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MOBILITY
LABORATORI DI IDEE PER LA RIPARTENZA
Per favorire la ripresa del trasporto pubblico e dei servizi di sharing mobility, penalizzati dai lockdown, bisognerà trasformare i percorsi e gli spazi cittadini.
La trasformazione della mobilità urbana non può più aspettare. Con la pandemia di covid-19, i modelli di spostamento sono diventati molto più individuali: auto privata, o, per tratti brevi, motocicletta, bicicletta o monopattino personale, scelti al posto dei mezzi pubblici. Una situazione che potrebbe presto ricreare situazioni di congestione del traffico. Nei contesti cittadini, dunque, quest’anno la priorità sarà ripensare il trasporto pubblico e integrarlo con una mobilità urbana smart e sostenibile: solo così gli utenti potranno passare da un mezzo all’altro in modo semplice, integrato o multimodale, economico e compatibile con gli obiettivi ambientali. Come riporta il “Digital Auto Report 2020” di PwC, la preferenza delle persone per i mezzi privati durante e dopo i lockdown ha penalizzato la sharing mobility. L’indagine, condotta su tremila consumatori in Germania, Stati Uniti e Cina, ha dimostrato che le restrizioni hanno avuto come effetto, per un numero considerevole di persone, un incremento dell’utilizzo di bicicletta e auto privata, ma anche di percorsi fatti a piedi, con un crollo degli spostamenti su mezzi condivisi (dal trasporto pubblico, alla shared mobility, al ride hailing).
Trasporto pubblico, una ripresa possibile
Il trasporto pubblico è stato duramente colpito dal covid-19: come emerso dai monitoraggi fatti da Moovit nelle principali città del mondo, l’utilizzo dei mezzi collettivo prima è crollato, poi si è ripreso in parte, e quindi è diminuito di nuovo con la seconda ondata del virus. Ci vorrà molto tempo prima di ritornare ai livelli di occupazione precedenti e nel frattempo gli attori del settore hanno riportato enormi danni economici. Già lo scorso anno l’Associazione Internazionale dei Trasporti Pubblici (Uitp) aveva predetto perdite per 40 miliardi di euro per il trasporto pubblico europeo nel 2020. Che cosa servirà per favorire la ripresa? Per recuperare efficienza, senza dimenticare di essere inclusivo e sostenibile, il trasporto pubblico dovrà concentrarsi sui collegamenti principali, nei quali raccogliere il maggiore traffico di persone. Al contempo, per quanto
riguarda i percorsi periferici, dovrà sia optare per di servizi di trasporto elastici alla domanda (dunque flessibili e basati su reali bisogni di utilizzo) sia coopeare con le terze parti (fra cui i servizi di sharing mobility e di taxi) per colmare le esigenze di mobilità dell’ultimo miglio.
Città sostenibili e modelli di prossimità
Uno dei trend più importanti per il 2021 sarà invece l’ampia adozione, da parte delle amministrazioni comunali, di progetti di mobilità sostenibile come quello della “città in quindici minuti”: un’invenzione di Carlos Moreno, scienziato franco-colombiano dell’Università Sorbona di Parigi, che su questi temi interverrà nel corso dello “Smart Mobility, Transport & Logistics Summit” organizzato da The Innovation Group per il prossimo 21 aprile. Parigi è stata la prima metropoli europea ad aver adottato una pianificazione sostenibile dello spazio urbano basata sul concetto di prossimità, in modo da ridurre gli spostamenti in automobile in ambito cittadino, favorendo quelli in bicicletta o a piedi. Durante i mesi della pandemia quasi ogni grande città ha ridisegnato le sue piste ciclabili, ha allargato gli spazi per i pedoni e quelli per sostare all’aperto. Se inizialmente questo era partito per disincentivare l’uso di automobili private, con il covid-19 si è cominciato a pensare a ritmi di vita cittadina diversi, e alcune delle esperienze fatte nell’ultimo periodo potrebbero diventare definitive. Si parla oggi di “urbanismo tattico” quando si citano le modifiche apportate soprattutto agli ambienti stradali delle città, volte a favorire una mobilità pedonale, a ridurre l’inquinamento cittadino, a destinare il suolo pubblico per altri scopi (ad esempio mettendolo a disposizione dei ristoratori che devono disporre di spazi all’aperto). Obiettivo di questo approccio è quello di influire sul ritmo di vita nelle città, restituire spazi vivibili ai singoli quartieri, ricollegare le persone con il loro territorio ed eliminare il più possibile gli spostamenti inutili con mezzi inquinanti ed energivori. I laboratori della smart mobility stanno funzionando a pieno ritmo nelle grandi città del mondo.
Elena Vaciago
Terminate le restrizioni, come useresti le seguenti modalità di trasporto rispetto ai tempi pre-covid?”
GERMANIA STATI UNITI CINA
Bici di proprietà
A piedi
Auto di proprietà
Mezzi pubblici
Micromobilità condivisa
Car sharing
Taxi/Uber
Di più Ugualmente Di meno 0 20 40 60 80 100 0 20 40 60 80 100 0 20 40 60 80 100
FONTE: “Digital Auto Report 2020”, Pwc. Base: 1.259 intervistati. Dati in percentuale.
Dopo anni di ascesa, nel 2020 i servizi di noleggio breve condiviso hanno subìto un crollo, in parallelo ai picchi dei contagi del coronavirus. Come conciliare le esigenze degli spostamenti, della sicurezza e della riduzione di traffico e inquinamento?
