!MPATTO NUMERO 6 - 18 MARZO 2015
MAGAZINE
7
+
ISTANTANEE SU ALEPPO PAGINA 10
LA MUSICA CONTRO SPOTIFY Taylor Swift contro la piattaforma streaming rea di poca trasparenza
GLI EROI DEL MALE
PAGINA 20
LA FRENATA ECONOMICA DI PECHINO
Tra pericolo ed enigma, il duro mestiere degli antieroi moderni. Personaggi affascinanti per sarcasmo ed egoismo
I dubbi della Cina dopo aver conseguito il peggior risultato degli ultimi venticinque anni
PROTAGONISTI DEL MAGAZINE
RUUD KROL
TAYLOR SWIFT
XI JINPING
OSCAR FARINETTI 1
!MPATTO - SOMMARIO N.6 | 18 Marzo 2015
CONTENUTI SE LA MADRE DI KROL AVESSE...? L’aborto, parola scomoda che mette a distanza di offese e divide coscienze. Una responsabilità che ancora fa alzare lo sguardo, alza polemiche. Riflettendo, tra dubbi e certezze sulla linea sottile della coscienza umana.
6
8
Diritto all’aborto e Parlamento UE Dopo un’accesa polemica dopo l’appello del Pd a votare a favore del diritto all’aborto, l’Aula del Parlamento ha approvato l’emendamento proposto da Tarabella.
13
Don’t Cry for Taylor Swift, Spotify I cannot mourn Taylor Swift’s removal of her back catalog from the Spotify streaming service.
13
Jay-Z bid for Spotify rival could be Jay Z’s ambitions to rival Spotify with a music streaming service of his own have been dealt a blow.
ARTISTI VS SPOTIFY I numeri straordinari di Spotify e la guerra con la Big Machine.Tra pacchetti azionari e mancanza di trasparenza, l’industria della musica sembra evolversi con l’inganno.
22
Il colosso guidato da Tim Cook realizzerà la piattaforma insieme a Beats, l’azienda delle cuffie ora di proprietà di Cupertino. Sarà disponibile anche per Android.
10 16
IMPATTO MAGAZINE È UNA TESTATA GIORNALISTICA REGISTRATA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI CON DECRETO PRESIDENZIALE NUMERO 22 DEL 2 APRILE 2014. 2
Apple sfida Spotify sullo streaming
La guerra di Aleppo Un percorso di sette fotografie firmate dal reporter Narciso Contreras testimoniano la distrizione di una delle città più belle e storiche al mondo: Aleppo in Siria.
!MPATTO
MAGAZINE
Settimanale di approfondimento An italian international E-zine
www.impattomagazine.it info@impattomagazine.it
DIRETTO DA Stefano Telese
stefano.telese@impattomagazine.it
COORDINAMENTO EDITORIALE Giorgia Mangiapia giorgia.mangiapia@impattomagazine.it
Pierluigi Patacca
pierluigi.patacca@impattomagazine.it
REDAZIONE
IL RUOLO DELL’ANTIEROE Attento osservatore del male del mondo, cerca di non contravvenendo alle leggi scritte. Ma il male affascina, seduce perché è proibito. L’antieroe incarna quel male proibito con sarcasmo ed egoismo. Un egoismo che si finge di non vedere.
22
Liliana Squillacciotti Eleonora Baluci - Marco Tregua Valerio Varchetta - Flavio Di Fusco Francesca Spadaro - Luisa Ercolano Marina Finaldi - Josy Monaco
GRAFICA Guglielmo Pulcini
guglielmo.pulcini@impattomagazine.it
GRUPPO EDITORIALE IMPATTO
20
Se anche la Cina tirasse il freno
21
Oscar, Expo e le Multinazionali
26
29
Il peggior risultato della Cina degli ultimi anni: una crescita del solo 7%, tagli alle spese militari e cali negli investimenti.
Critica sulle dichiarazioni di Farinetti, uno dei leader dello slowfood, che incita la Coca Cola e MCDonald’s ad Expo.
La corsa verso il Vinitaly L’appuntamento annuale del Vinitaly è alle porte e l’azienda vinicola Donnafugata di Marsala, ferve di preparativi. L’intervista a Giovanni Masucci a capo della giovane impresa.
gruppo.impattomagazine.it gruppo@impattomagazine.it
Sede Legale - Via Cumana 29 - Napoli Sede Operativa - C.so Arnaldo Lucci 61 - Napoli
COORDINAMENTO GESTIONALE PULSEO www.pulseo.biz - info@pulseo.biz Sede operativa - Via Cumana 29 - Napoli Sede operativa - Via Capilongo 18 - Benevento
Tutti i contenuti di Impatto Magazine vengono distribuiti attraverso la licenza Common Creative License - qualsiasi riproduzione dell’articolo dovrà comportare la citazione della Testata e del rispettivo autore. Le foto presenti su Impatto Magazine sono state in larga parte prese da Internet e quindi valutate di pubblico dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, lo possono segnalare alla redazione (tramite e-mail: info@impattomagazine.it) che provvederà prontamente alla rimozione delle immagini utilizzate.
Unusual italian white
Tutti i contenuti e le piattaforme di Impatto Magazine sono di proprietà del Gruppo Editoriale Impatto. Entrambi non richiedono alcun contributo economico da parte dei propri lettori. La testata Impatto Magazine non riceve contributi pubblici all’editoria.
My Italian teacher, Laura, told me earnestly that she and her compatriots were convinced M&S’s Italian wines were “vini finti”. 3
!MPATTO -
N.6 | 18 Marzo 2015
hai bisogno di
Promozione? !MPATTO MAGAZINE VALORIZZA IL TUO FORMAT GRAFICO PUBBLICITARIO. !MPATTO MAGAZINE DISTRIBUISCE A SEGMENTI MIRATI. !MPATTO MAGAZINE RINVESTE LE ENTRATE IN PROMOZIONE. !MPATTO MAGAZINE RAGGIUNGE 300.000 INTERAZIONI.
4
Investire nella pubblicità , in tempo di crisi, è costruirsi le ali mentre gli altri precipitano.
Contattaci www.impattomagazine.it gruppo.impattomagazine.it info@impattomagazine.it www.pulseo.biz info@pulseo.biz
5
!MPATTO - ATTUALITÀ N.6 | 18 Marzo 2015
Abortion to remain illegal in NSW despite lobbying Abortion will remain a crime in New South Wales after the state election with neither of the major parties committing to reform despite a grassroots campaign by women’s rights groups. Women are able to have abortions under technicalities around their physical and mental health. But Melanie Fernandez, chair of Women’s Electoral Lobby (WEL) NSW, said she was not optimistic about decriminalising it despite the group meeting ministers, shadow ministers and telling their members to lobby their MPs. “We’re running a public education campaign around decriminalisation and calling on supporters to approach their candidate and get their views on how they would vote on a conscience matter. But we recognise the make up of the current parliament is probably not conducive to bringing in changes,” she told Guardian Australia. “Whether or not there’s going to be a discussion about legislation, we’re probably yet to see.” A spokesman for premier Mike Baird said he had no plans to alter the abortion laws in any way if the Liberal party was re-elected to government while a spokeswoman for opposition leader, Luke Foley, said Labor had “no intention” of changing current legislation. “Labor has also said it would work with the federal government and Medicare to get better data on terminations, this is so the state can determine why women are having terminations from a public health perspective,” Foley’s spokesman said.
SE LA MADRE DI KROL AVESSE...?
L’aborto, parola scomoda che mette a distanza di offese e divide coscienze. Una responsabilità di libertà che ancora fa alzare lo sguardo, alza polemiche. Riflettendo, sospesi tra dubbi e certezze sulla linea sottile della coscienza umana. DI GIORGIA MANGIAPIA
A
nno 1981. I muri di Napoli sono tappezzati di manifesti: “Tifoso che voti per l’aborto pensaci. E se la mamma di Krol avesse abortito?” La popolarità di Rudolf Jozef Krol, terzino sinistro con la capacità di reinventarsi libero, stopper, centrocampista difensivo a seconda dei casi, è così elevata da riempire la città con slogan del genere. Ad accoglierlo al suo arrivo a Capodichino, diecimila napoletani che fanno impennare la vendita degli 6
abbonamenti al San Paolo perché, prima di Maradona, c’era solo Krol o, come veniva soprannominato, l’olandese volante. Mentre Napoli legge una frase diretta che racchiude una domanda consistente nel periodo del referendum sull’aborto. L’immagine di un giocatore amato e osannato usata per smuovere le coscienze, per spingere a pensare: se la mamma di Krol avesse abortito? Scuotere le menti per non consentire l’aborto. Ma la nascita presuppone un concepire. Concepire come
comprendere, pensare, immaginare o ideare ma anche concepire un’idea, un piano, un progetto o un figlio. Il doppio significato di una parola. Significato che così doppio non è. Potenza e atto diventano complementari, materia e forma assumono la successione l’uno dell’altro: il pensare e il progettare, l’ideare e il pianificare, l’immaginare e il partorire. Si dovrebbe partire dal comprendere per poi concepire. Si potrebbe comprendere e concepire. O forse concepire per comprendere.
