iMagazine 75

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E D I T O R I A L E L’INFORMAFREEMAGAZINE nº 75 – anno XIII numero 4 luglio-agosto 2018 ISSN 1828-0722 Editore

GOLIARDICA EDITRICE srl a socio unico sede operativa: I – 33050 Bagnaria Arsa, Italy via Aquileia 64/a tel +39 0432 996122 fax +39 040 566186 info@imagazine.it Direttore responsabile Andrea Zuttion Condirettore responsabile Claudio Cojutti Responsabile di redazione Andrea Doncovio Area commerciale Michela De Bernardi, Francesca Scarmignan, Fabrizio Dottori Responsabile area legale Massimiliano Sinacori Supervisione prepress e stampa Stefano Cargnelutti Hanno collaborato Vanni Veronesi, Claudio Pizzin, Paolo Marizza, Vanni Feresin, Margherita Reguitti, Andrea Fiore, Livio Nonis, Cristian Vecchiet, Alfio Scarpa, Michele D’Urso, Michele Tomaselli, Manuel Millo, Andrea Coppola, Germano De March, Alberto Vittorio Spanghero, Renato Duca, Renato Cosma, Germano Pontoni, Isa Dorigo, Sandro Samez, Marianna Martinelli, Irene Devetak, Andrea Tessari, Rossella Biasiol, Eleonora Franzin, Maurizio Puntin Registrazione Tribunale di Udine n. 53/05 del 07/12/2005 Stampato in proprio Tiratura 70.000 copie Credits copertina Claudio Pizzin Credits sommario :: Michele Tomaselli :: :: Claudio Pizzin :: :: Mariko Masuda :: :: Aquel Trovar :: :: Nico Gaddi :: © goliardica editrice srl a socio unico. Tutti i diritti sono riservati. L’invio di fotografie o altri materiali alla redazione ne autorizza la pubblicazione gratuita sulle testate e sui siti del gruppo goliardica editrice srl. Manoscritti, dattiloscritti, articoli, fotografie, disegni o altro non verranno restituiti, anche se non pubblicati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo, incluso qualsiasi tipo di sistema meccanico, elettronico, di memorizzazione delle informazioni ecc. senza l’autorizzazione scritta preventiva da parte dell’Editore. Gli Autori e l’Editore non potranno in alcun caso essere considerati responsabili per incidenti o conseguenti danni che derivino o siano causati, direttamente od indirettamente, dall’uso improprio delle informazioni ivi contenute. Tutti i marchi citati appartengono ai rispettivi proprietari, che ne detengono i diritti. L’Editore, nell’assoluzione degli obblighi sul copyright, resta a disposizione degli aventi diritto che non sia stato possibile rintracciare al momento della stampa della pubblicazione.

Cari lettrici e lettori, parto subito con una citazione: “Un cane che morde un uomo non è una notizia, un uomo che morde un cane sì”. È in assoluto l’esempio più utilizzato nel mondo del giornalismo per spiegare la differenza tra fatti degni di nota o meno. Più questi sono fuori dalla norma e dai canoni della quotidianità, più tendono a interessare lettori, ascoltatori o telespettatori. Seguendo questa linea, tuttavia, le aziende editoriali rischiano di perdere d’occhio l’importanza della quotidianità positiva, motore imprescindibile del nostro tessuto sociale. Ecco perché se da un lato le famose tre S (sesso, soldi e sangue) continueranno inevitabilmente ad attirare e a determinare il flusso dell’audience, dall’altro è fondamentale sostenere e mettere in luce quei contesti che operano per il benessere di tutti noi. Nei giorni scorsi un fatto capitato a Udine ha ottenuto la (meritata) ribalta nazionale: dieci locali pubblici cittadini tra bar e alberghi hanno deciso di aderire a un progetto lanciato dal Comune e dalla Ludoteca comunale, con il finanziamento della Regione, per proporre ai propri avventori giochi da tavolo, rifiutando invece le slot machine. Ogni attività ha così ricevuto un kit da 22 diversi giochi da tavolo, già a disposizione per i clienti. L’obiettivo – evidentemente – è quello di frenare il rischio dell’avvicinamento dei più giovani al mondo del gioco d’azzardo. Secondo una recente ricerca condotta dalla Caritas di Roma, infatti, un giovane italiano su tre giocherebbe d’azzardo prima di diventare maggiorenne. Nel solo 2017 il numero dei minori che in Italia ha giocato d’azzardo ha raggiunto quota 580.000 (33,6% della popolazione di riferimento). Un dato impressionante. È ovvio che dieci locali di Udine non potranno certo da soli invertire la tendenza, ma anche grazie a iniziative come questa e a una loro corretta diffusione si può iniziare a cambiare le cose. In altre parole, è una questione di prospettiva e volontà. Meglio ancora, di visione. Una scelta che il nostro network ha fatto con consapevolezza dodici anni fa, nel momento della sua fondazione. Il totale rifiuto a dare spazio a qualsiasi tipo di comunicazione o promozione di attività legate all’azzardo e ai vizi in generale. Rinunciando anche a generosi contratti commerciali, pur di rimanere fedeli alla nostra linea e ai nostri principi. Valorizzando, al contrario, tutte quelle realtà impegnate ogni giorno a contrastare questo fenomeno e ad aiutare il recupero psicosociale delle vittime dell’azzardo (ad esempio l’AGITA di Campoformido), oppure accendendo i riflettori in tempi non sospetti sulla tragicità della situazione (con un’intervista-denuncia all’allora ministro Andrea Riccardi). Scelte di cui saremo sempre orgogliosi e che, soprattutto, continueremo a sostenere senza se e senza ma in futuro. Perché la storia della nostra società e di ciascuno di noi si scrive ogni giorno. Il come dipende dalla visione che c’è dietro. Nel frattempo non mi resta che augurarvi … buona lettura! Andrea Zuttion



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gennaio-febbraio 2008

| L’INFORMAFREEMAGAZINE

Anche quest’anno mio figlio ha portato a casa lo splendido Annuario iMagazine. Un ricordo prezioso che custodiamo con cura in libreria assieme a quelli degli anni precedenti. L’altro giorno ho colto l’occasione per sfogliarli tutti: è stata una grande emozione rivedere i volti di mio figlio e dei suoi compagni ai tempi della prima elementare e ora, quattro anni dopo, rivederli cresciuti. I nostri figli – com’è giusto che sia alla loro età – non si rendono conto del tempo che passa veloce. Ecco perché sono convinta che fra qualche anno, quando riprenderanno tra le mani i loro annuari, non potranno fare altro che ringraziarvi per questo dono. Per il momento desidero farlo io anche a nome loro. Grazie. Paola Serri Gorizia Stile è un negozio ricco di oggetti adatti per tutti i regali. Da Al Galeone le proposte del menu sono fantasiose e interessanti. Da La Colombara la semplicità del cibo racchiude tutta la sua bontà. Il titolare di Art Keko è un professionista serio e affidabile. Luca Scatamburlo Mira

Da Alla Fonda la pizza è davvero molto buona. Al Rosari è un locale tranquillo con un clima piacevole. Il gelato del Dolcefreddo non è semplicemente buono, ma super! Da A modo mio il personale è molto gentile e disponibile. Michele Sossi Trieste


Da Ai Compari il personale è molto gentile e carino. Floriana Sebenico Ronchi dei Legionari A modo mio è un ambiente sempre accogliente e piacevole. Da La Napa la pizza è molto buona. Di Libreria Athenaeum segnalo la gentilezza della titolare. Ary’s Boutique è un negozio ben fornito. Germano Stabile Trieste Ho avuto il piacere di partecipare alla serata Calici & Forchette a Palazzo che il vostro network ha contribuito a organizzare a Gorizia. Si è trattato per me di una piacevole scoperta: sia perché non avevo mai visitato il Parco del Coronini, sia per l’impeccabile gestione dell’evento. La qualità delle degustazioni e la gentilezza degli espositori hanno infatti contribuito a rendere magica una serata già di per sé affascinante. Manuela Merisi Udine La Napa è un bel locale con personale gentile. Da Il Dolcefreddo il gelato è ottimo e il posto bello. Simona Savi Monfalcone A modo mio è un bel locale con ottimi prodotti per le prime colazioni. Francesca Farano Vicenza Da imprintaonline il servizio è rapido e i prezzi convenienti. La vicinanza all’università è una comodità decisiva. Michela Petri Padova/Trieste

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Intervista a Monya e Katia Aizza, titolari di La Colombara ad Aquileia Monya e Katia Aizza, com’è nata e come si è sviluppata la passione per la ristorazione? «La passione per la ristorazione è da sempre insita in noi. Siamo praticamente cresciute nel ristorante di famiglia: La Colombara ha iniziato la sua attività il 15 gennaio 1981 e noi eravamo piccoline. Dallo scorso 21 dicembre siamo rimaste Da sinistra Katia e Monya Aizza solo noi due sorelle a gestirlo». Qual è il tipo di cucina che propone La Colombara? «La cucina è semplice ma genuina: gnocchi, pane e pasta vengono fatti in casa con prodotti freschi acquistati il più possibile a km 0. Le farine, la frutta e la verdura provengono da Fiumicello, mentre il pesce dal mercato di Grado. I piatti seguono la stagione, ma ci sono anche pietanze “storiche” come calamari ripieni ai carciofi, brodetto di pesce, gnocchi al salmone, sarde in savor, prosciutto crudo di San Daniele; nel periodo invernale il cotechino con i crauti, in primavera gli spaghettini all’uovo con le verdure (asparagi, urtisons, sclupit), in autunno il Toc in Braide con i funghi, gnocchi di zucca e ricotta affumicata. Ci sono inoltre i piatti innovativi che vengono presentati nelle serate del benessere ma che si possono poi degustare anche a cena durante la settimana, come ad esempio la fresca insalatina di asparagi bianchi, quinoa, fragole e ristretto balsamico. Senza scordare i dolci fatti in casa da Monya». Quali sono le “specialità della casa”? «Ne elenchiamo alcune: Fiori di timilia con sclupit, nocciole tostate e semi di Chia; Mezzi bucatini alla colatura di acciughe e pomodorini semi-dried; Filetto di sgombro grigliato, melanzana marinata alla curcuma, patate schiacciate all’olio di semi di vinacciolo; Costine di maiale marinate alla birra al farro su listarelle di verza all’aceto balsamico di aronia. Nel periodo quaresimale presentiamo una serie di piatti a base di aringa: Insalatina di aringa con finocchietto, arance siciliane, dressing agli agrumi; Tagliatelle fatte in casa con aringhe, porro croccante e pinoli tostati; Trilogia di aringhe alla Colombara con polenta abbrustolita». Qual è il segreto per soddisfare le esigenze di ogni genere di commensali? «Oltre alla bontà dei piatti, da noi non mancherà mai il sorriso, la gentilezza e la nostra semplicità, per fare in modo che il cliente si senta in un luogo familiare, tra persone amiche». Per la stagione estiva quali sono le novità che La Colombara ha in serbo per i suoi ospiti? «Per offrire un miglior servizio ai nostri clienti abbiamo installato il climatizzatore in una sala, cosi anche nei giorni più caldi è possibile pranzare al fresco». Da tempo La Colombara punta sul network di iMagazine per promuovere la propria comunicazione: come mai questa scelta? «iMagazine è un network affidabile e seguito, con cui siamo felici di aver instaurato un rapporto di partnership». La Colombara fa anche parte del circuito degli iMoneyPartner: come valutate il progetto dei buoni valore iMoney? «Un progetto sicuramente positivo che speriamo possa continuare a portare nuoviL’INFORMAFREEMAGAZINE clienti nel nostro locale». | gennaio-febbraio 2008 | 11



2017/2018

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S O M M A R I O

luglio - agosto 22

L’ANALISI di Paolo Marizza

20 Le banche sono morte. Viva le banche CESCO TOMASELLI E IL DIRIGIBILE ITALIA di Michele Tomaselli

22 L’uomo che si giocò la vita a testa o croce GIUSEPPE SAVOLDI di Andrea Doncovio

26 Vita da bomber 26

MARIKO MASUDA di Michele Tomaselli

28 Musica infinita

MUSICA CORTESE di Margherita Reguitti

31 Ritorno ad Aquileia ATRIO della redazione

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34 Shopping senza confini INTERNET E ONORABILITÀ di Massimiliano Sinacori

36 Diffamazione sui social network POLIZIA DI STATO di Polizia di Stato di Gorizia

39 Arrivano i nuovi gradi NICO GADDI di Claudio Pizzin

42 L’arte del revoco 31

ESPOSIZIONI IN FVG di Margherita Reguitti

44 La molteplicità dell’arte TEMPLARI A MADONNA DI STRADA di Vanni Feresin

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47 A difesa dei pellegrini

PROTAGONISTI DELL’800 ISONTINO di Renato Duca e Renato Cosma

50 Luigi Chiozza

SISTEMI DIFENSIVI ARRETRATI di Alberto V. Spanghero

52 Un monito contro la guerra EDIFICI SVANITI NELL’ISONZO di Maurizio Puntin

56 Scomparsi tra le acque

ARMONIA E BELLEZZA di Rossella Biasiol

62 L’energia e la magia delle erbe d’estate NOI E GLI ALTRI di Manuel Millo

64 Dietro l’etica dell’agire GIOVANI E DENARO di Cristian Vecchiet

66 Il valore delle cose WALTER PIEMONTE di Livio Nonis

68 Capitano della storia ALESSANDRO FACCIO di Michele D’Urso

70 Scattando sui pedali BASEBALL PER CIECHI di Claudio Pizzin

72 Diamante di solidarietà BOSCAT DI GRADO di Eleonora Franzin

74 La risaia abbandonata CHEF…AME

77 La ricetta di Germano Pontoni MENTE E ALIMENTAZIONE di Andrea Fiore

78 Nuove anoressie

80 e segg. Gli eventi di luglio e agosto


: lettere alla redazione

▲ Ponte della Priula (TV) – Il ciclista Mauro Buoro di Perteole assieme al sindaco e al parroco del comune veneto, nonché con parenti e simpatizzanti, prima della partenza della 24 ore del Veneto in Mountain Bike. Buoro, sostenuto anche da iMagazine, nella sua lotta all’obesità ha percorso 315 km in un giorno esatto. Ora la nuova sfida: la 24 ore della Lombardia.

▲ Cervignano del Friuli – Foto ricordo per i componenti del direttivo dell’associazione culturale Corima che quest’anno celebra i 10 anni della sua fondazione. Per l’occasione stanno lavorando all’organizzazione di due eventi di rilievo nazionale, legati alla cultura e all’ambiente, a cui seguiranno aggiornamenti nelle prossime settimane. A settembre invece Corima parteciperà all’evento “A Roma per Giulio Regeni”, promosso da FIAB Monfalcone “BisiachInBici”: una ciclostaffetta dai luoghi di Giulio a Roma per consegnare alle maggiori istituzioni nazionali una lettera della famiglia Regeni.

▲ Trieste – La Scuola dell’Infanzia Bonaldo Stringher di Aiello del Friuli si è classificata al secondo posto, con onore fra tanti progetti di altissimo livello provenienti da tutto il Friuli Venezia Giulia, aventi come argomento l’educazione stradale. Il progetto ha toccato in sinergia anche contenuti, strumenti e attività di altri ambiti del sapere. Tutto si è valso della collaborazione della Polizia Locale. In seguito, un saggio pratico lungo la pista ciclabile, ha abilitato i bambini al “patentino del ciclista”. Congratulazioni alle maestre e ai “nostri ciclisti” che si sono distinti nel progetto, ritirando il premio e rispondendo alle domande con decisione e tanta emozione. Un ringraziamento speciale all’assessore comunale di Polizia Locale, Antonella Calligaris, che ha collaborato con il progetto e consegnato ai nostri bambini il Patentino del Buon Ciclista. Angela (una mamma fiera)

▲ Gorizia – Nella palestra della Valletta del Corno si è svolto Rewind, spettacolo di Pattinodanza Gorizia, presieduto da Alessandro Ciuffarin (in centro nella foto), ha voluto festeggiare i suoi 15 anni di attività, riproponendo alcune delle scenografie più belle realizzate in passato.

▼ Trieste – I giocatori dell’Alma Pallacanestro Trieste ricevuti in municipio dal sindaco Roberto Dipiazza in occasione dei festeggiamenti per la promozione del massimo campionato di Serie A. La festa è proseguita poi in piazza Unità, alla presenza di migliaia di sostenitori e animata dal maxischermo iMagazineVideoTruck.

È possibile inviare le proprie lettere e i propri commenti via posta ordinaria (iMagazine – via Aquileia 64/a – 33050 Bagnaria Arsa-UD), oppure via e-mail (redazione@imagazine.it).


: lettere alla redazione ◄ Gorizia – Sabato 9 giugno presso l’I.S.I.S. “G. Galilei” è stato presentato il resoconto del progetto “Tutti insieme informaticamente” realizzato nell’ambito dell’attività di Alternanza Scuola-Lavoro organizzato dalla nostra classe 3A indirizzo informatico. L’attività ci ha visti progettare un breve corso di quattro incontri, richiesto dall’Associazione Coordinamento donne FNP CISL di Trieste Gorizia, con l’obiettivo di presentare alcuni programmi/servizi offerti dalle nuove tecnologie. Gli argomenti selezionati dal gruppo dei pensionati sono risultati i seguenti: “I Classici” (‘pillole’ sull’uso dell’elaboratore di testo, sul foglio elettronico e firma digitale), “Internet cafè” (presentazione dei servizi online che offrono informazioni multimediali), “Navigare sicuri” (indicazioni per un accesso alla rete in modo consapevole e sicuro), “Acquistiamo insieme” (percorso di acquisto in rete sicuro con particolare attenzione alle modalità di pagamento online). La referente del progetto, Marina Zelco, dopo aver preso la parola, ha speso parole incoraggianti per l’attività che abbiamo condotto, sottolineando l’importanza della relazione che si è venuta a creare tra chi è portatore di esperienza e chi, invece, è in grado di offrire spunti tecnologici. Lo stupore ci ha colti quando in Aula Magna abbiamo visto portare dal segretario regionale Renato Pizzolitto e da altri rappresentanti CISL un enorme scatolone contenente una smart TV, da destinare alla nostra futura 4A informatica. Grazie all’utilizzo del nuovo mezzo tecnologico potremo anche noi vivere le lezioni in modo più coinvolgente ed attivo. Noi ragazzi della 3Ai vorremmo ringraziare calorosamente l’associazione per l’attenzione che ogni anno rivolge al mondo della scuola e in particolare per la sensibilità dimostrata verso temi e problemi del mondo giovanile. Siamo fiduciosi di poterci ritrovare l’anno prossimo con nuovi e interessanti progetti. Grazie infinite per il prezioso e utilissimo dono ricevuto. Gli alunni della classe 3AI

▲ Aiello del Friuli – A distanza di qualche giorno dalla Lucciolata di Joannis svoltasi il 16 giugno, tiriamo le somme e constatiamo subito, con silenziosa gratificazione, il totale della raccolta, perché è un conto di tutto rispetto, che premia l’impegno di chi ha realizzato la camminata, che giustifica e dà senso a questo progetto comune, proposto e reiterato negli anni, e che restituisce l’attenzione all’iniziativa anche dei molti che non c’erano e che per qualche ragione, non ultima la pigrizia sempre più presente (lei sì), si privano del piacere di uscire di casa e trascorrere un’ora con leggerezza e una volta tanto in sintonia. Del resto quante altre occasioni ci sono per ritrovarsi, conoscersi o riconoscersi, scambiare due chiacchiere anche frivole e nel contempo partecipare fattivamente a un principio sacrosanto in nome della solidarietà che riguarda tutti e che a tutti può portare sollievo? Marina C., a nome del Comitato organizzatore della Lucciolata di Joannis

▲ Gorizia – Successo di pubblico per la prima edizione di Calici & Forchette a Palazzo, organizzato da Eventiva in collaborazione con iMagazine, nello scenario suggestivo del parco di Palazzo Coronini Cronberg. Per l’occasione 24 diverse aziende enogastronomiche del territorio hanno presentato ai visitatori le proprie specialità durante le degustazioni. Nel corso dell’evento è stato possibile visitare sia gli interni del palazzo sia le sue cantine, solitamente inaccessibili, grazie a visite guidate organizzate (ph. Pierluigi Bumbaca).

▼ Gorizia – Un’immagine della terza edizione di GoBlanc, la cena in bianco di Gorizia, all’interno del Parco Coronini Cromberg. L’evento, che ha visto la partecipazione di oltre mille persone, è stato organizzato da Eventiva con la collaborazione di iMagazine (ph. Alvio Massari).

È possibile inviare le proprie lettere e i propri commenti via posta ordinaria (iMagazine – via Aquileia 64/a – 33050 Bagnaria Arsa-UD), oppure via e-mail (redazione@imagazine.it).




L’ANALISI

MACHINE LEARNING Rubrica di Paolo Marizza

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La banche sono morte.

Viva le banche

Alcune indagini prevedono che il 40% dei posti di lavoro nel settore bancario potrebbe essere spazzato via dall’intelligenza artificiale. Dimenticando però che la tecnologia in assenza di nuovi modelli di business non ha mai cambiato nulla.

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Investitori e banchieri parlano molto del potenziale dell’intelligenza artificiale (IA) per rivoluzionare un settore che ha lottato con la redditività nel decennio successivo alla crisi finanziaria. Indagini e ricerche sull’uso dell’IA da parte delle maggiori banche sembrano rivelare un’industria entusiasta delle prospettive di una tecnologia che può aiutare a tagliare i costi e aumentare la redditività. Molte di esse prevedono che il 30-40% dei posti di lavoro nel settore bancario potrebbe essere spazzato via dall’IA nei prossimi cinque/dieci anni. Quasi tutte le grandi società di consulenza hanno pubblicato ricerche su come l’IA trasformerà il settore bancario: dagli “assistenti virtuali” che sostituiscono le persone in tutti i punti dell’interazione con il cliente, ai robot che prevengono le frodi, che eseguono affari complessi o che siedono nei Consigli d’Amministrazione a supporto dei processi decisionali. Questa è la narrazione che occupa la scena, ma la realtà è molto più complicata. C’è scarso consenso su come l’IA potrebbe o dovrebbe essere utilizzata nel settore bancario e molti degli attuali sforzi per applicare l’apprendimento automatico sono limitati e a macchia di leopardo. Le risorse allocate variano da qualche milione a centinaia di milioni di euro a seconda 20

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dei casi e il personale dedicato varia da poche decine di operatori a diverse centinaia. Diverse banche che stanno sperimentando l’intelligenza artificiale non sono così ottimiste come suggerirebbero i proclami pubblici, arrivando a stimare risparmi sui costi a regime inferiori al 20%. Molti esperti dicono che c’è il rischio che troppi investimenti si riversino in aree “sexy” come i chatbot (software che simula conversazioni tra esseri umani) a spese degli investimenti in processi di back end in cui le banche potrebbero ottenere guadagni più significativi. Le aspettative incerte e poco realistiche non sono le uniche problematiche che le banche stanno affrontando nel valutare le opportunità e gli impatti che il mondo dell’IA promette. Se da un lato le banche concordano sul fatto che l’intelligenza artificiale è un importante veicolo per il settore, dall’altro le loro strategie per introdurla e utilizzarla non sembrano sorrette da una chiara visione del futuro del banking. A cominciare da ciò che le banche considerano come IA: da programmi che eseguono più funzioni di base che coinvolgono logiche algoritmiche, apprendimento e auto correzione, a un insieme di tecnologie e approcci che consentono alle macchine di fare cose che richiedono intelligenza se fatte dall’uomo a una visione dell’IA pervasiva che comprende tutti i processi, inclusi quelli che si proiettano al di fuori dei confini aziendali.


Le progettualità spaziano da realizzazioni focalizzate sull’ottimizzazione e automazione di processi standardizzati e ripetitivi a bassa variabilità (middle e back end), sul miglioramento della gestione e della capacità di assumere rischi, sull’apprendimento automatico per gestire la formulazione del pricing, sull’ utilizzo di chatbots e voice bots per l’interazione e il problem solving con i clienti, sull’analisi di masse di dati non strutturati per calibrare l’offerta e generare comunicazioni e decisioni personalizzate basate sui profili comportamentali di ciascun cliente. Le banche si trovano in una fase di sperimentazione focalizzata sull’individuazione degli ambiti che possono generare maggior valore: selezionare le aree “giuste” per utilizzare l’IA è un problema complesso. I primi risultati promettenti mostrano che diverse banche, grazie all’implementazione di queste tecnologie, sono state in grado di vendere più prodotti/servizi e di comunicare meglio con i loro clienti, mentre altre stanno ottenendo risultati sulle operazioni di back office. È sicuramente troppo presto per valutare risultati tangibili che orientino le politiche di investimento. Prove di migliori rapporti costo/reddito e vendita incrociata richiedono più tempo per consolidare la fase sperimentale. Sembra comunque emergere una linea di demarcazione tra banche che considerano la nuova tecnologia come fattore abilitante lo sviluppo di innovativi modelli di business e nuovi ruoli nella catena di valore (non solo finanziaria) rispetto a banche che adottano approcci verticali limitati a obiettivi specifici che possono creare solo miglioramenti marginali. I progetti di IA portano le banche in molte direzioni diverse, ma è tutto il settore che ha bisogno di cambiare modelli di business e organizzativi. Non si tratta tanto della IA di per sé. Ogni giorno siamo bombardati da articoli sulla necessità di digitalizzare o su come IA / API / Cloud / Mobile / IoT / blockchain trasformerà o estinguerà questa o quest’altra industria. Dimentichiamo che la tecnologia in assenza di nuovi modelli di business non ha mai cambiato nulla. Non è stato Internet a trasformare la vendita al dettaglio o la musica. Non è stato lo smartphone a creare Uber. Invece è il cambiamento del modello di business che ha sfruttato il potenziale delle nuove tecnologie. Nel commercio al dettaglio, è stato il modello di business Amazon. Nella musica è stato il modello iTunes a permetterci di acquistare singoli bra-

ni. È il modello di Spotify che con un servizio in abbonamento consente uno streaming musicale universale e personalizzato. E così nel settore bancario possiamo tranquillamente prevedere che non sarà l’IA e le tecnologie adiacenti a trasformare l’industria: saranno i nuovi modelli di business potenziati da quelle tecnologie. L’economia pre-digitale era tutta basata sull’effetto scala. Una volta che un’azienda aveva ideato e realizzato un prodotto vincente, la sfida consisteva nello sfruttare al massimo le economie di scala. Ciò ha permesso di ridurre al minimo i costi unitari. Pertanto, tutti gli investimenti miravano a massimizzare le dimensioni – marketing di massa, produzione di massa, distribuzione di massa – e le attività erano organizzate in strutture gerarchiche centralizzate per renderlo possibile. Ma le logiche di sola scala nell’era digitale stanno rapidamente passando da fonti di vantaggio competitivo a fonti di svantaggio competitivo. In termini economici, la tecnologia ha ridotto la scala minima della produzione. E con una struttura aziendale monolitica, di tipo meccanico, le diseconomie di scala iniziano prima. La sfida per gli operatori tradizionali, non solo bancari, consiste quindi nel come allontanarsi dal retaggio della scala, una sfida più grande di quanto sembri poiché la cultura della scalabilità è profondamente radicata nelle strutture aziendali, nei parametri di performance, nelle logiche di remunerazione, nei processi e nelle competenze dei dipendenti. La minaccia non proviene dalle tecnologie: il rischio è che le banche non sentano la necessità di ridefinire i loro modelli di business prima di intraprendere un importante rinnovamento tecnologico. In effetti, il rinnovo della tecnologia in assenza di un rinnovo del modello di business potrebbe peggiorare le cose perché rafforzerebbe i modelli di business esistenti.

Paolo Marizza Co-founder di Innoventually e docente DEAMS-UniTS |

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ALLA SCOPERTA DI...

CESCO TOMASELLI E IL DIRIGIBILE “ITALIA” Servizio e immagini di Michele Tomaselli

L’inviato

che si giocò la vita a testa o croce

Novant’anni fa 17 persone persero la vita durante una missione italiana tra i ghiacci del Polo Nord. Un giornalista scampò alla tragedia grazie alla sorte. Il nostro collaboratore Michele Tomaselli, suo discendente, ripercorrerà quella rotta assieme ai eredi degli altri componenti dell’equipaggio.

