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EXECUTIVE ANALYSIS

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ECCELLENZE

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INTERNET OF THINGS, SI VA VERSO LA MATURITÀ

Le applicazioni IoT stanno già aiutando l’industria, ma anche altri settori di mercato, a migliorare l’efficienza operativa. L’integrazione dei dati è una delle sfide da affrontare.

L’Internet delle Cose è una realtà per molte aziende, anche in Italia. Nel mondo dell’industria innanzitutto, ma anche in diversi altri ambiti produttivi, gli oggetti connessi stanno già svolgendo un ruolo concreto a supporto di obiettivi di business e di efficienza operativa. La gestione di grandi quantità di dati, la loro integrazione con altre componenti tecnologiche, l’evoluzione della cultura aziendale e il ruolo dell’intelligenza artificiale sono i temi che guideranno gli sviluppi a breve e medio termine. Per le organizzazioni impegnate nei percorsi di trasformazione digitale, l’integrazione dell’Internet of Things appare una mossa quasi ovvia: la natura stessa di un oggetto connesso, progettato per l’utilizzo in ambito aziendale, è primariamente quella di raccogliere informazioni, che poi vanno analizzate per migliorare il processo decisionale. Il comparto che si è spinto più avanti in questa direzione è senza dubbio il manifatturiero, ma la strada appare segnata e destinata a estendersi verso altri settori. Anche in Italia, dove Idc ha stimato un volume di investimenti pari a circa 98 miliardi di euro nel 2020 considerando sia la componente aziendale, sia quella consumer. La potenziale creazione di valore passa per il concetto di advanced analytics, per andare oltre la classica Business Intelligence e includere intelligenza artificiale, analisi di cluster e altre tecniche, tenendo presente che alla base di tutto ci devono essere un’integrazione stretta dei processi aziendali e una governance del percorso compiuto dai dati, dall’edge (cioè dagli oggetti connessi) verso le altre componenti strategiche del sistema informativo.

Lo scenario italiano dell’IoT

I dati generati dai dispositivi connessi stanno aumentando a un ritmo elevato. Questo pone problemi di spazio di archiviazione e gestione, portando inevitabilmente alla necessità di disporre di framework in grado di raccogliere, salvare e lavorare i dati, per renderli poi rapidamente fruibili anche da figure poco avvezze all’uso di determinati strumenti tecnologici. A seconda dei casi, poi, possono subentrare tematiche di sicurezza legate sia alle tecnologie implementate sui dispositivi remoti o sui sistemi automatizzati sia alla loro circolazione tra diverse applicazioni e dipartimenti aziendali. Infine, occorre affrontare correttamente, meglio se nelle fasi iniziali di un progetto, il tema dell’integrazione dei dati generati da strumenti IoT con quelli di altre applicazioni

aziendali, più o meno correlate a essi. Su questi temi Technopolis ha realizzato una ricerca qualitativa, mirata principalmente ad analizzare come si stiano strutturando le strategie IoT nelle aziende e quali risultati abbiano prodotto fin qui. L’iniziativa ha coinvolto oltre quindici imprese appartenenti in modo prevalente al settore manifatturiero, ma con testimonianze raccolte anche nelle utilities, nell’healthcare e nei servizi. L’eterogeneità del campione permette di evidenziare alcune distinzioni strategiche fra le aziende coinvolte. Laddove esista un’attività di produzione radicata sul territorio italiano o almeno da qui controllata, i progetti IoT sono una realtà già ben definita, talvolta con un percorso avviato da diverso tempo e in tutti i casi con finalità specifiche legate alla pura attività di stabilimento. In queste aziende generalmente sono stati fatti investimenti in direzione della smart factory, con l’applicazione diffusa di sensori sugli impianti o sulle linee, innanzitutto per poter scoprire tempestivamente anomalie di funzionamento, ma in molti casi anche per raccogliere dati utili all’analisi delle performance o per comprendere l’intero flusso di una supply chain. Un secondo importante filone di sviluppo IoT riguarda l’integrazione della sensoristica nei prodotti, essenzialmente allo scopo di rilevare le loro modalità di funzionamento, le attitudini dei consumatori in determinati contesti, il posizionamento nei punti vendita in scenari particolarmente evoluti. Qui le casistiche sono molto differenziate e verticalizzate in funzione delle caratteristiche di ogni prodotto o dei fruitori standard. Talvolta le rilevazioni derivate dalla sensoristica integrata consentono alle aziende, con opportuni assemblaggi e analisi dei dati, di monetizzare gli investimenti effettuati sotto forma di servizi a pagamento, erogati in modo complementare oppure finalizzati a cementare la relazione con i clienti in casi di rinnovo di ordini o richieste di intervento.