CUSTODITO IN UN NIDO Una nuova vita è un bocciolo racchiuso pronto a sbocciare. L’ infinita delicatezza e la forza di un piccolo essere umano custodite in un nido naturale. una semplice idea, è un progetto. Un progetto di vita che cambia la propria vita. Un progetto, allo stesso tempo, separato dalla propria esistenza. Un donare. La domanda, penetrante e sibillina, prende il posto delle risposte certe di una vita : “E ora?” Ora è lì. Come una crisalide nel suo bozzolo. Racchiuso, accartocciato, raggomitolato su se stesso. Stretto in un athanor, immerso e sospeso nell’amnios. Fa sorridere pensare che la storia dell’esistenza inizi sospesa in un liquido e continui sospesa tra certezze e dubbi. Un continuo ondeggiare ed oscillare tra increspature e slanci altalenanti.
In tutti i sensi. Omettendo giudizi e moralismi comodi e scontati. Sarebbe opportuno e coscienzioso immaginare e ideare prima di accogliere in sé un pensiero, un piano, un progetto o un figlio. Certo, tutto risulterebbe lineare e corretto ma, al di là della retorica, le storie di ognuno sono sospese tra certezze vere e presunte tali e non sempre le direzioni sono tracciate e definite né sono perpendicolari o coincidenti con altre storie sospese. Storie parallele che non s’incontrano e mai s’incontreranno. Modi differenti di concepire la vita, di comprendere scelte. Perché concepire presuppone un risvolto, un continuo che – per la potenza insita nel sentir nascere in sé, nell’accogliere e nel nutrire un desiderio – scatena una tempesta di contrari. Di rovesci e opposti, di pensieri capovolti e ribaltati.
Perché il concepire fa tremare la terra sotto i piedi, scardina certezze, sostituisce domande a risposte, trasforma piedi di piombo in piedi di aria, spinge l’equilibrio fino a farlo cadere. Soddisfatto nell’aver creato disordine. Appagato nell’aver provocato caos, scompiglio, smarrimento. Il concepire presuppone un cambiamento. Positivo o negativo. Si tratti di un progetto, di un piano o di un figlio. Un figlio. Uno stravolgimento. Pensato, voluto, desiderato, aspettato ma anche, spesso, l’esatto opposto. “E’ capitato”, dicono. Ma come “capita” esattamente, una vita umana? Un ritardo. Un test di gravidanza. Positivo. Un cerchio deciso. Un colore netto. “E ora?”. Laboratorio d’analisi. Sì, perché potrebbe trattarsi di un falso allarme e invece: Auguri! Un figlio non è mica
Un figlio - La crisalide nel bozzolo è lì. Nel silenzio ancestrale, atavico, avito, un insieme di cellule fluttuanti nel ventre. Incosciente della propria esistenza ma esistente. Presente e inconsistente, invisibile e greve, minuscolo e così immensamente grande. Più di un’idea, di un piano, di un progetto. Un essere vivente. Un figlio. Concepire non sempre è pensare, comprendere o ideare. È il netto opposto. È ribaltamento di giudizi. È assenza o, se non altro, sospensione di convinzioni comuni. Perché anche le convinzioni, soprattutto quelle, andrebbero sospese per lasciare il posto alla comprensione. Intanto l’abbozzo di un bozzolo s’insinua, s’innesta, si stabilisce con la determinazione della sua identità genetica. Un patrimonio ereditario racchiuso in un embrione irripetibile. Non esiste al mondo un embrione identico. Non è esistito in passato e non esisterà in futuro. Un piccolo essere umano, unico al mondo, che ha in sé tutte le potenzialità di sviluppo. Tutta una vita in un bozzolo. La domanda rimbomba nella mente senza lasciar tregua: “E ora?” Una responsabilità al di sopra delle proprie possibilità, un impegno da non voler prendere, avulso dal momento che si vive, 7
!MPATTO - ATTUALITÀ N.6 | 18 Marzo 2015
slegato dall’intreccio di desideri, estraneo e sconnesso. La scelta è possibile. La libertà di dare una risposta e di potersi dare una possibilità c’è. Aborto. Una parola scomoda che fa alzare lo sguardo, mette a distanza di offese, divide coscienze. Ma è una realtà. È anch’esso una responsabilità di libertà. Come il concepire. Aboriri, il venir meno dal nascere, è consentito, in Italia, dalla legge 194/78 entro la dodicesima settimana di gestazione perché il sistema nervoso del feto non si è ancora formato e non si può percepire dolore mentre, intanto, il cuore batte già dal secondo mese, in caso di gravi malformazioni del feto, di violenza carnale subita, di salute della madre. Bisogna concepire per comprendere ed è per questo che l’aborto è e resta una decisione personale a cui non dover aggiungere sensi di colpa dettati dalla società. Le questioni che si alzano sono complesse eticamente e moralmente. Ci sono Stati in cui, d’altronde, le tecniche mediche adottate sono aberranti. Come l’aborto tardivo cioè il travaglio indotto con infusione intraamniotica di soluzione salina o protaglandine. O, ancora, esistono realtà in cui quella che dovrebbe configurarsi, a pieno titolo, come una scelta, assume i contorni dell’imposizione, in nome di una ricerca di ordine, di controllo. Anche, e soprattutto, delle nascite. La storia di Gianna - Ma capita anche che, all’interruzione della gravidanza, si sopravviva e si nasca alla trentesima settimana dopo un tentativo fallito. In Tennessee, all’età di diciassette anni, una ragazza si rivolse al PlannedPrenthood, il più grande ente abortista al mondo. Le consigliarono un aborto tardivo. La soluzione salina, iniettata nel grembo della donna, corrose il bambino destinato ad essere partorito morto nelle successive ventiquattro ore. 8
Diritto all’aborto e il Parlamento UE Dopo un’accesa polemica del fronte antiabortista cattolico e dopo l’appello del Pd a votare a favore del diritto all’aborto, l’Aula del Parlamento di Strasburgo ha approvato a larga maggioranza con 441 si, 205 no e 52 astenuti la relazione curata da Marc Tarabella sulla parità uomo-donna. E’ passata anche la parte più controversa del documento, ovvero quella in cui si sottolinea la necessità di garantire i diritti delle donne anche attraverso un ‘accesso agevole’ alla contraccezione e all’aborto. L’esito del voto è stato salutato dall’applauso di gran parte dell’emiciclo. Molti europarlamentari si sono congratulati con l’esponente socialista italo-belga andandogli a stringere a mano. Il voto sulla relazione Tarabella ha provocato qualche dissapore tra i cattolici del Pd che alla fine si sono divisi sul punto dell’interruzione volontaria della gravidanza. Nel corso delle votazioni, il Ppe ha presentato un emendamento, poi approvato dall’Aula, che inserisce nella relazione la sottolineatura che la legislazione sulla riproduzione è di competenza nazionale. Un emendamento approvato anche da Silvia Costa (Pd), presidente della Commissione Cultura del Parlamento. “Con questo emendamento che ribadisce che sanità e diritti sessuali e riproduttivi sono competenza nazionale - comunica lei stessa su Twitter - ho votato a favore della #Tarabella”.
RUUD KROL in primo piano a destra, durante un incontro con il Premier Dries van Agt, avvenuto quando il libero era nelle fila dell’Ajax. Il team nel quale ha militato fino al 1984.
GIANNA JESSEN è sopravvissuta ad una iniezione salina della madre.Oggi è una fervente attivista. Dopo diciotto ore, nacque una bambina, viva. Alle ore 6:00 del 6 aprile 1977 venne alla luce Gianna Jessen: “Non sono sopravvissuta per mettere le persone a loro agio. Sono sopravvissuta per agitare un po’ le acque. E mi piace molto farlo”. Sarebbe potuta nascere cieca, ustionata, morta. Così non è stato. Gianna nacque, semplicemente, in anticipo. Il medico non era in clinica e l’infermiera, contravvenendo alla legge del tempo, che prevedeva la soppressione dei bambini sopravvissuti all’aborto, chiamò un’ambulanza. L’esistenza di Gianna Jessen ebbe inizio con un certificato di nascita eccezionale: Born to saline abortion. Nata da aborto salino. “Ah, non hanno vinto”. Perché entrano in gioco altri fattori come il commercio e la speculazione intorno all’aborto. In questo caso, non si è più nell’ambito della decisione personale da comprendere e da concepire. Siamo di fronte ad una mercificazione. Da condannare. C’è un’altra libertà che consente di strappare una vita alla morte: la possibilità di essere obiettori di coscienza. Il medico
obiettore ha il diritto di rifiutare di determinare, chirurgicamente e farmacologicamente, l’interruzione di gravidanza. Quando i diritti di un medico e i diritti di una donna non coincidono capita che una storia sospesa prenda un altro corso: la madre di Cristiano Ronaldo, attaccante del Real Madrid - un pezzo di moderna storia del calcio e il suo racconto autobiografico di un aborto mancato in “Mea Coragem”. “Le provai tutte per abortire”
ricorda con onestà. Opponendosi, invece, il medico, permise la nascita di un campione. Un esempio ripreso di nuovo dal mondo dello sport per un motivo preciso: un atleta è un idolo, un mito e immaginare la sua non esistenza sembra impossibile. Agli occhi dei tifosi è immortale e si vive della sua vita come se fosse la propria. Così ritorna alla mente lo slogan geniale: E se la madre di Krol avesse abortito? La crisalide nel bozzolo sarebbe rimasta lì sospesa tra dubbi e certezze, in un silenzio ancestrale, atavico, avito; racchiuso, rannicchiato su se stesso, incosciente della propria esistenza ma esistente fino al suo dissolversi. Si scatenano rovesci, contrari, ribaltamenti, la terra sotto i piedi viene a mancare; compaiono piedi di aria e gli equilibri cadono sgretolandosi dinanzi ad un insieme di cellule fluttuanti. Un embrione rivoluziona, mette scompiglio. Minuscolo e silenzioso non sa di creare un tale trambusto. Lui esiste nella sua incoscienza. Il concepire per comprendere spetta a noi. A chi è fuori da quel bozzolo di crisalide. Lui è sospeso e accartocciato nel suo ovattato limbo, noi ci ritroviamo sospesi tra certezze e dubbi mentre la coscienza segna il confine.
