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Tech& Ref it
TRIMESTRALE
CANTIERI AMICO & CO EFFICIENZA CERTIFICATA SEMIDEP CHANTIER LA CIOTAT TECNICA ALLUNGARE UNA BARCA QUANDO CONVIENE MATERIALI COMPATIBILITÀ NECESSARIA REFIT SCHEEPSWERE DIONE STAR HUMBER ST. ANDREWS BULLY SCUNARA NEW VAGABUNDA DESIGNER MATTEO PICCHIO 3 Abbonamento n. 1107 valido dal 22/03/2013 al 21/03/2014 - Licenza esclusiva a martino motti
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cantieri
La palazzina fronte mare in acciaio e vetro, di recente costruzione, affacciata sui bacini all’ingresso del porto di Genova, è la sede dei nuovi uffici del cantiere Amico & Co. L’ingegnere Pier Luigi Badano è il responsabile tecnico commerciale dell’area meccanica-motori.
Il cantiere Amico è già conosciutissimo tra la superyacht community. Oggi quali novità proponete al settore? Abbiamo recentemente sviluppato un nuovo reparto di meccanica con un’oficina interna completamente attrezzata che impiega personale dalla provata esperienza e conoscenza, coordinato da ingegneri come me (ero un progettista della Fincantieri e ho gestito un’oficina di rettiica) per la parte meccanica Alessandro Storace, Direttore Operativo del dipartimento, Alessandro Cenciarelli, Service Manager di linee d’assi per case come Berg, Ulstein, Lips, Kamewa e Escher-wyss , per la propulsione, e l’ Ing. Mario Filippi. Abbiamo raggiunto una metodologia di lavoro che permette di raggiungere elevatissimi standard di qualità certiicata, con la completa e costante tracciabilità delle
Pier Luigi Badano
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Alessandro Cenciarelli
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di Martino Motti
CANTIERE AMICO & CO L’EFFICIENZA CERTIFICATA
lavorazioni e del personale utilizzato.Tutto ciò, naturalmente, è utile anche per risolvere problemi meccanici che puntualmente si vengono a veriicare nei grossi lavori di reitting. Avere infatti la conoscenza e l’esperienza acquisita sul campo in decine di anni di lavoro è importante per mantenere alto il grado di precisione e di correttezza degli interventi meccanici. Altri cantieri come noi devono afidarsi a ditte esterne senza possibilità di veriica o di intervento. Riusciamo quindi a gestire in maniera completamente autonoma tutte le problematiche meccaniche e propulsive. Per i motori, per esempio, siamo diventati anche oficina autorizzata MTU, Caterpillar e Northern Light. Possiamo fare i service o grandi operazioni di manutenzione sui motori con personale nostro, addestrato ed aggiornato con una maggior garanzia sui tempi e sulla qualità del lavoro ed una maggiore eficienza economica. Abbiamo cominciato questo cammino nel 2008 con due motori. Quest’anAlessandro Storace Mario Filippi no ne abbiamo già lavorati 50, segno che la strada che abbiamo intrapreso è quella giusta. Operiamo anche con oficine esterne che coprono motori per i quali non abbiamo autorizzazione di service e che lavorano completamente gestite e controllate da noi. Nell’oficina di 900 metri quadrati, situata al piano terra di questo ediicio, abbiamo tornio, fresa, trapano a colonna, bareno e tutto ciò che può essere utile nelle lavorazioni di bordo, in completa autonomia. Il reparto meccanica impiega 10 persone più noi quattro al coordinamento e una “superassistente”, oltre alle ditte esterne. Siamo in grado di intervenire molto rapidamente in ogni periodo dell’anno anche su problematiche molto complesse. Ci occupiamo di tutta l’impiantistica e di tutti i macchinari di bordo, timonerie, stabilizzatori, valvole, passerelle, verricelli, argani, scale reali, portelloni, impianti idraulici, dissalatori, trattamento delle acque nere e grigie. Quali garanzie offrite in tema di tracciabilità e certificazione? La tracciabilità è uno dei concetti guida dei sistemi di qualità, come l’ISO9000. Noi aderiamo a questa metodologia di lavoro pur non essendo certiicati. La qualità e l’accuratezza delle lavorazioni non sono la garanzia di evitare possibili errori, ma è la tracciabilità che permette di trovare l’eventuale problema per poi risolverlo. Nel tempo questo ha portato a una selezione del personale, dei fornitori e delle metodologie per arrivare ad un livello qualitativo ottimale. In più questa traccia, che rimane agli atti, permette anche di ripercorrere i lussi di lavoro in interventi simili, con evidente risparmio di tempo e una maggior precisione sulla preventivazione dei costi e sul lavoro stesso. Le nostre speciiche di preventivazione sono dettagliate e puntuali. Questo rassicura e tranquillizza la committenza ed evita sorprese in corso d’opera. Le nostre lavorazioni sui motori, per esempio, sono codiicate e certiicate, a tutto vantaggio delle compagnie di classiicazione che ricevono la completa documentazione. Al varo della barca consegniamo un dossier, sia cartaceo che digitale, che racchiude la “storia” della lavorazione eseguita con tutti i certiicati emessi. Qual è l’aspetto più rappresentativo ed esemplificativo fra i vostri interventi? Con una battuta potrei dire che quello che abbiamo fatto di più eclatante in questi ultimi anni è l’incremento dell’eficienza e la messa a punto dell’organizzazione del nostro lavoro. Per citare interventi veri e propri, invece, quelli di grossa entità portati a termine da quando è nato
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Simona Malatesta