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Sorvolare il mare glaciale è oggi una formalità, ma a cavallo tra il XIX e il XX secolo, coraggiosi aeronauti si avventuravano nel più favoloso sbaraglio. Un silenzio di alcune ore, dovuto a cause magnetiche, un fenomeno che si verificò anche nella spedizione del Dirigibile “Italia”. Cesco Tomaselli fu uno dei due giornalisti autorizzati a seguire questa spedizione. Nel 1928 il “Corriere” gli aveva affidato il compito di seguire la nuova impre-

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sa del generale Umberto Nobile, soltanto due anni dopo il clamoroso successo della trasvolata dell’aeronave “Norge”, capitanata dal duo Nobile e Amundsen e finanziata dall’aereo club di Oslo, da Lincoln Ellsworth e ovviamente dal Regno d’Italia, cui Tomaselli aveva partecipato come inviato di bordo. Fu allora che, per la prima volta dopo svariati tentativi andati a vuoto, un mezzo costruito dall’uomo raggiunse il punto più estremo dell’emisfero boreale. In 70 ore e 40 minuti era stato compiuto un balzo di 5.300 chilometri dalle isole Spitsbergen (oggi isole Svalbard) allo Stretto di Bering, cioè un “passaggio di nord-est”. Il noto esploratore polare norvegese ci aveva provato più volte ad arrivarci, anche nel 1925 usando due idrovolanti Dornier, così come Salomon August Andrée, l’ingegnere svedese che nel 1897 sorvolò il Polo con un pallone sferico finendo tragicamente la sua corsa nella morsa di nevi e ghiacci. Degli altri pionieri polari va senz’altro ricordato Luigi Amedeo di Savoia, Duca degli Abruzzi, che nel 1899 raggiunse il Polo Nord con la nave Stella Polare. Tuttavia, a causa di alcuni danni sul veliero, provocati dalla pressione dei ghiacci, la spedizione si ridimensionò, ma fu allo stesso modo in grado di raggiungere via terra gli 86° 34’ di latitudine nord, superando di trentacinque chilometri il primato del norvegese Fridtjof Nansen. Nel frattempo il generale Nobile, diventato un celebre progettista di dirigibili «più leggeri dell’aria», si convinse di ripetere una nuova trasvolata artica. Le trattative furono relativamente facili perché dietro Nobile c’era il governo fascista desideroso che l’Italia aumentasse il suo prestigio partecipando a un evento di risonanza mondiale. Peraltro il Regime del Littorio aveva contribuito significativamente all’impresa del “Norge”, fornendo personale militare e civile e facendosi pure carico di ingenti somme di dena-


Foto in apertura: la Base Artica Dirigibile Italia. Pagina accanto in basso: il generale Umberto Nobile con la cagnetta Titina. Di fianco: il Dirigibile “Italia” alle isole Sptizbergen (Svalbard).

ro (quantificate in oltre 250 mila dollari). Tuttavia, dall’altra parte, era condizionato da uno spirito di rivalsa perché i meriti di quella spedizione non furono mai chiariti. A tal proposito Nobile sosteneva che l’impresa si era risolta in un successo aeronautico, ascrivibile solo alle qualità dell’aeroveicolo e alla condotta di navigazione. Amundsen, contrariamente, dichiarava che quel risultato era frutto esclusivamente della sua esperienza polare, del suo prestigio di esploratore artico e antartico e che il ruolo di Nobile era stato solo quello di un hired pilot (pilota stipendiato). A Milano il podestà Belloni, auspicando una nuova spedizione, questa volta tutta italiana, s’impegnò coram populo a sostenerne il finanziamento. Da questo clima germogliò il secondo viaggio polare, sul quale continuò la polemica. Così, grazie all’appoggio di un “Comitato finanziatore” cui parteciparono imprenditori dell’editoria milanese legati al Corriere della Sera, Nobile poté organizzare la spedizione secondo il primitivo intento. Dovette, però, subire delle restrizioni che imposero l’uso della radio anche per i fini editoriali. A tal scopo venne stipulato un accordo con la Reale Società Geografica Italiana. L’esclusività dei collegamenti radiotelegrafici fu garantita dalla nave d’ap-

poggio “Città di Milano” cui era stato attribuito il compito di diffondere le notizie della spedizione dietro compenso, allo scopo di consentire l’ammortamento dei capitali fino ad allora investiti. Altra condizione fu quella che dovessero partecipare anche i due inviati Ugo Lago, del Popolo d’Italia (l’organo del Partito fascista) e de Il Secolo XIX, e Cesco Tomaselli, del Corriere della Sera, quest’ultimo richiamato alle armi col grado di capitano degli alpini. Alla spedizione, comandata dal generale Umberto Nobile, parteciparono l’ingegnere aeronautico Felice Trojani, tre ufficiali della Regia Marina – Alfredo Viglieri, Adalberto Mariani e Filippo Zappi – gli scienziati Aldo Pontremoli, Frantisek Behounek e Finn Malmgren; i sottufficiali motoristi, attrezzatori e marconisti Natale Cecioni, Attilio Caratti, Vincenzo Pomella, Calisto Ciocca, Renato Alessandrini, Ettore Arduini, Giuseppe Biagi e e altre tre persone. Partirono in tutto in venti. I dati tecnici del Dirigibile “Italia” erano impressionanti. Concepito come alternativa italiana ai colossali Zeppelin tedeschi, era un semirigido lungo 106 me-

In occasione del 90esimo anniversario e per la prima volta dopo 90 anni, i discendenti dell’equipaggio del Dirigibile “Italia” (tra cui il cervignanese e nostro collaboratore Michele Tomaselli in rappresentanza di Cesco Tomaselli) si sono radunati a Roma il 3 maggio presso la sede della Società Geografica italiana. Alla presenza del Presidente del CNR Massimo Inguscio, della giornalista scientifica del CERN, Paola Catapano, del professor Gianluca Casagrande dell’Università Europea, sono stati invitati nel mese di agosto alla “Base artica Dirigibile Italia” di Ny Alesund, presso le isole Svalbard, per ricordare degnamente le imprese dei propri avi. Tale commemorazione si svolgerà in occasione del passaggio presso Kings Bay della spedizione scientifica PolarQuest 2018, promossa dal CNR. Nel mese di giugno, invece, Michele Tomaselli è stato invitato al CERN di Ginevra (a sinistra nella foto assieme al giornalista del Corriere della Sera Lorenzo Cremonesi che parteciperà alla spedi-

zione) per assistere alle fasi preparatorie della spedizione PolarQuest 2018. “A Ginevra – racconta Tomaselli – sono stato intervistato e ho partecipato anche a un corso di tiro per scongiurare ogni possibile attacco degli orsi bianchi. Alle Svalbard vivono circa 2.000 persone ma ci sono almeno 3.000 orsi polari”. |

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Il Diribile “Italia” di ritorno dal volo di esplorazione (arch. M. Tomaselli).

tri e rimpinzato con 18.500 metri cubi di idrogeno. Manovrarlo nelle nebbie artiche significava possedere abilità e doti di coraggio straordinarie. I modesti tre motori da appena 250 CV di potenza consentirono all’aeronave di raggiungere una velocità di 90 km orari, anche se grazie alla forza del vento poteva arrivare a ritmi più sostenuti. Il 15 aprile 1928 il Dirigibile “Italia” con il suo equipaggio partì da Milano Bresso verso la Pomerania, e dopo 17 giorni di sosta forzata a Stolp, in Polonia, volando sopra la Lapponia norvegese, il 6 maggio pervenne alla Baia del Re, nelle Isole Spitsbergen. Un’ora e mezzo più tardi l’aeronave raggiunse l’hangar di Ny-Ålesund. A causa delle raffiche di vento fortissime ormeggiò sul celebre pilone, ancora oggi esistente. Era il primo apparecchio partito dall’Italia che ammarò il 79simo parallelo. Raggiunta la base artica, il programma prevedeva tre esplorazioni della calotta, da compiere a ventaglio, nell’allora inesplorata Severnaja Zemlja fino a pervenire al Polo Nord. Sebbene ogni missione facesse riferimento alla Kings Bay, causa avversità atmosferiche e

problemi di carico, Nobile decise di trasportare sedici persone limitando la presenza a un solo giornalista. Così, Tomaselli e Lago decidettero di avvicendarsi nelle tratte giocando a testa e croce. La moneta da 5 lire rimbalzò sull’assito macchiato d’olio e incrostato dal ghiaccio: Lago, che aveva una vista acutissima, non ebbe nemmeno bisogno di chinarsi e, facendo una piroetta di gioia, capì che la faccia uscita era quella che aveva prescelto. Fu quindi lui a guadagnarsi il volo per il Polo, mentre Tomaselli, grazie anche all’intermediazione di Nobile, partecipò alle prime due missioni. Padre Gianfranceschi, che in disparte assisteva al singolare sorteggio, raccontò di aver provato, in quell’istante, l’impressione che si stessero giocando la vita. Le prime trasvolate si svolsero senza incidenti, ma raggiunto il Polo Nord, durante il rientro dalla terza trasvolata, il 25 maggio, causa l’imbattersi in una violenta tempesta, l’“Italia” urtò la banchisa polare sfasciando la cabina di comando, dalla quale caddero alcuni viveri, diversi attrezzature, la cagnetta Titina e nove membri dell’equipaggio, tra cui Mariano, Viglieri, Zappi, Trojani, Biagi, Malmgren, Nobile e Cecioni (questiultimi due, peraltro gravemente feriti) con Pomella che perì sul colpo; fu destino più avverso per gli altri uomini dell’equipaggio che rimasero intrappolati sulla navicella che si allontanò senza governo e non vennero più ritrovati. Tra questi anche lo sfortunato inviato del Popolo d’Italia. Le otto persone rimaste sulla banchiglia riuscirono in qualche modo a sopravvivere grazie alla tenda che l’industriale milanese Ettore Moretti aveva preparato per il preventivato sbarco al Polo, poi colorata di rosso per essere più visibile nel pack. Ma anche grazie ai meriti di quel PolarQuest2018 (nella foto la capo progetto Paola Catapano) è un’impresa velistica estrema a impatto ambientale nullo, con finalità di ricerca scientifica in ambito storico, geografico, ambientale e di Fisica fondamentale. L’imbarcazione Nanuq, da luglio a settembre 2018, si dirigerà al Polo Nord sulle tracce del Dirigibile “Italia”. La partenza è prevista il 21 luglio dall’Islanda per raggiungere le isole Svalbard nei primi giorni di agosto. Il 4 del mese salperà dal porto di Longyearbyen, tentando la circumnavigazione delle isole, con una breve tappa presso la base scientifica di Ny Alesund e diverse soste osservative lungo le coste settentrionali di Nordaustlandet. La missione indagherà anche la presenza di microplastiche nei mari dell’artico, particelle che penetrano nel sangue degli organismi marini, costituendo una minaccia sia per l’ambiente sia per la nostra catena alimentare. Utilizzando il rilevatore di raggi cosmici PolarquEEEst del centro Fermi, si effettuerà la prima misura del flusso di raggi cosmici oltre il circolo polare; inoltre con alcuni droni e Sonar 3 D multibeamer si eseguirà la mappatura dettagliata delle isole e delle coste della parte nordest delle Svalbard. Infine, se le condizioni dei ghiacci lo permetteranno, Nanuq si porterà più a nord, in mare aperto, per ricercare il Dirigibile “Italia”, il cui relitto non è stato mai individuato.


mezzo di comunicazione allora non del tutto conosciuto e affermato: la radio. Quest’ultima cadendo a terrà si guastò, ma le abilità manuali di Biagi e Troiani consentirono di rimetterla in funzione. Cosi cominciò il supplizio di questi “eroi”, trascorso in un “inferno bianco” facendo la guardia agli orsi polari, razionalizzando le provviste e cimentandosi nei vani tentativi di contatto radio, circa ogni ora, con la nave “Città di Milano”. Giornate terribili e angoscianti che comportarono momenti di disperazione e di euforia. Cinque giorni dopo, tre uomini - Mariano, Zappi e Malmgren - lasciarono il campo e iniziarono una disperata marcia verso sud. Ma il destino avverso stava fortunatamente cambiando. Partito il terzetto, gli sventurati della tenda rossa, grazie al segnale lanciato dal marconista Biagi, vennero finalmente intercettati da un radioamatore russo. Scattò una gigantesca caccia ai naufraghi che coinvolse sei nazioni e migliaia di uomini (tra cui il gruppetto del capitano Sora) che si concluse il 12 luglio con l’intervento cruciale del rompighiaccio sovietico Krassin. Nobile, salvato per primo, verrà accusato d’aver abbandonato i suoi uomini. Alla fine il bilancio della spedizione contò 17 vittime: nove nel piccolo esercito di soccorritori, due norvegesi (tra cui lo stesso Amundsen che andò generosamente in loro soccorso ma scomparve in mare senza mai essere più ritrovato), quattro francesi e tre italiani, e otto nel gruppo dell’“Italia”: Pomella, Malmgren e i sei dispersi, compreso Lago. Tomaselli da inviato continuò a seguire le vicende, prendendo sempre le difese di Nobile. Successivamente venne istituita una commissione di disciplina che giudicò il generale Umberto Nobile responsabile della tragedia. A quel punto Nobile, amareggiato, si trasferì in Unione Sovietica e successivamente negli Stati Uniti per progettare nuovi dirigibili. Dopo la guerra fu riabilitato dall’aeronautica ed eletto deputato del PCI della prima Assemblea Costituente. Alla drammatica storia del Dirigibile “Italia” il grande cinema ha dedicato il noto film La tenda rossa.

Michele Tomaselli

Bibliografia e Info: Cesco Tomaselli, “L’inferno Bianco”, ed. Vintas, Milano, 1929. www.radiomarconi.com www.polarquest2018.org www.comune.borgoricco.pd.it Immagini d’archivio

Francesco Ugo Tomaselli (foto in basso), detto Cesco, classe 1893, veneziano ma di origini friulane (suo padre Angelo era nato a Sacile e raggiunse la città lagunare per dedicarsi all’insegnamento), era arrivato alla carta stampata a 28 anni, dopo una laurea in lettere conseguita alla fine della Grande Guerra. Durante quel periodo prese servizio come ufficiale di complemento nel Battaglione Vicenza e, a fianco di Cesare Battisti, si guadagnò sul campo due medaglie al valor militare. Ritornato alla vita civile, fu assunto come cronista, dapprima alla Gazzetta di Venezia poi al Secolo di Milano e infine al Corriere della Sera. Qui incominciò la sua collaborazione, come inviato speciale, che durò quasi quarant’anni, fino a quando, nel novembre del 1963, una fitta al petto gli fermò il cuore. Alpinista e grande viaggiatore, ha saputo restituire racconti sempre lucidi, puntuali, appassionati. Un reporter le cui cronache, ancora oggi, sono di sorprendente attualità. Fu testimone di alcuni tra i più importanti avvenimenti del Novecento: dalla Prima guerra mondiale al viaggio del “Norge”; dalla drammatica spedizione del Dirigibile “Italia”, alla feroce, implacabile, cruda corrida delle balene nei mari del Sud; dalla campagna d’Etiopia, alla Guerra civile spagnola e a quella di Russia con l’8ª Armata fino all’ascesa di Mao Tse-Tung in Cina, al viaggio col veliero nell’Atlantico. E poi le infinite e seguitissime corrispondenze dall’Unione Sovietica, dalle Americhe, dal Giappone, dal Medio Oriente, dall’Africa e dall’Europa intera. A Cesco Tomaselli è dedicato il noto premio nazionale di giornalismo che porta il suo nome.

Qui sotto: Ny Alesund, Base Artica Dirigibile Italia.

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PERSONAGGI GIUSEPPE SAVOLDI Intervista di Andrea Doncovio

« Vita

da bomber

Ancora oggi è l’attaccante con più presenze nella “top ten” dei marcatori di Serie A. Grazie al suo rapporto con il Friuli Venezia Giulia e all’amicizia con Evaristo Cian ha realizzato un manuale per allenatori. «Ma la differenza la fanno sempre i giocatori. Che in Italia abbiamo smesso di formare…»

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Luglio 1975. Dopo aver concluso il campionato al secondo posto dietro alla Juventus, il Napoli vuole un grande bomber per tentare l’assalto al titolo. La società partenopea non ha dubbi e bussa alla porta del Bologna per chiedere il suo cannoniere e capitano Giuseppe Savoldi. L’operazione si chiude per la cifra record complessiva di due miliardi di lire: il trasferimento più costoso nel calcio professionistico fino ad allora. «Vissi quell’esperienza con serenità – racconta oggi Savoldi, con il suo spirito sbarazzino che sembra aver fermato lo scorrere del tempo –. Nonostante la pressione dell’ambiente e della stampa, per me si trattò di motivazioni e stimoli nuovi per migliorarmi ulteriormente». E il volto illuminato dal sole estivo conferma la sincerità del suo pensiero. Siamo ad Aiello del Friuli, dove “Mister due miliardi” (come lo soprannominarono allora) è giunto per presentare il suo Manuale tascabile per allenatori, in collaborazione con l’artista friulano e amico Evaristo Cian che ha realizzato le apposite illustrazioni pubblicate al suo interno. Savoldi, partiamo proprio da qui: qual è il suo rapporto con il Friuli Venezia Giulia? «Un rapporto che nasce da lontano. Durante la mia carriera ho avuto modo di conoscere diversi compagni di squadra friulani, su tutti Tarcisio Burgnic ai tempi del Napoli. Grazie a lui ho incontrato Evaristo Cian, con cui è nata una bella amicizia, che mi porta spesso in questi luoghi. Da Udine alla zona confinaria di Gorizia e Nova Gorica, fino alle 26

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meraviglie antiche di Aquileia: una terra ricca di posti straordinari». L’idea di scrivere questo manuale com’è nata? «Ancora oggi continuo a frequentare il mondo del calcio da addetto ai lavori. Sono regolarmente a contatto con gli allenatori, li ascolto e li vedo in azione. Così è nata l’idea di mettere nero su bianco quello che fanno e quello che dicono, tra il serio e il faceto. Le illustrazioni di Cian impreziosiscono il tutto, rendendo il testo immediato». Anche lei è stato allenatore: a suo avviso quali sono le difficoltà principali del mestiere? «Rispetto al passato, oggi un allenatore deve gestire rose di trenta giocatori, tenendo in considerazione le esigenze dei singoli senza mai venir meno a quelle della squadra: una cosa non semplice. Tuttavia l’aspetto più importante è un altro». Ovvero? «Mettere i giocatori nelle condizioni di fare quello che sanno. Anche da qui nasce la presa in giro del mio manuale: la tattica deve essere intelligente. Un allenatore non può fossilizzarsi sulle proprie idee snaturando le caratteristiche dei suoi calciatori». Giuseppe Savoldi calciatore ha mai avuto a che fare con allenatori di questo tipo? «Fortunatamente ho sempre giocato in squadre che mi hanno consentito di esprimermi al meglio, In apertura, primo piano di Savoldi (ph. Claudio Pizzin). Pagina accanto in basso, il suo libro Manuale Tascabile per Allenatori di Calcio.


con compagni abili a sfruttare le mie doti principali: il colpo di testa e il senso del gol». Come dimostrano le 169 reti realizzate su 421 presenze in campionato. Ce n’è una a cui è particolarmente legato? «Per me tutti i gol segnati sono stati importanti. A volte restano impressi quelli più belli, altre volte quelli segnati in partite fondamentali. Ricordo sempre la rete decisiva che realizzai in uno scontro salvezza contro Sampdoria: calciai male rasoterra un rigore destinato a essere parato dal portiere avversario, ma un rimbalzo anomalo sul terreno alzò la traiettoria del pallone facendolo finire in rete. Tutti si complimentarono con me per quel gol decisivo, ma io non parlai per due giorni perché sapevo di aver calciato male». Tra le squadre in cui ha militato a quale si sente più legato? «Non dimenticherò mai l’Atalanta che mi ha dato i natali calcistici, facendomi esordire in Serie A. Ma Bologna, dove ho disputato 8 campionati e dove sono nati i miei figli, ha rappresentato e rappresenta tuttora qualcosa di speciale». Lei è stato uno dei bomber più prolifici della sua generazione, eppure in Nazionale ha disputato solo quattro partite, segnando un gol. Come se lo spiega? «In realtà ho fatto parte per un paio d’anni del giro azzurro, ma all’epoca eravamo in 7-8 attaccanti tutti di qualità. Bettega e Graziani erano i titolari, mentre io e Pulici le riserve. Ma c’erano anche altri campioni, come ad esempio Pruzzo, che avrebbero meritato spazio». Il presente invece parla di un Mondiale senza l’Italia e di attaccanti azzurri con il contagocce… «Se ai miei tempi c’era l’imbarazzo della scelta, oggi è difficile trovare attaccanti di qualità. Purtroppo questo è il risultato della scarsa attenzione dedicata ai settori giovanili. Solo se investiremo sui nostri giovani e daremo loro fiducia facendoli sbagliare per maturare potremo invertire la rotta». A proposito di attaccanti: nel campionato italiano c’è un nuovo Savoldi? «Quello che più mi assomiglia credo sia Mauro Icardi». In chiusura torniamo a parlare di allenatori: quali sono stati quelli più determinanti nella sua carriera? «Ne cito due. Il primo è Marino Perani: è stato mio compagno di squadra al Bologna e, successivamente, anche allenatore con i rossoblù. All’epoca era un tecnico all’avanguardia dal punto di vista tattico, con idee innovative». E il secondo? «Bruno Pesaola. Una persona umanamente eccezionale e tatticamente una spanna sopra gli altri: in allenamento lavoravamo poco, ma lui riusciva sempre a prevedere quello che sarebbe poi successo in campo». Andrea Doncovio

Walter assieme alla moglie Alina: appassionata come lui del 1600, è una popolana moglie del capitano

Giuseppe Savoldi (nella foto con la maglia dell’Atalanta nella stagione ’82-’83) è nato a Gorlago, in provincia di Bergamo, il 21 gennaio 1947. Tra i centravanti italiani più prolifici della sua generazione, in Serie A ha collezionato 405 presenze segnando 168 reti, ponendosi in quindicesima posizione nella classifica marcatori all time del massimo campionato italiano. Capocannoniere della Serie A 1972-1973, e per 3 volte della Coppa Italia (1969-1970, 19731974 e 1977-1978), vanta il primato dell’attaccante che più volte (12) è riuscito a presenziare nella top ten dei marcatori della massima serie italiana. In Serie A ha indossato le maglie di Atalanta, Bologna e Napoli.

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PERSONAGGI MARIKO MASUDA Intervista di Michele Tomaselli

« Musica infinita

Alle elementari suonava la Rapsodia di Brahms senza spartito. Dopo essersi esibita di fronte alla famiglia imperiale, decise di perfezionarsi in Europa. Giungendo fino in Friuli. «Una regione che ha molte somiglianze con il mio Giappone»

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Mariko Masuda è una musicista di fama internazionale formatasi come violinista a Tokyo, nota soprattutto per la sua attività concertistica. Dopo essersi diplomata nella capitale del Sol Levante con il riconoscimento di “Master of Arts” fu selezionata per esibirsi dinnanzi alla famiglia imperiale giapponese. Giunta in Italia si è perfezionata sotto la guida di celebri violinisti come Ruggero Ricci, Franco Gulli e Cristiano Rossi, realizzando in seguito numerose registrazioni per la RAI, la Radio Slovena e la NHK Televisione Giapponese. Ha eseguito composizioni in prima esecuzione sia come solista che in gruppi cameristici e orchestrali, ha ricoperto il ruolo di violino di spalla presso l’Orchestra “Rossini” di Pesaro, l’Orchestra

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“I Pomeriggi Musicali” di Milano, l’Orchestra Filarmonia Veneta di Treviso e l’Orchestra Filarmonica di Udine. Attualmente collabora con l’Orchestra “Opera Giocosa del F.V.G”. Nel 2003 ha costituito l’Orchestra giovanile “Luigi Dalla Piccola”. Da alcuni anni si dedica con successo all’insegnamento del violino alle giovani promesse musicali. Mariko, è un onore per me intervistarla. Mi tolga una curiosità: quando ha iniziato ad avvicinarsi al violino? «Mia madre mi accompagnò ad ascoltare il concerto di un duo violino e pianoforte. Rimasi molto turbata e profondamente affascinata dalla bellezza del suono del violino. Mi avevano colpito la naturalezza del movimento dell’arco e le dita della mano sinistra che scorrevano sulla tastiera. Per coincidenza, nella scuola materna che frequentavo c’era un corso di violino collettivo. Così cominciai a prendere lo strumento in mano. Fu come un gioco, anche se avevo appena 3 anni e mezzo. Portare a spasso lo strumento e muovere l’archetto assieme agli altri bambini fu davvero divertente. Anche se non provengo da una famiglia di musicisti, i miei, soprattutto mia madre, sono appassionati di musica classica». La storia della musica ci racconta di bambini prodigio… Lei ha iniziato a esibirsi molto presto, possiamo considerala una musicista portentosa? In apertura, un primo piano di Mariko Masuda mentre suona il suo violino. Di fianco, Mariko assieme al maestro Franco Gulli.


«Assolutamente no. La mia prima esibizione fu alle scuole dell’infanzia, quando interpretai le parti di “piccolo” direttore d’orchestra. Come violinista, invece, mi esibii per la prima volta a 6 anni; come pianista fui influenzata da una maestra dall’atteggiamento severo ma che mi insegnò velocemente a districarmi. Alla fine della scuola elementare già suonavo al piano la Rapsodia in “sol minore” di Brahms. Senza utilizzare lo spartito». Con la sua cultura millenaria il popolo nipponico è unico al mondo. Anche il Friuli Venezia Giulia è una terra di grandi contaminazioni culturali. Quali sono le principali differenze che ha trovato tra il Giappone, l’Italia e la nostra regione? «Quello che mi ha colpito positivamente degli italiani è che hanno capacità creative. Noi giapponesi, piuttosto, seguiamo la linea della tradizione. Veniamo educati a vivere come un gruppo organizzato - ad esempio i turisti nipponici che vengono in Italia con la loro guida turistica (ride, ndr) -. Da noi anche l’uso della metropolitana è organizzato. La società giapponese è piramidale, d’inclinazione quasi maschilista. Basta osservare la coppia delle tazze del tè giapponese: quella più grande è destinata all’uomo mentre la più piccola alla donna. Nel mio Paese, inoltre, è difficile dire di “no”. Anzi, è sempre meglio dire di “sì”; ma nel caso capitasse di dovere rispondere picche a qualcuno, per non essere maleducati, preferiamo prendere tempo, oppure raccontare una scusa. Forse anche per questo motivo siamo un popolo timido. Dopo tutto parliamo poco e prima di agire preferiamo entrare nella mente delle persone. Apprezziamo i piccoli gesti, la cortesia e la gentilezza. Oggi i giapponesi viaggiano, incontrano persone di culture diverse, sono più vicini al resto del mondo e possono avere informazioni e notizie con strumenti all’avanguardia. Ultimamente sono cambiate molte cose, sia in positivo sia in negativo». E qui da noi? «Il Friuli Venezia Giulia ormai è diventata un po’ anche la mia terra. Mi riconosco in certi atteggiamenti di riservatezza e discrezione, tipici della mia cultura. Anche qui, mi sembra, vale il detto “il silenzio è d’oro”. E anche qui, come in Giappone, lo sviluppo della tecnologia e la sua diffusione stanno creando nuove aperture e prospettive. Vedo dunque più somiglianze che differenze rispetto al mio Paese». Lei ha avuto modo di suonare davanti alla famiglia imperiale giapponese. Cosa ha provato? «Sono stata scelta tra i migliori laureati dell’anno del Giappone per suonare al “Tokagakudou - Sala Imperiale”, davanti alla famiglia imperiale. All’epoca questo concerto veniva organizzato dall’imperatrice Michiko, principalmente per le nobildonne. Tuttavia trovai anche il principe ereditario Naruhito, appassionato di musica e suonatore della viola. Dopo il concerto sua eccellenza mi si avvicinò dimostrando grande interessamento per la mia esibizione, oltretutto conosceva il mio maestro Louis Graeler. Rimasi impressionata dalla sua semplicità e generosità. Suonai Josef Suk, Four Pieces for Violin and Piano. Mi venne regalato il set di posate in argento con lo stemma im-

periale. La sala che ospitò il concerto fu costruita nel 1966 in occasione del festeggiamento “Kanreki” della principessa Koujunkougou. È uno spazio molto particolare che può contenere 200 persone. Fu davvero un’esperienza unica». Come mai è arrivata in Italia? «Subito dopo la laurea all’Accademia Musicale Musashino di Tokyo (Università di Musica), iniziai a insegnarci. Durante l’estate seguii la Master Class del celebre violinista Ruggero Ricci, con cui iniziai a suonare. Divenne famosa la nostra sonata per due violini di Prokofieff al Mozarteum di Salisburgo. Successivamente venni scelta tra i migliori allievi della Master Class di Salisburgo, fu così che iniziai a frequentare alcuni corsi tenuti da Ruggero Ricci. Proprio ascoltando una sua esibizione rimasi impressionata e decisi di prendere un periodo di aspettativa per stuSotto, Mariko Masuda durante un concerto nella Chiesa di San Michele Arcangelo a Cervignano del Fiuli.

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diare intensamente con lui al Mozarteum. Durante il periodo estivo avevo iniziato a venire saltuariamente in Italia. Fu proprio durante una di queste visite che superai l’audizione per l’Orchestra Filarmonia Veneta, così, senza conoscere la lingua italiana (sapevo solamente dire “buongiorno”) cominciai a suonare in Italia». Quanto le manca il suo Giappone? «Mi manca tantissimo la mia famiglia. Anche perché siamo molto numerosi e legati, siamo cresciuti sempre vicini e anche da adulti ci riunivamo spesso in varie occasioni. Ci sentiamo regolarmente con videochiamate». Viviamo un periodo storico dove si ridisegnano confini e dove le persone si spostano da un continente all’altro. Lei che ha lasciato il proprio Paese, ritiene che la musica possa avere un ruolo? «Certo, perché la musica è infinita…» Una vita con il violino. Qual è il segreto per trovare ogni giorno la freschezza nello studio e la spontaneità nella musica, soprattutto dopo molti anni di carriera? «Dormire e riposare bene. Ma anche godere della natura. E fare le cose che piacciono. Adoro cucinare piatti semplici: spaghetti alla carbonara, ai gamberi… Mariko Masuda in un Duo con Antonio Merici e anche mangiare ottimi piatti mi rilassa, soprattutto i Mariko Masuda vive a Tolmezzo e insegna in varie scuo- dolci! Quando ascolto musica preferisco brani ben ritmati che mi diano la carica necessaria per terminare la le, tra cui l’Accademia musicale Città di Palmanova. performance in un paio di ore e che tengano viva l’attenzione dell’ascoltatore». Quali autori di musica per violino suona più volentieri? «Dipende dal momento. In realtà Bach e Paganini li suono sempre perché mi hanno aperto la porta verso altri compositori e la mia tesi di laurea all’università di Tokyo ha riguardato proprio Bach». Oltre alla musica e alla cucina ci sono altre passioni? «Mi piace tantissimo cercare nuovi posti dove mangiare bene… Qui non mi stanco mai. E mi piace chiudere sempre con un buon caffè». Riterrebbe utile inserire la musica classica nelle scuole fin dai primi anni, come atmosfera e come eMariko Masuda con Tatiana Donis lemento di studio? «Certamente. È importante che ci sia un ambiente adatto e vi siano possibilità di studiare. La musica ci consente di analizzare meglio le cose. Mel Brooks diceva che “la musica spesso è matematica. È tutta questione di equilibrio”. È sempre entusiasmante quando i bambini ascoltano la musica e si appassionano. Ed è importante il primo approccio alla musica. I più piccoli si avvicinano con più naturalezza, senza dubbi e senza avvertire ostacoli». Siamo arrivati alla fine. I nostri lettori quando potranno assistere ai suoi concerti? «In agosto suonerò al Teatro Cinecity di Lignano Sabbiadoro. Terrò poi un concerto in Carinzia, in una location particolare: suonerò in riva al lago…» Michele Tomaselli Immagini d’archivio o fornite dalla musicista 30

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MUSICA CORTESE

MUSICA E CULTURA

Servizio di Margherita Reguitti

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Ritorno

ad Aquileia

Il festival internazionale di musica antica nei centri storici del Friuli Venezia Giulia e della Goriška raggiunge il traguardo della trentesima edizione. Dalla città patriarcale fino a Cividale, documenti inediti ne caratterizzeranno la ricorrenza.