CRISTIANO RONALDO la mamma dell’ala del Real Madrid, ha affermato di aver pensato all’aborto. 9
!MPATTO - ATTUALITÀ N.6 | 18 Marzo 2015
GLI ARTISTI VS SPOTIFY
Analisi economica Hannah Ellis-Petersen Columnist Leonid Bershidsky
I numeri straordinari di Spotify e la guerra con la Big Machine.Tra pacchetti azionari e mancanza di trasparenza, l’industria della musica sembra evolversi con l’inganno. Nell’era moderna del libero accesso economicamente sostenibile, quale sarà il futuro dei musicisti e degli artisti?
D
opo oltre un decennio di vendite in completo declino, l’industria della musica ha cambiato la propria strategia commerciale investendo in servizi di streaming audio come Spotity. Ma davvero questi ultimi possono offrire una strada lineare verso il ritorno alla crescita delle vendite nel breve futuro? Purtroppo, non tutti i musicisti si ritengono favorevoli a questo tipo di innovazione distributiva e la fila degli obiettori sta divenendo sempre più lunga e rumorosa. Da Thom York che non teme nel definire Spotify “l’ultimo, disperato peto di un corpo morente” a Taylor Swift che rimuove tutti i suoi album dalla applicazione. La serie di artisti di spicco che iniziano ad interrogarsi sulla legittimità del servizio è ormai vistosa e non può essere ignorata dalle analisi di mercato. Infatti, la rimozione degli album operata dalla Swift ha generato un nuovo dibattito sul servizio streaming. Una dicotomia di impostazione filosofica che si riduce nel chiedersi se il pacchetto gratuito, supportato dalle pubblicità, abbia lo stesso valore del pacchetto con abbonamento “premium”, che elimina completamente qualsiasi forma di promozione commerciale. “Secondo me, gli utenti con l’account premium sono quelli che sul serio comprano i dischi, pagando la loro somma mensile”, ha sentenziato Jonathan Dickins, manager della nota cantante britannica Adele, al Web Summit di questo mese. “Personalmente credo che per superare il problema del pacchetto indifferenziato sia per abbonati che per utenti free, senza compiere gesti estremi come quello fatto da Taylor Switf, si 10
DANIEL EK 21 Febbraio 1983, prima di essere AD di Spotify è stato CEO di uTorrent e BitTorrent. potrebbe rendere disponibile una serie di prodotti, in via esclusiva e per un arco temporale ben definito, prima sull’account premium, e solo alla scadenza distribuirlo anche per la versione gratuita. Ma ad oggi questo sistema non è consentito da Spotify.” Dickins ha poi affermato di credere che lo streaming sia il futuro, indipendentemente dalle preferente del grande pubblico, ma allo stesso tempo ha dichiarato che Spotify ha bisogno di nuovi meccanismi di funzionamento, specialmente per quanto concerne la retribuzione economica. “Spotify funzionerà solo se ci saranno abbastanza persone disposte a sborsare del denaro”. L’urlo della Swift che terrorizza l’occidente - Ma perché la diatriba con Taylor Swift è una questione davvero
spinosa per Spotify? Il portale svedese creato da Daniel Ek è utilizzato da molti artisti di fama internazione come Coldplay, Beyoncé e la stessa Adele, i quali pianificando una messa in vetrina dei loro album, impedendone temporaneamente lo streaming, massimizzano – per un paio di mesi i profitti sulle vendite dei dischi e sui download nelle piattaforme di selling e non di sharing. Rimuovendo tutti i suoi album dal catalogo, la Swift ha fatto sorgere un nuovo quesito, ossia se gli album debbano essere resi disponibili senza limitazioni di sorta sia agli utenti premium che ai non pagati, su tutti i servizi di streaming simili a Spotify. Infatti, non cambiando termine di paragone, la musica di Taylor Swift,
Spotify added to the basket of goods in Britain
S
SCOTT BORCHETTA che dirige l’etichetta discografica della Swift, la Big Machine, ha dichiarato, “Indubbiamente Spotify è un ottimo servizio, ma così come è ottimizzato per l’utenza, deve puntare a diventare anche un partner migliore per le case discografiche”. dopo l’esodo della piattaforma svedese, è rimasta comunque disponibile, su Rdio, Napster e Beats Music (quest’ultima di proprietà della Apple), ma solo per utilizzatori abbonati. Le motivazioni della Swift, su questa operazione esplosiva, sono state ben contornate, in un breve commento su Yahoo, ed non hanno lasciato spazio ad ulteriori obiezioni da parte degli operatori del mercato musicale. “Non ho intenzione di rendere il lavoro di una vita disponibile per un esperimento commerciale che a mio giudizio non gratifica pienamente produttori, compositori, artisti e creatori di musica”, ha dichiarato l’artista statunitense, che ha poi aggiunto: “Non sono, nemmeno, d’accordo sul fatto che la musica non abbia valore e che debba
essere gratuita”. Scott Borchetta, che dirige l’etichetta discografica della Swift, la Big Machine, ha dichiarato, in seguito, che altri artisti, insieme con i loro manager, condividono questa presa di posizione. “C’è molta confusione attorno a questa scelta di Taylor. Indubbiamente Spotify è un ottimo servizio, ma così come è ottimizzato per l’utenza, deve puntare a diventare anche un partner migliore per le case discografiche”. Le ragioni di Ek e i numeri straordinari di Spotify - Ed è attorno a questo folto intrecciarsi di considerazioni che il dibattito sullo streaming musicale si è alimentato così tanto fino a spostare il punto focale della questione dalle contestazioni sull’ideologia anti – streaming della Swift al quesito se
potify, e-cigarettes, computer game subscriptions, headphones and craft beers have all been added to the mix for calculating UK inflation - demonstrating how the items on which people spend their money has changed in recent years. The Office for National Statistics tracks the prices of everyday items to measure whether the cost of living is going up or down. But as our spending habits change, it adds new items to the basket of goods or takes out others that have gone out of fashion. This year it introduced 13 items to the 703 used to calculate the consumer price index - viewed as one of the most credible measurements of inflation - and removed eight. It said: ‘With the decrease in the popularity of traditional media, music streaming services - such as Spotify - are being included for the first time, as are online console computer games subscription.’ The addition of Spotify is no surprise given its rapid growth in recent years.
Spotify debba essere più flessibile riguardo ai timori di taluni artisti, i quali vorrebbero la loro musica disponibile solo per gli utenti premium. A difesa della libertà gestionale della piattaforma, è intervenuto il CEO dell’azienda Daniel Ek, il quale ha dichiarato che con 50 milioni di utenti attivi, di cui 12 milioni e mezzo di utenti premium e due miliardi di dollari elargiti alle casse discografiche e ai produttori dal 2008, la politica di non restrizione del contenuto da parte di Spotify, è la miglior strategia competitiva per guidare le vendite della piattaforma e non alternarne il successo. Il giovane imprenditore svedese, infatti, ha puntualizzato sul suo blog: “Ecco la nostra chiave di lettura: più dell’80% dei nostri utenti ha iniziato come un utilizzatore 11
!MPATTO - ATTUALITÀ N.6 | 18 Marzo 2015
TAYLOR SWIFT a dieci anni impara a suonare la chitarra acustica a tre corde ed entra a far parte della compagnia teatrale per bambini Theatre Kids Live di Kirk Cremer.
