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EXECUTIVE ANALYSIS

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ECCELLENZE

ECCELLENZE

L’ACCIDENTATO PERCORSO DEL “DATA-DRIVEN”

Dalla Business Intelligence al machine learning e agli algoritmi avanzati, le aziende italiane hanno avviato il percorso verso un utilizzo strutturato dei dati. Restano, tuttavia, difficoltà legate all’assenza di una governance organizzata.

Si è ormai radicata nelle aziende la convinzione che generare valore dai dati non implichi necessariamente averne grandi quantità a disposizione. Si tratta, invece, di saper estrarre e utilizzare quelli corretti e al momento giusto. Questo spiega perché ancora oggi molte organizzazioni stiano faticando a diventare effettivamente “data-driven”, cioè guidate dai dati. In molte realtà il problema di base, ancora aperto, è quello della governance dei dati, ovvero il “ponte” in grado di tradurre una visione strategica (conscia dell’importanza dei dati per l’organizzazione) in pratiche e linee guida capaci di supportare l’attività operativa, assicurandosi, in ultima analisi, che prodotti e servizi al cliente siano rilasciati in modo corretto ed efficiente. Il percorso implica qualità e trasparenza nei dati utilizzati, ovvero che per tutti esista un’unica, certa e affidabile fonte alla quale attingere per le varie esigenze operative o le attività di analisi e rielaborazione. In questo scenario già da tempo in movimento si è innestato, nella prima parte del 2020, l’effetto della pandemia: il repentino passaggio a forme di lavoro totalmente remotizzate, il relativo aumento della circolazione di dati non strutturati, un accesso ai sistemi aziendali da dispositivi non sempre adeguatamente controllati e un insieme di policy e profili da aggiornare alla situazione di “nuova normalità”.

Trasformazione in divenire

Sui temi accennati, Technopolis ha realizzato una ricerca qualitativa che ha coinvolto una quindicina di aziende grandi e medie appartenenti a differenti settori verticali (energia, retail, Pubblica Amministrazione, manifattura, beni di consumo). Lo studio si è posto l’obiettivo di capire soprattutto come sia gestita la governance e quale sia il rapporto fra una IT impegnata nello sviluppo dei progetti e i dipartimenti che chiedono di poter disporre di informazioni “pronte all’uso” per le proprie esigenze operative. Data l’eterogeneità del campione, anche le tipologie di dati considerati critici per il supporto alle decisioni strategiche variano. Nelle realtà a maggior vocazione commerciale prevale l’attenzione a tutto ciò che ruota intorno alla vendita (dal Crm all’e-commerce, dall’andamento per territori o brand a quello delle marginalità, per fare degli esempi) e in questi ambiti i dati derivati dagli strumenti implementati internamente si incrociano con fonti esterne, non sempre sotto il presidio dell’IT. Nelle aziende a vocazione maggiormente infrastrutturale, invece, assumono più importanza i dati di natura ingegneristica, collegati alla gestione di impianti, alla progettazione o all’erogazione di un servizio. Questo è anche il comparto che mostra un maggior livello di avanzamento in direzione della disponibilità di informazioni in tempo reale, della presenza di data scientist e di governance centralizzata e

costruita su data lake strutturati. Il percorso verso una governance definita nelle sue componenti organizzative e tecnologiche è, nella maggior parte dei casi, ancora in divenire. Si può dire che sia stato avviato, generalmente in anni recenti e dopo confronti interni anche aspri, sfociati in una consapevolezza condivisa ai livelli più alti dell’organizzazione sull’importanza di costruire una strategia di business basata sui dati.

