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l’analisi

TECNOLOGIA OSTILE O RESPONSABILE? DIPENDE DA NOI

Come poter creare tecnologia nel modo giusto, responsabile, rispettoso dei singoli? Gli hackeraggi, i ransomware, le violazioni dei dati e gli attacchi DDoS sono protagonisti del racconto mediatico sulla tecnologia ostile, e indubbiamente possono creare danni. Ma sono solo un tassello di un quadro molto più ampio ed esiste una tecnologia ben più ostile di quella degli attacchi informatici. Oggi i pericoli di una tecnologia sbagliata sono maggiori rispetto al passato. Se un sito di e-commerce ci raccomanda un prodotto per noi non interessante, ci basta semplicemente ignorarlo. Ma se un sito, usando una tecnologia di intelligenza artificiale, ci consiglia un farmaco sbagliato, allora le conseguenze possono essere gravi. A volte la tecnologia è ostile in modo del tutto involontario. I software di riconoscimento facciale che producono risultati imprecisi nell’identificare le donne di colore non vengono creati intenzionalmente, il problema sta nella base di dati utilizzati. Spesso non siamo bravi a comprendere quali saranno le conseguenze di una tecnologia sbagliata, perché ci focalizziamo solo sulle persone a cui quella tecnologia è rivolta o sul singolo problema da risolvere. Per questo dovremmo allargare lo sguardo, pensando non solo all’obiettivo o agli obiettivi specifici per cui quella soluzione tecnologica è stata creata, bensì all’impatto sulle persone, anche su quelle che non sembrano direttamente coinvolte. Dal mio ingresso in Thoughtworks, alla fine degli anni Novanta, ho visto l’azienda crescere da cento a undicimila persone, una crescita che è stata per lo più organica e solo recentemente alimentata dalle acquisizioni. Siamo nati con l’ambizione di voler rivoluzionare l’industria tecnologica, un’ambizione audace. Ma fin dall’inizio avevamo un’idea molto definita di come poter creare tecnologia in modo giusto. Guardavamo ai numerosi progetti di alto profilo che erano falliti dopo aver mobilitato enormi investimenti e per noi rappresentavano tutto ciò che di sbagliato si può fare con la tecnologia. Quindi abbiamo iniziato a incapsulare nel nostro lavoro una nozione di tecnologia responsabile, sviluppata non solo per risolvere un problema ma anche in modo da agire creando il minor danno possibile. Alla base c’è la capacità di riconoscere le conseguenze non desiderate delle scelte che compiamo. Mettendo insieme tecniche strutturate, strumenti e metodi definiti da altri soggetti, abbiamo realizzato il Responsible Tech Playbook, una guida che aiuta le aziende a prendere decisioni migliori sulla tecnologia. Porsi delle domande è essenziale. I gruppi di persone che testano i prodotti e servizi in fase di sviluppo riflettono davvero gli utenti finali a cui ci rivolgeremo? E c’è un’adeguata rappresentanza? La qualità e l’accuratezza dei dati usati per alimentare le soluzioni data-driven è sufficiente, e i dati sono liberi dal bias? Nella progettazione, si tiene conto adeguatamente dell’usabilità e dell’accessibilità? Le scelte sono in linea con gli obiettivi di sostenibilità o potrebbero avere un impatto negativo sull’ambiente? Questo approccio rappresenta il modo in cui da sempre abbiamo sviluppato software. I metodi sono diventati più sofisticati negli anni ma il principio alla base è rimasto lo stesso: non fare la cosa sbagliata. Vogliamo sviluppare soluzioni tecnologiche che siano non soltanto utili, ma anche giuste.

Rebecca Parsons

Rebecca Parsons, chief technology officer di Thoughtworks

NEL MULTICLOUD, ECOSISTEMA VUOL DIRE FLESSIBILITÀ

Dell Technologies amplia e rafforza le alleanze con i fornitori cloud, per consentire alle aziende la massima libertà di scelta.

Viviamo in un mondo multicloud, che ci piaccia o no. Le aziende si appoggiano a una molteplicità di fornitori di Iaas, PaaS e SaaS, e forzarle a utilizzare tecnologie compatibili con una sola piattaforma cloud non è più una strategia praticabile. E molti vendor lo hanno capito. Tra chi ha sposato la filosofia della libertà di scelta e, anzi, ne ha fatto il proprio punto di forza c’è Dell Technologies. “Mai come prima d’ora viviamo in un mondo multicloud”, spiega Fabio Zezza, Data Protection Solutions lead di Dell Technologies Italia. “Grazie alla tecnologia riusciamo a gestire le applicazioni tanto on-premise quanto in uno o più cloud pubblici o in modalità asa-service. La tecnologia ci permette di avere consistenza operativa in termini fino a ieri impensabili. La nostra strategia è pensata per offrire ai clienti la possibilità di estrarre il massimo valore dalle informazioni, nel minor tempo possibile e al giusto costo, indipendentemente dal luogo in cui si trovano i dati”. Nel concreto, questa filosofia per Dell significa permettere ai clienti di eseguire il proprio software in qualsiasi ambiente di cloud pubblico. Con Project Alpine, progetto annunciato all’inizio di quest’anno e presentato in anteprima tecnica durante il Dell Technology World di Las Vegas dello scorso maggio. Nei prossimi mesi sarà possibile eseguire lo storage a blocchi, a file e a oggetti di Dell nei cloud pubblici di Aws, Azure e Google Cloud, ottenendo la stessa esperienza d’uso I servizi di storage di Dell potranno combinarsi con quelli nativi dei cloud provider e negli ambienti IT ibridi sarà garantita un’esperienza d’uso uniforme per chi oltre al cloud impiega,