ll percorso dei dati in azienda

Uno dei temi centrali dell’attuale fase di sviluppo dei progetti IoT riguarda l’uso che l’azienda fa dei dati raccolti. Abbiamo già evidenziato come, vista anche la conformazione del campione analizzato, le esperienze più consolidate riguardino gli ambienti di produzione. Ciò che si raccoglie in questo contesto viene sfruttato in modo preponderante dai responsabili degli stabilimenti o dalle figure di management tecnico a livello centralizzato, per monitorare le performance e intercettare in modo rapido le possibili anomalie nel funzionamento di una macchina o di una linea. Ancora non troppo consolidata, invece, è l’integrazione di questi dati con altre componenti del sistema informativo, se si escludono i Mes (Manufacturing Execution System) presenti nelle imprese produttive. Questo dipende, in diverse realtà, anche dalla relativa gioventù delle esperienze maturate nel mondo Internet of Things. Non così raro è il caso di aziende che hanno implementato piattaforme diverse per scopi specifici, ad esempio per l’asset management, con una conseguente necessità di ricercare una convergenza prima di tutto su questo fronte. Abbastanza comune appare l’integrazione dell’IoT di produzione con i sistemi di gestione della supply chain, mentre più raramente si arriva all’Erp aziendale, a meno che non si tratti di processi nativamente avviati in una logica di fusione applicativa. Gli output legati all’utilizzo di strumenti analitici vengono quasi sempre messi a disposizione dei manager di linea, che devono essere nella condizione di poterli interpretare e manipolare. Solo nelle realtà più evolute sono presenti figure di data scientist, che sono collocate a mezza via fra ruoli di IT e responsabili business od operations e che fungono da “interpreti” del lavoro costruito dai team di progetto. Più in generale, compete all’IT garantire soprattutto l’integrità del dato e una corretta visualizzazione per tutti i diretti interessati.

I limiti da superare

Se nella maggior parte delle aziende analizzate i progetti basati sugli oggetti connessi sono già stati realizzati o sono stati programmati a breve termine, numerosi appaiono gli ostacoli per uno sviluppo più consistente su questo fronte. Alcuni di questi ostacoli sono ancora di natura tecnologica e riguardano la difficoltà di definire standard universali che rendano più fluido e sicuro il dialogo fra i dispositivi e i sistemi aziendali, ma anche l’infrastruttura di connettività nazionale che occorrerebbe per garantire una soddisfacente qualità nella trasmissione dei dati da qualunque luogo essi partano. Un altro elemento di criticità può essere la presenza in azienda di componenti tecnologiche obsolete, che rendono difficile l’integrazione con le nuove tecnologia digitali. La sicurezza è una fonte di preoccupazione per diverse realtà, soprattutto per quelle che devono interfacciare sistemi di età differente. Naturalmente, la disponibilità di budget resta sempre un vincolo non trascurabile, tornato anche in auge a seguito delle restrizioni imposte dagli effetti della pandemia che si stanno protraendo. Il futuro dell’IoT appare promettente, come già sembrava qualche anno addietro. Il ritmo di crescita dei progetti forse non è stato quello atteso e in molti casi gli sviluppi prototipali non si sono ancora concretizzati in implementazioni su larga scala. Per chi ha già realizzato progetti, ci sono percorsi quasi obbligati in direzione della ricerca di una migliore integrazione fra i dati di provenienza eterogenea e con altre componenti, come la supply chain. In prospettiva, certamente potrà trovare maggior spazio l’intelligenza artificiale applicata alle analisi e alla correlazione dei dati che i dispositivi connessi possono trasmettere.

Roberto Bonino

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