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il cantiere più di 20 anni fa sono davvero numerosi: ultimamente, in particolare, quello sulla “Croce del Sud”, pur non essendo stato eccezionalmente complesso, è importante perché la sala macchine è stata completamente demolita e ricostruita, e diventa assolutamente rilevante quando tutte le lavorazioni vengono effettuate da maestranze qualiicate interne al cantiere, anche per quanto riguarda le lavorazioni meccaniche, appunto, e da ditte esterne che hanno sede nel cantiere e sono collegate ad Amico con rapporti di esclusiva o di cooperazione continua. La nostra eccellenza non sta solo nell’importanza degli interventi effettuati, ma anche nella qualità totale delle lavorazioni e nella tipologia dei lussi di lavoro che abbiamo adottato, cioè nella “normalità” degli interventi eseguiti a regola d’arte. Per esempio i diversi reparti, meccanica, falegnameria, impianti elettrici, manovra e logistica hanno adottato tute da lavoro di colori diversi, così da essere immediatamente identiicati anche dagli equipaggi degli yacht. Alessandro Cenciarelli si occupa di propulsione. Che problemi siete in grado di risolvere in questo campo? Le attività inerenti la propulsione ino a circa cinque anni fa venivano gestite con distacco e con un po’ di paura perché per poterle trattare è necessaria un’esperienza speciica che si matura sul campo. Dopo 43 anni di lavoro, posso dire di averla acquisita. Opero a stretto contatto con Badano, con il quale ci siamo divisi le competenze. In questi anni stiamo istruendo il personale sul tipo, sulle metodiche e sulla qualità di lavoro da eseguire, come per esempio per le linee d’assi si richiede un’alta professionalità per evitare danni anche gravi. Negli ultimi cinque anni, da quando abbiamo costruito il reparto, non abbiamo avuto mai nessun problema. Ultimamente i lavori effettuati su “Moneikos”, “Burkut”, “Parsifal” e “Jasali” sono stati davvero importanti sia in termini di tipologia che di precisione: siamo andati a ricontrollare l’allineamento originale delle linee d’assi (lunghi anche 10 o 12 metri) e dei supporti e l’abbiamo corretto con una precisione dei valori dell’ordine di 5 centesimi di millimetro. A seguire abbiamo anche allineato i motori agli assi rettiicati, ed è stato di nuovo un lavoro di una complessità notevole: bisogna sollevare questi motori dal peso di parecchie tonnellate una volta liberati da tutti i collegamenti e tubazioni, demolire i basamenti e, con un sistema di doppi comparatori, allinearli al centesimo di millimetro. Successivamente viene rifatto il basamento con il cosiddetto “chockfast”, una resina particolarmente resistente e rimontati i motori. Precisione, accuratezza delle lavorazioni, tracciabilità degli interventi e certiicazione del nostro operato sono diventati davvero un punto di orgoglio dell’azienda. Riuscite a trasmettere alle nuove generazioni la vostra esperienza? Alberto Amico ha sempre investito e si è sempre prodigato afinché i giovani fossero afiancati nei diversi reparti in modo da imparare le diverse arti che ruotano intorno alle lavorazioni navali. È fondamentale non disperdere una conoscenza costruita nel tempo e con fatica.
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cantieri
Cantiere Amico & Co L’eicienza certiicata
Filippo Censi Buffarini, direttore tecnico e commerciale, ci parli della pitturazione, un fiore all’occhiello di Amico & Co… Amico è associato e fondatore di Icomia, International Council of Marine Industry Associations e naturalmente ne ha recepito gli standard e le regolamentazioni scritte e decise da tutti i fondatori, non solo per la pitturazione ma anche per la contrattualistica. Gli standard relativi alla pitturazione sono fondamentali per evitare contestazioni alla consegna. Noi garantiamo per contratto un livello di brillantezza supericiale di 93 unit gloss contro i 90 richiesti da Icomia. Abbiamo adeguato i capannoni condizionati per la pitturazione alle dimensioni sempre più importanti degli yacht con un innalzamento e allungamento delle strutture: possiamo così ospitare al coperto barche ino a 60 metri, movimentate dal travel lift da 835 tonnellate. In meno di 24 ore siamo in grado di alare una barca di 60 metri, inserirla nel capannone, taccarla e iniziare il lavoro. Siamo anche partner di cantieri costruttori e possiamo quindi effettuare le garanzie per i più importanti cantieri costruttori. Attualmente abbiamo già in lavorazione otto barche sopra i 60 metri. La pitturazione è curata da due soggetti partner attivi in cantiere e che lavorano in esclusiva per noi da 20 anni. Quando sarà operativo il nuovo bacino, di cui si parla molto? È in preparazione in questi mesi. Lo stiamo costruendo al posto del canale di calma nella nostra marina. Sarà lungo 102 metri e sarà ultimato nel marzo 2014. La copertura telescopica sarà simile a quella dell’attuale bacino dell’Ente Bacini che stiamo utilizzando oggi e sarà pronta ad ottobre 2014. Quali sono i numeri di Amico & Co? La stagione 2012/2013 ci ha visti impegnati su 100 progetti di riparazione e reitting, un numero chiaramente in crescita rispetto agli anni passati; il 45% dei progetti ha riguardato yacht fra i 40 e i 60 metri di lunghezza, il 17% degli yacht su cui abbiamo lavorato erano oltre i 60 metri di lunghezza, numero che è raddoppiato rispetto alla stagione precedente. Amico & Co srl,Via dei Pescatori, 16128 Genova,Tel: +39 010 2470067, Fax: +39 010 2470552, Email: amico.yard@amicoshipyard.com, www.amicoshipyard.com
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DIONEStar di Martino Motti 34 Abbonamento n. 1107 valido dal 22/03/2013 al 21/03/2014 - Licenza esclusiva a martino motti
“Dione Star”, ketch bermudiano di 38 metri, nato come Colombaio Star nel 1991 presso i cantieri olandesi Scheepswere e disegnato dallo studio Diana Yacht Design di Amsterdam, dopo aver terminato la sua vita lavorativa di barca da charter nei Caraibi, viene venduta all’attuale armatore che decide nel 2011 di refittare la barca durante la sua prima crociera in Turchia e Grecia.
llora la barca era attrezzata a motor-motor-sailer con due avvolgi-randa e due avvogi-iocco ed una attrezzatura piuttosto scarna e sottodimensionata. La storia del reitting di questa bella barca parte a Rodi, in Grecia, quando a seguito della perdita della vela di mezzana e dello yenkee, il suo armatore cerca un tecnico in grado di sistemare la velatura e i numerosi problemi a bordo. La persona che prende l’impegno di rimettere in sesto la parte velica è Luca Repetto, noto velista oceanico (2 Whitbread, 5 campionati del mondo, oro ad un europeo, due italiani e una Fastnet, ha timonato Gatorade e Charles Jourdan).