Fabio Zezza Alberto Bastianon on-premise, i sistemi Dell PowerStore, PowerFlex e PowerScale (tutti reduci da recenti aggiornamenti e potenziamenti software).“Dell”, sottolinea Alberto Bastianon, pre sales director per l’Italia, “è fermamente convinta che il futuro multicloud sarà anche un futuro di collaborazione, in cui i nostri clienti avranno necessità di far coesistere applicazioni e ambienti diversi. Quindi vogliamo supportare la massima libertà per le loro scelte infrastrutturali”. La logica di ecosistema collaborativo si estende anche ad altri ambiti, come l’uso del cloud per le attività di analytics, che notoriamente esigono importanti risorse di calcolo e storage. Prossimamente, nel secondo semestre dell’anno, sarà possibile il Data Cloud di Snowflake per l’analisi dei dati conservati onpremise su macchine Dell. “L’annuncio della collaborazione con Snowflake forse ha stupito un po’ il mercato”, osserva Bastianon. “Snowflake è un’azienda leader nei data analytics, che ha sempre ragionato esclusivamente in un’ottica cloud. Che cosa può significare questa partnership? Per Dell potrebbe aprire a nuove collaborazioni di ecosistema, ma risponde anche a esigenze specifiche di compliance, controllo e resilienza dei dati”. I ben cinquecento annunci legati al software dell’ultima convention di Las Vegas sono un segno evidente dello spostamento del mercato verso la tecnologia immateriale. “Questa spinta verso il software”, precisa Zezza, “poggia però su un’eccellenza tecnologia di Dell sull’hardware che oggi forse è meno in primo piano ma rappresenta una piattaforma abilitante su cui continuiamo a innovare. Molti dei 26mila brevetti di Dell ricadono nell’ambito dello storage fabric”.

Valentina Bernocco

LA TECNOLOGIA ALIMENTA L’ECONOMIA CIRCOLARE

Cisco lancia nuovi incentivi finanziari e un’app che aiuta le aziende a calcolare il proprio impatto ambientale.

Gianmatteo Manghi

Oggi più che mai è fondamentale che il settore tecnologico riduca il proprio consumo di risorse e la propria produzione di rifiuti. Ma l’Ict può anche aiutare le aziende a ridurre il proprio impatto ambientale. Applicazioni di economia circolare, incentivi economici, diffusione di competenze sono le iniziative di Cisco su questi temi. “L’anno scorso abbiamo preso un impegno preciso: diventare carbon neutral entro il 2040”, ha dichiarato Gianmatteo Manghi, amministratore delegato di Cisco Italia. “Questo impegno può essere onorato solo favorendo, fra le altre cose, un sistema virtuoso di economia circolare”. L’applicazione “Send IT Back” (disponibile già da due anni negli Stati Uniti e ora estesa a tutti 27 Paesi dell’Unione Europea e al Regno Unito) permette ai clienti di Cisco di gestire la restituzione dei prodotti per la riparazione, la rigenerazione e il riuso, estendendone in questo modo la vita utile. L’utilizzo è semplice: una volta scaricata l’app, in pochi passaggi viene concordata la richiesta per il ritiro di un determinato dispositivo. A dimostrazione del fatto che i clienti sono molto interessati a queste buone pratiche, negli Stati Uniti tra il 2020 e il 2021 la quantità di prodotti restituiti tramite “Send IT Back” è aumentata del 156%. Secondo i dati della European Environment Agency, nel 2019 in Europa è stato riciclato solo il 39% dei rifiuti elettrici ed elettronici. Un dato allarmante, se si pensa che per ogni tonnellata di rifiuti riciclati si possono evitare due tonnellate di emissioni di anidride carbonica. Negli ultimi quindici anni Cisco si è impegnata a ridurre sempre di più il suo impatto ambientale, e attualmente l’azienda riusa o ricicla il 99,9% dei prodotti che le vengono restituiti. Inoltre i suoi prodotti vengono progettati oggi tenendo conto della possibilità di disassemblarli, ripararli e riusarli. La società si è posta l’ambizioso obiettivo di fare in modo che entro il 2025 il 100% dei nuovi prodotti e packaging siano creati secondo principi di progettazione circolare. È in questo contesto che nasce “Cisco Green Pay”, il nuovo programma finanziario che, applicando concetti di economia circolare, rende possibile dilazionare il pagamento di un prodotto Cisco da tre a cinque anni e usufruire al contempo di un incentivo del 5% sugli hardware. Al termine dei cinque anni il dispositivo viene ritirato gratuitamente e inserito in un percorso di circolarità. Un programma che ha quindi lo scopo di aiutare i clienti a realizzare una strategia IT sostenibile (un tema a cui tutti oggi sono chiamati ad adeguarsi, in molteplici settori). Al termine dei cinque anni si può decidere se rinnovare la tecnologia per un altro anno o restituirla gratuitamente. In tal caso, il prodotto sarà smaltito nel rispetto dell’ambiente, mentre al cliente sarà inviata una certificazione di conferma del corretto inserimento nel sistema di economia circolare, da utilizzare per il bilancio di sostenibilità. Infine, una specializzazione in “Environmental Sustainability”, dedicata ai partner di canale, ha lo scopo di diffondere maggiori competenze su questi temi, in termini di cultura, linguaggio, risultati ottenibili. La specializzazione fornirà ai partner tutte le informazioni necessarie per sensibilizzare i clienti sui vantaggi della migrazione al cloud e dell’aggiornamento delle vecchie tecnologie, oltre a dati completi sull’impatto che possono avere sull'ambiente partecipando a un modello di economia circolare.

