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- Capitolo Italiano del M.V.P.A. - Anno XX - N3/2012 Registrazione Tribunale di Mantova N. 3/93 del 1.2.1993 - Poste Italiane Spedizione in A.P. - 70% - Milano
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ITALIA CAR AND WAR: LA STORIA CONTINUA
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SOMMARIO Raduno MVCC Ternavasso Walther P 38 Mercatino Sertum MCM 500 Coloniale Car and War Foto archivio La jeep dei SAS Rievocazione liberazione Linea Gotica
Giornale dell’M.V.C.C. Capitolato Italiano del M.V.P.A. Trimestrale - anno XX - N. 3/2012 Direttore responsabile Jolanda Croesi Registrazione Tribunale di Mantova N.3/93 del 1.2.1993 TMB Grafiche s.r.l. Via C.Cattaneo 19/21 Gorgonzola
Proprietario - Editore M.V.C.C. Sede Legale: P.zza Biade, 12 36100 Vicenza
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Realizzazione editoriale E.C. Editing Direzione e redazione E.C. Editing Responsabile trattamento dati (Legge 675/96): Jolanda Croesi
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La jeep dei SAS
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43 PRESIDENTE Piero Brezza VICEPRESIDENTE Lorenzo Scarlata CONSIGLIERI Giulio Caimi, Enzo Caniatti (rivista sociale), Gustavo CappaBava (consulenza tecnica), Aurelio Sanmartino, Filippo Spadi (forum)
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TERNAVASSO 02 DOPO AVER OSPITATO LO SCORSO ANNO L'ASI MILISHOW, LA PRESTIGIOSA RESIDENZA DEI THAON DI REVEL SI È CONFERMATA LUOGO IDEALE PER DIVERTIRCI CON I NOSTRI MEZZI MILITARI di Enzo Caniatti e Jolanda Croesi ARMY MOTORS ITALIA
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Per due giorni la prestigiosa residenza dei Thaon di Revel si è trasformata nel parco giochi degli appassionati di storia e mezzi militari. I prati sono stati invasi da decine di veicoli, tra i quali spiccavano numerosi mezzi in dotazione all'Asse.
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l sogno, trasformarla nella Beltring italiana, il primo passo, proporla come appuntamento fisso dei raduni sotto l'egida dell'IMVCC dopo aver debuttato subito alla grande nel 2011 quale location d'eccezione per l'ASI Milishow che quest'anno si è tenuto
a Varese. Parliamo di Ternavasso, vero "paese dei balocchi" per noi appassionati di veicoli militari. Immaginate di avere a disposizione per giocare con i vostri mezzi un enorme comprensorio immerso in una natura incontaminata, che ospita all’interno una pista di atter-
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raggio, un lago artificiale di 5 ettari e ogni genere di percorso in fuoristrada. Tutto questo è Ternavasso in comune di Poirino, a pochi chilometri da Torino, prestigiosa residenza del conte Paolo Thaon di Revel, rappresentante di una dinastia che affonda le radici nell’anti-
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LA LIBERAZIONE DI CANNES
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Per creare l’appropriata atmosfera, all’evento sono stati ammessi anche i gruppi rievocativi. I figuranti, in uniforme d’epoca, hanno ricostruito postazioni e accampamenti. A bordo dei veicoli hanno dato quel tocco di finzione scenica che non guasta quando si tratta di veicoli militari. Spettacolare la cavalcata nei campi appena mietuti.
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ca Provenza e annovera tra i suoi membri illustri personalità che hanno fatto la storia d’Italia. Paolo Thaon ha messo a disposizione la sua tenuta per organizzare una grandiosa due giorni all’insegna del puro divertimento. Non si può descrivere altrimenti la possibilità offerta ai partecipanti di testare i propri mezzi in situazioni capaci di esaltare le caratteristiche per le
quali un tempo erano stati costruiti. Ecco le sparate a tutto gas sui tratturi dei campi di grano appena mietuti, gli impegnativi passaggi del tracciato in cava, la marcia in fuoristrada sui sentieri del bosco o, per i mezzi anfibi, la possibilità davvero rara di sguazzare in un “vero” lago. Il tutto in piena libertà, senza il pericolo che spuntasse qualche “guardia del verde” ARMY MOTORS ITALIA
o qualcuno avesse da ridire per rumore, fumo e “attentato” alla quiete pubblica. Logico che una simile possibilità abbia attirato a Ternavasso numerosi appassionati e si siano potuti vedere in azione mezzi che generalmente riposano in box e capannoni o sfilano timidamente in qualche commemorazione storica, tanto solenne, ma anche alquanto noiosa.