Progressi, successi e fallimenti

Le realtà più avanzate sono quelle che sono riuscite a impostare una strategia di integrazione e convergenza delle fonti

di dati impiegate. In questi contesti sta crescendo la disponibilità di data lake o piattaforme unificate alle quali diversi ruoli (da chi opera sul campo ai data scientist) possono attingere per le rispettive esigenze, lavorando in un contesto di fiducia e omogeneità condivisa. Prima ancora che tecnologico, il tema è organizzativo e culturale. Nella fattispecie, parliamo di aziende in cui sono state create strutture che fanno da ponte fra le divisioni operative e l’IT, in grado di comprendere i rispettivi linguaggi e tradurre le esigenze in modelli, dashboard o quant’altro possa essere rapidamente utilizzato per le attività del quotidiano. I progetti di Business Intelligence hanno ormai una certa storia alle spalle e, nel corso del tempo, non sono mancati i fallimenti. In linea di massima, il successo delle iniziative è determinato da fattori quali la soddisfazione dei requisiti avanzati dal business e il livello di adozione degli strumenti proposti. Si può dire che questo sia un traguardo raggiunto nella maggior parte delle realtà esaminate, ma il percorso spesso non è stato semplice e il corretto allineamento esiste solo da tempi relativamente recenti. L’accesso ai dati è generalmente regolato in base ai ruoli ed è ormai prassi comune che la disponibilità sia assicurata in ogni contesto di luogo o momento e da qualunque dispositivo, non solo tipicamente per le figure di management ma anche per chi lavora sul campo in certi ambiti oppure per le attività di produzione. Il lockdown della prima parte del 2020 e gli effetti della pandemia di covid-19 non hanno portato a particolari mutamenti nelle modalità di fruizione dei dati, nonostante la maggior incidenza del lavoro da remoto. Molte aziende avevano già messo a punto processi di smart working, generalmente limitati a specifiche categorie di dipendenti, per cui la vera sfida è stata l’estensione di questi processi al complesso dell’azienda.

La spina nel fianco delle competenze

Rispetto a qualche anno fa, è certamente aumentata nelle aziende la presenza dei data scientist. Si tratta di figure dotate non soltanto di competenze tecnologiche, ma anche e soprattutto matematiche e ingegneristiche. Figure spesso lasciate libere di poter sperimentare su dati necessariamente affidabili e consistenti, allocate operativamente nelle linee di business o in un’area grigia di raccordo con l’IT. Dunque questo significa che le competenze necessarie per evolvere verso logiche maggiormente data-driven ci sono? Non proprio. Questo genere di figure è ancora di reperibilità complessa e il mercato del lavoro è molto fluido, per cui non è semplice trattenere risorse così ambite. Per ovviare alle problematiche di carenza di skill, alcune realtà hanno scelto di far evolvere risorse interne, mentre altre hanno attivato collaborazioni strette con le università per poter attingere direttamente al bacino dei neolaureati specializzati. Le direzioni di sviluppo futuro guardano soprattutto in direzione del potenziale applicativo legato all’intelligenza artificiale e al machine learning. Le concretizzazioni vanno in direzioni diverse, a seconda delle caratteristiche del settore merceologico di appartenenza, ma un po’ in tutti gli ambiti le aspettative sono alte: si va dal miglioramento delle relazioni con i clienti all’efficienza dei processi di produzione, dalle analisi predittive sul funzionamento degli impianti a quelle più concentrate sulla ricerca. In qualche azienda i progetti sono già partiti e hanno prodotto qualche risultato, in tutte o quasi si tratta dell’area destinata a drenare una parte significativa dei futuri investimenti. Non manca chi mette in primo piano aspetti più pragmatici, legati ai processi di democratizzazione dei dati o all’aumento dell’automazione in alcuni ambiti specifici.