Elena Vaciago

UN RETAIL FATTO DI DATI E DI CLOUD

Nonostante i contraccolpi della pandemia, il comparto ha continuato a innovare. La crescita della francese Cegid ne è la prova.

Il comparto retail ha sofferto più di altri le conseguenze pandemia, ma non per questo l’innovazione si è fermata, anzi. Uno dei testimoni di questo dinamismo è Cegid, multinazionale francese attiva nel mercato delle soluzioni (soprattutto cloud-based), per i segmenti della finanza, delle risorse umane e del retail. L’azienda ha intensificato la sua crescita proprio nel settore del commercio al dettaglio, un mercato che sta attraversando grandi difficoltà a causa della pandemia ma che nello stesso tempo sta accelerando quella trasformazione digitale indispensabile per recuperare efficacia ed efficienza. Soluzioni e strategie sono state oggetto, anzi soggetto, dell’evento “Cegid Connection 2022”, tenutosi a Montecarlo a metà giugno, a cui Technopolis ha partecipato. Nathalie Echinard, che dirige la business unit retail della multinazionale, ha annunciato almeno tre importanti direttrici dello sviluppo: un programma di accelerazione per le startup del mondo della vendita al dettaglio; la nuova versione della piattaforma Cegid Retail; e l’acquisizione di StorIQ, azienda britannica fondata nel 2015, con sede a Londra e circa 30 dipendenti. La piattaforma StorIQ, dedicata alla pianificazione delle operazioni nei punti vendita, va a completare l’offerta retail della società, rafforzandone la posizione nel mercato delle soluzioni di gestione di punti vendita. Il “cambio di passo” (uno degli slogan dell’evento), si percepiva anche nel corso delle tante dimostrazioni che hanno coinvolto gli attuali clienti di Cegid (per l’Italia erano presenti tra gli altri Benetton, Celio, Swatch e L’Erbolario), che oggi hanno a disposizione una suite completa di soluzioni per la gestione di back office e front office delle catene di vendita, e che possono contare su uno slancio importante della multinazionale nella direzione dei prodotti SaaS. Anche se alcuni clienti storici sono ancora legati alle versioni on-premise.

Mario Davalli Pascal Houillon

Il dinamismo dei nuovi trend

Al di là degli annunci, “Cegid Connection” è stata l’occasione per rimarcare le tendenze più importanti del mondo retail. Tra queste, sicuramente la sostenibilità e l’inclusività come valori ormai irrinunciabili, l’importanza dei dati per offrire un’esperienza di acquisto sempre più personalizzata, la tracciabilità (abilitata anche dalle tecnologie come blockchain) e la rivoluzione della logistica, indotta anche dalle nuove condizioni geopolitiche. Una rivoluzione che incide sia sulla logistica in ingresso (le materie prime) sia su quella in uscita, mentre le abitudini dei clienti cambiano velocemente e prefigurano scenari come il microfullfilment e l’autonomous delivery. In questo scenario decisamente dinamico, Cegid si mostra altrettanto attiva nel progettare e supportare il cambiamento. “La nostra crescita è costante ed è ugualmente supportata dall’incremento del business per linee interne e acquisizioni”, ha detto il Ceo, Pascal Houillon. “Come nel caso di StorIQ, la nostra strategia è di comprare aziende che crescono più di noi, per dare un ulteriore impulso al nostro già rapido passo. Velocità e omnicanalità sono, infatti, ormai due caratteristiche imprescindibili del retail”. “Anche per quanto riguarda l’Italia”, ha aggiunto Mario Davalli, country manager Sud Europa di Cegid, “la crescita del business è sensibile. Se fino a qualche anno fa le soluzioni SaaS non venivano prese in considerazione, oggi la richiesta cresce. E vista la sete di know-how che caratterizza i settori del digitale, non possiamo negare che ci sia la volontà di effettuare operazioni di acquisizione anche nel nostro Paese”.

Emilio Mango

IL MUTEVOLE MONDO DELLA SOSTENIBILITÀ PER IL FINANCE

In un panorama normativo complesso si inseriscono nuovi requisiti di reporting e necessità di data intelligence.

