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STARTUP
LA MARCIA IN PIÙ DEI CHATBOT È L’EMPATIA
Carmine Pappagallo e Gianfranco Fedele, fondatori della startup campana Mazer, raccontano gli ingredienti vincenti del loro progetto: Laila, un software per piattaforme conversazionali che adatta il suo modo di parlare all’utente.
L’ intelligenza artificiale pura e semplice ai chatbot non basta più. Serve un ingrediente ulteriore, che da esseri umani potremmo chiamare “empatia” ma che dal punto di vista tecnologico è anch’esso il frutto di algoritmi di machine learning. Per l’utente che si ritrovi a chattare dall’altra parte dello schermo assomiglierà piuttosto a una dote emotiva, che rende il chatbot quasi (o del tutto) indistinguibile da un interlocutore umano. Questa è la caratteristica di Laila, una piattaforma software per la creazione di interfacce conversazionali “dal tocco umano”, come le definiscono in Mazer, la startup campana che ha messo a punto tale tecnologia. l programma non interagisce con l’utente attraverso scelte multiple o risposte preimpostate, bensì è padrone di un registro linguistico che si adatta di volta in volta all’azienda che ne fa uso. Laila monitora continuamente il sentiment della persona con cui sta dialogando, cioè gli stati d’animo che trapela-
no dal dialogo, e adatta il suo linguaggio alla forma che l'utente è meglio in grado di comprendere. Addirittura, secondo i test realizzati dalla startup, una persona su due non si accorge di interagire con un software ma crede di dialogare con una ragazza in carne e ossa (al punto di arrivare a flirtare). Per capirci di più, Technopolis ha intervistato Carmine Pappagallo e Gianfranco Fedele, fondatori di Mazer.
Come è nata l’idea alla base della vostra startup? Carmine Pappagallo: Noi founder del progetto Laila proveniamo dal mondo del digital marketing, dove abbiamo maturato una profonda consapevolezza sulle esigenze delle piccole, medie e grandi aziende che operano nel Web. Sappiamo, per esempio, che essere online significa dotarsi di una struttura che risponda al pubblico in tempi rapidi ed in ogni momento del giorno e della notte. Un modello di marketing fondato sull’idea che la comunicazione tra utente e brand debba essere un’esperienza di dialogo personale, in cui l’utente ha sempre disponibile un interlocutore in grado di risolvere ogni suo dubbio. Gli e-commerce ne sono un esempio lampante: su questi siti le decisioni vengono prese in tempi rapidissimi ed è molto facile per chi compra cambiare idea sulla base di decisioni repentine, spesso impulsive. Questo legame tra utente e brand richiede un contatto umano, materialmente difficile da realizzare in termini di costi e di efficacia. Ebbene, Laila crea proprio questo tipo di esperienza: un dialogo in linguaggio naturale nell’ambito del quale il chatbot sviluppa una relazione “empatica” col proprio interlocutore, attraverso potenti sistemi di intelligenza artificiale in grado di misurare il suo stato d’animo e di orientare la conversazione nella direzione più adatta a lui.
Ha compiuto da poco due anni il programma di sostegno alle nuove idee imprenditoriali creato da Microsoft e oggi operativo in 140 Paesi del mondo. Inclusa l’Italia, dove ha debuttato recentemente grazie ad accordi siglati a Torino con Officine Grandi Riparazioni e a Milano con Fondazione Cariplo. Microsoft for Startups mette a disposizione consulenza e supporto, ma soprattutto agevola l’incontro con potenziali clienti e investitori, dato che le startup MICROSOFT FOR STARTUPS STA DIVENTANDO GRANDE del programma hanno accesso diretto alla rete di vendita del colosso di Redmond. Due nuovi vantaggi si aggiungono per le startup: ora possono utilizzare GitHub Enterprise, servizio che prevede funzionalità aggiuntive rispetto a quelle di GitHub (la piattaforma per la community open-source oggi di proprietà di Microsoft); prossimamente, inoltre, avranno accesso alla Microsoft Power Platform, piattaforma per l’analisi dei dati e lo sviluppo di applicazioni aziendali.
Quanto tempo ci è voluto per passare dall’idea, allo sviluppo, alla commercializzazione? Gianfranco Fedele: La realizzazione di Laila, per la sua natura tecnologica, è strettamente legata alla ricerca scientifica con cui ci siamo misurati dal primo giorno. Essenziali sono state le partnership universitarie, prima fra tutti quella con l’Università della Campania Luigi Vanvitelli, che ci hanno guidato nella scoperta e nella creazione di strumenti di intelligenza artificiale evoluti e assolutamente inediti. La ricerca scientifica è durata un anno, alla fine del quale è stato sviluppato un prototipo che ci ha permesso di andare online su un numero limitato di siti Web su cui Laila oggi è ancora presente. Una volta ottenuti i primi importanti riconoscimenti, ci siamo strutturati per l’industrializzazione del prodotto, che nel giro di sei mesi è diventato un servizio Software-as-aService.