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Luca accetta poi anche di aiutare l’equipaggio a tornare in Italia a vela; infatti il motore, poco afidabile, smette di funzionare appena dopo la partenza. Una burrasca 8-9 costringe “Dione Star” a portare al limite le proprie capacità veliche, ma permette a Repetto di scoprire le sue potenzialità. Arrivati a Genova l’armatore dà mandato a Repetto di trovare cantiere e project manager e di redigere un capitolato lavori. La scelta del cantiere cade su MYS di Genova, attivo nel mondo dei superyacht. Lo studio interno di architettura BB Archyacht di Antonio e Nicola Bettuelli eseguono la progettazione e seguono i lavori, mentre lo stesso Repetto viene confermato come project manager dell’armatore e l’ing. Alessandro Cosini è il responsabile di produzione del cantiere. Tutte le ditte e le maestranze scelte (per un totale di circa 500 addetti) sono genovesi per garantire la massima presenza a bordo e si sono interfacciate settimanalmente per poter organizzare il lavoro al meglio. Il 14 aprile 2012 la barca viene alata a Genova con consegna prevista il gennaio successivo. Inizialmente il reitting doveva toccare solo una parte degli interni (una o due cabine), la zona equipaggio (creazione di due bagni) e l’ottimizzazione del piano velico. Ma a settembre 2012, a lavori quasi ultimati e con i molti desiderata dell’armatore, nasce per scherzo l’idea di allungare la barca: idea che stupisce ma piace moltissimo alla proprietà che si sentiva un po’ stretta negli originali 38 metri. Parte così la seconda fase, riguardante un allungamento forse mai fatto prima: tagliare la nave nel suo baglio massimo ed inserire una nuova sezione di 4,5 metri costruita a parte. Nella progettazione del taglio e dell’allungamento viene coinvolto anche lo studio Diana di Amsterdam, che fornisce anche i piani originali del progetto. Dopo il taglio vengono separati i due scai ed allineate perfettamente le linee; per questa delicata operazione è stato utilizzato un sistema di rilievo laser e scansionati 1,5 milioni di punti dello scafo. Gli originali 3 cm di scostamento destrorso dello scafo, dopo l’allungamento si sono ridotti a soli 1,5; un risultato
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eccezionale. Da cosa nasce cosa ed è così che l’armatore chiede agli architetti Bettuelli di rifare completamente interni ed esterni tenendo solo una parte della zona equipaggio ed una cabina come memoria storica. Lo scafo, la coperta, il capodibanda, cabina e bagno comandante sono rimasti originali insieme a qualche struttura interna, alle inestrature e agli alberi. La plancia di comando, originariamente sul ponte principale, per far spazio all’ampio salone viene spostata sul ponte superiore all’interno di un cassero inestrato, creato sullo stesso stile del ponte inferiore. All’esterno viene creata una comoda zona living a poppa, coperta da una tettoia in carbonio, rivista la zona pranzo verso prua e resa trasformabile in living o prendisole. Viene anche creata una nuova zona prendisole nella porzione di prua del ponte superiore. Nuovi materiali e colori fanno la loro comparsa a bordo: betulla sbiancata per il corridoio del ponte cabine, bambù levigato per la cabina armatoriale, mogano trattato lucido per alcune cabine, pietra per i bagni. Con l’intento di potenziare la velatura, si procede alla sostituzione dei rulla-randa con vele steccate inferite su carrelli e boma a park avenue; l’albero di mezzana viene anche dotato di vang idraulico. I boma vengono allungati per mantenere la stessa altezza degli alberi e rispettare il piano velico tradizionale con due rande, yenkee e trinchetta, grande gennaker da 670 mq e una staysail rullabile da 170 mq da issare tra i due alberi. Oggi la barca è attrezzata interamente Harken, eccetto alcuni winch 650 Lewmar originali. Le rande sono Doyle Stratis laminate in Nuova Zelanda in taftà di dacron all’esterno e kevlar-carbonio all’interno, dall’aspetto tradizionale ma estremamente tecnologiche. Lo scottame è tutto Gottifredi Mafioli derivato da quello di Coppa America e con calze personalizzate sui colori dello stemma della famiglia dell’armatore. L’obbiettivo di Repetto è stato quello di creare un piano velico capace di rendere al massimo sulle andature costanti, come gli alisei o i monsoni, quando quasi mai è necessario stringere molto di bolina o allargare alla poppa. Con 15/25 nodi di vento Dione Star può coprire almeno 250 miglia al giorno, ovvero attraversare l’Atlantico in 10 giorni. Alla prima uscita a vela con 17 nodi costanti di vento la barca ha toccato i 10 nodi. Il Dione Star è stato reittato ed iscritto in classe Charter, Croce di Malta e Lloyd A100, anche se la proprietà intende utilizzarlo solo personalmente.