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“Sonet Vox - Ritorno ad Aquileia” è il significativo titolo della 30esima edizione di “Musica Cortese. Festival Internazionale di Musica Antica nei centri storici del Friuli Venezia Giulia e della Goriška” che fi no al 30 settembre proporrà un calendario di appuntamenti di musica dal vivo, approfondimenti culturali, masterclass, spettacoli di teatro musicale, visite guidate ai luoghi storici dei concerti, eventi sensoriali di degustazione e banchetti medievali. Molte le novità di questa edizione che segna anche i 35 anni di attività del “DRAMSAM Centro giuliano di Musica antica”, promotore e organizzatore del festival, da sempre uno degli appuntamenti di qualità dell’estate, seguito da un pubblico numeroso e qualificato. Un successo costruito grazie alla felice e lungimirante intuizione di Giuseppe Paolo Cecere, fondatore e direttore artistico, deus ex machina dai molti talenti, scomparso nel 2016. Fu lui infatti, musicista, docente e operatore culturale di grande umanità e spessore artistico, a comprendere per primo la forza di legare un repertorio di mu-

sica antica, eseguito da grandi interpreti internazionali, alla bellezza dei luoghi, dei palazzi e dei castelli della regione e della Slovenia. Un testimone raccolto da Alessandra Cossi e Fabio Accurso, curatori del festival con la direzione artistica di Valter Colle. Filo rosso della rassegna un viaggio nei generi e nei repertori della musica antica europea con la presenza di ensemble italiani e internazionali fra i più importanti del panorama di genere. Dopo l’apertura dello scorso giugno, sono 12 gli appuntamenti in calendario in luoghi belli e pregni di atmosfera della regione; da Trieste ad Aquileia e Cividale del Friuli, da Sesto al Reghena a Udine, da Valvasone a Gradisca d’Isonzo e Sagrado. Novità tematica di questa edizione l’aver messo al centro delle scelte esecutive la musica e i repertori del Patriarcato di Aquileia fra l’XI e il XVI secolo, fra musica sacra e profana. Un itinerario straordinario per entrare e approfondire secoli di cultura e di bellezza. Una proposta di alto livello che ha ottenuto il sostegno di molti enti pubblici e privati, fra i quali la Regione Friuli Venezia Giulia, le Fondazioni Friuli e Carigo, i comuni e i musei che ospitano gli appuntamenti. I diversi concerti proporranno anche l’esecuzione di brani poco noti, di rara esecuzione e in alcuni casi veri inediti. Dal 27 al 30 settembre a Villa Vipolže di Vipolže Goriska Brda (Slovenia) si terrà la prima masterclass internazionale di canto dal titolo “A voce sola. La nascita del recitar cantando” |

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21 concerto dell’ensemble “Dialogos” con “Giuditta. Storia biblica della Croazia rinascimentale”.

Sabato 1 settembre

Valvasone, Duomo, ore 20. Visita guidata al Castello e, alle 21, l’ensemble “Cento Trecento” con “Centro Trecento. Le ballate medievali italiane”.

Giovedì 13 settembre

Gradisca d’Isonzo, Corte di Palazzo Torriani, ore 21. Concerto “Ave Maria”, musiche della devozione mariana dal XIII al XIV secolo con l’ensemble “Aquel trovar”.

Venerdì 14 settembre CALENDARIO DEI CONCERTI Giovedì 5 luglio

Gradisca d’Isonzo, Sala del Consiglio comunale, ore 19. Esibizione del coro multietnico dell’associazione “La Tela” di Udine che presenterà un programma di musica e canti dal mondo. Alle 21 nell’Enoteca “Serenissima” serata culturale-gastronomica dal titolo “Cucine a confronto”, ricette dalla tradizione mediorientale e dai trattati storici di cucina medievale, loro influenze e differenze. Incontro a a cura dell’Accademia Jaufrè Rudel di Studi Medievali di Gradisca d’Isonzo.

Udine, Salone del Parlamento del Castello, ore 21. Concerto/spettacolo dal titolo “Il primo libro de’ balli di Giorgio Mainerio Parmiggiano. Maestro di cappella della venerabile chiesa di Aquilegia”, nella versione orchestrata a cura dall’ensemble “Dramsam” e messo in scena dalle compagnie “Il Ballarino” di Firenze e “Compagnia del Bontempo” dell’Accademia medievale Jaufrè Ru- Sabato 22 settembre Udine, Accademia “Nico Pepe”, ore 21. Spettacodel di Gradisca d’Isonzo. lo di teatro musicale dal titolo “Tres, tres, tria. Le Mercoledì 11 luglio udienze del Patriarca”, con gli allievi dell’AccadeTrieste, Palazzo Gopcevich, ore 20. Presentazio- mia udinese e del Centro Musicale Sloveno/Glane del repertorio musicale curata dall’etnomusico- sbena Matica di Trieste. logo Renato Morelli dal titolo “Il fascino del canto Georgiano”, inserito dall’UNESCO nel patrimo- Domenica 23 settembre nio immateriale dell’umanità. Alle 21, nella chie- Trieste, Teatro Sloveno, ore 21. Spettacolo di teasa Serbo-Ortodossa di San Spiridione, si esibi- tro musicale dal titolo “Tres, tres, tria. Le udienze rà l’ensemble “Adelei” nel concerto “Il canto sa- del Patriarca”, con gli allievi dell’Accademia Nico Pepe di Udine e del Centro Musicale Sloveno/Glacro della Georgia”. sbena Matica di Trieste.

Martedì 17 luglio

Sagrado, Villa barocca della Tenuta di Castelvecchio, ore 20. Visita al Parco della Villa e, alle 21, concerto dal titolo “Se imparar la vol patrona”, le canzoni da battello nella Venezia del ‘700 con “Accademia degli Incipriati”.

Giovedì 19 luglio

Cividale del Friuli, Museo archeologico Nazionale, ore 20. Visita guidata alle rovine del Palazzo dei Patriarchi. Alle 21 l’ensemble “Anomina Frottolisti” presenterà il concerto “Da là da l’acqua”, villotte, frottole, barzellette tra XV e XVI secolo, l’umanesimo musicale nelle terre del Patriarcato.

Venerdì 31 agosto

Sesto al Reghena, Abbazia Benedettina, ore 18. Incontro con la storia, condotto dalla musicista e docente universitaria Katarina Livljanic per introdurre il concerto della serata. Alle 20 visita guidata all’Abbazia Benedettina di Santa Maria in Sylvis e alle 32

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Sabato 29 settembre

Kromberg (Slovenia), Castello, ore 20. “Laudiam l’amor divino”, repertorio rinascimentale nella Venezia del Cinquecento con l’ensemble “Ricercare Antico”.

Dal 27 al 30 settembre

Vipolže (Slovenia), Villa Vipolže. Prima masterclass internazionale di canto dal titolo “A voce sola. La nascita del recitar cantando” a cura di Marco Beasley con il maestro collaboratore Stefano Rocco all’arciliuto, tiorba e chitarra barocca. Per informazioni e iscrizioni Kulturni Dom di Nova Gorica (www.kulturnidom-ng.si). Tutti gli appuntamenti saranno a ingresso libero fino al raggiungimento dei posti disponibili. Il libretto del festival può essere scaricato gratuitamente dal sito: www.dramsam.org. Immagini, informazioni e dirette dei concerti sulla pagina facebook e account instagram.


a cura di Marco Beasley con il maestro collaboratore Stefano Rocco all’arciliuto, tiorba e chitarra barocca. Documenti unici per concerti di musica spirituale e profana “Gli archivi patriarchini – spiegano i promotori del Festival – conservano documenti musicali unici in assoluto. Sono i Discanti cividalesi, tra i primi esempi in Europa di musica polifonica, e Planctus Mariae, dramma sacro nel quale per la prima volta in assoluto, accanto alle musiche e ai testi, sono indicate le notazioni di regia e messa in scena”. Due saranno dunque i fi li tematici: il primo dedicato alla musica spirituale e religiosa, comprendente il repertorio liturgico e devozionale; il secondo dedicato a quella profana. Melodie e testi che si presume risuonassero nei territori del Patriarcato. Cresce il numero dei sostenitori e partner del Festival Fedele al suo dna, “Musica Cortese” ha arricchito e ampliato nel ricco calendario proposto l’originale e forte intreccio fra i luoghi e il repertorio, riuscendo anche ad allargare il numero dei protagonisti della manifestazione. Per la prima volta è stato siglato un accordo di partenariato con il Polo Museale del Friuli Venezia Giulia, cui fanno capo i musei di Cividale e Aquileia, e con la Società per la Conservazione della Basilica di Aquileia. Dunque questa edizione allarga la rete di collaborazioni e sinergie in chiave culturale e turistica già esistente e consolidata con numerosi enti pubblici e privati italiani e internazionali.

Sopra, Ensemble Anonima Frottolisti; sotto, Ensemble Dramsam. Pagina accanto: Ensemble Dialogos (photo di Thomas Kost). In prima pagina di articolo, in alto, Ensemble Aquel Trovar, in basso Marco Beasley.

Musica, approfondimenti, spettacoli ed esperienze multisensoriali Una proposta che nell’arco dei prossimi tre mesi di svolgimento proporrà eventi di musica eseguita dal vivo da ensemble italiani e internazionali ma anche una varietà di approfondimenti culturali che spaziano dalle visite guidate ai luoghi scelti per gli appuntamenti, a esperienze multisensoriali di degustazione di cibi e vini, oltre il tempo e le distanze geografiche. Sapori e profumi che saranno le note suggestive di piatti medievali proposti dall’Accademia Jaufrè Rudel. Dove informarsi e approfondire Per informazioni sul festival “Musica Cortese” è possibile consultare il sito del Dramsam www.dramsam.org e la pagina facebook. Tutti i dettagli per l’iscrizione alla masterclass sono illustrati nella homepage del Kulturni Dom di Nova Gorica (www.kulturnidom-ng.si). Margherita Reguitti |

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PERSONAGGI RICHARD OSWALD E ATRIO Servizio della redazione

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Shopping

senza confini

A Villach, per la stagione estiva, il più grande centro commerciale della Carinzia rilancia le proprie offerte speciali con un occhio di riguardo alla clientela italiana: “Vogliamo essere punto di incontro emozionale tra culture diverse”. Il direttore Richard Oswald ci spiega come.

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I numeri sono importanti, ma le emozioni di più. Lo sa bene Richard Oswald, direttore di Atrio, il più grande centro commerciale della Carinzia. Perché se da un lato le cifre della struttura architettonicamente all’avanguardia di Villach,

con i suoi 92 negozi e oltre 2.000 posti auto gratuiti a soli venti minuti di auto da Tarvisio, sono sufficienti a sintetizzare la vastità dell’offerta, la capacità di far vivere gli acquisti e il tempo libero attraverso sensazioni nuove rappresenta la vera mission di Atrio. «La clientela italiana in particolare – confida Oswald – desidera essere emozionata. E quando riusciamo nell’intento allora gli italiani ti aprono il cuore donandoti la cosa più preziosa: la loro fiducia». E stando sempre ai numeri, le emozioni regalate da Atrio sanno cogliere nel segno. Lo scorso anno, infatti, sono stati più di 250.000 i clienti giunti dall’Italia, la grande maggioranza dei quali provenienti dal Friuli Venezia Giulia, con un trend in continua crescita. Risultato anche delle continue innovazioni che Atrio propone alla propria offerta. «Quest’anno – sottolinea il direttore Oswald – abbiamo tre nuove e prestigiose aperture: OVS ha scelto il nostro centro commerciale per insediare il suo principale punto vendita di tutta l’Austria. Con 1.700 meIn apertura, suggestiva panoramica dell’interno di Atrio. Foto a fianco, il direttore di Atrio, Richard Oswald.

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tri quadrati dislocati su due piani, infatti, mette a disposizione delle famiglie il bello della moda italiana. Gastronomia internazionale, invece, è la nuova proposta di Franz Streetfood, grazie alle innovative rivisitazioni delle tradizionali ricette con specialità tipiche quali wurstel, burger e kebab. Per gli appassionati di orologi, infine, Jacques Lemans ha aperto da Atrio il più grande punto vendita di tutta l’Austria, con oltre 3.500 modelli in esposizione». Se le famiglie rappresentato per Atrio il principale target di clientela, un occhio di riguardo viene riservato ai bambini. Per loro è stato infatti realizzato Planet Lollipop, un’area di 600 metri quadrati disposta su tre livelli, dove poter giocare in sicurezza e divertimento. «La filosofia di Atrio – ci tiene a precisare Richard Oswald – è quella di regalare alla clientela un’esperienza che vada oltre allo shopping. Per noi è fondamentale che i nostri ospiti possano godersi con calma e serenità il proprio tempo: per questo abbiamo allestito confortevoli zone relax wi-fi free. Ci piace infatti pensare Atrio come un punto d’incontro di genti, culture e filosofie diverse». Di fatto la sintesi perfetta dell’ambizioso progetto del centro commerciale senza confini, divenuto punto di riferimento indiscusso dell’intera Alpe Adria. Non solo per quanto concerne lo shopping, ma anche sotto il profilo comunitario e sociale, come testimoniano i fatti concreti. E se da un lato il tradizionale minitorneo di calcetto “Alpe Adria”, disputato a metà giugno nell’arena allestita nell’Atrio Plaza e aperto alla partecipazione gratuita di bambini italiani, austriaci e sloveni ha riscontrato un successo oltre le aspettative, il fiore all’occhiello della vision di Atrio è rappresentato dal “Fondo per il Futuro senza Confini”. «Si tratta di un fondo – illustra nel dettaglio Oswald – pensato e destinato a sostenere le scuole del territorio di riferimento di Atrio: Austria, Italia e Slovenia. Ogni anno mettiamo a disposizione una somma di 10.000 euro per concretizzare un progetto transfrontaliero – scelto da un’apposita commissione giudicatrice – che veda il coinvolgimento attivo di almeno due scuole di nazionalità diversa. In questo modo riusciamo sia a fornire un aiuto finanziario al mondo scolastico sia a promuovere la cooperazione transfrontaliera tra i giovani che rappresentano il futuro della nostra società».

Planet Lollipop: gioco, divertimento, avventura e sicurezza Un mondo per l’infanzia ricco di divertimento, creatività, serenità e sicurezza, dove i bambini sono in ottime mani. Un luogo perfetto per indimenticabili feste di compleanno. Planet Lollipop accoglie i bambini a partire dai 3 anni d’età senza persona di accompagnamento. I bambini con meno di 3 anni sono benvenuti al Planet Lollipop dal lunedì al venerdì nell’orario 9 - 12 se accompagnati da un adulto. Il sabato l’ingresso è riservato esclusivamente ai bambini dai 3 anni in su.

Un futuro che riserverà ad Atrio nuove entusiasmanti sfide: «Il settore dei servizi – conclude Richard Oswald – offre ancora molto spazio di crescita, così come quello della gastronomia emozionale. Continueremo a investire su entrambi i fronti, per assicurare ai nostri clienti un’offerta senza eguali». Un’offerta senza confini.

Come raggiungere Atrio in auto (Kärntnerstraße 34, 9500 Villach)

- Venendo da Klagenfurt o dall’Italia seguire la A2 e uscire a Villach-Warmbad. - Venendo da Spittal/Drau seguire la A10 e uscire a Villach West. - Venendo da Feldkirchen seguire la B94, poi le vie Ossiacher Zeile e Kärntner Straße. Info: www.atrio.at |

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I N T E R N E T E O N O R A B I L I TÀ

Diffamazione

sui social network

Rubrica a cura di Massimiliano Sinacori

D I R I T T O

Nella realtà virtuale gli utenti tendono a manifestare le proprie idee in modo spesso più disinibito, tanto da rendere molto sfumato il confine tra l’esercizio del diritto di critica e l’offesa all’altrui reputazione.

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La diffamazione consiste nell’offesa dell’altrui reputazione, comunicando con più persone, anche in tempi diversi, attraverso affermazioni, allusioni o insinuazioni riferite a una persona determinata o facilmente determinabile. La diffamazione è volta a screditare l’onore di una persona, inteso come la stima e l’opinione di una persona in un determinato ambiente sociale e si differenzia dall’ingiuria, a oggi depenalizzata, in quanto quest’ultima richiede la presenza dell’offeso al momento in cui i fatti denigratori sono compiuti. Tale condotta sanzionabile penalmente con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032 euro ai sensi dell’art. 595 c.p., si inserisce tra i delitti contro l’onore ed è punibile a querela della persona diffamata entro 3 mesi dal momento della scoperta, da parte di quest’ultima, dei fatti diffamatori. La diffamazione può avvenire attraverso modalità e canali comunicativi diversi, ciascuno sanzionabile diversamente. Infatti la norma prevede un inasprimento sanzionatorio, se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato (comma 2), se è recata con il mezzo della stampa o altro mezzo di pubblicità (comma 3), ovvero se è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario (comma 4). |

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Una particolare ipotesi di diffamazione aggravata è quella prevista dall’art. 13 della legge n. 47 del 1948 (legge sulla stampa) e consiste nell’attribuire a qualcuno un fatto determinato servendosi del mezzo della stampa, intesa come qualsiasi riproduzione tipografica o comunque ottenuta con mezzi meccanici o fisico chimici, in qualsiasi modo destinata alla pubblicazione. Orbene, in un mondo sempre più digitale, caratterizzato da un’interazione costante con i social network, il web è presto diventato il luogo e il mezzo attraverso il quale le persone possono esplicare la propria personalità manifestando liberamente il proprio pensiero ed esercitando ampiamente il proprio diritto di critica; diritti, questi, costituzionalmente garantiti. Naturalmente, tali interazioni ed esternazioni avvengono attraverso dispositivi quali smartphone o computer, quindi in assenza di un interlocutore fisicamente presente, e tale circostanza induce gli utenti a manifestare le proprie idee in modo spesso più disinibito, tanto da rendere molto sfumato il confine tra l’esercizio del diritto di critica e l’offesa all’altrui reputazione. A tal riguardo, occorre tenere a mente che le comunicazioni offensive a mezzo Internet, attraverso pubblicazioni di “post” sulle così dette “bacheche” dei social network, integrano a tutti gli effetti il reato di diffamazione di cui all’art. 595 c.p. nella forma par-


ticolare (aggravata) prevista dal comma 3, in quanto l’offesa è recata con “qualsiasi mezzo di pubblicità” (diverso dalla stampa). La condotta, punita con la reclusione da sei mesi a tre anni o con la multa non inferiore a 516 euro, è potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato, o comunque quantitativamente apprezzabile, di persone. Peraltro, in una recentissima sentenza la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo tramite oscuramento della pagina Facebook di chi è indagato per diffamazione connessa all’utilizzo dei social network. Ciò in quanto le forme di comunicazione telematica quali blog, newsletter, eccetera, pur rientrando nell’art. 21 della Costituzione, non godono delle garanzie costituzionali previste per la stampa; in essi, infatti, chiunque può esprimere il proprio pensiero su ogni argomento, suscitando opinioni e commenti da parte dei frequentatori del mondo virtuale (Cass. Pen., sez. V, n. 21521/2018). Il codice penale prevede una particolare causa di non punibilità prevista dall’art. 599 c.p. che rende non punibile chi ha commesso alcuno dei fatti previsti dall’art. 595 c.p. in stato d’ira determinato da un fatto altrui, e subito dopo di esso. Si tratta dunque della così detta provocazione, in merito alla quale la giurisprudenza ha ritenuto che il requisito dell’immediatezza non deve intendersi come reazione attuata nello stesso momento dell’offesa ma può consistere in una reazione successiva, purché dipenda sempre dalla natura della ritorsione all’offesa. Ciò che si percepisce è dunque il sostanziale allineamento e adeguamento della legislazione alle evoluzioni tecnologiche e ai comportamenti sociali connessi all’utilizzo dei social network, ciò al fine di evitare che l’assenza di materialità e fisicità renda il cyberspazio un vero e proprio far west.

Massimiliano Sinacori Per approfondimenti ed esame di alcune pronunce e della casistica in materia è possibile rivolgere domande od ottenere chiarimenti via e-mail all’indirizzo:  massimiliano@avvocatosinacori.com



In attuazione alla revisione dei ruoli delle Forze di Polizia (decreto legislativo n. 95 del 29 maggio 2017) sono state introdotte alcune novità nell’ordinamento del personale della Polizia di Stato: elevazione del titolo di studio per l’accesso alla qualifica iniziale di base, introduzione di una carriera aperta dalla base e istituzione di nuove figure apicali con maggiori responsabilità (coordinatori). L’ultimo tassello mancante era quello relativo alla riforma dei distintivi di qualifica. Trentasette anni dopo il varo della nuova polizia, la Polizia di Stato, si è ritenuto che fosse arrivato il momento per l’Amministrazione della Pubblica Sicurezza, amministrazione civile a ordinamento speciale, di abbandonare i segni distintivi che appartengono a una tradizione militare. Nel settembre 2017 è stata, pertanto, istituita una Commissione di lavoro e di studio per trovare nuove soluzioni, prendendo anche spunto da ciò che era stato realizzato dalle polizie a ordinamento civile nel mondo. Ci si è avvalsi anche del supporto di un esperto di araldica e dell’opinione espressa dai poliziotti. Questi ultimi, grazie a un portale interno, hanno potuto esprimere, attraverso alcuni sondaggi, il loro apprezzamento su alcune proposte pubblicate sul portale doppiavela. Lo scorso aprile, il Capo della Polizia Franco Gabrielli, durante la cerimonia che celebrava il 166° Anniversario della fondazione della Polizia, ha annunciato che i lavori della Commissione erano giunti al termine e ha presentato ufficialmente i nuovi distintivi di qualifica della Polizia di Stato.

I distintivi di qualifica, i cosiddetti “gradi”, che decorano le spalle delle divise dei poliziotti italiani verranno sostituiti a partire dal 2019. Le loro caratteristiche sono state fissate attraverso un decreto interdirettoriale firmato dal direttore generale della Pubblica Sicurezza Gabrielli, dal Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Giovanni Nistri, dal Comandante Generale della Guardia di Finanza Giorgio Toschi e dal Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Santi Consolo. Nel medesimo decreto sono stati modificati anche i distintivi della Polizia Penitenziaria. In questo modo le due amministrazioni civili a ordinamento speciale hanno così adottato distintivi di qualifica che si distaccano da quelli delle strutture militari. L’aquila dorata, il simbolo che più di ogni altro rappresenta la Polizia di Stato, accompagnerà tutti i distintivi di qualifica da agente a Dirigente generale. L’aquila, così come quella adottata nel 1919, torna ad avere le ali spiegate. In tutti i gradi è ornata sul capo dalla corona murata di 5 torri ma leggere variazioni della sua postura e le diverse combinazioni con altri elementi permettono di identificare i diversi ruoli e funzioni che i distintivi stanno a rappresentare. Cambiano anche i simboli di alcuni ruoli (i sovrintendenti avranno i rombi mentre i funzionari le formelle) così come cambia la classica disposizione verticale dei vari simboli che compongono il distintivo; ora la disposizione sarà orizzontale o a piramide. |

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P O L I Z I A D I S TA T O

L’aquila dorata accompagnerà tutti i distintivi di qualifica da agente a Dirigente generale. Cambiano i simboli di alcuni ruoli.

Rubrica a cura della Polizia di Stato della Provincia di Gorizia

Nuovi gradi… per la Polizia di Stato




PERSONAGGI

NICO GADDI Intervista di Claudio Pizzin

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L’arte del revoco

Pittore, grafico, fotografo, scultore: l’artista gradese spazia con maestria tra tecniche svariate: «Mi piace diversificare il mio lavoro a seconda delle idee». Mantenendo sempre un legame indissolubile con la sua terra e la sua gente.

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Nicolò Gaddi, quando è nata la sua passione per l’arte? «Alle medie la professoressa di educazione artistica, Lucia Gaddi, aveva già notato la mia propensione all’arte, ma io, allora, non ero consapevole delle mie capacità. Solo più avanti ho sentito l’esigenza di iniziare a dipingere…» I suoi esordi ufficiali sono dedicati alla pittura: nel 1979 ha fondato assieme ad altri il gruppo “Pittori Gradesi”. Come mai questa scelta? «Eravamo un gruppo di amici con la stessa passione: pittura, grafica, scultura e, per farci conoscere, organizzavamo mostre di gruppo». Cosa significa per lei la pittura? «La pittura mi dà la possibilità di veder realizzato un sogno, un’idea che passa nella mia testa in maniera fantastica. E io cerco di renderla visiva dipingendola». Quali sono i pittori a cui si è ispirato durante il suo percorso artistico? «Primo fra tutti il grande Michelangelo per la plasticità dei corpi, quindi Caravaggio, Rembrandt, Van Gogh… Successivamente c’è stata la svolta con la pittura moderna: Picasso, Pollock, Mondrian e Alberto Burri, mia grande passione». Oltre alla pittura si è dedicato anche alla grafica. Tra le due forme espressive in quale si trova più a suo agio? 42

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«Mi piace diversificare il mio lavoro a seconda delle idee. Non concepisco di fermarmi a una sola tecnica». E a conferma nel 1985 iniziò anche l’attività di fotografo: cosa la spinse verso questa direzione? «Ero stufo di fare il cuoco e lavorare artisticamente solo nel tempo libero. Il mio amico Giuseppe Assirelli mi ha aiutato con lo studio fotografico: assieme abbiamo frequentato i più grandi corsi di fotografia per imparare questa tecnica». Quali sono i soggetti prediletti per le sue fotografie? «Il territorio in cui vivo, la laguna e il ritratto. Ma sarebbe giusto dire che i miei fotografi preferiti sono Adams per i paesaggi e la tecnica di stampa, Mario Giacomelli per la sua poetica e poi i ritrattisti come Avedon, Sieff, Irving, Penn». La leggenda narra che grazie all’incontro con l’incisore Massimo Scifoni riemerse la sua passione per la grafica. Andò proprio così? «Ho conosciuto Massimo che mi portò nello studio dove lavorava con la Melisenda e Gianfranco Mellison, professori d’arte, pittori e scultori. Un’altra persona importante per la mia crescita è stata Federico Santini, con la sua stamperia, dove ho potuto conoscere importanti artisti come Vedova, Zigaina, Colò, Ciussi, Zec. Ho anche frequentato la scuola di Incisione Artistica di Urbino con il professor Calavalle».


Nicolò “Nico” Gaddi vive a Grado dove ha iniziato il suo percorso artistico nel 1979. Pagina accanto in apertura, uno scatto del suo autoritratto. In questa pagina, alcune delle sue opere; partendo dall’alto una sua espressione nel campo della fotografia, della scultura e della pittura.

Pittore, grafico, fotografo, scultore... Nicolò Gaddi come si definirebbe? «Mi sento un artigiano creativo, non mi pongo limiti con le tecniche e con le materie che conosco». Qual è il suo rapporto con Grado e i gradesi? «Grado e i gradesi sono sempre stati la mia fonte d’ispirazione». E quello dei gradesi con la sua arte? «I gradesi apprezzano il mio lavoro e m’incoraggiano». Oltre che quella artistica, tutti le riconoscono una grande capacità manuale in genere: da cosa nasce questa abilità? «Ho lavorato sulle barche con mio nonno e aiutato mio padre che era un artigiano. Mi sono costruito tre barche, mi sono fatto lo studio e gli interni della casa da solo: mi piace trasformare la materia e plasmarla con le mani». Nella sua carriera ha avuto modo di collaborare con numerosi artisti: a chi è più legato? «A Massimo Scifoni, perché mi ha insegnato l’umiltà e il sacrificio, e la ricerca continua». Dalla pittura alla grafica, alla fotografia e scultura: quali sono i messaggi che Nicolò Gaddi desidera trasmettere con la propria arte? «Io chiamo il mio lavoro “L’arte del revoco”. Grado è un paese di mare. Le parole del vivere quotidiano sono legate agli elementi primordiali: il sole, i venti e le maree. Revoco porta in sé vari significati: i mulinelli delle correnti marine, ma anche i vortici creati dai venti, tutti elementi della natura che tornano indietro. Ma tornano indietro anche i ricordi, le persone amate, l’infanzia. L’arte del revoco è il ritorno di quegli elementi restituiti dal mare alla spiaggia: legni, conchiglie, pietre calcari… ma anche visi, voci e odori oramai passati». Tra le sue opere a quale è maggiormente legato? «La scultura Nives, angelo del mare, situata in diga a Grado. È dedicata a mia madre». Dal passato al futuro: quali sono le prossime opere che desidera realizzare? «Dei grandi quadri che rappresentano le isole della laguna di Grado viste dall’alto e delle grandi sculture di pesci e uccelli palustri». Claudio Pizzin


MOSTRE ESPOSIZIONI IN FVG Servizio di Margherita Reguitti

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La molteplicità

dell’arte

Tra Grado, Gradisca d’Isonzo e Ronchi dei Legionari tre mostre raccontano il rapporto di artisti diversi con la nostra regione. Tra natura, società e frontiera.