Roberto Bonino

STRATEGIE A CONFRONTO

Al nostro interno è in atto un processo di profondo rinnovamento dell'organizzazione dei dati, allo scopo di definire i requisiti standard da rispettare e far sì che il business possa lavorare su layout facilmente comprensibili, nella piena fiducia sulla qualità dei dati utilizzati. Stiamo sviluppando una piattaforma unificata, che è stato già possibile sfruttare, ad esempio, nella prevenzione dalle frodi. Giovanni Marcelli e Raffaele Lillo, Cio e Cdo di Axa Italia

Le iniziative di business sono strettamente legate all’utilizzo di informazioni derivanti dagli analytics. I dati e la correlazione tra essi sono la vera cassaforte dell’azienda. L’implementazione di un data lake, che connette le informazioni derivanti da fonti eterogenee, permette di analizzare i dati in un contesto sempre più complicato e multicanale. Luca Girotti, chief information & innovation officer di Bennet

Circa un paio d'anni fa Edison ha costituito la Direzione Strategie e Innovazione Digitale e questo è stato il punto di partenza per un ripensamento complessivo anche delle funzioni e dell'utilizzo dei dati. Oggi esiste ed è ancora in evoluzione una “Enterprise Data Platform” comune a tutta l’azienda, un DataLab dove lavorano gli specialisti e i business solution manager, che identificano le varie necessità delle direzioni e gestiscono i progetti. Marilena Barbati, senior vice president digital di Edison

Da diversi anni siamo impegnati nella costruzione di un’azienda data-driven a tutti gli effetti. Questo significa passare da un approccio “data-informed” (che fornisce

ogni giorno migliaia di report riguardati fatti accaduti in passato) a un approccio che permetta di prende decisioni in tempo reale. Per un’azienda con una catena del valore molto ampia, si tratta di un lavoro graduale e in continua evoluzione, che poggia sulla standardizzazione dei processi di acquisizione delle informazioni e sulla diffusa consapevolezza del ruolo fondamentale dei dati a tutti i livelli dell'organizzazione. Carlo Bozzoli, global Cio di Enel

In questa fase storica abbiamo definito ambiti prioritari di intervento, partendo da un lavoro congiunto con il business, utile per capire quali domande richiedano una risposta accurata e rapida allo stesso tempo. Questo ci ha consentito di definire roadmap evolutive basate su obiettivi chiari da raggiungere e, di conseguenza, di capire quali informazioni occorra estrarre e con quali strumenti. Francesca Vergara, Cio di Esselunga

Nel recente passato è stata posta particolare enfasi sull’utilizzabilità dei dati, per migliorare la loro fruibilità e la completezza dell’informazione. Nel prossimo futuro potranno essere integrate ancor di più le fonti utilizzabili, eventualmente con la messa a sistema di strumenti di gestione dei dati online o dati esterni al perimetro aziendale, come per esempio dati georeferenziati, di mercato e altro ancora.

Poste Italiane

Da diversi anni siamo partiti con un programma strategico che pone i dati come asset trainante della trasformazione digitale, per soddisfare le funzioni di governo e indirizzo e per fornire servizi sempre più rispondenti ai bisogni dell’utenza. A tal fine abbiamo costruito una nuova piattaforma digitale in architettura Big Data e stiamo rivedendo i processi di business e l’organizzazione in logica data-driven. La sfida dei prossimi anni è cooperare in modo sempre più stretto con le altre amministrazioni ed enti pubblici per giungere a un’unica Pubblica Amministrazione data-driven. Solo così si potranno mettere i cittadini e le aziende pienamente al centro del sistema pubblico italiano. Stefano Tomasini, direttore centrale organizzazione digitale di Inail

I consistenti investimenti nella digitalizzazione delle reti di distribuzione hanno portato a una crescita esponenziale dei dati

trasmessi, che ora raccogliamo attraverso una piattaforma IoT e analizziamo con strumenti Big Data e analytics. Per il futuro, vorremmo spingere sulla logica selfservice e sui temi di intelligenza artificiale. Vogliamo che il nostro business abbia a disposizione strumenti semplici e veloci per poter trattare i dati, affiancato da una l’IT concentrata sul generare maggior valore grazie alle nuove tecnologie. Davide Cardinio, responsabile data governance & analytics di Italgas

Sicuramente il dato è il protagonista nella strategia IT. Il panorama è ampio e stiamo lavorando per consolidarlo ed esplorando strumenti di intelligenza artificiale che ci aiutino a fare correlazioni utili per realizzare analisi anche di tipo predittivo a supporto del focus aziendale a 360 gradi. Alessandro Perico, IT country lead di Novartis Italia