Il tema della misurazione e del monitoraggio della sostenibilità ambientale e sociale ha fatto irruzione anche in settori, come quello finanziario, che sembravano meno coinvolti. Come per il resto del mondo, anche qui si passa per obiettivi, scadenze di breve e lungo termine, Kpi e report da redigere. Cch Tagetik, Expert Solution di Wolters Kluwer, ha creato da qualche tempo la soluzione Esg & Sustainability, che integra in uno strumento unico tutto quanto serve per allinearsi ai requisiti di reporting, ma anche la data intelligence necessaria per impostare una crescita sostenibile di lungo termine. Com’è noto, dal gennaio 2023 la tassonomia in ambito Ue su questo fronte si farà ancor più stringente e questo metterà maggior pressione nei dipartimenti di Finance, Compliance e Risk dedicati alle tematiche Esg. Nel settore delle banche e assicurazioni, inoltre, la componente di sostenibilità si lega alle necessità di allineamento alle normative specifiche, aumentando la complessità. La soluzione di Cch Tagetik affronta in modo particolare il tema della generazione dei report Esg. “Sono integrate tutte le componenti di supporto alla tassonomia Ue, ma anche agli standard Gri (Global Reporting Initiative), Sasb (Sustainability Accounting Standards Board) e altri, utilizzando processi e calcoli precostruiti ed espandibili, in modo tale da poter importare, aggregare, elaborare e analizzare dati anche complessi e generare automaticamente i report Esg”, spiega Sara Rosati, director solutions di Cch Tagetik. Evidentemente, una soluzione di questo genere non è di per sé verticalizzata in uno specifico ambito e si adatta alle esigenze di diverse categorie di aziende. “Abbiamo scelto di mettere a punto una proposta che fosse modulare”, conferma Rosati. “Non tutti gli istituti bancari e le compagnie assicurative affrontano il tema della sostenibilità nella stessa maniera e non per tutti le priorità sono uguali. Pertanto, gli elementi legati alla tassonomia, al Gri, alla carbon intensity o al Net Zero sono moduli della stessa soluzione e ogni azienda può attivare quelli per essa prioritari”.

Sempre al passo con le normative

Il vantaggio per le aziende è che la soluzione Esg & Sustainability integra in modo automatico l’adeguamento normativo, per cui gli indicatori da rispettare verranno sempre aggiornati anno dopo anno anno (sia dal punto di vista dei calcoli sia dal punto di vista della relativa rendicontazione), facendo sì che la componente di studio e di analisi della normativa resti in carico al team Cch Tagetik, forte dell’esperienza maturata nel mondo della vigilanza bancaria e

Foto di anncapictures da Pixabay

assicurativa. “Intendiamo supportare i clienti in quello che è uno vero e proprio viaggio all’interno della normativa”, sottolinea Rosati. “Partiamo dalla data discovery, per calcolare gli indicatori, seguiamo la fase di raccolta dai diversi device dove i dati possono essere ospitati e poi guidiamo le aziende in un campo ancora piuttosto giovane, in cui non tutto appare così chiaro. Il nostro è uno strumento al servizio di utenti e consulenti del settore”. La stessa piattaforma di Cch Tagetik è in continuo divenire e non è escluso che in futuro, oltre ai punti fermi legati soprattutto al reporting in campo Esg, possano essere aggiunte componenti che completino uno scenario peraltro già esteso, visto che il supporto non si limita alla generazione dei report, ma arriva alla rappresentazione dei dati all’interno del documento di disclosure, integrando la componente di tassonomia con gli indicatori richiesti.

VENDITE DI COMPUTER IN CALO, LA GUERRA NON AIUTA

Nel primo trimestre del 2022 i volumi distribuiti in Europa Occidentale sono scesi del 3% anno su anno, a detta di Canalys. Ma regge la domanda di Pc aziendali.

Le vendite di Pc e di tablet affrontano un momento non facile, tra colli di bottiglia nella fornitura di componenti e rialzo dei costi di supply chain, come effetto indiretto dello scenario geopolitico. Questi fattori, secondo gli analisti di Canalys, hanno frenato sia la domanda sia l’offerta di personal computer nel primo trimestre del 2022, contribuendo a un calo anno su anno del 3% nei volumi commercializzati su scala mondiale (e in Europa Occidentale si registra la stessa percentuale di decremento), a fronte però di una crescita di giro d’affari del 15%. Il calo si spiega in parte come un fisiologico rallentamento della domanda, dopo un biennio di corsa all’acquisto di nuovi Pc per il lavoro e la didattica a distanza. Sono intervenute, poi, le ben note dinamiche di supply chain: produttori di chip e altri componenti che hanno faticato a star dietro agli ordini degli Oem, e quest’ultimi costretti a rallentare la tabella di marcia commerciale e ad alzare i prezzi.

Le aziende non mollano la presa

“Negli ultimi due anni l’Europa Occidentale è stato un mercato resiliente per i venditori di Pc”, ha dichiarato Trang Pham, research analyst di Canalys, “grazie alla capacità di questa regione di adattarsi nel rispondere al covid. La domanda di Pc aziendali è forte, dato che molti mercati sono tornati ufficialmente alle normali operazioni di business. Non a caso, quasi il 60% dei dispositivi commercializzati in Europa nel primo trimestre erano per uso aziendale. Tuttavia il mercato Pc sente la pressione dei

Foto di StockSnap da Pixabay colli di bottiglia della catena di fornitura su scala globale, dovuti ai lockdown nei centri della manifattura cinesi e alla guerra in corso in Ucraina”. In Europa Occidentale Canalys ha conteggiato 15,8 milioni di Pc commercializzati tra inizio gennaio e fine marzo. Al primo posto Lenovo, con una quota del 26%, tallonata da una Hp che ha il 25% di market share: entrambi i marchi hanno confermato la solida posizione in testa alla classifica, nonostante la contrazione dei volumi. In particolare, per i computer e tablet di Lenovo l’Emea è la seconda regione più importante in termini di giro d’affari, dopo la Cina. Hp quest’anno ha ridotto le vendite di Chromebook ma ha incrementato quelle di computer di fascia alta, destinati sia a utilizzi lavorativi sia al gaming. Nella classifica del trimestre seguono, nell’ordine, Dell, Apple e Acer con il 14%, il 10% e il 9% di quota rispettivamente.