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ARMI STORICHE
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WALTHER P 38
Pistola d'ordinanza dell'esercito tedesco, meno celebre della Luger P08, si dimostrò sul campo di battaglia decisamente più affidabile. Valida arma da combattimento, restò in servizio anche nel dopoguerra
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ella prima metà degli anni Trenta i tecnici della Carl Walther Waffenfabrik di Zella-Mehlis, una località della Turingia, spronati dal successo ottenuto dai modelli PP e PPK calibro 7,65 Browning, iniziarono a sviluppare in gran segreto (all’epoca il trattato di Versailles impediva la produzione in Germania di armi in questo calibro) una pistola 9 mm parabellum per impieghi militari dotata di scatto a doppia azione. Nel 1936, dopo alcuni anni di sperimentazioni, apparve il modello Armee Pistole, che venne esaminato dal Waffen Amt (l’ufficio armi dell’esercito tedesco), che tuttavia espresse un parere negativo a causa della presenza del cane interno. Così, modificando questo particolare, si pervenne nel 1937 alla cosiddetta “MP Militar Pistole” e alla successiva “HP Heeres Pistole” che, con alcune modifiche non sostanziali, venne adottata nel
1940 dall’esercito tedesco sotto la denominazione di “Pistole Modell 1938”, universalmente nota con il nome di P38. La nuova pistola d’ordinanza della Wehrmacht aveva delle caratteristiche rivoluzionarie per l’epoca: il suo sistema di funzionamento, basato su uno scatto a doppia azione, rappresentava infatti una grande novità per un’arma militare. A questo era stato abbinato un congegno di abbattimento del cane, fatto che consentiva di inserire il colpo in canna, disarmare automaticamente e in completa sicurezza la pistola e, in caso di necessità, esplodere il primo colpo con la semplice pressione del grilletto, senza dover disinserire la sicura o, peggio ancora, dover arretrare il carrello. In altre parole, caratteristiche che oggi appaiono assolutamente “normali”, e che erano sì presenti già all’epoca, ma in armi diverse, vennero con la Walther P38 per la prima volta utilizzate tutte insieme in
una pistola militare. Tuttavia l’originalità di quest’arma non si ferma al suo congegno di scatto: il sistema di chiusura infatti fa uso di un blocchetto oscillante che viene alloggiato sotto la canna in corrispondenza della camera di cartuccia e che si inserisce in due recessi posti sui lati del carrello. Questo sistema, presente ancora oggi su una pistola di grande successo come la Beretta serie 92, consente alla canna il solo movimento rettilineo, e garantisce così una miglior precisione. Per contro, le pistole dotate di chiusura a blocchetto oscillante devono avere un carrello di congruo spessore, poiché è sui lati di questo che vengono ricavati i recessi atti a ospitare i due tenoni deputati a mantenere la chiusura durante la prima fase di arretramento del carrello dopo lo sparo. Il funzionamento della P38 è a chiusura stabile a corto rinculo di canna: quando parte il colpo, canna e carrello arretrano insie-
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me per alcuni millimetri fino a che un pistoncino posto dietro al blocchetto di chiusura non fa abbassare quest’ultimo liberando il carrello che così può continuare la sua corsa retrograda compiendo le operazioni di estrazione ed espulsione del bossolo e di cameramento della nuova cartuccia. Molto efficace, come già detto, è il sistema di sicura, che consente l’abbattimento del cane in maniera automatica: in esemplari risalenti agli ultimi anni di guerra, tuttavia, è possibile che il blocco del percussore (che quando viene inserita la sicura impedisce a quest’ultimo di colpire l’innesco della cartuccia presente in camera sotto l’azione del cane) a causa della cattiva qualità dei materiali utilizzati si rompa, facendo così partire il colpo nel momento in cui si inserisce la sicura. Continuiamo l’esame dei sistemi di sicurezza: nella parte posteriore del carrello sporge un indica-
tore di colpo in canna, mutuato dal modello Walther PP, che consente al tiratore di rendersi conto se l’arma è pronta a fare fuoco o se deve essere arretrato il carrello per camerare una cartuccia. Tra le caratteristiche meno positive della P38 troviamo il fermo del caricatore posto alla base dell’impugnatura – soluzione che impone l’uso di entrambe le mani per toglierlo dalla sua sede – e una certa fragilità delle molle di recupero, che sono due, poste ai lati del fusto, esse non dovrebbero mai essere smontate poiché è molto facile danneggiarle. Occorre fare attenzione anche alla copertura dell’avviso di arma carica (supporta pure la tacca di mira) che talvolta tende a separarsi dall’arma durante l’uso, specie se vengono impiegate cartucce a elevata pressione, quali, per esempio, le cosiddette “testa nera” tedesche della seconda guerra mondiale, sviluppate per l’im-
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piego nelle pistole mitragliatrici MP38 e MP40 e vere e proprie “bestie grame” delle P38, che mal sopportavano le sollecitazioni di queste particolari munizioni, all’epoca estremamente diffuse e quindi facilmente reperibili sul campo di battaglia. La Whalter P38, introdotta a partire dal 1940, fu comunque una delle migliori pistole d’ordinanza della seconda guerra mondiale: affidabile, meno costosa della Luger P08, di facile utilizzo e manipolazione, è rimasta in servizio nelle forze armate tedesche anche nel dopoguerra e rappresenta il capostipite di una serie di pistole che, soprattutto a partire dagli anni Settanta, hanno invaso il mercato internazionale: le “doppia azione” di grosso calibro. Un’arma rivoluzionaria, dunque, destinata a lasciare un’impronta indelebile dietro di sé anche senza avere il fascino della blasonata Luger P08.