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Grado, Gradisca d’Isonzo e Ronchi dei Legionari: tre località non troppo distanti fra loro che in questa estate propongono 3 mostre che raccontano paesaggi, porzioni di territori e di periodi storici interpretati da artisti con esperienze e vissuti culturali assai diversi. Tre esposizioni che sono delle finestre su un territorio complesso, che mostrano, suggeriscono, evocano fatti storici, condizioni sociali, ieri e oggi, appartenenze a un territorio di frontiera, percorsi che si intrecciano. Tre mostre scelte, fra le tante e interessanti che il FVG propone, perché paiono specchi reali o concettuali di peculiarità dell’Isontino e delle terre di confine/frontiera a Nord-Est. La prima tappa di questo viaggio alla ricerca di uno sguardo di artista che racconta una terra è a Grado con “Enzo Valentinuz storia e natura. Pensieri e racconti”, personale allestita fino al 14 ottobre nelle sale dell’Hotel Abbazia di Grado. Valentinuz non solo trae ispirazione per i suoi graffiti su malte colorate, tecni-

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ca antica oggi poco praticata, dal paesaggio dal Carso e dalla Laguna di Grado. Egli va oltre. Dipinge con le pietre raccolte nelle passeggiate solitarie fra boschi e doline, le seleziona e cataloga per utilizzarle come materia dei suoi lavori. Schegge lapidee divengono i colori di tavolozze formalmente astratte ma con un’anima connessa con arazzi lunari, scatole di pastelli colorati, figure oniriche, immaginarie. Sono i mille pensieri suggeriti dalle vicende della Grande Guerra e dalla geografia del terreno, ma anche dallo spaziare di mente e fantasia. Un raggio di luce che penetra le pietre, scavando un percorso irripetibile, fatto di materia che non può essere altrove se non nei luoghi familiari nello sguardo dell’artista. Seconda tappa a Ronchi dei Legionari nella Sala espositiva “Furio Lauri” dell’aeroporto dove, fino alla fine di luglio, è possibile visitare la mostra della fotografa Katia Bonaventura. Inusuale il luogo, tanto quanto il progetto sul quale la giovane fotografa monfalconese ha lavorato. “Casette” è il titolo dell’esposizione e del catalogo a colori, racconto di luoghi e di vite, progetto avviato durante il recente Festival del Giornalismo promosso dall’Associazione “Leali delle notizie”. Il quartiere “Villaggio Pater” è il luogo, i suoi abitanti le vite. Simbolicamente in un aeroporto da dove si spicca il volo per mete lontane, viene chiesta attenzione su una realtà piccola, vicina, locale, lasciata ai margini dei grandi temi; un rione di Ronchi dove viIn apertura, da sinistra Valvassori, Dugo e Kusterle all’esterno della Galleria Spazzapan a Gradisca d’Isonzo (foto Renzo Crobe); di fianco, foto di Katia Bonaventura della mostra “Casette”.


A destra, Enzo Valentinuz nel suo studio; sopra, un’opera di Valentinuz.

vono persone, spesso anziane, in una quotidianità senza eccellenze o eccezioni. Qui la vita scorre in un’atmosfera di rifugio per uomini, donne e i loro amici animali, con i quali la vita non ha peccato di troppa generosità. Il villaggio, composto da 58 abitazioni bifamiliari in un’area di centomila metri quadrati, fu costruito nel 1939 per ospitare personale del vicino aeroporto, di per sé è una pagina di storia cristallizzata. Le casette fotografate sono come le persone che le abitano. Inizialmente tutte uguali ma poi gli anni, l’avvicendarsi di inquilini, la vita e la morte le hanno rese assai differenti. Gli abitanti, coppie o persone sole, raramente oggi famiglie con bambini, così come gli interni delle abitazioni e i giardini, sono fotogrammi di esistenze con le quali entrare in contatto, condividendo una semplicità che ha il sapore dell’essenza di sentimenti e gesti universali. Infine, ultima tappa di un possibile percorso in libertà di legami, a Gradisca d’Isonzo alla Galleria “Luigi Spazzapan” è allestita fino al 15 luglio la mostra, una

e trina, “DKV_ Tre storie di frontiera”. I protagonisti sono tre artisti della regione, noti anche a livello internazionale, che si sono sempre spinti oltre le frontiere e hanno dialogato con il mondo dell’arte un tempo a Est, oltre la cortina di ferro. Franco Dugo, Roberto Kusterle e Giorgio Valvassori. Artisti coetanei ma con percorsi di sperimentazione e ricerca assai diversi: si sono confrontati sul piano delle possibili coesioni di opere molto differenti, ma tutte frutto di un humus culturale e di pensiero misto e condiviso, con influenze che arrivano da lontano, shekerate, rielaborate dalla loro forte personalità creativa e riproposte in questo progetto di collaborazione di dialogo di linguaggi diversi. I quadri figurativi di Dugo, accanto alle fotografie elaborate e rimontate di Kusterle e alle piccole sculture/installazioni di Valvassori. Una mostra per tre artisti di frontiera in una terra ieri di confine, oggi alla ricerca di una nuova, forte identità.

Margherita Reguitti

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MOSTRE IN FVG (calendario aggiornato su www.imagazine.it) 4 luglio – 25 agosto ▶ BOICO / CERVI / FRANDOLI / NORDIO

Interni navali tra arte e design. Analisi degli splendidi interventi del quartetto, improntati a una accentuata pulizia formale, realizzati tra il 1949 e il 1955.

Monfalcone (GO). Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, piazza Cavour 44. Orario: mer/ sab 10-13, ven 10-13/1619. Ingresso libero. Info: www.comune.monfalcone.go.it

guaggio e per modo di concepire l’arte, accomunati da un sentire comune in cui la quotidianità del confine diventa tensione per guardare oltre, un’estensione e non una barriera. Gradisca d’Isonzo (GO). Galleria Spazzapan, via Battisti 34. Orario: mer-ven 15-19, sabdom 10-13/14-19. Ingresso € 3. Info: galleriaspazzapan@libero.it Fino al 31 luglio ▶I WILL BUY MY FREEDOM WHEN

13 luglio – 21 settembre ▶GRIGIO IN GRIGIO Mostra dell’artista Maria Elisabetta Novello. Gorizia. Studiofaganel, viale XXIV Maggio 15/c. Orario: lun-ven 9.3013/16-19. Ingresso libero. Info: www.studiofaganel.com Fino al 15 luglio ▶DKV – TRE STORIE DI FRONTIERA Franco Dugo, Roberto Kusterle e Giorgio Valvassori: tre profili diversi per carattere, per lin-

Sculture ammalianti, concettuali si decodificano in una sapiente padronanza della materia in rapporto al divenire dell’emozione. Lavori creati con plastiche specchianti, cangianti e magicamente modificabili, trasformano la figura dinnanzi svelando altre complessità di sfumature, colori e volumi. Trieste. Econtemporary, via Crispi 28. Orario: giosab 17-20. Ingresso libero. Info: www.exibart.com

La mostra raccoglie una decina di opere recenti di Selma Selman che spaziano da video a lavori su carta, fino a opere di natura concettuale. Trieste. Studio Tommaseo, via del Monte 2/1. Orario: mar-sab 17-20. Ingresso libero. Info: www.triestecontemporanea.it

6 luglio – 5 agosto ▶RUINS Fragilità umana e decadenza negli occhi degli artisti contemporanei. Duino Aurisina (TS). Castello di Duino. Orario: lun-dom 9.3017.30. Ingresso € 8. Info: www.castellodiduino.it

Fino all’11 agosto ▶LELLO RONCA SQUAME DI LUCE

Fino al 22 luglio ▶IL COLORE APPASSIONATO A Gorizia la più ampia mostra antologica mai dedicata al maestro del Novecento friulano Sergio Altieri. Gorizia. Palazzo Attems, piazzale De Amicis 2. Orario: mar-dom 10-18. Ingresso € 6. Info: didatticamusei.erpac@regione.fvg.it

Sacile (PN). Studio d’Arte GR, viale Zancanaro 44. Orario: lunven 9.30-12.30/15.3018.30. Ingresso libero. Info: www.studioartegr.com

La mostra mette a confronto fotografia e pittura e fa riflettere sulle somiglianze e sulle influenze reciproche dei due linguaggi visivi nel corso degli ultimi centottanta anni.

Pordenone. Galleria Sagittaria, via Concordia 7. Orario: mar-dom 16-19. Ingresso libero. Info: www. centroculturapordenone.it Fino al 7 ottobre ▶PADRI E FIGLI

Oltre 60 opere da tutta Europa, dal IV secolo avanti Cristo fino al XX secolo ci faranno scoprire e meditare il legame forse più decisivo della nostra vita.

Fino al 2 settembre ▶JOIN THE DOTS / UNIRE LE DISTANZE

Mostra collettiva di 40 collezioni provenienti da 40 Paesi. Trieste. Salone degli Incanti, rive. Orario: mar-ven 17-23, sab-dom 10-23. Ingresso libero. Info: www.imagomundiart.com

Fino al 2 settembre ▶MONACO, VIENNA, TRIESTE, ROMA

In mostra le opere dei più prestigiosi e noti artisti triestini e giuliani del primo Novecento.

Trieste. Museo Revoltella, via Diaz 27. Orario: merlun 10-19. Ingresso € 7. Info: www.museorevoltella.it

Fino al 2 agosto ▶GILBERT HSIAO

In esposizione, per la prima volta in Italia, 30 opere provenienti appositamente dagli Stati Uniti e dalla Germania che ripercorrono il percorso artistico di uno dei maggior artisti optical americani.

Fino al 9 settembre ▶ SEMBRA UN QUADRO. SEMBRA UNA FOTO

Fino al 2 settembre ▶LUOGHI. GIANCARLO DELL’ANTONA / LUIGI VIOLA Un’indagine sul senso dei luoghi contemporanei con opere nelle quali media diversi - pittura, elaborazione grafica, fotografia - interagiscono per restituire la complessità delle situazioni nelle quali siamo immersi. Trieste. Itis Asp, via Pascoli 31. Orario: lun-ven 16-19. Ingresso libero. Info: www.exibart.com

Tolmezzo (UD). Casa delle Esposizioni, Illegio. Orario: mar-sab 10-19, dom 9-20. Ingresso € 11. Info: 0433 44445 Fino al 14 ottobre ▶STORIA E NATURA, PENSIERI E RACCONTI

Mostra di Enzo Valentinuz.

Grado (GO). Hotel Abbazia, via Colombo 12. Orario: lun-dom 10-19. Ingresso libero. Info: www.hotelabbazia-grado.com Fino all’11 novembre ▶L’EREDITÀ RUSSA DEI CONTI CORONINI

Uno sguardo privilegiato sul gusto e lo stile di vita della società aristocratica russa, dall’inizio del XIX secolo alla vigilia della Rivoluzione di ottobre.

Gorizia. Palazzo Coronini, via XX Settembre 14. Orario: mer-sab 10-13/1518, dom 10-13/15-19. Info: 0481 533485 Fino al 30 dicembre ▶MANET E MASSIMILIANO, UN INCONTRO MULTIMEDIALE

Un percorso immersivo e “multimediale”, allestito negli spazi delle Scuderie del Castello, per dar vita all’incontro impossibile tra l’imperatore del Messico, fucilato il 19 giugno 1867, ed Édouard Manet, il grande pittore francese che, indignato dalla vicenda, denunciò con la sua pittura le responsabilità francesi. Trieste. Castello di Miramare, viale Miramare. Orario: lun-dom 9-19. Ingresso € 12. Info: www.castello-miramare.it

I COSTI E GLI ORARI DI APERTURA POSSONO VARIARE SENZA PREAVVISO. VERIFICARE SEMPRE RIVOLGENDOSI AGLI APPOSITI RECAPITI.


I TEMPLARI A MADONNA DI STRADA

ALLA SCOPERTA DI...

Servizio di Vanni Feresin

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A difesa

dei pellegrini

Per quasi due secoli Viscone ospitò i cavalieri dell’ordine templare. Severissimi con se stessi, erano pronti a proteggere con la propria vita l’incolumità dei viandanti.

Madonna di strada e la devozione popolare

Si racconta che nella chiesa trovarono sede i cavalieri Templari; così scriveva il professor Nilo d’Osualdo di Chiopris nel 1986: “I Templari arrivarono alla chiesetta di Viscone sul tramonto del 14 agosto 1150. Scesi da cavallo e cedute le briglie ai servi ben allineati, in attesa e pronti a riceverle, si mossero su due file con davanti il prete che reggeva il vessillo. Dopo aver slacciato dalla cinta la spada, la reggevano davanti al petto, come una croce. Entrarono in chiesa, raggiunsero il presbiterio e si disposero in piedi quattro per lato. Il sacerdote salì all’altare e vi collocò al centro il vessillo. Sceso s’inchinò lungamente, seguito dall’inchino di tutti gli altri. Poi, tutti eretti nella persona, intonarono in tedesco un canto di lode alla Vergine. Finito il canto il sacerdote iniziò, in latino, la litanie dei santi: alle singole invocazioni del sacerdote il coro rispondeva ora pro nobis”. Lo stesso d’Osualdo ricordava che i Templari rimasero a servizio dei pellegrini sul tratto di strada che collegava Aquileia a Cividale per quasi due secoli, dal 1150 al 1312, e che i primi nove Templari “vennero sepolti a fianco della chiesa, vicino a quella Madonna di Strada alla quale si erano consacrati con un giuramento d’amore feudale e religioso”.

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L’affascinante chiesa campestre di Madonna di Strada a Viscone ci racconta di una fede antica e di un luogo di passaggio dove trovava posto anche un ospitale per malati e pellegrini retto dall’ordine dei Templari. Legato a questo luogo anche il voto fatto dalla popolazione locale [i capi famiglia] e decretato ufficialmente dall’arcivescovo Francesco Borgia Sedej nel 1919, che doveva e deve tutt’oggi essere sciolto il lunedì dopo Pentecoste. Un voto che lega le genti di Viscone al santuario di Madonna di Strada, un ringraziamento sentito alla Madonna per la salvezza del paese che non subì gravi devastazioni durante i quasi cinque anni dell’atroce primo conflitto mondiale e un ricordo per chi non è tornato dalla guerra. Proprio il lunedì dopo la Pentecoste venne stabilito quale momento migliore per ritrovarsi come famiglia e comunità cristiana e così scriveva nel suo decreto l’arcivescovo Sedej: “Ai Venerabili Vicari, circa l’adempimento del voto che si obbligarono i capi famiglia di costì, permetto che ogni anno si tenga una processione votiva alla Chiesa della “Madonna di Strada”; si celebri ivi la Messa bassa o cantata, si ritorni alla Chiesa vicariale ove dipoi si potrà esporre il Ss.mo, impartire la benedizione solenne con il Santissimo”. Ma questo è uno dei segni recenti di devozio- I Templari a difesa dei viandanti I Templari erano coadiuvati da dei servi che vivevane del santuario di Madonna di Strada della cui remota origine non si hanno che poche tracce, infatti questo luogo è no separatamente e divisi dalla strada. Tutto ciò che serstato sempre venerato e riconosciuto come santo: sono innumerevoli le indulgenze papali e gli ex voto per grazia ri- In apertura, Cavalieri in battaglia, incisione del 16mo cevuta che riempiono le mura del presbiterio. secolo, collezione privata. |

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Di fianco, singolare tenzone di cavalieri medioevali, cartolina, collezione privata. Pagina accanto, la chiesa della Madonna di Strada situata sulla via Palmarina (ph. Claudio Pizzin).

viva alla vita materiale era compreso dentro un recinto in muro al di là della strada. Al di qua, tutto intorno alla chiesetta, si apriva una serie di vani in forma di chiostro. All’esterno la costruzione appariva come una cinta di mura con delle finestre rettangolari molto alte e protette da inferriate. Unica apertura un robusto cancello di ferro in corrispondenza della porta d’entrata della chiesetta. Il cancello era sempre bloccato dall’interno; restava aperto solo le domeniche e gli altri giorni festivi durante la messa perché potessero accedere i servi e gli estranei. La compostezza immobile e statuaria degli otto Templari in piedi nel presbiterio, quattro per lato, creava un’atmosfera di severità che non permetteva rumori o disturbi da parte degli estranei, che assistevano alla messa stando nell’aula. Severissimi con sé stessi, i Templari esigevano sempre severità da parte di tutti. Orari precisi e cadenzati regolavano la vita dell’Ordine dovunque esso si trovasse sparso nell’Europa, così anche a Madonna di Strada. Puntuali e metodici, alle cinque, quattro Templari uscivano dalla porta della chiesetta, un servo aveva già spalancato il cancello; quattro servi tenevano per le briglie quattro cavalli lucidi e scalpitanti. Senza una parola, cedevano le briglie ai Templari, che, saliti in groppa, partivano al galoppo. Al più presto possibile dovevano giungere due nelle vicinanze di Cividale, altri due in quelle di Aquileia. I commercianti e i viandanti in genere usavano coprire quella distanza in un giorno, con una fermata sul mezzogiorno a Viscone presso la casa messa a loro disposizione dai Templari e utilizzavano solo le ore di luce per il viaggio. La notte faceva paura perché si prestava alle insidie dei banditi. Il ritorno alla sede poteva essere al passo o al trotto a seconda delle necessità di seguire o tener d’occhio i viandanti del giorno. Al contrario avveniva per il turno del pomeriggio. Partivano al passo o al trotto, sempre per accompagnare o seguire eventuali viandanti, ma sul tramonto, quando generalmente si trovavano rispettivamente vicino ad Aquileia o vicino a Cividale, ripartivano al galoppo per essere presenti a tempo debito all’incontro serale delle venti in chiesa, per ringraziare la Madonna per il giorno appena trascorso. Non abbandonavano mai la strada e non scendevano mai dal cavallo, né mangiavano né bevevano. Raramente parlavano tra loro, mai si intrattenevano con i viandanti, salvo la necessità di farlo o perché interpellati. Se serviva l’aiuto di altri, uno restava sul posto e l’al48

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tro o si rivolgeva al villaggio vicino o rientrava alla sede per condurre con sé i servi e i mezzi che la situazione richiedeva. Se non era proprio necessario, si astenevano al massimo di intervenire personalmente nell’aiutare i viandanti, dai quali si tenevano sempre appartati. Però, se potevano sembrare indifferenti per le comuni necessità, quando si profilava o si presentava un pericolo di aggressione, si scatenavano con una decisione e una violenza temerarie. Sembrava non temessero i pericoli, anzi li volessero cercare anche se gli aggressori erano numerosi. Spesso qualcuno ci rimetteva la vita, senza che ciò provocasse emozione o dolore da parte dei compagni. Era come se fossero da sempre preparati alla morte e che morire fosse il coronamento della loro esistenza e del loro onore. I banditi li temevano fin da subito, mentre i signori locali ci misero del tempo a comprendere il loro servizio e lo capirono a loro spese. Dopo i primi morti, i Templari fecero capire coi fatti che era pericoloso uccidere uno di loro. La prima vittima fu il signore del castello di Cormòns che aveva fatto massacrare al guado del Sosò, vicino Manzano, due Templari che la mattina erano diretti a Cividale. I banditi avevano teso un agguato e con le balestre, nascosti nel bosco, avevano colpito cavalli e Templari, assalendoli e uccidendoli. I Templari rimasti, non vedendo rincasare i loro compagni, inviarono dei servi a cercare notizie e dopo essere venuti a conoscenza di ciò che era accaduto inviarono un messaggio scritto al signore di Cormòns dove lo sfidavano a un duello riparatore: per loro non erano colpevoli gli esecutori ma il mandante. Il signore non accettò e poco tempo dopo quaranta Templari con ottanta servi al seguito fecero capitolare il castello e uccisero il vile signorotto dopo averlo costretto a combattere fino alla morte con un cavaliere dell’Ordine scelto a sorte. I Templari non davano fastidio ad alcuno. Non si intromettevano fra contendenti; non parteggiavano per alcuno. Scattavano unicamente quando incontravano armati e violenti che aggredivano dei deboli e indifesi. Se venivano richiesti, si prestavano volentieri come intermediari e pacieri, specialmente se a richiederli erano i deboli che pativano un sopruso. Non andavano però in cerca di cause da difendere, avevano il loro compito e quello eseguivano scrupolosamente e assiduamente. Eccettuata la domenica e le altre feste religiose di precetto, durante le quali non uscivano in servizio di perlustrazione, tutti i giorni dell’anno iniziavano il giorno con la sveglia alle 4 del mattino, estate e inverno, pioggia o bel tempo. Dopo la preghiera d’invocazione di


aiuto e di protezione alla Vergine, e una sostanziosa colazione, alle cinque partivano per la loro attività. Dopo il pranzo erano di turno fino alle otto della sera, al rientro una breve preghiera in chiesa a ringraziamento della giornata trascorsa. Seguiva la cena durante la quale la comunità si espandeva in una conversazione che poteva essere seria, se trattava di problemi o di programmi, ma anche spiritosa e allegra. I Templari avevano diversi cavalli ma ognuno ne possedeva uno e lo conosceva per nome, erano legati nell’amicizia e nel servizio fino alla morte, il servo e la spada erano pure personali. Le sette ore libere che a turno avevano nella giornata erano dedicate alla pulizia personale, all’esercizio fisico e alle gare. Erano fanatici della pulizia, portavano i capelli tagliati corti, la barba e i baffi invece erano lasciati crescere liberamente. Si lavavano sempre con acqua fredda che era stata filtrata prima, bollente, attraverso la cenere. Oltre agli esercizi fisici e ai duelli, agli addestramenti nei combattimenti e alla lotta libera, se invitati dal patriarca partecipavano con passione alla caccia, non avendo loro boschi a disposizione. Accanto alla chiesa di Madonna di Strada i Templari avevano fatto costruire un ampio locale rettangolare a un piano, che veniva usato come luogo di ristoro e di ricovero per la notte a disposizione dei viandanti. Nell’unico grande stanzone c’erano solo diversi sacchi di paglia, un tavolo e diversi sgabelli. Per il servizio indispensabile erano incaricati un paio di servi. In caso di epidemie o peste o guerre nei paraggi, a turno i servi armati di balestra prestavano servizio di guardia nella zona circostante, vietando a tutti anche di passare sulla strada che attraversava i due settori. Non accettavano ospiti viandanti se c’era un’epidemia o la peste. Venuta a mancare la ragion d’essere del loro servizio, per la quasi totale paralisi dei traffici e dei movimenti di persone, il controllo sulla strada veniva sospeso. Se la malattia infettiva era grave, diffusa e prevista di lunga durata, i Templari venivano informati dai loro medici, esercitati in Oriente dove la peste era frequente. I Templari per non restare in trappola e dover morire per fame o contagio, quando le scorte stavano per finire, facevano caricare sui muli e sui cavalli quanti alimenti possibili e si avviavano con tutti i loro servi verso il castello-deposito al nord, isolato tra i monti e di proprietà dell’Ordine. Da quello venivano loro gettate le tende e i viveri necessari per sistemarsi. Ogni comitiva doveva accamparsi nelle vicinanze, ma rigidamente separata dalle altre comitive. Ogni contatto arbitrario era punito con la morte. Così se in una comitiva si manifestava il contagio, non danneggiava le altre e veniva subito isolato. I Templari se ne andarono da Madonna di Strada il 16 agosto del 1312, le genti locali li videro partire diretti verso il nord, ordinati, disciplinati, splendidi nei loro mantelli bianchi. Tutto ciò avvenne per volontà di papa Clemente V che aveva sciolto l’ordine, obbligato da Filippo il Bello che temeva la potenza templare. A Viscone non possedevano nulla, avevano ottenuto solamente dal patriarca Pellegrino l’autorizzazione di costruirvi i fabbricati e di risiedervi. Sciolto l’ordine, avevano chiesto e ottenuto di entrare nell’ordine dei cavalieri Teutonici che combattevano contro i pagani dell’Europa nordorientale. Anche i patriarchi friulani si batterono affinché l’ordine non venisse sciolto, il patriarca Ottobono fece parte

di una commissione di cardinali e vescovi per evitare lo scioglimento dei Templari, ma la storia ci dice che l’ordine venne scomunicato e mai più risorse.

La chiesa di Madonna di Strada

A tanti secoli di distanza ci restano poche testimonianze e certamente della chiesa originaria di Madonna di Strada si è persa la struttura. Ciò lo notava anche don Beppo Marchetti a pagina 251 del suo libro “Le chiesette votive del Friuli”: “La Madonna di Strada è una costruzione primitiva difficilmente databile: potrebbe risalire al Trecento, ma è quasi del tutto scomparsa sotto le ricostruzioni e i rimaneggiamenti posteriori. Un generale rimaneggiamento con costruzione della facciata e aggiunta del coro pare assegnabile al 1600; altro restauro con ampliamento o apertura di porte, finestre e aggiunta della sacrestia è del 1700”. Ma certamente come ricorda don Albino Bilibio: “Il Santuario di Madonna di Strada è stato sempre un centro di preghiera, di celebrazioni eucaristiche, di varie solennità annuali, per le comunità di Viscone, di Chiopris, di Medeuzza, di Nogaredo al Torre, di Medea, di Jalmicco, di Trivignano Udinese”. L’ultimo lunedì di Pentecoste, lo scorso 21 maggio, si è aperto un giubileo che vedrà il suo culmine nei primi mesi del 2019, quando verranno ricordati i 100 anni dal ritorno della Madonna di Strada nella sua chiesa (23 febbraio 1919) dopo il doloroso fatto accaduto ai danni della venerata statua della Santa Vergine (che dei ladri mutilarono pesantemente, tagliandole mani e testa), il lunedì di Pentecoste 2019 saranno celebrati anche i 100 anni dall’istituzione del voto che lega i capifamiglia al Santuario. Vanni Feresin |

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I grandi protagonisti ottocenteschi della contea principesca di Gorizia e Gradisca al servizio della ricerca e dell’agricoltura

Il professor Luigi Chiozza

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Luigi Chiozza nacque a Trieste il 20 dicembre 1828 da famiglia savonese, trasferita nella città giuliana dal nonno Carlo Luigi per sviluppare attività d’impresa diversificate al tempo delle agevolazioni fiscali, emanate nel 1719 dall’Imperatore asburgico Carlo VI per la crescita del Porto franco triestino. La ditta approntò la propria sede operativa in un palazzo sull’odierna via Carducci (quello degli ampi portici, detti volti di Chiozza) e acquisì nel 1825 nel borgo rurale friulano di Scodovacca (Villa Vicentina), quale residenza estiva, una villa tardo-settecentesca, inserita nel contesto di una tenuta agricola di circa 200 ettari, estesa tra Scodovacca, Ruda e Cervignano. Negli anni giovanili Chiozza frequentò l’Accademia di Ginevra guidata dal chimico professor Jean Charles Galissard de Marignac (1817-1894), poi il prestigioso Politecnico di Parigi e, infine, un corso di perfezionamento presso l’Università tedesca di Giessen (Assia), nel laboratorio del professor Justus von Liebig (1803-1873), cui si devono significativi contributi alla chimica per l’agricoltura, alla biochimica e alla chimica organica. Chiozza fu, quindi, a Milano ai corsi della Società di Incoraggiamento Arti e Mestieri (S.I.A.M.), fondata nel 1838 da Carlo Cattaneo ed Enrico Mylius, che poi contribuì nel 1863 all’apertura del Politecnico della città. Allievo molto apprezzato dal professor Giovanni Antonio de Kramer (1806-1853), docente di Chimica Industriale presso la suddetta Società, alla sua morte ne assunse la prestigiosa cattedra e la direzione della struttura. Nel 1850 si iscrisse alla Scuola di Chimica Pratica (École de Chemie Pratique) di Parigi, diretta dal noto professor Charles Gerhardt (1816-1856), alle cui lezioni parteciparono qualificati studiosi come Luigi Pasteur (1822-1895), Faustino Malaguti (18021878), Thomas Graham (1805-1869), Friedrich Au50

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gust Kekulé von Stradonitz (1829-1896), Alexander William Williamson (1824-1904). Luigi Chiozza fu scienziato e imprenditore, pioniere della ricerca e dell’innovazione tecnologica, anche in agricoltura, membro dell’I.R. Società Agraria di Gorizia e dell’Associazione Agraria Friulana. Uno dei suoi primi successi fu, nel 1854, la preparazione sintetica della ‘aldeide cinnamica’ (cinnamaldehyde C9H8O), sostanza organica derivata dall’olio di cannella, impiegabile nel settore dei profumi. Dedicò particolare cura e risorse alla modernizzazione della propria azienda agricola per conseguire una maggiore fertilità e produttività dei terreni, provvedendo alla sistemazione fondiaria, alla meccanizzazione delle operazioni colturali e alle concimazioni, con una visione innovativa del sistema di conduzione, non più ancorato all’affitto misto e alla mezzadria, ma rivolto alla conduzione diretta con salariati e bovari o con famiglie salariate. Feconda fu anche la sua produzione scientifica con memorie, scritti e relazioni, particolarmente incisivi e apprezzati. Sposò nel 1857 Pisana di Prampero, appartenente a una famiglia nobiliare friulana, mentre sua sorella Angelina Chiozza, qualche anno prima (1854), era andata sposa a Carlo Kechler, soprannominato il re delle filande, con cui Luigi Chiozza condivise le problematiche della bachicoltura e della sericoltura. Carlo Kechler, personaggio multiforme per cultura, talento e ampia visione imprenditoriale, nacque a Trieste nel 1823 da una famiglia di origini fiumane. Dopo un periodo trascorso presso i Chiozza a Scodovacca, venne assunto a Udine nella realtà aziendale di Pietro Antivari, ove ebbe modo di mettere a frutto innate capacità manageriali. Fondò il Cotonificio Udinese, lo Zuccherificio di San Giorgio di Nogaro e provvide all’ampliaIn apertura: il professor Luigi Chiozza (illustrazione di Alfio Scarpa). Pagina accanto: Villa Chiozza a Scodovacca di Cervignano del Friuli (foto di Claudio Pizzin).


mento della filanda di Venzone (ereditata dagli Antivari, suoi mecenati). Fu tra i fondatori della Banca di Udine, consigliere della Camera di Commercio udinese e tra i promotori della costruzione del Canale irriguo-industriale ‘Ledra Tagliamento’. Fu anche efficace e impegnato pubblicista, particolarmente in materia di sericoltura e bachicoltura friulana e veneta. Luigi Chiozza, dopo la prematura scomparsa della Consorte avvenuta nel 1858, si trasferì a Scodovacca, nella villa di famiglia, per continuare l’attività di ricercatore nel laboratorio ricavato attrezzando adeguatamente taluni rustici annessi al complesso residenziale. Fu in quella struttura che ospitò l’illustre chimicobiologo francese Luigi Pasteur, il quale poté operare intensamente per oltre sette mesi (25 novembre 1869 - 6 luglio 1870) per verificare con successo il metodo operativo contro il flagello che incombeva sul baco da seta (soprattutto la pebrina e la flaccidezza) e completare con l’aiuto della moglie Marie la trascrizione del testo del corposo trattato dal titolo Études sur la maladie des vers a sòie-Moyen pratique assuré de la combattre et d’en prévenir le retour (Studi sulla malattia del baco da seta - Un modo conveniente per combattere e prevenirne il ritorno [la pebrina-pébrine e la flaccidezza-flacherie]), con dedica all’Imperatrice Eugenia, consorte di Napoleone III. Con Luigi Pasqualis, nativo di Visco, Chiozza elaborò una serie di dati scientifici e di proposte per il barone Guglielmo Ritter (Presidente della Commissione Serica per la ‘pebrina’), da sottoporre all’attenzione dell’amministrazione statale asburgica a supporto dell’ipotesi di un Congresso Bacologico Internazionale da tenersi a Gorizia, come in effetti avvenne con grande successo nel 1870. Nel 1876 brevettò un sistema di separazione dei germogli di mais per la produzione di farine bianche e

di altri derivati, sistema che ebbe un significativo riconoscimento all’Esposizione di Filadelfia (USA) di quell’anno e che apriva la strada all’industria dell’olio di mais. Qualche anno prima, nel 1865, aveva fondato a Perteole di Ruda (località la Fredda) la Amideria Chiozza, uno stabilimento per l’amido, estratto dal frumento e, poi, dal riso: un composto organico utilizzabile nell’industria farmaceutica, nella produzione di addensanti alimentari, di carta e cartone, di colle e gelatine. L’opificio impiegò oltre 100 dipendenti e rimase in proprietà della famiglia fino alla conclusione della Grande Guerra. A lui si deve anche la sistemazione a giardino all’inglese del vasto parco situato attorno alla villa di campagna (Villa Chiozza, appunto), arricchito con essenze arboree di pregio, tra sentieri e risorgive. La vecchia Amideria è considerata un patrimonio archeologico-industriale di rilevanza europea. La struttura, attualmente di proprietà del Comune di Ruda, è oggetto di un’articolata serie di idee e proposte per il suo graduale recupero, che hanno già ottenuto riconoscimento e sostegno finanziario a diversi livelli: in termini ministeriale, regionale, dell’Università e di Istituzioni locali (Associazione Amideria Chiozza - Conservazione, valorizzazione e rigenerazione del patrimonio industriale. Studi e progetti per l’Amideria Chiozza a Ruda). Il professor Luigi Chiozza si spense a Scodovacca il 21 maggio 1898.

