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ITALIA DIGITALE

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Che impatto avrà la pandemia di coronavirus nel breve e medio periodo sul lavoro e sugli investimenti delle aziende? Potrà, forse, fungere da catalizzatore per cambiamenti organizzativi e tecnologici.

LE LEZIONI DELLA CRISI

Nonostante le molte difficoltà, la pandemia di coronavirus e il conseguente lockdown potranno essere per le aziende un catalizzatore di cambiamento organizzativo e tecnologico? Di certo stiamo scoprendo che cosa significhino concretamente lo smart working, il fare riunioni ed eventi online, la formazione a distanza, l’uso delle piattaforme di e-commerce. Lo smart working porterà vantaggi legati alla diminuzione dei trasferimenti e dei costi degli spazi degli uffici, oltre a produrre impatti positivi sull’ambiente. Stiamo anche scoprendo che la tecnologia aiuta a relazionarsi meglio con i clienti attraverso il ricorso ai canali digitali, che si stanno dimostrando una valida alternativa anche per chi finora li aveva usati poco o per niente. Le imprese manifatturiere, inoltre, stanno imparando che i processi della supply-chain possono essere fragili se non sono "intelligenti" e flessibili lungo l'intera catena del valore, e che i processi di produzione devono diventare sempre più automatizzati (come nel modello Industria 4.0). Solo così potranno essere resilienti e agili nel rispondere a questi shock. Infine stiamo osservando come le aziende, per rafforzare le proprie infrastrutture tecnologiche e mettere velocemente a disposizione alcuni servizi e modalità di lavoro smart, stiano facendo ricorso a servizi cloud che garantiscono scalabilità e resilienza. Ciò richiederà un veloce adeguamento delle infrastrutture di rete e di comunicazione per supportare il sensibile aumento del traffico, dunque si dovrà accelerare la larga banda in tutti i territori. Tali tendenze sono confermate anche dal fatto che i mercati stanno premiando colossi come Amazon, Microsoft e i vari operatori over-the-top, ma anche imprese del settore software. Queste lezioni sul potenziale delle tecnologie che le aziende stanno imparando possono guidarci a tracciare lo scenario del mercato digitale nel contesto economico che abbiamo di fronte. Per il nostro Paese si prevede nel 2020 un Pil in decrescita tra il 7% e 9%, a seconda di scenari variabili in base alle tempistiche di esaurimento della pandemia e alla conseguente durata della recessione economica. L’impatto sarà diversificato per settore e per geografia anche nel nostro Paese e influirà sulla spesa corrente e sugli investimenti in tecnologie digitali: le Regioni più colpite pesano per oltre il 40% sul Pil e per oltre il 50% sul valore del mercato digitale nazionale. Quest’ultimo, dopo

aver ripreso a crescere negli ultimi due anni (portando a tracciare una previsione simile per il 2020), ora si troverà di fronte a una decrescita significativa per quest’anno. Ma di quanto, e chi subirà i maggiori impatti? Le lezioni apprese potranno essere un fattore di accelerazione in alcuni settori e aziende? Da un recente sondaggio di The Innovation Group, realizzato durante il lockdown su un campione di imprese cross-settoriale, risulta che è in corso una valutazione delle priorità aziendali, con un duplice focus: da una parte, sui costi e sul ritardo nel lancio dei nuovi prodotti; dall’altra, sull'utilizzo di canali digitali e smart working per far fronte all’emergenza. Ciò può portare a una riduzione della spesa in tecnologia prevista e a un congelamento dei progetti, ma può anche accelerare le iniziative legate alla necessità di far fronte alla continuità operativa e ad avviare progetti di trasformazione digitale per recuperare efficienza e produttività. A dimostrazione di ciò, la maggioranza del campione afferma di voler mantenere invariato o addirittura di voler aumentare il budget inizialmente previsto prima della pandemia. Ezio Viola, amministratore delegato di The Innovation Group