Il futuro dei Pc in Europa

Guardando al futuro, secondo gli analisti è probabile che il rialzo dei prezzi dell’energia, causato dalla crisi geopolitica, e la conseguente inflazione scoraggeranno gli acquisti di nuovi Pc e tablet nei mesi prossimi. “Considerando l’attuale previsione sull’economia del 2022, ci attendiamo che la spesa dei consumatori si affievolisca per la riduzione del potere d’acquisto”, ha illustrato Pham. “Mentre i computer negli ultimi due anni si sono guadagnati l’etichetta di oggetti essenziali, ora i consumatori rimanderanno i nuovi acquisiti e gli upgrade se non completamente necessari. C’è però un lato positivo, perché la ripresa delle attività aziendali, sia tra le Pmi sia tra le grandi imprese, manterrà in salute e in forza la domanda di Pc nel lungo periodo”. V.B.

PARTE DA MILANO IL CLOUD TRICOLORE DI GOOGLE

Varata nel capoluogo lombardo la prima “region”, alla quale seguirà quella di Torino. Tim e Intesa Sanpaolo i partner forti del progetto.

L’attesa è finita: nel mese di giugno Google ha finalmente inaugurato la prima delle due cloud region pianificate sul territorio italiano. A Milano è operativa la prima delle due infrastrutture di data center, mentre la seconda, allocata a Torino, sarà avviata fra qualche mese. La region da poco inaugurata è collegata all’infrastruttura di Google, fatta di cavi in fibra ottica, sottomarini e sotterranei, ed è divisa in tre zone. Partner tecnologico del progetto è Tim, che ha supportato la realizzazione delle infrastrutture puntando, oltre che sulla potenza di calcolo, sulle performance e sulla sicurezza, nonché sulle caratteristiche di sostenibilità legate all’ottimizzazione delle emissioni di CO2. L’altro partner forte dell’iniziativa è Intesa Sanpaolo, che utilizzerà soprattutto la region di Torino per migrare progressivamente sul cloud i propri processi. Con Paolo Spreafico, director of customer engineering di Google Italy, abbiamo commentato ragioni e obiettivi di questa iniziativa.

Su quali elementi punterete per attirare le aziende? La sovranità digitale è un tema rilevante e a questo possiamo aggiungere la disponibilità di un’architettura Zero Trust e l’assicurazione sui workload a ulteriore garanzia. Abbiamo appurato come per le realtà italiane la latenza del servizio sia un importante fattore di spinta e questo ci ha portati anche all’individuazione delle aree geografiche delle nostre region.

Appunto, ma perché due sedi così vicine? Molte aziende dispongono di architetture ibride con sedi dislocate perlopiù proprio fra Milano e Torino. L’ubicazione è rilevante per poter lavorare in cloud con tempi e velocità accettabili. Inoltre, le due aree sono un’ulteriore garanzia per le esigenze di disaster recovery, importanti in settori come quello finanziario anche per ragioni normative, benché sia Milano sia Torino siano a loro volta suddivise in tre zone fisicamente separata per la stessa ragione. Va sottolineato, inoltre, che tutto è collegato tramite la nostra rete proprietaria a un insieme di 34 region nel mondo, per supportare anche esigenze di footprint internazionale.

Vi espanderete ulteriormente in Italia? Non ci sono preclusioni in tal senso, ma va detto che già ora con il servizio Distributed Cloud portiamo i workload a ridosso del cliente, in logica di edge computing. Nostro intento è anche collaborare con player locali per supportare le esigenze di chi vuole lavorare con architetture multicloud, sfruttando la presenza territoriale di un operatore per la prossimità e noi come provider di riferimento più complessivo.

Roberto Bonino

Che cosa vi spinge a investire in Italia? Nel 2020 abbiamo annunciato un piano di investimenti da circa 900 milioni di dollari sul territorio nazionale. Ovviamente puntiamo a rafforzare la nostra visibilità sulle aziende impegnate nei progetti di innovazione e trasformazione digitale, ma è importante sottolineare come, in base ai dati forniti in modo indipendente dall’Università di Torino, le nuove region potranno creare fino a 65mila nuovi posti di lavoro in Piemonte e Lombardia entro il 2025, oltre a generare un impatto economico stimabile in 3,3 miliardi di euro. Non possiamo svincolare l’offerta tecnologica dal supporto all’economia del Paese. E anche la cultura digitale, come dimostra il progetto Opening Future, che coinvolgerà ventimila studenti nei prossimi sette anni e ingloberà nel cloud almeno diecimila piccole e medie imprese.

ETICA E PROFITTO NEGLI INVESTIMENTI GREEN

Prestiti e bond legati alla sostenibilità sono in forte crescita. Con grandi potenzialità da cogliere e con qualche ostacolo da superare.

I valori della sostenibilità si fanno largo anche nel mondo delle aziende e nel mercato degli investimenti. Quali sono le opportunità e i rischi connessi a questa tendenza? Ce ne parla Filippo Di Rienzo, account director Italy di Refinitiv, società fornitrice di software e soluzioni digitali per il settore finanziario.

