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STORIA DI COPERTINA

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EXECUTIVE ANALYSIS

EXECUTIVE ANALYSIS

CLOUD E AI, I GENI DEL DNA DIGITALE

Non solo nuove tendenze, ma un cambiamento profondo nell'identità delle banche: se ne è parlato al "Banking Summit" di The Innovation Group.

Nelle banche italiane l’utilizzo dei canali digitali è destinato a crescere. Già oggi circa l’80% dei clienti usufruisce di servizi online come pagamenti mobili, gestione del risparmio e credito retail , mentre è ancora limitato lo spettro di servizi online di finanziamento alle imprese. Una carenza, questa, che è apparsa evidente proprio durante l’emergenza, in un lockdown che ha costretto le banche a gestire con difficoltà un picco di attività per le richieste legate ai decreti liquidità del Governo. Al “Banking Summit” sono stati evidenziati alcuni trend, condivisi tra i presenti, che saranno parte dei cambiamenti permanenti nelle abitudini dei clienti bancari.

Scende il contante, sale l’online banking

Durante il lockdown c’è stata una diminuzione radicale dei prelievi da Atm e dei pagamenti cash, e le restrizioni potranno anche in futuro disincentivare il ricorso ai contanti. Inoltre, la crescita a due cifre dell’e-commerce ha permesso anche a nuovi clienti di utilizzare servizi online. Un ulteriore stimolo potrà derivare, in particolare per chi usa poco carte o pagamenti digitali, dagli incentivi previsti dal Governo nel piano Cashless. Anche il ricorso all’online banking è cresciuto significativamente per l’impossibilità di contatti sui canali fisici: una quota tra il 15% e il 20% è stata rappresentata dai “first-time user”. In ogni caso si amplierà la gamma di servizi utilizzati. Il modello incentrato sulle filiali è in declino e lo sarà ancora più in futuro: aggregazioni e riduzione di costi renderanno inevitabile un processo di riduzione delle filiali. Ci sarà un’evoluzione del loro ruolo, ancora tutta da disegnare riguardo ad alcuni processi e servizi bancari che cambieranno in base alla maturazione dei comportamenti dei clienti che la crisi ha reso evidenti. La testimonianza di Alfa Bank, la più innovativa tra le banche russe, lo ha mostrato con diversi scenari di customer journey. L’uso sinergico dii strumenti tecnologici e metodi tradizionali può rafforzare il rapporto tra banca e cliente, moltiplicando le occasioni di

contatto e semplificando l’operatività. La sfida sarà coniugare in modo efficace queste due sfere, in una relazione ibrida fisica/digitale.

Il Web come canale di comunicazione

Videoconferenza e altri strumenti digitali sono diventati popolari come mezzi di contatto con i clienti e di collaborazione interna. Significativo, per esempio, è il modo in cui le strutture commerciali e le reti di promotori hanno dovuto riadattare le modalità d’interazione con i clienti in sessioni più frequenti e brevi. Il tema della relazione con i clienti, il suo riposizionamento tramite piattaforme di “digital advisor” è stato diverse volte evidenziato. Per tutte le linee di servizi bancari alcune realtà stanno spostando sul digitale le attività prettamente gestionali e operative, lasciando alla relazione personale quelle in cui il fattore umano è un valore aggiunto. Questo, oltre a consentire maggiore efficienza, permette di erogare un miglior servizio alla clientela. In tale processo le filiali bancarie devono diventare un punto di accesso ai servizi a valore aggiunto, che richiedono un maggior livello di specializzazione. I mutui e in generale i servizi di investimenti erogati da banche o reti di promotori rimarranno centrati sul supporto al cliente attraverso il consulente o gestore (che comunica anche da remoto, sia da casa sia dalle filiali).

Smart working e distanza sociale

È plausibile che una maggiore cautela nelle abitudini del personale e dei clienti impatterà sui format e su un utilizzo più flessibile degli uffici e delle agenzie sul territorio. Molte delle banche erano già preparate allo smart working ma hanno dovuto, in emergenza, estendere il lavoro da remoto a un maggior numero di dipendenti; in alcuni casi i processi operativi si sono rivelati inadeguati, evidenziando dei gap da colmare con il digitale. Soprattutto i grandi gruppi, ma in generale un po’ tutte le banche, stanno valutando o adottando strategie mirate a garantire sicurezza, produttività e soddisfazione dei dipendenti.