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MEZZI STORICI
SERTUM MCM 500 C0LONIALE L'esercito italiano non aveva in dotazione soltanto Moto Guzzi e Gilera, ma anche un'altrettanto valida mezzo litro, realizzata dalle Officine Meccaniche Fausto Alberti, ricca di sofisticate soluzioni tecniche
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austo Alberti era un perfezionista, stregato dalla meccanica di precisione. Iniziò l’attività nel 1922 realizzando attrezzi e macchine utensili di alta qualità. Ma nel 1931 decise di affiancare alla produzione una nuova attività, Sotto la sua guida, furono preparati dall’ufficio progetti i disegni di una motocicletta che doveva essere superiore in raffinatezze tecniche a quanto disponibile sul mercato. La prima moto costruita
dalle Officine Meccaniche Fausto Alberti fu un modello dotato di motore monocilindrico verticale, distribuzione a valvole laterali e cambio a tre velocità, con telaio in tubi rigido e la forcella anteriore a parallelogramma deformabile. Ottenne un immediato successo, tanto che Alberti decise in breve tempo di dedicarsi esclusivamente alla produzione motociclistica. Nacque così la Sertum, nome suggerito dal suocero, che in latino significa corona. Nei primi tempi
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molti italiani la scambiarono per una marca straniera: e il disguido contribuì al suo successo. Nel corso degli anni Trenta le Sertum prodotte negli stabilimenti di viale Certosa a Milano che contavano su macchinari moderni di alta precisione e su personale estremamente preparato -, conquistarono una notevole popolarità, sostenuta anche dagli eccellenti risultati ottenuti in campo agonistico. Nel 1939, ultimo anno di pace per l’Italia prima dell’entrata in guerra,
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la Sertum occupava un’importante posizione sul mercato nazionale e grazie all’abile direttore commerciale Mario Albini era riuscita ad ottenere anche alcune importanti commesse militari, spezzando l’egemonia di Moto Guzzi e Gilera. L’esercito scelse la nuova 500
monocilindrica che venne adattata all’impiego bellico ed inviata ai reparti. I soldati del corpo di spedizione in Africa furono tra i primi a cavalcarle. L'esemplare fotografato è del 1940, identico al civile di quegli anni, ma semplificato rispetto ai modelli di serie che
lo avevano preceduto, in ossequio alle normative sull’unificazione dei veicoli entrate in vigore per renderne più facile l’adattamento all’impiego militare. Un adattamento che prevedeva tra l’altro l’eliminazione della batteria e il comando dell’acceleratore a le-
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vetta anziché a manopola girevole, perché più facile e intuitivo. Vi era poi leva dell’anti indietreggio, dispositivo comune su tutte le moto militari italiane, che serviva nelle salite più ripide e che funzionava semplicemente grazie a un dentino che si agganciava alla
corona della ruota posteriore: andando avanti saltellava sui denti della corona e se ci si arrestava impediva che la moto andasse indietro. Insomma un antesignano sistema meccanico degli attuali dispositivi elettronici presenti su molte vetture di ultima generazio-
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ne. Utili anche le pedane particolari che consentivano di guidarla anche con pesanti scarponi; nonché il cambio con leva manuale al serbatoio, scelto per due motivi: innanzitutto era il più diffuso pure in ambito civile. E poi era più pratico rispetto a quello a pedale
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Sopra, Il cambio manuale a leva è a quattro marce. A sinistra, l'impianto frenante a tamburo di generose dimensioni. Nellla pagina accanto, il manubrio ripiegabile del secondo. Una dotazione tipica delle moto militari che permetteva al passeggero una eccellente presa per restare saldamente in sella.