Renato Duca e Renato Cosma

Renato Duca è stato direttore del Consorzio di bonifica Bassa Friulana; Renato Cosma è stato condirettore del Consorzio di bonifica Pianura Isontina

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ALLA SCOPERTA DI...

Un monito

SISTEMI DIFENSIVI ARRETRATI Servizio di Alberto V. Spanghero

contro la guerra

Ancora oggi sono presenti nel territorio monfalconese numerosi resti delle trincee realizzate dal genio militare italiano durante il primo conflitto mondiale. Ecco perché è importante non abbandonarle all’incuria.

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Nel gennaio 2018 ricevetti una telefonata dal bibliotecario di un Comune del Monfalconese il quale, a nome del sindaco, mi chiese se le trincee sparse sulla piana tra Carso e Isonzo e tuttora ben visibili nei comuni di San Pier d’Isonzo, Turriaco e San Canzian d’Isonzo fossero state costruite dall’esercito italiano o da quello austriaco. E questo nonostante tutto il cancan fatto dalla televisione, dai giornali, con mostre, conferenze e quello prodotto da un numero sterminato di pubblicazioni al riguardo per ricordare il Centenario della Grande Guerra... Un monito: Considerate le vostra semenza: fatti non foste a viver da bruti, ma per seguir virtude e conoscenza. Per

cui una seria e doverosa riflessione, anche se tardiva, s’impone. Nel maggio 1915, quando l’Esercito Italiano occupò le rive destra e sinistra del Basso Isonzo la prima cosa che fece fu quella di ripristinare il controllo idrogeologico del territorio, riattare il sistema stradale con la costruzione di nuovi ponti in sostituzione di quelli distrutti dagli austriaci in ritirata, riallacciare le linee elettriche e telefoniche e allestire, in prossimità dei paesi, tutta una serie di accampamenti per ospitare depositi, forni per la cottura del pane, cucine, magazzini e ospedali. Sin dall’inizio delle ostilità quindi, già alla fine del maggio 1915, il fronte del Basso Isonzo venne diviso in zone, definite Sistemi Difensivi Arretrati, che prevedevano, tra le altre cose, la costruzione di linee trincerate che andavano dai numeri I a VII. Queste demarcazioni, di diverso interesse strategicomilitare, erano distanti anche poche centinaia di metri dalle primissime linee, quelle in vista del nemico. La prima, quella disposta a una distanza di 2-3 km dai frontoni carsici, fu denominata “Zona principale di resistenza”. La seconda, quella disposta leggermente arretrata rispetto alla prima, si trovava a una distanza di 6-8 km dal Carso ed era denominata “zona avanzata”. L’esercito austroungarico, diversi mesi prima dello scoppio del conflitto, non sapendo ancora quali fossero state le direttive e i luoghi degli attacchi italiani, aveva dato vita a tutta una serie di allestimenti difensivi lungo la linea del confine con l’Italia. Su posizioni ritenute favore-

In apertura, trincee italiane sul S. Michele. Di fianco, Cassegliano, entrata di una trincea in località Fabbro. 52

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voli e facilmente difendibili, costruirono una serie di postazioni plurime di difesa campale: trincee servite da profondi camminamenti, ampie caverne per depositi di viveri e munizioni, linee di reticolati, punti di osservazione e soprattutto piazzole per mitragliatrici che si rivelarono arma determinante per le sorti del conflitto. Con il perdurare della guerra e con la lenta e sanguinosa avanzata dell’Esercito Italiano sul fronte carsico, le linee precedentemente denominate subirono delle sostanziali modifiche che, adeguandosi ai nuovi scenari di guerra, dove si moriva veramente sotto il fuoco delle mitragliatrici, le situazioni logistico-militari di fatto cambiavano denominazione. Tra il 1915 e il 1916 quindi, lontani dalle linee di combattimento, si provvide alla costruzione di una imponente quantità di manufatti in cemento armato (trincee) per ostacolare una ipotetica avanzata del nemico (Austro-ungarici). In considerazione del fatto che il nemico non poteva che venire dalle pendici carsiche, era del tutto evidente che la linea difensiva veniva rivolta verso quella direzione. I lavori furono eseguiti da reparti speciali del Genio coadiuvati spesso, nella parte intermedia e in quelle di retrovia, da numerosi operai borghesi “reclutati” sul posto (carradori per il trasporto delle ghiaie, sterratori, carpentieri, manovali). La massa di operai borghesi raggiunse, in alcuni casi, le 15.000 unità per la sola II Zona. Il tutto sotto il controllo militare del Genio d’Armata. La fascia di pianura che si estende tra le pendici della linea carsica, il Gradiscano, il Monfalconese, il Cervignanese e il Palmarino, comprensiva quindi dei fiumi Isonzo, Torre, Versa e Judrio, fu suddivisa in nuove Zone che a loro volta furono suddivise in nuove linee difensive. Nel giugno 1916, periodo antecedente alla VI battaglia dell’Isonzo (4/16 agosto 1916), come si evince dalla cartina prodotta dal Comando Genio della III Armata (Istituto del-

Sopra da sinistra, Genio III Armata 1916. Sezioni di trincee; Comando Genio III Armata. Situazione lavori 1917. Sotto, Comando III Armata. Linee difensive arretrate. Marzo 1916.

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1916: gli uffici comunali di Turriaco trasferiti sul Pascul

Cassegliano. Dati sulla trincea in località Fabbro

1916: Cervignano, fuciliere italiano in trincea Trincee italiane coperte sul Sei Busi

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Trinceone Zorba a Turriaco, di fronte al cimitero comunale

la Storia e della Cultura del Genio, Roma), partendo dal punto di massimo avanzamento del fronte “Basso Isonzo”, il complesso delle Linee in vista del nemico, disposte in massima parte sulle alture di Doberdò a 100-200 metri dalle linee austriache, si dispiegavano nel modo seguente: Linea delle Truppe, Linea del Pecinka Veliki, Linea di Opachiasella, Linea di Doberdò, Linea di San Martino e la Linea Pedecarsica, tutte a quote tra i 277 metri del monte San Michele, gli 89 delle Cave di Selz e gli 88 della Rocca di Monfalcone. Seguivano, poco distanti e a quote inferiori, altre Linee in sistema con la Pedecarsica con i paesi di Sagrado, Fogliano (una parte), Polazzo, Selz, Vermegliano, Ronchi e Monfalcone. A 5-6 chilometri dalla primissima linea si sviluppavano sulla riva sinistra dell’Isonzo, in piena pianura, la Linea delle Teste di Ponte e quella degli Argini. Queste linee inglobavano i paesi di Fogliano, San Pier d’Isonzo, Cassegliano, Turriaco, Begliano, Pieris e San Canzian d’Isonzo. Mentre, sulla riva destra dell’Isonzo, coinvolti dallo stesso sistema erano i paesi di San Valentino-Fiumicello, Villa Vicentina, Campolongo al Torre, Ruda, Villesse, Romans fino ad Aiello e leggermente disgiunti i paesi di Versa e Medea. Infine la Linea degli Abitati, denominata fin dal 1915 Zona intermedia o Seconda Zona, si estendeva dall’Isonzo fino al Tagliamento. I sistemi difensivi arretrati con l’evolversi del conflitto, a iniziare dal gennaio del 1916, passarono progressivamente alla copertura in cemento armato di capisaldi e di interi tratti di linee, intercalate da postazioni per mitragliatrici, feritoie per fucilieri, osservatori e ricoveri blindati. Gli interi complessi difensivi comunicavano tra loro sia telefonicamente sia con segnali a vista, mentre esternamente erano collegati da camminamenti protetti da due o tre linee di reticolati, in alcuni casi elettrificate. Per questioni di spazio e per rispondere alla domanda iniziale, focalizzeremo maggiormente la nostra attenzione sul sistema difensivo arretrato della Seconda Zona, quella cioè che riguardava l’area pianeggiante di retrovia, pertinente al comando della III Armata. La Seconda Zona si sviluppava, con andamento Nord-Sud, seguendo le sponde dei fiumi Torre, Versa, Judrio e Isonzo, per congiungersi a nord con i settori di competenza della II Armata impegnata in territori prevalentemente montagnosi. Analizzando uno stralcio della planimetria ricavata dalla Mappa dell’Istituto di Storia e Cultura del Genio-Roma, relativa alle Linee degli Abitati, degli Argini con l’Isonzo e soprattutto quella della Testa di Ponte di Pieris, prodotta dal Comando Genio della III Armata del periodo ottobre 1917, si può osservare che la situazione era la seguente: partendo dalla presa d’Acqua di Cassegliano la linea delle trincee, tutt’ora ben visibile, seguiva un tracciato che comprendeva i ponti sull’Isonzo di Cassegliano, i due ponti di Turriaco e quello della ferrovia di Pieris. La linea poi continuava fino ai due ponti di Pieris e quello di San Valentino. Sino alla ferrovia di Pieris le trincee


Da sinistra, 1916: Turriaco, scuola sul Pascul; trincee in località Milloch, ora completamente nascoste dalla vegetazione erano costruite in cemento armato, in rilevato sull’argine del canale secondario d’irrigazione di San Pietro (Canal grando), a tratti coperte con una decina di lunette intermedie di fiancheggiamento per vedette. Il tracciato si sviluppava per una lunghezza totale di 4.100 metri, dei quali 2.000 di trincea coperta con all’interno un’asse di camminamento. La linea era protetta da due/tre ordini di reticolati, larghi 5 metri, su paletti di legno. A completare il quadro difensivo, posti in posizione leggermente arretrata rispetto alla linea suddetta, furono costruiti a intervalli regolari ricoveri blindati collegati tra loro da accessi frontali e laterali, i trinceoni, chiamati così in gergo dalle popolazioni bisiache per la loro imponenza. Questi trinceoni furono costruiti in funzione prettamente difensiva e potevano ospitare postazioni di lanciafiamme e lanciagas, piazzole per mitragliatrici, batterie di artiglieria di piccolo calibro (75 mm) ed erano dotati di camere da scoppio per assorbire l’impatto delle esplosioni. I Trinceoni della riva sinistra dell’Isonzo erano manufatti in cemento armato costruiti a elementi sommabili. Furono realizzati in massima parte sul territorio comunale di Turriaco e sono tuttora ben visibili. La campagna turriachese risulta ancora oggi, a cento anni di distanza, punteggiata qua e là da resti di quella che fu per l’esercito italiano l’ultima linea di interdizione contro una ipotetica avanzata dell’esercito austro-ungarico. Partendo da nord, in prossimità del confine con Cassegliano, a ridosso dell’argine dell’Isonzo troviamo (vedi cartina) un trinceone a un elemento segnato con il numero 1, ora scomparso. Subito sotto, segnato con il numero 2, c’era un trinceone a due elementi, ora scomparso. In zona Pascul, segnato con il numero 3, seguiva un trinceone a 4 elementi, tuttora esistente. Più a sud del territorio comunale si trovava un trinceone a 4 elementi, demolito dal Comune di Turriaco negli anni Settanta-Ottanta per fare posto all’attuale zona artigianale di via 25 aprile. In prossimità della linea ferroviaria vi erano due trinceoni segnati con i numeri 4 e 5 e composti da 2 e 3 elementi, entrambi demoliti. Per ultimo segnaliamo il trinceone che per alcuni mesi del 1917 fu la sede staccata del comando del XXIII Corpo d’Armata del generale Armando Diaz. Questo reperto, del tutto ignorato dalla storia, si trova ben visibile e visitabile di fronte al cimitero comunale di Turriaco, nei campi detti Zanotta: proprietà privata della famiglia Zorba. In origine il trinceone era a 5 elementi, ora sono rimasti solo 3 perché due furono demoliti negli anni Sessanta per fare posto alla pista dell’aeroporto di Ronchi dei Legionari. Ma anche questi formidabili bunker, concepiti come insuperabili, se aggirati diventavano delle micidiali trappole per topi.

Tra il paese e l’argine dell’Isonzo furono costruite due postazioni di artiglieria per obici da 149 mm, di cui non sono rimaste più tracce. Disposti a un centinaio di metri dalle trincee e distanti uno dall’altro non meno di 3-400 metri, a seconda delle necessità, si trovavano ai fini logistico-militari 17 ricoveri per la truppa sia in tenda sia in baracca, sufficienti a coprire il tratto di trincea denominata Testa di Ponte di Pieris, che dalla località Fabbro di Cassegliano arrivava fino alla congiunzione con la ferrovia (tratto dalla pubblicazione I tracciati delle trincee sul fronte dell’Isonzo di Silvo Stok, Gaspari Editore 2011 – Udine). Tutto questo apparato difensivo per nostra somma fortuna non servì a nulla, perché con la Rotta di Caporetto e la conseguente avanzata austro-ungarica che si sviluppò a nord della linea carsica furono evitati in tal modo i nostri paesi, per altro già abbondantemente martoriati. La III Armata, per evitare l’accerchiamento, si ritirò velocemente da tutte le postazioni carsiche sanguinosamente conquistate e, quasi al completo, riuscì a mettersi in salvo. Non altrettanto poté fare la II armata che fu fatta quasi per intero prigioniera. Negli anni 1916-17 in piena guerra alcune trincee ritenute sicure e fuori tiro dall’Artiglieria austriaca furono usate come ricoveri dalle popolazioni del territorio per mettersi al riparo dai bombardamenti sui paesi. A Turriaco servirono addirittura come scuole elementari e come uffici comunali. Dopo la Grande Guerra le trincee cambiarono destinazione d’uso. Innumerevoli persone, perlopiù quelle meno abbienti, dei paesi di Cassegliano, San Pier d’Isonzo, Turriaco, Pieris e San Canzian d’Isonzo le abitarono per decenni fino a quando cioè, negli anni Cinquanta, non si iniziarono a costruire le case popolari. Molte trincee negli anni furono inglobate in nuove costruzioni di privati, altre abbattute per fare posto a strade e zone artigianali, altre vengono tuttora usate da coltivatori come depositi di attrezzi agricoli o come ripari per animali. Ma, nonostante l’incuria e l’abbandono a cui sono destinate, le trincee della Bisiacaria, come grigi monoliti, continuano a resistere al tempo a monito di quella che fu la più grande tragedia della storia moderna. Sarebbe cosa auspicabile e meritevole che i Comuni interessati del territorio monfalconese facessero una inventariazione e provvedessero alla pulizia di ciò che ancora rimane del “Sistema Arretrato di Difesa”, costruito dal Genio della III Armata dell’Esercito Italiano nella Grande Guerra.

Alberto Vittorio Spanghero

Ricercatore e storico di Turriaco |

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ALLA SCOPERTA DI...

EDIFICI SVANITI Servizio di Maurizio Puntin. Immagini di Claudio Pizzin

Scomparsi tra le acque Nel corso dei secoli le piene del fiume Isonzo hanno inghiottito chiese e ville. Della cui esistenza oggi sono testimoni solo antichi documenti.

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“Il Lisonzo, che incostantissimo d’Alveo e basso, e arenoso in pianura … così che variandolo ben spesso, hora leva et hora restituisce ad’una delle parti, e con far Alvei novi, fa continue mutationi”1. E queste mutationi erano sempre la conseguenza di grandi piene del fiume che allagavano i paesi rivieraschi, con gravi danni e distruzioni. Verso la fine del sec. XV viene attestata una grande alluvione isontina: 1490 Notum sit Ecclesiam Sti. Petri fuisse a flumine Isontio destructam et Plebanum suum faros habere in Villescho2 (‘si rende noto che la chiesa di San Pietro fu distrutta dalle acque isontine e il parroco portò la sua canonica a Villesse’). Si tratta probabilmente dell’alluvione che causò il riversamento del grosso delle acque del fiume in quello che era fino a quel tempo un modesto fiume di risorgiva, noto con un nome sloveno, Izdobe, da cui il nostro Sdobba3. Da quel tempo l’Isonzato divenne un fiume di risorgiva autonomo e di interesse locale. Si sa da tempo che i grandi fiumi dell’Alto Adriatico mostrano un secolare spostamento verso est4. Il parroco dell’antica Pieve di S. Pietro fu costretto a spostare il suo fárouž (‘ufficio plebanale’, in sloveno) al di là dell’acqua a Villesse, che faceva parte comunque della stessa Pieve. Il toponimo Farus vicino all’attuale argine isontino, registrato ancora nei catasti ottocenteschi, ci ricorda l’antica posizione della chiesa e il fatto che i parrocchiani fino al secolo XVI usassero un dialetto slavo. Quello della pieve petrina fu un caso disgraziato importante, data l’antichità e il prestigio di quella chiesa, ma non fu l’unico purtroppo. Ce ne furono almeno due sicuri, uno emerso ultimamente che pare pro-

babile e altri su cui mancano attestazioni sicure sulla loro vera ubicazione. A nord-ovest di Turriaco, non lontano dalle attuali rive del fiume, viene attestata fin dal secolo XIII la chiesa di S. Giovanni Battista (S. Joannem apud Isontium), dove alcune vecchie famiglie turriachesi si facevano seppellire ancora verso gli anni 1562-63; ma già nel secolo seguente risulta scomparsa5. Non si sa se attorno a questa chiesa sorgesse il piccolo borgo chiamato Sacozan (XV secolo villa de Sachuzana), il cui nome allude o all’origine degli abitanti, da S. Canziano (sloveno Skocjan), oppure all’antico nome di casato dei Tonza turriachesi, Cucian (‘Canziano’). Pare che presso l’Isonzo sorgesse nel XIII secolo anche un villaggio di S. Margherita (1275 villam S. Margarite apud Lisontium, Reuda et Pazanum), di cui dopo quel periodo non si sa nulla. Il fatto che nel Thesaurus Ecclesiae Aquileiensis sia elencato con Reuda (e Panzano) potrebbe indicare un’ubicazione a est di Ruda (fra questo paese e Turriaco6). Un piccolo abitato di casoni (‘case di legno e canne palustri’) sorgeva certamente sull’Isola Pojane (dallo sloveno poljane, ‘campagne’) in una parte afferente a Fiumicello (l’altra era sotto Pieris). Una mappa veneziana degli inizi del secolo XVII ci mostra il ramo principale del fiume dopo uno dei tanti e disastrosi cambi di corrente e di alveo. Si scrive che sulla riva sinistra erano case, et campi di Fiumicello hora grava nuda (‘solo ghiaia’) - e sulla riva destra verso Papariano - Case di Fiumicello restate. Una relazione veneziana del ‘500 chiarisce che fra Turriaco e S. Canziano, l’Isonzo in piena esondava sul territorio soprattutto da una “bassura” all’altezza della grossa ansa delle Poiane (est di Pieris) e da un’altra depressione nel luogo

1. Da un dispaccio veneziano dalla Patria del Friuli dell’anno 1673 (doc. fornito dall’amico D. Mauchigna, bravo ricercatore all’Archivio di Stato di Venezia). 2. L’importante annotazione proveniva da un registro della parrocchia di Villesse che don G.B. Falzari potè vedere e che andò poi perduta (Puntin 2010: 157). 3. Forse perché scendeva da un luogo dove c’era una grande quercia secolare (slov. dob). 4. Per esempio il Tagliamento scorreva nell’alto medioevo per Cordovado (“corte al guado”) e lungo la Fossa Lugugnana fino alla Laguna di Caorle; Latisana e S. Michele non erano divisi dal fiume ed erano un unico centro. 5. Puntin 2010: 155; in un Privilegio del 1748 si ricordava come la chiesetta fosse stata in un tempo imprecisato “disfatta dall’Isonzo”. 56

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detto Rosavizza, a nord-ovest di S. Canziano. Nel 1595 gli abitanti di una borgata della Villa Flumicelli prope Aquileiam supplicano il patriarca di permettere la ricostruzione della chiesetta di San Martino situata poco a sud dell’attuale Borgo S. Antonio e in rovina da molti anni. Quando le acque dell’Isonzo esondavano (e succedeva spesso in certi mesi), ristagnavano su tutta la parte centrale e orientale del paese (con la chiesa di San Canziano, ora San Valentino) per 8 e più giorni; per cui quelli che abitavano in questa borgata superiore erano impossibilitati a raggiungere la parrocchiale di San Lorenzo, situata nella parte sud del territorio ma al riparo dalle acque. Anche a sud di San Canziano nella località Rondon esisteva, già dall’alto medioevo a giudicare dal titolo, una chiesa di San Martino che dopo il secolo XVI è nota anche con il secondo titolo di S. Maria della Neve7. All’epoca del Catasto Napoleonico, all’inizio del secolo XIX, esiste solo il toponimo corrispondente come nome di terre. Ultimamente è emersa una memoria di una località di Fiumicello con un titolo sacro che fa pensare a una chiesetta, di cui non si sapeva nulla finora. Fra gli anni 1416 e 1430 viene più volte attestata la località Sent Stiefin (In Sent Stiefin dongio Flumisel; In Sent Stiefin di Flumisiel; Sen Stieffin di Flumissiel [Quaderni dei Battuti di Cividale d’Austria8]). La potente Confraternita cividalese di S. Maria dei Battuti aveva molti beni (terreni e mulini) nella Bassa, fra Fiumicello e Monfalcone. Nei documenti si leggono pure i nomi dei contadini fiumicellesi che pagavano un livello in granaglie (frumento, miglio e avena), più qualcosa in vino e in soldi: Bartolomeo, Brios fradi Iosep, Fosch, Lucha, Pieri, Verarth, Zuan Ariman, Stefin, Zuanitti, Vignut. Il Flumisel / Flumisiel di questi documenti cividalesi non può essere altro che il paese fra Aquileia e l’Isonzo; non esistono in regione altri abitati con questo nome. E veniamo al titolo sacro che quasi sempre indica una chiesa. Il titolo di Santo Stefano protomartire, quasi sempre altomedievale, è presente nella Bassa orientale a Ruda, a Vermegliano e nella Prepositura di Santo Stefano, situata a nord di Aquileia. Ma quest’ultima era ben conosciuta negli ambienti religiosi friulani e il titolo era sempre accompagnato dal nome della prestigiosa istituzione ecclesiastica. E a proposito dei primi due titoli è molto difficile che si possano far passare per chiese “vicino (dongio)9 a Fiumicello” e addirittura “di Fiumicello”. Il territorio storico del comune moderno di Ruda era compreso in diverse giurisdizioni, in nessuna delle quali assieme a Fiumicello, che era una gastaldia patriarcale aquileiese. Vermegliano faceva parte dell’Ultraisontium sotto Monfalcone. Non è plausibile che gli aderenti all’importante Confraternita cividalese dei Battuti abbiano ripetuto più e più volte nei documenti quest’errore, avendo a che fare spesso con i contadini e con i mugnai di Fiumicello e dell’Oltre-Isonzo.

In queste pagine, due foto con l’isonzo in piena.

Se avanziamo l’ipotesi di una chiesetta di Sent Stièfin va chiarito che non può essere un titolo più antico per quelli noti delle chiese di San Lorenzo, San Canziano (oggi San Valentino), San Martino (oggi Sant’Antonio) e Santa Maria della Motta (chiesetta demolita nell secolo XVIII10), tutte intitolazioni molto antiche e ben attestate. Nel sec. XIV si registra anche un mulino nel luogo chiamato S. Crux sul Lisontium vetus di Fiumicello ma doveva trattarsi di una semplice ‘croce’, in memoria di qualche evento del passato su un ramo isontino basso-medievale. Quell’Isonzo vecchio però non è l’Isonzato che diviene “Vecchio” nelle cronache solo nel ‘500; doveva trattarsi di un alveo molto antico (forse altomedievale) passante per l’attuale paese, di cui forse resta memoria nel nome della roggia Muart / Morto (‘ramo morto’). Per localizzare il misterioso Sent Stiefin non ci resta dunque che pensare al territorio di Papariano, zona che risulta priva di edifici religiosi fino in epoca moderna (sec. XVII: prima cappelletta padronale Andriani de Clandorff ). Pare ragionevole infatti pensare a una piccola chiesa fra Papariano e l’attuale corso dell’Isonzo, col titolo di Santo Stefano, una realtà circondata da pochi casoni11 e travolta dalle acque di un’alluvione fra i secoli XV e XVI .

Maurizio Puntin Bibliografia Desio Ardito, Le variazioni della foce del fiume Isonzo, in Rivista Geografica Italiana, XXIX, 1922, pp. 249-268. Pirona Giulio Andrea, Carletti Ercole, Corgnali Giovanni Battista, Il Nuovo Pirona, Udine, 1992. Puntin Maurizio, Dei nomi dei luoghi Toponomastica storica del Territorio di Monfalcone e del Comune di Sagrado, Gorizia, 2010. Quaderni cividalesi I. Confraternita di santa Maria dei Battuti, a cura di Federico Vicario, Noventa Padovana, 2015. Tiaris di Acuilee, a cura di Max De Pelca, Luigi Del Piccolo e Maurizio Puntin, Reana del Roiale, 2000.