In base alla vostra esperienza, quali ostacoli si trovano ad affrontare gli aspiranti startupper italiani? C.P.: A nostro parere, la cosa più difficile è trovare partner esperti in grado di guidarti nelle scelte più importanti. È facile imbattersi in piattaforme di crowdfunding, associazioni di investitori o venture capital che pubblicizzano le proprie attività online: la semplicità con cui se ne scopre l’esistenza è pari a quella con cui spesso se ne rimane delusi. Un ruolo importante l’ha giocato la nostra inesperienza: sappiamo di aver spesso bussato alle porte sbagliate, ma alla fine siamo riusciti a circondarci delle giuste persone che hanno dato la necessaria spinta al nostro progetto.
Per esempio? C.P.: Il Ministero dello Sviluppo Economico, che ha riconosciuto da subito il caratteri innovativo del nostro progetto e ha iscritto la nostra azienda all’Anagrafe Nazionale delle Ricerche, accordandoci agevolazioni e piani di sviluppo fondamentali. In secondo luogo Elteide, il nostro acceleratore d’azienda, che ancora oggi cura ogni aspetto del nostro
business e in più ci guida nell’ambito del complesso mondo della finanza agevolata. E poi Zephiro Investments, che ci segue nel difficile percorso attraverso finanza e investimenti.
Quanto è stato importante trovare l’appoggio di incubatori e investitori? C.P.: Avere un incubatore come Elteide è stato fondamentale per due motivi, uno pratico e l’altro psicologico: affidare la propria azienda a professionisti esperti la gestione amministrativa, contabile e finanziaria mette nelle condizioni psicologiche ideali per potersi concentrare su quello che appare più impellente, ovvero lo sviluppo tecnologico e quello del business. Quanto agli investitori, dal più grande al più piccolo, essi sono la nostra colonna portante. Siamo consapevoli del fatto che si tratti di persone, a volte amici, che hanno scelto di rischiare i propri soldi fidandosi di noi e delle nostre idee, e di questo sentiamo forte la responsabilità.
Ci dite qualcosa in più sul contributo del Mise? G.F.: Abbiamo vinto un bando chiamato Smart&Start, destinato alle startup
Gianfranco Fedele (a sinistra) e Carmine Pappagallo
con progetti ad alto valore tecnologico e innovativo. Nell’ambito di questo bando, il Mise ci ha accordato un finanziamento di 400mila euro, grazie al quale ci siamo potuti rapidamente strutturare e iniziare l’industrializzazione di Laila. Oggi più che mai siamo convinti che certe forme di finanziamento rappresentino un’opportunità di sviluppo per l’intero sistema Paese, e ci riempie di orgoglio l’idea di poter presto restituire il favore a una nazione che ha scelto di credere in noi.
Si parla spesso di “ecosistema” delle startup. Qual è stato il vostro? C.P.: Il nostro ecosistema di riferimento è 200 Digital District. È composto da una dozzina di startup, dall’acceleratore Elteide e da un’area di co-working. Il distretto si trova a Marcianise, in provincia di Caserta, e rappresenta una grande opportunità di sviluppo non solo per le aziende che lo compongono ma per tutto il territorio campano.
Quante persone lavorano in Mazer? Che obiettivi di sviluppo vi siete prefissati? C.P.: In Mazer oggi siamo in dieci, e sette di noi sono completamente con
centrati sullo sviluppo tecnologico della piattaforma. Abbiamo intenzione di far crescere il progetto sempre di più, arrivando a ottenere un’operatrice virtuale che sia in grado di sostituire l’umano con una percentuale di errore tendente a zero. Per farlo, stiamo sviluppando assieme all’Università tecnologie sempre nuove, che entrano nella complessa architettura di Laila e ne migliorano la qualità complessiva. Siamo consapevoli del fatto che si trattidi qualcosa di estremamente ambizioso, ma i dati ci supportano e ci confortano in merito alla bontà del nostro progetto.