Qual è l’attuale scenario della finanza green? Il mercato della finanza sostenibile ha superato i mille miliardi di dollari di valore nel 2021 e sta crescendo a velocità supersonica. Diversi i fattori di spinta. Innanzitutto, l’urgenza delle sfide di sostenibilità, in particolare quelle legate al cambiamento climatico. Le preoccupazioni della gente sono accentuate dalle regole istituzionali e dalla legislazione tese a ottenere effetti benefici sull’ambiente e sulla società. Questo si riflette anche sulle preferenze dei consumatori e sull’innovazione tecnologica e dei modelli di business, fattori che stanno creando un mercato per prodotti e servizi più sostenibili. Tutto ciò convince gli investitori del fatto che la performance di responsabilità ambientale, sociale e di governance (Esg) è un indicatore di forte performance finanziaria.

I green bond, quindi, convengono? La capacità di dare risposta alle questioni Esg avrà un impatto sempre maggiore sul successo a lungo termine delle aziende. L’emissione di green bond è attualmente venti volte maggiore di quanto non fosse nel 2015 e rappresenta un decimo del mercato dei capitali di debito mondiale. Inoltre i prestiti legati alla sostenibilità sono triplicati fino a toccare i 717 miliardi di dollari nel 2021. Considerando il contesto sociopolitico e l’importanza guadagnata dalla sostenibilità, il mercato continuerà a crescere. Anche se finora i responsabili dell’emissione di green bond sono stati soprattutto governi, enti pubblici e la finanza, negli ultimi anni le aziende hanno cominciato a emettere i propri. I numeri dimostrano che gli investimenti sostenibili sono un business profittevole.

Filippo Di Rienzo

Ci sono particolari sfide legate alla gestione dei dati? In un mondo in rapida trasformazione le aziende hanno bisogno di una grande volume di dati di elevata qualità. Inoltre è importante che possano accedervi nel modo più flessibile e agile possibile. Il nostro obiettivo è permettere alle aziende di accedere facilmente, da qualsiasi dispositivo e da qualsiasi luogo, ai dati di cui hanno bisogno. E questo ci porta su un’altra sfida: la tecnologia con cui poter accedere ai dati che servono. In Refinitiv crediamo che le capacità digitali, come cloud, intelligenza artificiale e machine learning, stiano trasformando rapidamente il settore attraverso l’automazione, la riduzione del rischio e nuovi modelli di business. Attraverso insight e dati personalizzati, gli utenti possono compiere migliori decisioni. Per i dati Esg, una delle principali sfide è la mancanza di un accordo su di essi e la disponibilità di dati azionabili. Manca una standardizzazione dei regolamenti in materia, per cui per le aziende la disclosure è su base volontaria e non soggetta a criteri uniformi.

Come aiutate gli asset & wealth manager? L’industria finanziaria può favorire la sostenibilità e la decarbonizzazione, ma i dati e gli strumenti usati dagli attori del mercato devono essere adeguati allo scopo. Refinitiv è impegnata nella creazione e nel monitoraggio del Piano d’Azione per la finanza sostenibile dell’Unione Europea. Siamo membri del Technical Expert Group sulla finanza sostenibile dell’Onu e consulenti della Commissione Europea sull’agenda dei cambiamenti normativi in quest’ambito. Ci impegniamo per essere il database standard del mercato. Le nostre informazioni per gli investimenti Esg sono progettate per aiutare le aziende a compiere scelte d’investimento sicure e sostenibile, e coprono l’80% del market cap mondiale e 76 Paesi con oltre 630 metriche. Aiutiamo a valutare rischi e opportunità creati dalle performance di aziende e Paesi in aree critiche, come il cambiamento climatico, le retribuzioni dei dirigenti, la diversità e l’inclusione. Per i dati e punteggi Esg, point-in-time e non, offriamo informazioni sui green bond per aiutare a valutare strategie di reddito fisso e investimenti sostenibili.

IL BUSINESS? È UNA SFIDA CON SÉ STESSI

Matteo Rigamonti ha fondato Pixartprinting nel 1994 e oggi ha creato Weerg, società che offre lavorazioni Cnc e stampa 3D via Web, e che utilizza con successo, tra le altre, le stampanti HP 3D.

“A diciassette anni avevo già le idee chiare: volevo creare un’azienda che fatturasse 40 miliardi e che mi permettesse di andare in pensione a quarant’anni”. A scherzare così, ma nemmeno poi tanto, è Matteo Rigamonti, un capo d’azienda che mostra le caratteristiche tipiche della migliore tradizione imprenditoriale italiana (creatività e capacità di visione) ma che ha più di una nota distintiva; la più evidente è il distacco, unito a un’autoironia non comune, dalle dinamiche aziendali tradizionali. Rigamonti nel 1994 fondò Pixartprinting, che diventò la più grande azienda europea del Webprinting business. E ora è alla guida di Weerg, azienda con sede a Gardigiano (Venezia) che, attraverso la piattaforma weerg.com, offre online lavorazioni Cnc e stampa 3D dedicate a diversi settori industriali, mettendo a disposizione degli utenti tutti i vantaggi di un servizio basato sull’e-commerce puro.

Com’è nata la sua prima impresa? Avevo studiato economia e avevo iniziato alcune attività nell’ambito della grafica e della comunicazione. Mi piaceva la fotografia, ma il mio obiettivo da giovane era avere successo, indipendentemente dal settore. Allora usavo un Macintosh Plus (la cui genesi ho sempre attribuito alla Xerox più che a Steve Jobs) acquistato nel 1987 e iniziai con un service nel mondo del pre-printing. Una delle cose che mi infastidivano di più erano i ritardi nei tempi dei pagamenti. Decisi di puntare sul pagamento alla consegna, ma mi ritrovai presto senza clienti.