6. Secondo G. Biasutti questo titolo (dei secc. XI-XIII) è presente “vicino a zone d’acqua” ed è spesso collegato al culto di S. Giorgio “per la leggenda del cavaliere che salva S. Margherita dal drago emergente dal mare”. Il titolo di S. Giorgio era quello della chiesa medievale di Turriaco (la moderna è dedicata a S. Rocco). 7. Alcuni in passato hanno anche ipotizzato due chiesette in questa località un tempo molto isolata fra boschi e paludi. Ma nella Statistica veneziana sulle chiese del 1529 vi è registrata solo “una” chiesetta dedicata al santo vescovo Martino. 8. Quaderni cividalesi I. Confraternita di santa Maria dei Battuti, a cura di F. Vicario. Civitas Austriae (forse denominazione longobarda) fu per lunghi secoli il nome tradizionale ed ufficiale dell’antica capitale del Friuli. 9. Per esempio il Tagliamento scorreva nell’alto medioevo per Cordovado (“corte al guado”) e lungo la Fossa Lugugnana fino alla Laguna di Caorle; Latisana e S. Michele non erano divisi dal fiume ed erano un unico centro. 10. Si trovava sopra una collinetta (fr. mòta ‘piccola altura’), sulla riva del fiume Tiel. Il titolo mariano “puro” è in genere molto antico, altomedievale. 11. Cfr. la leggenda dei Casóns suli’ mùtaris di Papariano, capanne di legno col tetto di canne palustri, costruite su elevazioni di sassi e pantano (fr. mùtaris), per difesa dalle inondazioni (cfr. in Tiaris di Acuilee, narrazione n. 273). |

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(as) s a g g i Karen Hamilton La fidanzata perfetta Mondadori, 2018 Pagg. 288 € 19,00 È sera e Juliette sta preparando un piatto speciale al curry per il suo fidanzato. Ma quando Nate rientra a casa e non ricambia il suo abbraccio, Juliette capisce subito che qualcosa non va. “Ho bisogno di spazio” esordisce e, mentre le comunica che la loro storia è finita, Juliette deve aggrapparsi al piano della cucina per non cadeBanana Yoshimoto Le sorelle Donguri Feltrinelli, 2018 Pagg. 112 € 12,00 Rimaste orfane, Guriko e Donko gestiscono un sito di posta del cuore che si chiama Le sorelle Donguri. Donko è tanto e-

Eva García Sáenz De Urturi Il silenzio della città bianca Sperling & Kupfer, 2018 Pagg. 456 € 19,90 Tasio Ortiz de Zárate sta per lasciare la prigione per il suo primo permesso. E Tasio non è uno qualunque: brillante archeologo, protagonista della scena culturale e pop con le sue trasmissioni televisive che hanno conquistato il pubblico vent’anni fa, il professore è finito in galera per omicidio. Tasio OrFranco Bulian Gli adesivi nell’industria del mobile l’informa professional, 2018 Pagg. 304 € 65,00 Un libro nato dall’idea che un contributo sulla conoscenza degli adesivi sia utile se non addirittura indispensabile nell’attuale fase di forte evoluzione del settore del legno e dell’arredo. Questo pensiero è stato condiviso

re. Ma la vertigine dura solo una manciata di secondi. E sette mesi dopo, non pensa ad altro che a riportarlo nella sua vita. Con ogni mezzo: spia la sua pagina Facebook, ruba la password della mail e legge la sua corrispondenza. Spesso lo segue. Finché non arriva a introdursi di nascosto in casa sua e qui, come fossero ancora una coppia, mette in ordine la sua uniforme da pilota, si sdraia sul letto, lascia nel frigorifero i suoi dolci preferiti. Un’escalation drammatica di gesti ossessivi destinata a sfociare in un piano diabolico e pericoloso: farsi assumere come hostess nella stessa compagnia aerea di Nate… nergica e indipendente quanto la sorella è solitaria e taciturna. Questo fino a quando Guriko riceve il messaggio di una donna che le scrive del dolore per la perdita del marito, parole che inducono Guriko a ripensare al suo primo amore, Mugi, incontrato ai tempi della scuola e poi sparito nel nulla. Segretamente cova da sempre il desiderio e la speranza di ritrovarlo, decide allora di interrompere la sua clausura e di andare a cercarlo.

tiz de Zárate è stato condannato come serial killer. È accusato di aver ucciso seguendo una logica macabra, lungo un percorso ideale nella tranquilla città di Vitoria. Una città che ora si ritrova immersa nel terrore di tanto tempo fa. Perché alla libertà di Tasio corrisponde una nuova ondata di crimini. E il giovane ispettore Unai López de Ayala inizia la caccia. Per lui non si tratta soltanto di fermare la scia di morte, ma di vincere la sfida contro la mente criminale che lo ha coinvolto personalmente. E di dimostrare al suo capo, l’affascinante Alba, che seguire le regole non è sempre la migliore strategia. dall’autore con i membri dell’associazione dei produttori di adesivi italiani. Il libro descrive le varie tipologie di adesivi disponibili nel settore dell’arredo, analizzandoli in termini di composizione e proprietà, ma anche considerandone pregi e limiti. I nove capitoli offrono un panorama completo con adeguato bilanciamento tra aspetti teorici e pratici, volendo rappresentare un punto di riferimento sia per lo studio degli adesivi e dei processi applicativi coinvolti, sia per considerazioni più legate alla pratica quotidiana.

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Un libro su “I segreti dei fiori australiani – Una guida pratica per utilizzare le essenze floreali australiane” (Edizioni Mediterranee, Roma)

Il dottor Roberto Pagnanelli, psichiatra e psicoterapeuta esperto in rimedi naturali, è autore di un volume, fresco di stampa, che spiega come utilizzare le essenze floreali australiane. Coautrice del saggio, edito da Edizioni Mediterranee di Roma, è Nicoletta Pagnanelli che ha curato la descrizione delle biotipologie e i temperamenti dei vari fiori australiani. Anche la persona più zen, la più tranquilla e posata, può attraversare momenti di difficoltà emotiva. Arrabbiarsi, perdendo le staffe e lasciando tutti a bocca aperta! Non è una patologia di per sé, per cui richiedere d’emblée una cura psichiatrica ma può condurre a vere e proprie sofferenze, per sé e per i familiari. Per questo tipo di problematiche esistono le cure naturali, per affiancare il medico e aiutare la persona alla maturazione e a modificare alcuni atteggiamenti disfunzionali: dubbi, frustrazioni, ansie, paure diffuse, delusioni amorose che non sfociano in malattie ma modificano la qualità della vita e il benessere dell’individuo. Capita così di rivolgersi agli esperti del settore portando con sé alcune, indispensabili, domande: “Come posso risolvere questo problema? Lei mi propone i fiori australiani. Ma come funzionano? Sono sicuri? Quali risultati mi posso attendere?”. Gli amanti del naturale si rivolgono sempre più spesso agli esperti di ‘medicine complementari’ e, in particolare, alle essenze floreali. Particolarmente apprezzate, in quanto rispettose della persona in tutte le mille sfaccettature dell’anima, precise nell’indicare la strada per migliorare il

“I segreti dei fiori australiani”, di Roberto e Nicoletta L. Pagnanelli. 192 pag., 22,50 € È in vendita nelle librerie e su internet: www.mondadoristore.it - www. lafetrinelli.it 60

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rapporto con se stessi, prive di effetti collaterali e, molto spesso, efficaci. Molti di voi si chiederanno, giunti a questo punto, cosa siano i fiori australiani – frecce nella faretra del terapeuta – quali le loro caratteristiche e, soprattutto, come imparare a utilizzarli con successo su di sé e sugli altri. Nel libro, fresco di stampa e nelle librerie da maggio, incontrerete le storie dei pazienti che, su indicazione del terapeuta, ad essi si sono rivolti. Il cammino terapeutico e il suo esito. Uno psichiatra e una studentessa di medicina illustrano ai principianti e agli esperti i metodi e gli accorgimenti per impiegare le essenze con piena soddisfazione. Un volume ricco di spunti che insegna a conoscere le proprietà dei singoli rimedi, descrivendo il carattere e il temperamento degli individui sofferenti che possono, da oggi, prendersi cura di sé. Sottolineiamo che la metodica naturale non si oppone per sua natura ai farmaci chimici di sintesi, che si impiegano in casi di patologie psichiatriche gravi e moderate. Ma sortiscono ottimi effetti in caso di disturbi di lieve entità, dove anche la partecipazione attiva ed emotiva del paziente alla cura sortisce gli effetti desiderati.

Gli autori

Il dottor Roberto Pagnanelli è medico-chirurgo e psicoterapeuta. Specializzato in Psichiatria, è diplomato in Medicina Psicosomatica, in Medicina Omeopatica e in Psicoterapie Brevi. È autore di pubblicazioni su riviste scientifiche e di volumi di successo. Ha partecipato a trasmissioni radiotelevisive nazionali e scritto su Starbene, Per me, Più Salute & Benessere, Viver Sani & Belli, Top Salute, Donna Moderna, Più Sani più Belli e Salute Naturale. Ideatore


della Musicoterapia Cinematografica, applica la Psicoterapia d’Azione da oltre un ventennio. Lavora a Trieste, Monfalcone, Gorizia e Udine. Info: robertopagnanelli@libero.it www.robertopagnanelli.it Per appuntamenti: cellulare: 330-240171 Nicoletta L. Pagnanelli si è diplomata al Liceo Classico ‘Dante Alighieri’ di Trieste col massimo dei voti. Studentessa in Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Trieste, frequenta il quarto anno. Ha partecipato alle Olimpiadi della Matematica e delle Neu-

Alcuni fiori Australiani ● BOAB. Per le persone pensierose, legate alla famiglia di origine, che impedisce ai palloncini della vita, tenendoli legati a sé, di volare via nel cielo azzurro, verso il proprio destino. ● BUSH FUCSIA. Per chi è timido e ha paura di parlare di fronte agli altri, alla folla, a una folta platea. Per migliorare la comunicazione verbale e controllare le ansie. ● BAUHINIA. Per incrementare la fiducia in se stessi, la sicurezza di porsi davanti all’altro in posizione di forza e imperturbabilità ● BLACK EYED SUSAN. La quiete dopo la tempesta, nel rapporto burrascoso con la madre. ● BUSH IRIS. Consente di affrontare e superare i lutti, le disgrazie, gli eventi negativi della vita senza abbattersi e cadere in depressione. ● CROWEA. Per l’ansia e le preoccupazioni relative al futuro. ● DOG ROSE. Consente di ritrovare la calma dopo scontri verbali con gli altri, con i vicini di casa, i parenti, gli amici. ● FRINGED VIOLET. Il suo fior viola invita alla calma, al guardarsi dentro, a trovare in sé le potenzialità per riemergere da momenti difficili e dolorosi. ● GREY SPIDER FLOWER. Per le fobie, il terrore, il panico. Per la paura degli insetti, per l’agorafobia.

roscienze. Appassionata di medicina naturale, in quest’opera ha curato i paragrafi relativi alla diagnosi biotipologica, alle qualità e alle caratteristiche psicologiche e botaniche delle piante e al simbolismo dei fiori. Autrice de I fiori di Bach – Cure & Rimedi (Editoriale Programma) è al suo secondo lavoro. Info: nicolettapagnanelli@icloud.com ● ILLAWARRA FLAME TREE. Per chi si sente abbattuto, stanco, per chi ha perduto le forze e non ce la fa più. Per il nero dell’esistenza e per chi ha perduto la speranza. ● KANGAROO PAW. Per chi non accetta i ‘diversi da sé’, in tutti i campi. ● JACARANDA. Dove regna l’indecisione, l’insicurezza, in ‘non sapere cosa fare’. ● MACROCARPA. Rosso puro, adrenalina e noradrenalina, tutto scorre veloce s stressante, come nella vita di un ansioso… ● MOUNTAIN DEVIL. La rabbia, il rancore, l’insoddisfazione totale, la voglia di vendetta che porta a soffrire e a non aprirsi agli altri. ● MULLA MULLA. Per chi non sopporta il calore in tutte le sue forme. Oggetti roventi, estati afose. ● RED HELMET ORCHID. Per i rapporti tempestosi con il proprio padre, per ‘fare pace’ dentro di noi con il genitore, troppo freddo, severo o autoritario. ● RED LILY. Personalità sognanti, ora è il momento di atterrare coi piedi per terra. ● SHE OAK. Per chi dispera di poter avere un figlio. Per i tentativi falliti che gettano la coppia nella disperazione. Per affrontare con fiducia il domani alla ricerca di un bambino. |

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ARMONIA E BELLEZZA

L’energia

e la magia delle erbe d’estate

Rubrica a cura di Rossella Biasiol. Immagini di Francesca Bottari

FIORI E PIANTE

Da cosa era composto il tradizionale “Mazzo di San Giovanni”? Realizzato per il Solstizio d’Estate, in realtà le sue erbe portano positività durante l’intera bella stagione. Ecco quali sono.

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Con la sua luce, i suoi colori, i sapori, l’abbondanza e il calore, l’estate ci accompagnerà fino alla fine del mese di settembre quando entreremo nel meraviglioso autunno. Come festeggiavano l’arrivo di questa stagione le nostre antiche madri, antiche donne di guarigione? Immaginiamo per un attimo di tornare indietro nei secoli in una sera d’estate... “Un gruppo di donne sta contemplando la volta celeste con mille stelle luminose unite fra loro a creare forme bellissime: la loro vita è accompagnata dai moti del sole e della luna, una forma di orologio naturale che permette di organizzare i ritmi della giornata e di programmare le attività di un anno intero. Per queste donne i moti del cielo forniscono informazioni utili alla sopravvivenza: i movimenti e le forme delle nuvole avvisano l’arrivo delle piogge primaverili, dei temporali estivi o del freddo e della neve; il sole è calore, abbondanza di raccolti ed è considerato il corpo celeste che più di ogni altro influenza la loro vita e le loro abitudini. Ed è per questo che si sono raccolte in cerchio in questa sera d’estate, è la notte del solstizio, il momento in cui il Sole si ferma per sposarsi con la Luna: una notte magica e ricca di mistero, la più breve dell’anno, nella quale il Sole, simbolo del fuoco, entra nel segno del cancro dominato dalla Luna, simbolo dell’acqua. È il momento per ottenere la benevolenza del Sole con l’accensione del falò sulla collina, per propiziare buoni auspici, abbondan|

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za e protezione: si raccolgono erbe particolari che, bagnate dalla rugiada di questi giorni, aumentano la loro energia e la loro magia. Erbe che verranno legate insieme con un nastro rosso, sette nodi e appese poi dentro casa, nelle cucine o nell’ingresso: e lì rimarranno per un anno intero, fino al prossimo Solstizio quando verranno bruciate e sostituite da quelle nuove”. Il mazzo che il gruppo di donne si appresta a preparare nella notte magica è quello che oggi viene conosciuto come Mazzo di San Giovanni. Nei secoli, con l’avvento del Cristianesimo, la Chiesa, che non riusciva a sradicare tradizioni della cultura popolare così antiche e considerate pagane, cominciò a introdurre nuovi riti molto simili a quelli esistenti: fra questi associò la festa del Solstizio d’Estate alla festa di San Giovanni Battista. Le erbe, che possono variare in base al territorio, “lavorano” con la loro energia, il colore e il profumo sul riequilibrio energetico delle persone e della casa, creando Armonia e Bellezza. Facciamo la loro conoscenza? E magari, poi, proviamo a realizzare questo magico mazzolino di erbe: anche se non è la notte del solstizio, l’energia che si sprigionerà nella casa porterà sicuramente protezione e buone nuove.

Iperico

Pianta dai bellissimi fiori giallo dorati (foto in apertura) che contengono il numero 5 della serie di Fibonacci, ritorna l’Armonia e fiorisce quasi tutta l’estate. È conosciuta come “scacciadiavoli” in quan-


to, secondo la tradizione, protegge dalle negatività; Rosmarino questa credenza deriva dal fatto che le proprietà terapeutiche attribuite a questa pianta sono molte: è cicatrizzante, lenitiva, emolliente, antidolorifico. Già nel Medioevo veniva usata per curare le ferite da spada.

Lavanda

Il nome latino significa “lavare”; nota ai greci e ai romani veniva utilizzata per profumare l’acqua delle terme e veniva bruciata come incenso in onore delle divinità. Anticamente veniva considerata un talismano contro le streghe, tanto da essere usata in mazzi sulle porte di casa: se le streghe si fossero avvicinate a queste abitazioni avrebbero perso tempo a contare i piccoli fiori profumati per tutta la notte. Alla fine sorprese dalla luce del sole, erano costrette a fuggire. Con la sua energia favorisce la calma, la tranquillità e la pace, contribuisce a placare stati emotivi violenti riportando i sentimenti sotto il controllo della coscienza.

Erba Luisa La rinascita. Il suo nome latino, rosmarinus, lo collega al mare: secondo alcuni etimologi deriverebbe da ros (rugiada) e maris (del mare); secondo altri da rosa e maris, rosa del mare. Per gli Egizi era simbolo di immortalità, i Romani invece incoronavano con rosmarino le statuette dei Lari, geni familiari della casa. Da sempre è stato utilizzato per le sue proprietà terapeutiche, è infatti digestivo, antisettico, antidolorifico, rilassante. Le sue qualità antisettiche sono note fin dall’antichità, forse per questo si usava bruciare e appendere i ramoscelli per allontanare le Questa pianta, da quando venne portata in Europa malattie e le epidemie. Con la sua energia, il rosmadal Cile, circa 200 anni fa, è stata usata per suscita- rino fornisce forza, resistenza e coraggio per affronre l’amore spirituale. Il suo nome si deve all’esplorato- tare i momenti bui in attesa del ritorno della luce. re Augusto Lippi al quale Linneo la dedicò alla fine del 1700. È un rilassante naturale che promuove il son- Menta Nel tempo in cui visse lo scrittore latino Plinio, il no notturno; mazzi di erba luisa appesi nelle case profumano l’aria di limone; le foglie essicate sono un otti- profumo della menta veniva utilizzato per stimolare l’inconscio. Questa piccola pianta è ancora efficamo ingrediente per il pot-pourri. ce per lo scopo; con la sua energia inoltre può arrestare i pensieri negativi e allontanare le persone Alloro Nell’antichità era chiamata pianta profetica, perché temporaneamente dai loro effetti. La menta possiede anche energia di purificazioera attribuita al dio che conosceva passato, presente e futuro. Rami di alloro venivano bruciati per ipno- ne: mazzetti freschi di questa erba aromatica, sitizzarsi con il crepitio, il fumo e intravedere il futuro: stemati in vasi di vetro pieni di acqua, sono utili per quanto più il crepitio era denso, tanto più gli auspici purificare gli ambienti. Buona armonia erano favorevoli. Simbolo di vittoria, veniva utilizzata dagli antichi romani per cingere il capo dei generali che tornaRossella Biasiol vano dalle battaglie con corone di foglie di alloro e Presidente della Scuola Fioristi del FVG mazzi dello stesso ornavano i loro carri e i cavalli. www.scuolafioristifvg.it In aromaterapia magica il profumo di alloro permette di risvegliare l’inconscio e la sua energia è purificatrice. |

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NOI E GLI ALTRI

Dietro l’etica dell’agire

Rubrica di Manuel Millo

S O C I A L E

Se il nostro fine ultimo è buono ma per arrivare a ciò dobbiamo ricorrere a qualcosa che buono non è, dovremmo rivedere la logica non solo della nostra azione ma di quello che stiamo effettivamente cercando.

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Spesso abbiamo sentito pronunciare da una formula scientificamente provata che a ogni azione segue una reazione uguale e contraria (terza legge della dinamica). Ma questa legge dei corpi fisici quanto è applicabile nella relazione umana? E soprattutto cosa si cela dietro la logica dell’azione? Quali motivazioni? In realtà ogni azione cela dietro di sé il principio architettonico della felicità. Seppur di veloce consumo, tutto quello che l’uomo svolge nel suo cammino partecipa nella tensione a questo fine ultimo. Potremmo dire che la strada verso questa meta fa già parte della meta stessa. Ma la definizione certa e innegabile del principio morale che caratterizza l’operato di una persona non è detto sia sempre così distinguibile nella logica di un bene che potrebbe risultare apparente. Indaghiamo per un attimo l’assurdo. “Pensavi che volesse ucciderti ma tu non ti eri accorto dell’orso alle tue spalle”. |

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Questo spesso accade nell’esperienza genitoriale o amicale. Nella relazione con l’altro riusciamo a scoprire ciò che non vediamo dietro le nostre spalle. Ma in modo ancor meglio definito a volte non riusciamo a distinguere l’etica che soggiace dietro al comportamento apparente di chi incontriamo. Anzi, quando le parole o i gesti di chi mi sta difronte cominciano a dissonare con le mie idee, la tendenza è quella di rigettare il consiglio o la critica che sono state poste alla mia attenzione. Senza considerare lo scarto che deriva tra volontà volente e volontà voluta direbbe il filosofo Maurice Blondel, intendendo con questo la differenza che deriva tra quello che vorrei fare (o dire) e quello che effettivamente ottengo dalle mie azioni. Perché spesso questi due indirizzi sono tra loro molto diversi. Eppure indipendentemente da tutte le interferenze possibili la nostra esistenza in realtà acquisisce senso e valore nel riconoscimento e nella relazione vicendevole con il nostro prossimo. Attenzione però


a quale tipo di relazione costruiamo concretamente, perché ci sono diverse dinamiche generative che producono riscontri completamente diversi da quelli che ci potremmo attendere. Una logica ad esempio basata esclusivamente su relazioni di dominio, dove la prevaricazione e lo sfruttamento dell’altro è la base dell’agire e porta all’evidenza gli echi di sopraffazione dittatoriale che anche i regimi del passato hanno amaramente cavalcato. Non possiamo necessariamente aspettarci esiti di apice positivo o propositivo. Chiarire dunque a se stessi per che cosa si sceglie e si decide di fare quello che si fa può essere un buon inizio e anche un buon esame di coscienza quotidiano. Se il mio fine ultimo è buono ma per arrivare a ciò devo ricorrere a qualcosa che buono non è, molto probabilmente si dovrebbe rivedere la logica non solo della mia azione ma di quello che sto effettivamente cercando. Già nell’antichità infatti il principio fondamentale dell’esistenza era conoscere se stessi. Ma non una conoscenza da “birra e patatine”, per definire un incontro goliardico e fugace, piuttosto intendere la profondità di una analisi esistenziale costruita sul fondamento della interrelazione tra gli uomini e il mondo. Nella piena accettazione inoltre di quelle sfumature preziose dell’essere che possono derivare solo attraverso il compimento della nostra vita nella vita dell’altro e nella comprensione del suo vero giudizio. Dunque non per un bisogno di consenso, ma per una relazione pienamente paritetica dove anche quando l’ostacolo si manifesta, quando una critica ci tocca nell’intimo, si possa percepire la preziosità del momento che disvela quello che già era presente in noi ma non ancora manifesto. Potremmo definirla una operazione maieutica, dove chi si pone di fronte a noi non fa altro che togliere il di più che nel tempo si era posto sull’opera d’arte che è in realtà il nostro essere stesso, vivo e liberato da condizionamenti e logiche temporali.

Non intendiamo un mirabile disincanto dalla società in cui viviamo, ma la presa di coscienza dell’essere pienamente noi, esseri “in desiderio”, essere come desiderio nel cammino verso la felicità. Che non significa non raggiungerla mai, significa poter discernere cosa ci costituisce, come siamo costituiti e, detto questo, dirigere con maggiore efficacia le nostre scelte, in modo libero verso un cammino non condizionato dall’effimero, dal prettamente materiale ma con migliore intuito dall’invisibile concretezza che la gioia può assumere nella vita che ci è stata donata. Poi ne segue la libera scelta. A nessuno di noi spetta pienamente il compito di dire cosa si deve necessariamente fare o non fare. Il pensiero di portare all’evidenza la solida sicurezza di una norma che strutturi il bene comune e che si origina dalla “condivisione consapevole”, è l’indirizzo che risponde in modo più naturale alla costituzione di una storia che possa diventare luminosa evidenza dell’azione morale più pura e consistente, un “amore vero” capace cioè di creare, di porre in atto e ancor più di generare e ri-generare la vita stessa.

Manuel Millo

Membro Onorario AGCI Ass Gen Cooperative Italiane |

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GIOVANI E DENARO

Rubrica di Cristian Vecchiet

P E D A G O G I A

Il valore delle cose

Educare i ragazzi a un uso corretto dei soldi consente di far comprendere loro molteplici aspetti esistenziali: il senso del sacrificio, l’importanza dell’attesa, il rapporto con gli altri. Il denaro rappresenta indubbiamente uno strumento di compravendita. Ma non solo. I soldi – o più precisamente il nostro rapporto con i soldi –, infatti, portano con sé tutto un mondo simbolico e rinviano a un universo di significati anche esistenziali. Il valore del denaro risiede nel suo potere di acquisto. Con i soldi possiamo possedere ciò di cui abbiamo bisogno e anche di più. Con i soldi entriamo in possesso delle cose e delle opportunità. Possiamo comprare vestiti, telefoni, case... Ma possiamo anche viaggiare, studiare, conoscere... Con i soldi possiamo fare del bene. Possiamo compiere molte opere di beneficenza e aiutare chi non si può permettere spesso persino l’essenziale. Anche con il denaro possiamo costruire un mondo migliore. Il denaro è sovente associato alla società dell’apparire e dell’avere. Nella società dei consumi il possedere diventa una caratteristica predominante, una caratteristica dell’identità e del valore di un uomo. Chi più ha, più vale. Chi più ha, più appare e quindi ha maggior prestigio. Perché a contare è l’esteriorità appariscente. Il denaro consente di possedere beni e possibilità. Permette di fare cose altrimenti più difficili. Il significato simbolico del denaro dipende da come lo utilizziamo. Esso può aiutare a fare del bene così come del male. Non il denaro in sé ma l’uso che ne facciamo può avere una valenza positiva o negativa. È la modalità di utilizzo – ovvero per che cosa lo utilizziamo e come – che fa la differenza. E la 66

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modalità di utilizzo porta con sé una valenza anche educativa. L’utilizzo del denaro forma la persona, insegna cosa conta e perché. Investire molti soldi su cellulari costosi o su vestiti firmati, spendere subito tutto o buona parte di quello che si ha è diverso dall’investire in libri e viaggi, dal darne un po’ a chi fa fatica ad arrivare alla fine del mese, dal mettere da parte e risparmiare. Dare ai propri figli i soldi che richiedono ogni volta che dicono di averne bisogno è diverso da chiedere a cosa servono, da valutare di volta in volta l’opportunità e la quantità, da rispettare il loro livello di maturità e di autonomia, da dire con fermezza anche di no. La portata educativa e formativa della modalità di utilizzo del denaro è notevole. Per questo è opportuno educare in modo progressivo a un uso consapevole e responsabile del denaro. Che è come dire educare a un rapporto sano e responsabile con le cose e con le persone. Il che equivale a educare al rispetto della fatica del guadagno e, soprattutto, al rispetto del giusto valore delle cose. Ci vuole equilibrio nello spendere, ci vuole la giusta proporzione verso le cose, ci vuole rispetto verso il sudore di chi fatica a guadagnare uno stipendio e a maggior ragione verso chi non si può permettere niente. Educare a riconoscere il valore del denaro dipende molto dalle abitudini familiari e dalle condizioni anche economiche della famiglia. In ogni caso assecondare sempre e subito tutti i desideri non è educativo. L’utilizzo consapevole del denaro passa attraverso l’apprendimento in situazione: è nella pratica quotidiana che si mettono il bambino e il ragaz-


zo in grado progressivamente di capire il valore del denaro. E non può che essere progressivo, ossia fatto a tappe e rispettoso del livello di maturazione personale. Si potrebbe iniziare con il dare ai bambini i soldi per farli andare a compiere dei piccoli acquisti mirati. Verso i 7-8 anni i genitori possono dare i soldi per usi specifici, come comprare la merendina o partecipare a una gita. Si possono monitorare le scelte, chiedendo gli scontrini o comunque chiedendo esplicitamente cosa sia stato comprato e perché. Anche fare la spesa con i figli e raccontare le attenzioni che si decidono di avere ed esplicitare i ragionamenti sulle scelte. Dopo i 10-12 anni si può anche pensare di dare la paghetta, che potrebbe essere utilizzata sia per gli acquisti ordinari sia per gli sfizi più costosi. Un ragazzino può decidere di mettere da parte settimanalmente una parte della paghetta per potersi permettere una maglia o un CD più avanti nel tempo. Per arrivare all’obiettivo deve risparmiare e rinunciare a qualcosa. Al di là delle metodologie educative specifiche – che possono chiaramente essere differenziate –, è importante che il ragazzino impari a progettare anche un obiettivo economico che implichi dei piccoli sacrifici. È decisivo che i ragazzi capiscano che i desideri non possono essere soddisfatti sempre nell’immediato e che, per ottenere quanto ambiscono, spesso devono fare dei sacrifici e aspettare. Ed è determinante che apprendano che anche tra gli acquisti si devono fare delle scelte e che le scelte implicano delle rinunce e delle attese. Si può spiegare al ragazzo che deve fare una sorta di bilancio preventivo: «Questi soldi ti devono basta-

re per le tue necessità quotidiane fino al…». È importante aiutare il ragazzo a capire che, se ha 100, deve pensare di averne 90, perché ci possono sempre essere degli imprevisti e quindi non può spendere tutto subito. Un genitore può ragionare col figlio sugli acquisti di volta in volta opportuni e prima della paghetta successiva riflettere su quanto è stato speso e come. L’educazione all’utilizzo consapevole e responsabile del denaro è parte fondamentale della formazione all’autonomia personale e alla cittadinanza dei ragazzi. Attraverso questo apprendimento i ragazzi possono imparare molte cose: procrastinare i desideri, pensare non solo all’immediato ma anche al futuro, capire che per conquistare qualcosa bisogna metterci impegno, cogliere quanti sacrifici fanno i genitori… Come spesso accade anche in questo caso l’apprendimento avviene attraverso la testimonianza degli adulti, la qualità della relazione che essi sviluppano con i ragazzi e le pratiche ordinariamente seguite. La mediazione di adulti significativi che siano credibili è come sempre il punto cruciale. I ragionamenti rafforzano ma al primo posto rimane sempre la relazione affettiva entro cui si mostra in modo naturale come sia giusto scegliere e agire.

Cristian Vecchiet

Docente di Teologia dell’Educazione presso l’Istituto Universitario Salesiano di Venezia


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PERSONAGGI

WALTER PIEMONTE Intervista e immagini di Livio Nonis

Capitano

della storia

A Medeuzza è attivo uno dei gruppi di rievocatori storici del Friuli Venezia Giulia. Una passione figlia di studi approfonditi: «Perché dall’abbigliamento al modo di comunicare, tutto deve corrispondere nei minimi dettagli».

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Per gli addetti ai lavori è semplicemente “il Capitano”. Stiamo parlando di Walter Piemonte, condottiero proveniente da Medeuzza, classe 1956, ex dipendente Fincantieri, che ora in meritata quiescenza può dedicarsi alla sua grande passione: le armi antiche, precisamente quelle del periodo storico 1600, con tutto ciò che riguarda la Serenissima. Spade, archibugi, cannoni sono il suo pane quotidiano, di cui ora può finalmente approfondire ogni aspetto, immergendosi nei minimi particolari. In altre parole immedesimarsi nella sua parte: quella di un militare del 1600.