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che richiedeva per essere azionato una certa sensibilità del piede, cosa impensabile attraverso stivali e scarponi militari. Il fanale aveva i comandi unificati e il carburatore dotato di grosso filtro per l’aria con paglietta metallica al suo interno sostituiva il cornetto di aspi-
razione tipico delle moto civili di quegli anni. Tuttavia la Sertum, rispetto agli analoghi modelli Moto Guzzi e Gilera, presentava alcune raffinatezze tecniche difficilmente riscontrabili su un modello militare: come la sofisticata sospensione posteriore realizzata con una
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mezza balestra che riprendeva un po’ la logica di quelle automobilistiche, ma era posizionata in verticale. Il motore, rispettando le specifiche militari, aveva la distribuzione a valvole laterali, ritenuta dall’esercito più robusta e semplice da mettere a punto di quella a
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La vista posteriore mette in risalto la targa del Regio Esercito e il robusto portapacchi con le capienti borse in tela.
valvole in testa presente sui modelli sportivi della Casa milanese. Unici interventi: la riduzione della compressione per consentire l’uso di benzina normale a basso numero di ottani. La potenza era di circa 13,5 CV a 4000 giri/min. e la velocità massima di 73 km/h per la versione biposto e 77 km/h per la versione singola, più leggera e dotata di rapporti al cambio
leggermente più lunghi. La Sertum fallì nei primi anni Cinquanta, si dice perché Fausto Alberti si era ostinato a costruire moto troppo sofisticate e costose per l’epoca. Sta di fatto che scomparve gran parte della documentazione. Ed è quindi difficile stabilire quante Sertum militari furono prodotte e quali reparti le ebbero in dotazione. Si suppongono commesse per ARMY MOTORS ITALIA
3000-4000 esemplari. Per stabilire chi le utilizzò, le uniche fonti sono costituite dalle rare foto e dagli altrettanto rari filmati d’epoca. In uno di questi si vedono alcune Sertum che guidano la parata di decine di Moto Guzzi e Gilera e che sfilano davanti alle autorità del regime durante l’occupazione di Nizza. (segue a pagina 30)
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Sopra, la forcella anteriore, particolarmente robusta, con molla centrale. Ammortizzatori e frenasterzo regolabili a mano. A sinistra, primo piano sulla placca con il fascio littorio del Regio Esercito.
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Sopra, in ossequio alla normativa sull'unificazione dei veicoli per renderli più adatti all'impiego militare, il comando dell'acceleratore è a levetta anziché a manopola girevole. A fianco, sulla sinistra del manubrio le levette dell'anticipo manuale e sotto di esse il comando dell'anti indietreggio. A destra. il motore monocilindrico.
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La distribuzione è a valvole laterali, ritenuta dall'esercito più robusta e semplice da mettere a punto che non quella in testa.
(segue da pagina 26) Fatto curioso: le moto hanno la mitragliatrice Breda 30 montata sul canotto. Viene spontaneo domandarsi come facessero a guidare con tutto quel peso sullo sterzo. Più razionali erano gli attacchi al posto del sedile per il secondo passeggero per fissare sulla sinistra la Breda 37, sulla destra il cavalletto e sul portapacchi la cassetta delle munizioni. Un sistema piuttosto complesso e poco pratico quando si era sottoposti al fuoco
nemico. Spesso, finiti i 300 colpi di ordinanza, si doveva fuggire e non c’erà il tempo materiale di smontare e riagganciare alla moto l’arma, che veniva così abbandonata. Tanto più che la canna era rovente e, come era posizionata, ustionava la gamba. Le ebbero in dotazione tutti i Corpi, in particolar modo i bersaglieri, e furono utilizzate anche durante la Repubblica Sociale. Esiste una foto, non molto nitida, che mostra una Sertum, con mimetismo a chiazze
come si usava nel periodo, ritratta accanto a un soldato tedesco. Da notare che, durante il conflitto, Alberti continuò a migliorare le proprie moto. Acquistò in Germania torni di altissima precisione con i quali realizzò un sofisticato accoppiamento tra ingranaggi e albero a forma di triangolo con gli angoli smussati. Il disegno fu impiegato al posto della corona quando nel 1946 l’Italia diventò una Repubblica. EC
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CAR AND WAR La storia a puntate delle auto con le stellette: dai primi tentativi di impiego bellico, al debutto nella Prima Guerra Mondiale, alla consacrazione nella Seconda. Mezzo secolo di auto fuori dall'ordinario Tra le piĂš originali costruzioni realizzate per impiego militare, un posto di primo piano spetta al trattore pesante campale Pavesi P4. Nella foto il modello 31 o L 140 realizzato nel 1931, si distingueva per le contenute dimensioni.