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Come si presenta oggi Gli architetti Antonio e Nicola Bettuelli di BB Archyacht, studio di architettura interno al cantiere MYS, con un intenso lavoro di rilievo, disegno al CAD e modellazione 3D hanno progettato ogni minimo particolare della nave. Il salone, situato dove originariamente era sistemata la plancia di comando, costituisce la zona che ha subito proprio l’allungamento strutturale di 4,5 metri. La inestratura rivolta a prua è ancora quella originale, numerose inestre rettangolari corrono lungo le pareti laterali. L’ambiente, molto ampio, è suddiviso in due zone distinte da una doppia libreria che ospita una ricca collezione di libri dell’armatore (volumi che trovano posto anche in nicchie ricavate alla base di ogni inestra). Verso prua un pianoforte occupa un lato, al centro
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si trova la scala che porta alla zona notte, mentre a sinistra è ricavato un grande divano futon. Nella zona centrale del salone due importanti divani creano una eccezionale zona conviviale. I divani, le pareti e le modanature dei sofitti sono in essenza di betulla sbiancata, i pannelli sono in tessuto a grana grossa, mentre altri elementi sono in legno dalla tonalità più scura oppure in pelle beige. L’atmosfera generale risulta molto calda e accogliente e ben si sposa, giocando a contrasto, con i colori del mare. Oltre la libreria due tavoli in legno nascondono supporti Besenzoni e possono ruotare su loro stessi per essere uniti con apposite prolunghe e diventare un unico grande tavolo. I tavoli sono in legno intarsiato con motivi a scacchiera, apribili indipendentemente per trasformarsi in tavoli pranzo di dimensioni medie. Il pavimento della zona pranzo, a differenza di quello del salone che è coperto in moquette crema, è in teak trasversale con motivi a losanga. Alle pareti pannelli ospitano opere create appositamente dal padre dell’armatore, presenti anche nelle cabine e nel corridoio. A poppavia della zona pranzo un locale cucina è dedicato alla preparazione inale dei piatti. Dalla parte opposta un piccolo vano ospita il portavivande che collega i diversi ponti. Oltre la cucina suddetta una scala porta alla plancia di comando, mentre proseguendo ci si inoltra nei locali dell’equipaggio, dapprima attraverso la sala pranzo e giorno e poi alle cabine; di qui anche l’accesso alla cucina vera e propria e alla sala macchine, ricca di impianti e occupata quasi interamente dal propulsore Baudouin da lavoro da 550 cavalli e dal generatore principale da 85 kW Kohler a 6 cilindri. Passiamo alla zona notte: il corridoio è arricchito dal ponte originale in teak che era montato in coperta, opportunamente smontato e restaurato a regola d’arte con un effetto decisamente interessante anche perché in contrasto cromatico con le pareti e il sofitto in legno di betulla sbiancato. Le cabine si aprono ai lati: due doppie identiche a letti afiancati con proprio bagno. Qui il legno del mobilio è di mogano in tonalità scura trattato lucido, numerosi armadi e stipetti sono ricavati ovunque. I bagni, tutti molto simili tra loro, hanno pavimenti e pareti, piani dei lavelli e piani doccia in pietra trattata grezza color crema, mentre la struttura in legno del mobilio è laccata crema e rifatta sullo stile originario della barca. I box doccia dalle antine in plexiglass sono spaziosi e posseggono un elemento di interesse in più: i doccioni dal grande diametro sono in acciaio forato e lavorato per creare un effetto doccia a cascata e non a pressione come quelli moderni. L’armatore ne ha scovati alcuni in Argentina e li ha fatti arrivare appositamente per il “Dione Star.” Molti degli elementi portasciugamani, portarotolo o tientibene sono d’epoca, trovati dall’armatore e cromati prima del montaggio; infatti non ce n’è uno uguale all’altro. A seguire, una cabina matrimoniale con letto longitudinale completamente realizzata in legno di bambù dalla tonalità molto luminosa; il suo bagno è anch’esso dotato di box doccia. Di fronte a questa cabina è presente un comodo day toilet con box doccia. Ancora oltre si trova la cabina VIP, costituita da due ambienti separabili da pareti scorrevoli. All’ingresso un divano trasformabile in letto e a seguire il letto matrimoniale. Anche la VIP è in bambù. Tra cabina e bagno è stata ricavata un’armadiatura e una cabina armadio con luce. Oltre ancora una cabina matrimoniale, occupata dall’armatore durante
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i lavori, completamente in legno laccato bianco. Proseguendo troviamo una serie di frigoriferi e congelatori e la cucina vera e propria, stretta e lunga. Una porta stagna permette un secondo accesso alla sala macchine. All’esterno a prua la dimensione importante della barca permette di sistemare due importanti tender su selle, mentre due moto d’acqua sono alloggiate, in maniera molto intelligente, in due vani chiusi da portelloni in carbonio (le due vasche si possono allagare per diventare piccole piscine). Un grosso e potente verricello arreda l’estrema prua, giusto a proravia dello strallo con avvolgi-iocco idraulico. A poppa una zona salotto/pranzo, coperta da un hard top in carbonio, arreda pressoché in maniera totale il ponte: un divano a U contorna due tavoli apribili in legno, alcuni gradini portano sul ponte superiore dove si trova la plancia di comando. La bella ruota del timone in legno occupa la parte centrale, mentre moderni monitor e strumenti sono inseriti nei piani della plancia. Particolarità della strumentazione sono i 2 sonar Furuno da 2,5 miglia di portata con funzione di allarme avvicinamento, con structure scan per visualizzare con precisione le “pass” tropicali. Proseguendo verso prua ci si imbatte in una zona molto interessante e scenica: all’interno di una murata interrotta da due passaggi laterali sono ricavati divani ai lati e due tavoli in legno quadrati con apertura a spicchi che permettono di giocare con le combinazioni offerte dalle forme e dalle dimensioni a seconda del numero di ospiti. Abbassando i tavoli al livello dei divani ed aggiungendo apposite cuscinerie è possibile ricavare una unica zona solarium protetta. Il ponte, in teak come il resto della barca, è libero ed utilizzabile come si vuole: è proprio qui che si trova l’albero di maestra con l’imponente boma a park avenue. Come ulteriore utile accessorio è montabile anche una sorta di coffa che può salire, correndo su guide, ino alla terza crocetta con funzione di avvistamento e che può essere svincolata dall’albero per poter raggiungerne la testa per operazioni di manutenzione. La poppa ha subito una modiica allo specchio, originariamente ad angolo negativo, al quale è stato aggiunto circa un metro e mezzo di scafo in modo da farlo diventare positivo; un portellone crea un’ampia spiaggetta e chiude un lazzaretto. Tutta questa nuova zona è in carbonio per ridurre il peso aggiunto. A metà settembre 2013 la barca è salpata per la sua crociera inaugurale, un risultato considerevole sia per i tempi che per la qualità del reitting.
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SCHEDA TACNICA Lunghezza f.t.: m 44,00 – larghezza: m 8,20 – pescaggio: m 3,60 – Cantiere: Scheepswere 1991 – Reitting: 2000, 2009, 2012/2013 – armo: ketch bermudiano - Generatori: 2x85 kW + 16 kW di emergenza – Classe: Lloyd A100, Charter, Croce di Malta – Motore: Baudouin HP 550 – Serbatoio acqua: litri 9.500 – Serbatoio gasolio: litri 21.000 – Autonomia: miglia 3.000 - Velocità crociera: nodi 10/12 – Dissalatore: litri/giorno 10.000 – Scafo: acciaio - Sovrastrutture: alluminio e carbonio.