Una digitalizzazione incompleta

Molte banche non hanno ancora completato la digitalizzazione dei processi“end-to-end”, integrando cioè front-end e back-office: dall’on-boarding all’apertura di conti, fino alla finalizzazione di transazioni e contratti per prodotti e servizi più complessi (come finanziamenti o investimenti). In assenza di questa totale digitalizzazione, customer journey digitali e fisici non integrati si interrompono, non possono essere completati online. Con il crescere della maturità digitale del settore e con la maggiore automazione dei processi bancari, anche i servizi più complessi potranno guadagnare efficienza, mentre resteranno alle persone le attività a maggior valore.

Inseguendo la personalizzazione

La personalizzazione del servizio è uno tra gli obiettivi centrali che molte banche stanno cercando di realizzare mediante un impiego più esteso e profondo dei dati, attraverso tecnologie di analytics e intelligenza artificiale che aiutano ad avere una migliore conoscenza del cliente. Ciò richiede di creare delle fondamenta tecnologiche e architetturali come una data platform per l’integrazione e la governance dei dati. Tutte le industry stanno ripensando i customer journey in una dimensione in cui l’esperienza digitale svolge un ruolo centrale. L’industria bancaria non può fare eccezione, perché sono i clienti a pretenderlo: il risparmiatore che si reca allo sportello o che incontra il suo consulente finanziario è lo stesso che fa la spesa o guarda la Tv online. In ogni momento si trova a confrontare l’experience bancaria con quella degli altri fornitori di servizi.

Il “passaggio del Rubicone” delle banche

Anche per le realtà italiane tradizionali − e non solo per le “new bank” come ilimity, Banca Progetto e Fabrica, presenti al summit − è importante un utilizzo strategico del cloud e dei nuovi servizi di Open Banking. Quest’ultimo può diventare una fonte di opportunità per le banche più innovative e visionarie, che possono ambire a porsi come dei veri e propri “hub” di servizi a valore aggiunto verso la clientela. Esse possono sfruttare il contributo delle molte eccellenze che compongono la galassia del fintech, anche in Italia. Molte banche stanno facendo ancora i primi passi: ad esempio, permettono ai clienti di rivolgersi a un’unica piattaforma Web per operare su tutti i propri conti correnti. Il modello “aperto” pone la sfida di dover rivedere nel profondo anche l’architettura dei sistemi informativi. La strategia da adottare per modernizzare i sistemi legacy bancari, compatibilmente con i rischi e i costi che decisioni di questo tipo richiedono, è ancora un cantiere aperto per molte banche. Una scelta diventerà cruciale per quelle medio-piccole, che dovranno valutare se e come potranno permettersi in futuro i costi di gestione, manutenzione ed evoluzione dei loro vecchi sistemi legacy customizzati. In tempi di forte incertezza, bisognerà accelerare l’innovazione e migliorare la capacità di gestire rischi in precedenza sconosciuti. Il “Banking Summit” ha messo in evidenza che la crisi attuale pone le banche davanti a un passaggio del Rubicone: dovranno superarlo per poter gestire la “nuova normalità” dei loro dipendenti e clienti. Ezio Viola, cofondatore di The Innovation Group

LE “TRE R” DELL’ECONOMIA NELL’ERA DEL COVID

Lo scenario macroeconomico attuale e l'industria bancaria: l'analisi di Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo

Recessione, ripresa, rischio. Sono le “tre R” con cui potremmo sintetizzare l’attuale scenario macroeconomico italiano: la recessione, ormai superata, ha lasciato il posto a una ripresa la cui intensità dipenderà, tuttavia, dall’entità della nuova ondata della pandemia di covid-10. Tale situazione va a inserirsi in un contesto internazionale ancora molto incerto, caratterizzato da forti tensioni geopolitiche, da un andamento del commercio internazionale che, sebbene migliore delle attese, chiuderà comunque l’anno con un calo del 10,5% e dalle continue oscillazioni osservabili negli indicatori dell’eurozona. In particolare, per l’Europa si prevedono uno scenario di base con decrescita del Pil dell’8,2% per l’anno in corso e aumento del 5,9% nel 2021 e uno negativo con calo di Pil del 9,1% per il 2020 e ripresa del 3% per il prossimo anno. Sono queste alcune delle principali evidenze relative al contesto economico globale emerse dai dati presentati da Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo, nel corso del “Banking Summit 2020” di The Innovation Group.

