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INTELLIGENZA ARTIFICIALE
ALGORITMI, TRA OPPORTUNITÀ E INSIDIE
Un report di McKinsey evidenzia i legami tra gli investimenti in A.I. e la crescita del fatturato delle aziende. Ma i rischi legati al bias e alla explainability restano pendenti.
Èun costo, ma un costo che si ripaga. Investire intelligenza artificiale favorisce l’incremento degli affari, e questa tecnologia sembra oggi racchiudere un valore ancora maggiore alla luce dello stravolgimento economico, sociale e organizzativo generato dalla pandemia di covid-19. Perché servono nuove e migliori capacità di analisi dei dati, specie per comprendere le necessità emergenti dei consumatori in innumerevoli ambiti. Uno studio quantitativo e qualitativo di McKinsey (condotto tramite survey online su 2.395 professionisti impiegati in vari settori e con interviste di profondità) evidenzia che poco meno della metà delle aziende (1.151) nel 2020 aveva già adottato tecnologie di AI in uno o più ambiti. Di gran lunga, le funzioni aziendali più contaminate dall’uso dell’intelligenza artificiale sono le service
operations (in cui rientrano anche l’IT, le attività di gestione dell’infrastruttura e delle applicazioni), lo sviluppo di prodotto/servizio, il marketing e le vendite. Qui il covid non ha causato particolari sconvolgimenti, dato che queste medesime erano le funzioni aziendali segnalate da un analogo studio di McKinsey del 2019. Fra i settori in pole position nell’adozione dell’AI, davanti a tutti c’è quello dell’informatica e delle telecomunicazioni, seguito dall’automotive e dall’industria dell’assemblaggio.
Più intelligenza, più fatturato
Sembra esistere una correlazione fra l’uso più o meno esteso dell’AI e la capacità di generare fatturato extra. Ma sulla valutazione quantitativa non c’è consenso. Il 48% degli intervistati pensa che l’intelligenza artificiale nella propria azienda sia responsabile di meno del 5% dei guadagni al lordo di interessi e tasse (Ebit), mentre il 22% ritiene che la percentuale superi il 5% dell’Ebit. C’è poi solo un “piccolo gruppo” di intervistati, e McKinsey non specifica quanti siano, che stima un contributo dell’AI superiore al 20% del totale dell’Ebit. “Queste aziende”, si legge nel report, “pianificano di aumentare ancora gli investimenti in AI come risposta alla pandemia di covid-19 e all’accelerazione digitale. Questo potrebbe creare una spaccatura ancor più rivano da una mancanza di explainability”. Cornici regolatorie come il Gdpr, il regolamento europeo sulla protezione dei dati personali, potranno in parte mitigare questi pericoli almeno relativamente al tema della privacy. Ma bisognerà affrontare problemi ancor più spinosi, come quello del bias, il pregiudizio insito negli algoritmi, che è in parte derivato dal tipo di dati usati per allenare il modello. Per quanto effetto involontario, le sue conseguenze sono eticamente disastrose: basti pensare a un software di AI per la selezione del personale, che favorisca i candidati di una certa etnia o genere. L'esempio non è casuale perché era accaduto anni fa ad Amazon (che fece mea culpa e corresse il problema) che un suo algoritmo, usato per le analisi dei curricula, tendesse penalizzare le donne in quanto addestrato prevalentemente su dati di profili maschili. “L’equità e l’imparzialità possono essere difficili da ottenere”, scrive Burkhardt, “ma dovrebbero essere in cima ai pensieri di ogni azienda di qualsiasi settore. Sorprende particolarmente il fatto di vedere uno scarso progresso nel riconoscimento e nella mitigazione di tale rischio, considerata l’attenzione rivolta sui social media al pregiudizio razziale e ad altri trattamenti discriminatori, come gli annunci di lavoro ristretti a una fascia d'età”.
Valentina Bernocco
ampia fra i leader dell’intelligenza artificiale e la maggioranza delle imprese, che ancora faticano a capitalizzare questa tecnologia”. Insomma, sono proprio queste poche aziende altamente performanti, secondo McKinsey, ad aver aumentato gli investimenti in AI alla luce della crisi mondiale anziché diminuirli. Guardando ai settori di mercato, non stupisce che nel 2020 siano tendenzialmente cresciuti gli investimenti dell’ambito sanitario e farmaceutico, così come quelli dell’industria automobilistica e dell’assemblaggio.