free della piattaforma. Se non ci fossero gli utenti free, oggi non ci sarebbero oltre dodici milioni di utenti premium e allo stesso tempo non ci sarebbero quei due miliardi distribuiti ai realizzatori della nostra materia prima, ossia la musica”. Ed infatti i numeri non danno torto a Spotify, che con 12,5 milioni di abbonati supera in blocco i numeri cumulati dei suoi diretti rivali. Deezer, infatti, somma 5 milioni di utenti premium, Rhaspdoy (e la sua versione europea Napster) si contrappone con 2 milioni, mentre sono ignoti i paganti di Rdio e Beats Music. The Big (War) Machine - Inoltre, la dichiarazione dell’amministratore delegato Daniel Ek secondo cui Spotify era in procinto di versare il saldo di 6 milioni annui per gli streaming di una “top artist come Taylor Swift” prima della rimozione delle sue playlist, ha fatto infiammare una disputa con Borchetta, il quale, a sua volta, ha rivelato al “Time” che la Big Machine aveva ricevuto solo un pagamento di quasi cinquecentomila dollari, nell’anno precedente, per lo streaming su Spotify della musica di Taylor Swift, e solo per gli ascolti nel territorio americano. Un tira e molla che ha consentito un ulteriore rilancio da parte di Spotify. La piattaforma, infatti, ha dichiarato di aver pagato due milioni di dollari, nel periodo preso in considerazione da Borchetta, per la diffusione della Swift in tutto il globo, e che il mezzo milione tirato in ballo dal produttore della cantante statunitense era riferito solo alla frazione mensile (dei sei milioni annui) prima che la Swift decidesse di abbandonare il circuito. Analizzando le due versioni, comunque, è facile intuire che un fondo di verità vi è in ambo parti. Resta comunque difficile comprendere come – nonostante le considerevoli cifre in palio – la diatriba scatenata dal gesto della Swift e supportata dal suo management sia stata enfatizzata pubblicamente anche da Spotify, accentuando così una rottura che avrebbe sicuramente portato a discussioni da parte da analisti e operatori di mercato sull’equità della piattaforma svedese per la diffusione musicale. La situazione, poi, si è ulteriormente 12
aggravata quando gli album di Taylor Swift sono stati resi disponibili sul più grande competitor futuribile di Spotify, ossia su Youtube Music Key, lanciato nel web da qualche settimana e di proprietà di Google. La scelta di abbracciare questo nuovo circuito di streaming, attuata dalla cantante statunitense, difatti, ha destato più di un dubbio considerando che la piattaforma musicale della azienda di Mountain View ha deciso di attuare la stessa politica decisionale di Spotify in materia distributiva, ossia la non differenziazione contenutistica tra pacchetti free e accessi premium. I timori di Spotify e le strategie per il futuro - Ciononostante, nella guerra tra Spotify e la Big Machine, per il momento, l’azienda di Daniel Ek
sta avendo la peggio. Difatti, l’ultimo album della Swift, “1989”, ha venduto più di 1,2 milioni di copie solo negli Stati Uniti ed ha fatto convergere molti fan della giovane cantante sulla neo piattaforma musicale di Google; mentre, Spotify - sull’onda della contestazione da parte di molti artisti - ha iniziato a considerare delle possibili revisioni sulla politica di non restrizione. La disputa tra la Swift e l’applicazione svedese, tra l’altro, è venuta fuori nel momento in cui il management di Spotify stava cercando di ottenere il beneplacito di quei musicisti che ancor oggi si lamentano di non guadagnare abbastanza attraverso i servizi in streaming. Proteste alimentante anche dalla sfiducia che questi stessi
Don’t Cry for Taylor Swift, Spotify Written by Leonid Bershidsky leonidbershidsky@bloomberg.net
I
Published by Bloomberg View
a a a
cannot mourn Taylor Swift’s removal of her back catalog from the Spotify streaming service: I сried my eyes out back in 2009, when Rammstein did the same. Well, no, in fact I didn’t shed a tear: The only people who need all music to be on Spotify are the owners of Spotify. For the rest of us, and that includes musicians, a multiplicity of distribution models should do just fine. Spotify’s chief content officer, Ken Parks, once said this to Fast Company magazine: “The notion that you would want to withhold records from people who are paying 120 pounds or euros or dollars a year is just really mind-boggling. It’s pretty hostile to punish your best customers and fans”. He was reacting to the tactics of acts such as the Black Keys, Adele and Coldplay, who would wait awhile before releasing their new albums on the streaming service. I’m sure Parks feels the same about AC/DC and the Beatles, whose music is absent from his service. It’s corporate megalomania that drives Spotify executives to identify their own interests with those of all music fans. I use the ad-supported version of Spotify and the paid version of its French-based competitor Deezer, which only has one Taylor Swift album, a collection, and lacks Rammstein, the Beatles and AC/ DC. The minuscule amount of money I pay each month does not entitle me to all the music in the world. I will probably end up paying asubscription fee to YouTube, the music and video streaming service with the highest brand awareness in the world, according to the International Federation of the Phonographic Industry, but I won’t expect it to cover all my music needs, either. It’s not just me. The IFPI’s 2014 Digital Music Report points out that while in Sweden, where Spotify was created, 47 percent of Internet users subscribe to streaming services and only
Jay-Z bid for Spotify rival could be blocked Jay Z’s ambitions to rival Spotify with a music streaming service of his own have been dealt a blow, with news that his attempt to buy Swedish company Aspiro could be blocked. In January rapper Jay Z bid $56m for Aspiro, which owns streaming service WiMP and Tidal. The board had recommended that shareholders approve the deal but minority shareholders owning 10 per
cent of shares are set to reject the deal, according to Swedish paper Dagens Industri. It would not be the first time that minority shareholders have blocked a takeover of Aspiro. Norwegian media group Schibsted, Aspiro’s majority investor, tried to buy the company in 2012 but was blocked by investors, who organised themselves under the banner of Aspiro Shareholders Association.
13
!MPATTO - ATTUALITÀ N.6 | 18 Marzo 2015
artisti nutrono nel fatto che le grandi etichette possiedono almeno il 18% della compagnia svedese mediante i pacchetti azionari ricevuti durante la negoziazione delle prime licenze, nel 2007 e nel 2008. Difatti, alcuni operatori del settore musicale sospettano che questi colossi discografici stiano aspettando un guadagno inatteso - che potrebbe verificarsi qualora Spotify diventasse una compagnia pubblica o qualora venisse acquisita da qualche multinazionale del settore digitale – e, allo stesso tempo, temono che i fatturati (oltre che i grossi anticipi che Spotify rilascia alle etichette quando si ridiscutono le licenze) saranno soggetti di asimmetrie distributive, e che queste ultime andranno a penalizzare in maniera considerevole i musicisti. Un clima ostile per via della poca trasparenza - Dunque, non è difficile immaginare, che l’acre disputa tra Swift e Spotify non sia altro che frutto del clima rancoroso che iniziano a nutrire i musicisti verso l’intero panorama musicale. Un punto, tra altro, profondamente analizzato da una icona della musica contemporanea come Bono, alla Web Summit Conference. “Il vero problema non sta tra lo streaming o i download digitali.” - ha sottolineato il frontman degli U2 - “Il vero problema, la vera lotta, sta tra l’opacità e la trasparenza. L’industria della musica si è sempre evoluta con l’inganno”. Una questione su cui, ancora una volta, Daniel Ek ha prontamente replicato attraverso il suo blog. “Molti problemi che hanno colpito l’industria musicale fin dalla sua creazione ci sono ancora. Abbiamo già elargito oltre due miliardi di dollari con le royalties verso le etichette musicali, e se questi soldi non arrivano alla comunità creativa con la giusta trasparenza e il giusto tempismo, sarà un bel problema”. Insomma, Spotify, dal canto suo, ha già superato i propri rivali nella trasparenza, in primis pubblicando i dettagli di come calcola le royalties che elargisce alle case discografiche per l’utilizzo dei diritti musicali sulle opere da loro prodotte, ma soprattutto fornendo agli artisti dei dati analitici che attestano con quanta frequenza la loro musica viene ascoltata dagli utenti della piattaforma. Ad ogni modo, l’asimmetria informativa citata da Bono non va ricercata in una carenza illustrativa sui dati di utilizzo e sulla diffusione dei parametri economici attuati, ma sta tuttavia nell’ignorare quali siano i termini degli accordi di licenza con le case discografiche, e come i pagamenti anticipati vengano 14
Apple sfida Spotify e lancia a giugno una piattaforma di musica in streaming.
A
pple, con tutto il suo peso, si prepara a irrompere a giugno nel settore della musica in streaming sfidando colossi come Spotify. A questo servizio l’azienda di Cupertino sta lavorando da un anno dopo l’acquisizione di Beats, l’azienda legata al volto del rapper e produttore Dr. Dre che crea anche le famose cuffie hi-fi. Secondo indiscrezioni dei siti specializzati, il lancio del servizio è previsto a giugno nel corso della conferenza degli sviluppatori di Apple. In particolare, secondo 9to5Mac e Techcrunch, la data giusta potrebbe essere l’8 giugno. La novità è che il servizio potrebbe essere multipiattaforma, quindi non soltanto adattabile ai dispositivi della Mela ma anche a quelli con sistema operativo Android, della rivale Google, che per altro ha già un suo servizio che si chiama Play Music. Non è ancora chiaro se il servizio di Apple-Beats si svilupperà come applicazione autonoma o sarà integrato in iTunes. Sempre secondo i ‘rumors’ il prezzo dovrebbe essere concorrenziale, si parla di circa 8 dollari al mese, meno di Spotify e di servizi simili presenti ora sul mercato. Dopo la presentazione alla Worldwide Developers Conference (WWDC), il servizio dovrebbe debuttare per il grande pubblico a settembre con l’arrivo del nuovo iPhone e il relativo aggiornamento del sistema operativo iOS 9.
ED SHEERAN si dice favorevole a Spotify: “Ho suonato per un pubblico che conosceva tutte le parole di tutte le canzoni, nonostante fossero uscite quella stessa settimana. E tutto perché i ragazzi andavano su Spotify e le ascoltavano. Questo è quello che aiuta la visibilità di un album.”