Un futuro incerto

Nonostante le performance negative del primo trimestre dell’anno (-5,5% su base trimestrale) e del secondo (-13%), analizzando gli indici di fiducia e i dati della produzione industriale è possibile stimare per il terzo trimestre italiano un aumento del 10%, con parziale recupero del deficit accumulato nella prima metà dell’anno. Permane tuttavia una situazione di incertezza, dovuta soprattutto alle numerose incognite che caratterizzano il quarto trimestre: se anche non si arriverà a un nuovo lockdown generalizzato con chiusura totale delle attività produttive, si profilano restrizioni circoscritte a settori come turismo, cultura, ristorazione, trasporti, ambiti che rappresentano una parte significativa del Pil italiano. Quest’ultimo, secondo le stime di Banca Intesa, diminuirà del 9,5% nel 2020, per poi mostrare nel 2021 un aumento significativo (che rappresenterebbe però un recupero incompleto), pari al 6,5%.

La resilienza del sistema bancario

La ripresa in parte dipenderà dalla capacità di allocare in maniera efficiente le risorse del Recovery and Resilience Facility. In tale contesto di profonda incertezza, l’industria bancaria mostra una maggiore resilienza rispetto al passato e affronta le sfide della pandemia partendo da una condizione migliore di quella rilevata negli anni della grande crisi finanziaria. Le politiche del governo volte al sostegno alla liquidità hanno provocato una forte accelerazione (+6% anno su anno nel mese di agosto 2020) dei prestiti alle società non finanziarie. L’attività delle banche è stata, del resto, fondamentale per garantire alle imprese la continuità del proprio business. In particolare, è stato rilevato un costante aumento dei prestiti erogati con garanzia pubblica: a metà settembre erano stati erogati 62,5 miliardi di prestiti assistiti dal Fondo di garanzia per le Pmi e 13,9 miliardi alle imprese più grandi, garantiti tramite Sace. Viene rilevato, invece, un forte rallentamento dei prestiti alle famiglie (+1,1% ad aprile 2020), un dato su cui ha inciso principalmente il crollo al credito del consumo (si consideri che l’acquisto dei beni durevoli è quasi del tutto scomparso); è poi seguito un recupero graduale, fino all’1,9% di crescita anno su anno di agosto.

Aumentano i prestiti alle imprese

Con riferimento all’attività di raccolta, si rileva un forte aumento nel flusso dei depositi: su quelli bancari di società non finanziarie italiane sono affluiti 59 miliardi di euro, contro i 21 miliardi dello stesso periodo del 2019. Una tendenza da ricondurre al forte aumento dei prestiti erogati alle imprese, una parte significativa dei quali è stata depositata come giacenza (scelta derivante dalla volontà delle banche di disporre, nel momento di incertezza, di un buffer di liquidità a condizioni estremamente vantaggiose). La vera incognita sarà comprendere se e come tali risorse saranno impiegate. Infine, un aspetto importante riguarda l’asset quality e l’andamento dei crediti deteriorati (Npl). Nonostante le numerose incognite sullo scenario economico del Paese pongano dei rischi al riguardo, le banche italiane si presentano con una patrimonializzazione e una qualità del credito migliori del passato: allo stato attuale si rileva un tasso dei Npl di diversi punti percentuali più alto della media europea, ovvero 53,8% contro 46%. C.C.

LE MOLTE SFIDE DEL POST PANDEMIA

Le banche hanno saputo affrontare il lockdown, ma ora devono continuare a trasformarsi. Per Giovanni Sabatini, direttore generale di Abi, bisogna agire su più fronti.