La nuova strategia IT si basa su tre pilastri, uno dei quali è l’economia dei dati. Stiamo iniziando a esplorare strumenti di intelligenza artificiale che ci aiutino a trovare correlazioni, utilizzabili successivamente per realizzare analisi di tipo predittivo per ridurre gli scarti, aumentare la qualità del prodotto e supportare sempre di più il business. Stefano Brandinali, Cdo & Group Cio di Prysmian

Un primo fattore chiave per il successo di un progetto di Business Intelligence è rappresentato dalla programmazione consapevole degli obiettivi e dalla corretta gestione delle aspettative degli utenti. Poi serve una definizione precisa e puntuale dei requisiti applicativi, che coinvolga i vari owner dei processi. Infine, dev'essere chiaro l'approccio alla gestione delle attività in termini sia di poteri decisionali sia di verifica. Francesco Caratti, organization & Ict department manager di RadiciGroup In questa fase sono in corso diverse iniziative, tutte concentrate a rendere più strutturate e approfondite le analisi sui dati. Il processo di trasformazione digitale ha già toccato il reparto strategico della progettazione ingegneristica, si è poi esteso alla componente gestionale e ora si sta concentrando sul finance. Pierantonio Azzalini, chief IT solution officer di Fincantieri

La possibilità di disporre di una fonte unica e certificata per i dati è certamente un elemento critico per ottenere una reportistica accettata e condivisa anche dalle funzioni di business coinvolte. Si tratta di un passaggio delicato, ma fondamentale per evolvere verso un concetto di azienda data-driven. Andrea Angelo Nobili, IT e-commerce & digital manager di Selex Gruppo

Commerciale

In Snam abbiamo avviato un processo di completa trasformazione che si fonda su elementi di innovazione come l’edge computing, l’IoT e il cloud, per arrivare a costruire un nuovo data lake dal quale ricavare analisi e previsioni sul funzionamento della nostra infrastruttura e degli impianti di trasporto del gas sul territorio. Claudio Farina, executive vice president digital transformation & technology di Snam

LA "IPER" INTELLIGENZA DI MICROSTRATEGY

La ricerca realizzata da Technopolis conferma come esistano oggi nelle aziende italiane numerose sfide collegate a un'efficace gestione e distribuzione dei dati. Un’architettura basata su uno strato semantico, come quella proposta da MicroStrategy, mette a disposizione tutti gli strumenti necessari per ottenere una efficace data governance, dimostratasi elemento critico nei progetti di digital transformation. L’infrastruttura aperta consente l’integrazione di tutte le fonti dati che si rendano necessarie e permette di includere nel processo aziendale le attività dei data scientist, sempre più preziosi nell’estrarre a pieno il valore del dato. Questi potranno attingere al dato governato e reiniettare nello strato semantico il frutto delle loro elaborazioni, consentendone la distribuzione a tutti gli utenti interessati. Da un punto di vista del front-end, la piattaforma offre invece interfacce Web e mobile moderne e user-friendly per ottenere un’alta adozione dei progetti di Business Intelligence, aspetto fondamentale per il successo di queste iniziative. Il tutto in un’architettura che può essere installata indifferentemente on-premise o in cloud, lasciando totale flessibilità ai nostri clienti. Infine, per rispondere anche alle esigenze più spinte di democratizzazione del dato e di immediatezza, permettendo decisioni realmente data-driven e azioni ancora più rapide e informate, MicroStrategy supera i limiti della Business Intelligence e introduce la tecnologia rivoluzionaria dell’HyperIntelligence: uno strumento che inverte il paradigma d’interazione con il dato, rendendo gli insight ricercati immediatamente disponibili all’interno delle più diffuse applicazioni aziendali. Carlo San Martino, sales director e country manager di MicroStrategy Italy

INNOVAZIONE FA RIMA CON APPLICAZIONE

Le esigenze di velocità nel rilascio del software stanno spingendo in direzione di metodologie di lavoro più agili e collaborative. Appare però fondamentale anche garantirsi un processo di sviluppo in tutte le fasi, dalla progettazione alla messa in produzione.