Un rischio da non sottovalutare
Una delle insidie dell’intelligenza artificiale, in tutti i campi di utilizzo, è il problema della explainability: manca un modello di “decodifica” dell’AI, che renda comprensibili ai gestori di un’applicazione i suoi meccanismi di funzionamento. Senza questa capacità, la tecnologia è una scatola nera. E in alcune aree, come quella medica, la posta in gioco è molto alta. Se un software di AI, analizzando masse di dati di varia natura e la storia clinica di un paziente, produce una raccomandazione personalizzata, si può accettare che un medico non capisca il perché di quella scelta? Di chi sarebbero le responsabilità in caso di errore? “È incoraggiante”, osserva Roger Burkhardt, partner di McKinsey, “vedere una crescente consapevolezza dei rischi che de-
CAMBIAMENTO CLIMATICO, IL RUOLO AMBIGUO DELL’A.I.
La lotta al cambiamento climatico ha un prezioso alleato. Grazie alle capacità di analisi dei dati e di insight, le tecnologie di intelligenza artificiale possono contribuire all'obiettivo del taglio del 50% delle emissioni di carbonio mondiali entro il 2030, previsto dall'Accordo di Parigi sul clima. In che misura? Secondo le stime di Boston Consulting Group, derivate dall’esperienza della società con suoi i clienti e riassunte nello studio “Reduce carbon and costs with the power of AI”, per una quota compresa fra il 5% e il 10%. In altri termini, grazie all’AI è possibile evitare l’emissione di un minimo di 2,6 o di un massimo di 5,3 gigaton di CO2 equivalente. Allo stesso tempo, però, l’intelligenza artificiale sta anche aiutando le grandi compagnie dell’oil&gas a sfruttare nuovi giacimenti (ne parliamo a pag. 35), e questo certo non favorisce la transizione verso modelli di consumo energetico più sostenibili.
UNA RISORSA NON UMANA, MA ETICA
Le tecnologie di A.I. si fanno largo nel campo delle Human Resources, ma senza sconfinare nei territori in cui le interazioni faccia a faccia e l'esperienza dei selezionatori del personale sono valori aggiunti. Il punto di vista di Cornerstone OnDemand.
Siamo disposti a farci giudicare da un software? Forse no, specie quando sono in gioco i nostri studi, le nostre competenze, la nostra professionalità. Ma nell’ambito delle risorse umane l’intelligenza artificiale può essere un validissimo strumento, soprattutto nelle prime fasi del processo di ricerca e selezione del personale. La tecnologia può setacciare dati con più rapidità, precisione ed efficienza di quanto mai potrebbe fare un essere umano. Tuttavia l’interazione faccia a faccia rimane un valore da salvaguardare. Come a dire: lasciamo i curricula al software e i candidati alle persone. Ne abbiamo discusso con José Alberto Rodriguez Ruiz, chief data protection officer di Cornerstone OnDemand, società specializzata in soluzioni tecnologiche per le HR.
Come viene usata, principalmente, l’intelligenza artificiale nelle HR? Le tecnologie basate sull’AI applicate all’ambito delle Risorse Umane sempre più seguono l’intero ciclo di vita dei dipendenti e vengono utilizzate sia per l’iniziale processo di selezione sia per la successiva gestione dei percorsi di carriera all’interno dell’azienda. Alcune applicazioni tipiche riguardano, ad esempio, la selezione dei candidati, l’individuazione e la gestione delle competenze e la definizione di percorsi formativi personalizzati grazie ai suggerimenti su misura forniti dall’AI per ciascun dipendente.
Quali sono i vantaggi? Principalmente due. Il primo è ovviamente la maggiore efficienza: alcune aziende, ad esempio, ricevono troppi curricula e non riescono a esaminare manualmente tutte le candidature. L’AI le aiuterà non solo ad analizzare un maggior numero di Cv in minor tempo, ma anche ad assicurarsi che tutti i candidati vengano presi in considerazione. Grazie a questi nuovi strumenti, si azzera il rischio che alcune candidature possano sfuggire al selezionatore e tutte vengono prese in esame. E questo è un beneficio sia per le aziende sia per chi è alla ricerca
di un nuovo lavoro, che vedrà aumentare significativamente le possibilità di trovare un impiego. Il secondo vantaggio è legato invece alla gestione del personale: se usata correttamente, l’AI aiuta le Risorse Umane a migliorare la gestione delle persone in azienda, garantendone l’inclusione e la parità. Inoltre, si assicura ai dipendenti l’opportunità di ricevere adeguate proposte di formazione per perfezionare le proprie competenze laddove necessario.
