio-giugno 2015 | 98 | marzo-aprile 2012 |

Tabela estiva Dalmazia.. Rimini.. Lignan.. no eco Marina Julia Fortuna che ghe xe i esami

Program estîf. - Dalmazie...Rimini...Lignan...no, invezit Marine Julie! Par fortune che a son i esams!

Sommerprogramm. - Dalmatien... Rimini... Lignano... nein, hier ist Marina Julia! Zum Glück gibt es die Prüfungen. Programa par l’istà: Dalmazia....Rimini.... Lignan....no, eco Marina Julia! Par fortuna xe i esami!

Poletni spored. Dalmazia,Rimini,Lignano,ne.Torej,Marinajulia. Na srečo so ispiti.

Per le traduzioni si ringrazia: Irene Devetak (sloveno), Isa Dorigo - Ufficio comunità linguistiche Regione FVG (friulano), Andrea Coppola Università di Trieste (tedesco), Marianna Martinelli (bisiaco), Alessandro Samez (triestino).




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