L'evoluzione dello sviluppo applicativo ha attraversato diverse fasi. Siamo partiti dal codice monolitico, che rendeva difficili i test e richiedeva lunghi cicli di sviluppo. Poi sono arrivati i moduli embedded o dedicati, scritti all’interno delle applicazioni, capaci di facilitare la fase di test e di creare le basi per l’affermazione del concetto di riusabilità. Lungo questa direzione siamo giunti alla portabilità dei moduli di codice, sfruttati tanto in contesti proprietari quanto in ambiti open source. Così, è diventato più semplice sviluppare applicazioni di simile natura, ma allo stesso tempo il nuovo scenario ha reso necessario occuparsi delle vulnerabilità legate alla presenza di codice non controllato e non gestito direttamente. Ogni passaggio evolutivo ha seguito un percorso naturale, segnando un miglioramento rispetto al metodo precedente e generando significativi aumenti di produttività. Oggi siamo di fronte a un nuovo cambiamento, legato all’affermazione dei container e dei microservizi, che rendono possibili lo sviluppo e le integrazioni continue: la risposta più naturale alle esigenze di velocità e innovazione connesse ai processi di trasformazione digitale. Le evoluzioni fin qui descritte non sarebbero state possibili senza l’affermazione e la diffusione del cloud computing, adottato dalle aziende anche per migliorare la scalabilità e la disponibilità delle applicazioni, grazie alla flessibilità del provisioning on-demand delle risorse. Sempre più oggi si parla di sviluppi cloud-nativi, nei quali il processo si compone di servizi più piccoli, indipendenti e disaccoppiati, allo scopo di accelerare la creazione di nuove applicazioni, di modernizzare quelle più datate e di connettere le une alle altre.

Lo scenario della “application economy”

Mutuando la definizione dall’iniziale boom del mondo mobile, molti studi hanno definito quella che stiamo vivendo come l’epoca della "application economy". In essa lo sviluppo del software, che sia totalmente gestito all’interno delle aziende oppure affidato in tutto o in parte a specialisti esterni, riveste un

ruolo determinante per l’evoluzione del business delle aziende. Technopolis ha realizzato una ricerca qualitativa che ha coinvolto oltre quindici aziende, per identificare quali siano le applicazioni oggi al centro dei processi di trasformazione digitale delle aziende e comprendere come avvenga il processo di identificazione e costruzione delle app più vicine alle strategie di innovazione. Pur in presenza di un campione costruito in modo abbastanza omogeneo e composto da multinazionali che operano nel campo dell’industria manifatturiera e dei beni di consumo, lo scenario dello sviluppo applicativo e del livello di maturazione dei processi di trasformazione digitale appare piuttosto variegato. Al di là delle realtà che non hanno sede principale in Italia e, quin-

di, dipendono da decisioni spesso prese centralmente, anche laddove il processo decisionale nasca sul nostro territorio si notano differenze di impostazione ed esecuzione delle strategie. Le aree che meglio definiscono i cambiamenti in chiave digitale in corso riguardano aspetti molto operativi, dalle modalità di produzione al rapporto con la clientela, dall’evoluzione della supply chain a una progressiva automazione delle attività amministrative. Lo sviluppo applicativo asseconda questo approccio e si fonda solo in parte su nuove progettualità digital-native, mentre più frequentemente si va nella direzione dell’ammodernamento di processi esistenti, nel passaggio al cloud di sistemi prima gestiti on-premise, nell’efficientamento di aree dell’azienda. L’innovazione permea l’evoluzione dei processi aziendali, seppur a fronte di esigenze estremamente concrete e la pandemia di covid-19, che ha condizionato soprattutto la prima parte del 2020, ha accelerato alcuni fronti di sviluppo. Due elementi principalmente definiscono le priorità sul fronte applicativo: da un lato le richieste sempre più pressanti che provengono dal business; dall’altro, le necessità per l’IT di mantenere il controllo complessivo sui progetti in corso sotto tutti i punti di vista. Pertanto, gli elementi che più preoccupano le figure di responsabilità interpellate (dell’IT nel suo complesso o dello sviluppo applicativo) riguardano la velocità di rilascio delle applicazioni e la sicurezza. Sempre giudicati di grande rilievo, ma in posizione più defilata troviamo il delivery continuo e la collaborazione fra i team.