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HumberBULLY St Andrews Bully fu varato nel 1965 dai Cantieri Humber St Andrews Ltd, in Inghilterra, per conto della Marina Militare Inglese. Venne varato con il nome di Motorman che gli rimase fino al 1984 quando venne rinominato Anglianman, nel 1988 Clevelandman e nel 1989 ETA of Lowestoft. 42 Abbonamento n. 1107 valido dal 22/03/2013 al 21/03/2014 - Licenza esclusiva a martino motti
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ra un rimorchiatore di spinta e salvataggio lungo 27 metri con struttura in acciaio saldato, propulsione bielica afidata a due possenti Lister Blackstone da 396 HP a soli 700 giri/minuto e con due timoni, l’ultimo lavoro fu il traino di grandi reti di allevamento dei tonni in alto mare. Silvio Caracci della ditta ETA srl lo acquistò nel 2003 dopo una lunga ricerca presso cantieri in Inghilterra, Norvegia, Francia e Spagna e lo trasferì a Fiumicino, vicino a Roma, dove venne trasformato in yacht (come anche D.P. Monitor, Loyal Suppor ter, Mastiff, Don Giovanni, Capo Testa, Wilhelm Walforss) con un primo reitting totale, por tato avanti dal cantiere Java Shipping. Il restauro fu ar ticolato in tre distinte fasi: la prima riguardò la meccanica, lo scafo e la sostituzione delle sovrastrutture con una nuova tuga. La seconda fase toccò la sala macchine, la sostituzione dell’impianto elettrico e l’implementazione dell’impianto di aria condizionata. Furono inoltre installati nuovi apparati di navigazione e comunicazione, un nuovo generatore con revisione di quelli presenti e una gru per il nuovo tender. La terza fase, inine, vide la trasformazione degli interni per ricavare 3 cabine e 3 bagni (1 armatoriale e 2 per gli ospiti), un salone, una sala da pranzo, una cucina e un quar tiere equipaggio totalmente autonomo. Gli interni vennero realizzati interamente in teak e con elementi in tessuto pregiato. Una pesante trasformazione fu data agli esterni con la pontatura in teak, la creazione di una nuova zona prendisole a poppa, una zona “dining” esterna e con la costruzione di un secondo ponte dedicato all’alloggiamento dei “toys”. Il restauro durò ben 18 mesi. Il nuovo passaggio di proprietà e il trascorrere degli anni richiesero la necessità di ristrutturare nuovamente l’imbarcazione. I lavori presso il cantiere Mondomarine di Savona sono iniziati nel 2010. L’armatore, nell’intenzione di utilizzare l’imbarcazione solo ad uso privato nel Kuwait, ha chiesto la progettazione e la ricostruzione della barca secondo le ultime direttive di classe Rina e Lloyd, intuendone l’impor tanza in caso di futura vendita, senza chiederne la relativa classiicazione. L’operazione di reit è stat gestita dalla Matrix Marine sarl di Montecarlo. La barca, rinominata Bully, non era proprio in ottimo stato e gli ambienti non piacevano all’armatore perché sentiti angusti ed opprimenti. La dificoltà di reittare una barca di questo genere è proprio quella dell’organizzazione degli ambienti e dello sfruttamento degli spazi, nonché quella tecnica, per esempio, di montare una coibentazione di isolamento, totalmente assente allo stato di fatto. Il mobilio presente era incollato direttamente sulle lamiere, par ticolare completamente incompatibile con la necessità di utilizzare la barca in zone calde. Il rimorchiatore è stato quindi smontato e svuotato totalmente per dare la possibilità all’ing. Edoardo Tonani di ET Yacht Design, di studiare tutte le soluzioni estetiche, stilistiche e tecniche del reitting. Lo scafo è rimasto in lamiera di acciaio saldato da 12 ino a 14 millimetri con una fascia chiodata posta sotto il capo di banda; il suo restauro ha visto
di Martino Motti
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E
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una leggera stuccatura ed una verniciatura a spruzzo che lascia in par te intuire la tipologia delle lavorazioni. La volontà dell’armatore era quella di reittare la barca secondo i suoi gusti senza però andare a modiicarne troppo l’essenza così rude e marinara. L’esigenza di aumentare lo spazio interno ed esterno è sfociata quindi nella scelta di creare un allungamento del ponte superiore verso poppa per ricavare una grande terrazza, aumentare le dimensioni della cabina armatore e quindi allargare la zona sottostante. Questo allungamento è stato il lavoro strutturale più impor tante anche per le problematiche legate alla variazione dell’assetto e delle masse. Non meno rilevante è stata anche la sostituzione di due paratie interne, compresa quella stagna di prua della cala catena oramai troppo logora. Lo scafo, in generale in buono stato, ha visto, in un intervento piuttosto delicato, il raddrizzamento e la sostituzione di alcune lamiere delle iancate, deformate probabilmente da un for te ur to. Per ingentilire l’estetica sia il main deck che l’upper deck sono stati completamente pontati in teak con la totale sostituzione delle par ti già presenti. Il ponte superiore ospita la timoneria nella sua posizione originale, un bagno e la cabina dell’armatore con grande terrazza esterna. Per ottimizzare e sfruttare meglio gli spazi interni l’armatore ha chiesto di eliminare l’esistente scala interna e crearne una nuova all’esterno, come unica via tra i ponti. La sala macchine, ambiente decisamente affascinante in questo tipo di imbarcazioni, ha visto un restauro globale e profondo che ha tolto non poche energie ai progettisti ed alle maestranze al lavoro. I motori Lister Blackstone sono stati smontati pezzo per pezzo (testate, pistoni, cilindri, assi a camme etc), revisionati ad ore zero e rimontati: questo genere di motori da lavoro ha la capacità di funzionare per decine di migliaia di ore con un’afidabilità impressionante, cosa che i motori moderni