Don’t Cry for Taylor Swift, Spotify
DAVID BYRNE si dice contrario: “Siti come Spotify, sono semplicemente una versione legalizzata di Napster e Pirate Bay, con l’unica eccezione che con i servizi streaming, le case discografiche ottengono considerevoli anticipi”. poi ripartiti tra proprietari del diritto e creatori del prodotto. Un problema che, però, non attanaglia solo Spotify ma anche Youtube, i canali distributivi di Apple e ogni compagnia che estende il proprio operato nella diffusione musicale in formato digitale. La battaglia sulla ricerca della trasparenza in ambito musicale, dunque, è combattuta da una schiera sempre densa di artisti e operatori del settore, che forse intravedono nello streaming un’opportunità per bypassare il filtro oppressivo delle case discografiche. Al momento la posizione scomoda di Spotify è nel trovarsi nel bel mezzo di questo tira e molla tra produzione creativa e sfruttamento economico della stessa. Tuttavia l’apertura comunicativa e distributiva della rete sembra favorire, in maniera consistente, lo schieramento dei musicisti, i quali hanno sicuramente l’arma più potente a loro disposizione, ossia quella di non rifornire più il mercato musicale di materia prima, fin quando non verranno modificati gli equilibri economici e la simmetria informativa. Lo streaming, quindi, è sicuramente l’alternativa più importante per il futuro dell’industria musicale, e quindi come ogni progetto va bene ragionato e preservato. Si deve creare un’area di mercato capace nel soddisfare non solo le pretese di chi investe negli artisti, ma anche le ragioni di questi ultimi. Le proiezioni del settore musicale, non dovranno più contemplare musicisti raggirati o parcheggiati, ma dovranno consentire un accesso libero, meritocratico e economicamente sostenibile a chi vorrà diffondere le proprie produzioni verso il vasto pubblico. La dinamitarda Taylor Swift, nel suo piccolo, ha lanciato un sasso contro un sistema e adesso sta a quest’ultimo evitare una sassaiola che impedisca la crescita della musica e lo sviluppo armonioso e funzionale dell’arte moderna.
and only 7 percent download music, in the U.S. the shares aren’t as far apart -- at 23 percent and 27 percent, respectively. In conservative Germany, where I live, we have 21 percent downloaders and 12 percent streamers. If one accepts the theory that streaming services are the future just because they’re the latest method of distributing music, that can only be a temporary situation. I am not so sure, though, having watched my friends throw away their turntables and then buy new ones a decade later as vinyl came back into fashion. Downloading music is still the safest way to keep from dying of boredom on a long road trip with uncertain mobile coverage or across borders. If you’re serious about sound quality, though, you play vinyl records at home, and if you own an old car, you won’t toss your CD collection. Besides, music is a unique commodity in that its value goes beyond convenience. If I love Taylor Swift but can’t get her tracks on Spotify, I’ll be more than happy to buy them elsewhere. A lot of people do that: Her “1989” record has sold almost 1.3 million copies in its first week on the market, the most of any album since 2002. I recently paid $6 for a Thom Yorke album the Radiohead singer distributed through BitTorrent; more than 1 million people downloaded at least the free part of this offering in its first week. Swift and Yorke are doing perfectly well without Spotify or other comparable services: They are naturally rebellious, assertive, adventurous and famous. Other artists, who are arguably as good or better, have decided otherwise. Pink Floyd, which took a long time to come to Spotify, did so in a peculiar fashion last year: Fans had to stream the track “Wish You Were Here” 1 million times for the service to unlock the band’s entire catalog. That took less than three days. Now, band members are happy with their revenue from the service. “A lot of people have been streaming our music, and importantly also a lot of people who weren’t yet familiar with our music,” drummer Nick Mason told the Wall Street Journal. Late last year, Led Zeppelin put its catalog on Spotify. In 2012, Bob Dylan’s music returned to the service after being taken off in 2009. These guys may be less popular than Taylor Swift today, but it’s these dinosaurs the music industry is counting on to save Christmas. Evidently, they do not feel being on Spotify hurts their album sales. The beauty of this situation is that nobody is wrong. No two artists’ fan bases are the same, and no single distribution method is universally good for all the artists and all the fans. It’s not a big hassle to get music from different places, and there’s nothing wrong with artists looking for the most lucrative schemes for selling their work. Spotify executives should also mellow out and stop begging: that’s no way to bring back someone you love. And then, perhaps, she’s happier without you.
15
!MPATTO - GALLERIA N.6 | 18 Marzo 2015
1
LA GUERRA DI ALEPPO 1) Dei miliziani in addestramento da cecchini (ph. Narciso Contreras) 16
2) Come serpenti tra gravi feriti e cadaveri (ph. Narciso Contreras)
A
leppo had withstood more than six millennia of pillage and insurrection, but the past three years have damaged more of its civilisation and displaced more of its people than perhaps all its earlier conflicts. The ancient metropolis, one of the oldest continually inhabited cities in the world, is now split into two halves: the Syrian regime runs the west and the armed opposition controls the east. Western Aleppo has had by far the better of the war, with civic services still functioning in most neighbourhoods and war damage minimal. Much of the east, though, is ravaged and empty. Whole neighbourhoods have been levelled by enormous explosions that have systematically targeted main roads around the city and all exits out of it, as well as marketplaces, hospitals, bread lines and fuel queues. Those who remain in eastern Aleppo, roughly 40,000 from a prewar population estimated at about a million, have been without electricity or running water for more than a year.
2
3
3) Anche un taxi può divenire luogo di riparo (ph. Narciso Contreras) 17
!MPATTO - GALLERIA N.6 | 18 Marzo 2015
4
5
6
4) Urla di protesta delle giovani donne siriane (ph. Narciso Contreras) 18
5) La fuga di un miliziano tra le mura crollate (ph. Narciso Contreras)
7
6) Quello che resta delle case distrutte (ph. Narciso Contreras)
7) Le macerie di una delle cittĂ piĂš belle (ph. Narciso Contreras) 19
!MPATTO - ECONOMIA N.6 | 18 Marzo 2015
SE ANCHE LA CINA TIRASSE IL FRENO
Articolo di Marco Tregua
Il peggior risultato della Cina degli ultimi venticinque anni: una crescita del solo 7%, tagli alle spese militari e cali negli investimenti immobiliari e nelle concessioni di credito. Il tutto mentre il deficit cresce dello 0,2%, restando ben lontano dal 3% dei Parametri di Maastricht. La Cina della “nuova normalità” per un’economia che appare sempre più vicina a quella occidentale.
P
er qualsiasi paese europeo una crescita attesa del 7% sarebbe accolta come una notizia strepitosa o come un clamoroso errore di qualche stravagante operatore finanziario lanciatosi in un pronostico economico poco probabile. Per la Cina, invece, una misura del genere rappresenterà il peggior risultato dell’ultimo quarto di secolo, caratterizzato da livelli di crescita a doppia cifra in quasi tutti gli anni, rendendo il paese asiatico come uno dei più forti in termini di crescita economica attuale e
20
prospettica. Gli analisti finanziari cinesi considerano il 2015 come il momento di inizio della “nuova normalità”, vale a dire di un periodo in cui l’economia del paese inizierà ad assumere, sempre più, le tendenze di quelle dei paesi occidentali, con la conseguente necessità di intraprendere delle riforme e di pensare alle modalità di efficientamento della spesa pubblica. L’arrivo dei tagli - I primi tagli riguarderanno la spesa militare, programmata in calo in misura superiore al 20%, soprattutto in
considerazione del trend che ha visto gli investimenti in apparati militari crescere più della stessa economia negli anni passati. Parallelamente ai tagli alla spesa militare, si cercherà di stimolare il livello di consumi delle famiglie cinesi, nonché gli investimenti locali e le concessioni di credito alle imprese del territorio; si tratta di obiettivi tipici delle economie sviluppate e di difficile realizzazione se non mediante lo spauracchio che da qualche tempo dà grattacapi ai governi dell’Europa Occidentale, vale a dire incremento
della pressione fiscale e peggioramento del rapporto tra indebitamento pubblico e crescita. Per la Cina, difatti, la leva del carico fiscale potrebbe servire per riportare verso l’alto la crescita attesa “solo” al 7%, oppure favorire gli investimenti di operatori locali, con la finalità di riequilibrare lo sviluppo di un paese che, sempre in più parti, sembra procedere a velocità asincrone. Il deficit, inoltre, cresce dello 0,2%, ma resta ben lontano dallo spettro del 3% dei Parametri di Maastricht. Viaggio sulla corsia a traffico moderato - Quali prospettive per l’economia cinese? Gli investimenti immobiliari sono in calo e le previsioni prevedono ulteriori cali, mentre i consumi al dettaglio procedono comunque spediti e l’ultimo quadrimestre ha fatto segnare una leggera ripresa rispetto ai dati diffusi nello scorso novembre; in crescita anche la produzione industriale ben oltre le aspettative. Gli elementi qui rappresentati fanno sì che l’ago della bilancia dell’economia cinese si sposterà per effetto delle esportazioni, ancora una volta variabile determinante per riproporre un’accelerata o per cominciare a viaggiare sulla corsia a traffico moderato.
