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captain’s corner
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Da quale parte del mondo proviene comandante? Dalla Sicilia, anche se ci sono arrivato da grande. Prima vivevo a Torino, ma non essendoci il mare ho deciso di trasferirmi a Catania, anche perché la mia famiglia è siciliana. Come si è avvicinato al mare? Da ragazzo ho sempre trascorso le mie vacanze al mare e a 22 anni ho deciso di trasferirmi in Sicilia. Scuola di formazione? Ho iniziato questo mestiere molto tardi, a 40 anni, il giorno in cui mi sono reso conto che volevo cambiare stile di vita e che per me era più importante stare in mare. Mi sono imbarcato in un lungo viaggio attraverso il Mar Rosso, l’Oceano Indiano, l’Oceania e da lì non sono più sbarcato. All’inizio facevo trasferimenti e skipperaggi per società di charter, poi mi sono reso conto che c’era bisogno anche di un percorso formativo e ho così frequentato, in Inghilterra, tutti i master abilitanti necessari per arrivare ad ottenere i titoli commerciali nel diporto. Adesso posseggo il master 500 tonnellate che è valido anche in Italia. Ho provato anche l’iter italiano, che è molto complicato, e così ho trovato migliore la formazione inglese. Com’è stato l’impatto col mondo del lavoro vero e proprio? Il mio impatto è stato piuttosto positivo, ma esiste un rischio: quando la passione si trasforma in lavoro è possibile che questa inisca. È per questo che io cerco sempre di mantenerla viva anche quando non sono occupato. Quali le prime esperienze in mare? La mia prima barca è stata un Laser per le prime esperienze e poi regate in tutte le classi in cui ho ottenuto buoni piazzamenti in prestigiose competizioni internazionali. Precedenti esperienze di comando? Negli ultimi 7/8 anni ho lavorato più su barche a motore tra i 25 e i 30 metri di lunghezza, sia veloci che dislocanti, con equipaggio più o meno numeroso che su barche a vela o catamarani. La prima barca che ho comandato è stata un Sangermani d’epoca di 22 metri di lunghezza. Quali caratteristiche ha la barca che sta comandando? Questo catamarano, 18,60 metri di lunghezza per una larghezza di 9,30, è una vera e propria scommessa; il 625 è costruito da Set Marine, nuovo cantiere situato a Siracusa, con progetto di Toni Punzio e Ilenia Indaco. Lo stile è molto fresco, giovane, lineare e minimalista.Tutto ciò che si trova a bordo è realizzato dal cantiere, legni, laccature, acciai, arredi e serramenti. Sono le caratteristiche e le prospettive del cantiere, la voglia di fare, l’entusiasmo, la passione e le capacità di progettare e costruire che mi hanno convinto e coinvolto nell’avventura di questa imbarcazione. Il catamarano a vela è una tipologia di barca molto apprezzata nel charter perché riesce a soddisfare la voglia di vela coniugandola con il comfort e l’abitabilità propri delle barche a motore. Non è una barca di grande serie, è un bell’oggetto costruito in maniera molto solida e con ottime soluzioni tecniche marine, con tanta attenzione al design e cura nei particolari. Nello scarpone di sinistra verso poppa troviamo due comode cabine con bagno e la cabina equipaggio verso prua con proprio bagno; nello scarpone di dritta la cabina armatoriale con bagno e doccia a vista e una cabina ospiti anch’essa con bagno privato. Il salone è immenso, allo stesso livello del pozzetto, con zona divani/pranzo, un divano fronte TV, cucina e il tavolo pranzo situato a cavallo della porta apribile. Il pozzetto ha un divano rivolto a poppa ed il ly è spazioso con prendisole, tavolo apribile e doppia timoneria. Marina preferita? Adoro le isole Eolie, che non hanno certo dei bei marina, Salina per esempio che ha un approdo piccolo e gestito un po’ così, ma mi sento a casa. Lo preferisco comunque anche rispetto ad altri marina belli, moderni e ben attrezzati, ma per me un po’ freddini. Oppure il marina di Beaulieu su mer, in Francia, decisamente tranquillo, sicuro, vivo e piacevole. Come dire... da un opposto all’altro. Rotta preferita? Le mie rotte preferite sono quelle della Grecia e del sud del Mediterraneo, anche se un pezzettino di cuore rimane in Mar Rosso. L’Oceano Indiano è tutto molto bello, ma credo che da un punto di vista professionale la Grecia sia il massimo. Quali innovazioni del mondo dello yachting l’hanno maggiormente colpita e perché? Tutti i nuovi sistemi di sicurezza e di navigazione satellitare mi affascinano. I nuovi radar, l’Epirb, l’AIS sono assolutamente fondamentali, certo dificili da digerire completamente per chi, come me, ha iniziato a navigare solo con le carte. Col tempo ho imparato
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di Martino Motti
INTERVISTA AL COMANDANTE MAURIZIO PIRRONITTO
ad apprezzarli, ma non guasta ogni tanto fare qualche esercizio sulle carte e qualche retta d’altezza per non perdere le conoscenze acquisite. La peggiore avventura mai capitata nella sua esperienza di capitano? I pirati in Somalia l’11 gennaio del 2001. Navigavamo su una barca a vela di 14 metri diretti alle Seychelles; avevamo lasciato il porto di Aden quando, nel mezzo del Golfo di Aden, siamo stati avvicinati ed attaccati da una lancia di pirati armati. Erano sette o otto uomini, quasi tutti armati, su un barchino di alluminio con fuoribordo; uomini molto determinati e disposti a tutto, per i quali la vita propria o quella altrui non aveva alcun valore. Credo che per noi avere armi a bordo non abbia utilità, loro non hanno nessuna remora ad aprire il fuoco, noi sì. Non sono riusciti ad abbordare la barca perché c’era mare, così siamo stati costretti a seguirli al loro villaggio sulla costa dove ci hanno sequestrato; hanno depredato la barca di tutto ciò che pareva utile rubare. Dopo un giorno il capo villaggio ha deciso di lasciarci andare. Ci hanno riportato alla barca ormai devastata e con il verricello distrutto, ancora qualche ora e la nostra imbarcazione si sarebbe spiaggiata. A quel punto le due bande hanno iniziato a litigare fra loro ino ad arrivare ad uno scontro a fuoco: noi eravamo nel mezzo! Alla ine è andata bene e siamo riusciti a scappare. Cosa pensa del suo ruolo di capitano e del mondo dello yachting in cui si trova ad operare? Penso che ci sia una gran confusione: armatori che non sanno fare gli armatori, comandanti improvvisati, equipaggi mal preparati. Credo ci sia la necessità di creare valore nelle professioni del mare con percorsi formativi, certi, adeguati, semplici, uniicati, aggiornati e qualiicanti. Bisogna togliere complessità nelle normative vigenti, a volte differenti tra capitaneria e capitaneria, tra paese e paese, tra nazione e nazione. All’estero è molto più semplice, più lineare, è per questo che molti comandanti preferiscono espatriare. Voglio vivere il mondo dello yachting abbastanza ai margini, non mi faccio molto coinvolgere, in fondo io amo vivere il mare ma mi sento un po’ estraneo alle dinamiche che tante volte sono proprie di questa realtà. Il charter è quello che preferisco, anche perchè negli ultimi anni è diventato sempre più elitario. Amo molto fare accoglienza a bordo, fare in modo che gli ospiti vivano l’esperienza sulla mia barca nel migliore dei modi.
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