I fronti avanzati dello sviluppo

Abbiamo già rilevato come sia piuttosto diffuso l’utilizzo della metodologia Agile, elaborata e condivisa in azienda principalmente con l’obiettivo di velocizzare i tempi di rilascio. Assai meno concrete sono fin qui le esperienze sul fronte DevOps: poche aziende si sono spinte oltre l’analisi astratta delle potenzialità, sia per ragioni legate all’impatto organizzativo (e all’attitudine alla collaborazione) sia per una conoscenza non sempre approfondita della materia. Al contrario, non ha trovato fin qui particolare affermazione l’approccio architetturale a microservizi e container. Chi ha già fatto esperienze in questa direzione ne ha compreso i vantaggi in termini di velocizzazione dei tempi di sviluppo e rilascio, flessibilità nella migrazione fra diversi ambienti cloud e collaborazione. Ma nella maggioranza dei casi analizzati il processo di avanzamento sta avvenendo in modo graduale e per ora mancano le basi culturali, prima ancora che tecnologiche, per esplorare un terreno fin qui battuto solo dalle realtà più avanzate nei processi di trasformazione digitale.

La sicurezza si sposta all’inizio

La sicurezza applicativa è un tema di primaria importanza per tutte le aziende. Chi non l’ha indicata come la priorità numero uno dei processi di sviluppo la ritiene un tema più trasversale ed esteso, al punto da non confinarla in un ambito specifico. Il livello di efficacia esistente dipende da fattori storici e da scelte strategiche. Alcune delle realtà esaminate lavorano ancora con applicazioni legacy, costruite in epoca diversa e non semplici da aggiornare per allinearsi alle policy introdotte nel frattempo. In questi casi, esiste la consapevolezza (quando non un piano già definito) che la loro modernizzazione o sostituzione è l’unica via per eliminare le potenziali vulnerabilità. Sui nuovi sviluppi, è piuttosto diffusa l’idea che sia cruciale assicurarsi di includere in ogni fase del processo, fin dalla generazione del codice, le appropriate analisi di sicurezza, le difese e le contromisure. Nel 2021 lo sviluppo applicativo risentirà giocoforza dello scenario maturato nel corso di quest’anno, in particolare delle ricadute della pandemia di covid-19. Se in alcuni casi si registrano effetti di spinta in direzione della digitalizzazione (soprattutto nei rapporti con la clientela sia in ambito B2B sia B2C), d’altro canto diversi progetti di innovazione hanno subito dei ritardi. Per il momento si tende a dare priorità a quanto già avviato e che occorre completare, ma in controluce, soprattutto se lo scenario globale dovesse migliorare, è probabile che si registrerà un’adozione più convinta e strutturata almeno della logica DevOps, in direzione di una rapidità nel rilascio e nell’aggiornamento delle applicazioni sempre più richiesto da parte delle varie componenti del business aziendale. R.B.