Matteo Rigamonti

E poi, quando è arrivata la svolta? Ho iniziato, da solo, a costruire il sito di Pixartprinting, per lavori di tipografia commissionati online e pagati in modalità e-commerce, fermo nella mia convinzione che il lavoro andasse pagato alla consegna. L’idea era buona, l’azienda galleggiava. Poi un giorno ho deciso di comprare una casa che costava cinque volte di più del patrimonio che avevo a disposizione, ma promisi di saldare l’intera cifra entro un anno dal contratto. Quello fu lo stimolo che mi spinse a premere sull’acceleratore e far crescere l’azienda: così ho triplicato il fatturato in dodici mesi e ho pagato il mio debito.

Qual è stato il segreto del successo? Sono convinto che le barriere all’ingresso possano essere usate a nostro vantaggio. Se convinci un cliente a uscire dalla sua confort zone e a lavorare con te cambiando le sue abitudini, allora gli altri faranno molta più fatica a riprenderselo. In più, francamente, allora i miei concorrenti erano molto disorganizzati. L’azienda, dopo anni di crescita, è stata venduta in due tranche: 30 milioni nel 2011 e 150 milioni nel 2014, al fondo Alcedo. Quando ho lasciato la posizione di Ceo, lavoravano in Pixartprinting ben 400 persone.

Che cosa l’ha convinta ha iniziare una nuova avventura? Non i soldi. Considero il denaro come una sorta di misura del successo, non certo il fine ultimo. Ho provato per qualche anno a non fare nulla, ma a me piace fare azienda, mi piace mettermi alla prova con le leggi del business, sfidarle e vincere.

Perché Weerg? Se si riferisce al nome, ho scelto semplicemente quello che mi suonava meglio tra quelli suggeriti da un’applicazione software che propone nomi brevi e leggibili per nuove imprese. Se si riferisce all’azienda, anche questa è una sfida con me stesso, un modo per avere la vita che voglio e per dimostrare le mie capacità. Come per la prima avventura, il settore del Cnc e della stampa 3D mi intrigava ma non ne capivo un granché. Posso dire però che quando sono uscite le prime macchine HP 3D c’è stata sicuramente una svolta: la prima serie che abbiamo acquistato, Multi Jet Fusion 4200, produceva già in volumi importanti ed era scalabile. Oggi, con 16 macchine (nel frattempo sono uscite le nuove Multi Jet Fusion 5210), siamo probabilmente la più grande installazione di HP 3D in Europa di questo specifico modello. Il business va discretamente: siamo in 35 e quest’anno puntiamo a crescere del 40% rispetto al 2021. E.M.

UN SALONE DEL MOBILE AMPLIFICATO DAL DIGITALE

Grazie alla tecnologia e all’aiuto di Jakala, l’evento fieristico arricchisce ed espande nel tempo l’esperienza degli espositori e degli appassionati di design.

Il Salone del Mobile edizione 2022 è stato un successo. Oltre duemila espositori e più di 250mila presenze, nonostante le difficoltà dovute alla pandemia e alla guerra, testimoniano la vitalità di un settore che evidentemente aveva le giuste energie per riprendere in grande stile dopo i lockdown. Anche la tecnologia digitale in questo successo ha avuto un ruolo importante: ne parliamo con Luca Adornato, digital & marketing director del Salone del Mobile, e Paolo Pedersoli, senior partner di Jakala.

Qual è il bilancio del progetto di trasformazione digitale del Salone? Luca Adornato: Siamo in un momento importante di un percorso iniziato poco meno di due anni fa, nell’agosto 2020, anno in cui l’evento fu cancellato. Allora bisognava reinventarsi e capire come il digitale potesse aiutarci a tornare in linea con il successo degli anni precedenti. Oggi siamo alla fine di una prima tappa di questo percorso, che ha visto lo sviluppo di strumenti digitali ma anche di un racconto diverso che il Salone voleva imbastire, per dare riscontro a un obiettivo strategico: espandere nel tempo e nello spazio quella che da oltre sessant’anni è la più importante fiera del suo settore al mondo.

Quali sono stati i pillar di questa trasformazione? L.A.: La pandemia ha accelerato un processo di analisi interno e di sviluppo degli strumenti digitali. Il pilastro è stato sicuramente l’analisi dei target: degli espositori e degli operatori di settore, e poi dei design lover, degli appassionati. È stato costruito un percorso per rendere più ampia, continua e costante la valorizzazione dei marchi e delle informazioni, anche sfruttando i social. Insomma, abbiamo cercato di espandere nello spazio e nel tempo la capacità narrativa. Tutto questo grazie alla strutturazione di una piattaforma, realizzata insieme a Jakala, che unisce l’aspetto legato al prodotto a quello, appunto, narrativo.