Quant’è diffuso l’impiego delle tecnologie di AI in ambito HR? L’uso su vasta scala dell’AI è solo all’inizio, siamo solo agli albori di una grandissima trasformazione. Sono davvero entusiasta delle possibilità che questa tecnologia offre. Ovviamente, quando arrivano nuove tecnologie, capita molto spesso che i grandi gruppi e gli early adopter siano in una posizione privilegiata per testarle e usarle a loro favore. Non solo: più grande è l’azienda, maggiori sono i vantaggi offerti dall’AI in termini di efficienza. Ad ogni modo, la bellezza dell’AI sta nel fatto che, se è vero che servono grossi insiemi di dati per costruire modelli e algoritmi di intelligenza artificiale, è anche vero che questi alla fine vengono applicati su base individuale, perciò anche le piccole e medie imprese potranno beneficiarne. L’AI crea un senso di comunità: diversi attori convogliano dati nel mix, permettendo così di costruire modelli da cui tutti possono trarre vantaggio. Questo è esattamente quello che facciamo in Cornerstone.
Che cosa ne favorisce o frena l’adozione? L’efficienza e le economie di scala sono sempre un incentivo all’adozione. Dall’altro lato, la valutazione dei rischi e la scarsa familiarità con le tecnologie richiedono tempo alle aziende, che prima di implementarli devono necessariamente prendere dimestichezza con questi sistemi. Ed è qui che s’inseriscono iniziative specificamente concepite per sostenere i clienti in questo tipo di sfide. Ne è un esempio il nostro Cornerstone Innovation Lab for AI, un nuovo centro di eccellenza aziendale composto da esperti di dati e machine learning specializzati nella ricerca di metodi pratici ed etici per applicare le tecnologie AI sul posto di lavoro. Le competenze di questo centro hanno già contribuito a progettare e realizzare Cornerstone Skills Graph, un motore per la ricerca delle skill unico nel settore, che permette di implementare l’AI a livello pratico per vari scopi, come ad esempio scoprire di quali competenze dispongano i collaboratori, per definire le richieste per una data posizione lavorativa e ricollocare più rapidamente le persone.
Quali sono le implicazioni etiche dell’AI applicata all’HR? Quali sono i timori? Una sola parola: discriminazione. L’AI verrà implementata su vasta scala, perciò dobbiamo assicurarci che non ripeta gli schemi discriminatori del passato. Garantendo l’assenza di discriminazione su vasta scala, l’AI contribuirà ad attenuare uno dei rischi più radicati dei processi HR. Questo è senz’altro un elemento chiave per il nostro approccio in Cornerstone, nonché uno dei motivi alla base del nostro Innovation Lab for AI.
Le competenze e il valore umano saranno ancora importanti? Una cosa non esclude l’altra: AI ed expertise umana coesisteranno, anche se probabilmente in modo diverso rispetto a come accade ora. Un esempio che mi piace citare è quello del pilota di aerei: abbiamo tutti questa concezione romantica del pilota che controlla il velivolo con le proprie mani, ma in realtà per la maggior parte del tempo gestisce il computer, ed è il computer a controllare l’aereo. Nell’ambito delle Risorse Umane succederà qualcosa di simile: le competenze umane saranno cruciali per costruire e usare i sistemi di AI dedicati all’HR, mentre i professionisti HR dovranno diventare utenti esperti dei sistemi di AI. Per esempio, anziché leggere i curricula uno a uno, i selezionatori si occuperanno di individuare e configurare gli opportuni modelli di AI, controllare la qualità dei risultati, correggerli se necessario, e dopodiché passeranno a incontrare di persona i candidati prescelti per il round finale. Perché, nonostante tutti i matching in stile Tinder e sistemi analoghi, credo ancora che niente possa sostituire il rapporto umano, che resta determinante per confermare alcuni aspetti non scientifici, come ad esempio l’impressione di poter lavorare bene con qualcuno.
José Alberto Rodriguez Ruiz
Qual è la sfida all’orizzonte? Penso non si tratti di una sfida meramente tecnologica, perché la tecnologia evolve molto in fretta. Credo invece che la sfida per l’adozione dell’AI nel nostro settore sia innanzitutto umana: dobbiamo formare, agevolare e supportare i professionisti delle HR affinché comprendano e usino l’intelligenza artificiale, affinché diventino utenti esperti, affinché diventino come i piloti del computer che controlla l’aereo. V.B.