LE SCELTE DELLE AZIENDE

Abbiamo intrapreso un processo di progressiva digitalizzazione con lo scopo essenziale di semplificare la user experience ed eliminare il più possibile la carta. Lo sviluppo applicativo supporta questo flusso, allargato a diverse aree della nostra azienda, con la metodologia Agile a garanzia di rapidità negli aggiornamenti. Davis Quirico, director software engineering di Avio Aero

La trasformazione tocca molti aspetti della nostra attività. Anche alla luce degli effetti causati dalla pandemia di covid-19, un elemento per noi centrale oggi è il Digital Asset Management, che consente di virtualizzare tutte le attività che ruotano intorno alla presentazione delle nostre collezioni e alla gestione delle relazioni con i buyer. Anche il product lifecycle management (Plm) e la produzione in ottica 4.0 sono rilevanti e richiedono di essere rapidi nel rilascio delle applicazioni. Giuseppe Pontin, group Cio di Benetton

Le nostre attività di sviluppo sono in larga misura rivolte a soddisfare esigenze interne, ma la corretta risposta alle necessità del business passa anche per un'efficace collaborazione fra i team, in particolare per garantire velocità di risposta e sicurezza nell'accesso e nella gestione dei dati. L'utilizzo della metodologia Scrum è il primo passo in un percorso destinato a raffinarsi ulteriormente a medio termine. Diana Setaro, IT & business excellence manager di Bosch Rexroth

La trasformazione digitale è uno dei pilastri della nostra strategia industriale. Essa si declina sul fronte dei veicoli connessi e su quello dei processi interni. Soprattutto nel primo caso, la proposizione di servi-

zi innovativi passa per un forte lavoro di sviluppo, messo a punto nei nostri digital hub e costruito in modalità DevOps. Stefano Firenze, Cio di Cnh Industrial

Negli ultimi anni ci siamo spostati verso una politica meno orientata agli sviluppi interni, tesa invece verso l’adozione di soluzioni di mercato più sostenibili. Anche in questo caso, però, lavoriamo per creare personalizzazioni a supporto del business. In questo contesto, l’agilità nei tempi di risposta alle richieste e lo sviluppo continuo sono elementi di grandissima importanza. Massimiliano Cappa, executive vice president Ict di Danieli & C Officine Meccaniche

In termini applicativi, le aree per noi più strettamente collegate ai processi di trasformazione digitale riguardano soprattutto il contatto con i clienti e i partner strategici, ma l'emergenza della prima parte del 2020 ha accelerato l'innovazione anche nella comunicazione interna e della collaborazione con gli interlocutori esterni. In prospettiva, vorremmo arrivare a servire il cliente nel momento in cui lo chiede e questo richiederà di aumentare la capacità di gestione della domanda. Alberto Biasuzzi, IT domain leader operations Sud Europa di Danone

Nel recente passato abbiamo affrontato una trasformazione di business che ci ha portato a diventare produttore di energia elettrica da fonti rinnovabili. Anche dal punto di vista tecnologico il cambiamento è stato radicale rispetto al nostro precedente mercato di riferimento, ovvero quello petrolifero. Il ciclo di lavorazione ora è estremamente più rapido e lo sarà ancor di più in futuro. Per noi il cloud è la soluzione alle attuali esigenze di velocità. Giovanni Martinengo, responsabile human capital & Ict di Erg

La maggior parte dei progetti di sviluppo o implementazione di applicazioni è guidata dal business, con l'IT a svolgere un ruolo proattivo all'interno di team interfunzionali. Nel nostro contesto tuttavia abbiamo superato da tempo la fase del "fare", per concentrarci di più sul "comprare" e personalizzare solo ciò che è necessario. Roberto Brambilla, IT associate director di Grünenthal

Abbiamo un approccio allo sviluppo applicativo di tipo risk-based, quindi analizziamo sempre quale impatto ogni novità andrà ad avere sull'infrastruttura e sulle soluzioni già adottate. Questo ci porta, in diversi casi, a integrare la sicurezza già dalla fase di progettazione di un applicativo. Omar Moser, Group Cio di Gnutti Carlo

Nel contesto di una governance applicativa accentrata sulle strutture della casa madre, ogni sede locale ha la possibilità di portare idee e collaborare alle fasi di sviluppo, con l'obiettivo primario di velocizzare il più possibile i tempi di rilascio per rispondere in modo efficiente alle richieste del business. Alessandro Conti, country service operations manager di Ikea Italia