Luca Adornato Paolo Pedersoli

Su quali principi avete costruito la piattaforma? Paolo Pedersoli: L’idea, fin dall’inizio, è stata quella di estendere la fruizione dell’evento dalla settimana del salone fisico ai 365 giorni, grazie alle tecnologie digitali e al portale, destinato a diventare un punto di riferimento del mondo del design per tutto l’arco dell’anno. La piattaforma non doveva ovviamente sostituire l’evento, ma anzi rafforzarlo. Gli elementi abilitanti sono il sito salonemilano.it (che aggrega tutti i contenuti, anche di aziende e sponsor), l’app per smartphone (che rende più fluida e aiuta l’esperienza degli utenti) e poi la realtà aumentata, che permette ai visitatori di ottenere informazioni più ricche, di interagire con lo spazio dell’evento fisico e con i produttori, iniziando una vera e propria relazione anche commerciale. Infine, c’è tutto l’aspetto riguardante il backend, che coinvolge i dati e la loro analisi, per restituire un patrimonio informativo alle aziende, la quali quindi non usufruiscono solo dello spazio fieristico ma anche, nel pieno rispetto delle regole Gdpr, dei lead e degli insight utili per il business. Tra i prossimi passi, è prevista la piena integrazione dei social nell’ecosistema.

Puntando su dati e contenuti non c’è il rischio di snaturare il Salone? L.A.: Assolutamente no. Lo scopo di questo progetto non è trasformare il Salone in un media, ma far sì che le capacità di interazione del digitale amplifichino la visibilità dell’evento. Così potremo far battere ancora più forte un cuore che ha dimostrato di avere tanta voglia di pompare nuove energie.

Emilio Mango

IL FINANCE INTELLIGENTE E IN REAL-TIME È STRATEGICO

Tecnologie evolute, ma anche competenze e strategie di gestione dei dati: così è possibile trasformare la tradizionale gestione finanziaria in un’attività che fa crescere l’azienda.

Oggi all’interno delle aziende la funzione “finanza e controllo” non è più una componente passiva, focalizzata sulla rendicontazione. Può svolgere, invece, un importante ruolo consulenziale per gli altri reparti aziendali, dalle vendite agli acquisti, passando per la produzione e la ricerca e sviluppo. L’attuale contesto geopolitico, sociale e di mercato non permette più di poter contare su scenari stabili e facili da gestire perché prevedibili. A causa della pandemia di covid, prima, e del conflitto bellico e geopolitico poi, ci siamo dovuti abituare ad affrontare scossoni improvvisi, imprevisti e su larga scala. In particolare il 2022 è segnato da tre fenomeni importanti: il forte incremento del costo delle materie prime e dell’energia, l’accelerazione dell’inflazione e l’impatto sulla domanda in diversi mercati. Le aziende sono state e sono costrette a rivedere pesantemente le proprie previsioni, i piani di crescita e gli investimenti sia a breve sia a medio termine.

Prepararsi all’incertezza è un vantaggio

Il finance manager oggi più che mai dev’essere reattivo, anzi deve operare in real-time, e per farlo ha bisogno di accedere a dati esterni, visto che molti degli elementi che influenzano le scelte delle aziende sono esterni. Oltre all’approccio real-time, assistiamo a un cambiamento di ruolo: l’organizzazione “finanza e controllo” non ha più solo il compito di fare elaborazioni di dati per la rendicontazione e la pianificazione. È sempre più impegnata a

Romeo Scaccabarozzi dialogare con le linee di business (commerciale, marketing, sviluppo, produzione, eccetera) diventando un fornitore interno di consulenza e aiutando le altre componenti dell’azienda ad affrontare il futuro. Un futuro instabile, se a prima vista può spaventare, può anche divenire un’opportunità da cogliere se l’azienda sa muoversi in anticipo e in modo più smart rispetto alla concorrenza. Prepararsi a scenari imprevedibili, in modo da avere un tempo di reazione inferiore ai competitor, oggi è strategico. Purtroppo le aziende che oggi, in Italia, possono dire di avere un approccio real-time (cioè che operano avendo solo un 20% di processi già programmati e predefiniti) sono una minoranza, circa due su dieci. Questo accade prevalentemente per due motivi. Il primo è l’accesso ai dati, che spesso è limitato e non abbastanza rapido. In secondo luogo, molte aziende utilizzano ancora applicazioni tecnologicamente datate per l’area finanza e controllo.

Il ruolo della Business Innovation Integration

Un reparto finance di tipo real-time ha bisogno innanzitutto di una forte integrazione dei dati, interni ed esterni. Oggi le tecnologie evolute, che consentono questa integrazione, non mancano, ma è importante che l’azienda abbia definito una chiara strategia relativa ai dati. Qui entra in gioco Axiante, che va oltre il ruolo tradizionale di system integrator per proporsi quale Business Innovation Integrator. Si parte dal business, perché ogni investimento in tecnologia deve puntare a un obiettivo di business. Ciò significa aiutare le aziende nella trasformazione grazie alle competenze tecnologiche e verticali su specifici settori e aree aziendali, come quella finanziaria, di cui si occupa la divisione Axiante Stream. Fare integrazione vuol dire poi saper mettere insieme il nuovo e l’esistente, affiancando alle tecnologie già in uso nuove componenti innovative, con un matrimonio destinato a funzionare. Infine, appunto, l’innovazione: offriamo le nostre competenze verticali sul finance per aiutare le aziende a definire una corretta data strategy. Dall’unione della giusta strategia e delle giuste tecnologie è possibile ottenere una soluzione unica e differenziante. Fare meglio della concorrenza significa innanzitutto fare qualcosa di diverso e di unico. Per questo servono delle soluzioni intelligenti che trasformino la semplice attività di gestione amministrativa in un pilastro della crescita aziendale.

Romeo Scaccabarozzi, amministratore delegato di Axiante

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