non possono fare; per questo è conveniente (non in termini economici) un loro profondo restauro. Una delle problematiche inerenti la sala macchine che i tecnici si sono trovati ad affrontare è stata quella di adeguare e quindi ilettare con passo anglosassone tutte le linee di collegamento ai motori, proprio per l’intenzione di non stravolgere l’originalità dell’impianto. Nella stessa ottica il vecchio sistema di comando a cardani per azionare motori ed inver titori, seppur affascinante, è stato sostituito da cavi ed attuatori elettrici, più moderni e pratici, mantenendo però le due colonnine di comando in plancia, oppor tunamente revisionate e modiicate con l’aggiunta di potenziometri all’interno. Il telegrafo di macchina è stato restaurato mantenendo la possibilità di azionamento anche direttamente in sala macchine. Quando sono stati smontati gli assi por taelica i tecnici si sono accor ti che quello di sinistra era in due pezzi e langiato; così
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è stato necessario costruirne uno nuovo, operazione delicata visto il notevole diametro di 165mm. Questo lavoro, a detta degli ingegneri, poteva forse essere evitato, ma l’armatore, per la volontà di far eseguire il restauro nel miglior modo possibile, ne ha chiesto la sostituzione. Le eliche a quattro pale erano in buono stato tranne che per qualche sbeccatura, sistemata a regola d’ar te dalla Detra di Genova. Naturalmente, nell’ottica di ottimizzare funzionalità, disposizione e limitare il più possibile il consumo di spazio utile, sono stati riprogettati secondo criteri più moderni e sostituiti tutti gli impianti idraulici di acqua dolce, acqua salata e acque di scarico, le linee del gasolio e dell’olio e gli apparati connessi. La sala macchine risulta così completamente nuova e rifatta secondo lo stile originario. L’intero impianto elettrico, non più a norma, ha dovuto subire una radicale trasformazione e sostituzione, compresi i generatori, le linee, i quadri e sottoquadri e la centralina del condizionamento. Il nuovo impianto di aria condizionata, fancoil compresi, paragonabile a quello di una barca di 50 metri, è adatto alle severe condizioni climatiche in cui si troverà a vivere la nave, 18° interni, 40° esterni e 100% umidità. Sono stati montati due generatori alternati trifase ed anche nuovi compressori (un elettro-compressore di servizio ed un moto-compressore di emergenza) per l’aria compressa destinata all’avviamento dei propulsori. I serbatoi, la cassa di gasolio giornaliero e i serbatoi per l’olio degli astucci di tenuta degli assi por taelica sono rimasti esattamente nello stesso posto; non è stato infatti possibile spostarli altrove per non modiicarne il delicato equilibrio in quanto i motori lavorano con alimentazione a caduta e la loro posizione era già quella ottimale. La struttura che ospita la cassa giornaliera, situata al centro nel pozzetto, è stata dissimulata in una sor ta di piano di lavoro e d’appoggio che accompagna il tavolo pranzo. Alcune antine nascondono un vano in cui riporre attrezzature da pesca, mentre un fabbricatore di ghiaccio in scaglie è posizionato all’interno in un piccolo locale tecnico. Tra gli organi meccanici che hanno subito una completa revisione non è stato tralasciato nemmeno il possente salpa-ancore idraulico di prua. La plancia di comando, ospitata nella sua tuga originale, è stata ristrutturata mantenendo la disposizione degli elementi ma cambiando completamente rivestimenti, apparati ed impianti. Solo le due colonnine con i telegrai di macchina sono rimaste in bella vista ed in uso. Un mobile che segue la curvatura della tuga contiene tutta la strumentazione per la navigazione e la gestione della barca. Per quanto riguarda le apparecchiature elettroniche di sicurezza e navigazione l’armatore ha scelto il meglio che si possa trovare oggi, compresa la navigazione 3D, strumentazione che normalmente si trova su navi da 40 o 50 metri. All’interno gli ambienti non sono mai troppo ampi e lo sforzo del cantiere è stato anche quello di progettare colori e volumi che li facessero sembrare più grandi e meno angusti. Nel ponte principale un salottino inestrato con un comodo divano a U che segue la forma arrotondata della tuga rappresenta un esempio di alta ebanisteria per la lavorazione del legno ine ed intelligente. L’ambiente è raccolto ed intimo, elegante e marino al tempo stesso. Nel salotto non esiste una zona pranzo, pensata e ricavata invece all’esterno, sul main deck. Adiacente al salotto è stato ricavato un day toilet ad uso degli ospiti. Al centro dell’ambiente un por tello a pavimento si spalanca per permettere l’accesso alla zona notte, attraverso
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una comoda scala. Due cabine ospiti a due letti afiancati, simili per estetica e dimensioni ma opposte nella disposizione, hanno ognuna il proprio bagno. La initura dell’ambiente è caratterizzata da una preponderante percentuale di legno di teak decapato mentre il resto è rivestito in pelle. La cucina, ingrandita e completamente rinnovata negli arredi rispetto all’originale, è collegata all’esterno attraverso una porta stagna creata appositamente. E’ dotata di un frigo domestico e di un freezer, mentre un bancone con grande frigorifero industriale custom è all’esterno nel pozzetto. Tra i lavori di initura di pregio si può parlare del restauro degli oblò, restaurati o rifatti ex novo in acciaio inox sul modello degli originali. La zona marinai che presenta le stesse initure e materiali del resto dello yacht, è organizzata con tre letti, di cui uno sollevabile, e un bagno con doccia. L’ottima manovrabilità, la robustezza e l’afidabilità lo rendono oggi eccezionale anche come yacht di lusso, perino dopo quasi 50 anni.