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entre Heinz Guderian affinava l'impiego delle Panzerdivisionen, in Italia il Regio Esercito era ancora in fase di ammodernamento. Nonostante la spinta "fascista" esistevano ancora forti resistenze in seno agli alti quadri a meccanizzare completamente le truppe. In compenso il regime aveva fortemente favorito l'industria motoristica. Questo si era tradotto nella nascita di moderne strutture produttive in grado di sopperire alle esigenze sia civili sia militari. Nel 1929 fu fondato il Consortium Fiat con
lo scopo di vendere i veicoli commerciali e industriali della stessa Fiat, della SPA e della Ceirano, entrambe entrate nell'orbita del futuro colosso torinese. Fu anche ideato, attraverso la SAVA, un sistema di rateazione che contribuĂŹ al rapido ammodernamento del parco circolante. L'offerta comprendeva una decina di modelli e due di questi, il tipo leggero SPA 25 C 10 e il tipo pesante Ceirano 50 CM, destarono l'interesse dei militari, alla ricerca di veicoli capaci di sostituire modelli ormai obsoleti come il Fiat 15 Ter, impiegato durante la Prima Guerra Mondiale. Fu rimpiazzato
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32 Sopra, i Ceirano 50 furono allestiti, agli inizi degli anni Trenta, con speciali piattaforme in grado di ospitate un pezzo da 75 in funzione antiaerea. 24 autocannoni furono impiegati in Africa Orientale. Nella pagina a fianco la locandina che pubblicizzava il Consortium Fiat.
dallo SPA 25 progettato nel 1925. Rispetto al suo predecessore presentava alcune sostanziali migliorie: portata aumentata da 1500 a 2500 chili, piano di carico più spazioso, motore, nonostante una forte riduzione della cilindrata, più potente. Come avvenuto per il 15 Ter, l'autotelaio fu utilizzato per una serie di veicoli speciali destinati agli impieghi più svariati. La versione base era caratterizzata dal cassone in legno (piano di carico 2,90 x 1,68 metri) che a sua volta poteva essere dotato di due tipi di cabina: una chiusa con tettuccio rigido e portiere di accesso laterali, e una aperta, ricopribile mediante un tendone impermeabile e priva di portiere. Le varianti erano rappresentate dai furgoni metallici: l'ambulanza con capacità di sei barelle, l'autofrigorifero e l'autofficina. Il carro normale a cassone poteva essere dotato di una piccola gru e trasformarsi così in mezzo di soccorso. A volte veniva attrezzato con scivoli posteriori che permettevano il carico di quadrupedi operanti nei reparti di cavalleria o artiglieria a cavallo.
I successori dei Fiat 18 BL e BLR furono i Ceirano 47, introdotto nel 1925, e il 50. I due modelli adottavano il medesimo motore quattro cilindri a benzina di 4720 cc di cilindrata, in grado di erogare una potenza di 53 CV. Si trattava tuttavia di due veicoli profondamente diversi. Il primo era dotato di gommatura pneumatica ad alta presssione. Aveva un passo leggermente allungato e un cassone più corto. Ma soprattutto disponeva di diversi rapporti di trasmissione, per cui poteva raggiungere una velocità prossima ai 100 km/h contro i 50 km/h del 50 CM, anche se con circa la metà del carico. Fu quindi destinato ai reparti celeri. Il 50 era invece il tipico mezzo da trasporto in retrovia, robustissimo e capiente, ma decisamente lento. Fu impiegato nelle autosezioni pesanti delle divisioni di fanteria e del genio per il trasporto di carichi consistenti. Il tipo normale, fornito di cassone lungo 3,88 metri, poteva avere la cabina aperta e ricopribile con il solito telo impermeabile, oppure metallica e chiusa. La meccanica e lo chassis furono utilizzati
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Sopra, il Ceirano 50 CM, nato come autocarro pesante per ogni tipo di trasporto strategico in retrovia. Robustissimo e capiente, era però decisamente lento. Nella pagina a fianco, la torpedo cique posti Fiat Ardita 2000 C, a passo corto, fu la vettura preferita dagli alti ufficiali prima della guerra.
come base per sviluppare alcuni carri speciali. Tra questi spiccava il modello carrozzato furgone chiuso, con fiancate apribibili orizzontalmente a libro, e trasformato in officina autocampale per le riparazioni sul terreno dei mezzi in avaria. Altra trasformazione interessante fu l'allestimento di una piattaforma per pezzi contraerei da 75. L'autocannone così ottenuto, allestito dalla Viberti di Torino a partire dal 1927, era simile al carro normale, ma aveva un telaio irrobustito, un cassone metallico e sponde laterali ribaltabili durante le azioni di fuoco ed era dotato di numerosi caricamenti esterni, nonché di cofani ad alveare per i proiettili di primo impiego, per un totale di 96 colpi. L'affusto a candeliere del pezzo era fissato sulla piattaforma e il veicolo, tra cabina di guida, due se-
dili ribaltabili e una panchetta trasversale all'estremità posteriore, era in grado di trasportare otto uomini. Per migliorare la stabilità di tiro era provvisto di una serie di dispositivi, colonnette, zampe, tiranti metallici che fissavano rigidamente il pianale del cassone con le ruote e con il terreno. Sul fronte più automobilstico si adattarono all'impiego militare sia le vetture sia i furgoni civili. Tra questi ultimi da ricordare il Fiat 507 FA (Forze Armate) del 1926, che derivava dall'omonima automobile, mossa da un motore quattro cilindri a valvole laterali di 2997 cc in grado di sviluppare 35 CV a 2000 giri/min. Alcuni anni più tardi fu realizzato il camioncino Fiat 618 M coloniale, che altro non era se non la trasformazione della vettura Ardita 2000, di cui utilizzava il propulsore a valvole la-
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Anche la Fiat 508 "Balilla" spider a tre marce fu chiamata a svolgere il servizio militare. Qui vediamo una esibizione di collaudo su un terreno particolarmente impegnativo. Da notare la guida a destra, tipica dei modelli dei primi anni Trenta.