Com’è nato il vostro gruppo mercenario? «Nel 2005 la “Cernida Friulana” si è sciolta, ma era un peccato lasciare andare tutta l’esperienza maturata in quegli anni. Durante la sagra del paese ci siamo trovati con alcuni componenti: Eldo, Agostino, Ermes e altri, abbiamo deciso di continuare con questa bella esperienza, facendo nascere a Medeuzza un gruppo storico. In poco tempo siamo passati dalle parole ai fatti: ci siamo costituiti in gruppo storico, rimanendo comunque legati a quello di Palmanova, a cui siamo associati. All’inizio eravamo in dodici, come si dice dalle nostre parti: “Pochi ma buoni”». Chi sono i Picchieri, in questo caso di Medeuzza? «I Picchieri erano una forza armata del popolo ed era molto importante per difendere chi sparava con il moschetto “pike and shot”, ovvero “picca e moschetto”, il cui nome deriva dalle tipiche tattiche impiegate sui campi di battaglia. La crescente importanza delle armi da fuoco portò all’adozione di formazioni miste, formate da picchieri, con il compito di respingere la cavalleria e tenere a distanza il nemico, e da moschettieri, incaricati di fornire il massimo volume di fuoco. Infatti nelle nostre esibizioni c’è un mix tra picchiere e moschettiere: mentre loro ricaricano noi li difendiamo dagli assalti dei “nemici” e dalla cavalleria».

Walter, come è nata questa passione per la Repubblica Veneta? «In realtà quasi per caso, quando mi fu chiesto di partecipare, nel 1993 assieme al gruppo alpini di Medeuzza, a una “Cernida Friulana” ovvero un gruppo armato, picchieri e archibugieri del periodo del 1600 come era consuetudine nei paesi limitrofi a Palmanova, che avrebbe partecipato alla rievocazione storica della città stellata. Per me fu un colpo di fulmine: iniziai a studiare la storia di Palmanova e tutto quello che ne concerneva. Ritenendola molto importante ho approfondito ogni argomento che riguardava gli inizi del XVII secolo: dagli abiti alle armi leggere e pesanti; insomma, mi sono “but- In apertura, primo piano di Walter Piemonte. Pagina accanto in basso, Walter e i Picchieri durante un’esibizione. tato” nel 1600». 68

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La passione l’ha spinta oltre, portandola addirittura a costruire da solo i suoi armamenti… «A casa ho alcune macchine utensili: un tornio, trapani, levigatrici. Leggendo libri dell’epoca, dove sono spiegati i procedimenti per costruire armi antiche, e visitando molti musei, ho iniziato con la realizzazione di armi bianche, per poi inoltrarmi, con successo, nel riprodurre nei minimi particolari la mia prima colubrina a retrocarica. Poi sono passato a realizzare anche armi pesanti; ho molti cannoni, un falconetto, un organo, una spingarda, una colubrina e altri cannoni, tutti realizzati con fusioni di bronzo. Solo l’intenditore capisce che sono armi costruite recentemente». A un giovane che desidera fare il rievocatore e comprendere la civiltà e la cultura dei nostri avi, quale consiglio darebbe? «Se un ragazzo o una ragazza vuol intraprendere questo hobby, e farlo bene, deve innanzitutto studiare la storia in modo approfondito. Per esempio, il nostro periodo storico va dagli inizi del 1600 al 1650 circa. In questo lasso di tempo ci sono stati moltissimi cambiamenti negli usi e nei costumi: bisogna essere molto attenti a non essere fuori dal tempo. Poi nelle rievocazioni è necessario avere la capacità di estraniarsi dalla modernità del presente: cellulari, lampadine, forchette o cucchiai tradizionali e tantissime altre cose non esistevano. Si mangia sotto le torce, con posate rudimentali, e per comunicare con le persone si va di persona o, se sei un ufficiale, invii dei messaggeri. Questo sembrerebbe un oltraggio alla cultura odierna, ma i rievocatori solo così sono veritieri. Un semplice soldato o picchiere saluta levandosi il cappello al passaggio di un sergente o un ufficiale». Com’è composto il gruppo mercenario Picchieri di Medeuzza? «Come tutti i gruppi il numero è variabile, c’è chi ha altri impegni, chi fa il nobile, chi lo spadaccino… Attualmente il gruppo è composto da 25 persone: un

Walter assieme alla moglie Alina: appassionata come lui del 1600, è una popolana moglie del capitano

Capitano, due sergenti che fanno eseguire gli ordini dati dal comandante, 10 picchieri che con lunghe picche (5 metri) camminano sempre in formazione, un alfiere che precede tutti con lo stemma o con la bandiera del gruppo, 4 tamburini che danno ritmo e allo stesso tempo ordini alla truppa, 5 popolane che seguono i mariti con i figli, infine due cuochi specializzati, che alla fine della giornata mettono in lavoro le griglie per grandi mangiate». Quando è possibile osservarvi in attività sul campo? «Ogni anno a Palmanova, in occasione di “Palma alle Armi”. Durante questa edizione saremo in azione da venerdì 31 agosto a domenica sera 2 settembre. Saremo alloggiati, come sempre, nei pressi di Porta Cividale, nel vasto accampamento che ospiterà oltre 1.000 persone che riprodurranno uno spaccato della realtà del 1600 con usi e costumi di questo periodo storico. Inoltre, le nostre uscite sono frequenti sia in Italia (ad esempio Nadro, Taggia, Monfalcone, Gorizia, Cormòns) che all’estero (Spagna, Olanda, Slovacchia, Ungheria); indubbiamente ci si diverte e si fanno nuove conoscenze, anche in ambito culturale». Livio Nonis

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F I G L I D I U N O S P O R T M I N O R E o v v e r o , s a r a n n o ( s t a t i ) q u a s i f a m o s i !

Scattando sui pedali Per il ciclismo abbiamo già ospitato, fra le pagine della nostra rubrica, corridori che si sono distinti in un passato abbastanza distante nello sport del pedale, come Maurizio Gazziero e il compianto Valter Candusso. Stavolta saltiamo una generazione e ci avviciniamo ai giorni nostri con Alessandro Faccio, bisiaco doc, che con la bicicletta qualche bella soddisfazione se l’è tolta… Alessandro, tutto ha un inizio; lei a che età ha cominciato a pedalare? «A otto anni, stufo di stare in panchina nella squadra di minibasket, chiesi a mia madre di poter passare al ciclismo…»

Una scelta di istinto che però in breve la porto sulla strada dell’agonismo… «Praticamente sono nato agonista, perché alla seconda gara colsi la mia prima vittoria, e da lì avanti non ho mai pensato più di pedalare per passeggiare». Qual è la gara che ricorda con maggiore piacere? «In realtà amo tutte le mie gare, anche quelle andate male: fanno parte di me e non ne dimentico nessuna». Con una passione così grande la via del professionismo poteva non essere impossibile per lei… «Invece, in tutta umiltà, sono dell’opinione di essere un buon ciclista ma non un fuoriclasse. 70

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Ecco perché non ci ho nemmeno mai pensato davvero». Secondo lei erano più forti i ciclisti della generazione dei Moser e Saronni, o della sua, quella dei Di Luca? «Senz’altro la generazione di Moser e Saronni aveva qualcosa in più, e le loro imprese resteranno a lungo negli annali della storia del ciclismo. Quelli che sono venuti dopo mi sembrano meno genuini, più costruiti». Si è ispirato a un campione in particolare? «A Francesco Moser, senza dubbio. Ho avuto sia l’onore di conoscerlo personalmente sia il piacere di visitare la sua bella cantina. E devo dire che anche come produttore di vini, Moser conferma di essere un grande campione». Le due ruote sono ormai dappertutto, si va sulla neve con le Fat Bike, sui muri con la BMX… Fra tutte le novità venute a galla nel tempo, cos’è ancora ciclismo? «Tutto è ancora ciclismo, perché questo sport, per me, rappresenta il concetto primordiale della parola ‘vita’, ovvero vento in faccia, fatica, sudore, lacrime e gioia, tutte emozioni che rendono la vita quell’esperienza magnifica che è». Per questo ha scelto le gare a ‘scatto fisso’? «Proprio così. La vita non ti concede pause; come si pensa troppo spesso, la vita è vita sempre, in ogni istante. E sullo scatto fisso non puoi proprio pensare di prenderti una pausa, e questo scatena in me quella fantastica emozione che segue la scossa adrenalinica di quando pensi che non devi mollare mai». Lei ha recentemente partecipato a un ‘criterium’ a Berlino: in cosa consiste questa competizione? «Un ‘Criterium’ è una via di mezzo fra una esibizione e un campionato. Se vinci puoi dire di aver vinto una gara importante ma che non ti dà nessun titolo. Quello di Berlino consisteva in 600 partecipanti che si sono dati battaglia percorrendo 42 km a ‘tutta birra’, termine più che appropriato vista la mancanza dei freni, della possibilità di fare pausa e che … eravamo in Germania!» In definitiva lei è uno ‘stradista’ puro, o quasi? «Togliamo pure il quasi, perché io non faccio altro: no mountain bike, no ciclo cross o altro…» Farà mai l’allenatore?


«No, assolutamente. Ho molta stima del ruolo e sono consapevole che anche per quello ci vogliono doti particolari che non sono le mie». Cosa si augura per se stesso nel prossimo futuro? «Mi auguro di potermi divertire ancora tanto e a lungo con la mia passione più grande: la bicicletta». Questa è proprio una dichiarazione di amore verso il pedale: chissà se la sua morosa sarà d’accordo… Hai voluto la bicicletta? Pedala! Chiunque voglia segnalare “un mito della porta accanto”, può scrivere alla redazione di iMagazine:  redazione@imagazine.it

In queste pagine, alcune foto di Alessando Faccio in sella alla sua bicicletta.


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PERSONAGGI

HOME RUN DERBY & ALL STAR GAME Intervista e immagini di Claudio Pizzin

Diamantedi solidarietà

A Staranzano opera l’unica squadra del Triveneto di baseball per ciechi. A cui la federazione nazionale ha assegnato l’organizzazione dell’evento che coinvolge i migliori atleti del campionato italiano. Che il 2 settembre si sfideranno in regione.

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Domenica 2 settembre alle ore 14.30 il diamante di via Atleti Azzurri d’Italia a Staranzano ospiterà l’edizione 2018 dell’Home Run Derby & All Star Game di baseball per ciechi. Sarà la prima volta per il Friuli Venezia Giulia, grazie all’organizzazione affidata all’ASD Staranzano BXC. L’occasione per fare il punto con il presidente del sodalizio, Franco Buttignon, su una realtà unica nel suo genere in tutto il Triveneto. Presidente Buttignon, partiamo dall’evento di settembre: in cosa consiste? «Nel mondo del baseball tradizionale, ogni anno alla fine del campionato si svolge l’All Star Game: il raduno dei migliori giocatori che hanno partecipato al tor-

neo appena concluso e che si sfidano in due formazioni miste. Nel contesto, si svolge anche l’Home Run Derby, sfida tra i migliori fuoricampisti del campionato. Questa reunion di fine anno è ormai diventata anche nel BXC (baseball per ciechi) l’occasione per onorare i migliori giocatori italiani e stranieri che militano nel nostro Campionato italiano di categoria». Staranzano ospiterà quindi i migliori atleti delle undici squadre che si sono confrontate sui diamanti italiani… «I giocatori saranno scelti tramite una votazione tra loro e i manager di ogni squadra, e si confronteranno in due formazioni: Ovest contro Centro». Un incontro di baseball per ciechi in cosa si differenzia rispetto al baseball tradizionale? «Non cambia molto, anche se sono state apportate ovvie modifiche per permettere ai disabili di confrontarsi. Gli atleti giocano in assoluto silenzio perché guidati da quattro suoni: un cicalino che li chiama a superare la prima base dopo la battuta; gli assistenti di seconda e terza base li chiamano a toccare il sacchetto battendo apposite palette; una volta raccolta da terra la pallina, il difensore vedente di seconda base chiama “due, due, due” e a questo segnale loro gli indirizzano la pallina per eseguire un out o eliminazione dell’avversario; giocano con una pallina dalle dimensioni uguali a quella tradizionale con cinque fori al cui interno roteano dei bubboli che emettono un suono al quale loro fanno riferimento. Le regole per svolgere questa disciplina sono state studiate per avere la massima sicurezza in Sopra, la formazione dell’ ADS Staranzano BXC; di fianco: il presidente della società, Franco Buttignon; pagina accanto: alcune immagini degli atleti in azione.

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campo tra i giocatori e non avere alcun contatto fisico». I giocatori non vedenti come vengono introdotti a questo sport? «La maggior parte per curiosità. C’è poi chi è diventato cieco ma praticava già questo sport da normodotato. I componenti della ASD Staranzano BXC hanno iniziato senza conoscere minimamente cosa fosse il baseball: non sapevano correre, perché abituati a usare il bastone o il tatto. Le prime rudimentali lezioni le abbiamo svolte seduti in palestra facendo loro toccare una versione in braille del campo da gioco e cercando di spiegare i fondamentali della disciplina e della corsa». I giocatori normodotati come si rapportano con i compagni di squadra non vedenti? «In maniera armoniosa: non esiste la differenza tra disabili e normodotati, siamo un unico gruppo in cui ci si comporta liberamente con rapporti semplici che vanno oltre l’aspetto sportivo e umano. Si condividono difficoltà, si discute della mancanza di lavoro e dei problemi sociali esattamente come in una qualsiasi comunità o gruppo di amici che si conoscono da sempre». In Friuli Venezia Giulia il movimento del baseball per ciechi quante realtà coinvolge? «La nostra è l’unica realtà che pratica questa disciplina non solo in regione – tant’è che raccogliamo atleti provenienti dalle province di Trieste, Gorizia e Udine – ma in tutto il Triveneto: le squadre a noi più vicine sono Brescia e Bologna, le più lontane due formazioni sarde, oltre a tre compagini lombarde, una toscana e una umbra». Quando è nata l’attività del vostro sodalizio? «Ufficialmente siamo nati nel luglio 2016, ma il lungo lavoro di preparazione aveva avuto inizio già nel 2014 cercando di far conoscere la disciplina in terra bisiaca, da sempre regina del baseball con realtà quali Ronchi, Redipuglia e Staranzano. Proprio a Staranzano organizzammo una partita dimostrativa, quindi nel 2015 ospitammo sul diamante di Ronchi una fase del torneo di Coppa Italia BXC. L’entusiasmo del pubblico e la risposta entusiastica degli addetti ai lavori del mondo del baseball ci diede ulteriori stimoli per affrontare la sfida. Nel settembre 2016 ci siamo presentati per la prima volta davanti al nostro pubblico in un’avvincente sfida contro una formazione mista composta da atleti provenienti dal centro Italia». Quanti sono gli atleti e gli allenatori che vestono i vostri colori?

«Il nostro team è composto da una decina di atleti ciechi e ipovedenti. Tra loro anche tre donne, poiché il regolamento nazionale non fa distinzione di sesso o età nella formazione della squadra. Completano la rosa altre sei persone tra manager, coach e assistenti, senza scordare l’autista volontario messo cortesemente a disposizione unitamente al pulmino dall’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Trieste, oltre a tutti i volontari che ci aiutano a gestire le partite che disputiamo in casa, distribuendo pasti e bibite alle due formazioni». Com’è il rapporto della vostra società sportiva con le istituzioni del territorio? «Di fatto siamo nati grazie all’apporto di AUSER, che ancora oggi è al nostro fianco, così come l’amministrazione comunale di Staranzano, la Regione FVG e i Comuni di Turriaco e Ronchi dei Legionari che in questi anni ci hanno messo a disposizione le palestre per gli allenamenti invernali. Senza scordare gli sponsor territoriali che ci sostengono nelle impegnative trasferte e ci forniscono divise e attrezzature». Qual è invece la risposta del pubblico in termini di interesse e partecipazione? «Il pubblico si sta interessando sempre più a questa disciplina, grazie anche al battage pubblicitario e al passa parola tra i chioschi, sempre aperti durante le partite ufficiali e non. Anche chi non segue il baseball si è affezionato a questa realtà, con la curiosità di capire e imparare. Tutto questo per noi è importante: ci fa bene vedere le tribune zeppe di gente che ci segue e ci applaude, perché significa che abbiamo centrato l’obiettivo solidaristico e prodotto qualcosa di nuovo e interessante per il territorio». Dopo il grande evento di settembre quali saranno i prossimi obiettivi della società che lei presiede? «Per prima cosa vogliamo chiudere in maniera decorosa il campionato e la Coppa Italia, quindi ripagare la fiducia concessaci dall’AIBXC Nazionale nell’organizzazione di All Star Game & Home Run Derby. Per il 2019 abbiamo dei progetti ancora allo stato embrionale che necessitano di risorse per essere concretizzati. Per questo come presidente di Staranzano BXC lancio un appello a nuovi sponsor disposti ad aiutarci in questa avventura gestita quotidianamente solo da volontari». Claudio Pizzin

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FRIULI SCONOSCIUTO BOSCAT DI GRADO

Servizio di Eleonora Franzin. Immagini di Claudio Pizzin

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La risaia abbandonata

Negli anni Trenta del secolo scorso le bonifiche volute dal governo italiano diedero slancio al territorio: coltivazioni e allevamento attirarono nuovi abitanti, spingendo la Curia di Gorizia a costruire perfino una chiesa. Che oggi, dopo uno spopolamento inesorabile, viene aperta solo due volte all’anno.

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Boscat è una frazione agricola del comune di Grado che sorge su 220 ettari di terreno ex paludoso al di sotto del livello del mare. Si trova nelle campagne di bonifica tra la Laguna di Grado e Aquileia e si raggiunge dalla Strada Statale n. 352 Palmanova-Grado. È un territorio a ridosso della Centenara, la più famosa delle dune che sin dai tempi memorabili era un isolotto vicino al centro di Belvedere di Aquileia. Tale isolotto con le alluvioni dei fiumi, ma soprattutto con le opere di bonifica, si è successivamente unito alla terraferma, formando un’immensa pineta di pini marittimi secolari. È quindi un tratto della celebre pineta che partiva dal fiume Savio, passava per le Valli di Comacchio e andava fino all’Isonzo: selva foltissima i cui avanzi si addensano in larga macchia ancor oggi intorno alle foci del Tagliamento. Il territorio del Boscat è sorto con le opere di bonifica del litorale, voluta dal governo italiano negli anni Trenta. Migliaia di operai con badile e carriola scavarono fossi e canali per far defluire nel mare le acque stagnanti. Nei primi tempi vi si insediò l’Opera Nazio-

nale ex Combattenti, che mirava a dare nuove terre ai reduci della Grande Guerra del 1915-18. All’inizio veniva coltivato riso, tanto che la frazione venne denominata “La Risaia”. Più tardi vi si insediò l’Ente Nazionale Tre Venezie, che vi costruì le prime case e introdusse altre colture e gli allevamenti di cavalli e mucche. La frazione – composta dalle località Le Domine, Cavegi, Dossi e Boscat propriamente detto – faceva parte della Parrocchia di Grado, dalla quale tuttavia non aveva alcun servizio, vista la distanza tra le due località. Questi abitanti, quindi, frequentavano la chiesa di Belvedere fino al giorno in cui il parroco decise di portare la messa domenicale a Boscat, la cui celebrazione aveva luogo in una piccola baracca di legno che serviva anche come scuola. Tutto questo fece nascere nei dirigenti dell’Ente proprietario, nella gente del posto e nella Curia di Gorizia la convinzione che per continuare a celebrare la messa in un modo più decoroso, fosse necessaria una chiesa. Il parroco don Giuseppe Bruni, ex cappellano militare, venne così a realizzare un suo voto: costruire una chiesa da dedicare ai caduti. Negli anni Cinquanta si diede il via alla riforma agraria: il territorio di Boscat venne frazionato in 24 nuovi poderi con altrettante nuove case. Gli assegnatari furono le famiglie di braccianti agricoli del Fossalon e dal vicino Veneto. Nel frattempo, il progetto della chiesa dell’architetto Della Mea fu approvato dalla Curia, e l’arcivescovo monsignor Giovanni Giacinto Ambrosi pose la prima pietra nel 1960. Nel 1965 il suo successore, l’arcivescovo In questa pagina, due immagini del territorio di Boscat, in comune di Grado, al confine con la frazione aquileiese di Belvedere.

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monsignor Andrea Pangrazio impartì la benedizione. Infine nel 1970, il nuovo arcivescovo monsignor Pietro Cocolin la consacrò dedicandola ai “SS. Cuori di Gesù e di Maria”. Accanto alla chiesa ci sono ancora oggi gli edifici che una volta erano popolati dai bambini dell’asilo e della scuola. Negli anni, tuttavia, la frazione si è spopolata e la scuola e l’asilo sono stati chiusi. Non essendoci più nemmeno il parroco, salvo casi eccezionali la chiesa di Boscat ospita solo due messe durante l’intero anno: la notte di Natale e l’8 dicembre per la solennità dell’Immacolata Concezione, in concomitanza con la “Festa del Ringraziamento”, con al benedizione delle macchine agricole, dei contadini e dei frutti della terra. Con il mancato sviluppo della frazione, anche i giovani sono andati a vivere altrove: oggi le uniche due attività presenti sono l’Agriturismo Zorz e la Trattoria alla Buona Vite. Eleonora Franzin

Dall’alto in senso orario: - la chiesa dei SS. Cuori di Gesù e di Maria; - suggestiva vista di Barbana e della laguna; - l’ingresso nella frazione di Boscat.


+39 335 5302378 cap. Paolo www.motorshipcristina.it

Motonave Nuova Cristina effettua gite nella laguna di Grado DAL Lunedì al sabato

PER GRADO-LAGUNA SENZA SOSTA PArtenzE ore 10.30 ore 12.45

Da aprile a metà ottobre collegamento con l’Isola di Anfora per pranzi collettivi all’albergo trattoria Ai Ciodi per degustare il boretto alla gradese. Possibilità anche di pernottamento. Info: + 39 335 7522209 +39 338 5679822 - www.portobusoaiciodi.it A due passi dall’imbarco della Motonave Nuova Cristina, a Grado in Riva San Vito, Wine & Gourmet, enoteca da Lucia e Andrea, vi attende per degustazioni di vini e assaggi di specialità di mare. Info: + 39 328 5721471

RITORNO ore 12.30 ore 15.00

PREZZI Adulti 17,50€ Bambini* 15,00€

DAL Lunedì al sabato PER GRADO-PORTO BUSO (Anfora) CON SOSTA PArtenzA ore 10.30

RITORNO ore 15.00

PREZZI Adulti 25,00€ Bambini* 15,00€

DAL Lunedì al sabato POMERIGGIO ISOLE E CASONI SENZA SOSTA PArtenzA ore 15.30

RITORNO ore 17.30

PREZZI Adulti 17,50€ Bambini* 15,00€

* 4-12 anni


chef…ame! Insalata di frutta all’aceto balsamico di mela Ricetta del Maestro di Cucina Germano Pontoni

Preparazione

Ingredienti per 4 persone

Lavare e sbucciare la frutta (a piacere lasciare la buccia dei fichi). Togliere il nocciolo alle pesche e tagliare in quattro spicchi; mettere in una bacinella, realizzare una miscela con lo zucchero, il sale e il succo di limone e irrorare la frutta, mescolare e mantenere in frigorifero per un paio d’ore. Sgocciolare dal sugo e tagliare a spicchi e fettine, tagliare i fichi a metà all’ultimo momento. Disporre sui piatti alternando i colori. Nella tazza del frullatore versare il liquido della frutta, l’olio e l’aceto balsamico di mela, far ruotare e ottenere una miscela cremosa, condire la frutta e guarnire con foglie di menta fresca. (Ricettario per Castelnovo del Friuli, “Il gnof Ort”, 2013)

Frutta per un pieno di salute Con l’arrivo dell’estate è fondamentale curare l’alimentazione prediligendo gli alimenti ricchi di vitamine e sali minerali. Frutta e ortaggi sono gli ingredienti ideali per fare un pieno di salute (quelli freschi di stagione s’intende); per gustarli al massimo del sapore si consiglia di consumarli al naturale dopo un’opportuna “tolettatura”, sbucciatura, lavaggio… Sarebbe preferibile, dopo la raccolta in luogo sano e idoneo privo di sostanze chimiche, consumarle solamente dopo un passaggio in acqua fresca. Frutta e ortaggi garantiscono salute e bellezza e sono ideali per preparare insalate o per arricchire con altri ingredienti utilizzando un po’ di fantasia, a sua volta ottimo ingrediente per tutte le ricette di cucina. Nel nostro caso preparare un’insalata di frutta può diventare un piacevole “gioco” negli abbinamenti dei gusti e dei colori, tanto da togliere la tristezza dell’abitudinarietà, che spesso accompagna pranzi e cene. Dolce? Non si tratta della monotona macedonia che un tempo veniva preparata con la frutta ormai non più presentabile, che veniva irrorata con succo di limone per non farla annerire e con l’aggiunta di zucchero per coprire

- 2 mele - 2 pesche a pasta gialla (possono andare bene anche quelle a pasta bianca e le nettarine) - 2 pere - 2 fichi - il succo di mezzo limone - 1 cucchiaio di aceto balsamico di mela - 1 cucchiaino di zucchero - un pizzico di sale - 1 cucchiaino di olio di mais - foglie di menta per guarnizione (la frutta deve essere a giusta maturazione, fresca e senza difetti)

sapori non gradevoli. In questo caso scoprire lo sposalizio del dolce-salato come antipasto o fine pasto, ma anche come merenda veloce, diventa una piacevole alternativa. Succo di limone, olio, sale sono gli ingredienti più usati per Germano Pontoni condirla, ma posso- Maestro di Cucina no essere altri come Cell: 347 3491310 Mail: germanoca@libero.it il vino cotto, l’aceto balsamico, il sale (da prediligere sali dolci come quello di Cervia). Le insalate di frutta si possono preparare tutto l’anno con la frutta di stagione. Certo durante i mesi freddi la frutta che noi desideriamo arriva da regioni dove il clima è adatto alla sua produzione: quelli che un tempo erano frutti importati oggi si producono pure in Italia, anche se le vitamine se ne vanno durante il “viaggio”... Piacevoli sono le insalate di frutta arricchite con ortaggi e formaggi a pasta dura, anche nelle stagioni non troppo calde, accompagnate con crostoni di pane integrale. |

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M E N T E E A L I M E N TA Z I O N E

Nuove anoressie

Giovani maschi e donne adulte. Ma anche rifiuto del cibo e preferenza per l’abuso di alcol. E un mix micidiale con la chirurgia estetica. Quali sono i soggetti coinvolti dall’evoluzione dei disturbi del comportamento alimentare?

S O C I E T À

La storia dell’uomo, delle sue patologie e delle loro cure è in continua evoluzione. Quadri clinici e diagnosi, di conseguenza, non restano mai immutati nel tempo. Vale così anche per i disturbi del comportamento alimentare, a iniziare dall’anoressia. Se agli inizi la patologia veniva inquadrata all’interno di schemi ben definiti su base psichiatrica, ritenendo che i soggetti a rischio fossero esclusivamente giovani ragazze, oggi il contesto è mutato, ampliando il ventaglio di situazioni rispetto allo standard, obbligando il personale sanitario a tenere in considerazione diversi aspetti connotativi delle persone coinvolte.

Rubrica a cura di Andrea Fiore

Questione di genere

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Se negli anni recenti i primi casi di anoressia in giovani di sesso maschile avevano fatto la loro apparizione con percentuali bassissime, ora le cose sono cambiate. I numeri sono in continua crescita, coinvolgendo anche la sfera della sessualità. Molte volte, infatti, la patologia è associata anche a problematiche di genere: ragazzi che hanno difficoltà ad accettarsi come maschi adulti, con il desiderio inconscio di restare bambini. Per questo smettono di nutrire il proprio corpo, spaventati dalla sua fisiologica evoluzione di crescita e sempre più in difficoltà ad accettare il proprio sesso anatomico. |

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Siamo di fronte a una situazione nuova, da trattare con estrema delicatezza. Etichettare il problema solamente come anoressia senza comprendere la difficoltà dello sviluppo psicosessuale del ragazzo sarebbe infatti un grave errore.

Forme miste e “drunkoressia”

Un altro fenomeno in crescita riguarda le forme miste dei disturbi del comportamento alimentare. Sono infatti sempre più frequenti i casi di persone anoressiche che soffrono di bulimia: condizione che le porta ad abbandonarsi a grandi abbuffate, salvo poi ricercare alla fine il vomito indotto per eliminare il cibo ingerito. Una situazione molto complessa e pericolosa, anche perché le due forme tendono ad alternarsi nel tempo, passando da atteggiamenti di totale rifiuto di nutrirsi fino a giungere all’assunzione sregolata ed eccessiva di alimenti. Un’altra forma mista in aumento, invece, apre scenari ancora più pericolosi. Il termine tecnico è “drunkoressia” (dall’inglese drunk: ubriaco) e indica una patologia che da un lato rifiuta l’assunzione di cibo e dall’altro ha nell’assunzione di bevande alcoliche l’unica forma di nutrizione per avere un minimo di energia. Un fenomeno devastante che conduce a un rapido decadimento delle funzioni organiche dell’individuo. Ma, al tempo stesso, un fenomeno che continua a crescere, facilitato da un modello sociale sempre più diffuso tra i giovani, abituati a uscire “per bere”, mangiando


in modo sregolato: in altre parole, il cibo viene considerato come mero accompagnamento all’alcol. E il passaggio da abitudine poco sana a disturbo alimentare in alcuni di loro diventa inevitabile. Per contrastare la “drunkoressia” diventa necessario in seguito un doppio trattamento: aiutare il paziente a reintrodurre il cibo e, contemporaneamente, disintossicarlo dall’alcol. Un quadro complesso che conferma la pericolosità del fenomeno.