ANNUAL PRESS CONFERENCE
China will struggle to meet growth target, says premier Li Keqiang China will struggle to meet its growth target of around 7%, but still has the means to shore up its economy, the country’s premier, Li Keqiang, said on Sunday. “In recent years, we have not taken any strong, short-term stimulus policies … We still have more tools in the toolbox,” Li told his annual press conference, marking the end of major political meetings in Beijing. Analysts suggest that China, which saw 7.4% growth last year, will probably miss its target again. Authorities are hammering home the need to adjust to a “new normal” of lower growth as the country seeks more balanced development. “The pain of reform is still there. Actually the pain is becoming more acute,” Li said. “This is not nail clipping, this is like cutting off one’s limb with a sword and we have to do it despite the pain.”
Oscar e EXPO Slowfood vs Fastfood? di Giorgia Mangiapia Coca Cola e Mc Donald’s rispettivamente soft drink partner e sponsor ufficiale di Expo Milano 2015. Venti di guerra soffiano sull’Esposizione Universale dedicata all’alimentazione per un cibo pulito, sufficiente per tutti i popoli. Un cibo sano servito alla presenza di due colossi del fastfood sembra un ossimoro e i corsi e ricorsi storici di Vico tornano all’occorrenza. Alle Olimpiadi di Londra nel 2012 Mc Donald’s ottenne l’esclusiva con 4 enormi ristoranti temporanei, un Temporary Store nella zona olimpica di Stratford. Per essere ovunque: il colosso del Big Mac era in ogni angolo, emblema del cibo veloce, poco costoso, con eccesso di calorie, di grassi saturi e sale a gogo, ma con la garanzia di servire solo carne di animali inglesi e irlandesi. Per l’Academy of Royal Medical Collages accettare la sponsorizzazione esclusiva di McDonald’s e consentire bevande come Coca Cola fu un grave errore. Gelati ipercalorici, patatine fritte, frullati iperdolci, crocchette di pollo fritte e dessert richiesti ad un evento sportivo di portata mondiale e gli accusati risposero che ognuno era libero di scegliere anche cibi non calorici. La storia si ripete: nella capitale milanese, allo slogan “Nutrire il pianeta. Energia per la vita” per la ricerca di stili di vita sostenibili e soluzioni in un mondo in cui 870 milioni di persone sono denutrite mentre 2,8 milioni muoiono per obesità, si ripresenta uno scontro: slowfood vs fastfood. Il patron di Eataly, Oscar Farinetti: “Essere contrari alla presenza di McDonald’s e Coca Cola è una stupidaggine enorme: il tema di Expo è nutrire il pianeta, ed è universale. Semmai dobbiamo parlare del perché nel mondo c’è ancora un 20% di malnutriti». Come eludere la questione di fondo e come, probabilmente, spostare l’attenzione dalla notizia dell’amianto sotto i terreni Expo. Notizia scomoda più dei cibi ipercalorici fagocitati in tutto il mondo. Farinetti sforna risposte pronte e veloci anch’esse, affermando che la loro presenza non sarà così forte. Se si parla di marketing e di multinazionali, la presenza di colossi commerciali mondiali risulta fondamentale. Se si pone attenzione all’etica alimentare, Expo non è adatta ad ospitarle perché piattaforma di confronto tra eccellenze della tradizione agroalimentare e gastronomica di ogni Paese. Mentre Roberto Masi, amministratore delegato di Mc Donald’s Italia si dichiara orgoglioso perché l’azienda si è presentata con un progetto mentre “tanti altri criticano, che progetto hanno? A noi piace fare, non solo parlare”. Una strategia imprenditoriale vs un’esposizione in cui il cibo è nutrimento, piacere, gusto, arte. Vita.
21
!MPATTO - SPETTACOLO N.6 | 18 Marzo 2015
Cultura & Spettacolo Liliana Squillacciotti
Il sonno della ragione genera eroi e mostri Attento osservatore del male del mondo, cerca di non contravvenendo alle leggi scritte. Ma il male affascina, seduce perché è proibito. L’antieroe incarna quel male proibito con sarcasmo ed egoismo. Un egoismo che si finge di non vedere.
Dr. House Rules: science of drama If Sherlock Holmes came back as a doctor, he might look like Dr Gregory House, the brilliant but flawed diagnostician in the medical drama, House. Pinpointing oddball conditions and rare afflictions with razor-sharp acuity after lesser doctors have tried and failed to come up with the right illness, House and his team have to cut through physiological red herrings and psychological obstruction to figure out what is ailing the hapless victim of the moment. It is this perfect blend of two of the modern world’s most deepseated fascinations – the mystery story, and the gloriously varied dysfunctions of our own bodies – that has made House the most watched show on TV. Andrew Gumbel
L’
essere umano è un voyeur. Guarda, spia dal buco della serratura, tutto ciò che anima le vite degli altri. L’essere umano, posto nella gabbia dai confini elettrificati della propria morale, è un attento osservatore del male del mondo. In qualsiasi forma esso si esprima. Si guarda ma non si tocca, si guarda ma non si fa. Come insegnavano le nonne, le mamme. Anche perché “se rompi paghi”, e 22
DR. GREGORY HOUSE interpretato da Hugh Laurie, il personaggio è un medico geniale ed individualista. Misantropo, cinico e burbero.
dei cocci nessuno sa cosa farsene. L’essere umano vive la propria vita cercando di non contravvenire a nessuna delle leggi scritte, che siano esse divine o terrene. Ammirando, allo stesso tempo, quei pochi individui che riescono, in un modo o nell’altro, a vivere al confine. Del legale, del concesso, del socialmente accettato, del politicamente ed eticamente corretto. Il male, il proibito, il sopra le righe, dal canto loro, affascinano.
Affascinano creando una curiosità che tende inevitabilmente a diventare morbosa, fino al punto di essere percepita come sbagliata. La curiosità, il motore della conoscenza, della scoperta, viene percepita come un errore, come un’anomalia. Qualcosa di cui vergognarsi, in un certo qual modo. Ma chi, o cosa, pone quei limiti etici e morali entro cui qualsiasi uomo deve rimanere per potersi fregiare del titolo di “persona
per bene”. La società, certo, ma anche la storia, la comunità, il buonsenso. Cosa fare, dunque, quando tutti questi elementi, inevitabilmente, si evolvono? Come riuscire a modificare quei limiti, ad ampliarli, se necessario? L’essere umano rimane affascinato dalla banalità del male, nello stesso modo in cui si ferma a guardare la forza distruttiva di un terremoto. Fin quando, quest’ultimo, non lo investe. Si osserva da lontano, tramite la finzione, attraverso la letteratura o ipnotizzati davanti ad uno schermo. Il concetto di antieroe, di quell’individuo diametralmente opposto all’ideale di cavaliere “senza macchia e senza paura” di matrice medievale, ha origini lontane e ben radicate nell’impianto artistico mondiale. Don Chisciotte, ad esempio. Uno schizofrenico, diremmo oggi, ma chi non ha parteggiato per lui durante la lotta contro i giganti? Sì, erano mulini a vento, ma questo è un particolare. Trascurabile. L’antieroe, l’eroe negativo nasce dal controsenso. Nasce, a dispetto di ciò che si possa pensare, da una profonda riflessione tanto sul male, quanto sul bene. E su quanto l’uno annulli l’altro. Il fine, giustifica i mezzi? Il male può essere accettato se origine di un bene più grande? Ciò che è moralmente accettato (o imposto?) è anche sempre sovrapponibile al concetto di giusto? Uccidere è sbagliato, certo. È impossibile farsi portavoce del diritto alla vita altrui. E del diritto alla morte? L’eutanasia, ad esempio, in quale gradazione cromatica va ad inserirsi? E, ancora, la pena di morte? Chi decide davvero il valore della vita, o, addirittura, quando comincia la vita umana? Uccidere è sbagliato, e da questo assunto non si prescinde, ma se un concetto così chiaro, semplice, pulito, lineare, riesce a generare domande improntate all’eticità, allora i
confini di tutto il resto, dove sono? Il dubbio etico ha generato un’ampia gamma di personaggi, entrati ormai a far parte dell’immaginario collettivo. Nella letteratura, come già accennato, ma anche e soprattutto all’interno di contesti molto più vicino al vivere moderno come sono quello cinematografico e televisivo. Personaggi vividi, nati anche da quella profonda introspezione psicologica figlia di Freud. Personaggi dalla moralità dubbia che riescono, non nonostante, ma in virtù di quella ad impiantarsi all’interno del “circolo della fiducia” di ognuno. Basti pensare a Dexter, personaggio ideato da Jeff Lindsay e diventato protagonista dell’omonima serie portata sul piccolo schermo grazie a James Manos Jr., un serial killer sostanzialmente. Ma Dexter sa che uccidere è sbagliato, non lo avverte in qualità di sentimento, non ha un’etica, non ha nessun tipo
di freno morale, ma lo sa. Lo sa, perché gliel’hanno detto, e allora fa proprio il concetto secondo cui uccidere è sbagliato, ma uccidere chi merita di morire, no. Allora anche Dexter Morgan un’etica ce l’ha. Tutta sua, tutta artificiale, non percepita come necessaria, ma c’è. E chi può realmente e sinceramente sentirsi così lontano da quella morale così artificiale e non necessaria? Farsi giustizia da sé è sbagliato, lo insegnano a scuola, durante i primissimi anni di socializzazione forzata, eppure lo spettatore si trova ad empatizzare con un personaggio che ha fatto della mancanza di empatia la strada maestra da perseguire nella vita. Morgan non è però un caso isolato, è, anzi, solo una delle innumerevoli facce di una non meglio specificata figura geometrica. Il dubbio morale, il giusto a tutti i costi, l’agire secondo un ordine preconfezionato, vengono ormai
DEXTER (a destra, a sinistra - il suo rivale della quarta stragione - Trinity) è un serial killer esperto e metodico ma allo stesso tempo un esperto forense della polizia scientifica di Miami. 23
!MPATTO - SPETTACOLO N.6 | 18 Marzo 2015
quasi costantemente messi da parte in favore di tutto quello che può, a pieno titolo, essere posto sotto l’etichetta di “cinismo”. Tanto amato ed idolatrato. “Cosa preferisce, un medico che le tiene la mano mentre muore o che la ignora mentre migliora?” La domanda del dottor Gregory House, così posta, sembrerebbe poter andare ad incasellarsi perfettamente all’interno di quella infinita serie di domande retoriche per le quali, spesso, l’unica risposta possibile e sensata risulta essere il sarcasmo. Esattamente alla stregua di un “come va?” ricevuto alle otto di un qualsiasi lunedì mattina. Prima dell’incontro con la caffeina. Qual è dunque la tacca da non superare quando si parla di “rinuncia all’etica”? Che prezzo ha la morale comune? Quando, esattamente, personaggi pronti ad agire all’interno dell’illegalità assumono i connotati dell’eroe, o dell’antieroe? Tentare di analizzare i limiti di un processo che, per propria natura, tende quasi ad annullarli, risulta essere quanto meno alienante. Quegli stessi limiti appaiono infatti quanto mai labili e soggettivi, posti al favore di una moralità non universale, ma individuale. L’essere umano nel suo essere egoista per natura, tende a giustificare ciò che ritiene incontrare il favore dei propri principi, nel tentativo costante di non apparire incoerente. Resiste, ad ogni modo, l’idea della necessità di una “causa di forza maggiore”. Perché agire all’interno dell’anarchia morale è accettabile solo pensando possa esistere un ideale di giustizia più alto di quello imposto. Se l’anarchia etica nasce, invece, da una necessità di autodeterminazione personale, va combattuta. E allora ben venga il ritorno del “cavaliere senza macchia e senza paura”. Perché l’essere umano è, per natura, egoista, ma cerca di dimenticarlo. 24
Il nuovo Dexter gira a vuoto. Le due anime del killer secondo il critico Aldo Grasso.