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SCHEDA TECNICA Lunghezza f.t.: m 27,05 – larghezza: m 7,01 – pescaggio: m 2,634 – Dislocamento: kg 222.000 - Cantiere: Humber St Andrews Ltd 1965 – Reitting: 2003/2004, 2012/2013 – Tipo: rimorchiatore da spinta e salvataggio Generatori: 2 x Onan 50 kw – Compressori: 1 elettrico Atlas Copco e 1 diesel per emergenza per riempimento bombole avviamento motori principali – Trattamento acque: Alfa Laval Mib 303 – Classe: Rina e LLoyd – Motore: Lister Blackstone da 396 HP, 700 giri/ minuto – Serbatoio acqua: litri 22.400 – Serbatoio acque nere e grigie: litri 4.800 - Serbatoio gasolio: litri 24.000 – Autonomia: miglia 2.400 - Velocità massima: nodi 12 - Velocità crociera: nodi 9,6 – Dissalatore: Idromar solo per acqua dolce lavaggio ponte in serbatoio separato – Scafo: acciaio Sovrastrutture: acciaio – Tender : Williams 505 - Bandiera: Kuwait – Elettronica: per navigazione Furuno e Hatteland, Simrad, Navtex, T&T; per sistema TV Seatel TVSAT e Samsung; Audio Denon
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Vagabunda
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di Martino Motti - foto di M. M. New Vagabunda e Massimo Sella
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Giugno 2012: il “New Vagabunda” entra nel porticciolo di Rovinj, in Croazia. Un uomo di 87 anni vive ancora nel borgo, il suo nome è Francesco Budicin, detto “Zef”, colui che, dal 1940 al 1942, poco più che quattordicenne, lavorò alla sua costruzione. Tanti i ricordi che scorrono nella sua mente. ttraverso il iglio Marino ci racconta che, terminata la scuola media professionale per carpenteria in legno, nel 1940 si impiegò nello squero Deterni, situato nella zona chiamata “Preîmi tàreni” o “primi terreni” a sud dell’abitato di Rovinj. Francesco lavorò sempre nello squero, ino al pensionamento agli inzi degli anni ‘80. La sua mansione era carpentiere in legno, specializzato anche nel mestiere di calafato e maestro d’ascia. Privatamente, nel corso della sua vita si dedicò anche alla costruzione di “batane”, le tipiche barche della costiera rovignese, costruendone circa un’ottantina; costruì l’ultima nel 2004 per documentare ed arricchire il nascente Ecomuseo della Batana di Rovinj. Francesco Budicin ci riporta che, quando iniziò a lavorare nel cantiere, sullo scalo si trovava già lo scheletro impostato di una “scunara”, la cui costruzione era iniziata probabilmente un anno prima: era proprio il “New Vagabunda”! Il primo committente cadde in crisi inanziaria, poi ci fu l’inizio della guerra e i nuovi committenti ed il proprietario del cantiere di allora non riuscirono a stringere i necessari accordi. Quindi ci volle molto tempo per completare la costruzione, ino al varo nel 1942. Nelle foto d’epoca che ci ha mandato il sig Budicin (scattate da Massimo Sella, allora Direttore dell’Istituto di Biologia Marina di Rovigno e fornite dalla iglia Selina Sella) si vede lo scheletro sullo squero da prua e da poppa con i carpentieri che vi lavorano, ma è dificile dire se uno di loro fosse proprio il giovane Francesco. Rovinio, così si chiamava allora in italiano, faceva parte dello Stato Italiano, così come tutta quella porzione di Istria e di Croazia ino a Zara. Rovinio era rinomata proprio per i cantieri navali e per le maestranze nautiche, gli “squeri”, ossia i manutentori di imbarcazioni. Il cantiere Deterni o Deternovaz, forse il più importante, era specializzato nella costruzione di grosse navi da pesca e da carico secondo i disegni tradizionali e le linee d’acqua dettate da una esperienza secolare per ottenere carene molto marine e robuste. Oggi il cantiere 51 Abbonamento n. 1107 valido dal 22/03/2013 al 21/03/2014 - Licenza esclusiva a martino motti
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A
Deterni, oramai inglobato nella cittadina, attende una nuova gestione per riaprire e tornare in attività. “New Vagabunda” (il nome al varo è andato perso) fu varata come nave da carico pesante per fare la spola tra le città rivierasche ino a Trieste. È per questo che la sua costruzione è incredibilmente robusta: lo scafo, infatti, è realizzato in mogano con doppio fasciame dello spessore totale di 16 centimetri. Una visita nella sala macchine, zeppa di attrezzature e apparati, o nelle sentine rivela una chiglia in legno lamellare dello spessore di ben 120 centimetri, rara da trovare, e madieri e paramezzali di dimensioni tali da giustiicarne l’utilizzo da carico. Le tecniche costruttive di allora erano ancora piuttosto arretrate: piegatura a fuoco o per bollitura del legname, foratura a mano, taglio manuale, lavorazioni ad ascia e calafatatura tradizionale. Solo più tardi arrivarono trapani, seghe meccaniche e curvatura in autoclave. Dopo più di trent’anni di pesante lavoro in mare, una contessa italiana vide la barca semiabbandonata e se ne innamorò. Tuttavia, dopo averla acquistata, si rese conto che ci sarebbero volute ingenti spese per rimetterla in mare. Così la vendette ad un industriale italiano. Il nuovo armatore profuse enormi somme per restaurarla. Era il 1974 o il 1975 quando nei cantieri di Fiumicino vennero eseguiti i primi approssimativi lavori, fu poi portata a Viareggio. Ai cantieri Lusben Craft, con manovalanze esterne e con la supervisione ed appoggio dell’Ing. Nicodemo Picchiotti (degli omonimi cantieri), viene impostata la nave così come la vediamo oggi, con la stessa compartimentazione interna, sontuosità ed eleganza. L’anno successivo entrò di nuovo in cantiere, a Porto Ercole, nei cantieri Sabatini dove vennero eseguiti interventi radicali sul fasciame e sul timone, e la ri-motorizzazione con due unità Volvo Penta. L’armatore ordinò lavorazioni all’avanguardia anche nella tecnologia di bordo. Furono montate eliche a passo variabile ed anche uno dei primi GPS, strumento allora pressoché sconosciuto; per la strumentazione di bordo furono scelti modelli aereonautici (si dice che l’armatore volesse poter chiamare la barca dal suo aereo privato). Successivamente altre innovazioni estreme furono introdotte: la prima passerella idrauli-