terali di 1944 cc di cilindrata. Della vettura non era però conservata la calandra a spartivento che era stata nel 1932 una novità per la Fiat. Per alcuni anni, a partire dal 1933, la Casa torinese si aggiudicò una specie di monopolio nella fornitura di automobili per le forze armate, destinando a questo scopo le macchine di più moderna concezione che venivano costruite nel moderno impianto del Lingotto. Il modello che ottenne un immediato apprezzamento dai vertici militari fu la 518 C Ardita 2000, realizzata per gli spostamenti degli ufficia-
li superiori. Derivava dalla 518 civile, lanciata un anno prima sia in versione berlina sia torpedo, a passo lungo (3 metri) e corto (2,70 metri) La versione militare era una robusta torpedo, passo corto, a cinque posti, quattro portiere incernierate alle estremità anteriore e posteriore e pertanto apribili a libro, ruote di scorta ancorate sui parafanghi anteriori, possibilità di installare un pratico baule amovibile sopra un sostegno metallico ribaltabile, fissato dietro al veicolo. Il motore, di 1758 cc di cilindrata era derivato dal modello Sport. (continua)
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FOTO ARCHIVIO CANNONI D'ASSALTO
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38 La necessitĂ aguzza l'ingegno. Di fronte al problema di come utilizzare gli chassis dei carri leggeri e medi di modello ormai obsoleto, i tedeschi risposero realizzando una nuova, temibile arma: lo SturmgeschĂźtz, ovvero il cannone d'assalto. Sopra, uno Stug III Ausf. B in azione nel settembre 1940. A lato, i primi modelli erano muniti di un pezzo da 75 mm lungo 24 calibri. Nella pagina a fianco: uno Stug Ausf. B durante l'attacco alla Russia.
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L'evoluzione imposta dal campo di battaglia portò all'adozione di un cannone lungo 43 calibri, di tipo a caricamento automatico, a sua volta sostituito da altro modello lungo 48 calibri. Sopra, Stug 40 Ausf.G dotato di Schßrzen, ovvero le piastre di protezione sui fianchi contro gli attacchi ravvicinati della fanteria. A lato, uno Stug 40 in azione in Ucraina nel 1942. Nella pagina a fianco, in evidenza la protezione Zimmerit anti mine e la cupola del capocarro.
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Nelle fasi finali del conflitto gli Stug, dotati di cannoni sempre pi첫 potenti, si dimostrarono degli eccellenti cacciacarri.
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MEZZI STORICI
LA JEEP DEI SAS "CHI OSA VINCE" Per duttilità e praticità d'impiego, lo Special Air Service adottò la jeep come mezzo di pronto impiego, trasformandola in una temibile postazione di fuoco mobile. L'affascinante riproduzione di un socio
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entisei luglio 1942, dopo diversi giorni di guida nel deserto libico scortati dal Long Range Desert Group, quaranta uomini dello Special Air Service britannico a bordo di diciotto jeep armate fino ai denti si appostano sulle alture prossime all’aeroporto tedesco di Fuka, in attesa del buio. A notte fonda, sfruttando la luna piena, il gruppo entra in azione attaccando il nemico di sorpresa: la combinazione di mitragliatrici Browning
e Vickers è in grado di produrre una potenza di fuoco devastante, cinquemila colpi al minuto. La debole reazione tedesca è ben presto annientata, nel giro di quindici minuti più di trenta velivoli sono distrutti e almeno altrettanti seriamente danneggiati, le perdite ammontano a un caduto e una jeep persa… Il bilancio complessivo dei raid portati a termine dai SAS a bordo di jeep nel deserto occidentale riporta più di quattrocento velivoli dell’asse messi fuori combat-
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timento, ai quali vanno aggiunti danni ingenti a mezzi, armamenti e strutture: un risultato eccezionale, considerando l’esiguità dell’organico effettivo. Il capitano Stirling, comandante dei SAS, intuì fin dai primi mesi del 1942 che le jeep si prestavano meglio di ogni altro mezzo per la tipica missione, che durava spesso quindici giorni e richiedeva una autonomia di almeno mille chilometri in territorio desertico, corrispondenti a circa duecentocinquanta litri di
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Sopra, la jeep riprodotta da Patrick Tedeschi, numero di registrazione WD 4822478, in una delle tre foto originali conosciute, disponibili all’Imperial War Museum di Londra.