D
exter, come il suo protagonista, ha una doppia anima. Così, il personaggio interpretato da Michael C. Hall si divide tra la scena - il lavoro di analista forense presso la polizia di Miami, specializzato nella decodifica delle tracce di sangue - e il retroscena - l’attività notturna da serial killer, sia pure con un «codice» che gli impone di uccidere solo chi scampa alla giustizia, insomma chi se lo merita. Mentre la serie, nel suo complesso, alterna stagioni vicine al capolavoro con altre più fiacche, stanche, banali. Difficile fare meglio della quarta stagione, con la lunga rincorsa a Trinity (un magistrale John Lithgow) e con quella scena conclusiva che, in un cliffhanger dei meglio riusciti, annega in un bagno di sangue - letteralmente - le speranze di Dexter di riuscire a costruirsi una vita normale, con la moglie amorevole Rita, tre figli (tra naturali e acquisiti) e una villetta con il giardino sul retro. La serie ha una doppia anima, quindi, perennemente in bilico tra il capolavoro e il pilota automatico. E non l’ha aiutata certo il suo contenitore italiano, FX (chiusa poi nel giugno 2011), rete che ancora fatica a trovare un’identità precisa. Corriere della Sera - 7 Maggio 2011
HOUSE è sarcastico, si diverte a punzecchiare e a prendere in giro le persone per le loro debolezze. Decifra le loro motivazioni e le loro storie dalla personalità e dall’apparenza.
25
!MPATTO - GASTRONOMIA
LA CORSA VERSO IL VINITALY
N.6 | 18 Marzo 2015
L’appuntamento annuale del Vinitaly è alle porte e l’azienda vinicola Donnafugata di Marsala, ferve di preparativi. L’intervista a Giovanni Masucci a capo della giovane azienda che conta una produzione di 2 milioni e 200 bottiglie annue.
M
arsala, 10 marzo. Entro nella sede operativa di Donnafugata, azienda vinicola della famiglia Rallo. C’è fermento, i telefoni squillano. Uomini e donne organizzano nervosamente il lavoro da fare «non è sempre così, è l’effetto Vinitaly» mi sorprende una voce giovane. È Gianni, ragazzone di 32 anni. Mi fa strada tra gli uffici in subbuglio, il sole è alto. Sediamo alla scrivania con le gote scaldate dai raggi. «Donnafugata è un progetto nato nel 1983, fortemente voluto dalla famiglia Rallo. È un’azienda giovane ma conta già una produzione di 2 milioni e 200 bottiglie annue. Numeri che consentono di definirla come abbastanza grande da poter approdare a ogni mercato, ma giustamente piccola da rimanere legata al suo territorio», inizia subito. Poco spazio alle presentazioni, solo un fiume di parole che arriva, diretto e preciso, al punto «il territorio a cui l’azienda è legata va da Contessa Entellina, cuore produttivo aziendale, a Pantelleria, dove si producono i vini dolci e poi Marsala, sede storica dell’azienda
26
e delle antiche cantine della famiglia. Qui le bottiglie vengono imbottigliate o fanno barrique e ha inizio la commercializzazione» Gli occhi bruni e profondi di Gianni ridono quando parla del suo vino. Sorridono soddisfatti anche quando il resto del viso, diretto dal tono della voce, mantiene un’espressione austera. Continua, puntuale, la descrizione dell’azienda cui lavora, i vigneti, le cantine e le etichette. Gianni, al secolo Giovanni Masucci, sa che sta affrontando un’intervista e gestisce i tempi, i ritmi. Il Vinitaly è alle porte e vuole che tutto sia perfetto, che tutti i punti, tutto l’elenco di argomenti che, forse, la sera prima, aveva appuntato su un post it, siano toccati. Lo segue con la mente quel post it, ma gli occhi lo tradiscono. C’è di più dietro l’incravattata competenza, c’è un uomo che non vede l’ora di raccontare la sua passione. Di come gli eventi, fausti e inaspettati, lo abbiano condotto in Sicilia, terra di mare e di storia antica. Quando hai iniziato a lavorare per Donnafugata? - «Il mio percorso inizia nel 2013. Avevo appena finito un Master in Marketing
ù intervista di Francesca Spadaro
delle aziende Vitivinicole. Era una fase particolare della mia vita, un momento di transizione tra ciò che avevo fatto fino a quel momento e quello che avrei fatto da grande. Domanda alla quale, ancora non avevo dato risposta. Ricordo che un amico di famiglia mi propose un lavoretto estivo, una collaborazione temporanea con Donnafugata. Si trattava di accompagnare i visitatori in giro per cantine, di raccontargli del vino e dell’azienda. Accettai e mi piacque e se sono ancora qui, forse anche io piacqui a loro» Hai parlato di momento di transizione, cos’è che facevi prima di arrivare in azienda? «Ho studiato economia a Napoli, poi mi sono spostato a Milano dove, tra stage e lavori poco gratificanti e meno retribuiti, ho preso consapevolezza che quella non era la mia strada. O meglio, il marketing mi ha sempre interessato ma sentivo che mancava qualcosa» Quando hai iniziato ad occuparti di vino? - «A Milano vivevo solo e, complice il freddo o una brutta forma di eremitismo che presi in quel periodo – i miei amici dicono che sia stato letargo e io un po’ orso, ma preferisco questa immagine più aulica – ho avuto un po’ di tempo per pensare. Ho pensato che un uomo, quando parla del suo lavoro deve poter sorridere, deve avere la voglia di raccontarlo. Certo non è cosa facile, ma perché non provarci. Io ho sempre sorriso parlando di vino, me lo sono sempre fatto raccontare, ma all’epoca non ne sapevo praticamente nulla. Capii di voler conoscere quel mondo. Abbandonai la grigia Milano e tornai a Napoli. Lì feci subito un corso da sommelier e dopo poco mi iscrissi al BEN RYÉ Vino che denota la sua personalità, Dall’arabo “Figlio del vento” perché il vento che soffia fra i grappoli è un costante a Pantelleria.
