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22 Chiara Genisio

M

ons. Francesco Soddu, 52 anni, sardo, da poco più di un mese è stato nominato dal Consiglio Permanente della Cei, direttore della Caritas Italiana. Tra i suoi primi impegni la visita alle delegazioni regionali. Il suo tour è iniziato proprio dal Piemonte. Lunedì 5 marzo a Torino ha incontrato i delegati diocesani di Piemonte e Valle d’Aosta. La sua impressione dopo il primo incontro con la delegazione di Piemonte e Valle d’Aosta? Mi sono sentito a mio agio perché mi sono sentito a casa, oltre che a sentirmi accolto. Sono stato direttore di una Caritas e quindi tutti i problemi e le attese che mi sono state sottoposte erano i miei problemi e le mie attese. E quando si condividono ci si sente molto accolti e all’interno di un unico cammino che poi è quello della Caritas. Ecco entriamo nel vivo di quella che è l’azione della Caritas, carità non vuole dire solo elemosima. Qual è allora l’azione principale? Quella della prossimità. Così come ci ha ricordato bene il Papa nella Deus Caritas Est, perché anche se tutti i mali del mondo fossero risolti (per assurdo, perché i poveri ce li avremo sempre con noi) l’aspetto della prossimità rimane sempre il fulcro portante di tutta l’azione. L’uomo per essere tale ha necessità di relazione con l’altro. Come educare i giovani alla prossimità, all’altruismo e alla condivisione?

VITA DELLA DIOCESI

Giovedì 15 marzo 2012

Il direttore ha incontrato i delegati diocesani di Piemonte e Valle d’Aosta

Mons. Soddu (Caritas): siamo di fronte a nuove povertà» Credo che i giovani, almeno per l’esperienza che ho avuto nella mia Caritas diocesana, possano essere educati in questo nella misura in cui si sentono partecipi, attori attivi di un percorso di promozione di se stessi e degli altri. Siamo di fronte a nuove povertà, anche in Piemonte e Valle d’Aosta. Tra vecchie e nuove: quale differenza? Semplicemente che ne nascono delle altre. Al di là delle letture storiche, sociologiche e quotidiane, che accetto e le inglobo, il ruolo della Chiesa e quindi della Caritas è quello di essere sempre lì presenti in tutti i casi. La pastorale della Caritas collabora già con altre pastorali. Quello di lavorare insieme sarà un p e rc o r s o s e m p re p i ù condiviso? Si deve essere sempre più inglobanti. La carità è trasversale alla liturgia, alla catechesi a tutto il mondo della Chiesa. Se da una parte questo dice che la carità non si esaurisce all’interno della Caritas dall’altra parte però mette in evidenza il grande ruolo della Caritas stessa. Cioè quello di animare al senso della carità tutto ciò che è presente nella Chiesa. Siamo sulla buona strada in questo cammino di lavoro comune? Su questo noi dobbiamo sempre essere impegna-

ti, nella misura in cui noi ci diremo che abbiamo concluso il nostro cammino vuol dire che non abbiamo capito niente, perché la carità non avrà mai fine.

Sì, in caso ❝contrario

Sembra che si siano spenti i riflettori sulla questione dei rifugiati, ma di fatto il problema permane.. Una questione che tornerà nell’immediato futuro a occupare le prime pagine dei giornali. Su immigrati, rifugiati, la Caritas ha un ruolo anche di denuncia? Si, anche di denuncia ma di proposizione. Perché la denucia non è mai fine a se stessa, la penso così in linea generale e a maggior ragione ora che sono direttore della Caritas. Quando accolgo le osservazioni desidero che vengano accompagnate da una proposta. Solo con la denuncia noi non siamo costruttori, dobbiamo essere propositivi. Sempre meno fondi per il “welfare”, il volontariato sembra assumere un ruolo ancora più importante… Dobbiamo valutare molto bene, dividendo quali sono le potenzialità e quali le risorse. Ciò vale in generale e ancora di più in un periodo di crisi. La condivisione è il motivo principale del lavoro della Caritas. Sul versante della formazione ci sono progetti

■ Mons. Francesco Soddu importanti in corso? O Regioni che hanno messo in campo iniziative pilota? O a livello nazionale avete individuato nuovi percorsi? Per la vostra regione evidenzio il progetto Policoro che proprio da qui potrà avere una forte spinta propulsiva per riprendere in pienezza quelli che sono gli obiettivi. Di fronte alla povertà che aggredisce nuove fasce della popolazione, secondo lei, c’è ancora disponibilità per i poveri più lontani?

Sì, in caso contrario noi avremmo già perso il nostro dna. Perché la Caritas si pone sempre nel saper agire e intervenire tra quotidianità ed emergenza. Tra l’altro uno dei miei obiettivi principali in questo periodo è quello di far partire il coordinamento emergenze, anche perché mi è stato chiesto dalla Presidenza e dal Consiglio nazionale. Allora quali sono i primi obiettivi come direttore? Prima di tutto di essere me stesso con tutto ciò

noi avremmo già perso il nostro dna. Perché la Caritas si pone sempre nel saper agire e intervenire tra quotidianità ed emergenza. Tra l’altro uno dei miei obiettivi principali in questo periodo è quello di far partire il coordinamento emergenze, anche perché mi è stato chiesto dalla Presidenza e dal Consiglio nazionale.

❞ che sono stato fino ad ora: parroco, direttore della Caritas diocesana e poi di essere fedele al mandato che mi è stato dato dalla Chiesa. Dagli operatori della Caritas le è stato chiesto un messaggio di speranza… La speranza ce la dona il Signore, noi siamo niente se prima non riceviamo.

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