La resilienza con cui le banche stanno affrontando la crisi (secondo i dati della Bce, il CET1 ratio è intorno al 15%) ha consentito all’industry di svolgere un ruolo strategico nella gestione dell’emergenza. Già da prima nel settore erano in corso processi di riorganizzazione, poi accelerati negli ultimi mesi. Adesso, superata la fase iniziale e avendo dimostrato di poter assicurare la continuità operativa e i servizi essenziali, le banche devono tirare le somme. Che cosa occorre fare, dunque, guardando al futuro? Diverse indicazioni le ha fornite Giovanni Sabatini, direttore generale di Abi (Associazione Bancaria Italiana), ospite lo scorso 8 ottobre al “Banking Summit Live 2020” di The Innovation Group. Nell’attuale contesto bisognerà innanzitutto evitare un improvviso accumulo di crediti deteriorati, un fenomeno che in una certa misura sarà reso inevitabile dal forte rallentamento del Pil (stimato per l’anno in corso intorno al 9%) e non mitigato dal forte rimbalzo atteso per il 2021. Per evitare ciò bisogna, da un lato, continuare ad assicurare la flessibilità al quadro regolamentare e di supervisione (riconoscendo che molti settori versano ancora in una situazione di incertezza causata da variabili esogene, quali l’andamento dei contagi) e dall’altro rivalutare l’effetto di alcune modifiche normative (si pensi al calendar provisioning). Bisogna, altresì, definire un quadro regolatorio omogeneo per le asset management company nazionali, identificando quando tali soggetti intervengono sul mercato in quanto operatori di mercato (che seguono quindi logiche di mercato) e quando agiscono all’interno di piani di risanamento concordati con le autorità. Al riguardo bisognerebbe chiarire che in determinate situazioni la stabilità è un bene pubblico e individuando una migliore linea di demarcazione tra i ruoli delle autorità. Interventi con finalità pubbliche ma che avvengono tramite strumenti di mercato sono di estrema rilevanza, e un esempio virtuoso è rappresentato dal Fondo Italiano di Investimento, che ha svolto un ruolo importante durante gli anni della grande crisi finanziaria. Ma l’obiettivo fondamentale dev’essere individuare il giusto equilibrio tra le due dimensioni. Un altro aspetto concerne la gestione degli elevati livelli di debito delle imprese lasciati in eredità dalla crisi: una problematica che richiede un adeguato supporto nei processi di capitalizzazione e una corretta valutazione di interventi pubblici per ridurre gli oneri del debito. In questo contesto, si possono rilevare delle prime disposizioni nei diversi decreti adottati dal governo italiano: si pensi, ad esempio, all’articolo 27 del Decreto Rilancio, secondo cui “al fine di attuare interventi e operazioni di sostegno e rilancio del sistema economico-produttivo italiano in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da covid-19”, Cassa Depositi e Prestiti è autorizzata a costituire un fondo denominato “Patrimonio Rilancio”. La banche svolgeranno un ruolo im-

portante anche nell’attuazione del Piano Nazionale di Recovery (l’impiego delle risorse europee sarà un elemento cruciale per far tornare a crescere la domanda di credito per gli investimenti) e nell’allocazione delle risorse, che andranno indirizzate verso le linee guida indicate dalla Commissione Europea. A tal proposito possono essere studiati incentivi per favorire gli investimenti “verdi” con il meccanismo Green Supporting Factor. Infine, una grande sfida è rappresentata dalla trasformazione digitale. Digitalizzarsi per le banche vuol dire lavorare su tre filoni: migliorare la relazione con il cliente, efficientare i processi e accelerare la velocità di trasformazione. Una delle principali difficoltà al riguardo sarà reperire le figure professionali più adeguate per gestire la rivoluzione digitale, e al contempo individuare le migliori modalità per realizzare percorsi di reskilling dei dipendenti: sebbene durante il lockdown si siano verificati “esperimenti forzati”, la strada da percorrere è ancora lunga. Carmen Camarca, analista di The Innovation Group

LE NUOVE FRONTIERE DELL’INNOVAZIONE

Intelligenza artificiale, analytics, biometria: le tecnologie d’avanguardia nel settore dei servizi finanziari non mancano.