Non solo giovani

Le nuove forme di anoressia, inoltre, colpiscono anche le persone adulte, in particolare le donne. In taluni casi si tratta di anoressiche sopravvissute, nelle quali la patologia torna a ripresentarsi, con il rischio che diventi cronica. In altri casi, invece, si tratta di donne che spinte dal desiderio di restare o tornare giovani rifiutano l’assunzione di cibo. In certe situazioni, non accettando l’invecchiamento del proprio corpo o non ritenendosi più belle, ricorrono persino alla chirurgia estetica per modificare il proprio aspetto. Può sembrare assurdo, eppure questo genere di interventi su persone anoressiche sono in aumento, con risultati drammatici. Ma in questo caso è impossibile non puntare l’indice contro i chirurghi e porre una semplice domanda: dov’è la vostra etica?

dott. Andrea Fiore

Medico delle Farmaco-Tossicodipendenze, psichiatra andrea.fiore@imagazine.it


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12-16 luglio ▶ Mostra Regionale delle Pesche

Cinque giornate dedicate alla Pesca di Fiumicello, con degustazioni, concerti e spettacoli. Sabato e lunedì estrazione della tombola. Domenica il concerto di Giusy Ferreri. Fiumicello Villa Vicentina (UD). Info: www.comune.fiumicellovillavicentina.ud.it

ristorante

Il range di prezzo indicato (ove applicabile) si riferisce al costo medio di un pasto, escluse bevande alcoliche. I dati segnalati sono stati forniti direttamente dal Gestore del locale. Qualora doveste verificare delle discordanze, Vi invitiamo a segnalarcelo.

20-22 luglio ▶ Festa della Sedia

Sfilata di moda, eventi culturali e sportivi, spettacoli animeranno l’intero fine settimana. Immancabili i tradizionali chioschi gastronomici e numerosi momenti di intrattenimento. Manzano (UD). Info: www.prolocomanzano. ud.it

ristorante

e inoltre... 14-15/21-22 luglio ▶ Sauris in festa

Festa del prosciutto. Sauris (UD). Info: www.sauris.org

4-5/11-12/14-15 agosto ▶ Sagre d’Avost

Specialità a base di gamberi di fiume. Bagnaria Arsa (UD). Località Castions delle Mura. Info: www.comune.bagnariaarsa.ud.it


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ristorante

52sima edizione con in programma la proclamazione del fringuello nazionale. Confermata la mostra del falco e l’esposizione internazionale canina con prova di agility. Gradisca d’Isonzo (GO). Info: 340 5122146

trattoria

13-15 agosto ▶ Mostra ornitologica

bar

17-19 agosto ▶ Rievocazione storica con torneo cavalleresco

Appuntamento che ricorderà i 500 anni dell’avvio del dominio asburgico nel territorio cormonese, iniziato nel 1518. Attesa per lo spettacolare confronto a cavallo. Cormòns (GO). Info: www.cormons.info

11-12 agosto ▶ Festa dell’arrotino e dell’aglio

Prodotti tipici e artigianali. Resia (UD). Info: www.arrotinivalresia.it

14-16 agosto ▶ Rievocazione storica della Macia

Combattimenti, sbandieratori, mangiafuoco. Spilimbergo (PN). Info: www.prospilimbergo. org


L I V E

M U S I C

15 luglio ▶ Fiorella Mannoia

Ritorna in Friuli Venezia Giulia una delle voci più famose del panorama musicale italiano. Nell’ambito di Onde Mediterranee Festival, infatti, nuova tappa per Combattente Il Tour. Cervignano del Friuli (UD). Parco Europa. Ore 21.30. Info: www.euritmica.it

17 luglio ▶ Iron Maiden

Gli Iron Maiden (ph Simone Di Luca), dopo il successo mondiale dell’album e del tour “The Book of Souls”, tornano on the road con un nuovo spettacolare tour dal titolo “Legacy Of The Beast European Tour”. Trieste. Piazza Unità. Ore 21. Info: www.azalea.it

e inoltre... 21 luglio ▶ Miles Kennedy

Euro2 Tour Udine. Castello. Ore 20. Info: www.azalea.it

23 luglio ▶ Ermal Meta

Non abbiamo armi Live. Codroipo (UD). Villa Manin di Passariano. Ore 21.30. Info: www.azalea.it 82

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settembre-ottobre 2007

| L’INFORMAFREEMAGAZINE


www.imagazine.it

26 luglio ▶ Negrita

Desert Yacht Club non è un semplice nome, ma un vero e proprio omaggio a un luogo d’ispirazione: l’omonima oasi creativa fondata da Alessandro Giuliano nel deserto di Joshua Tree in California. Majano (UD). Area concerti Festival di Majano. Ore 21.30. Info: www. azalea.it

4 agosto ▶ Sfera Ebbasta

Considerato uno dei migliori rapper della nuova generazione, l’artista più discusso del momento, idolo del pubblico giovane, porterà a Lignano l’unica data regionale del suo nuovissimo Rockstar Tour. Lignano Sabbiadoro (UD). Arena Alpe Adria. Ore 21.30. Info: www.azalea.it

28 luglio ▶ Fabri Fibra

Le vacanze Tour. Lignano Sabbiadoro (UD). Arena Alpe Adria. Ore 21.30. Info: www.azalea.it

29 luglio ▶ Goran Bregovic

No Border Music Festival. Tarvisio (UD). Piazza Unità. Ore 21.15. Info: www.azalea.it


CLASSIC ARTS

14 luglio – 14 settembre

▶ Carniarmonie

Cinquanta concerti nei quali la musica è in perfetta aderenza con le varietà del ricco patrimonio storico, artistico e paesaggistico della Carnia. Tolmezzo (UD) e altre località della Carnia. Info: www.carniarmonie.it

18-21 luglio

▶ AESON

Torna il festival artistico in riva al fiume Isonzo. Un fine settimana di musiche da tutto il mondo, con performances, teatro e workshop. Fiumicello Villa Vicentina (UD). Parco dell’Isonzo. Info: www.aeson.it

e inoltre... 5-15 luglio ▶ Mittelfest

Festival di teatro, danza, musica, progetti multimediali. Cividale del Friuli (UD). Info: www.mittelfest.org

22 luglio ▶ 1918-2018 Requiem in memoriam

Concerto per le vittime della Grande Guerra. Aquileia (UD). Basilica. Ore 20.45. Info: www.turismofvg.it


11 agosto

▶ Grease – Il Musical

Nell’ambito del Festival di Majano Grease torna in scena anche nell’anno in cui si festeggia il quarantennale dall’uscita del film con John Travolta e Olivia Newton-John. Majano (UD). Area concerti Festival di Majano. Ore 21.30. Info: www.azalea.it

22-26 agosto

▶ International Trieste Tango Festival

Un cast internazionale dei migliori maestros e delle orchestre più famose animerà tutte le serate. Previsti nuovi eventi collaterali legati alla manifestazione come concerti, passeggiate, milonghe pomeridiane... Trieste. Molo IV e Teatro Miela. Info: www.triestetangofestival.com

24 luglio ▶ Rossini! Rossini!

Concerto di musica classica. Pordenone. Auditorium Concordia. Ore 21.15. Info: www.filarmonia.it

10-12 agosto ▶ FESTinVAL

Festival di musica e danza folk. Tramonti di S. (PN). Info: 333 2556359


SPORT

21-22 luglio ▶ International Beach Rugby

Squadre provenienti da Inghilterra, Francia, Spagna, Portogallo, Austria e Italia, si daranno battaglia per conquistare il titolo continentale. Presenti anche squadre da Fiji, Nuova Zelanda, USA e Iran per una sorta di Mundialito. Lignano Sabbiadoro (UD). Beach Arena. Info: 339 3625317

11 agosto ▶ Footgolf

Il Castello di Spessa ospita gli European Masters Championship e gli Interregionali Nord-est di footgolf: disciplina che unisce il calcio al golf. Capriva del Friuli (GO). Castello di Spessa. Info: www.turismofvg.it

e inoltre... 28 luglio ▶ The Color Run

Corsa non competitiva di 5 KM al tramonto. Lignano Sabbiadoro (UD). Lungomare. Ore 19. Info: www. thecolorrun.it

12 agosto ▶ Ciclotour senza confini

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settembre-ottobre 2007

| L’INFORMAFREEMAGAZINE

Manifestazione ciclistica lungo la Ciclovia Alpe Adria. Tarvisio (UD). Info: 335 7760496


12 agosto ▶ Staffetta Alpina del Monte Lussari

Gara di corsa in montagna. Da Camporosso a Monte Lussari in tre frazione lungo i 20 km del tracciato: salita, discesa e piano. Tarvisio (UD). Località Camporosso. Info: www.ustositarvisio.it

26 agosto ▶ Troi Trek

Gran fondo di ciclismo lungo la via delle Malghe riservata solo a ciclisti tesserati. Attraversando paesaggi densi di fascino e storia, su un percorso di 55 km. Polcenigo (PN). Info: www.troitrek.it

19 agosto ▶ Staffetta Tre Rifugi

Gara internazionale di corsa in montagna. Forni Avoltri (UD) Località Collina. Info: www.3rifugi.com

26 agosto ▶ Skyrace Dolomiti Friulane

Forni di Sopra (UD). Info: www.foradventure.it


MEETING 16-18 luglio ▶ Lettere Mediterranee

Tre serate di incontri letterari e di dibattiti, in un contesto accompagnato da musica e da cibo etnico. In collaborazione con l’associazione Cultura Globale di Renzo Furlano. Cervignano del Friuli (UD). Parco Europa. Info: www. ondemediterranee.it

12-18 luglio ▶ Premio Amidei

37a edizione del Premio Internazionale alla Migliore Sceneggiatura. Le proiezioni delle otto opere finaliste e gli eventi collaterali si terranno a Palazzo del Cinema-Hiša Filma e al Parco Coronini Cronberg. Gorizia. Info: www.amidei.com

e inoltre... 6-15 luglio ▶ Stazione di Topolò

Incontri con registi, musicisti, scrittori, fotografi, performers e uomini di scienza. Grimacco (UD). Località Topolò. Info: www.stazioneditopolo.it

12-14 luglio ▶ Strofe dipinte di jazz

Musica, arte, performance, linguaggio, improvvisazione. Romans d’Isonzo (GO). Laghi Fipsas. Info: www.facebook.com/liberatoriodarte


scopri tutti gli eventi in regione su www.imagazine.it 16 agosto ▶ Uomini di parola

Mauro Corona e Luigi Maieron presentano il libro Quasi niente scritto a quattro mani. L’occasione per parlare anche delle loro ultime fatiche letterario: Te lo giuro sul cielo (Maieron) e Confessioni Ultime (Corona). Lignano Sabbiadoro (UD). Palapineta. Ore 18.30. Info: www.lignanonelterzomillennio.it

24-27 luglio ▶ Aquileia Film Festival

Nona edizione della rassegna internazionale del cinema archeologico. In programma proiezioni di film, conversazioni con esperti, presentazioni di libri. Aquileia (UD). Piazza Capitolo. Info: www.fondazioneaquileia.it

15 luglio ▶ Giuseppe Malattia della Vallata

24 agosto ▶ Rievocando ‘18

Cerimonia di consegna del premio letterario. Serata di multivisioni fotografiche. Barcis (PN). Ore 11. Sala Conferenze del lungolago. Info: Palmanova (UD). Loggia della Gran Guardia. Info: www.barcis.fvg.it www.cfpalmarino.it


F U O R I

R E G I O N E

T R E V I S O 13 luglio

▶RASSEGNA INTERNAZIONALE DI FISORCHESTRE Ventiseiesima edizione dell’evento musicale dedicato al mondo della fisarmonica, con ensemble del territorio e straniere. Treviso. Teatro Comunale. Ore 20.45. Info: 335 5214422 20-30 luglio

▶ANTICA SAGRA DI SANT’ANNA Sarà il grande spettacolo pirotecnico a chiudere dieci giorni di eventi tra balli, degustazioni, giocolieri, spettacoli di burattini e il tradizionale peso degli animali. Monigo. Info: 339 6135514 20 luglio – 6 agosto

▶MOSTRA DEL VINO Una sessantina di aziende presenti, con oltre 200 etichette esposte e vini di eccellente qualità. Una delle mostre più importanti nella provincia di Treviso. Fontanelle. Località Vallonto. Info: www.prolocovallonto.it 26-29 luglio

▶FESTA DELLA BIRRA Quattro serate di grande musica (cover band di AC/DC, Queen, Vasco Rossi…) faranno da cornice alle degustazioni delle birre artigianali. Tutte le sere “Mojito party”. Miane. Info: www.facebook.com/mianebirra 4 agosto

▶UTIA NATURAL RUN Corsa non competitiva di 6 e 12 km lungo il percorso pianeggiante nei Palù di Moriago e Isola dei Monti: uno scenario naturalistico incontaminato. Moriago della Battaglia. Info: 393 9189981 5-15 agosto

▶ARTIGIANATO VIVO Le corti del paese, le sue vie, i portici, i selciati e le mura fanno da scenario a un continuo susseguirsi di luci, suoni e colori. In mostra le opere dei maestri artigiani. Cison di Valmarino. Info: www.artigianatovivo.it 25-26 agosto

▶FIERA DI SAN BARTOLOMEO Gli spettacolari raduni di Vespe, 500, auto e trattori d’epoca saranno accompagnati dalle dimostrazioni di antichi mestieri nonché dell’aratura, seminatura e trebbiatura. Resana. Info: www.facebook.com/FieradeSanBortoeo


F U O R I

R E G I O N E

V E N E Z I A 13 luglio

▶LAURA PAUSINI Il Palazzo del Turismo ospita la data zero del nuovo “Fatti Sentire Worldwide tour” che porterà l’artista in Europa e in Sudamerica. Jesolo. Palazzo del Turismo. Ore 21. Info: www.azalea.it 14-15 luglio

▶FESTA DEL REDENTORE Sabato sera grande spettacolo pirotecnico, mentre domenica le centinaia di imbarcazioni presenti sul Bacino di San Marco si sfideranno nella Regata del Redentore lungo il Canale della Giudecca. Venezia. Info: www.comune.venezia.it Fino al 26 luglio

▶UN NUOVO GIORGIONE ALLE GALLERIE DELL’ACCADEMIA Straordinaria occasione di vedere riuniti tre dipinti di Giorgione, un tempo tutti parte della collezione veneziana del patrizio Gabriele Vendramin. Si tratta della Tempesta, della Vecchia e del Concerto o Davide Cantore. Venezia. Gallerie dell’Accademia. Info: www.gallerieaccademia.org 27 luglio

▶NEGRITA Sbarca al Mirano Summer Festival il Desert Yacht Club tour. E lo fa in una serata d’eccezione: la band infatti sarà la protagonista del gran finale della kermesse. Mirano. Area festival. Ore 21.30. Info: www.azalea.it Fino al 31 agosto

▶PAOLO VENTURA  LA CITTÀ BIANCA Continuazione ideale della “Città Infinita”, presentata a New York nel 2013: una città che si compone e si costruisce abbinando in maniera randomica 50 opere che rappresentano i suoi edifici. Venezia. Bugno Art Gallery. Info: www.bugnoartgallery.it Fino al 9 settembre

▶IL LIBRO ILLEGGIBILE OMAGGIO A BRUNO MUNARI Oltre 100 artisti internazionali provenienti da 9 paesi – dal Giappone alla Finlandia – contribuiscono all’Archivio dell’Associazione Culturale Visioni Altre. Venezia. Villa Farsetti. Info: www.exibart.com Fino al 12 settembre

▶ARTEOLOGIA. L’ARTE ETICA IN DIALOGO FRA PASSATO E FUTURO Interpretare lo spazio del Museo Archeologico nel rispetto dei reperti della collezione permanente e in dialogo con essi, promuovendo opere d’arte che esprimono una forte responsabilità sociale. Venezia. Museo Archeologico Nazionale. Info: sspsae-ve.archeologico@beniculturali.it


O L T R E

C O N F I N E

C R O A Z I A 13-22 luglio

▶PLAVA LAGUNA CROATIA OPEN Il circuito ATP sbarca a Umago con tennisti di fama mondiale. Oltre agli incontri sulla terra rossa, in programma party serali e altri eventi collaterali. Umago. Info: www.croatiaopen.hr 14-22 luglio

▶PULA FILM FESTIVAL Il festival cinematografico più antico in Croazia e anche uno dei più antichi in Europa. Il suo marchio è l’Arena di Pola nella quale vengono proiettati i film da vedere sotto le stelle. Pola. Info: www.pulafilmfestival.hr 19-22 luglio

▶SEASPLASH FESTIVAL Uno dei più antichi festival croati che porta a Stignano i migliori performers della zona e quelli da tutto il mondo, presentando la musica e la cultura drum and bass. Stignano. Info: www.seasplash.net 25 luglio – 29 agosto

▶FESTIVAL DEL MULINO A VENTO Spettacoli interattivi e dimostrazioni della lavorazione dei vari tipi di cereali, appuntamenti musicali e danzanti, oltre alle visite all’antico mulino sul mare. Medulino. Info: www.facebook.com/malininmedulin 28-29 luglio

▶LEGEND FEST Festival delle leggende, dei miti e delle storie dell’Istria. Ogni giorno rappresentazioni, laboratori e performance aperti gratuitamente a tutti. Pedena. Info: www.legendfest.hr 11-12 agosto

▶ASTRO PARTY Nel periodo dell’anno in cui le stelle cadenti illuminano il cielo, all’osservatorio astronomico attivo dal 1700 si potrà avere una visione privilegiata sulla pioggia di stelle. Fontane. Info: www.funtana.com 22-30 agosto

▶STREET ART FESTIVAL Il festival degli artisti di strada riporta tra le vie cittadine la voglia di vita e di aggregazione, condividendo il piacere di stare insieme e meravigliarsi. Parenzo. Info: www.poup.hr

6-7 luglio

▶FETE BLANCHE Sulle sponde del lago Woerthersee una serata raffinata per la tradizionale festa in bianco con musica, spettacoli e degustazioni con partecipanti rigorosamente abbigliati in… bianco. Velden. Info: www.fetebalche.at 13 luglio – 31 agosto

▶FESTIVAL DELLA COMMEDIA Durante l’estate la città di Spittal sulla Drava si dedica interamente all’arte del teatro. Ci si incontra a Castel Porcia per divertirsi con stile, per immergersi nella leggerezza dell’essere. Spittal. Castel Porcia. Info: www.ensembleporcia.at 14 luglio

▶FISCHFEST Tradizionale festa del pesce a Feld am See. Oltre a menu a base di prodotti ittici, in programma anche concerti e appuntamenti ludici riservati ai bambini. Feld am See. Info: www.fischfest.at


O L T R E C A R I N Z I A 15 luglio 2018

▶GROSSGLOCKNER BERGLAUF Per gli amanti delle sfide impossibili una delle gare di corsa in montagna più massacranti e difficili: l’ascesa al ghiacciaio del Grossglockner. Il percorso è lungo 13 km, con un dislivello di 1494 metri. Heilingenblut. Info: www. grossglocknerberglauf.at 20-21 luglio

▶STARNACHT In riva alle acque del lago Woerthersee una serata dedicata alla grande musica, con concerti e momenti di intrattenimento dall’alto tasso di spettacolarità. Klagenfurt. Info: www.carinzia.at 29 luglio – 4 agosto

▶VILLACHER KIRCHTAG Con oltre 200.000 visitatori è una delle principali attrazioni dell’estate in Carinzia. Oltre a variopinti costumi tradizionali e alla musica folk, la festa sarà allietata da specialità gastronomiche tra cui la “Kirchtagssuppe”. Villach. Info: www.villacherkirchtag.at

C O N F I N E S L O V E N I A 2-14 luglio

▶BLED FESTIVAL Durante le due settimane della manifestazione, ogni luogo di Bled ospiterà performance musicali di tutti i generi. In programma anche masterclass e workshop per musicisti. Bled. Info: www.festivalbled.com 11 luglio – 15 agosto

▶FESTIVAL KANAL Evento rinomato per la sua buona musica e per l’atmosfera suggestiva, con le esibizioni degli artisti illuminate da candele e torce di fuoco. Bohinj. Info: www.festivalkanal.si 13-16 luglio

▶GIORNATE DEL MERCATO CITTADINO Rievocazione medievale che fa rivivere l’antico mercato, le gesta dei cavalieri con i loro appassionanti duelli e le danze delle donne dell’epoca. Žužemberk. Info: www.zuzemberk.si 19-21 luglio

▶KRANFEST Ogni anno trentamila persone raggiungono la città di Kranj per il più grande evento dell’intera regione, per assistere a concerti e altre esibizioni spettacolari. Kranj. Info: www.visitkranj.com 22-28 luglio

▶METALDAYS FESTIVAL Nello scenario naturalistico suggestivo del Parco Nazionale della Alpi Giulie, concerti dedicati alla musica metal coinvolgeranno appassionati provenienti da tutta l’Alpe Adria. Tolmin. Info: www.metaldays.net 24 luglio – 5 agosto

▶FESTIVAL OKARINA Uno dei più antichi festival del mondo, dedicato alla musica folk internazionale. Artisti da tutto il continente veicoleranno attraverso i loro brani messaggi di multiculturalità e convivenza tra i popoli. Bled. Info: www.festival-okarina.si 4-27 agosto

▶SUMMER PUPPET PIER Festival internazionale delle marionette, con spettacoli ed esibizioni di grandi interpreti internazionali. In programma anche laboratori e incontri con gli artisti. Maribor. Info: www.lg-mb.si


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marzo-aprile 2015

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my

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marzo-aprile 2015

1 luglio Auguri Massimo!

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Stefano, Eva, Luigi

6 luglio Buon compleanno Eugenio! Luisa, Andrea e Marina 10 luglio Tanti auguri Bruttino! 11 luglio Tanti auguri Debora! 14 luglio Buon compleanno Michela!

Nick e Cinzia

Michael e mamma

Lo staff di iMagazine

15 luglio Buon compleanno Alexandra! Eva, Stefano, Luigi, Giorgio 17 luglio Auguri Lucy! 18 luglio Buon compleanno Marta! 24 luglio Tanti auguri Francisco!

Paola e Ludovica

papà Stefano

Cinzia e Nick

7 agosto Felice anniversario a Stefano ed Elisabetta Germano e Maria Grazia 20 agosto Buon compleanno Fabrizio! 24 agosto Buon anniversario Simo! 29 agosto Buon compleanno Max!

Lo staff di iMagazine

Barbara

Lo staff di iMagazine

31 agosto Felice anniversario a Elisa e Riccardo! Mattia, Graziana, Cesare, Marina, Andrea Mandaci entro il 1º agosto i tuoi auguri per le ricorrenze di settembre e ottobre! Li pubblicheremo gratuitamente su iMagazine! Segnalaci giorno, evento, mittente e destinatario e spedisci il tutto via e-mail (info@imagazine.it), via posta ordinaria (iMagazine, c/o via Aquileia 64/a, 33050 Bagnaria Arsa – UD) o via fax (040 566186).


Fonte: Federfarma Gorizia e Ordine dei Farmacisti di Trieste

96 | marzo-aprile 2015 FARMACIE DI TURNO

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STORICA via Cosulich 117 Monfalcone, tel. 0481 711315 CENTRALE pzza Repubblica 16 Monfalcone, tel. 0481 410341 COMUNALE 1 via Aquileia 53 Monfalcone, tel. 0481 482787 COMUNALE 2 via Manlio 14 Monfalcone, tel. 0481 480405 REDENTORE via IX Giugno 36 Monfalcone, tel. 0481 410340 RISMONDO via Toti 53 Monfalcone, tel. 0481 410701 SAN ANTONIO via Romana 93 Monfalcone, tel. 0481 40497 SAN NICOLÒ via Iº Maggio 92 Monfalcone, tel. 0481 790338 ALL’ANGELO via Roma 18 Ronchi dei L., tel. 0481 777019 ALLA STAZIONE v.le Garibaldi 3 Vermegliano, tel. 0481 777446 LEDRI via Marina 1 Grado, tel. 0431 80058 COMUNALE via C. Colombo 14 Grado, tel. 0431 80895 ZANARDI via Trieste 31, Staranzano, tel 0481 481252 AL LAGO via Roma 13, Doberdò, tel 0481 78300 LUCIANI via Dante 41, Sagrado, tel 0481 99214 SPANGHERO via Aquileia 89, Turriaco, tel 0481 76025 VISINTIN via Matteotti 31, San Pier d’Isonzo, tel 0481 70135 RAMPINO piazza Venezia 15, San Canzian d’Is., tel 0481 76039 DI MARINO via Redipuglia 77, Fogliano, tel 0481 489174 TRIESTE via Mazzini 43, tel. 040.631785 TRIESTE via Combi 17, tel. 040.302800 TRIESTE via Fabio Severo 122, tel. 040.571088 TRIESTE piazza Ospedale 8, tel. 040.767391 TRIESTE capo di piazza Mons. Santin 2 tel. 040.365840 TRIESTE via Commerciale 21 tel. 040.421121 TRIESTE via Ginnastica 6, tel. 040.772148 TRIESTE piazza Venezia 2, tel. 040.308248 TRIESTE via Curiel 7/B (Borgo S. Sergio), tel. 040.281256 TRIESTE via Giulia 14, tel. 040.572015 TRIESTE via Dante 7, tel. 040.630213 TRIESTE via Costalunga 318/A, tel. 040.813268 TRIESTE via Giulia 1, tel. 040.635368 TRIESTE Corso Italia 14, tel. 040.631661 TRIESTE via Zorutti 26, tel. 040.766643 TRIESTE piazza della Borsa 12, tel. 040.367967 TRIESTE via Rossetti 33, tel. 040.633080 TRIESTE via Mascagni 2, tel. 040.820002 TRIESTE via S. Giusto 1, tel. 040.308982 TRIESTE via Roma 15 (angolo via Valdirivo), tel. 040.639042 TRIESTE via Piccardi 16, tel. 040.633050 TRIESTE via Baiamonti 50, tel. 040.812325 TRIESTE piazza Oberdan 2, tel. 040.364928 TRIESTE piazzale Gioberti 8, tel. 040.54393 TRIESTE via Oriani 2 (largo Barriera), tel. 040.764441 TRIESTE piazza Cavana 1, tel. 040.300940 TRIESTE viale Miramare 117, tel. 040.410928 TRIESTE via dell’Istria 33, tel. 040.638454 TRIESTE piazza Giotti 1, tel. 040.635264 TRIESTE via Tor S. Piero 2, tel. 040.421040 TRIESTE piazza Goldoni 8, tel. 040.634144 TRIESTE via Revoltella 41, tel. 040.941048 TRIESTE via Brunner 14, tel. 040.764943 TRIESTE campo S. Giacomo 1, tel. 040.639749 TRIESTE piazzale Valmaura 11, tel. 040.812308 TRIESTE via Roma 16 (angolo via Rossini), tel. 040.364330 TRIESTE piazza Garibaldi 6, tel. 040.368647 TRIESTE via Stock 9, tel. 040.414304 TRIESTE largo Sonnino 4, tel. 040.660438 TRIESTE piazza S. Giovanni 5, tel. 040.631304 TRIESTE via Alpi Giulie 2, tel. 040.828428 TRIESTE via Cavana 11, tel. 040.302303 TRIESTE largo Osoppo 1, tel. 040.410515 TRIESTE via Settefontane 39, tel. 040.390898

COMUNE DI MONFALCONE Dati: N.P.

Recapiti: 0481 494280, www.comune.monfalcone.go.it

COMUNE DI SAN CANZIAN D’ISONZO Abitanti: 6.218

(dati Anagrafe apr-mag 2018) nati: 8, deceduti: 14, immigrati: 49, emigrati: 38, matrimoni: 1 Recapiti: 0481 472311, www.comune.sancanziandisonzo.go.it


  

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COMUNE DI STARANZANO Abitanti: 7.292

(dati Anagrafe dic 2017 - gen 2018) nati: 8, deceduti: 11, immigrati: 63, emigrati: 61, matrimoni: 1 Recapiti: 0481 716911, www.comunedistaranzano.it

COMUNE DI RONCHI DEI LEGIONARI Dati: N.P.

   Le farmacie contrassegnate dal fondino arancione anticipano di un giorno le date di turno indicate. Le farmacie di Trieste iniziano e terminano i turni 2 giorni dopo rispetto alle date indicate

08-14

  

  

01-07 

25-31

18-24

11-17

  

04-10

AGOSTO

28-03

21-27

14-20

07-13

LUGLIO

Recapiti: 0481 477111, www.comuneronchi.it

  


M ST ON ED IZIO AR FA NE A N LCO C PE ZA NE ERCET NO - VGRIRVIE R LE FA 327 G R I - S ONORNGSANTE MIG 95|/2200 LIE 11028 AN CHIZNIAN1 CA I DAO OD D DI NZ EI ELEL IA LE FRFR N D GI IUIU ’IS ONALILI ON RI ZO

98 | maggio-giugno 2015 | 98 | marzo-aprile 2012 |

Pocitnice v naravi Poglej tukaj! Ne, pojdi na ta link

ra. ella nat!u n e z n a Vac uarda qua k - G questo lin a o N - , vai

Vacanse tala natura - Vara qua! - No va a sto link

Natur-Urlaub. - Hier, schau mal! - Nein, klicke auf diesen Link! Vacanze nella natura. Varda qua! No va a sto link Vacancis te nature. - Cjale chi! - No va a chest leam

Per le traduzioni si ringrazia: Irene Devetak (sloveno), Isa Dorigo - Regjon autonome FVG Servizi lenghis minoritariis (friulano), Andrea Coppola Università di Trieste (tedesco), Marianna Martinelli (bisiaco), Alessandro Samez (triestino).




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