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Sopra, si nota come le jeep SAS fossero spogliate di ogni particolare superfluo: mancano i maniglioni posteriori, i catarinfrangenti. Le ruote di scorta sono appoggiate direttamente ai paraurti. A sinistra, notare il supporto mitragliatrice che attraversa la scocca e la Vickers brandeggiabile dal guidatore. Nella pagina accanto in alto, paradossalmente non c’e’ traccia di bidoni benzina inglesi: le quindici taniche erano “jerrycan” tedesche, italiane o americane. Sotto, gli effetti personali e i sacchi a pelo erano contenuti in sacche fissate all’esterno della jeep.
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Le grelle da disinsabbiamento di tipo inglese e i paraurti montati sotto-sopra per un migliore appoggio delle due ruote di scorta.
benzina e cento d’acqua per ogni veicolo. L’allestimento comprendeva circa quindici taniche, un vaso d’espansione per il radiatore, svariati supporti per le armi, due ruote di scorta, due grelle di tipo inglese e una bussola solare, più raramente una bussola magnetica aeronautica. Le gomme anteriori erano le standard 6.00x16 NDT,
mentre le posteriori avevano un battistrada liscio, adatto per la sabbia. Ogni particolare non strettamente necessario veniva rimosso, principalmente per aumentare il carico utile. L’armamento variava da veicolo a veicolo, ma consisteva essenzialmente in una serie di mitragliatrici di derivazione aeronautica monARMY MOTORS ITALIA
tate in modo da consentire di sparare sia al guidatore che al navigatore, fronte marcia e all’indietro. Completavano il corredo bellico delle bombe a mano e pistole. Il colore di base applicato alle jeep era lo “stone yellow” inglese, sul quale erano applicate macchie di mimetismo marrone. (segue a pagina52)
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Sopra, notare sulla sinistra la bussola di tipo aeronautico e il manico della pala inglese fissata con un cordino. A sinistra, primo piano sulle grelle da disinsabbiamento indispensabili per il deserto.
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Sopra, il vaso di espansione del radiatore era di dimensioni notevolmente maggiori rispetto a quello del “desert kit� americano. A sinistra, la mitragliatrice pesante anteriore era in grado di provocare gravi danni al nemico. La coppia di Vickers K montata al posteriore, risultava efficacissima nel proteggere la ritirata.
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Notare la mascherina segata e la targa “WD 4822478”. Davvero notevole la cura e la corrispondenza storica di ogni dettsglio.
(segue da pagina 48) Ad oggi non si conoscono esemplari di jeep SAS originali, ma fortunatamente esiste parecchio materiale fotografico dell’epoca e pertanto è possibile ricavare la documentazione necessaria a definire ogni dettaglio. Le repliche in circolazione sono parecchie, in Inghilterra è stato creato addirittura un gruppo di ricostruzione storica dedicato al LRDG e ai SAS ( www.
lrdg.org). L’esemplare presentato in queste pagine, ricostruito da un nostro socio, è il frutto di tre anni di lavoro di ricerca e restauro. La jeep è una Ford “script” dell’aprile 1942 e rappresenta un punto di riferimento per la cura maniacale dei particolari. Sul lato passeggero monta una Browning calibro 50 con un piedestallo artigianale che attraversa la scocca per andarsi ad ancorare al telaio, una coppia di
Vickers “K” rivolta verso il lato posteriore e una Vickers “K” singola brandeggiabile dal guidatore. Per chi fosse interessato consiglio il libro “Dietro le linee di Rommel. L’altra guerra nel deserto delle truppe speciali britanniche” di Gordon John W., edito da Editrice Goriziana: contiene diverse foto originali e descrive molto bene le missioni e la storia dei SAS. Gustavo Cappa Bava
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67° LIBERAZIONE FORTE DEI MARMI Le proibitive condizioni meteo hanno costretto gli organizzatori a rimandare il classico appuntamento rievocativo della liberazione della Linea Gotica, che si è tenuto con pieno successo a inizio estate
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i sarebbe dovuta svolgere nei giorni 13,14,15 aprile 2012 la rievocazione della liberazione di Forte dei Marmi e Montignoso, ma le condizioni meteo sfavorevoli ce lo hanno impedito per cui tutto è stata rimandato al 8, 9 e 10 giugno 2012. Nel vasto campo base fian-
cheggiato dal viale Litoraneo sono state allestite varie tende, scavate trincee e organizzate postazioni militari per rendere il più reale possibile il sito della rievocazione storica. Quest’anno dopo la Jeep in “Cassa” dell’anno scorso, c’è stata una novità oltremodo originale ed interessante. Da una idea del ns.