Per restare al passo con una competizione non più solo interna al settore bensì aperta ad altri operatori (fintech in testa), le banche stanno guardando con attenzione crescente alle potenzialità offerte dalle tecnologie di frontiera: su tutte, intelligenza artificiale, blockchain, tokenizzazione, biometria e denaro digitale. Di queste tematiche si è occupato il “Banking Summit 2020” organizzato da The Innovation Group, nella sessione intitolata “L’innovazione radicale è possibile già ora? Quali use case sono già concreti negli ambiti AI/machine learning, blockchain, digital money & tokenization, biometrics?”. Non si tratta di temi astratti o ancora teorici. Lo dimostra per esempio l’Innovation Center che Intesa Sanpaolo ha creato per esplorare le potenzialità dell’impiego (non solo a uso interno) di tecnologie di intelligenza artificiale e neuroscienza, in collaborazione con partner scientifici come l’Institute for Scientific Interchange di Torino (con sede anche a New York) e la Scuola di Studi Avanzati di Lucca. “Lavoriamo partendo dalle sfide proposte dalle business unit per individuare sviluppi che spaziano dal deep learning al reporting interattivo, dalla robotica umanoide alle interfacce uomo-macchina a supporto dell’esperienza utente”, ha raccontato il responsabile della Innovation Research and Development, Luigi Ruggerone. Andrea Coppini, responsabile della Divisione Digital Innovation e multichannel di Iccrea Banca, ha invece puntato l’attenzione sulla velocità di alcuni cambiamenti: “L’intelligenza artificiale comincia ad avere un ruolo rilevante nella proposition ai clienti e la blockchain cambierà a livello mondiale le infrastrutture dei pagamenti. Ma è soprattutto grazie all’arrivo di nuovi soggetti nel mercato che si sta assistendo all’unbundling dei servizi bancari. Oggi lavorano realtà molto innovative, che però si concentrano su un tema verticale. Nel tempo il modello non sarà sostenibile e si assisterà al rebundling dei servizi, offrendo alle banche un ruolo importante, anche in partnership con i soggetti più solidi che sopravviveranno”. A conferma di quanto concreti siano già gli sviluppi basati sull’intelligenza artificiale, Matteo Baido, head of IT Innovation di Ubi Banca Group, ha citato l’esempio dell’ottimizzazione delle giacenze negli Atm, costruita sull’analisi dei dati estratti dalle operazioni svolte durante la settimana e nei weekend. “Si tratta solo di un esempio”, ha precisato Baido, “poiché l’analisi combinata di testi scritti, tracce audio, immagini e video tramite intelligenza artificiale ha portato alla realizzazione di applicazioni d’avanguardia in ambiti come il riconoscimento facciale per onboarding e autenticazione dei clienti, il riconoscimento emozionale per gestire l’interazione, e l’analisi di profili e comportamenti per personalizzare le esperienze”. Per

un service provider come Cedacri, invece, l’innovazione è portata avanti su un modello “aperto”, basato sul cloud ed end-to-end. “Abbiamo aggiornato i canali digitali per avere un focus sul continuo miglioramento della customer experience””, ha descritto Michele Dotti, responsabile direzione architetture e innovazione tecnologica di Cedacri. “Ci siamo aperti all’esterno con la creazione di un layer esteso di Api di integrazione e abbiamo arricchito il data lake per garantire la fruibilità dei dati e l’integrabilità di soluzioni di machine learning e intelligenza artificiale”. L’offerta di un’infrastruttura flessibile e modulabile come quella di Amazon Web Services (Aws) ha già prodotto esempi di soluzioni innovative. “Nexi ha creato con noi un Data Lab scalabile per analizzare le informazioni sui pagamenti digitali”, ha illustrato Antonio D’Ortenzio, manager solutions architecture di Aws, “mentre a Banca Progetto abbiamo fornito quanto necessario per creare una moderna esperienza di onboarding verso i nuovi clienti”. R.B.