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ca a scomparsa totale, uno dei primi computer, l’IBM 510 (30 milioni il costo di allora, una mercedes costava la metà) ed un sistema di videosorveglianza a circuito chiuso. Poco dopo toccò alla chiglia subire interventi di manutenzione sostituzione, mentre venne intagliata la polena. Furono nel contempo motorizzate tutte le manovre correnti, compreso l’avvolgiiocco, cosicché solo una o due persone potessero portare la barca (l’easy sail venne inventato proprio dall’armatore). L’ingente costo di gestione di 400/450 milioni di lire all’anno era ripagato con il noleggio. Negli anni ‘80 la barca venne venduta ad un campione di F1, Keke Rosberg, che però non la curò come meritava. Successivamente passò quindi all’armatore attuale, Silvano Locatelli, bresciano, che da 18 anni vive la barca intensamente e continua nello sforzo enorme di manutenerla e migliorarla, per mantenerla negli antichi splendori. Infatti nel 2008, 2009 e 2010 vengono fatte ulteriori lavorazioni presso i Cantieri Navali di Sestri – Genova: la sostituzione di 200 metri lineari di fasciame di mogano da 8 cm di spessore piegato a caldo, l’effettuazione di un calafataggio generale su tutta l’opera viva, la sostituzione del bompresso e il rifacimento della coperta della tuga superiore. In aggiunta si è intervenuti sugli alberi ed inine si è completato il lavoro con la riverniciatura completa. La linea del New Vagabunda, nel corso degli anni, è stata modiicata con la creazione di una tuga squadrata che ospita il salone e la cabina armatoriale. In linea con lo stile dell’epoca sono le inestrature di dimensione contenuta e ripetute lungo le iancate. In tempi più recenti è stato aggiunto un lybridge con zona pranzo solarium e la plancia di comando. Questo tipo di imbarcazioni è soggetto a modiiche e restauri continui, dovuti alle mutate esigenze degli armatori o ad aggiornamenti tecnici. Nel 1942, quando fu varata, infatti, e soprattutto per un tipo di barca come questa, impianti elettrici e idraulici erano probabilmente molto basali: oggi New Vagabunda può vantare quattro generatori elettrici, aria condizionata, riscaldamento e dissalatore, senza contare due motori per la propulsione. La nave in effetti, 37 metri di lunghezza, nasce per solcare il mare a vela, il suo armo a Ketch presenta un albero di maestra a mezzanave e l’albero di mezzana a poppa, randa, velaccio e controvelaccio, doppio iocco su bompresso a prua. Il bompresso allunga la prora già molto slanciata e sorregge una bella polena in legno. La zona di poppa, caratterizzata da una
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SCHEDA TECNICA Lunghezza f.t.: m 37,00 – Larghezza: m 8,50 – Pescaggio: m 3,6 – Velocità massima: nodi 11 – Velocità crociera: nodi 9-10 – Dissalatore: 1 – Sabilizzatori: si – Generatori: 4 – Serbatoio carburante: litri 23.000 – Serbatoio acqua: litri 10.000 - Motorizzazione: HP 440 x 2 Volvo 4 TAMD 120 AK – Tender: gommone m 7,5 con fuoribordo 150 HP – Moto d’acqua: 1 - Toys – Costruzione: 1942 – Ricostruzione: 1970/1975 – Reitting: 2008/2009/2010
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scala centrale per la salita al ponte superiore, assomiglia molto alla sezione mediana di un galeone quattrocentesco; è forse per questo strano aspetto e connubio di stili che “New Vagabunda” incuriosisce tanto. Al suo ingresso nei porti è capace di catalizzare l’attenzione di tutti gli astanti che non hanno una minima idea di cosa potrebbero trovare al suo interno. Gli ambienti, dal salone alle cabine, sono rivestiti da boiserie con modanature in legno pregiato, i pavimenti sono in legno o moquette panna e i sofitti a pannelli laccati color panna. Ma ciò che colpisce di più è l’arredo sette-ottocentesco, i quadri antichi e moderni e i tappeti, che ne ricoprono la pavimentazione. Credenze, cassapanche, trumeau, cassettoni, tavoli e sedie accompagnano panchetti con sedute in cuoio e divani in pelle o tessuto. Lo stile è caldo e molto classico, illuminato da applique e abat jour, arricchito da candelabri, coppe e oggetti in argento. Seminascosti negli arredi classici possiamo trovare prese elettri-
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che, comandi per l’aria condizionata, radio stereo/CD. La cabina dell’armatore è dotata addirittura di televisore a scomparsa a sofitto e di letto reclinabile con comando elettrico così come si usa sugli yacht moderni. Il bagno armatoriale è separato in tre ambienti distinti: locale wc/bidet, zona lavello e sauna inlandese in legno con box doccia separato e accesso diretto dall’esterno (in realtà è una sfuggita). I bagni inemente lavorati in marmo e legno sono dotati di rubinetterie d’epoca dorate in oro zecchino, specchiere e vasca da bagno. Ogni cabina ha il suo bagno privato, i letti sono i tipici a cassettone come sui “J-Class” dell’epoca, incorniciati da boiserie in legno. Comandi elettrici aprono piccoli osteriggi a sofitto nelle cabine e nei bagni. Le zone pranzo sono tre: a centronave è sistemato un tavolo rotondo, tipicamente utilizzato per la prima colazione; sul ponte superiore un tavolo rettangolare trasversale è sistemato in una veranda all’aperto, chiudibile e riscaldata; nel
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salone si trova un tavolo antico contornato da un divano in pelle ad angolo e sedie. Il salone di 50 metri quadrati offre anche una zona soggiorno con divani e poltrone fronte TV. La cucina principale a L è situata sul ponte superiore, la secondaria è a ianco del salone. Una terza cucina è inserita nei locali dell’equipaggio, ampi con cabine, bagni e zona giorno. All’esterno una zona solarium con cuscino di 30 metri quadrati è situata sul ponte superiore anche per garantire la massima privacy. New Vagabunda è anche disponibile per il charter quando non utilizzata dai proprietari; è per questo che gli standard di sicurezza, le dotazioni entertainment e la preparazione dell’equipaggio internazionale sono così elevati.
SCUNARANew
Vagabunda 57 Abbonamento n. 1107 valido dal 22/03/2013 al 21/03/2014 - Licenza esclusiva a martino motti