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Presidente Marco Giandomenici, è stato costruito fedelmente in scala 1/1, con una struttura di legno, un bunker tedesco di osservazione identico a quelli in cemento armato presenti all’epoca sulla Linea Gotica. Posizionato all’ingresso del campo era ben visibile dal viale a mare e ciò a fatto si che
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Sopra, clou della manifestazione è stato quest'anno la fedele ricostruzione in scala 1/1, con una struttura in legno, di un bunker tedesco di osservazione identico a quelli in cemento armato presemti all'epoca sulla Linea Gotica.
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le auto si fermassero e le persone entrassero a visitare incuriosite l’intero campo, allestito con cura, in cui si potevano vedere decine di veicoli della II G.M. dalle Jeep ai Dodge ai GMC, all’ambulanza ai cingolati fino al carro armato Sherman dell’amico Assolari. Un collezionista locale ha organizzato all’interno del Bunker un centralino telefonico originale te-
desco perfettamente funzionante collegandolo con varie postazioni all’interno della base. Non sono mancati una Fiat 514 d’epoca ed un OM autocarretta di Cardella della compagine lucchese sempre presente in tali occasioni con i propri mezzi militari. Venerdì pomeriggio il campo era già operativo ed iniziava l’arrivo dei primi veicoli,il sabato mattina ARMY MOTORS ITALIA
la prima uscita degli automezzi ha portato molti partecipanti in località Pasquilio, situata nelle montagne tra Massa e Montignoso e teatro di duri combattimenti tra tedeschi ed americani durante lo sfondamento della Linea Gotica nell’aprile del 1945. Da lì era visibile un panorama che spaziava dal verde della vallata all’azzurro del mar Tirreno.
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Nel pomeriggio una colonna di oltre 50 veicoli militari, compresi i cingolati e l’immancabile Sherman, hanno effettuato una imponente sfilata nel centro di Forte dei Marmi, con deposizione di una corona al monumento dei caduti alla presenza delle Autorità Civili e Militari della città. Un pubblico numerosissimo, quasi incredulo, osservava e commentava le uniformi dei Reenectors ed i mezzi, per non parlare
dei bambini che con espressioni di sorpresa a colonna ferma, volevano salire sui veicoli storici militari per una foto ricordo. Dopo qualche ora rientro alla base per prepararsi alla cena di Gala organizzata presso Hotel Nedy a Marina di Massa, dove ci attendeva l’aperitivo a bordo piscina ed una deliziosa cena in un bellissimo salone sfavillante di luci ed uniformi d’epoca che rendevano l’ambiente carico di simpatia e convivialiARMY MOTORS ITALIA
tà. Molte le signore in meravigliose uniformi o abiti civili in stile anni 40 che davano un tono di eleganza e femminilità all’evento. A tarda ora tutti a dormire perché la domenica mattina ci attendeva un’altra sfilata nel centro di Montignoso dove una folla plaudente ha fatto da cornice alla rievocazione. Visita ad una bella mostra fotografica e di cimeli inerenti la II G.M..Deposizione al cimitero comunale dove riposa il Comandate
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Sopra, un collezionista locale ha allestito all'interno del Bunker un centralino telefonixo originale tedesco perfettamente funzionante collegandolo con varie postazioni all'interno della base.
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Partigiano dei Patrioti Apuani Pietro Del Giudice, primo prefetto della Città di Massa liberata. Rientrati al campo base abbiamo pranzato e nel pomeriggio un numerosissimo pubblico si aggirava nella area storico rievocativa per vedere i veicoli e le strutture allestite. Suggestivi gli spettacoli proposti al pubblico, con le manovre del carro armato Sherman in campo aperto e dei cingolati, oltre alla rievocazione di una colonna americana composta da
jeep, dodge e GMC, preceduti da una squadra di sminatori che simulavano il disinnesco di una mina permettendone l’avanzata in territorio nemico. Lo spazio enorme del campo ci ha permesso di delimitarne una parte che abbiamo destinato al divertimento dei bambini e non solo. Con una offerta di qualche euro potevano fare un giro ai bambini sulle Jeep messe a disposizione da alcuni soci della Linea Gotica Tirrenica. Tale iniziativa, ARMY MOTORS ITALIA
che ha avuto un grande consenso del pubblico, ci permette di fare beneficenza ad istituti ed Onlus che si occupano di persone bisognose di aiuto. A tarda sera della domenica c’e stato il commiato, che e sempre un po’ triste, ma resta l’impegno di rincontraci alla prossima occasione. Un cordiali saluto ed un ringraziamento a tutti i partecipanti Linea Gotica Tirrenica Egidio Alberti
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