27
!MPATTO - GASTRONOMIA N.6 | 18 Marzo 2015
Master in Marketing delle Aziende Vitivinicole, a Firenze. La strada era quella giusta, ma ancora non sapevo dove mi avrebbe portato» Hai iniziato con l’azienda nel 2013, ti occupi ancora di accompagnare visitatori in giro per cantine? - «È cambiato tanto da allora. Devo molto alla famiglia Rallo che mi ha dato la fiducia e l’opportunità di crescere come uomo e come figura professionale. Ho iniziato facendo poco più che una giuda turistica e oggi mi ritrovo a capo di un settore appena nato, l’enoturismo, su cui l’azienda ha deciso di puntare, affidandomene la responsabilità. E non c’entra la fortuna, ma l’impegno e la passione che dedico e ho dedicato fin dall’inizio al mio lavoro. Perché non puoi parlare di vino se non consci il vitigno e non puoi parlare del vitigno se non conosci i contadini, gli operi instancabili, fondamenta dell’azienda. E non puoi parlare agli uomini se non conosci gli uomini. Questo pensiero è molto importante per me, ho una grande capacità di creare rapporti empatici con le persone, soprattutto quando parlo di vino. Forse perché per il vino provo un amore viscerale e credo che questa sia la mia forza, la forza su cui ha voluto puntare l’azienda» E oggi di cosa ti occupi? - «Mi occupo di studiare percorsi, visite e degustazioni che siano in grado di tramutarsi in esperienze. Oggi c’è una grande apertura da parte del grande pubblico verso il mondo del vino. Si fa sentire la voglia di conoscere la qualità delle materie prime e dei prodotti che l’Italia offre e io mi muovo in questa direzione. Lavoro per potenziare questo settore in crescita, cercando di fare, dei percorsi in azienda, un regalo o un momento che le persone si dedicano. Il mio auspicio è che, chi viene, torni a casa con la 28
Il percorsi del vino da Donnafugata di Marsala agli stand di Verona al Vinitaly
D
onnafugata è un’azienda vitivinicola nata nel 1983 dalle antiche cantine della famiglia Rallo: a Marsala, Contessa Entellina e Pantelleria dove viene prodotto il pluridecorato Ben Ryé, da uve zibibbo che quest’anno ha guadagnato l’ennesimo tre bicchieri secondo la guida ai Vini d’Italia del Gambero Rosso. Con i suoi 270,00 Ettari Vitati produce 2.200.000 bottiglie annue. Grazie alla gestione fresca e valente di Antoni e José rallo si è sempre più aperta alla comunicazione e al pubblico di esperti e amatori che desiderano visitare le cantine. Oggi propone percorsi di degustazione con particolari abbinamenti cibo-vino. «È l’azienda di una famiglia e familiare è l’accoglienza riservata a ogni ospite». Così Giovanni Masucci, responsabile del settore enoturistico, racconta l’atmosfera dei percorsi di degustazione attraverso le cantine di Donnafugata. Gianni è laureato in economia ed è sommelier, esperto in Marketing del vino. Ha iniziato la sua avventura in azienda per caso ma ci ha messo poco a farsi notare dalla famiglia Rallo, il cui sguardo, lungimirante e saggio, ha fatto di lui una risorsa importante per l’azienda. Dall’incontro di idee tra Gianni e la famiglia Rallo nasce, nel 2014 il settore Enoturistico che permette di vivere il vino a 360°: gli appuntamenti musicali, gli assaggi di cibo che si sposa col vino, gli splendidi paesaggi e le antiche mura fanno della vista in cantina un’esperienza multisensoriale. Il Vinitaly il Salone nazionale e internazionale di vino che si tiene a Verona dal 1967. Quest’anno dal 22 al 25 marzo ospiterà più di 4.000 espositori. Nel corso degli anni si è affermata sempre più come fiera extra settore richiamando, oltre produttori, importatori, distributori, ristoratori, tecnici, giornalisti e opinion leader, anche semplici visitatori e amatori da tutto il mondo. Ogni regione italiana e paese straniero ha il suo padiglione al cui interno si distribuiscono gli stand dei grandi e piccoli produttori. Con più di 50 degustazioni organizzate, convegni e workshop le cantine espositrici incontreranno gli operatori di comparto, si discuterà dell’annata appena conclusa e, attraverso scambi di idee e innovazioni, si progetterà quella successiva.
VINITALY è un Salone Internazionale del vino e dei distillati, che si tiene a Verona dal 1967. Vinitaly conta più di 4 000 espositori l’anno e registra circa 150 000 visitatori per edizione.
Victoria Moore on wine Unusual Italian whites Written by Victoria Moore victoria.moore@theguardian.com
LE MERAVIGLIE DI PANTELLERiA Il comune copre l’intera isola di Pantelleria che si trova a 110 km a sud ovest della Sicilia e 70 a est nord est della Tunisia, la cui costa, al pari di quella siciliana, è talvolta visibile ad occhio nudo. sensazione di aver portato qualcosa con sé, proprio come un regalo. Che sia la storia di un territorio, il racconto di come nasce un vino o anche solo un sapore e un profumo da poter, a loro volta, raccontare» A breve avrà inizio il Vinitaly, come viene vissuto questo momento in azienda? - «Ah il Vinitaly, croce e delizia di ogni azienda vitivinicola! La preparazione all’evento richiede cura e duro lavoro. Non posso negare che il caos e l’ansia in alcuni momenti la fanno da padroni, l’importante è avere bene in mente tutti i passaggi e dedicare ad ognuno la stessa attenzione. Si devono scegliere, organizzare e preparare i vini per le degustazioni, poi c’è la pianificazione dei voli e dello stand per il pubblico. Quest’anno c’è grande attesa per la presentazione di un nuovo vino, si chiamerà Prio è un bianco da uve catarratto…» Potrebbe rimanere a parlare per ore Gianni, spostandosi, con dolcezza, dalla bacca bianca del vitigno siciliano padre di Piro, al Lumera, il rosé che debuttò l’anno scorso, ma lo interrompo. Ho potuto osservare da vicino l’ansia e il caos che precedono il Vinitaly. Ma cos’è il Vinitaly per un’azienda? - «Il Vinitaly tecnicamente è una fiera nazionale e internazionale di vino. È una vetrina importante per tutti i produttori che espongono, ognuno nel proprio stand, il lavoro di un anno. Sappiamo che giornalisti, importatori, ristoratori insomma gli esperti del settore accorrono da tutto il mondo e c’è fervore, ansia. Voglia di farsi vedere. Ma il è anche Vinitaly un appuntamento di lavoro, che si gioca dietro agli stand, nelle salette private che spettano ad ogni azienda. Lì si fanno affari, bilanci, si parla dell’operato dell’anno precedente e si progetta quello per l’anno successivo. Poi c’è un Vinitaly di
M
Published by The Guardian
a a a
y Italian teacher, Laura, told me earnestly that she and her compatriots were convinced M&S’s Italian wines were “vini finti”. “Pretend wines?” I asked, thinking to have misheard, or at least misunderstood. “Si, finti - the labels are not Italian.” This tells you less about M&S (whose wines, yes, are sold under its own label and might sometimes be blended to the store’s specifications, a common practice, but are certainly not make-believe or, God forbid, made in England) than the tendency of Italians to be on perpetual alert to possible fraud and, most of all, suspicious of anything that appears foreign. In Italy, of course, a foreigner might be from somewhere as distant as a village 10 miles away. This is how the country (unified for nearly 140 years, though it feels like less) comes to have about 1,000 different pasta shapes, and has largely resisted the siren calls of chardonnay, syrah and the like, instead stubbornly nurturing its indigenous grape varieties, of which there are thought to be around 2,000. All of this makes De Gaulle’s whingeing about the impossibility of governing a country with more than 200 cheeses seem rather pathetic. And it makes Italian wine either an endless treasure chest of riches or utterly incomprehensible, depending on your perspective. As if to prove how unfairly maligned M&S was behind its back, the store has just introduced four new Italian white wines, made from four different grapes, three of which are new to me: nosiola (often used in vin santo, from Trentino, in the north), favorita (from Piemonte), arneis (also grown in Piemonte, where it makes crisp, insistent wines), and pecorino (a forgotten variety from central-eastern Italy now undergoing a revival).
festa, quello degli uomini. Siamo ogni anno gli stessi e abbiamo imparato a conoscerci. In fiera occupiamo tutti, sempre le stesse postazioni, come se quello stand in quel preciso padiglione fosse la casa di ognuno e per noi addetti ai lavori andare in giro è come andare a trovare gli amici. Scherziamo, giochiamo e apprezziamo gli uni i prodotti degli altri» È pomeriggio, i raggi del sole che attraversano la stanza educatamente si ritirano. Scivolano, dai volti al pavimento, oltrepassano la finestra e lasciano entrare il vento che accompagna la sera. La giornata volge al termine e con lei questa breve avventura. 29
!MPATTO -
N.6 | 18 Marzo 2015
Investire nella pubblicità, in tempo di crisi, è costruirsi le ali mentre gli altri precipitano.
hai bisogno di
Promozione? !MPATTO MAGAZINE VALORIZZA IL TUO FORMAT GRAFICO PUBBLICITARIO. !MPATTO MAGAZINE DISTRIBUISCE A SEGMENTI MIRATI. !MPATTO MAGAZINE RINVESTE LE ENTRATE IN PROMOZIONE PROPRIA. !MPATTO MAGAZINE RAGGIUNGE 300.000 INTERAZIONI. Banner autopromozionale del Gruppo Editoriale Impatto Reg. Agenzia delle Entrate di Napoli prt. 9223/6 del 16/05/2013 - c.f. 95182190637 - p.iva 07802041215
301
Steve Jobs
Contattaci www.impattomagazine.it gruppo.impattomagazine.it info@impattomagazine.it www.pulseo.biz info@pulseo.biz