UN RAPPORTO SEMPRE PIÙ OMNICANALE

La relazione tra banche e cliente diventa sempre più ricca, complessa e differenziata, sfruttando in combinazione i canali di contatto tradizionali e quelli digitali.

La relazione tra banche e la loro clientela ha un ruolo centrale nell’ambito del più ampio processo di trasformazione digitale in corso. Numerosi fattori stanno concorrendo a un cambiamento già avviato e destinato a proseguire: le evoluzioni tecnologiche degli ultimi anni, la maturazione culturale di almeno una parte degli utenti, il mutamento di scenario imposto da normative come il regolamento Gdpr (sulla protezione dei dati personali) e la direttiva Psd2 (sui pagamenti digitali) e nuovi attori come banche digitali e fintech. Questi fattori hanno già creato nuove modalità di interazione, in linea di massima aggiuntesi a quelle tradizionali e per servizi di primo livello. La spinta derivata dagli effetti del covid-19 sulle modalità di lavoro dei dipendenti e sulle abitudini della clientela sta facendo il resto. Il lockdown dei primi mesi del 2020 ha certamente prodotto effetti di accelerazione o adeguamento di processi nell’ottica dell’utilizzo o fruizione da remoto. Giocoforza, le banche hanno dovuto adattarsi, rafforzando la capacità di relazione a distanza con la clientela e portando in digitale processi che seguivano ancora modalità tradizionali. Dei temi che oggi sono sul

tavolo tanto degli strateghi quanto dei responsabili tecnologici degli istituti di credito si è discusso al “Banking Summit 2020” organizzato da The Innovation Group, in particolare nella sessione intitolata “Relazione con il cliente: dare concretezza all’omnicanalità, integrando canali digitali, reti distributive fisiche, contact center e il rapporto di fiducia con il consulente”.

Il segreto è differenziare

La differenziazione delle modalità d’interazione con i clienti è una delle chiavi per comprendere il percorso attuale e futuro di una digitalizzazione estesa al portafoglio dei prodotti e servizi, ma anche all’organizzazione stessa delle banche. Ivan Barcellona, head of Crm e campaign management di Crédit Agricole italia, ha voluto sottolineare come al centro dei processi relazionali ci sia il Customer Relationship Management, destinato a evolvere da strumento di supporto per la rete commerciale a “cabina di regia” di un sistema omnicanale. “I contatti”, ha spiegato, “sono oggi guidati dai bisogni finalizzati al cross selling e allo sviluppo delle relazioni. La funzionalità Easy Contact, che abbiamo introdotto nei nostri servizi, automatizza la memorizzazione dei contatti con il consulente di fiducia, agevolando un rapporto più diretto e personalizzato”.

Una convivenza possibile

Il mondo fisico e quello digitale sono destinati a convivere e a interagire, e non vanno, quindi, visti come elementi contrapposti. “Progettare l’omnicanalità significa selezionare pochi customer journey in grado di accompagnare il cliente secondo la propria indole, self-service o relazionale, nel raggiungere facilmente il proprio obiettivo”, ha sottolineato Matteo Coppari, head of digital marketing & sales di Bnl, Gruppo Bnp Paribas. Le due dimensioni, dunque, si devono integrare per costruire un unico customer journey e per soddisfare una domanda a oggi ancora poco assecondata. “Molti clienti lamentano di non poter eseguire operazioni complesse attraverso i canali digitali”, ha rilevato Andrea Buffoni, regional vice president di Salesforce, “e sta crescendo anche la richiesta di offerte personalizzate. Ecco perché le banche devono lavorare su questo fronte con una piattaforma unica di customer engagement”. Il fine di costruire un customer journey evoluto ha spinto alcune realtà a creare team interni cross-funzionali, deputati a supportare il lavoro delle business unit attraverso il potere dei dati. “Lo sfruttamento di questo potere, in combinazione con gli strumenti sempre più evoluti e intelligenti contenuti nei Crm, dovrebbe poi portare a una maggior personalizzazione digitale del rapporto con una clientela”, ha concluso Federico Tota, country manager di Adobe.

Roberto Bonino

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