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MERCATO MATURO MA RICCO DI OPPORTUNITÀ
La filiera dell’e-commerce e del retail digitalizzato è uno dei motori di crescita dell’economia italiana.
Nell’ultimo decennio abbiamo visto l’e-commerce trasformarsi da dimensione parallela al commercio tradizionale a parte integrante di un ecosistema che ingloba diversi canali di acquisto (fisici e digitali), diverse modalità di pagamento, di interazione tra aziende e clienti. Un ecosistema di cui, idealmente, il consumatore dovrebbe essere il fulcro, come sottolineato dai mantra del marketing sull’importanza di una customer experience improntata alla personalizzazione e all’omnicanalità.
Come noto, le dinamiche e le limitazioni della pandemia nel 2020 hanno funzionato da propulsore per il comparto del commercio elettronico, pur tra gli alti e bassi di una domanda che si impennava per alcune categorie di beni e servizi e calava per altre, anche in base alle ondate dei contagi e ai lockdown. Nel 2021, poi, secondo le stime di Statista il 74% della popolazione mondiale ha effettuato almeno un acquisto da siti Web o app nel corso dei dodici mesi precedenti, e la ripartizione tra canali di vendita offline (negozi, televendite e cataloghi cartacei) e online (siti Web e app mobili) è stata, rispettivamente, 86,3% e 16,4%. Nel 2022 la proporzione è rimasta quasi invariata, anzi la componente online è calata leggermente al 16,2%, mentre quest’anno è salita al 17,3% e gli analisti di Statista prevedono aumenterà di poco nel breve termine, arrivando a 21,6% nel 2027. Che cosa significa? Innanzitutto, che i canali di vendita tradizionali non scompariranno, ma anche che l’e-commerce è un fenomeno ormai maturo, per il quale non sono ipotizzabili future “esplosioni” o rivoluzioni. Le tecnologie a supporto, presumibilmente, continueranno a far sbocciare nuove opportunità per le vendite online, e pensiamo alle prospettive del metaverso e dell’intelligenza artificiale. Tuttavia i punti vendita fisici resteranno di gran lunga prevalenti, diventando semmai sempre meno tradizionali e sempre più connessi, e popolandosi di soluzioni digitali come tablet in dotazione al personale, chioschi multimediali per la ricerca di prodotti e per i pagamenti self-service, applicazioni per riscattare voucher e magari installazioni di realtà virtuale. Tutto
Il Cliente Prima Di Tutto
Mettere al centro dell’attenzione i clienti e la qualità della loro esperienza è essenziale per la buona riuscita di qualsiasi attività di commercio, online e offline. Solo così è possibile migliorare, personalizzare e fidelizzare, ma anche evitare di perdere occasioni. Le evidenze abbondano, e ne citiamo una: secondo recente studio di Skeepers (società italiana specializzata in soluzioni di customer engagement), l’87% degli utenti legge le recensioni online per farsi un’idea prima di effettuare un acquisto, il 71% le pubblica per condividere la propria esperienza. Il problema, per le aziende, è riuscire a non annegare nel mare dei dati che vengono prodotti a ogni interazione su siti Web, app, social media, email, chat di servizio clienti, piattaforme di recensioni e altri canali ancora. I dati abbondano, ma è difficile tradurli in indicazioni e misurazioni. Forrester (nello studio “State Of VoC And CX Measurement Survey”, 2022) ha chiesto agli addetti ai lavori a che punto fosse la strategia della loro azienda in fatto di misurazione della “voce” e della soddisfazione del cliente: il 47% ha risposto che è poco o molto poco matura. In meno di un’azienda su tre i programmi di misurazione della customer experience sono ben compresi anche dai manager che ricoprono altri ruoli.
questo vale, se non altro, per gli showroom e per i punti vendita “vetrina” di una catena e per settori come la moda e il lusso. Ma anche per tutti gli altri sarà importante, per non perdere posizioni e competitività, saper trasformare i processi del back-office con tecnologie di automazione, raccolta e analisi dei dati, così da poter ottimizzare gli spazi e gli inventari, prevedere la domanda e offrire ai clienti un servizio più personalizzato. Accanto al canale online, nativamente digitale, conviverà un retail sempre più digitalizzato. Queste sono alcune delle previsioni degli analisti e degli addetti ai lavori, anche se non esiste una sfera di cristallo. Metaverso e intelligenza artificiale pongono entrambi questioni di sicurezza e di privacy oggi ancora senza risposta, e al momento nessuno sa come e in che misura saranno rilevanti per l’ecommerce di domani. Inoltre è sensato pensare che le imprevedibili dinamiche dell’economia mondiale e locale influenzeranno il futuro del commercio più di quanto non possa fare la tecnologia.
La fotografia mondiale
L a classifica di Statista aggiornata a fine 2022 sui dieci principali colossi dell’ecommerce vede sfilare, in ordine di giro d’affari, Alibaba Group, Amazon, Apple, BestBuy, Coupang, Jd.com, Su- ining.com, Target, The Home Depot e Walmart: quasi un duopolio, in cui c’è una sola azienda non statunitense né cinese (la sudcoreana Coupang, che è comunque registrata negli States). Leggermente diversa è la lista di Mordor Intelligence, in cui tra i primi dieci mancano alcuni di questi nomi e figurano, al loro posto, Inter Ikea Systems (la rete di franchising della società svedese), Rakuten, Airbnb e Shopify.