Leonardo è particolarmente impegnata sul fronte della security-by-design, in correlazione allo sviluppo delle applicazioni. Lo sviluppo sicuro del software è ormai un dato di fatto al nostro interno ed è un requisito richiesto anche ai partner che collaborano con noi su questo fronte. Roberto De Paolis, Ciso di Leonardo

Sempre più, sul fronte applicativo, ci stiamo spostando verso il full cloud. Abbiamo già potuto misurare vantaggi legati all'agevole fruibilità garantita per gli utenti del gruppo, distribuiti in una trentina di società. Per contro, affidarsi totalmente a un fornitore esterno comporta qualche incertezza di prospettiva, ma stiamo monitorando il mercato e non è esclusa un'evoluzione multicloud. Ennio Zovatto, responsabile sistemi informativi di Nice

Nel 2019 ci siamo concentrati sull'introduzione di nuove tecnologie legate all'Industria 4.0, mentre ora e nel prossimo futuro lavoreremo sulla digitalizzazione della componente commerciale. Velocità di rilascio e sviluppo continuo sono per noi di grande importanza, ma siamo molto attenti anche sulla sicurezza, implementata by design sulle applicazioni di nuova concezione e particolare rilevanza critica. Alessandro Masato, Ict global program manager di Safilo

Circa quattro anni fa abbiamo intrapreso un percorso di trasformazione digitale che ci ha portati, anche a livello locale, verso l'erogazione di servizi collegati ai prodotti medicali. Ci siamo dovuti dotare di inedite competenze in sviluppo e sicurezza, adottando la metodologia Agile per rilasciare applicazioni in modo rapido e aggiornato. Matteo Moscatelli, responsabile servizi digitali di Siemens Healthcare

In una grande multinazionale come la nostra, con numerose funzioni accentrate, manteniamo a livello locale il presidio su due aree rilevanti. Da un lato troviamo la componente applicativa legata alle relazioni B2B e B2C, dall'altro seguiamo direttamente l'evoluzione dell'azienda in direzione data-driven. Angelo Ruggiero, Cio di Unilever Italia

AUTOMAZIONE E SICUREZZA LE PAROLE D’ORDINE

I dati emersi dalla ricerca confermano il ruolo primario dello sviluppo applicativo nei processi di digital transformation delle imprese in Italia. F5 Networks è da sempre impegnata nell’abilitare le applicazioni adattative con soluzioni di automazione, sicurezza, prestazioni e insight per sviluppare, fornire, proteggere e ottimizzare le app dei clienti. I servizi applicativi di F5, infatti, sono in grado di scalare indipendentemente, a seconda della domanda, di difendersi e fornire avvisi al sistema generale. Inoltre consentono di configurare e orchestrare diversi tipi di esperienze digitali. Per le aziende che hanno l’esigenza di colmare il divario ancora esistente tra il mondo NetOps e DevOps, F5 unisce al portfolio di application service le soluzioni software di Nginx per la gestione delle Api e la delivery delle app, rendendo disponibili servizi applicativi coerenti in ogni ambiente. Nell’epoca della application economy, parlare di sicurezza IT per Consys.it si traduce in una proposizione di servizi e soluzioni che sostengono i clienti in progetti di “application security by design”, i quali permettono un rilascio delle applicazioni in modalità veloce e in totale sicurezza. Non tralasciamo di seguire i clienti con progetti dedicati di protezione di applicazioni legacy, non semplici da aggiornare, che a volte seguono l’adozione del cloud in modalità “lift and shift”, con soluzioni di protezione applicativa di “virtual patching” e Waf, anche in modalità as-a-Service e configurate con metodologie di continuous integration e continuous delivery. Consys. it si spinge nella proposizione di logiche di DevSecOps, fornendo ai clienti skill nuovi per introdurre modalità e tecnologie di sicurezza innovative e dedicate agli ambienti di sviluppo dei servizi basati su architetture a microservizi e container. Paolo Arcagni, senior manager, solutions engineering di F5 Networks Italy & Iberia e Gianluigi Crippa, strategic business development manager di Consys.it

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