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SERVIZI DI SHARING, DAL SUCCESSO ALLA CRISI
L’abbiamo letto ovunque, ne abbiamo parlato con colleghi e amici, lo abbiamo sperimentato personalmente: lo smart working nel 2020 è entrato nelle nostre vite prepotentemente (che fosse la prima volta o no), garantendo continuità operativa alle aziende nonostante le restrizioni dei lockdown. Va da sé che il lavoro da casa riduca gli spostamenti giornalieri in città e il pendolarismo, ma non può essere applicato a tutte le professioni o in tutti i giorni della settimana. Nelle metropoli il revival del trasporto individuale e il conseguente il 2019 le iscrizioni ai servizi di mobilità condivisa erano aumentate di quasi il 30%, passando nel giro di un anno da meno di 1,9 milioni di utenti registrati a oltre 2,4 milioni. Città come Genova, Milano, Roma e Torino vantavano un’offerta variegata, avendo ciascuna cinque operatori attivi. Poi il terremoto del coronavirus, tanto devastante da costringere l’Osservatorio ad aggiornare il suo report annuale per ben due volte (a giugno e a ottobre) sottoponendo nuovi questionari da compilare sia agli operatori di servizi di mobilità condivisa sia alle amministrazioni comunali
aumento del traffico certo non stanno contribuendo alla qualità dell’aria, né alla qualità della vita. Uno studio realizzato da ShareNow e dal Mobility Institute di Berlino ha calcolato che nel mese di aprile 2020 i noleggi di car sharing nella capitale tedesca erano scesi di circa il 56% rispetto ai livelli pre-crisi, mentre ad Amburgo il calo era del 62%. Nello stesso periodo, in entrambe le città il trasporto pubblico registrava cali superiori all’80% dei passeggeri. La stessa dinamica si ritrova in Italia: secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Sharing Mobility, tra il 2018 e
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di Bologna, Cagliari, Milano, Palermo, Roma e Torino. Ne è emerso un andamento simile in tutte queste città: noleggi quotidiani in picchiata tra febbraio e marzo, un ulteriore calo da qui ad aprile, una ripresa lenta e quasi costante (tranne che in agosto) fino all’autunno. In modo fin troppo evidente, il numero dei noleggi ha rispecchiato l’andamento dei contagi, con un legame inverso. L’aumento del traffico auto nelle città è stato soprattutto conseguenza della fuga da treni, tram e metropolitane, ma anche il forte calo dei noleggi di car sharing rientra nel quadro di un futuro poco vivibile, e basti pensare al problema dei parcheggi e dei box auto. Incentivare nuovamente i servizi di sharing è necessario per far ripartire quel percorso di sostenibilità e di miglioramento della qualità della vita che diverse metropoli avevano intrapreso negli anni scorsi. Ma come gestire il problema della sicurezza? Una possibile via è quella indicata da Kinto Share, servizio di noleggio breve di auto ibride (Toyota e Lexus) attuamente presente a Venezia, Milano, Bologna e Cesena e in rampa di lancio in altre città: tutti i veicoli della flotta vengono sanificati seguendo le linee guida del Ministero della Sanità, e all’interno delle auto un cartellino riporta la certificazione dell’avvenuta procedura. Kinto Share ha anche deciso di regalare per ogni prenotazione venti minuti di noleggio gratuito, per consentire ai clienti di igienizzare i comandi di guida e l’interno dell’abitacolo. Viene spontanea una considerazione: un margine di responsabilità individuale esiste, forse inevitabilmente, non solo nell’ambito dei trasporti ma in tutte le dinamiche e le relazioni in cui il coronavirus può diffondersi. La tecnologia può fare molto, il resto spetta a noi.
Valentina Bernocco
LA SFIDA DELLA “CITTÀ IN QUINDICI MINUTI”
Se di “nuova normalità” vogliamo parlare, serviranno non soltanto differenti abitudini e sistemi di trasporto (rivalutando i mezzi pubblici, i servizi di car sharing e i mezzi individuali non inquinanti) ma anche inediti modelli urbanistici. Un esempio di ripensamento logistico e concettuale delle metropoli è il concetto di “città in quindici minuti” sviluppato da Carlos Moreno e promosso da Ana María Hidalgo Aleu, sindaco di Parigi: una composizione di quartieri autosufficienti e ben connessi l’uno all’altro dalla rete dei trasporti. Deve bastare un quarto d’ora per raggiungere, ovunque ci si trovi, il proprio luogo di lavoro, la scuola, il supermercato o il parco pubblico di zona. “Possiamo considerare la città in quindici minuti come una soluzione intelligente per consentirci di avere a portata di mano, anche in tempi di pandemia, tutto ciò di cui abbiamo bisogno”, spiega Leopoldo Freyrie, architetto e urbanista. “In realtà è qualcosa di più profondo e duraturo: è l’idea che si vada verso un concetto di ‘pluri-città’, in cui cui convivono i servizi, il lavoro, i negozi, lo svago, ma anche la natura, in un raggio ragionevolmente corto. Tutti questi borghi che formano la città possono essere vissuti in modo tradizionale però sono anche connessi tra di loro e connessi al resto del mondo con servizi e possibilità di lavoro”. Bello, ma quanto realizzabile? “Per gli architetti questa è una grande sfida, che deve coinvolgere la responsabilità ambientale ma anche la responsabilità sociale”, riflette Freyrie. “Si tratta di un ripensamento completo, che ci richiede davvero di essere eretici, visionari, di dimenticarci dei modelli del Novecento. Milano sta tentando di applicare questo modello alle periferie, con nuovi progetti di micro-città”. Altre metropoli, per conformazione, demografia e risorse disponibili, sono forse svantaggiate rispetto al capoluogo lombardo. Quel che è certo è che in una città “a portata di mano”, più vivibile ed ecologica, la tecnologia dovrà essere protagonista, offrendo le infrastrutture necessarie allo smart working e sviluppando nuove soluzioni che rendano sicuri l’uso dei mezzi pubblici e il car sharing anche ai tempi del covid-19.