C onsiderando sia i ricavi delle aziende che vendono sia i fornitori di logistica, i servizi B2B, le piattaforme per i pagamenti e la tecnologia a contorno, Sta- tista calcola che il valore complessivo del mercato del commercio elettronico supererà quest’anno i 4.100 miliardi di dollari, per salire oltre i 6.300 miliardi nel 2027. Per lo stesso anno si prevede che il 66,6% della popolazione mondiale, ovvero circa 5,29 miliardi di persone, avrà acquistato in e-commerce almeno una volta (la percentuale attuale è 57,2%). In parte sovrapponibili sono le stime di Allied Market Research, che per il commercio digitale quantificava 4.200 miliardi di dollari di giro d’affari nel 2020 e ipotizza 17.500 miliardi per l’anno 2030.
L’OCCASIONE DEL RECOMMERCE
Dare una seconda vita agli oggetti è un’opportunità per chi compra, ma anche per chi vende o veicola i prodotti. Per la rivendita di articoli usati sono nate piattaforme ad hoc, come Vinted, e giganti dell’e-commerce come Zalando hanno inaugurato un filone nuovo che intercetta sia le esigenze del caro-vita sia i valori dell’economia circolare. Il recommerce oggi non è più un’abitudine di nicchia, come mostra una ricerca commissionata da Visa a Opinium e condotta lo scorso ottobre su ottomila consumatori europei (Francia, Germania, Polonia e Regno Unito) e duemila manager d’azienda: l’87% ha già partecipato ad almeno un’attività di recommerce, ovvero rinnovo, ricarica, riparazione, rivendita, restituzione (di un prodotto arrivato a fine vita) o ridistribuzione. Visa le chiama le “sei R”. In particolare, il 45% dei consumatori intervistati ha detto di rivendere un oggetto usato almeno due volte l’anno, mentre una Pmi su quattro già offre prodotti di seconda mano e altre (48%) intendono farlo in futuro.
Un motore di crescita per l’Italia Quanto vale l’e-commerce in Italia, e come sta cambiando? La risposta più autorevole sul tema è quella di Netcomm, il consorzio nazionale del commercio elettronico. Secondo uno studio condotto in collaborazione con The European House – Ambrosetti, la filiera dell’e-commerce e del retail digitalizzato valeva nel 2021 circa 71 miliardi di euro (+4,4% sul 2020, già un anno di forte crescita) ed è uno tra i principali motori della nostra economia.
Nella catena del valore rientrano le vendite online (marketplace e retailer totalmente o parzialmente attivi sul canale digitale ma anche piattaforme pubblicitarie, servizi integrati per la presenza Web e le attività di customer care) e i servizi a supporto, come logistica, packaging e sistemi di pagamento. Lo studio ha calcolato che 100 euro investiti questa filiera hanno una ricaduta pari a 148 euro sull’economia nazionale; ogni 100 unità di lavoro generate in modo diretto dalle attività di e-commerce e digital retail, si creano altrove altri 141 posti di lavoro. Considerando la crescita di fatturato delle aziende del settore privato in Italia nel quinquennio 2016-2020, oltre il 40% deriva dalla filiera di e-commerce e digital retail.
“Alla luce dei risultati di questo studio non possiamo che decretare una volta per tutte la fine della concezione di ecommerce come un semplice trend”, ha dichiarato il presidente di Netcomm, Roberto Liscia. “La rete del valore del commercio digitale è molto di più: stiamo parlando di una filiera concreta e tangibile che fa crescere la nostra economia più di tutte le altre 98 attività economiche prese in considerazione e che riguarda 723mila imprese”.
Mentre la distribuzione delle aziende attive è abbastanza uniforme sul territorio italiano, oltre metà del giro d’affari si concentra nel Nord-Ovest, e in particolare in Lombardia. Lo studio di Netcomm e Ambrosetti ha anche evidenziato che solo per una minima parte delle imprese (10% di chi opera nel B2B e 6,4% di chi vende B2C) l’investimento sui canali digitali ha comportato chiusure o ridimensionamenti dei negozi tradizionali.
In Italia non soltanto l’e-commerce B2C è in crescita. L’anno scorso il 61% delle aziende ha adottato soluzioni digitali per la vendita business-to-business, secondo quanto emerso da un altro studio di Netcomm, realizzato con il supporto di Adacto/Adiacent, Big Commerce e Rewi: il dato segna un incremento del 12% sul 2021. “Nel post-pandemia”, ha commentato Liscia, “la possibilità di fidelizzare il cliente attraverso il miglioramento e l’innovazione del servizio offerto è diventata la ragione principale che spinge le aziende alla digitalizzazione delle transazioni commerciali B2B”. Sul totale delle vendite B2B in Italia, la quota dei canali digitali si limita oggi all’11% ma si prevede arriverà al 25% nell’arco di tre anni.
C ome preferiamo acquistare? Sebbene saldare in contanti alla consegna sia quasi sempre possibile, i pagamenti digitali sono di gran lunga l’opzione preferita da chi compra online. Statista ha calcolato per l’Italia 67 miliardi di euro di valore complessivo dei pagamenti digitali nel commercio elettronico del 2022, cifra che raddoppierà nell’arco di quattro anni. Parallelamente ci sarà un boom (+165% in quattro anni) di pagamenti realizzati tramite smartphone nei negozi fisici, per un giro d’affari che nel 2026 sfiorerà i 60 miliardi di euro.
Valentina Bernocco