CONTACT TRACING SOSPESO TRA ETICA E NECESSITÀ

La via italiana al contact tracing è tracciata, per dirla con un giro di parole. Per usare i nomi propri dobbiamo invece parlare di Immuni (così si chiamerà l’applicazione che il governo invita gli italiani a scaricare sul proprio smartphone) e di Bending Spoons, la software house milanese che ne ha sviluppato il codice, mettendolo a disposizione con licenza d’uso gratuita e perpetua. La società è stata scelta fra le oltre trecento candidature giunte al Ministero dell’Innovazione poiché ritenuta la “più idonea per la sua capacità di contribuire tempestivamente all’azione di contrasto al virus, per la conformità al modello europeo delineato dal Consorzio PEPP-PT e per le garanzie che offre per il rispetto della privacy”, come si legge nell’ordinanza numero 10 del 16 aprile firmata dal Commissario straordinario per l'emergenza covid-19, Domenico Arcuri. Il citato consorzio, di cui Bending Spoons fa parte (insieme a una trentina di altri soggetti, tra aziende e istituti di ricerca di otto Paesi), propone un approccio internazionale al problema del tracciamento dei contatti e delle interazioni fra le persone: le varie app sviluppate su base nazionale dovranno essere interoperabili. Cioè dovranno poter comunicare tra loro, consentendo di ottenere una visione d’insieme. Lo scopo del contact tracing è proprio questo: registrare i contatti ravvicinati tra le persone così da poter ricostruire a posteriori, per ogni nuova diagnosi, la mappa degli altri potenziali contagiati. Oltre a Bending Spoons (che pur essendo un’azienda italiana per le sue applicazioni iOS può vantare oltre 12,6 milioni di utenti attivi tra Nordamerica ed Europa) stanno collaborando alla lotta mondiale al coronavirus anche due colossi della Silicon Valley. Rivali in molti campi, Apple e Google si sono alleate per fornire sostegno tecnologico a governi, forze dell’ordine e operatori sanitari. Nel mese di maggio verranno rese disponibili dalle due società delle interfacce di programmazione delle applicazioni (Api) interoperabili, che permetteranno agli sviluppatori di far funzionare le medesime app su dispositivi Android e iOS. Per queste future applicazioni, così come per l’italiana Immuni, la registrazione di spostamenti e contatti ravvicinati sarà affidata non al Gps bensì al Bluetooth. A parole, la tutela della privacy sarà necessariamente garantita, procedendo con l’anonimizzazione

e l’aggregazione dei dati in modo da renderli non riconducibili al singolo, cosa che d’altra parte già si sta facendo con la raccolta dei dati delle celle telefoniche. Rispetto a quest’ultimo metodo, però, l'uso del Bluetooth è più orientato alla privacy: su un cellulare dev’essere attivato con un gesto volontario dell’utente, mentre il passaggio di un dispositivo dentro all’area di copertura di una cella telefonica viene rilevato in automatico. Si è detto, inoltre, che l'utilizzo di Immuni sarà su base volontaria. Tuttavia, già a pochi giorni dalle presentazione dell'app, alcuni giornalisti instillavano il dubbio che il governo possa finire per imporre limitazioni agli spostamenti (o addirittura l'obbligo di braccialetto elettronico) per chi sceglierà di non collaborare. Il garante della privacy, Antonello Soro, ha sottolineato di “non essere stato coinvolto nella valutazione dell'applicazione”. D’altra parte il presupposto per l’efficacia del contact tracing (per il covid-19 così come per altre patologie virali) è che il progetto coinvolga una larga fetta della popolazione, almeno la maggioranza. La ragione dell’etica per il momento resta sospesa tra le libertà personali necessarie per poter definire un Paese come democratico e l’urgenza di passare alla “fase due”, salvando l’Italia dalla paralisi economica. Per il Commissario straordinario Arcuri, senza dubbio, il contact tracing sarà “un pilastro importante nella gestione della fase successiva dell'emergenza”.

Valentina Bernocco

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