Che cosa rende Laila una tecnologia vincente? G.F.: Laila si configura come una sorta di assistente virtuale per le aziende, perché è in grado di coprire numerosi ruoli in un ambito da sempre appannaggio di operatori umani, cioè la gestione delle relazioni. In ambiti come il customer service o il digital marketing, in cui sono in gioco la reputazione delle aziende e dei brand, si riteneva che i sistemi di automazione non potessero entrare se non per coprire ruoli marginali: si pensi, ad esempio, ai tradizionali chatbot in grado di restituire informazioni su un numero limitato di domande o addirittura in corrispondenza della pressione di pulsanti di selezione. Ebbene proprio in questi contesti Laila, grazie alla sua tecnologia, si configura come strumento in grado di relazionarsi online con gli utenti attraverso una conversazione fluida e pari all’umano. Secondo una stima recente, più del 50% degli utenti che hanno dialogato con Laila erano convinti che il proprio interlocutore fosse un umano ed ignoravano di aver parlato con un robot. Questo cambia completamente le regole del mercato, collocando Laila in un contesto dove non sono presenti concorrenti diretti ma solo indiretti.
In che misura i chatbot potranno, in futuro, sostituirsi ulteriormente alle persone? G.F.: Dobbiamo immaginare che nel futuro i rapporti tra utenti e brand saranno completamente mediati dai chatbot, i quali conferiranno alle aziende la capacità di restituire ai propri utenti informazioni e assistenza sempre e in tempi rapidissimi. In futuro, inoltre, anche le relazioni tra azienda ed azienda passeranno attraverso chatbot che si configureranno come veri e propri sistemi di mediazione in grado di portare avanti trattative commerciali e strategiche, fare acquisti, vendite o gestire controversie senza mai perdere di vista gli obiettivi aziendali. I chatbot, infine, saranno proattivi: una volta in grado di utilizzare sistemi di riconoscimento e simulazione della voce, potranno prendere contatto con persone, scambiare con loro informazioni e portare a termine task che richiedono il contatto con l’umano.
Valentina Bernocco
IL FATTORINO-ROBOT ITALIANO È UNA RISORSA IN TEMPI DI CRISI
La consegna a domicilio, almeno temporaneamente, da scelta di comodità è diventata una scelta obbligata. Se poi è tecnologica, allora tanto meglio anche dal punto di vista della sicurezza, poiché consente di limitare i contatti interpersonali e di sollevare i fattorini da parte dello stress a cui sono sottoposti. Si chiama Yape (Your Autonomous Pony Express) il “drone fattorino” creato da ingegneri e progettisti di e-Novia, l’incubatore del Politecnico di Milano: è un robottino compatto a guida autonoma e ad emissioni zero, che nel suo compartimento può trasportare oggetti pesanti fino a 20 chili. Uno strano, piccolo veicolo che si sposta su due ruote e che è tanto agile da poter schivare gli ostacoli su strade, marciapiedi e all’interno di spazi chiusi, guidando sé stesso attraverso l’intelligenza artificiale. Testato fin dal 2017, da allora è stato adottato in via sperimentale in Giappone, come veicolo di supporto alle consegne del servizio postale nazionale e per il trasporto di materiali per l'edilizia nella zone devastate dal terremoto del 2011. In Germania, invece, viene utilizzata all'aeroporto di Francoforte per scortare i passeggeri al gate, mentre in Italia Yape è stato inserito nelle sperimentazioni di connettività 5G di Vodafone, Esselunga, Poste Italiane e Politecnico di Milano. Alla luce dei cambiamenti nelle nostre abitudini di acquisto imposti dal coronavirus, StartupBlink (società che si occupa di mappare le neoimprese più interessanti) ha inserito questo robot self-driving tra le innovazioni utili per fronteggiare l’attuale crisi sanitaria.
KASPERSKY CERCA NUOVE IDEE Kaspersky ha lasciato tempo fino al 30 aprile per rispondere alla seconda call for ideas del proprio Innovation Hub (IHub). Una "chiamata" rivolta alle startup attinenti al mondo della sicurezza informatica, che potessero già vantare un’entità legale, un prodotto o prototipo già sviluppato e contratti già chiusi oppure progetti pilota in corso. Chi entrerà nel programma potrà ricevere supporto tecnologico e consulenza imprenditoriale e poi eventualmente, superata la fase pilota, avere accesso alla rete di distributori e rivenditori di Kaspersky. Nella precedente call, lo scorso anno, l’azienda aveva ricevuto 258 candidature da 49 Paesi e da questo gruppo erano poi emerse 12 startup particolarmente meritevoli (premiate a Milano durante un demo day) per le loro soluzioni di cybersicurezza per l’Industrial Internet of Things (IIoT), i trasporti, la blockchain e i controlli antifrode. Quest’anno la selezione sarà affidata a esperti di Kaspersky e di F6, piattaforma online dedicata a startup e acceleratori: sarà valutato il modello di business, così come la validità tecnica delle soluzioni proposte, che dovranno saper risolvere problemi concreti di sicurezza informatica. Gli imprenditori selezionati potranno presentare i loro progetti davanti a una giuria nei Demo Selection Days (originariamente in programma a Milano il 27 e 28 maggio).